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Sofà TRIMESTRALE DEI SENSI NELL’ARTE Anno V Numero 14 2011 1 5 0 Una medaglia per l’anniversario realizzata dalla Zecca Eventi e manifestazioni lungo lo Stivale di unità anni Eventi Salone del libro Torino, la carta va Grandi mostre Conforti: Vasari fabbriche & scritti Un caffè con Paolo Baratta Biennale, e luce sia Il corpo dell’arte Mimmo Paladino l’artista errante

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Il trimestrale dei sensi nell'arte

Transcript of Sofà #14

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www.editalia.it 800 014 858numero verde

la storia della liranella repubblica Italiana

le Ultime ConiazioniDalla Zecca dello Stato, la nuova emissione celebrativa dedicata alla Lirarealizzata in oro dal materiale creatore originale.

Il tributo più prezioso alle ultime monete che abbiamotenuto fra le mani prima dell’avvento dell’Euro.

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Gli esemplari della Lira - le Ultime Coniazionisono coniati in oro fondo specchio nelle dimensioni delle monete originali e nel loro ultimo anno di emissione.

Tiratura limitata e numerata con certificazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Collezione completa: 1999 esemplari,Collezioni singole: 1999 esemplari ciascuna.

Sofà

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SofàTRIMESTRALE DEI SENSI NELL’ARTE

Anno VNumero 14

2011

150Una medaglia per l’anniversario

realizzata dalla Zecca

Eventi e manifestazionilungo lo Stivale

di unitàanni

EventiSalone del libroTorino, la carta va

Grandi mostreConforti: Vasarifabbriche & scritti

Un caffè conPaolo BarattaBiennale, e luce sia

Il corpo dell’arteMimmo Paladinol’artista errante

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5 LIRE 1861Scudo Unità d’Italia

50 LIRE 1911Cinquantenariodell’Unità d’Italia

500 LIRE 1961Centenariodell’Unità d’Italia

La storia, il presente e il futuro della nostra PatriaÈ questo il significato della collezione che Editalia dedica all’Unità d’Italia, e che si identifica con lo spirito delle celebrazioni del 150° Anniversario. Un percorso scandito dalle riconiazioni della prima moneta dell’Italia Unita [ 5 lire del 1861] considerata molto rara nell’ambiente del collezionismo, e da quelle per gli anniversari del cinquantenario [ 50 lire del 1911] e del centenario [ 500 lire del 1961].

Il volume di pregio, creato appositamente per questa occasione, percorre un’inedita storia della moneta italiana dalla nascita, al Regno e alla Repubblica, con particolari approfondimenti sulle monete presentate.Tiratura limitata

la storia della lira

Unità d’Italia150°anniversario 1861-2011

Le lire dell’Italia unita curato da Silvana Balbi de Caro

Completa l’opera il volume

Con il patrocinio di:Presidenza del Consiglio dei Ministri

Comitato per le Celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia

Tiratura limitataLa collezione è stata realizzata in 2011 esemplari certificati dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.Gli esemplari delle monete sono coniati nelle dimensioni e nei metalli originali, in oro 900‰ e in argento.Cofanetto personalizzabile.

Un privilegio esclusivoA tutti i collezionisti sarà consegnata la speciale coniazione

in argento emessa quest’anno per celebrare il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia.

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la storia della liranel Regno di

ViTTORIO Emanuele IIILe più belle monete del “Re numismatico”Con la Lira di Vittorio Emanuele III, l’ultimo re a battere moneta prima dell’avvento della Repubblica,l’Italia tornò ad esprimere dei veri capolavori degni della più grande tradizione artistica nella quale il nostro Paese vanta da sempre un primato internazionale.

L’Arte, i valori e la storia della nostra Nazione da ammirare nello splendore dell’oro.

Caratteristiche dell’operaGli esemplari della Lira di Vittorio Emanuele III sono coniati nelle dimensioni originali, in oro 900‰

Garanzia dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello stato

Il certificato di provenienza e autenticità attesta la provenienza e le caratteristiche tecniche delle coniazioni,

la dimensione, il peso, il titolo dell’oro e la tiratura limitata

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Tiratura limitataCollezione: 1999 esemplariSerie singole: ciascuna 1999 esemplari

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Nove monete, selezionate fra le più significative dal punto di vista storico e artistico del Regno di Vittorio Emanuele III, costituiscono questa ineditacollezione con la quale Editalia e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Statoproseguono e arricchiscono il progetto della Storia della Lira.

Una collezione unica e preziosa

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LA

SIAMO

NOILIRA

UN’OPERA D’ARTEIN FORMA DI LIBRO

Viale Gottardo 14600141 Roma

www.editalia.itnumero verde800 014 858

Un prezioso album dei ricordi con unacopertina scultorea interamente realizzataa mano: un bassorilievo in argento che raf-figura la dea Minerva sul verso delle 100 liredel 1955.All’interno, fotografie che raccon-tano la grande storia e le storie di tutti igiorni. E insieme immagini insolitamenteravvicinate di monete e banconote dellaLira, per una spettacolare e inconsueta gal-leria d’arte.

Il bassorilievo è realizzato in argento patinato a mano.Il volume di grande formato (29 x 39 cm)è composto da 324 pagine stampate su carta pregiata, con oltre 400 fotografie in bianco e nero e a colori.Rilegatura in pelle serigrafata,con impressioni in argento sul dorso.Un cofanetto in plexiglass permette di custodire ed esporre,come su un moderno leggio,il prezioso volume.

Tiratura limitata: 4999 esemplari

Con il patrocinio di:Presidenzadel Consiglio dei Ministri

Comitato per le Celebrazionidel 150° Anniversariodell’Unità d’Italia

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editoriale

IL VALORE

LLa stella, emblema dell’Italia fin dal Risorgimento, e la ruota dentata, richiamo alla Repubblicafondata sul lavoro. Il ramo d’ulivo a rappresentare il valore indiscusso della pace, e la quercia,immagine della dignità del popolo italiano. Sono i simboli che incorniciano l’esile profilodell’Italia sulla medaglia celebrativa del 150° anniversario dell’unità d’Italia. La medaglia, conla quale si chiude la serie di copertine dedicate ai tre cinquantenari, è stata realizzata da Editaliae dalla Zecca su modello della scultrice e medaglista Laura Cretara ed emessa per la presiden-za del Consiglio dei ministri. La rappresentazione dei valori dell’Italia odierna è ancora una voltaaffidata ai rilievi di una medaglia come accadeva secoli fa nelle corti rinascimentali italiane.Circolerà oltre i confini nazionali, memoria dei valori simbolici su cui è fondata la Repubblica,ma anche in rappresentanza della grande tradizione artistico-artigianale italiana interprete dellavitalità creativa e produttiva del saper fare italiano. Ma la capacità di realizzare opere che par-lano il linguaggio della tradizione si accompagna in Editalia alla creazione di opere che usanolinguaggi e tecniche innovativi. In questi giorni, ad esempio, alla triennale di Milano è esposto“Art passion”, il libro d’artista in tre volumi sui giovani artisti mediorientali realizzato dalla nostraazienda per Campari, con il quale il curatore Marco Milan ha realizzato un’istallazione sul temadel viaggio. Il nostro lavoro, dunque, colma lo spazio che c’è fra una tradizionale medaglia cele-brativa e un innovativo libro d’artista fotografico.

Innovazione, tradizione e qualità, valori italiani ancora oggi capaci di generare l’eccellenza delnostro paese e che sono stati al centro della riflessione sviluppata nella recente “convention”Editalia tenutasi a Scilla per festeggiare i buoni risultati di questi anni e riflettere sulle radici pro-fonde di questo successo. La nostra convinzione è che Editalia esprima, nelle proprie opere enel proprio stile d’impresa, quei valori italiani che fanno del nostro paese un’eccellenza mon-diale. L’Italia è vincente quando fa l’Italia. Non solo nei tempi passati e non solo nel mondo del-l’arte e della cultura, ma anche nel presente e in contesti quali scienza e tecnologia. Editalia,dunque, è parte di un paese che rispettando i propri valori ha successo.

Fa piacere in chiusura riportare un pensiero espresso dalla professoressa Rossana Pace, presi-dente delle Eccellenze italiane, che partecipando al nostro convegno ha evidenziato come inun mercato della comunicazione sovraffollato da contenuti negativi e disvalori, la propostaEditalia rappresenta un raro esempio di testimonianza e racconto positivo e non retorico delnostro paese. Per questo incontra il favore dei nostri collezionisti che, coadiuvati dal lavorocapillare e responsabile della nostra rete di agenzie sul territorio, apprezzano ogni giorno di piùi valori dei quali ci facciamo interpreti.Grazie a tutti i colleghi e grazie agli agenti Editalia. E soprattutto grazie ai 50mila collezionistiche in questi ultimi anni hanno scelto le nostre opere.

Marco De GuzzisAmministratore delegato Editalia

della nostra identità

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NOTIZIE

PRIMO PIANO

Cronache d’arte 8Rainaldi celebra il beato Wojtyla, polemiche per la sua statua

Fotografia 10Jerry Uelsmann, surrealismo contemporaneo

Esposizioni in Italia e all’estero 12Lotto a Roma, Norfolk a Londra

Eventi 16L’identità nazionale nella nostra valutaTorino, la fabbrica delle celebrazioni 18Fiorenzo Alfieri, gli obiettivi di Esperienza ItaliaSalone del libro, letture edificantiEdmondo De Amicis, cuore della linguaLe interviste possibili: padri della patria/3 Camillo Benso conte di Cavour

Grandi mostre/1 30Giorgio Vasari, il padre degli Uffizi

Grandi mostre/2 34Tamara De Lempicka, la diva virile

Grandi mostre/3 38Carla Accardi, sintesi e contraddizione

Conversando sul sofà 42Ugo Riccarelli: “Er papa se n’è ito”, ecco una bella storia

Un caffè con 48Paolo Baratta, la macchina del vento scuote la laguna

Il corpo dell’arte 52Mimmo Paladino, un guerriero dell’oggi

L’arte prende corpo 58Chan Kwok Hung, il fascino degli estremi

PERSONAGGI

sommario

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BELPAESE

EDITORIA & ARTE

ARTE & IMPRESA

IN CHIUSA

I luoghi del bello/1 62Palazzo Carignano, la dimora dell’Italia unita

I luoghi del bello/2 68Museo di porta san Pancrazio, l’eredità di un eroe

L’arte del libro/5 72Flaminio Gualdoni, codici da collezione

Speciale 150° 741861-2011, nel segno della lira

A regola d’arte/1 78Unioncamere, le radici del nostro futuro

A regola d’arte/2 80“Convention” Editalia, valori italiani

Comunicare ad arte 83Nivea, cento di questi anni

I mestieri dell’arte 86Symbola, la cultura che si mangia

Il motore dell’arte 89Art forum Würth, il tesoro di Capena

Cose dell’altro mondo 92Arte da Israele, la tradizione del futuro

In cassaforte 96Febbre gialla

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cronache d’arte

ietro l’inaugurazione delponte della musica a

Roma si sono avute non pochepolemiche. Problemi organizza-tivi e di gestione hanno fatto slit-tare l’inaugurazione dal 21 apri-le al 31 maggio. Il sindacoGianni Alemanno ha giustificatoil ritardo con le falle al rivesti-mento in legno che serviva aricoprire la zona preposta alcamminamento pedonale: unapartita di doghe e assi prove-nienti dall’Oriente. Il ponte dellamusica, dal costo di 8 milioni dieuro e dalla lunghezza di 190metri, fa parte del progetto

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Eppela: opportunità e idee per artisti

Eppela è la piattaforma virtuale “made in Italy” che propo-ne un sistema di raccolta fondi pubblicizzando su internetle idee di artisti talentuosi ma squattrinati. Il progetto si rife-risce a tre categorie: no profit, culturale (arte, letteratura, tea-tro, danza, musica, cinema e fumetto) e “lifestyle” che com-prende design, tecnologia, “food” e moda. Come funziona?Le istruzioni sembrano semplici: chiunque abbia un proget-to può presentare la sua idea al “team” di Eppela che, dopoaverne verificato la qualità e la congruenza con le specifi-che d’eticità richieste, darà il via libera per caricarlo sullapiattaforma. Info: www.eppela.com.

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Uffizi a portata di tocco

Uffizi “touch” è la nuova applica-zione per “ipad” che consente diammirare alcune opere conservatenella nota galleria del capoluogotoscano, di consultare le relativedescrizioni e di ricevere informa-zioni pratiche sulle visite.L’applicazione permette inoltre direalizzare percorsi personalizzati eavere informazioni in tempo reale sulle novità che riguardanola galleria. È scaricabile dall’”Apple store” e ha un costo di1,59 euro. Info: www.store.apple.com.

Navetta dei musei, un percorso“ad hoc” che collegal’Auditorium con la gallerianazionale d’arte moderna divilla Giulia, il Maxxi (Museonazionale delle arti del XXIsecolo), lo stadio Flaminio e iMusei vaticani, passandoappunto per il ponte sul Tevere.Il progetto è stato elaboratodall’Agenzia per la mobilità pervalorizzare la vocazione delnuovo ponte, pensato per colle-gare la zona del Flaminio aquella del Foro Italico, dandocontinuità al circuito museale diRoma nord. (Silvia Ussia)

Rainaldi celebra il beatoWojtyla, polemiche per la sua statua

A diciotto giorni dalla beatificazione di Giovanni Paolo II, sul piazzale della stazioneTermini è stata inaugurata la scultura in bronzo di Oliviero Rainaldi, alta più di 5 metri, alcentro di un’aiuola di rose. Conversazioni, questo il titolo dell’opera dono della fondazio-ne Silvana Paolini Angelucci Onlus e dell’artista a Roma, ha riscosso varie critiche dallacittadinanza e dalle gerarchie ecclesiastiche. C’è chi dice «sembra Megamind» e chi criti-ca la posizione della statua perché «dà le spalle alla stazione e non accoglie con lo sguar-do chi arriva in città». Ma c’è anche chi si dichiara soddisfatto. A fronte di polemiche e cri-tiche lo scultore abruzzese – che vanta una lunga biografia ecclesiastica – ha valutato lapossibilità di spostare la statua, vista anche l’ipotesi di un referendum cittadino lanciatadal sindaco Gianni Alemanno a cui replica: «Forse pecco di memoria, ma dove si è vistauna cosa del genere? Non facciamo i pellegrini, la mia opera resterà nella storia». (S. U.)

Inaugurato a Romail ponte della musica

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www.editalia.it

Cellariusatlas coelestis

Andreas

RD 167 - Biblioteca Nazionale CentraleVittorio Emanuele II, Roma

Dodici, sontuose tavole che illustrano le costellazioni e i sistemi planetari:un viaggio fantastico attraverso i cieli, fra gli astri, i pianeti, le costellazioni e le figure mitologiche che le identificano. Immagini di grande interesse storico e scientifico, capaci di affascinare con la potenza della loro suggestione.

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TOL’Universo elegante

Editalia - Edizioni in Facsimile

Tre Cartelle, ciascuna delle quali contiene quattro tavole montate su tela (formato 133x111 cm).Le tavole (ciascuna del formato di ca. 59x48 cm), sono riprodotte in facsimile su carta speciale per stampe d’arte con nove colori e ritocchi di oro a caldo. Sono realizzate dall’Officina Carte Valori dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

Tiratura limitata a 999 esemplari numerati e certificati dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato

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Surrealismocontemporaneo

JERRY UELSMANNcolpo d’occhio

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inuose figure fluttuanti in ambientisospesi, corpi nudi che abitanol’universo sognante e fiabesco di unvisionario. Benvenuti nel mondo,

poetico e piacevolmente inquietante, delfotografo statunitense Jerry Uelsmann,demiurgo elegante di un non luogo caratte-rizzato dal delicato equilibrio tra essereumano e ambiente naturale. La decennalecarriera di Uelsmann e il suo particolarequanto evocativo senso estetico vengonoomaggiati alla galleria Paci arte di Brescia inuna personale dal titolo “Synchronisticmoments” che rimanda alla teoria del sincro-nismo operata dall’artista statunitense. «Tuttele informazioni sono lì eppure il misterorimane», ama ripetere Uelsmann per dire chesecondo lui le cose accadono nel momentostesso in cui devono accadere: l’opera infattisvela la propria identità solo durante il pro-cesso creativo. Il suo certosino lavoro è stret-tamente legato al procedimento analogico edè il frutto di varie sovrimpressioni di negativisu un’unica stampa. Le sue creazioni sonouna complessa composizione di diversi ele-menti che vengono combinati in modo enig-matico. Il risultato è quello di lasciare spiaz-zato lo spettatore perché nulla è come sem-bra, ma al contempo lo rassicura perché ognielemento è singolarmente riconoscibile. �

Sdi Giorgia Bernoni

La mostra“Synchronistic moments”

La personale offre una panoramica sulle opere diJerry Uelsmann, uno dei più importanti esponentidella fotografia surrealista, partendo dai vintage deglianni ‘60 e ‘70 fino alle immagini più recenti. Lamostra è a cura di MiriamTognazzi; il catalogo editoda Paci arte presenta il testo critico di GigliolaFoschi. Fino al 24 maggio. Paci arte contemporanea,via Trieste 48, Brescia. Info: www.paciarte.com.

Jerry Uelsmann, “Untitled”, 1991

Gli scatti onirici e poeticidel fotografo statunitensein una personale a Bresciache evidenzia la teoriadel sincronismo dell’artista

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VIAREGGIOI CAPOLAVORIDEI MACCHIAIOLINel 2010, con la ricomposizionedella collezione di Ugo Ojetti, ilCentro Matteucci di Viareggioaveva avviato il suo progetto: inda-gare e presentare l’arte modernavalorizzando il collezionismo. Sullalinea di questa missione, l’obiettivoche il fondatore Giuliano Matteuccisi è ora dato è quello di ritessere lefila del gusto collezionistico diMario Borgiotti e dei macchiaioli.Fino al 13 novembre. Info:www.centromatteucciartemoderna.it.

VENEZIAL’ELOGIO DEL DUBBIOVenezia ospita negli spazi dellapunta della Dogana la mostraElogio del dubbio fino al 31 dicem-bre. Un’ampia collettiva, con operedi Maurizio Cattelan, DanFlavin, Subodh Gupta, DavidHammons, Roni Horn e altri, cheindaga la sfera del turbamento, lamessa in discussione dellecertezze in tema d’identità, il rap-porto tra la dimensione intima, per-sonale, e quella dell’opera d’arte.Info: www.palazzograssi.it.

expo in Italia

MILANORICORDANDO FERNANDA PIVANOÈ stata una delle vere e poche pro-tagoniste del Novecento, per ses-sant’anni ponte culturale tra Italia eStati Uniti. Fernanda Pivano, gior-nalista, saggista e traduttrice, vienericordata dalla galleria gruppo cre-dito Valtellinese nel refettorio dellestelline a Milano. Una suggestivaretrospettiva fatta di fotografie escritti dal titolo Fernanda Pivano,viaggi, cose, persone. Fino al 18luglio. Info: www.creval.it.

MILANOGIO PONTIDal 6 maggio al 31 luglio, nelcinquantenario del palazzoPirelli, la sede della regioneLombardia accoglie una raffinataesposizione di creazioni di GioPonti, l’architetto che progettò ilgrattacielo Pirelli. Non si tratta diuna mostra dedicata alla figura di GioPonti architetto ma a Gio Ponti desi-gner legata soprattutto alla produzionedi ceramiche da lui ideata per la manifattura Richard-Ginori tra il 1923 e il 1930. Info: 0267655315.

MILANODANTE NEI TRATTI DI DALÌFino al 17 luglio la fondazioneArnaldo Pomodoro di Milanoospita un’affascinante riletturadell’Inferno di Dante Alighieri,attraverso le opere di SalvadorDalì e Robert Rauschenberg.Trentaquattro xilografie a coloridel maestro surrealista spagnoloe altrettante serigrafie di uno deiportavoce dell’arte contempora-nea statunitense. Info: www.fo-ndazionearnaldopomodoro.it.

pagine a cura di Camilla Mozzetti

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TREVISOESTATE FOTOGRAFIA 2011Villa Brandolini, nel cuore delle colline trevigiane, ospita Estate fotografia2011. Fino al 28 agosto, la grande dimora settecentesca presenta impor-tanti rassegne, accompagnate da un ricco programma di iniziative collate-rali. Fulcro della kermesse è la mostra Corrispondenze elettive di PaulStrand e Walter Rosenblum, cui si accompagna una monografica sulPittorialismo italiano. Villa Brandolini, piazza Libertà 7, Solighetto di Pievedi Soligo (Treviso). Info: 3349677948; www.fondazionefrancescofabbri.it.

ASCONAARTISTI RUSSI TRA ‘800 E ‘900Fino al 31 luglio il museo comunale d’arteModerna di Ascona, nel Canton Ticino, dedicauna retrospettiva a Marianne Werefkin. Un per-corso espositivo che presenta 25 opere cheaffiancano 3 tele giovanili, 60 lavori e 30 libret-ti di schizzi. Info: www.museoascona.ch.

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ROMAL’ARTE NELLA STORIANell’ambito delle iniziativerealizzate per i festeggiamenti dei 150 annidell’unità d’Italia, il complesso del Vittorianoospita Regioni una mostra di 4 artisti chemeglio di altri hanno saputo sintetizzare lastoria della nazione dal 1861 ai nostri giorni.Visibili le opere di Giovanni Boldini, GiorgioMorandi, Antonio Fontanesi e Carlo Zauli.Fino al 3 luglio. Info: 066780664.

SPOLETOODISSEA CONTEMPORANEAGiganti dell’arte del XXsecolo, accanto a giovanipromesse, conosciuti e sco-perti da Valentina Moncadae riuniti nella collettivaOdissea contemporanea, acura di Gianluca Marziani.Un viaggio nella storia dellagallerista, curatrice e collezionista romana, attraverso gli artisti incon-trati ancora giovanissimi e poi diventati protagonisti della scena inter-nazionale. Dal 26 giugno al 30 ottobre, palazzo Collicola arti visive,piazza Collicola 1, Spoleto. Info: 074346434; www.palazzocollicola.it.

ROMACAPOLAVORIDALLA GERMANIACento capolavori dalloStädel museum diFrancoforte danno vitaalla mostra ospitata alpalazzo delleEsposizioni di Romafino al 17 luglio. Per laprima volta vengonopresentati in Italia lecollezioni del famosomuseo tedesco.Impressionismo, espres-sionismo e avanguardia:sono questi i generi inmostra. Info: www.palazzoesposizioni.it.

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NEW YORKIL MINIMALISMO DI RUNA ISLAML’artista britannica Runa Islam, nata nel1970 in Bangladesh, lavora attraversovideo e film. Ostentatamente minimali-ste e austere, le sue opere sono segna-te da una rigorosa logica consequen-ziale. Fino al 19 settembre. New York,Moma. Info: www.moma.org.

pagine a cura di Simone Cosimi

NEW YORKIL VISIVODI FELDMANNHans-Peter Feldmann,vincitore del premioHugo Boss 2010, haspeso più diquattro decen-ni indagandol’influenza delcontestovisuale nellacostruzionedella realtà sog-gettiva.Combinazioni,archivi e assem-blaggi sono la suachiave di interpreta-zione della vita quo-tidiana. Fino al 2novembre. New York,Guggenheim.Info:www.guggenheim.org.

LONDRANORFOLK, L’AFGHANISTAN LUNGO I SECOLINell’ottobre del 2010 Simon Norfolk ha iniziato una serie di nuovefotografie in Afghanistan, prendendo ispirazione dal lavoro del foto-grafo britannico John Burke, attivo nel diciannovesimo secolo. Leimmagini di Norfolk immaginano ex novo o reagiscono alle scene diguerra di Burke trasponendole però nel contesto del conflitto avvia-to negli ultimi anni dalla coalizione occidentale. Fino al 10 luglio.Londra, Tate Modern, Level 2 gallery. Info: www.tate.org.uk.

LIGORNETTOSCULTURE GIGANTILa mostra considera l’intero percorsocreativo dell’artista ticinese VeronicaBranca-Masa a partire dal 1987, datadel suo spostamento da Ranzo aCarrara, dove la scultrice ha aperto ilsuo laboratorio ai piedi delle celebricave di marmo, materiale da sempre

privilegiato nella sua ricerca arti-stica, in particolareper le sue massiccesculture di grandidimensioni. Fino al31 luglio. Ligornetto,Svizzera, museoVincenzo Vela. Info:www.museo-vela.ch.

expo nel mondo

OTTAWAIL QUOTIDIANO DI FRED HERZOGTrenta fotografie di Herzog, attivo aVancouver fra anni Cinquanta eSessanta. Gli scatti spaziano fraVictoria, San Francisco e la stessaVancouver. Fino al 5 settembre.Ottawa, National gallery of Canada.Info: www.gallery.ca.

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SALISBURYLE LINEE DI GORMLEYLa cappella della cattedrale diSalisbury, nel Wiltshire, in Inghilterra,ospita “Flare II”, un’installazione diAntony Gormley. La scultura è sospe-sa dal tetto del transetto meridionale.Una combinazione fra architettura ecreatività contemporanea. Fino al 2aprile 2012. Salisbury, Inghilterra. Info:www.salisburycathedral.org.uk.

BATHL’ESTRO DI PETER BLAKEUn’esposizione di uno degli artisti piùpopolari della creatività britannicacontemporanea, Peter Blake (quellodella copertina di “Sgt. Pepper’slonely hearts club band”) riaprel’Holbourne museum di Bath. “Amuseum for myself” include lavoridall’intera carriera di Blake senza con-tare gli oggetti della sua collezione.Fino al 4 settembre. Bath, Holbournemuseum. Info: www.holburne.org.

OSLOMAGNUSSEN, PIONIERE DEL DESIGNErik Magnussen, classe 1940, è unodei pionieri del design danese deldopoguerra, uno di quelli che hannocontribuito a promuovere la creativitànordica nel mondo. Magnussen, natoceramista, ha realizzato nella sualunga carriera lavori e oggetti minima-listi, contraddistinti da chiarezza esemplicità. Il segreto è il bilanciamen-to fra tecnica e produzione. Fino al 28agosto. Oslo, Nasjonalmuseet. Info:www.nasjonalmuseet.no.

ANVERSAI MAESTRI FIAMMINGHI PER IL MASAnversa si proietta sulla scena interna-zionale con il nuovo Museo sull’acquae con la mostra inaugurale. Lo svilup-po della cultura visuale occidentalenei capolavori della collezione, da VanEyck a Rubens. Fino al 30 dicembre2012. Anversa, Mas. Info: www.mas.be.

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di Maria Luisa Prete

Al Palaexpo di Romal’esposizione sull’unificazionemonetaria del Belpaesepromossa dalla Banca d’Italia

L’IDENTITÀ NAZIONALE

eventiLA MONETA DELL’ITALIA UNITA

La mostraDalla lira all’euro

Nel quadro delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità, la mostra,promossa dalla Banca d’Italia, presenta installazioni multimediali edocumenti d’archivio, collezioni di monete e macchine industriali,oggetti d’uso comune e libri antichi, banconote moderne e forme dimoneta primitiva. Larga parte del materiale viene dalla Bancad’Italia, ma la mostra si avvale anche della collaborazione delMuseo nazionale romano, degli Archivi di Stato, di musei, bibliote-che e collezionisti privati. Catalogo Codice edizioni, 312 pagine, 25euro. Fino al 3 luglio, palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194,Roma. Info: 06489411; www.palazzoesposizioni.it.

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n occasione delle celebrazioni per i 150anni dell’unità d’Italia non poteva manca-re l’omaggio a uno dei collanti decisivi perla costituzione del paese, la moneta, conuna mostra allestita a palazzo delleEsposizioni di Roma dal titolo appunto Lamoneta dell’Italia unita: dalla lira all’euro.Così come oggi, attraverso l’euro, si cercadi cementare il sentimento di appartenen-

za all’Europa, anche nell’Ottocento la giovane nazioneitaliana aveva bisogno di un segnale tangibile di unifica-zione come la lira, aspettando l’affermazione di una lin-gua e di un’identità comune ancora di là da venire. Nelletasche di ogni cittadino del regno cominciava a circola-re la stessa moneta, un segnale importante, un simbolopolitico prima ancora che economico. Quella che fino al2002 è stata la moneta identificativa dell’Italia, la lira,nasce ufficialmente il 24 agosto 1862, quando reVittorioEmanuele II appone la sua firma sulla legge di unifica-zione del sistema monetario. Questo ha segnato la finedi un universo di monete diverse: i carlini, le piastre, ibaiocchi, le svanziche e le altre 200 e più valute che cir-colavano nei diversi stati della penisola. Un gesto neces-sario, imposto dal nuovo corso della storia e dell’econo-

mia. «La lira – spiega nel catalogo della mostra il gover-natore della Banca d’Italia Mario Draghi – fu istituitaquale valuta del Regno d’Italia subito dopo l’unità. Lesue vicende contribuiscono a raccontare la storia delpaese, nel mezzo delle difficoltà e delle speranze deltempo. Simbolo della nuova comunità nazionale, essa fuvoluta anche come elemento portante nella costruzionedi un grande mercato italiano, grazie al quale le impre-se potessero meglio specializzarsi, innovare, entrare nelvasto fiume della Rivoluzione industriale». Ma i risvoltisono stati inevitabilmente anche politici, civili e cultura-li: ha aperto la strada alla partecipazione dell’Italia alletrasformazioni europee e mondiali, ponendo le basi peril suo sviluppo futuro. Gli stessi obiettivi che hanno ispi-rato il processo di unificazione europea e la nascita del-l’euro. All’interno del percorso espositivo isole tematichepermettono di approfondire, attraverso documenti einstallazioni interattive, tra le altre cose, le diverse formeche la moneta ha assunto, il suo ruolo nella società ita-liana dell’Ottocento, la situazione economica prima edopo il 1861, i differenti sistemi monetari nel mondo enegli stati preunitari italiani. Una percorso suggestivo,capace di raccontare la storia di un valore unificante:quello della moneta. �

I

NELLA NOSTRA VALUTADa sinistra:esemplari

di banconotee monete

a destra:banconotada due liredella Bancanazionale

del regno d’Italia

in bassoa pagina 16:la locandinadella mostra

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eventi

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L’ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ

e Officine grandi riparazioni,capolavoro dell’architetturaindustriale italiana, sono ilcuore delle celebrazioni torine-si per il centocinquantesimoanniversario dell’Unità nazio-nale. Fare gli italiani, 150 annidi storia nazionale; Il futuronelle mani, artieri domani;

Stazione futuro, qui si rifà l’Italia, sono le mostre car-dine ospitate all’interno del complesso, ex centro diriparazione di locomotive e carrozze ferroviarie, sim-bolo dell’industria del paese e del lavoro di migliaia diitaliani. Ma soprattutto un luogo che, quando Torinoperse il ruolo di capitale, testimonia la sua capacità direinventarsi per cercare una nuova vocazione. AlleOfficine è stata “fabbricata” buona parte della storiaitaliana, e le tre mostre che vi sono allestite hanno unatriplice vocazione: ricordare il passato, far riflettere sulpresente, e guardare al futuro. Tra queste, Fare gli ita-liani, a cura degli storici Walter Barberis e GiovanniDe Luna, ripercorre la storia dall’età preunitaria ai

Stazione futuroUn cubo per piazza

Un percorso narrativo non linearedove diversi contenitori architetto-nici evocano un paesaggio urba-no. Sta al visitatore scegliere inbase alla sua curiosità quale dire-zione prendere. L’allestimento sigioca sul cubo ed è articolato inambienti chiusi e piazze aperte.Fino al 20 novembre. Officinegrandi riparazioni, corsoCastelfidardo 22, Torino. Info:www.officinegrandiriparazioni.it.

Le Officinegrandiriparazionidi Torinoospitanotre importantiesposizioniper festeggiarelo statonazionale

di Margherita Criscuolo

LA FABBRICA

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L’Italia si specchiaTorino

L’Italia si specchia è un viaggionella storia dell’alta moda e dellostile italiano dall’unità a oggi. Lamostra ripercorre le tappe attra-verso le quali la moda è diventa-ta un elemento unificante. Dal17 marzo all’11 settembre.Reggia di Venaria reale, Torino.Info: www.lavenariareale.it.

Cavour gourmetTorino

La mostra riporta in vital’atmosfera risorgimentale e imomenti conviviali, fondamen-tali per la storia d'Italia. Il percor-so mostra la vita a Torino attra-verso i fornitori del ricevimento apalazzo Cavour. Fino al 26 giu-gno. Palazzo Cavour, Torino.Info: www.italia150.it.

Un’espressionegeograficaTorino

A cura di Francesco Bonami, lamostra viene ospitata dalla fon-dazione Sandretto Re Reba-udengo di Torino. Lo sguardo diventi artisti racconta con unaprospettiva inedita la varietàdel territorio italiano, esaltandola specificità di ciascuna regione.Fino al 27 novembre. Info:www.fsrr.org.

La bella ItaliaTorino

Oltre trecento capolavori per unpercorso che va dall’antichitàalla vigilia del 1861, attraverso lecapitali preunitarie: Torino,Firenze, Roma, Milano, Venezia,Genova, Bologna, Napoli ePalermo. Fino all’11 settembre.Reggia di venaria, Torino. Info:www.lavenariareale.it.

LE MOSTRE DEL 150°

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giorni nostri. A tessere le fila del discorso, narrazioniplurime e linguaggi diversi specifici di ogni epoca:dalle arti visive alla radio che raccontano, fondendo-si, i momenti di inclusione ed esclusione formatividell’identità nazionale. Se la scuola infatti ha rappre-sentato un punto di inclusione per gli italiani, lamafia, a cui è dedicata anche una delle isole temati-che cuore della rassegna, al contrario ne ha provoca-to l’esclusione. Fare gli italiani alterna a dipinti − diHayez, Induno, Cammarano e tanti altri − opere difotografia, cinema e teatro e si distingue per la pre-senza di un corposo apparato multimediale progettatodal team di Studio Azzurro e costituito da video,ambienti sensibili e interattivi, performance teatrali efilm. La mostra Stazione futuro qui si rifà l’Italia, pro-pone un’esperienza affascinante in cui il visitatore sicala anche fisicamente per intravedere uno scorciorealistico del paese che verrà. Curata dall’ex direttoredell’edizione italiana di “Wired”, Riccardo Luna, rac-conta un futuro guidato dalla tecnologia e da tutte lepersone già al lavoro per trasformare in realtà le pro-prie idee. Stazione futuro è pensata come una città in

Faregli italianiIl profilo del paese

Il racconto di 150 anni distoria d’Italia in un allesti-mento multimediale chesi snoda lungo 10milametri quadri e propone ilinguaggi tipici di ogniepoca. Il percorso si svi-luppa su due livelli e ilcuore della mostra è rap-presentato da diverse isoletematiche sui fenomenipiù incisivi costitutivi ilprofilo degli italiani. Finoal 20 novembre. CorsoCastelfidardo 22, Torino.Info: www.officinegrandi-riparazioni.it.

delle celebrazioni

Dai feudi all’ItaliaAlba (Cuneo)

Le Langhe di Camillo Cavour daifeudi all’Italia unita, ripercorre glianni giovanili di Cavour e il suorapporto con il territorio. Oltreduecento tra opere d’arte e docu-menti, alcuni dei quali mostratiper la prima volta. Fino al 13novembre. Palazzo GiacomoMorra, piazza Medford 1, Alba(Cuneo). Info: 017335833.

Giovani ribelliMilano

La mostra I giovani ribelli del ’48propone le tappe che animaronolo spirito lombardo negli anniculminanti del Risorgimento.Presenti, tra le altre, opere diHayez, Induno e Trezzini. Fino al5 giugno. Palazzo reale, piazzaDuomo 12, Milano. Info:www.lombardia150.it.

Donne e unitàMilano

A partire dagli archivi storici,viene presentata un’immaginedella donna nella sua vita quo-tidiana, valorizzando l’apportodell’impegno femminile per lacausa nazionale. Dal 18 otto-bre a dicembre. Museo delRisorgimento, Milano. Info:www.museodelrisorgimento-.mi.it.

Manzoni, Hayeze VerdiBrera

La mostra evoca l’atmosfera cul-turale milanese dell’800 attraver-so una serie di capolavori diHayez, ispirati ai testi diManzoni e ai melodrammi diVerdi. Fino al 25 settembre.Milano, Pinacoteca di Brera.Info: www.brera.beniculturali.it.

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cui addentrarsi, un percorso in crescendo ma allo stes-so tempo frammentario, che consente al visitatore discegliere dove andare. Ci sono 12 aree tematiche(internet, energia, chimica verde, rifiuti, territorio,cibo, salute, casa, lavoro, spazio, mobilità e tessuti)contenenti una selezione di oltre 100 processi e pro-totipi di nuova generazione, che rappresentano il ful-cro della migliore creatività e sperimentazione madein Italy. In più, dei laboratori permanenti esprimonol’innovazione “in diretta”: tra questi la telemedicina, ilriciclo della carta, la plastica biodegradabile, i mate-riali del futuro. Da Stazione futuro al Futuro nelle maniartieri domani, mostra laboratorio proiettata a unnuovo artigianato metropolitano che guarda al futuro eall’internazionalità ma, contemporaneamente, è radi-cato nella cultura e nelle tradizioni del paese. La ras-segna si ispira direttamente alle esposizioni dell’indu-stria e del lavoro ospitate a Torino nel 1911 e nel 1961,e al primato tutto italiano di aver capito la necessità diun nuovo lavoro “hand made” e “mind made”. Lamostra curata da Enzo Biffi Gentili si articola in tresezioni che offrono uno spaccato di ciò che si sta rea-lizzando nel settore dell’artigianato d’eccellenza. Inapertura la sezione dedicata a quello digitale, illustra-to dal cosiddetto tunnel del treno fantasma, una sortadi corridoio verso il futuro popolato dai “fantasmi”degli operai e delle locomotive a vapore che hannoabitato alle Officine. Alla fine del tunnel, lo spaziocentrale della mostra, le Nuove officine, dove sonopresentati i progetti all’avanguardia nel campo dellatecnologia meccanica e le arti tradizionali, opere diartisti affermati e giovani creativi. La terza sezione, laGalleria delle botteghe, è una sorta di “art and craftsupermarket”, dedicato all’artigianato attuale prodottoin diverse zone d’Italia e che, oltre a essere ammirato,può essere acquistato. Dalle Officine alla reggia diVenaria, da palazzo Carignano alla Mole Antonelliana:Torino, nel 2011, è tornata capitale. �

In alto e nelle pagineprecedenti: alcune immaginidelle tre mostre ospitatenegli spazi di Officine grandiriparazioni

A destra:l’assessore del comunedi Torino Fiorenzo Alfieri

Il futuronelle maniDedicata al lavoro

A cura di Enzo BiffiGentili, la mostra è dedi-cata al lavoro e si artico-la in tre sezioni: Lenuove officine, Il tunneldel treno fantasma e Lagalleria delle botteghe.Installazioni temporaneetestimoniano l’alto valo-re qualitativo ed esteticodei lavori “fatti ad arte” edelle loro prospettiveeconomiche e occupa-zionali. L’allestimento,che coinvolge artieri chehanno affermato il saperfare italiano nel mondo,è per scelta estetica edetica, quasi integralmen-te recuperabile. Fino al20 novembre. Info:www.officinegrandi-riparazioni.it.

Italia unitaGenova

La galleria d’arte modernapresenta la vita italiana tratradizione e progresso mentreil museo dell’Accademia lin-guistica si focalizza sui caval-letti “en plein air”. Fino al 25settembre. Galleria d’artemoderna e museo Accademialinguistica, Genova. Info:www.museidigenova.it.

Un portoper la nuova ItaliaGenova

La storia del porto di Genova eil suo ruolo nello sviluppodella città in dipinti, acquerel-li e foto. Importanti artisticome Klee, e De Chirico dia-logano con alcuni scrittoristranieri. Fino a novembre.Palazzo Ducale, Genova. Info:www.palazzoducale.geno-va.it.

Cristiani d’ItaliaBologna

La mostra Cristiani d’Italia sipropone di rappresentare icristiani d’Italia non solonella dialettica tra stato echiesa ma anche nella parte-cipazione alla storia nazio-nale. Fino a novembre.Palazzo re Enzo, Bologna.Info: www.comune.bologna.it.

Donnedel RisorgimentoFirenze

Le abitudini e il costume fem-minile dell’800 attraverso lavita di alcune sue celebri pro-tagoniste. Fino a novembre.Galleria del costume aPalazzo Pitti, Firenze. Info:www.uffizi.firenze.it.

R20-21 s14:52-53 s7 6-06-2011 17:03 Pagina 1

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I padri fondatoriRoma

La mostra intende celebrare igrandi italiani Cattaneo,Gioberti, Mazzini, d’Azeglio,Manin, Tommaseo, Spaventa,Garibaldi, Pisacane e Cavourche hanno contribuito in misu-ra determinante a realizzareun’importante pagina della sto-ria patria. L’esposizione propo-ne la loro attività letteraria epolitica tra il XVIII e XIX seco-lo. Dal 7 giugno al primo ago-sto. Palazzo Madama, Roma.Info: www.senato.it.

Regioni in mostraRoma

La mostra, ospitata in variluoghi romani, costituisce un“leit-motiv” nelle celebrazio-ni degli anniversari dell’unitàd’Italia: la continuazioneideale delle precedenti e ilpunto di arrivo sullo statodelle regioni italiane. Fino al3 luglio. Vittoriano, palazzodi Giustizia, luoghi dell’espo-sizione internazionale del1911, Cinecittà e Città delgusto. Info: www.060608.it.

L’unicità italianaRoma

Il made in Italy quale espres-sione del senso di identifica-zione nazionale al centro didue mostre romane. Il palazzodelle Esposizioni ospita lasezione storica che si snodalungo 50 anni, dal 1961 al2011. Lo spazio della Pelandadel Macro future Testaccio èdedicato invece alla ricerca ealle nuove tecnologie. Damaggio a dicembre. Info:

www.palazzoesposizioni.it;www.macro.roma.

museum.

RRicco il programma di Esperienza Italia, il grande appuntamento per celebrare i 150anni dell’unità del paese che si tiene a Torino e in Piemonte dal 17 marzo al 20novembre. L’assessore alla Cultura e al 150° anniversario dell’unità d’Italia del comu-ne di Torino, Fiorenzo Alfieri, ne sottolinea la valenza culturale, divulgativa e storica.Qual è il messaggio di Esperienza Italia 150, alla luce dei tanti eventi torinesi?«Il senso del progetto è piuttosto elementare e potrebbe suonare così: venite a Torinoa fare esperienza diretta di cosa l’Italia ha da dire al mondo, oggi. Nella Venaria realesi “fa esperienza” sullo straordinario patrimonio artistico che l’Italia conserva e valo-rizza al servizio dell’intera umanità: ecco il primo messaggio lanciato dalla mostra Labella Italia. Da Venaria parte poi un secondo messaggio: con il “potager royal” sivuole ricordare che dall’Italia, e in particolare dal Piemonte patria del movimento“slow food”, è partito quell’appello al ritorno alla terra che ha rimesso al primo postonella gerarchia delle priorità l’agricoltura e il cibo sano. Alle Officine grandi ripara-zioni sono stati lanciati altri importanti messaggi. Fare gli Italiani vuole dimostrarecome il processo di costruzione dello stato nazionale, dal 1861 al 2011, sia un esem-pio per tutti della capacità, non senza difficoltà, di far incontrare differenze e di acco-gliere gli stranieri e i diversi non solo come avveniva nel passato ma anche nel pre-sente. In questa mostra si compiono due percorsi: uno cronologico e un altro piùemozionale tra tredici isole in ognuna delle quali il pubblico si incontra con un grumotematico particolarmente significativo dal punto di vista della costruzione dell’identi-tà degli italiani, come per esempio le diversità tra gli stati preunitari, la scuola, i par-titi di massa, la mafia, i trasporti, i media. La mostra occupa 10mila metri quadri ed èmolto interattiva. Non a caso il regista Mario Martone, direttore del nostro teatroStabile, ne ha curato la regia con l’aiuto di Studio Azzurro». Può darci un bilancio provvisorio delle celebrazioni, a livello di pubblico e turismostraniero?«Innanzitutto va detto che il “pacchetto” EsperienzaItalia non comprende soltanto i due siti principali: leOfficine e la Venaria reale. Ne fa parte anche ilnuovo museo del Risorgimento che ha riaperto i bat-tenti dopo quattro anni di lavori. Fino a novembresono attesi dai 4 ai 6 milioni di visitatori. Questoprimo periodo ha dato esiti molto superiori alleaspettative. Nei giorni festivi dobbiamo chiudere altraffico le strade del centro per contenere le persone egli stranieri che arrivano in città sono molto numerosi. Larisposta più esaustiva la danno gli alberghi: duran-te i fine settimana è sempre tutto esaurito». �

di Margherita Criscuolo

Gli obiettividi Esperienza Italia

L’assessore alla Cultura di Torino Alfieri: «Un progetto straordinario per l’intero paese»

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Crescente affluenza per la manifestazione letteraria di Torinoin attesa della fondazione del museo dedicato alla parola scrittadi Giorgia Bernoni

LETTUREedificanti

L’entrata del salone del libro di Torino

eventiSALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO

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a chiusura dell’edizione 2011del salone internazionale dellibro diTorino, che si è svolta dal12 al 16 maggio al Lingotto, hacoinciso con la sconfortante dif-fusione della notizia che l’Italiapuò vantare il record di ”inattivi-tà volontaria“ tra i giovani lau-reati e decisamente poco istruiti:

l’11 per cento non studia né lavora; un’anomalia nelpanorama europeo, la cui media per questo fenomeno èdecisamente inferiore. Nonostante il paese, e soprattuttole sue nuove generazioni, arranchi tra formazione inade-guata e lacunose prospettive professionali, un dato posi-tivo arriva proprio da Torino e dalla massiccia affluenzache ha caratterizzato questa ventiquattresima edizione.Sono stati oltre 300mila i visitatori accorsi durante i cin-que giorni della manifestazione. Millecinquecento edito-ri, di cui 159 ospitati per la prima volta, 1.300 eventi inprogramma, cinque padiglioni per complessivi sessanta-mila metri quadrati di spazi espositivi dove sono stateospitate le grandi iniziative culturali e istituzionali. Sonoquesti i principali numeri dell’ultima edizione della ker-messe, dedicata anche quest’anno alla memoria e che ha

premiato, dopo Amos Oz nel 2010, lo scrittore spagno-lo Javier Cercas per la seconda edizione del premio cheprende il nome dalla manifestazione.Un evento ricco e articolato nonostante alcuni episodiche devono suonare come campanello d’allarme: lamanifestazione dei precari, alcuni stand che hanno regi-strato invenduto e un’edizione sottotono rispetto alle pre-cedenti. Come ha infatti sottolineato il direttore ErnestoFerrero: «Sedici regioni italiane con oltre 1.300 eventigrandi e piccoli, dentro e fuori il salone, con il solito castdi ospiti famosi ma anche di emergenti che cerchiamo divalorizzare continuamente.Tanti incontri e dibattiti insie-me a musica e spettacoli. Ma i numeri da record, quelliche si leggono sulla carta, non raccontano dell’aria difesta che si respira al Lingotto. Ormai lo sappiamo: sel’offerta culturale è buona, la risposta è ottima». E a pro-posito della Russia, paese ospite d’onore, il direttore haaggiunto: «Gli scrittori russi hanno davanti un doppiocompito: fare i conti con il Novecento e misurarsi con unoggi dominato da una sorta di rassegnazione di fronte aiguasti della deriva oligarchica». Non è mancata unavena polemica che ha attraversato la manifestazione. «Ilsalone è luogo del dialogo, non dell’invettiva». CosìFerrero ha introdotto la lectio magistralis tenuta alla ker-

L

I numeri da recordnon raccontano dell’aria

di festa che si respira al LingottoOrmai lo sappiamo

se l’offerta culturale è buonala risposta è ottima

“”

Ernesto Ferrero

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messe torinese da Franco Cordero che il giorno pre-cedente, in un articolo sul quotidiano La Repubblica,aveva paragonato il presidente del Consiglio SilvioBerlusconi a Hitler. «In questi ventiquattro anni, e inparticolare nei tredici della gestione pubblica, ilLingotto è sempre stato e mi auguro continui ad esse-re il luogo del confronto e della discussione, anchedura ma sempre nel reciproco rispetto. Se in una lineaci riconosciamo è quella del dialogo leopardiano,non quella dell’invettiva gaddiana, anche se è unautore che tanto amiamo».Grande affluenza ha registrato la mostra 1861-2011l’Italia dei libri, voluta e curata da Gian Arturo Ferrariper celebrare i 150 anni dell’unità. L’Italia dei libri èla prima e articolata iniziativa con cui il paese leggeun secolo e mezzo della propria storia, cultura, costu-me e creatività attraverso la cartina tornasole del libro:i testi simbolo, gli autori, gli editori e i fenomeni chepiù hanno contribuito a formare, anche in modo criti-co e problematico, la cultura e la memoria condivisadell’Italia. Ferrari, già direttore generale di Mondadorilibri e ora presidente del centro per il libro e la lettu-ra, con l’ausilio dell’architetto Massimo Venegoni cheha curato l’allestimento spiroidale del percorso espo-

sitivo, ha cercato di raccontare al pubblico non il librocome oggetto ma come flusso di cultura: si parte dal1862 con Paolo Giacometti autore della Morte civile,per arrivare al 2010 con il Leopardi di Pietro Citati.«L’Italia dei libri – ha dichiarato Ferrari – vuole essereil primo tentativo italiano e non solo di raccontare150 anni di storia attraverso i suoi testi e i suoi scrit-tori intesi come specchi della società e della politicastessa. Chiaramente questa, come qualsiasi selezioneal mondo, scontenta qualcuno». L’esposizione è desti-nata a essere il cuore del futuribile museo del libro diTorino. Proprio il giorno dell’inaugurazione il ministrodella Cultura Giancarlo Galan ha rafforzato l’ipotesiche sia il capoluogo piemontese a ospitare un museotutto dedicato al libro. «Questo salone – ha spiegato –poteva essere realizzato in qualsiasi parte d’Italia,dunque bravi i torinesi che lo hanno inventato e inquesti anni hanno saputo gestirlo. Non voglio farealcuna promessa ma mi sento di dire che il museo dellibro è una buona idea e le buone idee in genere tro-vano sempre le risorse per camminare».L’appuntamento è dunque per il mese di maggio 2012con il salone internazionale del libro numero 25;paese ospite candidato, la Spagna. �

L’Italia dei librivuole essere il primo tentativo

italiano e non solo di raccontare150 anni di storia attraverso

i suoi testi e i suoi scrittori intesicome specchi della società

e della politica stessa

“”

Alcune immagini del Salone

In basso, nel box:lo stand Editalia a Torino

Gian Arturo Ferrari

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La lira siamo noiEditalia ha presentato il volume a Torino

Come ogni anno l’azienda romana è stata presente fra gli esposi-tori del Salone dedicando il proprio stand, in particolare, alla pre-sentazione delle opere che fanno parte del progetto Storia dellalira. E della storia del “monumento più popolare, più costante e piùuniversale che rappresenti l’unità della nazione”, Editalia è certa-mente uno dei punti di riferimento poiché sono anni che si impe-gna nella valorizzazione storica e collezionistica della valuta ita-liana. Per questa specificità di contenuti che filtrano la storia delpaese attraverso la storia della sua moneta, abbiamo partecipato alfitto programma di incontri torinesi dedicati alla Memoria, il semedel futuro con la presentazione del volume La lira siamo noi. A rac-contare la storia d’Italia attraverso la storia della lira si sono con-frontati Silvana Balbi de Caro, Bruno Costi e Federico BarbielliniAmidei in rappresentanza del gruppo di studio che ha realizzato la mostra sulla lira curata a Roma dalla Banca d’Italia. Il dibattito ha scan-dagliato il tema dei ricorsi storici tra passato e presente, dalla prima unione monetaria del 1862 che sanciva l’unione politica di una nazio-ne tutta da costruire, a quella molto più recente dell’unione monetaria europea. Il racconto del passato quale radice del presente ha resoevidente come la lira non sia andata affatto in pensione nella memoria storica e individuale rimanendo legata a momenti fondamentalidella storia economica del paese, a modi di dire quotidiani e, andando indietro nel tempo, quale sia stata l’effettiva efficacia dell’unifi-cazione monetaria voluta da Vittorio Emanuele II per raggiungere una concreta ed efficace unificazione del regno. Info: www.editalia.it.

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eventiL’ITALIANO E LO STATO NAZIONALE/2

a posizionedi Edmon-do De Ami-cis nel di-battito lin-g u i s t i c opostunita-rio si ponesu una linea

di continuità con la lezione manzo-niana, della quale accoglie la propo-sta di adottare come lingua comune ilfiorentino dell’uso vivo adattato allenuove esigenze comunicative. La fama delloscrittore ligure è legata indissolubilmente aCuore, romanzo del 1886 ormai assunto nel canonedella letterarietà a pieno titolo, sia per quel pedagogi-smo teso a valorizzare la scuola come cardine dellaciviltà urbano-borghese e come luogo deputato a pro-muovere l’inserimento armonioso dell’io individualenell’unità organica del popolo-nazione, sia per il suostile efficace e accessibile, in bilico tra tradizione einnovazione, con caute aperture alla dialettalità eall’inventiva lessicale. Nel romanzo vengono traspostee messe in atto nella concreta prassi di scrittura le teo-rie linguistiche deamicisiane, teorie che troverannouna sistematica definizione nell’Idioma gentile (1905),un libro indubbiamente meno noto ma che merita dientrare a far parte della biblioteca sia di chi ama e stu-dia la lingua sia degli appassionati di scrittura creati-

va. Si tratta di un testo “anticon-venzionale” che, attraverso unaserie di letture, di dialoghi, dianeddoti, di brevi racconti ecaricature di “mal parlanti”,offre un affresco variegato ditemi, forme gergali, modelliespressivi e si propone di forni-re una soluzione agli incessantiproblemi di base che gli inse-gnanti delle scuole primarie si tro-vavano a dover affrontare.

Non essendo né filologo né linguista,De Amicis sceglie di trattare “la materia

semplicemente e praticamente” procedendoper exempla e ritagliando per sé non il ruolo di mae-stro ma quello di “consigliere” dei giovani ai qualiintende rivolgersi. L’opera è scritta in uno stile coin-volgente e piacevole per “trasfondere” la passione e ilrispetto della lingua a quel ceto borghese che avevacontribuito attivamente all’unità del paese e che ora,nella babele linguistica della nazione appena unifica-ta, doveva imparare ad usare la lingua nazionale.Secondo De Amicis il discorso linguistico non puòdisgiungersi da quello della patria, in quanto «è inse-parabilmente congiunto l’amore della nostra linguacol sentimento d’ammirazione e di gratitudine che cilega ai nostri padri per il tesoro immenso di sapienzae di bellezza ch’essi diedero per mezzo di lei allafamiglia umana, e che è la gloria dell’Italia, l’onore del

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L

DE AMICIS, CUOREdi Rosanna Marsico

della lingua

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nostro nome nel mondo».Ecco dunque che la lingua, unendo in un inevitabi-le legame il pensiero e l’espressione, diviene unosservatorio privilegiato dal quale guardare e com-prendere, in una prospettiva patriottica, sociale,civile e culturale, il Risorgimento italiano e i primianni della storia unitaria. Se si considera che negliultimi decenni del XIX secolo circa l’80% degli abi-tanti del giovanissimo stato unitario era analfabeta,si può facilmente comprendere quanto la lingua ita-liana avesse bisogno di uno svecchiamento che neconsentisse la diffusione su ampia scala. De Amiciscredeva fermamente nella funzione unificante dellalingua, parafrasando Massimo D’Azeglio, si puòdire che “l’Italia era fatta, e ora bisognava fare lalingua italiana”, e sebbene auspicasse che anche infamiglia si parlasse correttamente l’italiano, ricono-sceva alle singole parlate locali un valore comuni-cativo, almeno in situazioni informali e familiari.In questa prospettiva, pur partendo dal modellomanzoniano, il discepolo va ben oltre il mae-stro, attribuendo alla lingua e al dialetto fun-zioni indipendenti, ma mai antagonistiche.Una lezione che oggi sembra essere statadimenticata, ma che, opportunamenterivisitata, ci aiuterebbe a comprenderemeglio le nostre radici linguistiche e aravvivare la nostra identità culturale,rendendoci veramente “fratellid’Italia”. �

Un’illustrazionedall’edizionedel 1886 di Cuore

Nel tondo a sinistra:Edmondo De Amicis

Secondo lo scrittoreil discorso linguisticonon può disgiungersida quello della patria

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uomo, un po’ imbolsito, mira nasoall’insù la lapide di pietra Serenasulla facciata del palazzo: “Ilconte Camillo di Cavour nacquein questa casa addì 10 agosto1810 e vi morì il 6 giugno 1861”.La facciata, d’un giallino smorto egrigio sotto il cielo di Torino chenon rallegra manco a primavera,

fa “pendant” colla marsina marroncina di panno inglese,di ottima fattura, del primo presidente del Consigliod’Italia. Camillo Benso, conte di Cavour, si volta a osser-vare quella che ai suoi tempi era via Arcivescovado e oraporta il suo nome. Scote il capoccione, il volto rubicon-do che t’aspetti serioso accenna un sorriso bonario, unasmorfia l’incupisce: «Veggo che nulla è mutato da quan-do vi ho lasciato, si vive in una specie di inferno intellet-tuale, in una paese ove l’intelligenza e la scienza sonoreputate cose infernali da chi ha la bontà di governarci».Prego, signor conte? «Massì, mi riferivo a codesta cittàche ebbi il privilegio di rendere capitale d’Europa ma

resta, pur sempre, trista e retriva come ai miei dì. Guardiche facce. Quanto al resto del paese... Ma non voglioconcionare qua, al mezzo della via. Abbiate la bontà diseguirmi nel mio studiolo, non v’è certo la folla deipostulanti e la gazzarra che regna quaggiù. A malapenav’entrano i custodi, oggidì. Ben altra folla attorniava que-sto palazzo, nei giorni della proclamazione del regnod’Italia e finanche ai miei funerali». Però, signor conte,la sua memoria è tenuta in gran conto, ha monumenti epiazze in ogni città d’Italia, le hanno pure dedicato unaportaerei e una liquirizia aromatizzata alla violetta...«Lasci stare quella robaccia, nulla a che vedere con unbuon bicérin, o le quagliette al romarino servite alCambio, innanzi palazzo Carignano, ove ero uso desi-nare prima d’avviarmi al Parlamento. Come amavo ripe-tere, conquista più amici la mensa che la mente. Né maidimenticai di ricordare al buon Nigra di serbare una bot-tiglia di Barolo, inviata dalle mie tenute, per spuntarlanelle trattative più complesse. Ricordo ad esempio lavolta che, sulla questione di Nizza, l’imperatore... Manon credo abbia voluto incontrarmi per parlare di vino e

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le interviste possibiliPADRI DELLA PATRIA/3 CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR

LCamillo Benso a colloquio con l’autore. Elaborazione grafica di Gaia Toscano

IL PRESIDENTEdi un paese ancora da fare

Affari, amori e morte del primo ministro che unì l’Italia. Quasidi Maurizio Zuccari

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cucina, nevvero?» Beh, no, ma come dice lei, la tavola...«L’uomo ha formato la società non solamente per soddi-sfare i suoi bisogni materiali, per aumentare la massa deisuoi godimenti per mezzo della moltiplicazione dei pro-dotti dell’industria, ma soprattutto al fine di poter svilup-pare e perfezionare le sue facoltà morali e intellettuali.Ora la ricchezza non è per nulla il solo scopo chel’umanità riunita in società deve perseguire, non è pernulla la sola finalità delle nazioni, e la cura di ottenerlanon costituisce lo speciale compito dei loro governi.Sono le scienze e le arti che determinano le leggi del-l’intelligenza e dello sviluppo morale delle nazioni».Belle parole, ma pochi in Piemonte erano ricchi par suo,con un patrimonio che ammontava a un paio di milionidi lire e affari in tutti i campi: nell’agricoltura, nei com-merci, nelle ferrovie, nelle speculazioni in borsa. E dopola carestia del ‘48, preferì esportare i grani prodotti nellesue aziende e macinati nei suoi molini, profittando deiprezzi. La gente affamata venne a tumultuare sotto que-ste finestre e lei fece chiamare i carabinieri. Una bellaprofessione di liberalità. «Tutte infamie, accuse inventa-te dai miei nemici politici, che erano inimici della stessalibertà. Sono figlio della libertà, a lei devo tutto ciò chesono. La verità è che in tempi in cui più non esistevanodei gran signori non si conoscevano che due mestieri:combattere la guerra d’Italia o raccontarla, essere solda-ti o scrittori. Io, dacché non ero l’uno né l’altro, posimano all’aratro». Ma non fu suo padre ad affidarle latenuta di Grinzane, per distrarla dal gioco e da una vitache intravvedeva dissipata fra gozzoviglie e belledonne? Con la penna provò a misurarsi ma c’era il pro-blema dell’italiano... E a spezzarle la spada fu, piuttosto,la marchesa Giustiniani, la frequentazione del suo salot-to mazziniano che le costò l’esilio al forte di Bard el’appellativo di “contino giacobino” da parte di CarloAlberto. «Di questo preferirei non parlare, la mia con-dotta fu indegna, orribile. Vero è che la povera Nina,pazza d’amore per me, non era in pieno possesso dellesue facoltà mentali, ben prima di gettarsi dalla finestradel suo palazzo, a Genova. Debbo dirle che, delusodagli amici e dalla vita, non fosse stato per certi dubbisulla moralità del suicidio, in verità mi sarei liberato iostesso di quella che allora m’appariva una fastidiosa esi-stenza, come ebbi ad annotare nel mio diario. Quanto alre di cui ha fatto il nome, né mai mi pregiai d’entrarenelle sue grazie, o peggio in quelle del di lui padre, CarloFelice, che ebbe l’ardire d’accusarmi di cospirazione.L’essermi liberato di quella livrea da gambero di paggiodi camera fu per me motivo d’orgoglio, almeno quantolo fu di sconforto per la mia famiglia». Comunque il gia-cobinismo di gioventù si tramutò presto in antimazzi-nianesimo dal governo. Quanto alle grazie sovrane, era

a malapena tollerato anche da Vittorio Emanuele II cheproprio grazie a lei e a Garibaldi divenne primo red’Italia. Narrano che dopo l’armistizio di Villafranca lafece portare via di peso dalla sua presenza, per le suerimostranze. Ma è vero che... «Ci andò di mezzo qual-che sedia, sì. E forse gridai pure il vero re sono io, nonricordo. Sua maestà non m’amava, e mille volte trovò ilmodo di dimostrarmelo. Né io avea dubbi al riguardo:non si può negare che l’umanità nel suo insieme nonabbia progredito ma quanto a quel birbante di uomo, otesta coronata che sia, non credo che abbia fatto alcunprogresso». Però... «Quanto all’accusa d’aver nutritosimpatie prima e aver osteggiato poi certi cervelli brucia-ti, non cado dalla parte verso cui pendo per la buonaragione che so tenermi ritto. La ragione mi portava versola moderazione, l’eccessivo desiderio di spingere innan-zi i retrogradi mi cacciava verso la rivoluzione.Finalmente, dopo molte oscillazioni, ho finito con lo sta-bilirmi, come il pendolo, nel punto di mezzo. Così,come onesto uomo di mezzo, desiderando ardentemen-te il progresso sociale e lavorando per esso, ho risoluto dinon acquistarlo a costo di un generale rovesciamentopolitico e sociale». Però i suoi mezzi: agenti, trame, cor-ruzione, tutto il peggio del Belpaese insomma... «Cosarestava per lottare dunque contro la marea popolare, ed’altro canto tenere a freno le potenze che osteggiavanoi nostri voti? Nient’altro di solido, di potente, di duratu-ro». Pure con Garibaldi ha fatto il doppio, triplo gioco.«I giudizi sommari postumi sono come le leggi retroatti-ve: fatalmente ingiusti. Benché il fine sia eccellente, avolerlo raggiungere direttamente si corrono i pericoli piùgravi. Per traversare una montagna che ci separa da unafertile pianura, bisogna fare lunghi giri per evitare i pre-cipizi di cui il più sovente è seminato il cammino». Ma,signor conte, lei la voleva davvero l’Italia? «L’Italia delSettentrione per certo, quanto al resto non vi sono piùlombardi, né piemontesi, né toscani, né pure napoletanio romani. Ma il formare l’Italia, fondere insieme gli ele-menti che la compongono, armonizzare il Nord con ilSud presentava altrettante difficoltà di una lotta controL’Austria o Roma. È stato un bene? Un male? Non lo sodavvero. Ma ne vedremo ancora delle belle». Quindiquella frase che le hanno messo in bocca sul letto dimorte: l’Italia è fatta, restano da fare gl’italiani...«Corbellerie dettate dalla penna d’un gazzettiere, rim-pinguate dalla fantasia popolaresca. Vada a vedere dovesono finiti gli scartafacci relativi alla mia morte, piuttosto,o quella tale in gonnella che a casa della cara amicaBianca Ronzani “manomissionò” la mia tazza di caffè».Ah, perché, la sua morte... «Vada, vada, qua si perdetempo in chiacchiere e io non son più, a malgrado delleapparenze, uomo di spirito». �

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Dgrandi mostre

GIORGIO VASARI

Dal maggio del 1540 Cosimo I (1519-1574) si inse-dia con la famiglia nel palazzo dei Priori rinominatoDucale e poi, dopo l’acquisto di Pitti (1549), palaz-zo Vecchio. È un atto di usurpazione che sdegna ifiorentini: per attenuarne la violenza ideologica ilduca conclama il religioso rispetto per la faciesrepubblicana del palazzo, possente, introversa eimperiosa. Giorgio Vasari (1511-1574) che neiRagionamenti è chiamato ad argomentare le ragionidi Cosimo, si appella alla storia, in particolare allapolitica di Ottaviano Augusto, costante modello diriferimento dal duca. Sulla scorta del primo impera-tore, che volle preservare le pristine virtù dell’anticarepubblica romana conservandone le forme digoverno, Cosimo intende custodire «i fondamenti ele mura maternali» di Palazzo Vecchio, «per avereesse, con questa forma vecchia dato origine al suogoverno nuovo». Una continuità senza traumi dettala linea politica del giovane Medici. Significativa-mente nel dipinto di Vasari al centro del soffittodell’Udienza, a palazzo Vecchio, il duca rifulgequale novello Augusto, aureolato dagli stemmi delle

ventuno Arti e magistrature: non tiranno liberticida,ma primo magistrato della repubblica, governataappunto da quelle Magistrature che Cosimo riusciràa svuotare di ogni potere, servendosi anche dellacostruzione degli Uffizi […].Tramite l’edificazione degli Uffizi, Cosimo costringele tredici magistrature più doviziose a svenarsi nellarealizzazione di una sede comune, la cui progetta-zione e costruzione sono controllate soltanto e diret-tamente da lui. L’ostentata serialità architettonicadegli Uffizi, al pari dell’incombere sulla nuova fab-brica della massa rocciosa di palazzo Vecchio, sim-boleggia la subordinazione al duca. In definitiva: ilduca accorpa le tredici magistrature più potenti inun’architettura unitaria, modulare e protocollare,che suggelli, marmore loquente, il trionfo dell’asso-lutismo dei Medici. Alle ragioni di potere si associa-no poi urgenze di decoro, impellenti in una città chesi vuole specchio del principe […].Progettati da Vasari su ferree prescrizioni di Cosimo,gli Uffizi danno la misura della maturità artistica del-l’aretino, che mette in campo un vocabolario perso-

Architetto, pittore, storico dell’arte e autore delle Vitenei 500 anni dalla nascita l’omaggio al maestro aretino

di Claudia Conforti*

Il padre degli Uffizi

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Giorgio VasariPerseo e Andromeda1570

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nale, sobrio ed efficace, capace di amalgamarearmonicamente riferimenti alla tradizione fiorentinae a quella romana, antica e soprattutto moderna,come meglio si dirà. Il disinvolto sincretismo lessi-cale, la ricercata essenzialità sintattica, l’uso tenden-zioso della bicromia – intonaco bianco e pietra sere-na grigia del Fossato – che evoca all’istante ilBrunelleschi dell’Ospedale degli Innocenti e la cap-pella Pazzi, ma anche Giuliano da Sangallo nellavilla di Poggio a Caiano e nel quadriportico di SantaMaria Maddalena de’ Pazzi, cioè a dire l’architetturadell’età dell’oro di Firenze, quando risplendono gliastri di Cosimo il Vecchio, di Piero e di Lorenzo ilMagnifico, fanno degli Uffizi il canone linguisticodell’identità di Firenze e della Toscana, oltre che delbuon governo dei Medici. E del sofisticato uso poli-tico che essi fecero dell’architettura e delle arti.Il segreto degli Uffizi riposa sul suo essereun’architettura del vuoto: un invaso rettangolarelungo e stretto che convoglia piazza Signoria

sull’Arno e che, in forza di uno strabiliante percorsoaereo coperto, il Corridoio Vasariano, salda in conti-nuità le due residenze ducali, il fiume e un nevralgi-co brano di città […].Il progetto degli Uffizi chiama in causa il tempocome grande costruttore: un’ipotesi metodologicache si nutre della concezione antropormofica del-l’architettura che guidò Michelangelo. Come ilcorpo umano è predisposto a crescita e sviluppoinconoscibili (ancorché virtualmente presenti) almomento della nascita, ma che si materializzerannocon il trascorrere del tempo e che saranno modifica-ti sulla spinta di condizioni molteplici e imprevedi-bili, analogamente il corpo dell’architettura vienefissato materialmente in alcuni elementi costitutivi,gravidi di potenzialità che il tempo e gli uominiannichiliranno o metteranno in luce, approntandonela crescita progressiva.

*estratto dal catalogo, cortesia Gruppo editoriale Giunti

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Le mostreVasari, gli Uffizi e il ducaOggetto della mostra, curata da Claudia Conforti,Antonio Godoli e Francesca de Luca (catalogoGiunti) è la fondazione degli Uffizi: risultato di unastretta collaborazione tra il duca, Cosimo I de’Medici, e Vasari, il suo artista prediletto. Il comples-so edilizio sorge nel cuore della città dove, rispec-chiando la politica assolutistica di Cosimo I, accorpale istituzioni amministrative di governo, magistratureo arti, sottomettendole, logisticamente e simbolica-mente, al dominio del giovane duca. CatalogoGiunti editore. Dal 14 giugno al 30 ottobre, Galleriadegli Uffizi, piazzale degli Uffizi 1, Fienze. Info:0552388651; www.polomuseale.firenze.it/uffizi.

Santo è belloL’allestimento museale, all’interno del piano terra delpalazzo Vescovile di Arezzo, propone l’esposizionedi dipinti, a contenuto sacro, realizzati da GiorgioVasari. Due sale sono interamente dedicate alla pro-duzione pittorica dell’artista aretino, mentre le altreospitano parte delle opere del Museo diocesano,quale testimonianza di una tradizione e produzioneartistica locale di estremo interesse, sia dal punto divista storico che culturale e religioso. Fino al 30dicembre, palazzo Vescovile, piazza del Duomo 1,Arezzo. Info: www.diocesi.arezzo.it.

La vita1511Nasce ad Arezzoil 30 luglio

1524Si trasferiscea Firenzedove conosceMichelangelontino

1540Realizza la Cenadi san Gregorionella Pinacotecanazionaledi Bologna

1550Pubblica Vitede’ più eccellentipittori, scultorie architettori italianida Cimabue insinoa’ tempi nostri

1560Cosimo I gli affidala realizzazionedegli Uffizi

1567Realizza l’affrescoLa Sconfittadei pisania San Vincenzonel Salonedei Cinquecentodi palazzo Vecchio

1574Muore a Firenzeil 27 giugno

Da sinistra, in senso orario:Giovanni Pollastri, Cosimo Ifa fabbricare gli Uffizi, s. d.GiorgioVasari, Autoritratto, 1550La sala dei CinquecentoBaldassarre Lanci, Prospettivateatrale, Uffizi, Firenze

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Igrandi mostre

TAMARA DE LEMPICKA

Il mondo sofisticato della moda, quello che comparesu “Femina”, “L’Illustration des modes” e “L’Officiel dela couture et de la mode de Paris”. Il mondo in biancoe nero delle fotografie di Kertész, Laure Albin-Guillot,Berenice Abbott, Tina Modotti e Dora Maar. Il mondodella grafica pubblicitaria, francese e tedesca, che vei-cola la donna del futuro, una moderna dea che fuma,fa gare automobilistiche, gestisce gli affari, agisceanche con spregiudicatezza. Il mondo del cinema,delle riviste “Cinéa” e “Hebdo-Film”: quello muto daigesti esasperati, gli occhi sgranati verso il cielo diMaria Falconetti, e quello patinato di Marlene Dietriche Greta Garbo e Louise Brooks, bionde platino o dalcaschetto à la garçonne, prime interpreti di scenelesbo. Il mondo della città del futuro, quello delle Torridi Babele americane, e quello dei modernisti francesi,di Bob Mallet-Stevens e Adrienne Gorska e Pierre deMontaut. Tutto si confonde nell’universo caleidoscopi-co di Tamara de Lempicka, in quella frenesia creativache risponde a sollecitazioni incalzanti, che intercettaogni piccolo segnale di modernità, in una commistio-ne esplosiva che l’artista riesce a filtrare e a disporre

sui quadri in modo armonico, equilibrato, incisivo epersonale. Un “curioso mélange di estremo moderni-smo e purezza classica”, scrive Magdeleine Dayot nel1935, che “attira e sorprende, e provoca, forse, primadi conquistare completamente, una sorta di lottacerebrale, dove queste tendenze così diverse lottanouna contro l’altra, fino al momento in cui lo sguardoavrà afferrato la grande armonia che regna in questeopposizioni”. Quella della Lempicka è infatti la sen-sibilità più recettiva di fronte alla realtà nuova, a quel-la vita moderna fatta di elettricità, cinema, acciaio,velocità che – come spiega Guillaume Janneau nel1925 – entra nel mondo dell’arte, dando luogo a un“expressionisme français” che riesce a tradurre in unasorta di contrappunto “le rythme de la vie contempo-raine”. La Lempicka entra in tutti i settori della vitamoderna e appone ovunque la sua chiosa. Prende dalcinema, ma fa anche il cinema: nei documenti filmiciche sono rimasti – uno amatoriale, che la vede in giroper Parigi con l’amica Ira Perrot, l’altro un filmd’attualità girato nella sua casa-studio, “Un bel ateliermoderne” del 1932 – si muove spigliata e padrona

Al Vittoriano di Roma una retrospettiva dedicata all’artista simbolo della modernità e icona degli anni Venti

di Gioia Mori*

La diva virile

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della scena. Prende dalla fotografia, ma si mette anchedavanti all’obiettivo: le foto di Lartigue, Madame d’Ora,Joffé, Camuzzi restituiscono i gesti della bella polaccache evocano la Garbo di “Romance” e “Grand Hotel”.Prende dalla moda, ma fa anche la moda: disegna perqualche rivista specializzata, presta il proprio nome e lapropria figura per qualche stilista amico – Lelong eRochas e Descat – disegna i cappelli che indossa.Prende dall’architettura, ma fa anche dell’architetturadella sua casa un veicolo di immagine che approdasulle riviste di mezzo mondo. Prende dalla grafica, mafa anche grafica: e le sue copertine per “Die Dame” e“Swiat” viaggiano dalla Germania alla Polonia. Prendedal Gran libro della storia dell’arte, ma fa anche la Storiadell’arte, divenendo l’icona internazionale dell’arte

degli anni felici e folli, icona del tempo del jazz e diJoséphine Baker. Moderna nel linguaggio, modernanegli atteggiamenti, moderna nelle strategie: è tra gliartisti la prima a capire l’importanza della comunica-zione, e con metodi prelevati dal mondo del cinemaappronta studiate campagne stampa per affermare ilproprio nome e la propria arte.Sembra tutto derivare da un’attitudine innata, ma non ècosì: donna dalla volontà ferrea e dalla tenacia intransi-gente, con autodisciplina priva di mollezze che domatutte le inquietudini, traghetta la propria vita dalleombre nebbiose dell’universo dei profughi alle luciaccecanti del palcoscenico di Hollywood.Trasformando l’oscuro “monsieur Lempitzky”, russo, in“madame de Lempicka”, polacca, in “baroness

La mostraTamara de Lempicka, la regina del moderno

Dopo il successo ottenuto da Vincent van Gogh, il com-plesso del Vittoriano di Roma presenta un’altra grandeprotagonista dell’arte, Tamara de Lempicka, la regina delmoderno. Ottanta dipinti, 40 disegni e 50 fotografied’epoca, ma anche due film diretti dall’artista e 13 dipin-ti di autori polacchi a documentare il rapporto con la suapatria. Nota e amata nel periodo Decò, si impose per ilfascino e la grande carica comunicativa. La sua culturafigurativa la portava a mescolare rimandi all’arte classicacon le varie correnti in voga in quegli anni, in particola-re il futurismo. Affascinanti i ritratti dedicati all’amicaRafaela o le foto che ritraggono l’artista come una divadel cinema, sensuale modello di un’indipendenza fem-minile ante litteram. L’esposizione è a cura di Gioia Moriche dà una lettura nuova della sua produzione anche allaluce di ricerche inedite che hanno portato al ritrova-mento di un dipinto considerato perduto, “Portrait demadame P.”. Catalogo edito da Skira. Fino al 10 luglio,complesso del Vittoriano, via San Pietro in carcere,Roma. Info: 066780664.

IL CATALOGO

TamaraDe LempickaGioia Mori(a cura di)Skira208 pagine40 euro

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Da sinistra:Tamara de Lempicka, Ritratto di Kizette1923-1924 circaRitratto del marchese Sommi, 1925La sciarpa blu, 1930Nella pagina precedente:Autoritratto, 1929 (non in mostra)Cortesia Tamara art heritageMuseum masters international, NewYork

Kuffner”, americana, fino a “Tamara de Lempicka”, cit-tadina del mondo [...].Quello che la Lempicka imita è il modello Garbo, unadonna “glamour” che nasconde sotto lunghe ciglia esguardi suadenti inedite fermezza e tenacia. L’immaginedi Venere moderna della Lempicka nasconde in realtàuna mente da Minerva, da guerriera armata di cultura,in grado di sostenere il confronto duro che serpeggianella vita artistica di Parigi. Le donne delle sue tele sonobelle e seducenti, ma hanno spesso un libro fra le mani,un volume aperto che racconta la dimestichezza del-l’artista con quest’arma da Minerva. In una Parigi per-corsa dai fremiti delle femministe che reclamano il voto,abitata da donne intellettuali che gestiscono librerie ecase editrici, da avvocatesse che aprono scuole per le

future deputate, da sportive che sfidano i pregiudizimaschili, da aviatrici e spericolate guidatricid’automobile, la Lempicka non pensa di imporsi con lasola arma delle lunghe ciglia. E affronta la sfida da“donna virile”, incarnazione di quell’ibrido già tratteg-giato da Valentine de Saint-Point nel Manifesto delladonna futurista del 1912: “Ogni donna deve possederenon soltanto delle virtù femminili, ma delle qualità viri-li; altrimenti è una femmina”, laddove il termine “fem-mina” è usato in senso dispregiativo. La Lempicka hasempre vissuto in modo “virile”, dominando le situazio-ni e conquistando rispetto, autonomia e indipendenzaeconomica [...].

*estratto dal catalogo, cortesia Skira

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Segno e trasparenza: un’esposizione a Cataniasulle diverse stagioni creative dell’artista sicilianadi Luca Massimo Barbero

SINTESIe contraddizione

grandi mostreCARLA ACCARDI

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IIl desiderio di contraddizione che governa l’opera di Carla Accardi, la sua idea di usare “lapittura come un’ispirazione di antipittura” hanno determinato la costruzione della mostraorganizzata a palazzoValle, nella sede catanese della fondazione Puglisi Cosentino, chiusa il9 giugno. Segno e trasparenza, i due poli apparentemente contrastanti entro cui oscilla feli-cemente la ricerca dell’artista, appaiono nella mostra come elementi di una possibile sintesi,di una dialettica basata sulla “problematica discontinuità”, come protagonisti di un agonepoetico tra la pittura e i propri stessi limiti. Limiti messi continuamente in discussione, sotto-posti con costanza a incessanti sollecitazioni innovative. Nella mostra ciascun ambiente èdedicato ad aspetti specifici della ricerca dell’artista sui materiali, il colore, il segno, la tra-sparenza. La struttura cronologica è così solo apparente, grazie al continuo gioco di rimandie di riemersioni tra le diverse stagioni creative dell’opera di Accardi. Si parte dai primi lavoridegli anni Cinquanta, in cui si manifestano articolazioni di segni cromatici, germi proliferan-ti in configurazioni libere, che alla metà del decennio si attestano sulla bicromia del positivo-negativo, del bianco-nero: opere, queste ultime, generate da un’esigenza di riduzione espres-siva, eppure innegabilmente vive e dinamiche. La polarità tra segno e trasparenza si manife-sta qui in un’idea nuova della luce e del colore, della superficie e dello spazio. Temi che tro-veranno nuovi sbocchi nelle opere a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quei “cervel-li” in cui lo sguardo si concentra in quello che l’artista definisce “ordine casuale”, ossimorofedele alla qualità critica e dialettica della sua ricerca. Gli anni Sessanta, con i tentativi “natu-ralistici”, le strutturazioni geometriche e l’adozione di nuovi materiali, tra cui il sicofoil, rap-presentano il momento forse più fecondo nell’evoluzione di questa ricerca. Segno e traspa-renza sono, in modi diversi e molteplici, i fari di una navigazione che si confronta anche conla terza dimensione: tra tutte emerge l’opera Tenda del ‘65-‘66, esito da troppo tempo nonesposto di questa indagine sulla qualità spaziale del segno, sulle potenzialità generative dellatrasparenza. Sempre intorno allo spazio e alle sue dimensioni inedite ruotano opere come ilParavento della collezione Frac Nord – Pas de Calais o quella Superficie in ceramica del 2007,in cui il segno si fa superficie sonora grazie all’intervento musicale di Gianna Nannini, inun’unità capace di conferire allo spazio architettonico del palazzo nuove possibilità per losguardo e per i sensi.

*direttore museo Macro di Roma, curatore della mostra

Senza titolo, 2009

A sinistra:Grande integrazione

1958 (particolare)

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e si domanda a Carla Accardi cosale manchi della sua Sicilia, leirisponde semplicemente che «parti-re è ricominciare». Ogni viaggio èun inizio. Come le passate esposi-zioni o l’ultima monografica chel’artista ha presentato nella rinno-vata cornice di palazzo Valle aCatania, in cui le policromatiche

invenzioni accardiane intessono un dialogo profondocon l’architettura tardo-barocca dello spazio musea-le in una sinergia ideale tra opere e ambiente, in unincessante avvicendarsi di forme, superfici e toni.Quasi fossero delle sequenze cinematografiche opiuttosto una partitura musicale su cui l’artista com-pone note e seminote, accordi e melodie. Sulla pos-sibilità che una tra le due arti possa prevalere sull’al-tra, la pittrice asserisce che «è una normalità storica:gli stili artistici si sono sempre susseguiti e hanno dia-logato anche attraverso le loro differenze». Dopo ses-sant’anni di attività, di importanti rassegne interna-zionali a lei dedicate (NewYork, Londra, Parigi, Bonn

e Buenos Aires), quella di Catania ha costituito laprima significativa esposizione in Italia di un’artista,tra le più rilevanti esponenti dell’astrattismo interna-zionale, che fin dal principio della sua carriera si èposta in rapporto dialettico con le sperimentazionidell’arte informale e con le avanguardie culturali. Anovembre arriva, poi, un importante catalogo ragio-nato, curato da Germano Celant (Silvana editoriale,440 pagine, 75 euro). La sua opera, studiata conattenzione da Celant, viene ripercorsa nella sua com-pletezza, mostrando ai lettori come l’impulso creati-vo dell’artista si sia continuamente rigenerato –anche di fronte ai mutamenti linguistici che hannocaratterizzato gli ultimi cinquant’anni di storia del-l’arte – in una metamorfosi sempre nuova della prati-ca artistica. Caratteristica dell’arte della Accardi è ilfar scaturire dalla tela o da altri materiali, come laceramica o il plexiglas, una luminosità di cromatismiche trova, nell’incontro tra segni e superfici, una ten-sione complessa e profondamente vitale. Il volumeripropone lo storico saggio di Germano Celant giàpubblicato per la prima monografia edita per le

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di Maria Antonia Nocco

LA MELODIAdella creazione

Accardi: «Il colore è come un verso, una musica, un film»

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A destra:un ritratto

di Carla Accardi

In alto da sinistra:Ombra di castagno

2010

Pieno giorno (veduta)1987

Catasta, 1979

L’artistaProtagonista dell’astratto

Carla Accardi (Trapani, 9 ottobre 1924) vive e lavora a Roma dal 1946.Ha partecipato al gruppo romano Forma dal 1947 ed è considerata tra iprotagonisti dell’arte astratta italiana dal secondo dopoguerra: dal 1948ha partecipato in più occasioni alla Biennale di Venezia. Nel 1996 ènominata membro dell’Accademia di Brera e nel 1997, fa parte dellacommissione per la Biennale di Venezia, nel ruolo di consigliere. Il suolavoro si fonda sulla feconda interazione tra segno, superficie, luce ecolore che si dirama in realizzazioni che spaziano dal dipinto all’instal-lazione.

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Edizioni Charta (Milano, 1999), arricchito da unatanto puntuale quanto necessaria trattazione delleopere realizzate dal 1996 al 2009. Il catalogo anno-vera, oltre alle opere di questo nuovo periodo, anchequelle dei decenni precedenti non comprese nellaprima monografia, ponendosi così come integrazio-ne completa del precedente volume. Le tavole delleopere sono accompagnate da testi della stessaAccardi. Il repertorio dell’artista si svolge in unaingegnosa interazione di tracce semantiche, di origi-nali supporti e di un complesso articolarsi del colo-re attraverso dipinti di medio formato, ampi pannel-li o estese installazioni. «Sono diventata artista,seguendo il mio desiderio», rievoca la Accardi. Unastraordinaria inventiva che dispone o allinea, scom-pagina e mette in scena le suggestive creazioni con-traddistinte da un’euritmia, una corrispondenza ditoni e di forme che è insolito rintracciare, nella stes-sa misura, in pur celebrati pittori; un’estetica al fem-minile che in qualche modo differisce dall’interpre-tazione virile dell’armonia e a cui lei ribatte: «Hocomunque sempre cercato di fare il mio lavoro

d’artista a prescindere dal genere, anche se nel pas-sato riconosco che le opere più importanti le hannofatte gli uomini». Se le si chiede di un modello, di unmaestro di arte e di vita, la Accardi afferma inequi-vocabile che «uno è stato Matisse». Le forme sinuo-samente morbide e le variegate modulazioni croma-tiche del maestro fauvista connotano molte delle suecreazioni, quali Concentrico blu, rilucente nelletonalità di azzurro intenso che si osservano anche inNudo blu del francese. Le stesse “nuances” cobaltoche ritroviamo in Passi di passaggio del 2007, pre-sentato in diversi allestimenti e nella rassegna cata-nese, che si compone di una superficie in grés azzur-ra, verde e bianca e delle sonorità di GiannaNannini che ha concepito il brano come una “cam-minata”, in perfetta sintonia con l’opera accardiana.A ribadire la poetica dell’artista che ha più volterivelato: «Io do molta importanza alla comunicazio-ne che dà il colore come se fosse un verso, unamusica o un film». E molte sue opere in particolareassumono i caratteri e le suggestioni di una melo-diosa e variopinta danza matissiana. �

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Econversando sul sofà

UGO RICCARELLI

«Er papa se n’è ito!, parole incredibili che corrono daun angolo all’altro della Città eterna: c’è chi le mor-mora con stupore, chi le grida esultando, c’è chi siinforma, chi ride, chi applaude…». No, non èl’abbandono da parte del santo padre del suo regnomillenario, come può sognare un anticlericale incalli-to, ma l’incipit dell’ultimo romanzo di Ugo Riccarelli.La fuga di Pio IX da Roma, protagonisti l’uno e l’altra,loro malgrado, dell’epopea che rese il romano ponte-fice e la sua sede protagonisti del Risorgimento, nelbiennio 1848-49. A quella breve stagione di sogni elibertà affossata dalle armi francesi che rimisero sulsoglio di Pietro il suo successore, cacciando mazzinia-ni e garibaldini, lo scrittore che nella capitale vive daun decennio dedica La repubblica di un solo giorno,abbandonando le narrazioni dell’animo umanomutuate dal vissuto famigliare per rievocare quell’epi-sodio tanto glorioso quanto breve. Meno di ventiquat-tr’ore, infatti, restò in vigore la Costituzione dellaRepubblica romana retta dal triumvirato di GiuseppeMazzini e dei meno noti delegati delle Romagne CarloSaffi e Aurelio Armellini, difesa dai volontari di

Garibaldi e di chi, come lui, decise di opporsi con laforza alle armi della reazione. Non solo francesi epapalini ma napoletani, austriaci, spagnoli e quant’al-tri vedevano come la peste l’idea di un’Italia unita edel popolino in armi. Così, quando le truppe francesisalirono in Campidoglio per intimare all’assembleaCostituente di sgombrare, la sera del 4 luglio 1849,Garibaldi aveva già lasciata la città promettendo aiquattromila che lo seguivano – e presto si sarebberosquagliati per via – «non paghe, non ozi molli. Acquae pane quando se ne avrà», i romani che avevano fattola loro parte tornarono ad abbassare il capo al papa reriportato sul trono dal generale Oudinot. Una paginadi storia forse più nota che conosciuta, per dirla comeManzoni, che Riccarelli fa rivivere sulla carta, con untesto che ha dato la stura all’omonimo spettacolo tea-trale scritto con Marco Baliani. Perché un romanzostorico sul Risorgimento, quel periodo in particolare?«Beh, non sono uno storico e non so se questo sia unvero e proprio romanzo storico. Dovere di chi scrive èripercorrere la memoria, con i mezzi della letteratura.Quella della Repubblica romana è una bella storia,

Dal teatro al romanzo: La repubblica di un solo giorno rievoca dal “basso”l’epopea risorgimentale di Roma e parla all’oggi della politica “alta”

di Maurizio Zuccari

“Er papa se n’è ito”Ecco una bella storia

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importante per la nostra identità, un episodioesaltante e tragico allo stesso tempo che misembrava fosse troppo poco conosciuto nellanostra memoria di popolo. L’occasione del150° anniversario dell’unità è importantenon tanto per celebrarlo ma per conoscer-lo meglio, raccontando da un punto divista “basso” una sorta di sogno infrantoche si conclude in poco tempo malascia qualcosa che darà i suoi fruttinegli anni ed è ancora il nostro futuro».Cosa vuole raccontare questo libro all’oggie come interpreta quest’oggi?«In questa storia c’è un alto senso della politicache oggi manca. Il nostro è un periodo di gran-de decadenza delle idee, di lotte di potere intesonell’accezione peggiore, sentiamo la mancanzadi un confronto democratico. La Repubblicaromana dimostra come la politica possavolare alto e produrre qualcosa di utilenell’interesse generale e non particola-re dell’uomo. Si è tentato di realizzarenel posto forse meno adatto, la Romadella metà dell’Ottocento, una democraziapopolare partendo dal presupposto di mettere lemani sui diritti fondamentali dell’uomo che oggireputiamo naturali ma non è così. I giovani cheall’epoca si immolarono per difendere quellaCostituzione non potevano esprimersi liberamente,non avevano neanche il riconoscimento a una propriaidentità unitaria di popolo. Ecco un aspetto che questastoria può raccontare all’oggi: come la politica possaessere manutenzione di cose e di idee. Il Risorgimentonon è stato una vera lotta di popolo ma la Repubblicaromana fu capace di coinvolgere un popolino disin-cantato, dimostrando che quando la politica dà rispo-ste concrete la gente si appassiona a essa».Ama raccontare la storia dalla parte dei vinti: questaè una storia di vinti, anche se resta quell’idea gran-diosa di repubblica che è anche alla base della nostraCostituzione. Che rapporto c’è tra quei vinti, quellaresistenza, e altri episodi della storia di Roma piùrecente, in questa città bifronte?«Rispondo letterariamente con un’affermazione diGesualdo Bufalino: i vincitori non sanno quello che siperdono. Cioè, il punto di vista di chi ha perso è pernoi narratori più interessante che non quello di chi havinto e scrive la storia. Poi, diciamolo francamente,gran parte della storia è di perdenti, i vincitori sarannoun dieci per cento, però è questa gente che fa la resi-stenza, fa la Storia con la S maiuscola. Ed è importan-te non dimenticare questo sguardo dal basso perché ci

IL LIBRO

La repubblicadi un solo giornoMondadori161 pagine18 euro

Coi protagonisti sullo sfondo, prendo-no vita le comparse della Repubblicaromana del 1849. Ranieri e Aurelio,venuti dal nord a Roma al seguito diMazzini e Garibaldi; Maddalena, pro-stituta che, innamorata di Ranieri, si fainfermiera nell’ospedale della princi-pessa Cristina di Belgiojoso; Lucio cheda ladruncolo trasteverino diventa eroein nome della libertà. Una galleria dipersonaggi, metafore di un momentostorico zeppo di illusioni e di speranze.

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A destra e nella paginaprecedente lo scrittoreUgo Riccarelli(foto Camilla Mozzetti)

Nelle pagine seguentiun’immagine trattadallo spettacolo teatraleandato in scenacon la regiadi Marco Baliani(foto Paolo Romanoarchivio Napoli teatrofestival)

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Lo scrittoreAudience & Strega

Nato il 3 dicembre 1954 a Cirié, in provincia di Torino, da genitori diorigini toscane, Ugo Riccarelli frequenta Filosofia all’università diTorino. Operatore culturale, si occupa dell’ufficio stampa del comunedi Pisa. Nel 1995 è tra i vincitori del concorso Rai-Corriere della seraSette per Sette, con il racconto Come ti faccio impennare l’audience dacui viene realizzato un programma radio. Vive e lavora aRoma. Tra i suoi libri: Le scarpe appese al cuore, Feltrinelli1995 (vincitore del premio Chianti); Un uomo che forse sichiamava Schulz, Piemme 1998, (Campiello 1998);Stramonio, Piemme 2000; L’angelo di Coppi,Mondadori 2001; Il dolore perfetto, Mondadori 2004(Strega 2004); Un mare di nulla, Mondadori 2006;Pensieri crudeli, Perrone 2006; Comallamore,Mondadori 2009; Diletto, Voland 2009. Larepubblica di un solo giorno, Mondadori 2011(anche testo teatrale, con Marco Baliani).

dà la possibilità di mettere le mani su un aspetto che lostorico non riesce a toccare: quello emotivo, emozio-nale, profondo delle vicende umane. Confesso che miha fatto molto piacere quando lo storico Emilio Gentilemi ha detto: piacerebbe anche a me raccontare la sto-ria con questo valore aggiunto, mi rammarico perchédevo attenermi strettamente ai documenti. Nonostanteun romanziere non debba attenersi alla stretta realtàstorica, riesce a dare al lettore verità altrettanto forti. Èquesto il bello della narrativa storica».Il suo romanzo nasce come lavoro teatrale per lo spet-tacolo omonimo con la regia di Marco Baliani, inaugu-rato al Napoli teatro festival e andato in scena, tral’altro, all’India di Roma. Una cosa curiosa.«Normalmente è dal testo narrativo che nasce una sce-nografia o una drammaturgia, invece questa storia, pro-prio per raccontare il 150esimo dell’unità in modo dif-ferente, nasce da un’idea teatrale per il secondo atto diuna trilogia. Il primo è stato Piazza d’Italia tratto dallibro di Antonio Tabucchi, ora Baliani ne sta preparan-do un terzo sul brigantaggio. Abbiamo costruito Larepubblica guardandola dal basso, come dicevo prima,Mazzini e Garibaldi restano sullo sfondo. Ci interessa-va parlare di chi la storia l’ha fatta materialmente, dopo-diché con Baliani ci siamo scambiati le idee.Mantenendo la stessa sostanza abbiamo avuto la possi-bilità di raccontare le cose con sfumature diverse».

Questa storiaracconta come

la politicapossa essere

manutenzionedi cose e di idee

Quandodà risposteconcretela gente

si appassionaIl nostro

è un periododi decadenza

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Differenze e analogie tra testo teatrale e narrativo?«Sono due mezzi diversi, il teatro ha la corporalità, lamusica, le luci, la forza dei sensi. Il romanzo la pro-fondità dell’introspezione, la descrizione. Qui alcunecose sono rimaste, altre si sono aggiunte. Le storiehanno lo stesso nucleo centrale, poi divergono comein un caleidoscopio. A teatro le scene si susseguono,c’è una valenza coreografica più forte. Spero di essereriuscito a mantenere la stessa cosa attraverso le parole,che queste possano tenere il lettore inchiodato allapagina. Ho tenuto l’idea dei quadri, scenette con unaforte valenza ellittica. Non è un romanzo classico,chiede al lettore uno sforzo d’immaginazione».Nel romanzo da un punto di vista stilistico ha affron-tato la parlata romana, un po’ come Gadda. Lui veni-va da Milano, lei è tosco-piemontese. Com’è andata?«Ho riletto il Pasticciaccio con molto piacere, Gadda èuno dei miei autori preferiti. Sicuramente, e parlo purea nome di Baliani perché questo è successo anche alivello teatrale e nessuno dei due è romano, non abbia-mo voluto scrivere in una lingua naturalistica eneanche recuperare il dialetto ottocentesco,sarebbe stato impossibile e non so fino a che

punto utile. Abbiamo cercato un compromesso comelo stesso Gadda e Pasolini, un romanesco legato all’at-tualità, con le sue parentele con l’italiano. Non tantocome dizione o trascrizione ma come modo di parla-re e di porsi nella realtà. È un romanesco forse bastar-do ma efficace».Il suo stile narrativo è stato avvicinato al realismomagico. Ci si riconosce?«Vengo da una tradizione toscana orale dove, nel rac-contare le storie, il filo sottile fra realtà e fantasia èsempre in primo piano: un buon narratore si attienealla prima fino a un certo punto. Al di là delle defini-zioni che sono esercizi da critico, raccontare è davve-ro qualcosa di magico che ha forti radici nella realtàma dà la possibilità di spaziare, far sognare le persone,

entrare sotto al velo che la realtà ricopre e lafantasia, il sogno, l’emozione tolgono.Svelare è, per me, la possibilità di rac-contare».Tra i temi cari alla sua narrazione c’è ildolore, la follia.«Sono due aspetti chemi hanno sempre inte-

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Lo spettacoloA lezione di storia e teatro con Marco Baliani

È una lezione di storia quella scritta a quattro mani dal premioStrega Ugo Riccarelli e da Marco Baliani, interprete del teatro civi-le. Lo spettacolo La repubblica di un solo giorno, inaugurato alNapoli teatro festival e andato in scena all’India di Roma lo scorsonovembre, con Patrizia Bollini, Daria Deflorian, Gabriele Duma,Simone Faloppa, Renata Mezenov Sa, Mariano Nieddu, AlessioPiazza, Naike Anna Silipo, AlexandreVella, con scene e costumi diCarlo Sala, musiche di Mirto Baliani e drammaturgia di MariaMaglietta. Prodotto dal Teatro di Roma e inserito nel progetto“Fratelli di storia”, tre appuntamenti dedicati al centocinquantesi-mo anniversario dell’unità d’Italia, l’opera – insieme a Piazzad’Italia, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, e da unterzo lavoro sul brigantaggio, in fase di preparazione – costituisceun affresco storico che racconta il controverso processo unitariocon la forza del palcoscenico teatrale, del teatro di parola tipico diBaliani, ed è in cartellone in varie piazze del Belpaese.

“ La naturaumana è imperfetta

la sofferenzaè una forma

di conoscenza proprioper non rinnegare

la nostraumanità

ressato, non tanto il dolore fisico in sé quanto quellopsichico, il disagio che fa parte della condizioneumana. Basta poco per farci capire quanto siamo fra-gili, soprattutto davanti al dolore perfetto, assoluto. Unraggio di luce che scende, un’amicizia che si rompe,un amore che finisce. Scientificamente non è com-prensibile ed è questa la materia della lettura, dellapoesia, del teatro. Per quanto c’illudiamo di essereforti sappiamo che la nostra natura è imperfetta, gliesseri umani sono imperfetti. Per riconoscere in séstessi e negli altri questo aspetto la sofferenza è unacondizione imprescindibile, perché è una forma diconoscenza. Non tanto per masochismo ma per nonrinnegare la propria umanità. In questo senso anche lafollia può essere conosciuta, il suo dolore riesce a pro-durre uno sguardo altro sulla realtà, in fondo è quelloche fanno gli artisti. Non mi piace pensare che tutto lospazio della sofferenza sia occupato dalla malattia,

ma che ci sia la possibilità di conoscere e averespunti di riflessione diversi attraverso il disagiomentale».È anche giurato allo Strega: cosa salva, chemette nella valigia letteraria di questo paese,

in questi 150 anni della nostra storia?«Il verismo è vicino ai miei gusti, quindi penso aGiovanni Verga; a un grande come Luigi Pirandello,modernissimo come autore teatrale e per la capacitàpsicologica di costruzione dei personaggi. Ci sonoanche dei contemporanei che amo molto, uno fra tuttiAntonio Tabucchi che considero un mio maestro eammiro moltissimo anche per la pulizia della scrittura.Non dobbiamo pensare che la nostra letteratura siainferiore o tutta da buttare, vedo cose che si muovono,ci vorrà del tempo. Ma non bisogna fossilizzarsi sullariproduzione della realtà attuale, la letteratura è ricer-ca, quindi il linguaggio attuale è importante ma nonpossiamo dimenticare le possibilità della nostra lingua,i nostri classici. L’italiano ha una musicalità e un passoche altre lingue non hanno, mi piacerebbe che questiaspetti restassero».Infine, progetti?«Tra i tanti, una cosa in teatro che farò a quattro manicon un amico attore, e un romanzo per il prossimoanno che scriverò questa estate. Una storia sull’attuali-tà, stavolta, vista con occhi un po’ stravolti: il modomigliore di guardarla, oggi». �

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un caffè conPAOLO BARATTA

a Biennale è come una macchi-na del vento. Ogni due anniscuote la foresta, scopre veritànascoste, dà forza e luce anuovi virgulti, mentre pone indiversa prospettiva i rami cono-sciuti e i tronchi antichi (e que-st’anno i tronchi saranno davve-ro antichi vista l’intenzione

della curatrice di aprire con Tintoretto).La Biennale è un grande pellegrinaggio dove nelleopere degli artisti e nel lavoro dei curatori si incontra-no le voci del mondo che ci parlano del loro e delnostro futuro. L’arte è qui intesa come attività in conti-nua evoluzione. Se un museo si qualifica principal-

mente per le opere che possiede, una istituzione comela Biennale si qualifica piuttosto per il suo “modusoperandi”, per i metodi seguiti, per la natura dei sog-getti che vi partecipano, per le scelte sul metodo e peri principi e le regole che ispirano la sua organizzazio-ne, per gli spazi di cui dispone: insomma per la formadell’istituzione che si riflette nella forma data allamostra che vi si tiene ogni due anni. Ed è dalla quali-tà di questa forma che dipende il raggiungimento delprincipale nostro obbiettivo: ottenere la stima delmondo. Dopo 116 anni di vita della Biennale, la formadella mostra attuale è quella definita in modo compiu-to nel 1999 e confermata e perfezionata negli annisuccessivi. Dico questo perché è proprio a partire daquell’anno che alla mostra organizzata per padiglioni

Al via la Biennale di Venezia, il presidente: «Che illuminazione sia»

La macchina del vento

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L

La mostra Illuminazioniinclude anche tre operedel pittore venezianoJacopo Robusti dettoTintoretto (1518–1594)Le tele, concesse inprestito alla Biennaledalla soprintendenzaper il Polo musealeveneziano, sonoesposte nel padiglionecentrale ai GiardiniSi tratta dell’Ultima cena(a sinistra, provenientedalla basilica disan Giorgio maggioree realizzato fra 1592-94),del Trafugamento delcorpo di san Marcoe della Creazionedegli animali(entrambe conservatealle galleriedell’accademia)

scuote la lagunadi Paolo Baratta*

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si affianca in modo netto e distinto la mostra che ilcuratore nominato dalla Biennale deve organizzarecome mostra internazionale, con un compito nettonon dovendo egli darsi carico della selezione del padi-glione italiano. La mostra della Biennale si presentadunque ora fondata sui seguenti pilastri. Primo: i padi-glioni dei paesi partecipanti. Sono 28 i padiglioni fissi,costruiti all’interno dei giardini, utilizzati da 30 paesititolari considerati partecipanti permanenti. Sono peròpartecipanti ad egual titolo altri paesi che chiedono diessere invitati; di questi alcuni trovano spazio all’inter-no dell’arsenale, altri trovano il loro spazio in luoghidiversi di Venezia. I paesi partecipanti quest’anno sonocomplessivamente 89 (erano 77 nell’ultima Biennale).Tra questi alcuni sono presenti per la prima volta:Principato di Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh,Haiti. Altri sono tornati dopo presenze antiche: India(1982), Congo (1968), Iraq (1990), Zimbabwe (1990),Sudafrica (1995), Costa Rica (1993) e Cuba (1995). Ipadiglioni dei paesi sono una caratteristica moltoimportante della Biennale di Venezia. Una formulaantica di presenza degli stati eppure viva e vitale piùche mai. Preziosa in tempi di globalizzazioni, perchéci dà il tessuto primario di riferimento sul quale posso-no essere osservate e meglio evidenziate le autonomegeografie degli artisti, sempre nuove, sempre varie.Secondo pilastro: la mostra internazionale del curato-

re della Biennale. Al centro, parallela alla serie deipadiglioni dei paesi, sta la mostra internazionale delcuratore, quest’anno Bice Curiger, che ha scelto cometitolo Illuminazioni (gli artisti presenti saranno 83). Ilcuratore (la curatrice) è chiamato espressamente a rea-lizzare una mostra “senza confini”. La Biennale non hanominato comitati o commissioni, né diversi curatoriper diverse aree, ma si affida alla singolare responsa-bilità di un curatore. Terzo pilastro: Gli spazi per rea-lizzare la grande mostra internazionale del curatore.Dovevano essere adeguati allo scopo. E proprio perquesto, nel 1998 abbiamo ampliato grandemente glispazi che oggi sono costituiti: da un lato dal padiglio-ne centrale e dall’altro dall’arsenale. Gli spazicostituiscono un elemento essenziale dellamostra che, negli spazi e nella loro parti-colare articolazione e qualità, trova lostrumento più opportuno per formareil proprio linguaggio. Un ulteriorecomponente: le partecipazionicollaterali. Soggetti non profitpossono presentare progettiper piccole mostre, datenersi nella città diVenezia, normalmenteper tutti i sei mesi dellamostra. Il curatore della

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Biennale, anche qui in totale autonomia, giudica la loroqualità e ammissibilità come “collaterali”. Un elementodecisivo: la città di Venezia che per sei mesi accoglie sulsuo territorio questo grande insieme di energie vitali. Unpilastro sempre più importante della nostracostruzione è poi la cura del pubblico. Datempo la Biennale sviluppa attività “educa-tional” e visite guidate. Quest’anno abbiamoaperto un nuovo campo d’azione. Dopol’esperienza compiuta favorevolmente conla mostra d’architettura, per la primavolta lanciamo il programma“Biennale sessions”, rivolto a istitu-zioni operanti nella ricerca e nella for-mazione nel campo delle arti o neicampi affini. Scopo è quello di offrire

una facilitazione a visite di tre giorni da loro organizza-te per gruppi di almeno 50 tra studenti e docenti, convitto a prezzo di favore, la possibilità di organizzareseminari in luoghi offerti gratis, assistenza all’organizza-zione del viaggio e soggiorno. Durante la Mostra si ter-ranno poi seminari aperti. “Meetings on art” sarannoorganizzati in giugno e alla ripresa autunnale. Conquesto pilastro vogliamo confermare il ruolo dellaBiennale di Venezia quale istituzione aperta allaconoscenza e allo spirito di ricerca, degna di un

pellegrinaggio. Ho detto dell’importanza delruolo del curatore e della responsabilità lui(lei) affidata. Il curatore deve avere occhioesperto, spirito indipendente, generositàverso gli artisti, severa capacità di selezione,grande fedeltà a quella misteriosa dea che è

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L’eventoRecord di partecipazioni

Illuminazioni, questo il titolo della 54esima edizione dellaBiennale d’arte diVenezia al via dal 4 giugno. La kermesse si pre-senta con un record, quello delle 89 partecipazioni nazionali. Econ la voglia di rimanere al vertice del sistema artistico interna-zionale anche e soprattutto in tempi di crisi. L’esposizione è fir-mata quest’anno dalla storica e critica svizzera Bice Curiger,curatrice della Kunsthaus di Zurigo. La mostra, allestita al padi-glione centrale dei Giardini e all’Arsenale, ospita 82 artisti: tantii giovani, nati dopo il 1975, e le donne, ben 32. Intorno al nucleoprincipale sbocciano i padiglioni nazionali, con l’esordio dinuovi paesi come Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh e Haiti.Due i progetti di punta: “Biennale sessions”, rivolto a università,accademie e istituti di ricerca e “Meeting on art”. I Leoni d’oroalla carriera sono stati assegnati all’artista statunitense ElaineSturtevant e all’austriaco Franz West. Fino al 27 novembre,Giardini e Arsenale, Venezia. Info: www.labiennale.org. (S. C.)

Padiglione ItaliaL’arte non è cosa nostra

Un lavoro monumentale. Un piano– quello messo a punto da VittorioSgarbi per il padiglione Italia – chefra le componenti in cui è articolatocoinvolge un paio di migliaiad’artisti. Praticamente ci sono tutti,dalla a di Valerio Adami alla z diMarco Zanta. Il critico ferrarese haelaborato un progetto concepito

con un criterio originale: gli oltre 200 artisti all’Arsenale perla mostra principale, intitolata L’arte non è cosa nostra, sonostati indicati da scrittori, poeti, registi, uomini di pensierochiamati a far parte di un comitato tecnico scientifico pre-sieduto dal presidente della fondazione Roma e dell’azien-da speciale Palaexpò Emmanuele Emanuele. «L’obiettivo –ha dichiarato Sgarbi – è il risarcimento del rapporto tra let-teratura, pensiero, intelligenza del mondo e arte, chieden-do non a critici d’arte e nemmeno a me stesso, quali sianogli artisti di maggiore interesse dell’ultimo decennio». Ilprogetto riserva inoltre un ruolo importante al 150esimoanniversario dell’unità d’Italia. Anzitutto, le 27 esposizionipromosse nelle regioni italiane in collaborazione con leamministrazioni regionali e le attività programmate negli 89istituti italiani di cultura all’estero sponsorizzate dal mini-stero degli Affari esteri. Il quadro si completa con i tantieventi collaterali, dal Canaletto alla collezione fotograficadi Elton John. Discorso a parte merita la mostra Accademied’Italia alle Tese di san Cristoforo, che vedrà la presenzadegli istituti di Belle arti d’Italia che hanno selezionato i loroallievi più promettenti. Fino al 27 novembre, sedi varie,Venezia. Info: www.beniculturali.it. (Simone Cosimi)

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la qualità. Sguardo libero sul mondo. Queste doti ilmondo riconosce a Bice Curiger. Con lei siamo tornatia Zurigo. Cominciammo con Szeemann, appunto nel1999. Alcuni amici descrivono questi 12 anni diBiennale come “il felice viaggio dalla barba di Harald alrosso ciliegia del rossetto di Bice”. Concordiamo conBice. In un’epoca nella quale l’arte ha da tempo cessa-to l’enfasi sulla provocazione dell’anti-arte, cerchiamole vie del colloquio tra l’opera dell’artista e il nostrosguardo e il nostro spirito, vogliamo capire e sentire queldi più che l’arte con generosità ci dona e ci sussurra,desideriamo illuminazione come visitatori, come aman-ti dell’arte, come individui e come membri della comu-nità umana. E che Illuminazione sia.

*presidente Biennale di Venezia

A sinistra:Vittorio Sgarbi

Sotto, da sinistra:i giardiniil padiglione Italiae Paolo Barattafoto Ap/lapresse

Il personaggioManager di cultura

Manager, ministro euomo di cultura,Paolo Baratta ha rico-perto la carica di presi-dente della Biennale dal1988 al 2002 per poi torna-re in sella nel 2007, dopo lanomina dell’allora ministroFrancesco Rutelli. Nato aMilano l’11 novembre 1939, ha rico-perto incarichi nel mondo bancario eculturale (Zanussi, Ericsson, Olivetti,Mediobanca, Edizioni Holding, fon-dazione Valla) ed è stato ministro perle privatizzazioni nel governo Amato,per il Commercio estero nel governoCiampi e dei Lavori pubblici eambiente nel governo Dini. Laureatoin ingegneria ed economia,Baratta ha fatto parte deicda di varie società e isti-tuzioni fra cui TelecomItalia, Fs e Banca FinnatEuroamerica oltre aessere presidentedell’Accademiaf i l a r m o n i c aR o m a n a ,riconfermatonel 2010.

Gli eventicollateraliCosa c’è da vedere

Anton GinzburgPalazzo Bollaniwww.artpace.org

“Ascension”Basilica di san Giorgiowww.arteallarte.org

Roma pavilionPalazzo Zorziwww.soros.org

Stefano CagolChiesa di san Gallo, san Marcowww.concilio-biennalevenezia.org

“Cracked culture?”convento del santo Spiritowww.gdmoa.org

“Future generation art prize”Arsenale, campo della Tanawww.futuregenerationartprize.org

“Mobility & memory”Arsenale, campo della Tanawww.artmuseum.gov.mo

Pino PascaliPalazzo Michiel dal Brusàwww.museopinpascali.it

“Round the clock”Arsenale novissimospazio Thetiswww.beinnaleroundtheclock.com

“The future of a promise”Magazzino del salewww.thefutureofapromise.com

“The heard and the unheard”Palazzo delle prigioni

www.tfam.museum

Pier Paolo CalzolariCa’ Pesarowww.museiciviciveneziani.it

Tim DaviesLudoteca santa MariaAusiliatricewww.artscouncilofwales.org

Anastasia KhoroshilovaBiblioteca zenobianadella temanzawww.mmoma.ru

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Lil corpo dell’arte

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L’artista, già esponente della Transavanguardia, influenzato dai fasti dell’antichità crea potenti suggestioni per il nostro presente

di Maria Antonia Nocco

MIMMO PALADINO

Un guerriero dell’oggi

La candida Montagna di sale che Mimmo Paladino ha direcente allestito in piazza Reale a Milano irrompe quie-ta nello spazio scenico compreso tra il versante lateraledella cattedrale gotica, il palazzo Reale che ospita unaretrospettiva dell’artista e i due edifici dell’Arengariocome a voler stabilire un dialogo con il passato per trar-ne idee e riflessioni e, al tempo stesso, ribadire la propriaassoluta peculiarità. Più che di “land art” o “site speci-fic”, come è stata più volte considerata la messa in operadella piramide salina già affiorata la prima volta lungo laVia del sale che da Trapani giunge a Marsala, poi nel1990 a Gibellina e nel 1995 in piazza del Plebiscito aNapoli, si potrebbe parlare di “art in progress” in cuil’autore interviene direttamente sullo spazio urbano,attraverso l’inserimento e la contestualizzazione tempo-rale e ambientale di allestimenti effimeri, modificandone

l’immagine. «La Montagna di sale ha avuto un grandevalore – spiega Paladino – perché per la prima volta ci sistupiva a credere che il popolo, la gente comune potes-se amare e apprezzare un lavoro d’arte contemporaneae quindi assume un valore di strano simbolismo etnico.Parte da un’idea artistica d’avanguardia e diventa unoggetto di lettura popolare: veramente popolare».Elemento di forte attrazione della piramide salina sono letrenta possenti sculture, alte quasi quattro metri, deifoschi cavalli adagiati mollemente o sprofondati nellamassa cristallina e ancora eretti a severi paladini di quelmagico microcosmo. Gli arcaici destrieri, in particolare,costituiscono un anello di congiunzione tra presente epassato. Si è detto che essi rappresentano la “forza”,l’“ingegnosità” delle italiche genti o un tributo al DonChisciotte di Cervantes e ancora un richiamo al Cavallo

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di Troia, ma il legame potrebbe essere di natura idealee intimamente connaturato a quel luogo senza che que-sto sia, in realtà, nelle intenzioni dell’autore che non haconcepito la Montagna di sale (35 metri di diametro e10 d’altezza) come un’opera stanziale bensì un organi-smo in continuo movimento. Ecco pertanto piazze eslarghi di paesi e di città allestite per l’approdo delmonumento itinerante che, di volta in volta, acquista lafunzione di monolite o di statua commemorativa, ditotem o di fonte d’acqua. Strutture che, universalmentee in ogni tempo, hanno topograficamente contrassegna-to e adornato i piazzali di oscuri villaggi e celebratemetropoli: luoghi simbolo, accentratori e propulsori dienergie cosmiche e antropiche. Al pari del contiguomonumento equestre di Vittorio Emanuele II in piazzaDuomo con cui a notte fonda, allorché la città si svuo-ta e quest’area assume una dimensione di dechirichia-na metafisica, i cavalli paladiniani sembrano colloquia-re. Si potrebbe pensare, ma rimane unicamente unateoria affascinante, che gli scuri corsieri possano inqualche modo essere lontani discendenti della colossa-le statua equestre che nel 1482 Leonardo daVinci avevaprogettato nel medesimo sito su commissione del ducadi Milano Ludovico il Moro per commemorare il padreFrancesco Sforza; secondo le fonti il poliedrico artistaaveva la bottega in Corte vecchia, esattamente nell’areadell’attuale palazzo Reale. Ipotesi avvincente o con-giunzione fortuita? Bisogna considerare tuttavia che lamontagna salina ha avuto una sorte migliore riguardo alrinascimentale cavallo leonardesco; se la prima è statacostretta dalla Soprintendenza milanese a “traslocare”da piazza Duomo, che con la sua estensione avrebbecertamente enfatizzato l’opera, alla piazzetta Reale –per lasciare spazio ad altri eventi di politica e sport(comizi elettorali, Giro d’Italia) che nel nostro paesehanno maggiori impellenze riguardo alle esigenze del-l’arte e degli artisti – l’ambizioso progetto di Leonardodi realizzare un cavallo in bronzo “rampante”, di circasette metri e in una unica colata, non fu portato a ter-mine e il gran modello in “terra” venne abbandonato inun cortile del castello Sforzesco in balìa dei balestrieridi Luigi XII che, nel 1499, lo utilizzarono come bersa-glio, distruggendolo. Nelle opere di Paladino i richiamiall’antico, se pur distanti da ogni riferimento diretto eassoluto con i modelli del passato, vivificati dal soffioimpetuoso della contemporaneità sono ricorrenti e mol-teplici. «In realtà – precisa l’artista – ci sono degliincontri del passato che avvengono rispetto a quelloche in quel momento si sta facendo; potrebbe essere, adesempio, Paolo Uccello come Piero della Francescapiuttosto che Giotto. Non ci sono dei punti di riferi-mento precisi. E comunque per me su tutti campeggia

Picasso, soprattutto come forma di mentali-tà creativa». Un universo magico e ance-strale ma al tempo stesso drammatico e tor-mentato spesso caratterizzato da ominiassorti e distanti, uomini-fantoccio sprofon-dati nel nulla esistenziale, e da piccoleteste tosate e senza identità contraddi-stinte da inquietanti fissità iconiche. Lecreazioni polimateriche di Paladinosono spesso realizzate con sostanzenaturali intrinsecamente correlate allageografia vegetale della penisola come illegno, la pietra, il sale, il calcare e la ter-racotta, una sostanza che si adatta par-ticolarmente a trasporre concettual-mente e visibilmente l’universo alchemi-co dell’artista, come si può osservarenella ‘terra’ di circa tre metri dell’impo-nente Guerriero di Capestrano inmostra a Chieti, omaggio allastatua fittile del VI secolo a.C.conservata nel Museo nazionalearcheologico di villa Frigerj,rappresentante un condottierodi ceppo sabellico, e inoltre neiquattro scudi con diametro dicinque metri esposti nel cortile dipalazzo Reale, dove alla matrice forte-mente arcaica dello strumento in terra-glia si aggiunge l’elemento straniante econ una profonda valenza simbolica,dei numeri e dei segni. SottolineaPaladino: «Il legame al mondo medi-terraneo mi appartiene: dalla culturaaraba attraverso la Sicilia e oggi attra-verso l’arte italica abruzzese, appunto,nel Guerriero di Capestrano, la primaopera che ho guardato con attenzionenel momento in cui ho deciso di fareuna scultura. Mi sembrava che in quellavoro ci fossero tutti i punti di riferi-mento. Dalle Grotte di Lascaux a ogginoi non saremmo tali se non ci fossestata tutta la storia del mondo attraver-so il segno e soprattutto, per quel chemi riguarda, l’espressione grafica; c’èda mettere dentro proprio tutto».Non solo terracotta ma anche pittura,incisione, scultura, disegno, fotografiaed inoltre mosaico, cinematografia edencausto in una costante sperimenta-zione dei più moderni codici figura-

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L’artistaConsacrato da Abo

Mimmo Paladino nasce aPaduli (Benevento) il 18dicembre 1948. Le sueprime e più importantipersonali sono nel 1969allo studio Oggetto diCaserta e nel 1976 allagalleria Nuovi strumenti diBrescia. In occasione diAperto ‘80, alla Biennaledi Venezia del 1980Achille Bonito Oliva acco-muna le sue opere a quel-le di Cucchi, Chia,Clemente e De Mariaconiando il termineT r a n s a v a n g u a r d i a .Fotografia, pittura, scultu-ra, disegno, incisione,mosaico, encausto, terra-cotta, ceramica, cinemato-grafia sono le espressioniutilizzate dall’artista. Nel2010 realizza la scenogra-fia del tour di Dalla e DeGregori “work in pro-gress”. Vive e lavora aPaduli, Roma e Milano.

Mimmo Paladinoal lavorofoto Peppe Avallone

Nelle pagine precedentia sinistra:Montagna di saleMilano 2011

A destra:Porta, 2007

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tivi che travalicano gli angusti confini della rigidaripartizione delle arti in generi. «L’arte è sempre inda-gine sul linguaggio» né può essere un abbandonarsiall’intuizione poetica dell’istante e men che meno sol-tanto una questione di «superficie fine a se stessa»,afferma Paladino. Al di là dell’individuazione di nuoviidiomi, molte tra le opere paladiniane rievocano que-stioni reali e narrano di principi universalmente validi.Tra queste ancora la Montagna di sale che, per l’artista,riproduce «un’opera popolare che ha bisogno di unluogo pieno di gente» e, attraverso il medium del saletrasportato dalla Sicilia a Napoli e poi a Milano, hainteso anche unificare idealmente la penisola in occa-sione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Vi è, inparticolare, un’altra invenzione del maestro beneven-tano, realizzata nel 2008, che costituisce un modellodi allarmante attualità: la Porta di Lampedusa, portad’Europa, un monumento che si staglia al centro delMediterraneo, su un faraglione dell’isola in prossimitàdelle coste della Tunisia, per ricordare i migliaia diesuli e migranti senza nome che negli ultimi decenni,e pure al momento come tragicamente noto, hannoperso la vita nelle traversate della speranza. Simile alleentrate trionfali dell’antichità ma qui declinata senza

enfasi attraverso un lessico sobrio e rispettoso dellaumana sciagura, la porta di cinque metri per tre siaffaccia sulle coste africane a configurare il varco diuna dimora o di un paese, di una nazione o di uncontinente che si spalanca per dare ospitalità ai fore-stieri. Realizzata con una particolare ceramica moltoresistente in un laboratorio di Faenza e montata nellatenuta dell’artista a Paduli, la Porta della Speranza,che assorbe e riflette sia i raggi del sole sia i bagliorilunari, esibisce nel doppio fronte, a compendio diuna pagina di Storia tristemente trascurata, gli ele-menti-simbolo di questa diaspora della povertà.Sagome di volti mai conosciuti, lacerti di pesci, alli-neamenti di mani senza corpi che implorano assi-stenza, brandelli di oggetti appartenuti ai martiri delmare come calzature che si alternano ai cocci diutensili a rimembrare gli infiniti reperti d‘arte affiora-ti dalle imbarcazioni greco-ellenistiche che per seco-li hanno solcato queste acque e giacciono nei fonda-li. Un riepilogo per immagini di una inaccettabilesciagura umana; un ammonimento per non dimenti-care e per congiungersi idealmente a tutti quegliuomini, donne e bambini che non hanno neppureuna lapide che possa onorarli. �

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La mostraTrent’anni di storia a palazzo Reale

Per la prima volta un artista contemporaneo espone nelle sale del piano nobile dipalazzo Reale. Il 21 marzo si è inaugurata la retrospettiva dedicata a Mimmo Paladino,curata da Flavio Arensi. Una mostra tematica rivolta a celebrare trent’anni di storia diquesto originale sperimentatore. Un filo conduttore unisce le sale di palazzo Reale allaMontagna di sale progettata da Paladino per piazza del Duomo, una riedizione dell’o-pera allestita a Napoli nel 1995. Catalogo Giunti. Fino al 19 giugno, palazzo Reale,piazza Duomo 12, Milano. Info: 02804062; www.comune.milano.it. A Chieti è visitabile lanuova sala permanente del Guerriero di Capestrano, realizzata da Paladino nel Museo nazio-nale archeologico di villa Frigerj (largo Martiri della libertà 1). Info: 0871568206.

Senza titolo(tavolo con elmi)1993

In alto:Senza titolo1999

Nella paginaa fianco:Senza titolo2007

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l’arte prende corpoCHAN KWOK HUNG

a riflessiva staticità di un ritrattofuori dal tempo, come lo sonogli stessi protagonisti catturatidall’obiettivo, per restituire allospettatore una visione congelatadalla neve e assopita nel silen-zio dei luoghi sacri in cui è statacatturata. Il dinamico verticismodi un gesto, catturato nel

momento fugace del suo svolgersi con i soggetti con-centrati e colti nell’apice dell’azione. Si muove traquesti due affascinanti estremi la ricerca estetica di

Chan Kwok Hung, fotografo cinese di Hong Kong chein pochi anni ha raggiunto un notevole successo gra-zie anche alle molte partecipazioni a concorsi euro-pei e statunitensi. Chan Kwok Hung ama raccontarequello che conosce e gli è vicino, l’Asia dalle tantesfumature in bilico tra tradizione e progresso, e lo faattraverso un personale sguardo autoriale che va com-postamente a braccetto con una tecnica ben definita.I mondi ritratti da Kwok Hung, con la loro corniceagreste e le ambientazioni d’altri tempi, sono lontanidall’esperienza occidentale ma riescono comunque afar nascere quell’empatia nell’osservatore che si ritro-

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LIL FASCINO DEGLIdi Giorgia Bernoni

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va catapultato in una dimensione suggestiva. Il foto-grafo ha partecipato con successo all’ultima edizionedel concorso veneziano Arte Laguna dove si è distin-to con il suo lavoro che ritrae una comunità di mona-ci tibetani, tra i quali vi sono molti bambini, incasto-nata nel remoto nord della Cina. Un’idea di collettivi-tà molto forte è quella che affiora guardando questiscatti, dove l’uso del colore è sapientemente caricatocon l’obiettivo di donare all’insieme un alone iperrea-lista e ultramoderno: la naturalità dei soggetti si scon-tra così con lo spietato artificio dell’uso del mezzodigitale. Intraprendente e instancabile manager di sé

stesso, Kwok Hung ha capito fin da subito che la pro-mozione è un imprescindibile aspetto del fare arteoggi. Ha infatti già partecipato a numerosi concorsifotografici internazionali, vincendone anche di presti-giosi. È solo dello scorso anno, infatti, la vittoria alNational Geographic’s photography contest, nellacategoria persone, con uno scatto che immortala uncontadino intento a guidare i suoi bufali nel fangodurante una gara indonesiana. In Italia invece si stafacendo conoscere grazie alla sua recente partecipa-zione ad Arte laguna. Attraverso un partecipato collo-quio conosciamo più a fondo la sua arte.

Un racconto per immaginidi terre e persone lontane

immortalate dall’artista cinese

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ESTREMI

“Fearless”, 2008

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Quando e come hai iniziato a fotografare?«Ho comprato la mia prima macchina reflex nel2006, e da autodidatta ho imparato le nozioni basedai manuali e da internet. Ho cominciato quindi conil ritrarre panorami, scene notturne, belle ragazze eclassiche foto da viaggio. Dopo il primo periodod’esaltazione che è durato qualche mese, ho comin-ciato però ad annoiarmi perché gli scatti erano simili.Quindi ho deciso di sviluppare maggiormentel’aspetto legato al paesaggio rurale e ai suoi abitanti,scoprendo degli aspetti che in città non erano presen-ti. Attraversando queste terre caratterizzate dalla man-canza di hotel di lusso e di cibo ricercato, ho trovatoquello che cercavo: scenari primitivi abitati da genteserena e il sorriso dei bambini. Mi piace disegnare manon sono particolarmente bravo, così ho espresso mestesso attraverso la fotografia».Nelle tue immagini qual è il confine tra l'aspetto este-tico e quello documentaristico?«Non esiste un confine netto tra i due aspetti che sono

invece connessi. Come un fotografo amatoriale, nonsistemo e preparo gli scenari e le ambientazioni primadi scattare. Provo sempre a cercare qualcosa di belloche è già presente nella vita reale, senza artifici».Come è nato il lavoro che hai realizzato a Gansu inCina, presentato al premio Arte laguna di Venezia?«Gansu è tra le regioni meno sviluppate della Cina ealcuni genitori non possono tenere con sè i figli acausa delle precarie condizioni economiche. Quindilasciano i bambini al tempio quando hanno 2,3 anni;così i bambini giocano, vivono e crescono insiemecome fratelli. Il giorno in cui ho scattato le foto le con-dizioni erano veramente avverse: il maestro insegnavadurante una tormenta, non smetteva di nevicare e ilgiovane Lama aveva riunito tutti nello stesso posto perscaldarsi, concentrandosi a parlare sotto un ventogelido e la neve (difendendosi dalle forze naturali conl’arma della parola) . Dal momento che hanno lascia-to i propri genitori, questi bambini hanno bisogno diaiuto e cure come tutti gli altri. I loro visi ci racconta-

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Chan Kwok Hung, “Final punch”, s.d. “Buffalo race”, Indonesia, 2010

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no che non è facile crescere senza l’amore dei genito-ri e della propria famiglia. Così ho deciso di racconta-re la loro vita attraverso le foto, mi auguro che questocontribuisca a far conoscere la loro storia al resto delmondo».Credi che l’arte sia sempre libera e frutto della crea-tività umana, o gli artisti non sono mai completa-mente liberi?«Sì, per me la creatività è completamente libera, spe-cialmente se si vive in un paese libero. Non importacon che tipo di educazione si cresce, l'età, essereuomo o donna, bianco o nero. Non importa se lagente ti apprezza o meno o quanto ti apprezza, è sol-tanto una proiezione della mente: la creatività ha unaspetto solitario, personale. La sola cosa che può limi-tare la mia creatività sono io stesso».Nuovi progetti?«Sto ancora lavorando al reportage sulla corsa deibisonti in Indonesia, finirò questo ciclo nei prossimianni». �

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L’artistaDa Hong Kong con clamore

Chan Kwok Hung è nato il 12 settembre del 1973 a HongKong in Cina, dove vive. Ha partecipato a numerose colletti-ve tra cui il “Trierenberg super circuit” in Austria e il“Photographic society of Americainternational photo exhibition”,entrambi del 2008. Nel 2010 lo scat-to “Buffalo race” ha vinto il NationalGeographic’s photography contest perla categoria persone. Negli ultimi anniha vinto diversi premi di fotografia. InItalia, Chan Kwok Hung ha partecipatoalla collettiva dei 110 artisti finalistidella quinta edizione di Arte lagunache si è tenuta a marzo alle nappedell’Arsenale di Venezia.

Uno scatto dal reportage realizzato a Gansu

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Esterno di palazzoCarignano, Torino

i luoghi del belloPALAZZO CARIGNANO

di Massimo Canorro

TORINO, LA DIMORA

Il museo del Risorgimento festeggia il 150° con un nuovo allestimento

dell’Italia unita

BergamoL’albero della libertà

L’iter del museo di Bergamo si apre con unaricostruzione dell’albero della libertà innal-zato nel 1797 durante i giorni dellaRepubblica bergamasca. Piazza Mercatodel Fieno 6, Bergamo. Info: 035247116;fondazione.bergamoestoria.it.

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BolognaIstituto di storia

Sorto nel 1893, il museo del Risorgimentodi Bologna si propone quale istituto di sto-ria contemporanea, con riferimento agliaccadimenti cittadini. Piazza Carducci 5,Bologna. Info: 051347592;www.comune.bologna.it.

BresciaAl castello, nel Grande Miglio

Collocato nel castello di Brescia, negliambienti del Grande Miglio, si compone didipinti, stampe e proclami, bandiere,manoscritti dell’epopea risorgimentale e deimoti patriottici.Via Castello 9, Brescia. Info:0302977834; www.comune.brescia.it.

LA MEMORIA DI UN’EPOPEA

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idea di un nuovoallestimento musea-le nazionale del Ri-sorgimento è inizia-ta nel 1998. Sonotrascorsi centoventianni dalla nascitadel museo, novantadalla sua colloca-

zione nella Mole Antonelliana, sessanta dall’inaugu-razione a palazzo Carignano: poteva essere unagrande opportunità ma anche una sfida per gli annia venire». Da queste parole traspare l’entusiasmo diUmberto Levra, ordinario di storia del Risorgimentodell’università di Torino e dal 2004 presidente delmuseo nazionale del Risorgimento italiano, inaugu-rato con una nuova veste lo scorso 18 marzo.Curatore scientifico del riallestimento delle trentasale di palazzo Carignano, Levra sottolinea comel’obiettivo sia quello di «raccontare la storia in modosemplice, senza toni encomiastici e apologetici, per-tanto noiosi e poco credibili». Il periodo risorgimen-tale viene narrato in chiave italiana ed europea, par-tendo da un profondo impegno nei confronti delvisitatore. La messa in scena del museo è stata affi-data all’architetto Richard Peduzzi, già direttore del-l’accademia di Francia a Roma, che ha pensato inuovi spazi espositivi come stanze organizzateall’interno delle sale preesistenti. Operando suicolori, la cui scelta è stata effettuata in base a codi-ci cromatici riconducibili ai temi affrontati, sull’uti-lizzo specifico di contro-pareti, sull’illuminazioneper le singole opere e su una serie di soluzioni inno-vative in termini di arredo, il nuovo museo «correg-ge le incongruenze e le molte stratificazioni presen-ti nell’esposizione precedente, quella inaugurata nel

1965, ma anche le carenze del percorso el’arretratezza comunicativa», precisa Levra.Arricchite da filmati realizzati con immagini prove-nienti da note collezioni europee e visibili su scher-mi di grandi dimensioni – così come ampi tavoliinterattivi permettono ai visitatori di approfondirealcune tematiche – le sale espongono 2.579 pezzi(dei quali il 65 per cento non è mai stato mostrato)scelti tra i 53.011 posseduti, per ripercorrere quelletappe che portarono all’unità nazionale sia l’Italiasia quei paesi europei che nell’Ottocento combatte-rono per la propria libertà ed indipendenza. In talsenso il racconto dei processi di nazionalità è possi-bile grazie alla proiezione di quattordici filmatitematici e otto approfondimenti accompagnati daquadri, litografie, oggetti d’epoca, fotografie e docu-menti provenienti da un centinaio di musei in tuttaEuropa. In questo modo il visitatore viene guidatolungo un racconto visivo sulla rivoluzione francese esulla rivoluzione industriale inglese, per poi soffer-marsi sulle nazionalità nella confederazione germa-nica, nell’impero asburgico, in quello ottomano,oltre che sulle rivoluzioni europee in Belgio, Franciae Polonia. Quindi è possibile assistere alle esplosio-ni rivoluzionarie nel vecchio continente negli anni acavallo del 1848, facendo ritorno – nell’ultimo tren-tennio del secolo – sulle nazioni boema e magiara,tedesca, bulgara, romena, serba, polacca e dei paesibaltici. In merito alle celebrazioni del centocinquan-tesimo anniversario dell’unità d’Italia, che hannovisto proprio la riapertura del museo nazionale delrisorgimento a Torino, Levra sottolinea come nelnuovo iter espositivo «il processo di unificazioneviene illustrato in tutte le sue sfaccettature e con-traddizioni. In Italia nel 1861 ha vinto l’opzionemoderata dinastica sabauda – monarchia costituzio-

CapreraLa tomba di Garibaldi

La tomba e la casa museo di GiuseppeGaribaldi sono a Caprera, nell’arcipelagodellaMaddalena, dove l’eroe dei duemondispirò il 2 giugno 1882. Isola di Caprera (LaMaddalena). Info: 0789727162;www.compendiogaribaldino.it.

CastelfidardoTriplice struttura

Il museo si compone di tre strutture: l’areadella battaglia con l’ossario, il monumentodelle Marche, le sale di palazzo CiriacoMordini. Via Mazzini 5, Castelfidardo(Ancona). Info: 0717206592;www.comune.castelfidardo.an.it.

ComoOmaggio all’eroe dei due mondi

Garibaldi abitò a palazzo Olginati a Co-mo. Per testimoniarne le imprese, l’am-ministrazione ha destinato alcune sale all’e-sposizione di arredi, costumi, armi. PiazzaMedaglie d’Oro 1, Como.Info: 031271343; www.comune.como.it.

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nale a guida dei re Savoia – e ha perso l’opzione repub-blicana democratica mazziniana. Dopo la morte diCavour, avvenuta nel 1861, la nuova classe dirigente hadeciso di organizzare lo stato in senso accentrato, an-che se sussistevano idee federaliste. Come storicoavevo il dovere di mostrare tutte le posizioni all’attounificatore». Dunque il visitatore del museo, che neisuoi spazi accoglie anche una biblioteca con emerote-ca, aule didattiche e sale eventi, ha l’opportunità discegliere percorsi differenziati, a seconda del tempo adisposizione e dell’interesse ad approfondire determi-nate tematiche: il percorso breve (quarantacinque mi-nuti) parte da un livello di comunicazione più sempli-ce e immediato, illustrando in particolare 90 oggetti; ilpercorso standard – novanta minuti – presenta 210 og-getti, circa sette per sala; il percorso di approfondimen-to dura centoventi minuti ed esamina 288 oggetti men-tre il percorso integrale fornisce sulla video-guida

l’immagine e la descrizione sommaria di tutti gli ogget-ti esposti. E proprio in riferimento al pubblico, la sop-rintendente per i Beni storici, artistici ed etnoantropo-logici del Piemonte, Edith Gabrielli, spiega che «il visi-tatore ha l’ottima occasione di fare lo stesso percorsodegli ospiti del principe di Carignano, il committentedell’edificio. Eccolo allora entrare nell’atrio ovale, sali-re per lo scalone monumentale, affacciarsi nel saloned’onore, trasformato nel 1848 in aula del parlamentoSubalpino, scendere fino nei sotterranei ed entrare ne-gli appartamenti barocchi, in particolare in quello diMezzogiorno – denominato anche Sale dorate o appar-tamento dei principi – dove nacquero e vissero duesovrani chiave del Risorgimento, Carlo Alberto e Vit-torio Emanuele II. E dove ebbe il suo studio privato Ca-millo Benso, conte di Cavour». Il tutto all’interno di unedificio, palazzo Carignano, «che grazie al disegno delgeniale architetto Guarino Guarini, è probabilmente il

FaenzaCimeli e documenti locali

Riaperto al pubblico nel 2009, il museodi Faenza, a palazzo Laderchi, offre unaselezione dei principali documenti localie cimeli dall’età napoleonica. CorsoGaribaldi 2, Faenza (Ravenna). Info:0546691710; www.sistemamusei.ra.it.

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FerraraReperti della fortezza pontificia

La struttura del museo di Ferrara, inaugu-rato nel 1903, dispone di un rilevantearchivio storico-didattico. In esposizionereperti originali della fortezza pontificiaandata distrutta, Corso Ercole I d’Este 19,Ferrara. Info: 0532244949.

FidenzaDedicato a Luigi Musini

Garibaldino e deputato socialista delRegno d’Italia, Luigi Musini (1843-1903)fu anche giornalista e medico. A lui èdedicato l’omonimo museo di Fidenza.Via Andrea Costa 2, Fidenza (Parma). Info:0524517388; www.comune.fidenza.pr.it.

Sala 22 Italiatriennio 1859-1861spedizione dei Mille

A sinistra:sala 16 cameraSubalpina

A destra:sala 30 l’epicadel Risorgimento

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FirenzePatrimonio editoriale

Conta su un patrimonio di rilievo: 22milavolumi e opuscoli, una raccolta di periodi-ci e giornali locali dell’Ottocento, una col-lezione di proclami e oltre 2.500 insertidocumentari.Via S. Egidio 21, Firenze. Info:0552480561; www.comune.firenze.it.

ForlìVestiario e manoscritti

Documenti, manoscritti, foto e vestiariorelativi alle vicende locali del XIX e XXsecolo sono custoditi nel museo del“Aurelio Saffi”, a palazzo Gaddi a Forlì.Corso Garibaldi 96, Forlì. Info: 054321109;www.cultura.comune.forli.fc.it.

GenovaDedicato a Giuseppe Mazzini

ll museo di Genova offre un percorso checopre oltre 120 anni di storia, con riman-do alla casa natale di Giuseppe Mazzinidove sono conservati vari documenti. ViaLomellini 11, Genova. Info: 0102465843;www.museidigenova.it.

più bel palazzo barocco torinese, eletto dall’Unescopatrimonio dell’umanità», continua Gabrielli, aggiun-gendo che «dalla seconda metà del Seicento fino allaseconda metà dell’Ottocento è stato teatro e motoredella storia, compresa quella risorgimentale. Ecco per-ché il palazzo “lega” questo momento chiave delnostro passato». Tornando all’esposizione, le prime tresale del museo sono dedicate alle rappresentazioni delRisorgimento nei due secoli scorsi: in rassegna i cime-li di battaglia appartenuti a Vittorio Emanuele II, dona-ti alla sua morte nel 1878 dal figlio Umberto I e il qua-dro La battaglia di Torino di Ignace Jacques Parrocel. Laquarta, quinta, sesta e settimana sala sono incentratesulle rivoluzioni del Settecento, sull’occupazione fran-cese e sul triennio rivoluzionario 1796-1799 (con ilbusto di Napoleone Bonaparte), sull’Italia napoleonicadal 1800 al 1814 (con la bandiera di Torino), sul con-solato e sull’impero napoleonico dal 1799 al 1815.

La soprintendenteEdith Gabrielli

Edith Gabrielli è nata a Roma il 27 feb-braio 1970. Ha pubblicato saggi emonografie su artisti italiani dal XV finoal XVIII secolo, da Cosimo Rosselli aStefano Maria Legnani. Nel 1999 haassunto la carica di funzionario del ministero per i Beni e le attivitàculturali, occupandosi del patrimonio storico artistico del Castellodi Aglié, per diventare nel 2010 la più giovane dirigente storico del-l’arte. Dall’agosto dello stesso anno, succedendo a Carla EnricaSpantigati, è diventata soprintendente per i Beni storici, artistici edetnoantropologici del Piemonte. La Gabrielli si è distinta per averriaperto stabilmente al pubblico due straordinarie residenze sabau-de: lo stesso palazzo Carignano e villa della Regina.

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Restaurazione, società segrete e insurrezioni dal1815 al 1830 rappresentano i temi dell’ottava sala,seguita dallo spazio sulla repressione dell’opposizio-ne politica nell’età della Restaurazione – con la rico-struzione della cella nella fortezza austriaca delloSpielberg in Moravia in cui fu prigioniero SilvioPellico, tra il 1822 e il 1830 – e dalla sala sulle rivo-luzioni del 1830, fermenti di nazionalità e movimen-to democratico in Italia. Quindi l’accesso è alla salaItalia: liberali moderati, sovrani, riforme (il cui sim-bolo è il fazzoletto che raffigura i sovrani CarloAlberto, Leopoldo II e Pio IX in occasione del tratta-to firmato il 3 novembre 1847 per una lega doganaletra il regno di Sardegna, il granducato di Toscana e laSanta Sede) e alla sala Italia: statuto albertino e costi-tuzioni del 1848, dove campeggia l’arazzo raffigu-rante Carlo Alberto nell’atto di firmare lo statuto peril regno di Sardegna (annunciato l’8 febbraio 1848, fu

promulgato il 4 marzo dello stesso anno). La tredice-sima sala è dedicata alle rivoluzioni e alle insurre-zioni del 1848 in chiave europea e italiana, seguitadagli spazi incentrati sulla prima guerrad’indipendenza (1848-1849) e dalla fedele ricostru-zione della camera a Oporto in cui nel 1849 morìCarlo Alberto. Giro di boa, ed ecco la camera deideputati e del parlamento subalpino (1848-1860) –l’unica rimasta integra in Europa tra i parlamenti natidopo le rivoluzioni del 1848 e monumento naziona-le dal 1898 – la sala cinema e quella dal titolo Italia:il decennio 1849-1859, un periodo contraddistintodalla crisi dei vecchi stati regionali italiani e delmovimento democratico che per primo aveva sup-portato la questione italiana in termini di unità. Laguerra in Crimea (ingresso del regno sardo nella gran-de politica internazionale nel biennio 1855-1856) ela diplomazia, la questione italiana e l’alleanza con

LuccaArmi e attrezzature da campo

ll patrimonio custodito a palazzo Ducalecomprende armi, divise, attrezzature dacampo, fotografie e documenti di interes-se storico sulle vicende italiane tra il 1821e la prima guerra mondiale. Cortile degliSvizzeri 6, Lucca. Info: 058391636.

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MantovaAllestito in aree tematiche

L’allestimento è articolato in aree tematiche:l’età napoleonica, la restaurazione e il 1848,la congiura di Belfiore, gli anni della domi-nazione austriaca, la città nel Risorgimento.Piazza Sordello 42, Mantova. Info: 037633-8645; www.comune.mantova.it.

MentanaUn viaggio nel tempo

Le donazioni e i cimeli offerti dai familiaridei garibaldini, molti dei quali riposano nel-l’ossario attiguo al museo, consentono aivisitatori di tuffarsi in un viaggio a ritroso neltempo. Via della Rocca 2, Mentana (Roma).Info: 0690969431; www.museomentana.it.

Sala 18, Italiail decennio 1849-1859

A destra:sala 1 rappresentazioni

del Risorgimentonel museo 1884 1961

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MilanoSettantaquattro anni di storia

Dalla prima campagna napoleonica sulsuolo italico all’annessione di Roma alRegno d’Italia. Settantaquattro anni raccon-tati dal museo a palazzo Moriggia. Via Bor-gonuovo 23, Milano. Info: 0288464180;www.museodelrisorgimento.mi.it.

ModenaOltre 2.000 reperti

Oltre 2.000 reperti, 1.500 volumi dellabiblioteca, della raccolta documentariadi opuscoli e autografi e delle 2.500foto. Viale Vittorio Veneto 5, Modena.Info: 0592033100;www.comune.modena.it.

Nizza (Me)Per Giovanni Interdonato

Lo spazio espone armi bianche e da fuocodel periodo garibaldino e vari cimeli di pro-prietà del colonnello Giovanni Interdonato,al quale Nizza nel 1949 ha dedicato unapiazza. Via Umberto I. Nizza (Messina).www.comune.nizzadisicilia.me.it.

la Francia (1856-1858) – dal congresso di Parigiall’incontro di Plombières – sono i temi al centrodelle sale diciannove e venti, seguite da tre spazi cheapprofondiscono il triennio 1859-1861: secondaguerra d’indipendenza, annessioni e plebisciti; spe-dizione dei Mille; controffensiva moderata e occupa-zione del centro sud. La nascita del regno d’Italia ela presa di Roma (1861-1870), lo studio ministerialedi Cavour, politica, cultura e società nel regnod’Italia, l’età delle borghesie e i ceti popolari dal1870 al 1915 accompagnano lo spettatore fino allapenultima sala (Europa e Italia verso la grande guer-ra) per approdare all’epica del Risorgimento. «Comesi vede il percorso non si limita a esaltare i ben notivalori architettonici e storico-artistici dell’edificio –conclude Gabrielli – ma vuole anche sottolineare gliaspetti meno conosciuti e affrontati sin d’ora, senzasoluzione di continuità fra le varie fasi storiche». �

La sedeDal 1878 quattro restauri, l’ultimo quest’anno

Unificare in un edificio il simbolo di Torino e l’esposizione dellamemoria dell’unificazione italiana. Con questo intento nel 1878,dopo la morte di re Vittorio Emanuele II, venne fondato il museonazionale del Risorgimento italiano, destinato alla MoleAntonelliana e aperto al pubblico nel 1908 con un primo allesti-mento. Trenta anni dopo fu trasferito al piano nobile di palazzoCarignano; quello del 1938 rappresentò il secondo allestimentomentre il terzo fu realizzato tra il 1961 e il 1965, nell’ambito dellecelebrazioni del primo centenario dell’unità d’Italia. Nell’aprile2006 il museo è stato chiuso per il quarto rifacimento in previsionedelle celebrazioni per i centocinquanta anni dell’unità nazionale. Ilnuovo allestimento è stato possibile grazie al contributo del mini-stero per i Beni e le attività culturali, della regione Piemonte e dellacompagnia di San Paolo. Museo nazionale del Risorgimento italia-no, via Accademia delle Scienze 5, Torino. Aperto dal martedì alladomenica. Info: 0115621147; www.museorisorgimentotorino.it.

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usti, dipinti, incisioni e cimelilegati a doppio filo all’eroe deidue mondi ma anche plastici eapparati multimediali rappre-sentano il corpus custodito nelmuseo della Repubblica roma-na e della memoria garibaldi-na di porta san Pancrazio, perguidare il visitatore alla scoper-

ta dei luoghi, delle date e dei protagonisti degli accadi-menti di quegli anni, contraddistinti da grande fermentopolitico. L’edificio, che si snoda lungo quattro piani,domina quel parco del Gianicolo dove tra aprile e lugliodel 1849 si batterono Giuseppe Garibaldi e i suoi volon-tari accorsi da ogni parte d’Italia – tra i quali figuravanoGoffredo Mameli e Luciano Manara – per difenderel’appassionata avventura della Repubblica romana,specchio del progetto politico di Giuseppe Mazzini. Lastessa abnegazione che oggi ritroviamo in AnnitaGaribaldi Jallet, pronipote diretta del generale di Nizza,figlia di Sante Garibaldi – a sua volta figlio di Ricciotti,figlio di Giuseppe edAna Maria De Jesus Ribeiro, meglio

B

iluoghi del belloMUSEO DI PORTA SAN PANCRAZIO

di Massimo Canorro

L’EREDITÀDI UN EROEAnnita Garibaldi Jallet:«I ragazzi non chiedono del mitosono più interessati all’uomo»

PalermoRicordi risorgimentali

L’esposizione abbraccia ricordi risorgi-mentali legati all’impresa dei Millecome ritratti a olio di patrioti, uniformi,stampe clandestine, incisioni e armi.Piazza San Domenico 1, Palermo. Info:091582774; www.storiapatria.it.

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PaviaDall’epoca asburgica

Sorto nel 1885, si contraddistingue perun ambito tematico locale in relazionealla vicenda storica del paese. L’iter espo-sitivo si apre con un accenno alla Paviaasburgica. Castello Visconteo, Pavia. Info:038233853; www.comune.pv.it.

PiacenzaDalla stampa ai quadri

Dalla stampa ai quadri, dai ritratti allemonete, dalle divise alle armi. Il museo delRisorgimento di Piacenza a palazzo Farneseapprofondisce gli accadimenti della storiacittadina. Piazza Cittadella 29, Piacenza.Info: 0523492661; www.musei.piacenza.it.

Il personaggioDa Bordeaux al Gianicolo

Annita Constance Beatrice Garibaldi Jallet è nata a Neuilly surSeine (Francia) il 25 maggio 1942. Ha studiato a Bordeaux,dove nel 1963 si è laureata in scienze politiche e diritto pubbli-co. Autrice di saggi di storia risorgimentale, istituzioni europeee storia delle donne, dal 1985 collabora con il museo civico diRiofreddo a villa Garibaldi. È stata docente all’università diBordeaux, Cagliari, Siena e Roma. Vicedirettrice dall’associa-zione nazionale veterani e reduci garibaldini dal 2002 e diret-trice dell’ufficio storico del museo garibaldino di porta sanPancrazio, sul Gianicolo, a Roma. Nel 2007 è stata chiamatadal ministero della Cultura per far parte del comitato per le cele-brazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi.

LA MEMORIA DI UN’EPOPEA

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Sopra, da sinistra:monumento a Garibaldi sul Gianicoloe la targa commemorativa al Vascello

A destra: il museo di porta san PancrazioA sinistra: Annita Garibaldi Jallet

Nelle pagine successive:un locale del museo e un tricolore d’epoca

foto Manuela Giusto

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PisaLa Domus mazziniana

La Domus mazziniana raccoglie l’ereditàmateriale e spirituale della casa Rosselli diPisa, dove il 10 marzo 1872, all’età di 67anni, si spense Giuseppe Mazzini. ViaGiuseppe Mazzini 71, Pisa. Info:05024174; www.domusmazziniana.it.

nota come Anita – e di Beatrice Borzatti. Direttrice del-l’ufficio storico del museo garibaldino collocato al pianoterra dell’edificio, Annita Garibaldi è una donna tenacee intraprendente, peculiarità che l’hanno portata, affian-cata dal suo staff di volontari, a divenire per il pubblicoche visita questo spazio da poco ritrovato. Un referenteprivilegiato. «Soprattutto in qualità di vicepresidentedell’Associazione nazionale veterani e reduci garibaldi-ni, titolare di questa porta dal 1944, quando vi sono statisistemati la sua sede e in seguito il museo con i primicimeli donati dai soci», circoscrive. Quindi la suamente torna indietro di undici anni, quando il comunedi Roma presentò richiesta per i lavori di restauro. «Nonle nascondo la mia gioia iniziale – continua – poichésubito dopo il museo rimase chiuso per questioni di agi-bilità». Arrendersi? Neanche per un attimo. AnnitaGaribaldi non si perse d’animo e quando il comunestrinse un accordo con le autorità per il centocinquan-tenario dell’unità nazionale, finalizzato a condurre unrestauro più completo, venne chiesto a lei e all’associa-zione (che oggi ha qui la sede nazionale) di cedere ipropri oggetti in comodato d’uso e di mantenere un

RavennaDa Vienna all’unità

Il periodo storico di riferimento va daglianni successivi al Congresso di Vienna(1814-1815) fino a quelli dell’unitànazionale, proponendo raccolte e cimeli.Via Baccarini 3, Ravenna. Info:0544482112; www.classense.ra.it.

Reggio EmiliaIl museo del Tricolore

Il museo del Tricolore di Reggio Emilia(all’interno del palazzo comunale) docu-menta la nascita della bandiera italiana. Adaffiancare la storia alle vicende della città.Piazza Camillo Prampolini, Reggio Emilia.Info: 0522456805; musei.comune.re.it.

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ufficio storico del museo. «Abbiamo accettato volentieri – riprende – con-tando su un’area museale organizzata, dove i cimeli sono tutti ben esposti.Inoltre ci saranno operazioni di restauro che da soli non avremmo maipotuto portare avanti». Quindi la direttrice entra nello specifico: «Il nostroè sia il museo della Repubblica romana sia il museo della memoria gari-baldina. A livello espositivo spaziamo dai cimeli legati al corpo dei cac-ciatori delle Alpi del 1859 alla battaglia di Bezzecca di sette anni dopo,dalla campagna dell’Agro romano del 1867 alla guerra del 1870-1871,quando Garibaldi combatté al fianco del figlio Ricciotti, del quale custo-diamo numerosi ricordi». Aperto al pubblico nel 1976 con due sezioni –una riguardante la vicenda garibaldina risorgimentale, l’altra la storia e levicende della divisione italiana partigiana Garibaldi – il museo ha subìtouna serie di interventi significativi soprattutto al piano terra. È stata instal-lata sui due lati della porta una cancellata a quattro ante, aperta di giorno,all’interno della sagoma dell’edificio, per permettere l’accesso al pubblicodei visitatori e dei turisti, e richiusa di notte. I cinque portoni in legno sonoaperti e consentono, tramite ampie vetrate, la vista degli ambienti interni.E anche sul tema degli allestimenti, Annita Garibaldi ha le idee piuttostochiare: «Siamo nella capitale d’Italia e non si può conoscere a fondo que-sta città senza aver appreso la storia della Repubblica romana. Il nostro èun museo didattico, che illustra determinate vicende storiche con estremachiarezza». Già, ma per chi non avesse l’opportunità di visitarlo? «Nessunproblema – replica decisa – l’intenzione è quella di organizzare dellemostre itineranti, così da poter girare la penisola e accontentare le nume-rose richieste». E in effetti sono molti i comuni interessati a far conoscereai propri cittadini le avventure dell’eroe dei due mondi. Alcune richieste

RomaIl complesso del Vittoriano

Il museo centrale del Vittoriano di Romaripercorre le fasi più importanti della storiad’Italia, dalle riforme dei vari stati del paesenel Settecento al termine della prima guer-ra mondiale. Piazza Venezia, Roma. Info:066793598; www.risorgimento.it.

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DesenzanoLa battaglia di Solferino

La battaglia di Solferino e San Martinocontrappose l’esercito austriaco e quellofranco-sardo, ponendo fine alla Secondaguerra d’Indipendenza. Via Torre 2,Desenzano (Brescia). Info: 0309910370;www.solferinoesanmartino.it.

TrentoAnche cinema e storia

Una biblioteca che custodisce monogra-fie, opuscoli e periodici, un archivio car-taceo, fotografico e iconografico e unarchivio di cinema e storia (istituito nel1990). Via Torre d’Augusto 41. Info:0461230482; www.museostorico.tn.it.

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UdineFra annessione e indipendenza

Inaugurato al piano terra del castello diUdine il 26 luglio del 1906, il museo delRisorgimento mette a disposizione di stu-diosi e laureandi il materiale raccolto. ViaLionello 1, Udine. Info: 0432271591;www.provincia.udine.it.

sono già state esaudite, ma c’è ancora tanto da fare. «Ho accettato volen-tieri gli inviti di molte città, le prime che mi vengono in mente sonoGenova, Brescia, Torino e Catanzaro, ma la mia vera passione sono le visi-te e le conferenze negli istituti scolastici», precisa Annita Garibaldi, moti-vando così questa preferenza: «I giovani sono interessati alla storia, purchéla si racconti in modo scorrevole, e risultano attratti dall’aspetto umano delmio famoso bisnonno. I ragazzi che incontro, infatti, non sono legati almito, ma vogliono sapere che cosa l’uomo, e non l’eroe, ha fatto di con-creto. Ecco perché è indispensabile uscire dal mito per poterlo successiva-mente spiegare». Insomma: Giuseppe Garibaldi uomo tangibile e non figu-ra da idolatrare. Difficile da credersi, eppure secondo la pronipote «i nostriconnazionali lo amano così tanto proprio perché era un personaggioautentico e popolare, un portatore di valori sani che non è nato eroe,come nessuno d’altronde». Stessi concetti che Annita Garibaldi ripetevolentieri ai visitatori del museo di porta san Pancrazio: «Mi piace ilrapporto con il pubblico, purtroppo non basterebbero mille vite perpoter rispondere agli interrogativi di tutti. In molti vengono con ogget-ti e fotografie da farmi vedere, oppure mi parlano dei loro antenati».Ma anche per questo l’ufficio storico del museo si sta organizzando:«Faremo in modo che i visitatori riempiano dei formulari, così da poterrispondere con più precisione». Quindi un museo che vuole ancheinsegnare, e non solo “limitarsi” a promuovere le proprie opere.«Piuttosto – conclude Annita Garibaldi – dobbiamo suscitare discus-sioni e riflessioni, soprattutto tra i giovani, ricordando che i nostri carihanno sacrificato la propria vita per l’Italia. Arrivare a comprendere chici ha preceduti rappresenterebbe già un bel traguardo». �

Il museoSull’altura del Gianicolo, lungo le mura aureliane

Collocata sull’altura del Gianicolo, porta san Pancrazio rappresenta una delle porte occi-dentali che si aprivano lungo le mura aureliane e deve il proprio nome al titolo della vici-na basilica dedicata al martire cristiano. L’attuale porta venne edificata nel triennio 1854-57 dall’architetto Virginio Vespignani, sulle rovine di quella realizzata da Marcantonio DeRossi nel 1648, semidistrutta durante gli accadimenti bellici del 1849, quando le truppefrancesi aggredirono la Repubblica romana ponendo la città sotto assedio. Il 19 aprile 1951l’amministrazione comunale consegnò i locali all’Associazione nazionale veterani e redu-ci garibaldini per la realizzazione del museo. Intanto fu avviato l’ordinamento dei materia-li e della documentazione per la costituzione dello spazio museale, aperto al pubblico ven-ticinque anni dopo. Museo della Repubblica romana e della memoria garibaldina, largo diporta san Pancrazio, Roma. Info: 060608; www.museodellarepubblicaromana.it.

TriesteL’impegno irredentista

Un museo monumento che celebral’impegno irredentista per l’annessione diTrieste e della Venezia Giulia al Regnod’Italia, nel periodo 1861-1918. Via XXIVMaggio 4, Trieste. Info: 040361675;www.retecivica.trieste.it.

VicenzaManoscritti e bandiere

Manoscritti, stampe, quadri, ritratti, procla-mi, monete e medaglie, carte geografiche emilitari, uniformi, bandiere rappresentanoil patrimonio del museo diVicenza.Viale XGiugno 115, Vicenza. Info: 0444222820;www.museicivicivicenza.it.

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l’arte del libro5.I PRIMI BIBLIOFILI

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CODICIdi Flaminio Gualdoni

da collezione

Fratelli Limbourg, “Très riches heures du duc de Berry”, 1412-1416

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n momento straordinarionella vicenda storica dellibro si verifica quando essodiviene oggetto di collezio-nismo, un collezionismo dasubito maniacale. Uscitodall’ambito dei monasteri edelle corti, divenuto stru-mento di studio e di diletto, il

libro comincia a trasformarsi in un oggetto che si apprez-za in se stesso, per la qualità della sua fattura, per la rari-tà, per la bellezza intrinseca, anche a prescindere dalcontenuto. Luigi IX, San Luigi, dà avvio in Francia a unavera e propria biblioteca reale. Nel 1254, di ritorno dallacrociata, intende emulare le biblioteche dei sultani sara-ceni e destina a studiosi e religiosi un luogo prestigioso,il terzo piano della cappella del palazzo reale, a fiancodella Sainte-Chapelle, ove sono raccolti numerosi codicidelle Sacre scritture e i testi di tutti i padri della chiesa.Un secolo dopo il re Carlo V colleziona 910 volumi, ilche rappresenta la terza biblioteca della cristianità dopoquella papale di Avignone, che ne conta circa 2.000, equella della Sorbona, che ne possiede 1.200. Nel 1367egli destina la Tour de la Fauconnerie del Louvre allaLibrairie royale, trasferendola dal Palais de la cité. Ma iltitolo di primi autentici bibliofili spetta a Richard de Burye a Francesco Petrarca. Collezionista ma anche ricettato-re di libri, De Bury fa perlustrare biblioteche pubbliche eprivate, fa copiare e restaurare libri. “Si diceva di mech’ero divorato da tale brama che chiunque otteneva ilmio favore più facilmente con un manoscritto che conuna somma di denaro”, egli scrive nel Philobiblon, Lapassione per i libri, scritto che occupa gli ultimi annidella sua vita. De Bury incontra alla corte papale diAvignone Petrarca. Tra i due non scoccala scintilla dell’amicizia, anche se incomune hanno, certamente, l’amoreper il libro. Sin da giovane Petrarca rac-coglie libri con una passione che non èsolo culturale. Nonostante il padre, ilquale non vuole che egli si distraggadagli studi giuridici, gli imponga il rogodella sua biblioteca, da cui si salvanosolo un Virgilio e un Cicerone, già inanni precoci Petrarca possiede opererare, che negli anni raggiungono la cifradi 300 volumi. Egli scrive: “Mi possiedeuna passione insaziabile. Vuoi dunquesapere la mia malattia? Non so saziarmidi libri”. Ad Avignone l’amico SimoneMartini non solo minia per lui il fronte-spizio di unVirgilio con il commento di

Servio, ora all’Ambrosiana di Milano, ma anche, cantaPetrarca, “fu in paradiso”, vide Laura e “la ritrasse incarte”. Nel 1351, infine, Giovanni Boccaccio fa dono aPetrarca di un manoscritto della Commedia dantesca –uno dei circa 800 giunti sino a noi – conosciuto oggicome Vaticano latino 3199. Ma è il fratello di Carlo V,Jean de Berry, l’esempio del collezionista a pieno titolo.Egli è più attratto dalla qualità estetica degli oggetti chedal loro contenuto. Negli anni mette insiemeun’importante raccolta antiquaria, fatta di arazzi istoriatie decorativi, di ricami fiorentini e inglesi, broccati in orolucchesi, tappezzerie in seta, smalti, porcellane, servizida tavola in oro e argento. Jean de Berry acquista gemmepreziose e oreficerie dai prediletti mercanti italiani edebrei: giunge a possedere venti rubini, dei quali uno di240 carati. “La passion predominante” sono però i libri:se non giunge a possederne in numero uguale alla biblio-teca reale del fratello, tuttavia può contare sulle miglioriopere del suo tempo, e non solo. Ama le opere francesidi maestri come Jean Pucelle, André Beauneveu eJacquemart de Hesdin, e in pari misura i libri “istoriatialla maniera di Lombardia” o “alla maniera romana”, aiquali provvede Pietro da Verona, miniatore e mercantemilanese. Ma è con l’arrivo dei fratelli Limbourg allacorte di De Berry che nascono i veri capolavori. Le cro-nache narrano di un rapporto di straordinaria familiarità,atipico tra un nobile di sangue reale e degli artigiani alsuo servizio: un “libro contraffatto da un pezzo di legno,senza fogli né scritture” coperto in velluto bianco e orna-to di fermagli in smalto con le armi ducali, è il donoscherzoso che i fratelli possono permettersi di fare alsignore per il capodanno 1411. Il libro sarà conservatonella collezione, e debitamente inventariato. In cambioPol de Limbourg, il capo della bottega, avrà in dono un

diamante montato su un anello d’oro, ein seguito un anello con un orso in sme-raldi. Tra ricchi doni e la nomina dei trepittori all’ambita carica di “valet dechambre”, nasce l’impresa delle Trèsriches heures, che un inventario descri-ve come “molti quaderni di un Trèsriches heures, fatti da Pol e dai suoi fra-telli, molto riccamente instoriati eminiati”, e delle affini Belles heures. Lamorte del duca e dei Libourg, avvenutapressoché contemporaneamente duran-te la peste del 1416, lascia il capolavo-ro incompiuto: sarà Jean Colombe, tra il1485 e il 1489, a condurla a termineper Carlo I di Savoia. Ma il duca diBerry entra di diritto nella storia e nelmito del collezionismo. �

U

Luigi IX dà avvioin Francia a unabiblioteca reale

nel 1254, di ritornodalla crociata,per emulare

i sultani saraceni

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l terzo appuntamento nel catalogoEditalia si sviluppa sotto il segnodella lira. Della storia della monetaitaliana nell’epoca della repubblicaabbiamo indagato ogni aspetto, sto-rico, economico, sociale, artistico e,in virtù dell’appartenenza alGruppo Poligrafico e Zecca dellostato e della collaborazione con la

Scuola dell’arte della medaglia, abbiamo potutorealizzare le collezioni celebrative delle riconia-zioni della moneta che gli italiani hanno avuto intasca per oltre cinquant’anni. Voci diverse, pro-duzioni differenti per tecnica, contenuti e mate-riali, ciascuna con un proprio senso compiuto maanche capitoli legati a un unico importante pro-getto: la Storia della lira. La ricorrenza del 150°anniversario dell’unità d’Italia ci ha consentito,poi, di unire passato e presente con l’opera cheriassume in sé le diverse anime delle realizzazio-ni Editalia: La lira dell’Italia unita, dove la riconia-zione delle tre monete che rappresentano imomenti focali dell’unità trova il suo completa-mento concettuale nel bassorilievo realizzatodalla Scuola dell’arte della medaglia e nel volumeche racconta le monete nell’arco temporale deicentocinquant’anni. �

Il Conte di Cavour1810-1861

1861

Unità d’Italiadel cinquantenario

1911

La costituzionedella repubblica italiana

1948

Il coniodella prima lira

1946

Centenariodell’istituzionedell’armadei carabinieri

1914

Si conclude il viaggionella storia della nostramoneta con le celebrazionidell’unità d’Italia

1861-2011Nel segnodella lira

I

editoria & arteSPECIALE 150°

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L’Italianell’Ottocento

1848

Giuseppe Garibaldi1807-2007

1860

Roma capitale

Storia della liranel regnodi Vittorio Emanuele III

1900

o

Scritti e discorsidi Benito Mussolini

1922

La lira siamo noi

2002

Le 500 lire Caravelle

1957

La liradella Repubblica

1951

La liradell’unità d’Italia1861-2011

2011

1870-71

Cento libriper mille anni

2000

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Il conio della prima lira del 1946 e le 500 lire Caravelle del 1957

Conî e punzoni: la prima lira del 1946 e le 500 lire Caravelle. Il conio e ilpunzone sono i “materiali creatori” di una moneta, le matrici indispensabi-li per la coniazione. Sono oggetti rari, hanno un’origine artistica, ma il lorovalore è legato al ruolo di matrici con le quali si producono le monete. Iconî e i punzoni delle monete italiane sono conservati nello storico“caveau” della zecca conosciuto come “magazzino a tre chiavi” giacchétante sono le chiavi che permettono l’apertura della porta blindata affidatea tre istituzioni diverse. Conio e punzone solitamente sono oggetti damuseo. La rivisitazione artistica è un’opera originale mai sperimentata inprecedenza. Il conio e il punzone della prima lira emessa dalla neonata repub-blica nel 1946 ricordano l’origine agricola dell’economia del paese appena usci-to dalla guerra con le immagini di un frutto tipicamente italiano, l’arancia, e suldiritto la testa della giovane repubblica coronata di spighe. Il conio delle 500 Lire

Caravelle con le ban-diere controventoricorda una delle piùfamose monete italiane. Nel 1957 il ministero del Tesoro, persottolineare gli anni della ripresa economica volle coniare unamoneta di circolazione in argento. Il progetto doveva racchiu-dere i valori di quell’età irripetibile che fu per l’Italia ilRinascimento. Sul rovescio, il grande medaglista Guido Veroiscelse le caravelle di Colombo come simbolo dell’inizio diun’età felice, nel passato come in quegli anni. La monetadivenne famosa per il presunto errore delle vele disposte inmaniera errata: erano controvento. Il dibattito inarrestabileconvinse il Tesoro a riemettere la moneta correggendo lo sven-tolio delle bandiere. Le Caravelle con le bandiere “controven-to” divennero quasi introvabili e oggi sono considerate rare, digrande valore e ricercate dagli appassionati e dai collezionisti.

Storia della lira, le ultime coniazioni

La Zecca dello stato ha realizzato una sorta di monumento alla lira con la riconiazione delle quindici monete più rap-presentative della repubblica, tutte coniate con il materiale creatore originale nell’anno della loro ultima emissione. Lagrande qualità di produzione delle monete nella zecca, dal dopoguerra, crea uno “stile italiano” internazionalmentericonosciuto che, al passo con i tempi, di volta in volta condensa nelle monete i simboli di una società uscita sconfittadal secondo conflitto mondiale ma piena di voglia di riscattoche con il miracolo economico ricostruisce il suo potenzialeeconomico e sociale fino a porsi in prima fila fra i paesi piùindustrializzati del mondo. Alla singolare bellezza delle mone-te si unisce l’innovazione tecnica che porta la zecca italianaper prima a realizzare monete bimetalliche, le 500 lire coniateper l’ultima volta nel 1995, e le 1000 lire nel 1998. Sono le ulti-me monete che abbiamo risparmiato e speso, le ultime monetein circolazione con le quali gli italiani hanno festeggiato la finedel XX secolo.

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Cento libri per mille anni

L’opera diretta da Walter Pedullà non è unasemplice raccolta antologica, ma è stata idea-ta come un compendio della letteraturanazionale, dei suoi autori e delle sue corren-ti visto alla luce dell’interpretazione criticapiù attuale. Una raccolta unica, presentata inuna forma preziosa con copertina rigida edorso tondo con impressioni in oro sul piattoe sul dorso, composta da 100 volumi, chetestimonia la straordinaria bellezza del nostropatrimonio culturale. Il valore dell’opera èconfermata dall’alto patronato della presiden-za della Repubblica, e dal patrocinio dellapresidenza del Consiglio dei ministri e dellaCommissione nazionale italiana Unesco.

La lira siamo noi

La lira siamo noi, mise-rie e nobiltà della mone-ta italiana in 50 anni divita quotidiana. La grandeopera sulla storia d’Italia edella lira racchiude e comple-ta le opere precedenti. Curatoda Silvana Balbi de Caro, raccon-ta la storia della politica monetariaitaliana del periodo 1946–2002intrecciata con gli eventi economici,storici e sociali ma anche con la quoti-dianità, degli italiani, con le paure, confenomeni di costume come il cinema o lacanzone, con il costo dei salari in relazione aquello dei beni, in una parola con la vita di tuttinoi. I testi di Silvana Balbi de Caro e di Bruno Costi, più tecnici i primi e contaglio economico-sociale i secondi, fluiscono parallelamente, seppur su regi-stri differenti, condividendo il ricco apparato iconografico realizzato congrandi immagini che “entrano” nei dettagli ravvicinati di monete e banco-note alternate e messe a confronto con fotografie storiche. Laura Cretararipercorre il significato profondo dei simboli che si sono cristallizzati pren-dendo forma sui tondelli metallici; Rosa Maria Villani affronta il tema delritratto guardando alla straordinaria galleria di uomini illustri raffigurati sullebanconote stampate dalle officine della Banca d’Italia e ne individua le ori-gini iconografiche nei modelli di artisti del passato; Gianni Fina illustra convivacità le avventure di alcuni falsari che con grandissima abilità sono riusci-ti a ingannare, o quasi, anche le autorità competenti. Un grande affrescodella vita italiana nella seconda metà del XX secolo letta in “filigrana”.

La lira dell’unità d’Italia 1861-2011

Le lire dell’Italia unita. Editalia dedica al 150° il cofanetto Unità d’Italia, rilettura della storia unitaria attraverso i simboli del mondonumismatico. Tre monete rappresentano il percorso storico dall’epopea risorgimentale alla repubblica e nella loro diversità segna-no momenti storici assai differenti. Gli appuntamenti più importanti che celebrano l’unitànazionale lasciano tracce sulle monete grazie a emissioni speciali a essi dedicate. Le5 lire 1861, la prima moneta emessa dopo la proclamazione dell’unità d’Italia il 17marzo 1861 dalla zecca di Firenze, ne porta la data marzo 1861 sul verso; le 50 lire1911 emesse durante il regno di Vittorio Emanuele III dalla zecca di Roma percelebrare il cinquantenario; le 500 lire 1961, dedicate al centenario dell’unità.Le tre emissioni raccontate da Silvana Balbi de Caro nel volume che completal’opera con la storia della politica monetaria italiana dall’unificazione mone-taria ai nostri giorni, sono esposte all’ombra del bassorilievo ispirato alla figu-ra invitta dell’Italia dipinta da Giulio Aristide Sartorio nell’emiciclo dellaCamera dei deputati. Un’opera dal forte significato istituzionale tradotto neilinguaggi dell’arte propri a Editalia.

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Per l’anniversario dell’unitàpremiate 150 aziende storichecon una medaglia Editalia

di Silvia Novelli

LE RADICIdel nostro futuro

a regola d’arteUNIONCAMERE

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NNell’anniversario dell’unità d’Italia non poteva mancare l’omaggio al tessuto impren-ditoriale che ha contribuito a creare l’identità del nostro paese. Quel “made in Italy”riconosciuto in tutto il mondo, apprezzato sinonimo di prestigio e qualità, come di ver-satilità creativa e produttiva negli ambiti più diversi. Unioncamere e Symbola, con lacollaborazione scientifica del centro culturale d’impresa e dell’istituto Tagliacarne,hanno ideato un programma di iniziative volto a promuovere e attivare una riflessionesui caratteri originali e connotativi dell’economia del Belpaese. Italia 150, le radici delfuturo ha celebrato, con incontri organizzati da nord a sud, le tradizioni e le innova-zioni del “fare italiano”. Storiche realtà, anche piccole, da valorizzare e rappresentati-ve dei caratteri più profondi dell’identità nazionale e di come questa viene percepitaa livello internazionale. Lo spirito dell’iniziativa è stato quello di dar vita a un con-fronto costruttivo, capace di cogliere nei caratteri del sistema imprenditoriale italianole radici di una scommessa sul futuro, in una formula virtuosa che attraverso la risco-perta delle nostre qualità imprenditoriali, ci insegni a farne tesoro e diventi volano perlo sviluppo. «La rapida istituzione delle Camere di commercio da parte del Regnod’Italia – ha affermato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – rappre-senta un riconoscimento da parte del nascente Stato nazionale di quei ceti borghesi emercantili che aderirono con convinzione all’ideale unitario. Forze sociali compostedi uomini e donne che confidavano nella propria operosità e nella propria creatività,alle quali l’Italia di oggi, questa Italia che si afferma nel mondo per i suoi valori di qua-lità e di stile, deve molto». Unioncamere e Symbola hanno deciso di conferire un rico-noscimento alle Camere di commercio che ufficialmente risultano istituite nel 1862 eun altro alle 150 aziende inscritte alla stessa data, individuate da una ricerca ad hoc,in occasione dell’anniversario dell’unità d’Italia. All’ultimo appuntamento previsto dalprogetto, che si è svolto lo scorso 8 giugno a palazzo Colonna a Roma, tappa conclu-siva di un percorso che ha coinvolto le città di Torino, Macerata e Palermo, è stata con-segnata alle imprese selezionate la medaglia creata per l’occasione da Editalia.L’evento è stato anche l’occasione per presentare al pubblico il primo archivio delleaziende più longeve d’Italia. �

La medaglia realizzata da Editalia

per l’evento di Unioncamere

e Symbola

a sinistra:la sede Unioncamere

a Roma

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a regola d’arteASSEMBLEA EDITALIA

VALORIITALIANI

generosita’generosita’

passione

TRAD

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NETR

ADIZ

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qualita’qualita’RESPONSABILITA’RESPONSABILITA’

TalentoTalento

passioneiinnnnoovvaazziioonneeiinnnnoovvaazziioonnee

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l compimento di un quinquen-nio di crescita e consolidamen-to aziendale in controtendenzarispetto all’orientamento gene-ralmente diffuso fra le aziendedel settore in questi tempi dicrisi, Editalia ha riunito tutti isuoi collaboratori nell’incante-vole cornice di Scilla per

festeggiare i risultati conseguiti. La “convention” ha ana-lizzato e riaffermato l’insieme dei valori che costituisco-no l’identità dell’azienda e che hanno consentito allacaravella di navigare sicura nelle acque insidiose dellarecessione economica metaforicamente rappresentatedai mitici vortici di Scilla e Cariddi che nell’antichitàterrorizzavano i naviganti di passaggio nello stretto diMessina. Lo sforzo dell’azienda di rimanere tenace-mente fedele alla propria tradizione di competere sulterreno della qualità e dell’innovazione si è rivelato uno

straordinario esempio di processo virtuoso nello svilup-po di progetti culturali in continua evoluzione chehanno tenuto il passo con l’evoluzione del gusto e delmercato. La riflessione sui punti di forza della nostraeconomia ha evidenziato la capacità di tenere insiemeefficacemente creatività e organizzazione e di condivi-dere una cultura d’impresa basata su valori consolidatie sempre attuali quali talento e responsabilità, generosi-tà, passione e qualità nella cornice tracciata dalla con-sapevolezza che le nostre grandi tradizioni in tutti icampi sono la garanzia per uno sviluppo futuro innova-tivo. La capacità di coniugare tradizione e innovazioneè stato il nodo cruciale del progressivo sviluppo del-l’impresa. D’accordo con quanto scrive Paolo Colombonella prefazione di Mestieri dell’arte e made in Italy, “lasaggezza di un popolo nasce e si sviluppa in un deter-minato territorio che diventa esso stesso valore fonda-mentale, da proteggere e riscoprire, da considerare pre-zioso al pari dell’oro e del petrolio”. E il nostro territo-

Adi Cecilia Sica

Queste le parole chiave del gruppo che chiude cinque anni in crescita e a Scilla festeggia i risultati con una “convention”

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Qui e nella pagina seguentealcuni momentidella “convention” Editalia

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rio da coltivare e far crescere sono le opere d’arte e dipregio che nascono dall’incontro di diverse discipline,di lavorazioni artigianali e artistiche legate alla centrali-tà dei mestieri dell’arte, da sostenere nel contempora-neo contesto produttivo e da promuovere utilizzando imezzi dei nuovi media.A sostegno di questo sistema di valori nel suo inter-vento la dottoressa Rossana Pace, presidente diEccellenze italiane, ha raccontato, con una carrellatadi esempi antichi e moderni raccolti in un pluriennalelavoro di ricerca, una nuova narrazione del paesebasata sulle innumerevoli eccellenze italiane frutto diquel flusso di ingegno e creatività che ha caratterizza-to passato e presente: si scopre così come, in ognimomento della giornata in tutto il mondo, sia presenteuna molecola di genio italiano, dagli orologi all’elettri-cità, dal gelato agli occhiali, dal personal computer almicrochip, fino alle monete bimetalliche che comel’euro circolano in tutta Europa. Oggi la responsabilitàdi far crescere questa cultura è nelle nostre mani. �

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di Silvia Ussia

CENTOLa “creme” festeggia il secolo di vitacon l’esposizione degli “spot” pubblicitariche hanno reso il marchio un’icona

di questi anni

comunicare ad arteNIVEA

Il managere l’azienda“Beauty al top”

Giuseppe Berardi ènato a ConeglianoVeneto (Treviso) il 19luglio 1970. Si laureain Ingegneria gestio-nale al Politecnico diMilano e inizia amuovere i primi passinel mondo dellacosmetica nel 1997lavorando per L’OrèalItalia, per poi appro-dare nel 1999 aManetti Roberts do-ve ricopre il ruolo di“product manager”. Ènel 2000 che inizia lasua collaborazionecon Beiersdorf Italiae nel 2006 diventa”marketing mana-ger”, ruolo che anco-ra ricopre. Beiersdorf,con sede a Milano, èuna delle più impor-tanti consociate delgruppo tedesco omo-nimo che opera nelsettore del “personal& beauty care” con ibrand Nivea, Labello,Eucerin e Hansaplast.Info: www.nivea.it;www.beiersdorf.it.

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idea della mostranasce dalla vogliadi celebrare i 100anni di Nivea,senza un saporenostalgico amar-cord, ma rivivendol’ultimo secolo difotografie, immagi-

ni, pubblicità e musiche che hanno fatto la storia delmarchio tedesco, tramite l’utilizzo di nuove tecnolo-gie e con una connotazione del tutto moderna». Aparlare è Giuseppe Berardi “marketing manager”della intera linea Nivea, classe 1970, coneglianesedi nascita e milanese d’adozione, che inizia da gio-vanissimo a collaborare con le più importanti azien-de nel mondo della cosmetica, per approdare nel2000 alla Beiersdorf, colosso tedesco e “leader”nella ricerca per la cura della pelle. Dopo aver lavo-rato in Francia nel biennio 2003-2005, torna in Italiacon una maggiore consapevolezza ed esperienza,pronta a essere messa in pratica nell’anno successi-vo. «Abbiamo sfruttato il fascino del manifesto anni‘30 facendolo reinterpretare da giovani artisti “lea-der” nel settore, che hanno reso attuali usi e costumi

Buon compleanno NiveaUna mostra per festeggiare i 100 anni

Si chiama Nivea “video art” la mostra tenuta dal 6 al 14maggio a Milano, in omaggio al centesimo compleannodella famosa casa tedesca di prodotti per la cura delcorpo. La videoinstallazione, ospitata dal Metropol, stori-ca sala cinematografica milanese della fine degli anniquaranta, era composta da 16 schermi rotondi che ripro-ponevano i memorabili “spot” della Nivea, dai manifesticartacei degli anni ‘20 alle più conosciute reclame deigiorni nostri, ripercorrendo così l’evoluzione del designpubblicitario, della musica e della cultura dell’ultimosecolo. L’obiettivo è quello di rievocare nell’immaginariocollettivo le emozioni legate al profumo, alla “texture”, alcolore della crema che si ritrovano nei ricordi e nelleesperienze dell’infanzia. Ecco perché Nivea “creme” è lamadre del marchio Nivea, non solo in termini biografici,ma anche dal punto di vista storico e sociale, in quantocreatrice del mito.

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di inizio secolo. Glischermi utilizzati –

spiega Berardi – 16oblò della grandezza di

2 e 4 metri di diametro,riproducevano video di 12

minuti per decennio analizzato,a partire dal 1920 fino ad arrivare ai giorni nostri, incui abitudini, storia, ruolo della donna, evoluzionedella famiglia e rapporto tra i sessi, vengono rivissu-ti tramite gli occhi delle pubblicità e della comuni-cazione Nivea. Uno spot deve riflettere e rappresen-tare la cultura di un paese, e proprio la particolaritàdel metodo comunicativo del “brand” Nivea ha fattosì che questa venga percepita da tutti i paesi,dall’Italia alla Francia dal Giappone alla Germaniacome marca locale, proprio per la sua universalitàcomunicativa e per la certezza del prodotto.L’attitudine all’innovazione è intrinseca nel marchio,che continua a guardare al futuro. Quella di maggioè stata la prima mostra, ma non sarà certo l’ultimainiziativa nonché approccio tra l’azienda e il mondodell’arte. Il rapporto tra Nivea e in particolar modo ildesign, infatti, è ormai consolidato da anni. In ognipaese in cui è presente, l’azienda sposa talenti ed

eccellenze locali per elaborare nuovi linguaggicomunicativi, progetti di design e pubblicità all’a-vanguardia. Una dimostrazione è Nivealab, presenteda anni nella filiale italiana: si tratta di un laborato-rio sperimentale in collaborazione con l’istituto uni-versitario Politecnico di Milano che dà ampio spazioa studenti e giovani talenti nel mondo del design eche si sviluppa in tre ambiti differenti quali il “pac-kaging”, il “pos” (miglioramento dei punti vendita) ela comunicazione. Da un mero punto di vista strate-gico “l’advertising” dà notorietà al “brand”, il puntovendita avvicina il consumatore al prodotto, il pac-kaging attira l’attenzione, infine gli eventi creanoesperienze di vita. Importante è l’utilizzo coerentedei codici di comunicazione cromatici e valorialideclinati in maniera flessibile ma riconoscibili neltempo. Bisogna sempre ricordare, inoltre – concludeil manager – che la relazione tra marca e consuma-tore va oltre la semplice esperienza di prodotto.Siamo molto soddisfatti del riscontro che ha avuto lamostra, per questo abbiamo in cantiere nuove formedi collaborazione con il mondo delle arti, probabil-mente non si esplicheranno nella stessa forma , mapiù possibilmente ci concentreremo su videoinstalla-zioni a cui stiamo ancora lavorando». �

In queste pagine:manifesti pubblicitaridella crema Niveadal 1920

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Intervista con il direttore Sturabotti:«L’industria dei contenutideve recuperare il ritardoma le potenzialità sono enormi»

di Simone Cosimi

LA CULTURAche si mangia

a regola d’arteSYMBOLA

UUn’industria segnata dalla crisi. Difficile, d’altronde, non portarsi dietro qualche cicatricedall’oscura recessione globale decollata nel 2008. Un macrosettore che nell’ultimo annoha tuttavia risollevato la testa, grazie all’investimento sui nuovi prodotti, alla ricerca di qual-cosa d’inedito, di quel valore aggiunto cui aggrapparsi per traghettarsi fuori dal marasmadell’ultimo triennio. «Il settore dell’industria culturale – racconta il direttore di Symbola,Domenico Sturabotti, torinese classe 1971 – è variegato e mette insieme, in sostanza, tuttociò che produce contenuti: si va dal cinema alla radiofonia passando per l’editoria,l’artigianato, la manifattura di alto livello, il design. Senza dimenticare due ambiti, quellodell’industria dei giocattoli e in particolare del videogioco, che sta tentando di agganciarsialla clamorosa tendenza internazionale». La fondazione per le qualità italiane capitanatada Ermete Realacci, che dal 2005 spinge verso un nuovo modello di sviluppo orientatoappunto al valore qualitativo, la cosiddetta “soft economy”, mette insieme dal 30 giugno al2 luglio a Montepulciano questo mondo attraente. Cerca di ricucirne i pezzi, organizzarnele politiche, capire che strada sta imboccando. Un pianeta affascinante – piace a tutti riem-pirsi la bocca di cultura e affini, soprattutto a chi ne capisce poco – eppure snobbato dallapolitica e dall’economia finanziaria, convinte che “con la cultura non si mangia”. «Si man-gia eccome – continua Sturabotti presentando il seminario estivo di Symbola e anticipan-do la ricerca condotta con Unioncamere – il problema è che mentre per alcuni settori ilprodotto interno lordo, la redditività insomma, sono facilmente calcolabili, questo nonavviene nell’ambito culturale. Tranne pochi casi, come nella comunicazione, è difficile for-nire a chi deciderà, vale a dire al politico di turno, l’effettivo indicatore di quanto pesano

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queste attività nell’economia di un paese. Prendiamo il settore della moda: difficile rispon-dere alla domanda “quanta creatività c’è”? Complicato stimarne il peso. Eppure di sarti,designer e creativi ce ne sono a centinaia e lavorano ogni giorno, stimolando a loro voltaun ricco indotto». Insomma: capire (e far capire ai politici) quante macchine produceun’azienda è semplice. Altro discorso è portarli a focalizzare su parole chiave del nuovomillennio come competitività, valorizzazione del capitale umano, crescita economicanel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, produttività, coesione sociale.Sembrano chiacchiere ma è proprio in quel mix che si nasconde uno degli assi nellamanica del sistema-Italia: «Di fatto è quello che Symbola tenta di fare da anni, peresempio col progetto della Banca delle qualità italiane: dare una mappatura dellerealtà che sfuggono alla quantificazione immediata. Scovare eccellenze, metterle inrisalto e discuterne, facendole diventare casi emblematici, nel corso deinostri incontri, come il seminario della prossima estate». Ci sono due strade chel’industria culturale, ancora appesantita dalle ombre della crisi, può imboccareper recuperare il ritardo accumulato negli ultimi anni ed esprimere a pieno ilsuo potenziale: «Una è quella dei privati, che è anche la più reattiva e investesempre più in design e comunicazione – anticipa Sturabotti dalla ricercaancora in fase di gestazione – mentre nel settore pubblico il messaggiostenta ancora a passare. Ci sono regioni, come la Toscana e le Marche, chehanno compreso l’importanza di valorizzare nella maniera giusta il loroterritorio. Ma a livello nazionale manca un progetto complessivo, un

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Da destrain senso orario:

un laboratorio di modauno di restauro

il direttore di SymbolaDomenico Sturabotti

e uno scattodal seminario 2010

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ragionamento che metta insieme società, economia e cultura: sono tutt’uno, soprattuttoin un paese come l’Italia. La beffa è che alla fine gli investimenti pubblici, magari a fati-ca, partono. Ma senza questa mappa di base rischiano di essere ben poco efficaci».Non basta più, insomma, adagiarsi fra le fortune che il passato o la creatività hannolasciato agli italiani, bisogna valorizzarle e comunicarle nel modo giusto: «Pensiamo aEurochocolate, la manifestazione di Perugia – continua il direttore di Symbola – che èorganizzata da una società di comunicazione eppure fa leva su un aspetto strettamentegastronomico, legato appunto alle tradizioni artigianali: ecco, serve questa sinergia». Edè proprio in questa direzione che s’inserisce il nuovo progetto targato Symbola ancora incantiere, che vedrà la luce entro l’anno: quello sui maestri d’arte. «Siamo partiti da unaconsiderazione lampante – conclude Sturabotti – alcuni mestieri artigianali e creativihanno scarsissimo “appeal” sul pubblico, soprattutto più giovane. Insomma: domandanodel lavoro che fatica a formarsi e rendersi disponibile. Secondo noi perché, come accadecon i calciatori, mancano delle figure di riferimento, dei monumenti della manifattura,com’è per esempio in Giappone, dove i maestri artigiani sono punti di riferimento.Cercheremo di tirarne fuori qualcuno e di comunicarne meglio le qualità e l’attrattiva». �

Il seminarioIl futurodella bellezza

L’ormai usuale semina-rio estivo di Symbola,intitolato Il futuro dellabellezza, è arrivato allanona edizione. L’appun-tamento, in programmaal teatro Poliziano diMontepulciano (Siena),vedrà un’anteprima il30 giugno dedicata alconfronto tra le diverseesperienze che a livellonazionale stanno cer-cando di dar vita a stra-tegie orientate alla “car-bon free”, a partire daquella della provincia diSiena che nel 2015 saràla prima area vastad’Europa a emissionizero di co2. Tema fon-damentale dei tre gior-ni del seminario èl’industria culturale:venerdì primo luglio lariflessione sarà intro-dotta dalla presentazio-ne di una ricerca predi-sposta da Symbolainsieme a Union-camere, che è anchepartner strategico dellamanifestazione. Sabato2 luglio, invece, siterrà la sessione con-clusiva dell’incontrocon la consueta tavolarotonda alla quale par-teciperanno personali-tà del mondo politico,istituzionale, culturaleed economico. Info:www.symbola.net.

La stradadei privati

nell’industria culturaleè reattiva

mentre a livellonazionale mancaun ragionamentoche sposi società

economiae cultura

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il motore dell’arteART FORUM WÜRTH

In provincia di Roma una collezione d’arte unica al mondodi Francesco Talarico

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IL TESORO DI CAPENA

einhold Würth è il “patron”dell’omonima azienda disistemi di fissaggio, utensile-ria, elettrica e pneumatica.Per suo volere è nato l’Artforum, una collezione di artecontemporanea unica almondo. A Capena, in provin-cia di Roma, sorge una delle

dieci sedi in cui sono esposti gli oltre 14mila pezzidella collezione. Le altre nove sono dislocate in altret-tante città d’Europa. La responsabile della sede diCapena, Tania Zepf, ne illustra le peculiarità.Cosa spinge un’azienda come Würth ad occuparsid’arte?«Arte e cultura rappresentano un importante valore

aggiunto della filosofia aziendale del Gruppo Würth.Grazie alla sensibilità di Reinhold Würth, appassiona-to collezionista d’arte moderna e contemporanea,l’azienda da molti anni promuove e sostiene progetti divaria natura in ambito artistico, scientifico, formativoed educativo. Per Würth «Le belle cose, come l'arte,arricchiscono la nostra vita, aprono la mente, promuo-vono la creatività» e tanto più possono arricchirel’ambiente di lavoro – dove alcuni trascorrono la mag-gior parte della vita – rendendolo piacevole, conforte-vole e culturalmente stimolante. Da tali presupposti ènata l’idea di esporre le opere della collezione Würthin alcune sedi del gruppo. La collezione, iniziata neglianni Sessanta e curata con passione da ReinholdWürth, comprende attualmente oltre 14mila opere dipittura, grafica e scultura, principalmente del XX e del

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XXI secolo. Tra le altre, sono presenti opere di MaxBeckmann, Max Ernst, Ernst Ludwig Kirchner, EdvardMunch, Emil Nolde e Pablo Ricasso. Per la sculturaEduardo Chillida, Tony Cragg, Alfred Hrdlicka,Robert Jacobsen, Anish Kapoor, Henry Moore eBernar Venet. Caratterizzano la collezione ancheimportanti nuclei monografici con lavori di HansArp, Horst Antes, Georg Baselitz, Max Bill, Christo eJeanne-Claude, Anselm Kiefer, Bernhard Luginbühl emolti altri. Il primo museo d'arte Würth è stato inau-gurato nel 1991 a Künzelsau, nella casa madre del-l’azienda nella regione del Baden-Württemberg esuccessivamente altri spazi espositivi, musei e galle-rie sono stati aperti al pubblico nelle sedi di Austria,Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Norvegia,Olanda, Spagna e Svizzera».Che cos’è l’Art forum?

«L’Art forum Würth di Capena in provincia di Roma,con una superficie di circa 550 metri quadri artico-lati su due piani, è stato realizzato unitamente alprogetto della sede Würth nel 2005 e inaugurato nel2006. Da allora ha ospitato sette mostre temporanee,sia monografiche con Thomas Lange,Hundertwasser, Picasso che collettive con i Percorsida Spitzweg a Baseliz e “Weltanschauung, visionedel mondo”. Aperto, come tutte le istituzioni artisti-che Würth, sia ai collaboratori interni all’azienda,sia a visitatori esterni, l’Art forum Würth Capena, sipropone come uno spazio vivo, per un pubblico ditutte le età, dove oltre agli eventi espositivi vengonoproposti incontri, conferenze, concerti e variegateofferte didattiche con laboratori e visite guidate.L’ingresso e la partecipazione a tutte le attività sonogratuiti».

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Non solo Capena: tutti i luoghi d’arte di WürthDieci gli spazi espositivi nelle maggiori città d’Europa

Oltre allo spazio di Capena, Würth ha aperto altri nove spazi dedicati al contemporaneo inBelgio, Francia, Danimarca, Olanda, Norvegia, Austria, Spagna e due sedi in Svizzera. Tutto ècominciato al quartier generale del gruppo, a Künzelsau, dove nel 1991 è stata inaugurata laprima “Kunsthalle”. Dieci anni dopo ha aperto i battenti una seconda galleria, sempre nellaregione del Baden-Württenberg. L’ultimo spazio in ordine di tempo a vedere la luce è statoquello di Johanniterhalle a Künzelsau, dedicato in modo specifico alla collezione di artemedievale. Le mostre sono sempre corredate da eventi culturali e attività particolarmente coin-volgenti per i ragazzi. Info: www.artforumwuerth.it e www.kunst.wuerth.com (in inglese).

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Quali sono le peculiarità della collezione diCapena?«L’Art forum Würth Capena non ospita una collezio-ne permanente, essendo destinato a mostre tempora-nee incentrate sulle opere della collezione Würth. Lemostre presentate fino a oggi sono state: La collezio-ne Würth, percorsi da Spitzweg a Baselitz nel 2006;Thomas Lange, Genesi Würth e Melodia apocalitticanel 2007; Friedensreich Hundertwasser, la raccoltadei sogni nel 2008. A seguire, Presepi dal mondonella collezione Würth, sempre del 2008 e Il mondofantastico di Picasso, la collezione Würth e opereospiti nel 2009; Weltanschauung, visione del mondoe infine José de Guimarães, mondi, corpo e animaconclusa a maggio».Qualche anticipazione sull’evento in corso?

«L’attuale mostra all’Art forum Würth Capena hacome protagonista lo scrittore, pittore, grafico e arti-sta plastico tedesco Günter Grass». Nato a Danzicail 16 ottobre 1927, Günter Grass ha vinto nel 1999 ilpremio Nobel per la letteratura ed è noto al pubbli-co internazionale soprattutto per opere quali Il tam-buro di latta (1959). La mostra Günter Grass, acque-relli, disegni e sculture nella collezione Würth pre-senta oltre cento lavori datati tra il 1952 e i primianni Duemila. Tra questi, i cicli come Mostrare lalingua del 1987, Oggetti rinvenuti per non lettorirealizzato nel 1997 e Il mio secolo, composto fra il1997 e il 1999. A questi si aggiungono disegni rea-lizzati con diverse tecniche: penna, matita, carbon-cino e inchiostro di seppia, sculture in bronzo, terra-cotta e ghisa. �

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La mostraGünter Grass

Si inaugura sabato 11 giugno lamostra monografica GüntherGrass, acquerelli, disegni e scul-ture nella collezione Würth ospi-tata negli spazi dell’Art Forum diCapena. Oltre cento i lavori espo-sti fra sculture e interi cicli didisegni caratterizzati dall’usoestensivo del “lettering”.Protagonisti di un’osservazionecritica e attenta del secolo appenaconcluso sono fatti e persone chehanno subìto la storia. I raccontidiventano immagini, attraversol’utilizzo di varie tecniche:dall’inchiostro su carta diMostrare la lingua, agliacquerelli di Oggetti rinve-nuti per non lettori e Il miosecolo. Un viaggio dentro ilsecolo appena passato e vistocon gli occhi di un personag-gio controverso che provocaallo stesso tempo dissensi, masoprattutto apprezzamenti per ilsuo genio letterario. Art forumWürth, viale della Buona fortuna2, Capena (Roma).Info: www.artforumwuerth.it.

Günter GrassIl mio secolo 1959, (1997-1999)

A sinistra: Ragazza con ratta II, 1984

Nelle pagine precedenti:una veduta interna e una esterna

dell’Art forumWürth Capena

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cose dell’altro mondo

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ISRAELE

o stato d’Israele, fondato nel1948, è relativamente giovane sepensiamo che alle spalle ha unsecolo di sionismo e oltre cinquemillenni di tradizione ebraica.Tutto ciò ha contribuito alla for-mazione di una cultura con unaben radicata identità, seppur ete-rogenea, perché composta di una

popolazione di immigrati giunti sia dall’Oriente chedall’Occidente. Per questo Israele può considerarsi uncatalizzatore nel modo in cui ha assorbito le influenzesociali e culturali provenienti da ogni parte del mondo.Nell’ambito artistico, fin dall’inizio del XX secolo Israeleha dato spazio ad artisti che ponevano al centro dellaloro ricerca i paesaggi locali, i temi biblici, la politica e

la vera natura del paese. La prima scuola d’arte risale al1906, quando il bulgaro Boris Chatz crea l’Accademia diBezalel, secondo un progetto approvato dal Congressosionista l’anno prima per incoraggiare i giovani ebrei astudiare nella terra che sarebbe diventata quarantadueanni dopo lo stato d’Israele, dando così vita a un’arteebraica autoctona. Come una piccola Bauhaus, la scuo-la ospita 500 studenti tra pittori, scultori, ceramisti,argentieri e orafi, tessitori, favorendo la nascita di unmovimento artistico locale che manifesta forti legamicon l’“Art nouveau”. Nel frattempo anche Tel Aviv, fon-data nel 1909, diventa il palcoscenico dell’arte e dellosperimentalismo artistico israeliano. Qui risiedonoNahum Gutman e Reuven Rubin, fra i più importantiartisti dell’epoca, ai quali oggi sono dedicati rispettiva-mente due musei nel cuore della città Bianca. Durante

Lo sguardo degli artistiisraeliani è rivolto al passatoe proiettato al domani

di Giorgia Calò

La tradizionedel futuro

L

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gli anni Trenta l’arte israeliana si fa sempre più occiden-tale. Pittori comeMoshe Castel, Menachem Shemi e ArieAroch volgono il loro interesse verso l’espressionismofrancese e tedesco, quest’ultimo dovuto anche all’arrivodi artisti immigrati in fuga dal terrore del nazismo inascesa. La loro arte si basa sulla semplificazione delleforme, sull’abolizione della prospettiva e del chiaroscuroe sull’uso di colori vivaci e innaturali. Ma con la Secondaguerra mondiale e i traumi della Shoah, diversi artistirompono ogni rapporto con la scuola francese per iden-tificarsi invece in alcuni miti locali, nel tentativo di crea-re una nuova arte ebraica. Contemporaneamente ilgruppo dei Nuovi orizzonti si pone l’obiettivo di libera-re la pittura israeliana dal suo carattere locale per con-durla nella sfera dell’arte europea contemporanea. Acapo del gruppo troviamo Marcel Janco, pittore romeno

fondatore insieme a Tristan Tzara del movimento Dadache, trasferitosi in Israele nel 1941, diventa il capo rico-nosciuto della nuova ricerca astratta. La successivagenerazione di artisti, fra i quali Raffi Lavi, Aviva Uri, UriLifschitz e Lea Nikel introduce un nuovo linguaggio visi-vo che comprende vari stili astratti espressivi e figuratividerivanti da origini esterne a Israele. Durante gli anniSessanta, decennio in cui dilaga in tutto il mondo la“Optical art”, in Israele Yaacov Agam diviene il pionierenell’arte ottica e cinetica. Figlio di un rabbino ortodosso,il lavoro di Agam è fortemente influenzato dal pensieroreligioso. Le sue opere, che si basano sullo spazio, iltempo, la luce e il movimento, sono infatti cariche dielementi filosofici e mistici, gli stessi che ritroviamo neilavori di Menashe Kadishman, in cui il rapporto con laterra d’Israele è molto forte. Nel 1978, alla Biennale di

Adi Nesdalla serie“Soldiers”, 1999

A sinistra:Andy WarholSara Bernhardtda “Ten Portraitsof Jews of the 20thcentury”, 1980

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Venezia, l’artista porta un gregge di pecore vive e lemacchia con una vernice blu provocando forti criti-che. Oltre ad un richiamo alla sua terra, alla natura eai valori fondanti, non va dimenticato che questisono gli anni delle neoavanguardie. Appena noveanni prima Jannis Kounellis realizza l’installazioneperformativa con cavalli vivi alla galleria l’Attico diRoma, in uno scontro tra natura e cultura. Ancorauna volta, dunque, l’arte israeliana prende le mossedalle proprie radici e si mette sullo stesso binario dellenuove ricerche contemporanee internazionali. Dalpostmodernismo gli artisti cominciano a lavorare inun’atmosfera di sperimentazione individuale, purcontinuando a concentrarsi su elementi locali. Leattuali tendenze, come nel caso delle opere di TsibiGheva, Zvi Goldstein e altri, continuano ad orientarsiverso un ampliamento della definizione di arte israe-liana al di là dei suoi concetti e materiali tradizionali,come espressione unica di una cultura locale e alcontempo parte integrante dell’arte contemporaneaoccidentale. Ad esempio la ricerca di Sigalit Landau,protagonista del padiglione israeliano curato da Jeande Loisy e Ilan Wizgan nella prossima edizione dellabiennale di Venezia, consiste nella raccolta e nellamanipolazione di materiali con cui crea le sue instal-lazioni direttamente connesse all’esperienza vissutadel luogo, cui spesso si accompagnano video e per-formance. Un artista che invece lavora sul concetto diesplorazione di un nuovo territorio è Nahum Tevet.Egli realizza, sul crinale tra arte e architettura, struttu-re complesse dal design minimale applicando i rigo-rosi principi della geometria. Le grandi installazioni diTevet, fatte di assemblaggi apparentemente caotici, si

compongono di molteplicipunti di vista che dannoprospettive e vie di fuga sempre diverse tra loro. Il suolavoro si basa dunque sulla posizione dell’individuoall’interno dello spazio collettivo, inteso come territo-rio, ambiente da dividere e condividere. Gli artistiisraeliani del XXI secolo sono alla ricerca diun’identità nazionale ed esprimono le proprie ideolo-gie mediante l’uso di mezzi diversi, dalla fotografia,come Adi Nes, Naomi Leshem, Masha Rubin, alvideo, con Yael Bartana, Einat Amir, Michal Rovner,solo per fare alcuni nomi. Anche il design israelianosta cominciando a farsi sentire in ambito internazio-nale. Durante il Salone del mobile di Milano lo scor-so aprile è stata presentata la mostra “Promisedesign2011 - new design from Israel”. I curatori Vanni Pascae Ely Rozenberg hanno selezionato per l’evento 45designer israeliani, nomi di successo e nuovi talentiquali Yaakov Kaufman, Tal Gur, Mika Barr. La mostraha esposto le diverse tendenze che caratterizzano il

Da sinistra:Sigalit Landau, “Deadsee”, 2005

Arie Aroch, “Bus in the mountains”, 1955

Menashe KadishmanBiennale di Venezia 1978

Sotto, da sinistra:Aviad Petel

“99” suspension lamp”

Tal Gur“Daily chair”

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design israeliano, dall’uso sperimentale di oggettiquali fari per auto e materiali da imballo, alla realiz-zazione di prodotti in piccole serie utilizzando tecno-logie avanzate. Questo breve percorso diacronico cirestituisce un quadro d’insieme sulle ricerche che dal-l’inizio del Novecento hanno caratterizzato l’arteisraeliana, ponendola oggi come una delle realtà piùespressive a livello mondiale. Quello che contraddi-stingue il contemporaneo israeliano è proprio la suapeculiarità nel porsi in bilico fra tradizione e innova-zione. Pur non tralasciando alcuni temi che traggonoispirazione dalle origini storiche, sociali e culturali, gliartisti israeliani tendono ad affrontare i rapporti traluoghi e identità mediante l’uso di tecniche e mate-riali diversi. Ciò lo dimostrano alcuni tra gli autori piùespressivi del panorama contemporaneo, come adesempio Uri Katzenstein. Rappresentante del padi-

glione israeliano alla Biennale del 2001,Katzenstein è considera-

to un artista multidisciplinare. Scultore, performer,cineasta e musicista, il suo lavoro è costituito dall’usodi mezzi diversi e ha come oggetto principale il corpoumano posto in una condizione di pericolo, seppuraccompagnato da un certo lirismo e “humour”, temiquesti che non a caso seguono da millenni la storia ela tradizione dell’ebraismo. L’arte israeliana può dun-que considerarsi innovativa e avveniristica pur nonrinunciando a una memoria storica e culturale carat-terizzata da un forte rimando alla tradizione e alleproprie radici. Ciò si evince anche negli allestimentidegli oltre duecento musei israeliani. Si pensi adesempio al museo d’Israele di Gerusalemme. Fondatonel 1965, oggi diretto da James Snyder, il museo regi-stra un ampio sguardo sul contemporaneo purcoprendo tutta la storia dell’arte ebraica, dall’archeo-logia ai giorni nostri. Nel museo spiccano per bellez-za e posizioni strategiche alcune celebri opere comead esempio “Ten portraits of jews of the twentieth cen-tury” di Andy Warhol che ritrae dieci luminari dellacultura ebraica tra cui Sarah Bernhardt, AlbertEinstein, Sigmund Freud, i fratelli Marx, Golda Meir,Franz Kafka, tra gli altri. Del museo non va dimenti-cata nemmeno la splendida collezione dada e surrea-lista donata da Arturo Schwarz, composta dacirca 700 opere. Gli artisti, così come i luoghicontemporanei israeliani, dimostrano di avercompreso il senso e lo spirito del propriotempo. Senza mai distrarsi da uno sguardo rivol-to al passato, sono costantemente proiettati versoil futuro. Questa è probabilmente la caratteristicache contraddistingue l’arte israeliana e la rende

unica nel suo genere. �

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in cassaforte

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L’ANGOLO DEL COLLEZIONISTA

l mercato dell’arte conferma la suabuona salute per i grandi e rari capola-vori museali. Accanto alle piazze diLondra e New York, si rafforza la pre-senza di Hong Kong, fulcro del merca-to orientale, in particolare del facolto-so collezionismo cinese, interessatonon solo alle importanti opere moder-ne, ma anche a riportare in patria legrandi e antiche testimonianze dell’ar-te cinese, ovvero le sue prime terrecot-

te e le porcellane delle dinastie imperiali del 17° e 18°secolo. Ne sono una dimostrazione le vendite diSotheby’s dal primo all’8 aprile ad Hong Kong dedicateall’arte decorativa cinese, arte asiatica contemporanea,arte cinese del XX secolo, orologi, vini e gioielli, con unfatturato totale di 447 milioni di dollari. L’asta record èrisultata quella di dipinti cinesi moderni con un fattura-to di 83.134.262 dollari Usa. “Top lot” dell’asta è risul-tato il dipinto “Spring mountains in Sichuan” di ZhangDaqian che ha più che triplicato la stima iniziale fer-mandosi sotto il martello del banditore a 8.269.230 dol-lari, acquistato da un collezionista cinese. L’asta di cera-miche cinesi e arte decorativa cinese ha fatturato74.703.782 dollari. Il top lot è risultato un rarissimo emagnifico vaso girevole “famille rose” con sigillo delperiodo Qianlong che ha realizzato 8.987.179 dollari.Nella vendita di vestigia della storia imperiale cinese,un importante sigillo in giada bianco con impresso unpoema imperiale Qianlong Yuti, periodo Jiaqing, risa-lente al 1796, ha realizzato 8.269.231 dollari. Nell’asta

dedicata alla collezione Ullens sulla nascita dell’avan-guardia cinese, un trittico del celebrato artista cineseZhang Xiaogang, Forever Lasting Love, olio su tela del1988, ha realizzato ben 10.135.897 dollari.Nel settore dell’impressionismo e dell’arte moderna leprincipali aste si sono tenute a febbraio e a maggio aLondra e New York. A Londra l’asta dell’8 febbraio diSotheby’s vanta un eccezionale top lot: “La lecture” diPablo Picasso del 1932, appartenente alla celebrataserie raffigurante la sua modella e amante Marie-Thérèse Walter – relazione tenuta segreta per moltianni, nei tempi in cui l’artista era sposato con la danza-trice russa-ucraina Olga Khokhlova – venduto per25.241.250 sterline. Nell’asta di Christie’s del 9 feb-braio un importante risultato per un’opera surrealista, adimostrazione del rinnovato interesse dei collezionistiper il surrealismo: “Étude pour Le miel est plus douxque le sang” di Salvador Dalì del 1926-27 più che rad-doppia la stima di 2-3 milioni di sterline realizzandone4.745.250. Nella vendita serale di Sotheby’s a NewYorkdel 3 maggio ben 37 opere sono state vendute al disopra del milione di dollari. Ancora una volta Picassoattira collezionisti e investitori. Top lot dell’asta è infattiil suo “Femmes lisant” del 1934, raffigurante Marie-Thérèse Walter con la sorella, che realizza 21.362.500dollari. Accesa competizione per un’iconica scultura diAlberto Giacometti, “Femme debout”, alta 71 cm, con-cepita nel 1956 e colata nel 1957, che partita da unastima di 2-3 milioni di dollari schizza a 7.362.500 dol-lari. Il 4 maggio è la volta dell’asta serale di Christie’scon tre opere vendute al di sopra dei 20 milioni di dol-

IFEBBRE GIALLACina, è boom: Sotheby’s Hong Kong incassa quasi mezzo miliardo di dollaridi Stefano Cosenz

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lari. Top lot dell’asta, “Les peupliers” di Claude Monet,una delle più celebrate e monumentali opere dipinta“en plein air” durante l’estate del 1891 e appartenentealla sua grande serie realizzata negli anni trascorsi aGiverny. L’opera è stata venduta a un collezionista ame-ricano per 22.482.500 dollari. Dopo i picchi speculati-vi del 2007 e la sensibile caduta degli indici in seguitoal crac di Lehman Brothers, il mercato dell’arte contem-poranea ha recuperato attestandosi poco al di sopra deilivelli del 2006. Un dato molto significativo è che il mer-cato globale di opere di artisti europei viventi nel 2010ha rappresentato il 59% del mercato globale dell’artecontemporanea. La vendita londinese di Sotheby’s del10 febbraio, “Looking closely”, dedicata alla collezionedi arte moderna e contemporanea di un solo proprieta-rio (60 lotti offerti, tutti venduti), vanta un eccezionaletop lot, un trittico, olio su tela di Francis Bacon del1964, “Three studies for portrait of Lucian Freud”, raffi-gurante il suo grande amico e collega, venduto per23.001.250 sterline contro una stima 7-9 milioni e ilrecord mondiale per Salvador Dalì con “Portrait de PaulEluard” del 1929, venduto per 13.481.250 sterline con-tro una stima 3,5-5 milioni. Nella vendita serale diSotheby’s del 15 febbraio a Londra il top lot è assegna-to all’artista vivente Gerhard Richter, appartenente allasua ambita serie “Abstraktes Bild” del 1990, una monu-mentale opera venduta per 7.209.250 sterline. Il 16 feb-braio, nella vendita serale di Christie’s, sbanca AndyWarhol con il suo autoritratto del 1967, “Self-portrait”,appartenente a una serie di 10 autoritratti, in buonaparte custoditi in musei internazionali, venduto a un

collezionista europeo per 10.793.250 sterline controuna stima di 3-5 milioni. Significativo è il secondo toplot, assegnato a un artista francese, Martial Raysse, con“L’année dernière à Capri” del 1962, un capolavoroappartenente all’alba della Pop art, venduto per4.073.250 sterline (stima 1-1,5 milioni), record mon-diale per un lavoro di artista francese vivente e perl’artista. Nell’asta serale di Sotheby’s del 10 maggio aNew York, ancora una volta il top lot è assegnato aAndy Warhol con “Sixteen Jackies” del 1964, 16immagini di una delle icone dell’artista, JacquelineKennedy, venduto per 20.242.500 dollari. Al secondoposto si attesta la scultura di Jeff Koons del 1988, “Pinkpanther, edizione di tre – gli altri due esemplari alMoma di New York e al Museum of Contemporary artdi Chicago – venduta per 16.882.500 dollari, un inve-stimento per l’ex proprietario che l’aveva acquistatanel 1999 per 1,8 milioni di dollari. Al terzo postoun’iconica opera di Lucio Fontana, Concetto spazialedel 1965, che realizza 6.242.500 dollari. Eccezionaleil fatturato della vendita serale di Christie’s dell’11maggio, oltre 301 milioni di dollari. Il top lot ancorauna volta è di Andy Warhol: il suo “Self-portrait” inquattro parti, acrilico e serigrafia su tela, del 1963-64è stato venduto per 38.442.500 dollari a un collezio-nista europeo. Anche nella vendita serale di Phillips dePury del 12 maggio Andy Warhol vince il banco con“Liz #5 (early colored Liz)”, il ritratto di Liz Taylor del1963, opera ancora più iconica oggi dopo la recentescomparsa dell’amata attrice di Hollywood, che rea-lizza 26.962.500 dollari. �

“Forever lasting love”, Zhang Xiaogang, 1988

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Redazione Giorgia Bernoni, Sophie Cnapelynck,Simone Cosimi, Camilla Mozzetti, Maria Luisa Prete,Francesco Talarico, Silvia [email protected]

Grafica Gaia [email protected]

Foto Manuela Giusto, Ap/Lapresse

Hanno collaborato Luca Massimo Barbero, GiorgiaCalò, Massimo Canorro, Stefano Cosenz, MargheritaCriscuolo, Flaminio Gualdoni, Rosanna Marsico,Maria Antonia Nocco

Coordinamento editoriale EditaliaCecilia Sica, Daniela Tiburtini

SofàTRIMESTRALE ANNO 5 NUMERO 14

Sofàè una pubblicazione trimestrale di EditaliaGruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Statoviale Gottardo 142, 00141 RomaNumero verde 800014858 - fax 0685085165www.editalia.it

Progetto editoriale e realizzazioneGuido Talarico Editore spawww.guidotalaricoeditore.it

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Responsabile trattamento datiGuido Talarico. Le notizie pubblicateimpegnano esclusivamente i rispettiviautori. I materiali inviati non verrannorestituiti. Tutti i diritti sono riservati

Autorizzazione del Tribunaleordinario di Roman. 313 del 3.8.2006

In copertinaparticolare della medaglia ufficialeper le celebrazioni del 150° anniversariounità d’Italia, realizzata dalla Zecca sumodello di Laura Cretara per il comitatoufficiale delle celebrazioni dei 150 annidell’unità d’Italia.

numero chiuso in redazione il 31.05.11

Sofà è visibile online sul sitowww.insideart.eu

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