Soprintendenza Archeologia, - San Quirino

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Dr. Archeologo Raffaella Bortolin

Via Roma, 35 – 33080 Porcia (PN) [email protected] - P.IVA 01711060937

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Soprintendenza Archeologia,

Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia

FVG Strade S.p.A.

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA PROVINCIA DI PORDENONE

Comune di San Quirino (PN) – località Sedrano SDR17PSR251

“SR251 della Val di Zoldo e della Val Cellina- Messa in sicurezza dell’incrocio tra la SR 251 al km 38+850 e la

SP24 in località Sedrano in comune di San Quirino con la realizzazione di una rotatoria”

Valutazione di Impatto Archeologico (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 25, comma 8)

Relazione tecnico-scientifica

Dr. Raffaella Bortolin

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Dr. Archeologo Raffaella Bortolin

Via Roma, 35 – 33080 Porcia (PN) [email protected] - P.IVA 01711060937

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INDICE

1. Introduzione ........................................................................................................................................ 3

2. Aspetti normativi e obiettivo della relazione .................................................................................... 3

3. Aspetti metodologici ........................................................................................................................... 4

3.1 Metodologia applicata all’analisi storica ............................................................................................... 4 3.2 Metodologia applicata alla localizzazione delle evidenze archeologiche .............................................. 5 3.3 Metodologia applicata all’analisi geomorfologica ................................................................................. 6

4. Inquadramento generale e storia del popolamento del territorio .................................................. 6

4.1 La cartografia storica…………………………....................................................................... .......................... 12 4.2 Evidenze archeologiche nell'area ....................................................................................................... 16

5. Dati da ricognizione di superficie ..................................................................................................... 16

6. Aspetti geomorfologici e idrografici ................................................................................................. 17

7. Valutazione dell'impatto archeologico ............................................................................................ 18

8. Conclusioni ........................................................................................................................................ 19

9. Elenco delle Tavole ........................................................................................................................... 20

Abbreviazioni bibliografiche ................................................................................................................... 21

Documenti consultati presso l'Archivio SABAP di Trieste ..................................................................... 21

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Sedrano SR251 – Verifica preventiva dell’interesse archeologico

dr. Raffaella Bortolin 3

1. Introduzione

La presente relazione è redatta con la finalità di integrare la documentazione relativa al progetto di “SR251 DELLA VAL

DI ZOLDO E DELLA VAL CELLINA- MESSA IN SICUREZZA DELL’INCROCIO TRA LA SR 251 AL KM 38+850 E LA

SP24 IN LOCALITÀ SEDRANO IN COMUNE DI SAN QUIRINO CON LA REALIZZAZIONE DI UNA ROTATORIA”,

commissionato da Friuli Venezia Giulia Strade S.p.A., Responsabile Unico del Procedimento dott. ing. Luca Vittori. Il lotto

di progetto si trova nel Comune di San Quirino – località Sedrano, in provincia di Pordenone.

2. Aspetti normativi e obiettivo della relazione

Si elencano di seguito i riferimenti normativi relativi alla procedura di Verifica preventiva dell’interesse archeologico,

riportati in successione cronologica:

- DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 DICEMBRE 1999, N. 554 “Regolamento d’attuazione della Legge Quadro in

materia di Lavori Pubblici 11 Febbraio 1994 n.109 e successive modificazioni”, art. 18, comma 1, lettera d): sono indicate tra i

documenti componenti il progetto preliminare “indagini geologiche, idrogeologiche e archeologiche preliminari”.

- CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO (D.LGS. 22 GENNAIO 2004, N. 42, ART.12, COMMA 2): la verifica preventiva

dell’interesse archeologico viene prevista come verifica dell’interesse culturale di un’area.

- D.LGS. 26 APRILE 2005, N. 63, ART. 2-TER: verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare.

- LEGGE DALLA LEGGE 25 GIUGNO 2005, N. 109, ART. 2-TER (verifica preventiva dell’interesse archeologico) e art. 2-quater

(procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico) e l’art. 2-quinquies (disposizioni finali in materia di verifica preventiva

dell’interesse archeologico).

- CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE IN ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 2004/17/CE E

2004/18/CE, CON D.LGS. 12 APRILE 2006, N. 163 (ARTT. 95-96): la verifica preventiva dell’interesse archeologico “...si articola in due

fasi costituenti livelli progressivi di approfondimento dell'indagine archeologica. L'esecuzione della fase successiva dell'indagine è

subordinata all'emersione di elementi archeologicamente significativi all'esito della fase precedente.” (Legge 25 giugno 2005, n. 109,

art. 2-quater, comma 1). Nella prima fase si deve prestare “...particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all'esito

delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio...” (Legge 25 giugno 2005, n. 109, art.

2-ter, comma 1), mentre nella seconda fase, subordinata all’emersione di elementi archeologicamente significativi nella fase

precedente, la Soprintendenza territorialmente competente può richiedere l’esecuzione di sondaggi e scavi anche in estensione.

- D.M. N. 60 DEL 20 MARZO 2009: regolamento attuativo.

- CIRCOLARE 2012 (E ALLEGATI 1-2-3): indicazioni operative in merito alle attività di progettazione ed esecuzione delle

indagini archeologiche.

- CIRCOLARE DEL DIRETTORE GENERALE ARCHEOLOGIA DEL MIBACT IN DATA 20 GENNAIO 2016.

- NUOVO CODICE DEGLI APPALTI (attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei

contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei

trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e

forniture (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), il cui art. 25 è interamente dedicato alla “Verifica preventiva dell'interesse

archeologico”.

Secondo la normativa vigente “...la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico si articola in due fasi costituenti livelli

progressivi di approfondimento dell'indagine archeologica. L'esecuzione della fase successiva dell'indagine è subordinata

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all'emersione di elementi archeologicamente significativi all'esito della fase precedente” (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 25, comma

8). Nella prima fase si deve prestare “...particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all'esito delle ricognizioni

volte all'osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni....”

(D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 25, comma 1), mentre nella seconda fase, subordinata all’emersione di elementi

archeologicamente significativi nella fase precedente, la Soprintendenza territorialmente competente può richiedere

“a) esecuzione di carotaggi; b) prospezioni geofisiche e geochimiche; c) saggi archeologici e, ove necessario, esecuzione

di sondaggi e di scavi, anche in estensione tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai

lavori.” (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 25, comma 8).

Alla luce di quanto indicato, la presente relazione produce un’analisi integrata corredata di apparato cartografico, atta

alla verifica dell’interesse archeologico dell’area oggetto dell’intervento sopra indicato (v. par. 1).

In particolare, vengono valutate l’eventuale presenza di siti e/o evidenze archeologiche, l’esistenza di valenze storiche e

storico-architettoniche dell’area, nonché le caratteristiche geomorfologiche, rispetto alle quali le azioni previste

dall’intervento sopra citato potrebbero essere potenzialmente impattanti. A questo scopo, fondamentali strumenti

d’analisi sono:

Inquadramento e analisi storica

Analisi dei dati telerilevati

Ricognizioni di superficie volte all’osservazione del terreno

Inquadramento geomorfologico.

3. Aspetti metodologici

Il presente lavoro è frutto di un sistema d’analisi integrato basato su differenti metodologie d’indagine, volto a

raccogliere, sistematizzare e integrare i dati disponibili relativi all’area in oggetto, con lo scopo di inquadrarne il

contesto territoriale e paesaggistico e di evidenziarne le caratteristiche storico-culturali, architettoniche e topografiche.

Nel corso della ricerca, ci si è avvalsi di fonti e strumenti di diversa natura volti a registrare sia i dati esistenti, che quelli

di nuova acquisizione, ai fini di ottenere una lettura complessiva di tutte le evidenze. Fondamentale è stato il supporto

con le Istituzioni culturali del territorio, preposte alla raccolta delle informazioni bibliografiche, archivistiche e

cartografiche.

3.1 . Metodologia applicata all’analisi storica

L’inquadramento storico dell’area, finalizzato alla valutazione delle evidenze storico-archeologiche note, è basato sulla

raccolta dei dati conservati negli archivi, dei dati toponomastici, di quelli recuperabili dallo spoglio sistematico della

bibliografia esistente relativa alla storia e allo sviluppo urbano di Sedrano, località posta nel Comune di San Quirino e, in

particolare, dell’area oggetto di intervento, oltre che di pubblicazioni specialistiche riferibili all’area territoriale in cui è

ubicato il lotto interessato dalla verifica.

All’analisi delle fonti bibliografiche e dei dati d’archivio, è seguito il recupero di fonti iconografiche e di cartografia

storica. Trattandosi di un’opera puntuale, non è invece stata applicata la fotointerpretazione dei dati telerilevati

(aerofotografie verticali recenti e immagini satellitari) che, da normativa, è prevista solo per le opere a rete. E’ stato

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comunque eseguito uno spoglio sui siti del Geoportale Nazionale e dell’IRDAT, ma le riprese presenti sono risultate

prive di contributo significativo.

Un importante contributo che ha aggiunto nuovi dati informativi è stato invece offerto da alcune testimonianze orali

desunte da colloqui informali con archeologi, funzionari pubblici, storici dell’arte e cultori della materia, che negli anni

hanno condotto a vario titolo studi e approfondimenti sull’area in oggetto.

Le sedi istituzionali e gli enti presso i quali sono stati condotti la ricerca delle fonti, l’analisi storica e il recupero dei dati

cartografici sono:

Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia

Archivio di Stato – Pordenone

Biblioteca Civica di Pordenone – sezione Storia locale

Google Earth

Infrastruttura Regionale di Dati Ambientali e Territoriali per il Friuli Venezia Giulia (http://irdat.regione.fvg.it e

sede regionale)

Geoportale Nazionale (www.pcn.minambiente-it)

3.2 . Metodologia applicata alla localizzazione delle evidenze archeologiche

Obiettivo principale di una ricognizione di superficie (survey) è il controllo diretto sul terreno delle eventuali evidenze

già note da fonti bibliografiche o da interventi di scavo, ma mai cartografate, l’analisi e il posizionamento di quelle di

nuova identificazione, con il riscontro sul terreno della natura di eventuali tracce riconosciute sulle fotografie aeree (o

sulle immagini satellitari).

I lavori agricoli, come arature, scassi per vigne e frutteti o tagli di canali di scolo, incidendo il terreno per una profondità

non inferiore ai 50 cm, riportano in superficie elementi dei contesti archeologici sepolti eventualmente intercettati: i

materiali o altri tipi di tracce archeologiche così identificati possono fornire dati utili sulla datazione e sulla tipologia di

un sito archeologico sepolto e in base alla loro densità e qualità, alla morfologia del terreno, è possibile ipotizzarne con

buona probabilità estensione, datazione e funzione. La ricognizione sistematica si propone pertanto di percorrere l’area

di indagine (fieldwalking), che viene suddivisa in Unità Topografiche (UT), corrispondenti ai singoli campi, ma più in

generale ad unità spaziali omogenee per caratteristiche geomorfologiche, uso del suolo e visibilità. La copertura

uniforme del territorio viene assicurata da una squadra di ricognitori che, posti generalmente ad una decina di metri

l’uno dall’altro, percorrono la superficie di ogni UT secondo linee parallele ad intervalli regolari (maglia di ricognizione),

pari circa a dieci metri1. La ricognizione di superficie viene condotta con l’ausilio di una cartografia di base a scala di

dettaglio (generalmente 1:1.000) su cui posizionare ritrovamenti puntuali ed areali ed annotare le informazioni sull’uso

del suolo e il grado di visibilità di ogni UT indagata; l’assenza di ritrovamenti in una determinata area può infatti

dipendere anche dal tipo di colture presenti al momento della ricognizione o dalle condizioni di visibilità della superficie.

Oltre al posizionamento topografico delle evidenze, per cui si utilizzano generalmente un GPS o una stazione totale,

altrettanto fondamentali sono l'acquisizione della documentazione fotografica e la raccolta dei reperti superficiali

1 Nel caso di rinvenimenti di emergenze, la maglia di ricognizione viene ridotta per meglio definire il perimetro di concentrazione e dispersione dei materiali.

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diagnostici, specialmente se si tratta di manufatti isolati. Se consideriamo il sito come “...un’area che presenta una

densità di manufatti nettamente superiore alla media osservata nella regione indagata”2, altri tipi di informazioni sono

invece quelle offerte dai manufatti isolati, che pertanto vengono raccolti, posizionati e schedati come reperti sporadici.

Nel caso specifico, la ricognizione ha avuto come scopo l’osservazione diretta delle aree oggetto dell’intervento entro

un buffer di 500 m, per individuare nuove evidenze che potessero attestare l’esistenza di antiche attività antropiche.

Per questo scopo è stata percorsa in modo sistematico tutta l'area interessata dai lavori in oggetto (v. capitolo 5).

3.3 . Metodologia applicata all’analisi geomorfologica

L’analisi geomorfologica dell'area d'indagine costituisce un altro approccio analitico fondamentale per la geomorfologia

e idrologia che connota il paesaggio in cui è inserito il lotto di progetto. Per questi aspetti si è fatto principalmente

riferimento alla Carta Geologica d’Italia, alla Carta Geologica del Friuli Venezia Giulia e ai Geositi del Friuli Venezia

Giulia.

4. Inquadramento generale e storia del popolamento del territorio

L’area oggetto di intervento è ubicata a Sedrano, una delle quattro frazioni insieme a San Foca, S. Giovanni e Roiata che

appartengono al comprensorio territoriale del Comune di S. Quirino, da cui dista circa 2,1 km.

Dal punto di vista geografico e geomorfologico Sedrano si trova nella zona tra la fascia pedemontana e la media

pianura, a nord-est di Pordenone, area tradizionalmente identificata come “i magredi”, aride praterie caratterizzate da

un sottosuolo ghiaioso e permeabile (v. paragrafo 7). Collocata sulla destra idrografica del torrente Cellina, la zona

territoriale di San Quirino risulta caratterizzata da una rete idrografica relativamente fitta, definita dal corso di alcuni

canali artificiali come il canale Grande, la Roggia, il canale di Villa Rinaldi che raccolgono le acque di fossati e rogge3.

Tale località fa parte di un comprensorio territoriale piuttosto interessante dal punto di vista storico-archeologico,

poiché conserva caratteristiche insediative molto importanti e diversificate. La maggior parte dei dati posseduti

derivano da attività di ricerca di appassionati che in passato hanno recuperato numerosi materiali, specialmente

nell’area magredile di Sedrano4, frutto di raccolte di superficie, spesso non sistematiche. Tracciare un quadro del

popolamento in età antica per questo comprensorio territoriale risulta ancora complesso, perché viabilità, eventuali

divisioni agrarie e attività economiche si possono per ora solo ipotizzare in attesa di un’integrazione dei dati. Tenendo

conto delle caratteristiche morfologiche e topografiche dell’area, unitamente alle testimonianze materiali possedute, è

possibile tuttavia tracciare alcune linee generali, a partire dalle epoche più remote.

Età preistorica e protostorica

E’ altamente probabile che questo comprensorio territoriale costituisse un habitat favorevole alla frequentazione sin

dai tempi preistorici, come sembrano indicare alcuni materiali litici attribuibili al Mesolitico (8000-4500 a.C.) rinvenuti in

2 CAMBI, TERRENATO 1994, p. 19. 3 ZIN 2004, pp. 36-62. 4 Il recupero della maggior parte del materiale si deve a Riccardo Santarossa, ma per la maggior parte di esso mancano i riferimenti topografici di provenienza. Sulla questione, v. RIGONI 2004, pp. 89-90.

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due località di San Quirino e di Aviano, altri ritrovamenti, sempre nella stessa zona, rinviano al Neolitico recente e tardo

(4000 a.C.), su analogia di quando è stato già confermato per un’area meridionale adiacente, presso le località di

Fagnigola e Valler in comune di Azzano X e di Bannia di Fiume Veneto. Per quel che riguarda la protostoria, quando la

pianura veneto-friulana, prima popolata da genti italiche, gli Euganei, fu occupata tra il X e il VII sec. a.C. dal popolo dei

Veneti e, a partire dal V sec. a.C., dai Carni di origine celtica, non si dispongono ancora di puntuali rinvenimenti a

riguardo: gli abitati finora noti di questo periodo, come quelli di Palse di Porcia a ovest e di Montereale Valcellina a est,

nonché i ritrovamenti d’altura a San Tomé di Dardago e delle colline di Aviano, si dispongono a corona intorno al

territorio di San Quirino. Per la zona di Sedrano, sono segnalati da bibliografia due siti di epoca preromana in località

Brentella e in vic. Ponte Brentella, rispettivamente un insediamento e una necropoli5.

Età romana

In questa zona che si pone in continuità morfologica, a nord-ovest, con l’adiacente area del Comune di Aviano, dall’altra

a est, con quella di Tesis-Montereale, maggiori sono i siti di epoca romana.

La concentrazione dei siti si colloca nelle aree a sud di Aviano e di San Martino di Campagna, in comune di Aviano, e di

San Foca e Sedrano in Comune di San Quirino. Si tratta di località che hanno restituito materiale prevalentemente

edilizio riferibile a insediamenti di tipo rustico, in particolare in una località non meglio precisata a sud-ovest di Sedrano,

dove probabilmente si trovava una villa rustica cui rinviano anche alcuni lacerti pavimentali musivi6, e nelle località di

vic. Ponte Brentella, Brentella, La Pila (v. paragrafo 4.2), Griss, Campagnola, Pragrande, vic. Cimitero, Angoris, Comou7,

altri presunti sulla base di labili rinvenimenti nelle località Brentella, vic. Case Ponte, La Selva, vic. Case Santarossa,

Angoris e Sopra Villa8. Si segnalano infine alcune tombe isolate in vic. Cimitero località Pragrande9, dove è stata

segnalata anche la presenza di una necropoli10.

Sono stati recuperati anche oggetti relativi all’abbigliamento personale, all’arredo di abitazioni e ad attrezzi agricoli,

nonché manufatti di maggior pregio, come un bronzetto di Ercole, divinità legata alla pastorizia, proveniente dall’area

limitrofa della località “Il Crist”, in Comune di Montereale.

Da una prima mappatura dell’area, il comprensorio territoriale dell’alta pianura risulta caratterizzato da insediamenti

rustici che presentano una certa capillarità areale ma di modeste dimensioni e, in pochissimi casi con apparati

decorativi di un certo rilievo come i pavimentazioni a mosaico della Villa di Ponte Alto. La destinazione di questi

ambienti modesti, ma distribuiti fittamente nell’area, inducono a ritenere che vi fosse un controllo del territorio di tipo

rurale e che in ragione delle risorse presenti vi fosse un’economia di tipo silvo-pastorale, legata alla pratica

dell’allevamento e della transumanza.

La zona appare pertanto più densamente popolata di quanto non si ritenesse in passato: secondo l’ipotesi di Luciano

Bosio la zona dei magredi non sarebbe rientrata nella divisione agraria dell’agro di Iulia Concordia, poiché quest’ultima

si sarebbe fermata al fiume Meduna a causa dei terreni poveri e aridi dei magredi. I dati finora raccolti, invece,

evidenziano una presenza romana nell’alta pianura tutt’altro che superficiale e doveva rispondere a un’organizzazione

5 SERAFINI, INDRI 1996, nn. 171, 465. 6 La villa viene identificata nella località Pragrande da SERAFINI, INDRI 1996, n. 175. 7 SERAFINI, INDRI 1996, nn. 169, 170, 171, 174, 226, 242, 243, 260, 267, 400. 8 SERAFINI, INDRI 1996, nn. 172, 173, 189, 207, 269, 488. 9 SERAFINI, INDRI 1996, nn. 245, 259. 10 SERAFINI, INDRI 1996, n. 244.

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del territorio più articolata, facente capo alla divisione agraria della colonia di Iulia Concordia Sagittaria (42-40 a.C.),

quando con la penetrazione dei Romani nelle terre friulane, il territorio fu completamente riorganizzato, con lo

sfruttamento di piste protostoriche riadattate e con l’apertura di nuove direttrici viarie quali la via per Compendium da

Concordia al Norico, la via del Kardo Maximus, da Concordia al Pedemonte, e la cosiddetta direttrice alta, che separava

nettamente due aree pedologicamente differenti a causa della presenza della linea delle risorgive, i magredi a nord e la

bassa pianura fertile a Sud (fig. 1)11.

Fig. 1. I principali assi viari di età romana tra l’alta e la bassa pianura (da RIGONI 2004)

Questo nuovo assetto territoriale, predisposto in un territorio ricco di risorse naturali (argille, legname e prodotti

agricoli), comportò anche un nuovo disegno centuriale ai fini della suddivisione agraria che forse interessò anche il

territorio di San Quirino, potendone costituire uno dei limiti settentrionali della centuriazione dell’agro concordiese,

anche se non si rinvengono in realtà tracce evidenti della centuriazione poiché le travolgenti piene del Cellina e del

Meduna hanno cancellato l’antico vicolo viario (fig. 2)12.

11 BOSIO 1991; ROSADA 1990. 12 BOSIO 1968, pp. 36-37, 1991.

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Fig. 2. Antiche divisioni agrarie nell’area di Sedrano, compresa tra le lettere B e F

(da SERAFINI INDRI 1998).

Le aree della media e alta pianura, il cui centro nevralgico era forse rappresentato dall’insediamento rustico di Torre di

Pordenone, dovevano essere destinate, per loro stesse caratteristiche, all’allevamento degli animali e alle pratiche della

transumanza. In questo modo, si veniva ad articolare un sistema integrato dello sfruttamento del suolo, organizzato a

seconda delle diverse potenzialità: il territorio di Concordia poteva infatti contare su una fascia costiera, pienamente

inserita nei percorsi di navigazione paralagunare dell’alto Adriatico e su un sistema di fitti e scambi commerciali e sulla

viabilità terrestre più frequentata come la via Annia/Postumia. Più a nord del municipium, la fascia delle risorgive

attraversata da una fitta rete di piccoli corsi d’acqua soprattutto di risorgiva, permetteva invece un intenso

sfruttamento agricolo caratterizzato dalla produzione di cereali, collegato da una parte alla zona costiera, dall’altra

all’area della media e alta pianura, più idonea invece per gli allevamenti di bestiame e le pratiche della transumanza13.

Età tardoantica e medievale

Le occupazioni umane presenti nell’area di San Quirino durante le prime fasi del medioevo sembrano continuare le

medesime modalità insediative riscontrabili per il periodo precedente: si tratta di insediamenti sparsi e modesti,

costituiti da case isolate e da ampie praterie contermini che permettevano di organizzare l’attività pastorale lungo

percorsi giornalieri, che garantivano il rientro degli animali alla sera. Il quadro sembra modificarsi con l’età

bassomedievale, quando agli insediamenti sparsi si aggiungono veri propri villaggi, composti da pochissime famiglie,

13 RIGONI 2004, pp. 93-94.

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frutto di una politica di ripopolamento che mirava a introdurre nell’area del conoide forme di conduzione agraria

tipiche del resto del territorio friulano. E’ probabile che avvenga in seguito a un aumento della popolazione, dovuto

probabilmente a immigrazioni su larga scala, e a una nuova pianificazione del territorio che garantiva la risorsa idrica

per tutti gli abitanti, in seguito all’acquisizione delle tecniche che permettevano di estrarre rogge dai fiumi per farle poi

correre in sospensione su aree aride (fig. 3)14.

14 Sull’argomento, v. ZIN 2004.

Fig. 3 Sistema roggiale del Cellina intorno al 1500 (da ZIN 2004).

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Determinate ai fini insediativi fu la realizzazione della roggia che partiva da San Foca, raggiungeva la cortina di San

Quirino e da Roveredo e i settori settentrionali di Cordenons. La sua portata veniva divisa in tre parti a San Quirino

grazie all’uso di una pietra che tagliava il flusso dell’acqua in due. Un terzo scendeva a Cordenons, mentre la quota più

importante veniva diretta verso Roveredo attraverso le Villotte. Questo manufatto permise di mettere a coltura vasti

territori costruendo un paesaggio di campi arati all’interno di grandi praterie e, di conseguenza, di favorire

un’espansione dell’abitato in epoca bassomedievale: S. Quirino, Sedrano e S. Foca diventano dei villaggi di “forma

aperta”, privi di piazza, costituiti da masi concentrati in un borgo e dotati di terre nelle diverse regioni agrarie del

territorio15.

Le tre comunità che oggi appartengono al Comune di San Quirino (fig. 4), in questo periodo erano indipendenti ed

erano amministrate da tre diversi consigli popolari; a ciascuna di esse corrispondevano territori autonomi, limitati però

da confini resi incerti dall’omogeneità dei segni della geografia fisica dei luoghi e gestiti con diverse modalità,

15 BACCICHET 2004, pp. 155-156.

Fig. 4. Ortofoto con in evidenza i confini delle originarie comunità rurali di San Foca, Sedrano e San Quirino (1999) (da BACCICHET 2004)

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specialmente perché diverse erano le giurisdizioni feudali che interessavano l’alta pianura: San Quirino e Sedrano erano

sotto la giurisdizione pordenonese e dunque asburgica, S. Foca dipendeva da Sesto, poi da Millstatt e infine dai conti di

Porcia, mentre la porzione di territorio più occidentale era sotto l’influenza patriarcale di Aviano16.

Lungo questo confine transitavano poi l’importante asse stradale della via Ongaresca, legata al passaggio degli Ungari

nel IX secolo e successivamente divenuta la “Strada Maestra” che era diretta all’importante guado di S. Foca, e tutte le

strade nuove che collegavano il guado stesso con il porto costruito sul Noncello tra XII e XIII secolo. Secondo quanto

ipotizzato da M. Baccichet17, è molto probabile che tali assi viari fungessero da elementi di confine tra i diversi territori,

fino addirittura al periodo di dominio veneziano.

4.1. La cartografia storica

L’area del comprensorio territoriale di San Quirino e, dunque, quella di Sedrano in cui ricade il lotto di progetto, viene

trascurata dalle più antiche cartografie che rappresentano il Friuli e le caratteristiche geografiche del suo territorio.

Nella mappa di Pirro Ligorio (1563) nell’arida pianura della “Campagna di Aviano”, oltre all’omonima villa compare, in

posizione errata, S. Avogia, con a sud-est Rorai e Cordenons (fig. 5). E’ interessante notare che nell’area compresa tra la

destra idrografica del fiume Meduna e quella sinistra del fiume Livenza, le sedi umane sono molto rarefatte rispetto a

quelle dell’alta pianura udinese: la grande pianura arida del Cellina è una sorte di grande vuoto, in cui viene segnalata

solo S. Foca, probabilmente in ragione della sua posizione geografica considerata importante in relazione al guado del

Cellina.

La stessa scarsa attenzione per l’area poco abitata dell’alta pianura è evidente anche nella carta del Valvassori (1553),

ove i centri insediativi vengono indicati semplicemente con il termine “vilazi” (fig. 6).

Fig. 5 La nuova descrittione di tutta la Patria del Friuli (Pirro Ligorio, 1563) (da BACCICHET 2004)

Fig. 6 La vera descritione del Friuli (Andrea Vavassori, 1553)

(da BACCICHET 2004)

16 CASTENETTO 2010, pp. 13-19. 17 BACCICHET 2004, pp. 155-156.

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Il cartografo era infatti più interessato all’assetto orografico e idrografico della Patria del Friuli e agli insediamenti

urbani o castellani più importanti; il territorio di San Quirino appare dunque fortemente deformato ridotto, fino quasi a

scomparire. Le stesse caratteristiche si riscontrano anche nella ricca produzione di carte che si rifanno al Valvassori.

Completamente prive di indicazioni sono infatti anche la “Nova descriptione del Friuli”del 1561, quella di Paolo Forlani

del 1564, la Fori Iulii accurata descriptio dell’Ortelio (1573) e quella del Magini del 1596.

Nella carta del Friuli del Mercatore (1589) ricompare il villaggio “S. Vogada”, seppur collocata in sinistra al Cellina, ma

per il resto il territorio della Campagna di Aviano è privo di qualsiasi indicazione insediativa (fig. 7), a favore invece delle

più note Torre, Sacile e Polcenigo.

Caratterizzata da una maggiore fedeltà alla geografia della destra Meduna è la carta della Patria del Friuli del Magini del

1620 (fig. 8), anche se compare il villaggio “S. Avogia” come indicazione insediativa. S. Avogia viene descritta presso

“Vivar” nella carta chiamata Forum Iuly et Trivigliano, contenuta nella Nova et accurata Italiae Hodiernae descriptio. Le

carte successive non aggiungono molto, solo alcune imprecisioni: San Martino di Campagna, per esempio, è posto poco

a monte di Sedrano, mentre vicino a San Quirino viene erroneamente ubicato Dardago, posto decisamente più a ovest.

Nella Carta della Patria del Friuli di Coronelli (fig. 9) il solco deciso del Cellina separa la riva destra della pianura ghiaiosa

da una località misteriosa, collocata a sud di Maniago, che il cartografo identifica la “Cellina” di cui parla Plinio il vecchio.

La carta si rivela però interessante perché evidenzia le principali strade postali che attraversano i l Friuli collegando i

territori austriaci con il Veneto, mentre risulta assente la strada del guado di S. Foca, probabilmente in disuso in questo

periodo.

Fig. 7 Carta del Friuli, dell’Istria e delel regioni vicine (Mercatore, 1589)

(da BACCICHET 2004)

Fig. 8 Patria del Friuli olim Forum Iulii (Giovanni Antonio Magini, 1620)

(da BACCICHET 2004)

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Un maggior grado di affidabilità presenta la carta di Giovanni Giacomo Spinelli (1688): la destra del Cellina viene

rappresentata in modo più preciso, con l'indicazione di “Sidrano”, “S. Foca” e “S. Querini” che delimitano il territorio

della “Campagna d’Aviano” (fig. 10). A parte la carta del Salomon (1753) in cui ritorna sostanzialmente il vuoto

insediativo delle prime cartografie, nella cartografia settecentesca rimangono oramai una costante la Strada Maestra, la

confluenza devastata di Cellina, Colvera e Meduna e gli insediamenti di Sedrano, S. Foca e S. Quirino allineati sul Cellina.

Nelle carte di Tiberio Majeroni e Giovanni Antonio Capellaris (1778) assume un’attenzione del tutto particolare

l’incisione nel terrazzo fluviale del Cellina, notevolmente drammatizzata, ma non appaiono altri elementi significativi.

Fig. 9 La Patria del Friuli (Vincenzo Maria Coronelli, XVIII secolo)

(da BACCICHET 2004)

Fig. 10 Parte della Patria del Friuli (Giovanni Giacomo Spinelli, 1688)

(da BACCICHET 2004)

La prima rappresentazione realistica della geografia della destra Cellina, esaltata dalla maglia del reticolo viario inserito

nelle tessiture dell’insediamento agrario, si ha nella carta topografica di A. Von Zach che, per la scala di grande dettaglio

territoriale, presenta una notevole capacità descrittiva della geografia e dell’uso del territorio del XVIII secolo (fig. 11).

Tutti i villaggi sono rappresentati circondati dalle terre coltivate a eccezione di un lato ove risultano collegati con la

regione dei pascoli e quella dei prati attraverso strade che vengono chiamate “armentarezze”. A Sedrano, per esempio,

questo collegamento è rivolto verso nord-ovest. Si nota anche come i campi seguano l’inclinazione del conoide; inoltre

vengono rilevate due deviazioni del Cellina che avevano rotto gli argini naturali e riversato una grande quantità d’acqua

e di detriti verso Cordenons. S. Foca e S. Quirino vengono posti nel punto più alto delle terre coltivate, mentre

particolarmente significativa appare la grande arteria acquea, legata alla fluitazione del legname, costituita dalla

Brentella e il sistema delle risorgive a nord-est di Cordenons.

La prima carta ufficiale a stampa che descrive i luoghi del territorio in cui si inserisce il lotto di progetto è la Carta

topografica austriaca in scala 1:86000, in cui emerge come dato principale la viabilità (fig. 12): ritorna il guado di S. Foca

e le due strade meridionali al villaggio, quella diretta verso Cordenons e quella verso Pordenone. L’interesse al sistema

stradale emerge anche nella carta dell’I.G.M. del 1899 in scala 1:100000, ove sono evidenziati i collegamenti tra i diversi

villaggi (fig. 13), a dispetto della geografia fisica dei luoghi che viene minimizzata.

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Fig. 11. Carta di A. Von Zach (1798-1805)

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Fig. 12. Carta topografica del Lombardo Veneto (scala 1:86000) (da BACCICHET 2004)

Fig. 13 Carta topografica dell’I.G.M. (scala 1:100000) (da BACCICHET 2004)

4.2. Evidenze archeologiche e architettoniche nel territorio in cui è inserita l’area di progetto

L'indagine bibliografico-archivistica ha permesso di individuare un solo sito in prossimità dell’area di progetto: si tratta

di un insediamento abitativo di età romana in località La Pila, a una distanza dall’opera di (v. Tav. 1)18.

5. Dati da ricognizione di superficie

Come anticipato nel paragrafo 2.2, la ricognizione ha interessato l’intera superficie riferibile all’area in cui ricade

l’intervento di progetto (Tav. 2).

La ricognizione è stata condotta il 24 aprile 2017, alla presenza di ottime condizioni meteorologiche, in pieno sole. Come

si evince dalla Tav. 2, sono state riconosciute 14 Unità Topografiche, caratterizzate da diversi usi del suolo, in prevalenza

prato (UT 04, 08, 11, 13, 14) a visibilità scarsa e nulla, stoppie (UT 03, 07, 09, 10), con visibilità per lo più discreta e in un

caso scarsa, sterpaglia a visibilità nulla (UT 01, 02, 05) e solo in un caso arativo con visibilità ottima (UT 06). A queste si

aggiungono due aree edificate in prossimità della strada provinciale in cui deve essere realizzata l’opera in progetto.

Date queste caratteristiche, le indagini condotte non hanno apportato informazioni di interesse archeologico aggiuntive

rispetto a quanto già noto dallo spoglio bibliografico-archivistico (v. Tav. 1), anche se il mancato rinvenimento di reperti

costituisce un valore relativamente indicativo, essendo la potenzialità di indagine in parte compromessa dagli interventi

di costruzione che hanno interessato l’area in passato, specialmente per quel che riguarda l’area di progetto, ubicata in

18 SERAFINI, INDRI 1996, n. 170.

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corrispondenza della strada moderna provinciale. È plausibile ritenere che in funzione di tali opere, il terreno dell’area di

progetto sia stato ampiamente sconvolto da interventi di scavo e di riporto che ne hanno inevitabilmente intaccato i

depositi, alterandone l'eventuale leggibilità. In definitiva, le condizioni sopra accennate, legate sia alle condizioni di

ricognizione (uso suoli e visibilità), sia agli interventi di edificazione pregressi – trattandosi in parte di un’area già

costruita – hanno impedito lo svolgimento di una ricognizione esaustiva.

6. Aspetti geomorfologici e idrografici

La morfologia dell’area in oggetto è stata caratterizzata dagli eventi delle glaciazioni, cui si è aggiunta e sovrapposta la

dinamica erosiva fluviale impostasi dopo la fase würmiana. L’area di Sedrano, in particolare, è posta su un’area

appartenente all’ampia copertura morenica e alluvionale (conoide del Cellina), nella cosiddetta alta pianura friulana,

caratterizzata da un unico acquifero freatico immagazzinato nelle alluvioni grossolane del “Cellina-Meduna”. La

costruzione del tratto di alta pianura interessato dal progetto a Sedrano, è dovuta infatti al Cellina ed al Meduna.

In epoca pleriglaciale le acque di fusione del ghiacciaio del Cellina che si scaricavano nella pianura, costruirono allo

sbocco della valle un vasto e regolare cono alluvionale che si appoggiò alle falde del monte Cavallo e delle colline ad

esso anteposte, lambendo “il terrazzo di Aviano”. A levante incontrò le alluvioni del Meduna lungo un allineamento

passante all’incirca per l’attuale letto del Colvera e, successivamente, per quello del Meduna. La superficie del cono

alluvionale è stata alquanto tormentata da solcature e incisioni varie, causate dal deflusso delle principali correnti di

piena.

Durante la fase di regressione dei ghiacciai, nel Tardo Pleistocene, il Cellina costruì un vasto cono alluvionale secondario

con l’asse passante per Montereale Valcellina e Pordenone. La sua ala destra incontra a ponente la scarpata “Riva di

Bares” e, più a sud, le adiacenze dei colli di Polcenigo , mentre l’ala sinistra scende dolcemente verso l’attuale corso del

Cellina.

In epoca post-glaciale il Cellina spostò il suo asse ad oriente, sulla primitiva direzione, e cominciò a deporre un piccolo

cono fra Vivaro e San Quirino.

Gli attuali conoidi di deiezione del Cellina e del Meduna sono il risultato di un profondo lavorio delle acque, che

continuarono a riversarsi a ventaglio in pianura finché un’intensa fase di erosione non costrinse questi corsi d’acqua a

scorrere entro larghe e profonde incisioni, da loro stessi provocate, con progressivi fenomeni di terrazzamento. Si

sviluppano su un drappo di terreni ghiaiosi che fascia la pedemontana; i detriti sono di origine calcarea e calcareo-

dolomitica19.

Attualmente il conoide del Cellina presenta uno spessore massimo di 200 m che si assottiglia sempre di più verso valle

fino a confondersi con lo strato meno permeabile lungo la linea delle risorgive che separa l’alta dalla bassa pianura. Esso

è caratterizzato da un’estrema permeabilità e da un esiguo strato umifero superficiale di spessore variabile da un

massimo di 30-40 cm ad un minimo di 10-15 cm. L’alveo, vastissimo e non ancora stabilizzato, viene chiamato grava,

mentre le sponde sono separate dai terreni più lontani dal cosiddetto magredo, una vera e propria prateria o brughiera

caratterizzata da una sottile cotica di terreno vegetale continua, che si sviluppa fino al confine con la linea delle

risorgive20. L’area dei Magredi, ovvero “terreni magri”, si presenta dunque come una zona arida del conoide alluvionale

19 Geositi del Friuli Venezia Giulia. 20 ZIN 2004, pp. 37-38.

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del Cellina-Meduna, caratterizzato in generale da una marcata pendenza e da una elevatissima permeabilità, e priva

perciò di corsi d'acqua superficiali a regime costante (fig. 14).

7. Valutazione dell’impatto archeologico

Ai fini di valutare l’impatto archeologico tenendo conto della potenzialità archeologica e dell’entità dell’opera in

progetto, sono state individuate tre fasce concentriche attorno all’area interessata dal progetto rispettivamente di 100

m, 200 m e 500 m e si sono divisi i siti a seconda della fascia di prossimità: utilizzando il criterio della distanza dall’opera

Fig. 14. Modello tridimensionale dell’alta pianura pordenonese e dei primi rilievi alpini con l’individuazione degli attuali confini comunali di San Quirino

(da BACCICHET 2004).

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di progetto, i siti a meno di 100 m si ritengono a rischio alto di essere intercettati, quelli tra i 100 e i 200 m sono valutati

a rischio medio, quelli tra i 200 e i 500 m a rischio basso e quelli a distanza superiore ai 500 m a rischio nullo.

A) SITI A MENO DI 100 M

Non sono emersi siti che ricadano in questa fascia.

B) SITI TRA 100 E 200 M

E’ stato individuato un unico sito da bibliografia, riferibile a un insediamento abitativo rustico di età romana.

C) SITI TRA 200 E 500 M

Non sono emersi siti che ricadano in questa fascia.

D) SITI OLTRE I 500 M

Non sono presenti siti che ricadano in questa fascia.

Ricapitolando quanto sopra indicato, si propone di considerare:

8. Conclusioni

Da quanto è emerso nel corso della ricerca, l’area oggetto d’intervento si inserisce in un contesto territoriale ben

connotato dal punto di vista geomorfologico e idrografico, condizionato dal conoide “Cellina” e noto in letteratura

come area dei Magredi, le cui caratteristiche geomorfologiche (v. cap. 6) non hanno certamente favorito in passato un

intenso sviluppo insediativo dell’area, per quanto gli studi degli ultimi anni stiano suggerendo un quadro più articolato

di quanto finora sostenuto.

La ricerca bibliografico-archivistica ha evidenziato un solo sito prossimo all’area di progetto entro un buffer di 200 m (v.

cap. 4.2) e perciò potenzialmente considerabile a medio rischio di intercettazione; si tratta, tuttavia, di un sito

identificato solo sulla base di ricerche di superficie, peraltro non riconfermato dalla ricognizione condotta che, più in

generale, non ha apportato alcuna informazione significativa (v. Tav. 2).

E’ importante sottolineare, infine, che Sedrano in particolare, a differenza di S. Foca, ha subito profonde trasformazioni

nei settori del costruito con una lenta espansione tentacolare che ha creato un vero e proprio continuum di edilizia

lungo tutte le strade poste a est della strada provinciale che conduce a San Martino.

In ragione di tutte queste considerazioni, cui si aggiunge l’entità dell’opera in progetto che consiste nella realizzazione

di una rotatoria in corrispondenza di un incrocio lungo la Strada Regionale 251 moderna, si considera l’intervento non

impattante.

GRADO DI RISCHIO INTERVENTO ID. SITI

Alto /

Medio Sito 1

Basso /

Nullo /

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9. Elenco delle Tavole

Il presente elaborato è corredato dalle seguenti tavole:

Tavola 1. Valutazione di impatto archeologico: carta del rischio archeologico, comprensiva delle risultanze bibliografico-

archivistiche.

Tavola 2. Valutazione di impatto archeologico: cartografia delle risultanze da ricognizione di superficie.

Dr. Raffaella Bortolin Porcia, 22 maggio 2016

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

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