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Sociologia delleComunicazioni

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1. CONCETTO DI “COMUNICAZIONE”

Quello della comunicazione può essere definito il fenomeno originario della coesistenza, dellerelazioni e interazioni umane ed è quindi antico quanto la civiltà stessa dell’uomo. È diventato,specialmente nell’ultimo secolo, sempre più esteso, multidimensionale e complesso, ed è oggetto distudio di diverse, spesso convergenti, discipline. Data l’ampiezza semantica del termine“comunicazione”, è necessario chiedersi innanzi tutto quale sia il significato del termine stesso, pervedere poi in cosa essa consiste e come si presenta la comunicazione, e in seguito indagaredirettamente la sua diversificata dimensione sociologica.

Dal punto di vista terminologico, la parola latina communicatio deriva da cum, ‘con’, e munus,‘dono’: esprime, si può dire, una particolare forma di “donazione”, il “mettere a parte” altri diqualcosa che si ha ma anche “munus” come “impegno”, “ufficio” per cui si tratta di due significatiintrecciati di “amore” e “dovere” in un vincolo più difficile perché la responsabilità ne è la sintesi.

Evidentemente in questa nozione è centrale il concetto di partecipazione, che, ad esempio, siesplicita chiaramente nella lingua tedesca nel vocabolo Mitteilung, il quale può essere tradotto,letteralmente, più che con “comunicazione”, con “compartecipazione” (da Mit, “con”, e Teil, “parte”).In origine ‘communico’ — da cui nella lingua latina il sostantivo communio e l’aggettivo communis— significa complessivamente mettere qualcosa in comune con qualcuno: nel senso di “condividerequalcosa” l’accento è posto primariamente sul contenuto comunicato.

Per ulteriore caratterizzazione semantica, dall’originario e imprescindibile senso statico dicondivisione si approda a una concezione che ne evidenzia invece il significato ‘dinamico’ ditrasmissione di informazioni-messaggi. In generale, la comunicazione implica insieme anchel’istituzione o il riconoscimento di uno spazio comune (di relazione tra i comunicanti), in cui ilqualcosa stesso viene, appunto, trasmesso, comunicato.

Da un punto di vista psicologico si può intendere la comunicazione piuttosto come “unoscambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di uncerto livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base disistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura diriferimento” (L. ANOLLI).

Un principio, molto importante, avanzato da Paul Watzlawick, è che «È impossibile noncomunicare, non esiste un comportamento che non sia comunicativo». Come sostiene lo psicologod’origine austriaca, infatti, parlare o restare in silenzio, tutto comunica, tutto crea un rapporto fra ilsoggetto e l’ambiente sociale, quindi con gli altri soggetti. Ogni comportamento è in sé stessocomunicativo — persino isolarsi dagli altri, un comportamento definibile ‘negativo’ — ed èimpossibile pensare di avere un non-comportamento: la comunicazione si rivela in ultima analisi comel’orizzonte, in quanto tale intrascendibile, dell’essere e agire umani.

Per chiudere queste rapide considerazioni generali, si può concepire la comunicazione comesvolgentesi lungo due assi fondamentali o secondo una doppia relazione: l’uno verticale, relativo alrapporto tra “messaggio” e contenuti del mondo o del pensiero; l’altro orizzontale, quello piùpropriamente comunicativo, concernente la relazione che s’instaura tra produttori e destinatari delmessaggio (U. VOLLI).

Vige un rapporto molto stretto tra comunicazione e forme della relazione sociale; una delleteorie più autorevoli in merito fu elaborata dalla Scuola di Palo Alto: “Ogni comunicazione ha unaspetto di contenuto ed uno di relazione, in modo che il secondo classifica il primo diventandometacomunicazione”. Qualsiasi comunicazione presenta questo doppio aspetto di contenuto erelazione: se si litiga su più argomenti frivoli, ci si dovrebbe rendere conto che forse il problema è difondo. Il carattere metacomunicativo del piano della relazione è dovuto al fatto che la relazione chevige tra due interlocutori ci fa capire se la frase “sei un genio” è un complimento o sarcastica. Inquesto caso, appunto, si ha una comunicazione sulla comunicazione (metacomunicazione), processodel tutto sconosciuto alla maggior parte dei parlanti.

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2. LA STRUTTURA DELLA COMUNICAZIONE

2.1 I fattori strutturali

Per quanto riguarda la configurazione o struttura elementare della comunicazione, essacomprende — l’esistenza di diversi fattori:

a) un emittente: la “fonte”, il produttore di un messaggio;b) un messaggio (un segno, un testo ecc.): l’“oggetto di scambio” dell’atto comunicativo; al

riguardo, si può anche isolare, come fattore autonomo, il contenuto del messaggio stesso; che avrà unargomento che prenderà il nome di referente.

c) un destinatario del messaggio: il soggetto cui deve pervenire il messaggio, qualificato spessoanche come ricevente. Le due definizioni non coincidono però totalmente, in quanto l’atto di ricezionedel messaggio può effettivamente avvenire o, al contrario, fallire. Il destinatario diventa di fatto“ricevente” nel momento in cui effettivamente recepisce e comprende il messaggio: è possibile peròche il messaggio ricevuto differisca da quello inviato, differenza che si determina in base al livello diattenzione ma soprattutto in rapporto ai criteri di selezione, decodifica e interpretazione (comevedremo) usati, consapevolmente o meno, dal ricevente. Il processo della comunicazione comportaanche che il ricevente rimandi un altro segnale, con cui rende noto che il messaggio è stato (o non èstato) ricevuto e compreso: questo “ritorno” prende il nome di feedback.

Questa configurazione “astratta” e minimale, a tre fattori, viene poi approfondita e complicatanel quadro delle diverse teorie comunicazionali, innanzitutto con la messa in evidenza di altri decisivielementi-fattori intermedi, in primo luogo di:

d) un canale (o mezzo): ciò entro cui e in virtù del quale viene trasmesso il messaggio. Il canalepuò essere perciò, più precisamente, inteso sia come “ciò che sta in mezzo” sia come “ciò che media”,mediazione che determina in atto la comunicazione. Si può però utilmente distinguere il mezzo dalcanale, fermo rimanendo che un termine rimanda all’altro, nel senso che il mezzo è definibile come ilcanale attraverso il quale passa o transita il messaggio, mentre il canale come il “mezzo o apparatofisico-tecnologico” che questo transito effettua;

e) un codice e, eventualmente, dei “sottocodici”. Un “codice” è un sistema di segni e regole diutilizzo dei segni usato nel processo comunicativo. Si assume in linea di principio come conditio sinequa non della effettiva riuscita dello scambio comunicativo che l’emittente e il destinatariocondividano il medesimo codice e ad esso si riferiscano nella composizione e nella comprensione delmessaggio. Quindi il messaggio della comunicazione, il suo contenuto, è elaborato dal latodell’emittente mediante una codifica: consiste in “una sequenza di segni o segnali risultante daoperazioni di selezione e di combinazione sulla base di un codice”. Schematicamente, all’emissionedel messaggio corrisponde poi, come aspetto complementare della comunicazione, una (adeguata omeno) de-codifica da parte del destinatario;

tutto questo avviene in un determinato f) un contesto o situazione, cioè una dimensione linguistica, cognitiva e culturale che funziona

come quadro di riferimento comune, senza cui qualsiasi comunicazione sarebbe soggetta a continuirischi di fraintendimento.

2.2 Altri elementi

Alcuni elementi utili per meglio comprendere la comunicazione sono:la ridondanza cioè un insieme di elementi che convergono verso lo stesso significato ad

esempio una conversazione disturbata al cellulare ci permette lo stesso di coglierne il significatocomplessivo, in quanto abbiamo familiarità con il significato della lingua italiana.

Altro esempio è costituito da casi particolare come di fronte alla frase “la credenza non aiutacertamente il penetrare della luce nel tuo ambiente vitale” essa può essere intesa in ambito religiosoma anche in ambito di arredamento di una casa. In questo caso la ridondanza è costituita da ciò dacui è preceduto l'evento (due amici che stanno arredando casa o due professoroni che parlano?).

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A questo proposito è bene anche fare riferimento ai deittici ovvero a delle parole che si riferiscono adaltro nel discorso e che rientrano nell'ambito della ridondanza. Servono a collegare il testo al contesto

Esempi di deittici sono: qui, lì, ci, ti, prima dopo, ecco, etc.L'INFERENZA indica, genericamente, ogni conoscenza nuova ottenuta elaborando le

informazioni in ingresso. Essa può essere- testuale se proviene dal testo che si sta leggendo- extratestuale se proviene da conoscenze personali pregresse a ciò che si sta leggendo,

visionando, ascoltando

ad esempio se leggo un libro che comincia con “Cenerentola era una fanciulla...” penseròsubito ad un racconto per bambini in quanto per “inferenza extratestuale” perchè per altreconoscenze so che Cenerentola è la famosa protagonista di una fiaba ma se continuando il testo leggo“...che viveva a New York” risulta nel lettore una “inferenza testuale” ovvero dal testo si ricavanodelle informazioni che vanno a cambiare il mio modo di pensare quello stesso brano per cuiabbandonerò la fiaba solita per aprire un nuovo orizzonte. Se poi il testo parla di una rivisitazione inchiave moderna del famoso racconto allora ci saranno ancora delle inferenze extra-testuali cheriaffioreranno alla memoria per cui il principe sarà sempre biondo, alto e magro e con gli occhiazzurri. A meno che l'autore non si sia divertito a descriverlo (generando una inferenza testuale) equindi a modificare l'idea che nella nostra mente ci era apparsa alla parola “principe”.

2.3 Relazioni tra emittente e destinatario (ovvero l'interazione complementare e simmetrica)

Nel libro “Pragmatica della comunicazione umana”, Paul Watzlawick delinea i percorsi dellacomunicazione, differenziando la relazione simmetrica da quella di tipo complementare, a secondase i due interlocutori tendono ad uguagliarsi o piuttosto a differenziarsi.

La relazione simmetrica

Nell'interazione simmetrica, entrambi gli interlocutori tendono a porsi ad uno stesso livello(uguaglianza della relazione).

Così mentre uno dei soggetti cerca di definire la natura della relazione, l’altro risponde alladefinizione che viene data confermandola, rifiutandola o cercando di modificarla. Abbiamo così unarelazione simmetrica sana, e quindi stabile, quando entrambi gli interlocutori riescono a posizionarsisullo stesso livello, considerandosi uguali e confermandosi reciprocamente. E’ il caso del rapporto frapari, dove io “definisco te come amico” e “tu definisci me come amico”, risultando in perfetta simmetria(principio di uguaglianza).

Abbiamo invece una relazione simmetrica patologica, quando uno dei due attori rifiuta osqualifica il “livello di uguaglianza” dell’altro, cercando di porsi “al di sopra” (verso una posizioneone-up) rispetto all’altro (“io sono migliore di te”, “tu sei diverso da me”). Di fronte a questa presa diposizione il secondo interlocutore, dal lato suo, cercherà di ripristinare la posizione di uguaglianza,rifiutando o squalificando il ruolo imposto dal primo (“tu non sei migliore di me”, “io non sonodiverso da te”). Se entrambi rimangono rigidi sulle proprie posizioni, si genera un circolo vizioso cheprelude ad un’escalation simmetrica che sarà caratterizzata da forti conflitti che rischiano di protrarsinel tempo, fino alla reciproca esclusione, in cui si fa finta di ignorarsi “come due perfettisconosciuti”, o peggio alla rottura definitiva.

La relazione complementare

Nella relazione di tipo complementare, al contrario, il comportamento di uno tende adifferenziarsi, ponendosi in posizione opposta e complementare rispetto a quello dell’altro. Unesempio può essere fornito dal rapporto madre-figlio, dove una definisce se stessa madre e l’altrofiglio, o ancora dalla relazione medico-paziente. Avremo quindi uno che sta “al di sopra” (posizioneone-up), ovvero che dirige e consiglia, e un altro che sta “al di sotto” (posizione one-down),obbedendo o accettando la definizione della relazione che l’altro ha deciso per entrambi. Potrebbe

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invece nascere lo scontro nel caso in cui si cercherà di puntare all’uguaglianza. Pensate ad esempio adun figlio adolescente che si ribella alle regole di un genitore, non riconoscendogli l’autorità.

Anche in questo caso, come nell'interazione simmetrica, possiamo parlare di relazionecomplementare sana quando vi è un’accettazione spontanea e non imposta da parte di entrambi del tipodi relazione definita. (Es. il figlio che accetta il ruolo dei genitori, il paziente che si fida del propriomedico, etc.).

Mentre si ha una relazione complementare patologica se la posizione di chi sta “al di sopra” siirrigidisce, rischiando di creare un un'unione morbosa fino a soffocare la personalità dell’altro.

Entrambe le posizioni, simmetrica e complementare, non sono da considerarsi né positive nénegative, fino al punto in cui non si irrigidiscono, generando forme patologiche di interazione. In questocaso, come abbiamo visto, avremo l’esclusione o la scissione nel primo caso e la dipendenzaemotiva/intellettuale nel secondo.

La forma di relazione/comunicazione più matura, è data quindi dal sapersi porre in alcuni casi inmodo complementare e in altri in posizione simmetrica, ciò al fine di creare un “rapporto equilibrato”.

2.4 Il codice

Per far si che il processo di comunicazione sia corretto, il messaggio deve passare attraverso ilcanale idoneo e deve essere comprensibile al destinatario.

L’emittente e il ricevente devono conoscere il medesimo codice, ossia l’insieme delle regole chepermettono di dare un significato e un valore ai segni e ai simboli utilizzati all’interno del messaggiostesso.

Se analizziamo oggettivamente l’alfabeto scritto, ci accorgiamo che esso è un insieme disimboli, i quali assumono un significato specifico solo quando emittente e ricevente sono aconoscenza del codice necessario a decodificarli. Per esempio, nell’alfabeto Morse, un punto e unalinea rappresentano una “A”.

Al fine di rendere possibile la comunicazione, il codice deve essere scelto prima dell’iniziodella stessa e deve essere noto all’emittente e al ricevente.

Durante la comunicazione, possono modificarsi alcuni parametri che rendono necessario unriadattamento del codice. In questi casi si parla di transcodificazione , ossia, il passaggio da un tipo dicodice ad un altro. Per esempio, se durante una chat tra due persone che comunicano in italianodovesse intervenirne una terza inglese, si dovrebbe adeguare il codice comunicativo in modo darendere possibile la comprensione a tutti i partecipanti.

Nella teoria della comunicazione, il codice è un sistema di segni e di regole per la lorocombinazione, convenzionalmente assunto.

Un codice potrebbero essere le varie lingue ma anche un sistema di codifica di determinatesituazioni (pensate al codice d'onore di un militare), al codice deontologico (ovvero una serie disituazione per cui per convenzione ci si da delle regole per una migliore comprensione) e perfino alcodice dell'alfabeto morse.

Tutti questi sistemi “suddividono” la realtà tenendo presente l'economia e la facilità dell'uso diessa stessa.

Per la lingua inglese (codice) la parola “make” in italiano corrisponde a “fare”, “costruire”,“realizzare”, “creare”. Motivo per cui spesso le traduzioni “tradiscono” il testo.

2.4.1 I sottocodici

Nelle comunicazione non basta che il codice sia condiviso affinchè una comunicazione risultimirata.

L'individuazione del codice è un individuazione banale, Occorre riuscire ad individuare unsottocodice utile all'occasione.

Il codice dell'emittente è il responsabile oggettivo di una tale realtà: significato denotativo. Ilsignificato oggettivo di una data realtà è detto significato denotativo. Le particolari sfumature di tipopiù culturale, psicologico, emotivo che si sovrappone al significato denotativo è detto significato

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connotativo. Le particolari sfumature di tipo più culturale, psicologico, emotivo che un determinatosignificante può comunicare viene detto significato connotativo.

Il significato denotativo è stabilito dal codice.Il significato connotativo è stabilito dal sottocodice.Questa grande diversificazione corrisponde ad altrettante diversificazioni dei sottocodici. Spesso

si parla di incomprensibilità anche nel nostro piccolo.Il codice stabilisce dei significati più o meno oggettivi (significato denotativo/oggettivo); ma si

carica di sfumature diverse a seconda dei sottocodici (es.: la parola lavoro può dare sollievo sicurezzaa un disoccupato, inquietudine preoccupazione a un minatore); connotazioni: individuazioni delleconnotazioni esatte del significante. Sottocodice (cultura implicita, non manifesta) si sovrappone alcodice (cultura esplicita).

Tutto questo aumenta i rischi di rumore semantico. L'errore non è solo nella imperfettasovrapposizione codici, ma anche nella cattiva utilizzazione del sottocodice. Per ovviare al rumoresemantico si possono usare dei segni molto ambigui che si prestino a diverse decodifiche (soprattuttonei media, come la TV, che si rivolge a un target molto diversificato, non selezionabile).

La circostanza della comunicazione aiuta il destinatario a stabilire, a scegliere quale codice osottocodice si deve applicare.

es. Bambino = essere umano piccolo di età (denotativo) è diverso dal dire “non fare il bambino”(connotativo).

L'emittente quando deve produrre un messaggio, per veicolarlo ha a disposizione più significanti(ovvero parole ma anche frasi e strategie di comunicazione), raramente si ha una scelta obbligata. Se nesceglie uno piuttosto che un altro a seconda del destinatario e del contesto in cui il messaggio compare.

Il destinatario vede il messaggio come forma significante. Il messaggio ha una valenza disignificante. Il messaggio ha una valenza di significato ed è la valutazione delle circostanze che loaiuta a scegliere fra i diversi significanti.

Perché riesca il processo comunicativo devo ammettere che la circostanza della comunicazionedeve essere la stessa sia per l'emittente che per il destinatario.

2.4.2 I registri linguistici

Il registro linguistico è il livello espressivo scelto dall’emittente (vocaboli, costruzione dellafrase, pronuncia, tono) in base alla situazione e al rapporto esistente tra trasmettitore e ricevente.

Il registro, però, è efficace se è adeguato ai destinatari ed è coerente in ogni parte del testo.Ogni persona è inserita in una rete di relazioni sociali ed assume un ruolo diverso al cambiare

del contesto sociale stesso. Infatti, un giovane, nei confronti dell’insegnante, rappresenta l’alunno,mentre nei confronti dei suoi compagni svolge il ruolo di amico ecc … A seconda dell’ambiente edella relazione con l’interlocutore, il registro cambia I principali registri sono tre:

- Il registro alto o formale , fruibile nelle comunicazioni ufficiali con delle persone che non siconoscono, utilizza un lessico alto e delle finezze linguistiche.

- Il registro medio , sfruttabile nelle normali situazioni al di fuori della famiglia, è costituito dauna scelta linguistica dignitosa e corretta, ma senza particolari ricerche linguistiche.

- Il registro basso o informale , si adotta con parenti e persone in confidenza, è caratterizzato daspontaneità, poche espressioni formali, frasi brevi e spezzettate, termini generici e linguaggio colorito.

Le nomenclature sono diverse: il registro alto può essere definito come solenne, retorico e colto;il registro medio si potrebbe assimilare a polemico, burocratico-ufficiale, offensivo o rispettoso; ilregistro basso è identificabile come familiare, colloquiale o intimo-confidenziale.

Ad esso va aggiunto che esso può variare tra lo scritto e il parlato.

Ad esempio per dire per indicare il precetto della messa domenicale è probabile che dirò ai bambini “bisogna andare a Messa” ai loro genitori che “è opportuno partecipare alla Messa” ma sul foglietto domenicale scriverò che “la celebrazione domenicale è di precetto” nella rivista specializzata troverò

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“la celebrazione eucaristica del giorno del Signore rientra negli obblighi del cristiano”.

2.5 Contesto

L’insieme della situazione generale e delle particolari circostanze in cui ogni eventocomunicativo è, per forza di cose, inserito, si chiama contesto.

Ad esempio il mio professore in aula userà comunicare in una certa maniera con un linguaggioaulico, durante un incontro spirituale coi ragazzi con un linguaggio formale, pacato e piùmeditabondo, durante una partita di calcio magari sbraiterà contro gli avversari.

Talvolta il contesto non corrisponde alla situazione creando equivoci e situazioni di estremadifficoltà: immaginate ad esempio la vittoria in formula Uno durante la quale gara c'è stato unincidente mortale: per quanto il contesto sia di felicità ad essa viene collegata una situazione triste (lamorte di un compagno). Immaginate di dover proporre la lezione sulla gioia di vivere a dei ragazzi acui è stata appena negata la gita di classe. Come anche spiegare durante il precetto pasquale a ragazzia digiuno di liturgia: il contesto (Chiesa) va bene ma la situazione (ragazzi impreparati, cantisconosciuti) non crea comunicazione.

2.6 Rumori e ridondanza

Durante il processo comunicativo potrebbero essere presenti degli elementi che lo disturbano eche rendono difficoltosa la comprensione; i rumori. Essi possono essere di varia natura: dal rumoreprodotto da un martello pneumatico al brusio delle voci delle persone; dall’oscurità causata dallamancanza di luce al fruscio del vento; ecc …

Per limitare i danni causati dai rumori si utilizza la ridondanza , ossia l’ausilio di un messaggiosecondario atto ad assicurare la riuscita della comunicazione. Nel caso in cui due persone stianodialogando e vicino a loro ci sia un martello pneumatico che provoca rumore, l’emittente, oltre al suomessaggio verbale di saluto, farà anche un cenno con la mano.

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3. IL MECCANISMO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE

Il processo fonico-uditivo

Osserviamo cosa avviene quando dueindividui usano il codice lingua per comunicare.

Immaginiamo un uomo (A) di fronte ad unsecondo uomo (B) col quale vuole comunicare.Nel cervello di A (come in quello di qualsiasialtro uomo) con il tempo e l’esperienza si sonodepositate delle immagini mentali o concetti,ossia delle rappresentazioni degli oggetti di cuiho fatto esperienza. Queste rappresentazioni,presenti come ricordi nella memoria, vengono, dicontinuo, precisate ed arricchite integrando nuovielementi attorno al primo nucleo di significato.Associati ai concetti il cervello memorizza i suoni (se sappiamo scrivere anche gli opportuni segnigrafici per rappresentarli) necessari per esprimerli, quella che si chiama “rappresentazione acustica”del concetto. Quando A decide di comunicare con B egli sceglie la opportuna associazione concetto-suono e trasmette un impulso nervoso all’apparato della fonazione.

Il termine “oggetto” deve essere qui inteso nel senso più ampio, per cui anche l’amicizia è unoggetto d’esperienza.

Le onde sonore trasmettono attraverso l’aria i suoni all’orecchio di B e quindi al suo cervello,qui la rappresentazione acustica riconosciuta viene associata al concetto esistente nella memoria di B.

Suoni diversi, esperienze diverse

Abbiamo visto come durante unacomunicazione verbale l’emittente usa unparticolare insieme di suoni (immagine acustica)questi suoni vengono recepiti e classificati dalricevente sotto una particolare etichetta.

Ad esempio sotto l’etichetta suono “a” sonofatte confluire tutte le leggere varianti personali,regionali, nazionali a1, a2, a3, ecc. Unragionamento analogo può essere fatto per iconcetti, l’immagine che noi abbiamo nella nostramente di un oggetto è derivata dall’esperienza chenoi facciamo di quel particolare oggetto. Ilconcetto “casa” rimanda ad oggetti di esperienzadiversi per chi vive in campagna, in città, o in mezzo al deserto.

Queste considerazioni sulle variabili suono ed esperienza ci portano alle seguenti riflessioni:a. quando siamo emittenti di un messaggio, dobbiamo porre una particolare attenzione se

vogliamo che il messaggio trasmesso sia chiaro, in particolare:1. Sceglieremo con cura le parole perché esprimano correttamente il nostro pensiero2. Ci preoccuperemo di adattare ciò che diciamo al nostro ascoltatore, alla sua età, alle sue

conoscenze.3. Porremo particolare cura alla corretta pronuncia delle parole, se il nostro ascoltatore non

riesce a comprendere i suoni che abbiamo pronunciato, non possiamo pretendere che capisca ilsignificato del messaggio.

4. Possiamo usare la lingua per spiegare ulteriormente ciò che intendiamo dire

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b. quando siamo nella condizione di ricevente del messaggio dobbiamo porre la massimaattenzione per la corretta comprensione del messaggio ricevuto.

Perché la comunicazione verbale possa essere attuata in maniera efficace, ci vuole la massimaattenzione da parte sia di chi produce il messaggio (emittente), sia da parte di chi lo riceve (ricevente odestinatario).

3.1 Modello di SHANNON-WEAVER

La comunicazione è trasmissione di informazioni. Questa definizione è conosciuta come Teoriamatematica della comunicazione di Shannon e Weaver. Tale teoria scompone il processocomunicativo nei suoi elementi fondamentali, quali:

Una sorgente capace dielaborare un messaggio(insieme di informazioni datrasmettere);

Un apparato trasmittente(che codifica in base al mezzodi comunicazione prescelto);

Un mezzo o canale dicomunicazione (attraverso ilquale viaggia il messaggio);

Una fonte di rumore (chepuò modificare o deteriorare ilmessaggio);

Un apparato ricevente (checodifica all’inverso ilmessaggio);

Un destinatario (che riceve ilmessaggio decodificato).

Lo scopo della teoria matematica della comunicazione è quello di studiare le strategie miglioriaffinché il messaggio arrivi integro alla sorgente.

Il modello di Shannon (questo il suo vero nome) si applica non solo alle conversazionitelefoniche, ma anche alle comunicazioni faccia a faccia.

Dal modello di Shannon-Weaver nascono due nuovi elementi che sono: encoder e decoderovvero codificazione e decodificazione.

Codificazione

È il processo attraverso il quale ciò che pensiamo viene espresso attraverso una strategia comunicativa.Si tratta di far diventare il pensiero messaggio.

Ad esempio per far capire che sento freddo potrei dire:“Ho la pelle d'oca”“fra un po' divento un ghiacciolo”“mi fa freddo”“se continua così mi prendo una broncopolmonite”“il freddo mi è penetrato nelle ossa”“mi sembra di stare al Polo Nord”

ognuna di queste frasi a seconda del contesto e della situazione verranno usate secondo il piacere del mittentema anche le capacità del destinatario.

Decodificazione

È il processo attraverso il quale il messaggio diventa pensiero ad esempio su un'alta montagna la fidanzata dice “quanto manca all'arrivo?” questa frase può essere intesa comeeffettivamente un calcolo di tempo o di misura o come un modo per dire al fidanzato di essere stanca e quindi difermarsi.

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Questo modello è importante in quanto ci aiuta a comprendere quali strategie elaborare affinchè il nostromessaggio arrivi in maniera più lineare e comprensibile.

In particolare si tratta di:

Scegliere il canale con maggiore grandezza di banda (quantità di informazione / unità ditempo);

Scegliere un codice il più possibile condiviso e robusto; Codificare il messaggio in forma ridondante, per mantenerlo integro anche con rumori.

Il modello di Shannon ha costituito un elemento di fondamentale importanza negli anni passati,ma ben presto ci si è resi conto della sua totale mancanza a riferimenti semantici del codice: talemodello non offriva molti strumenti per addentrarci nei misteri della comunicazione umana. I suoilimiti potevano essere superati solo abbandonando la concezione di comunicazione come scambio diinformazioni e cominciando a considerare gli aspetti complementari della comunicazione, comel’intenzionalità.

L’influente Scuola di Palo Alto non riconosce il requisito dell’intenzionalità, equiparandocomunicazione e comportamento. Secondo tali esponenti, qualsiasi comportamento equivale ad unaforma di comunicazione, anche quando ci si sforza di non comunicare: è impossibile noncomunicare.

In ambito sociologico la comunicazione è semplicemente definita come un processo dicostruzione collettiva e condivisa del significato, processo dotato di livelli diversi diformalizzazione, consapevolezza e intenzionalità.

Informazione

L'informazione a differenza della comunicazione non prevede che prevede un vero e proprio scambiodi informazioni (quindi anche di feedback e di effetti).Ad esempio i cartelli stradali, le indicazioni riguardo una struttura, pur incontrandoli puoi anchesubito non tenerli in considerazione: se non fumo non mi dice nulla il cartello “non fumare” ed'altronde chi ha scritto quel cartello sa che fino a quando non si trova uno che fuma quel cartellonon trasmette nulla oppure se attendo il treno e sento la voce che mi avvisa del ritardo del treno nongli interessa se dopo tale messaggio posso imprecare, sbuffare o andare a farmi un giro o cercare unposto più comodo perchè il suo scopo è solo di farmi prendere coscienza di una realtà o ancora sesulla bacheca mettono il foglio dell'assenza di un professore per quanto possiamo arrabbiarci,lamentarci alla segretaria non resta che far finta di nulla!!!

Nella sua accezione più estesa, il soggetto della comunicazione può essere di volta in volta unessere umano, un gruppo, una pianta, un animale…

Tuttavia, nel momento in cui si utilizza il termine comunicazione col suo significato piùristretto, ci si rende conto di quanto sia difficile utilizzare dei soggetti comunicativi che non sianoumani. Agli animali, infatti, le parole non servono, e i loro “discorsi” non si riferiscono a datifattuali.

Tratteremo d’ora in poi soltanto la comunicazione tra soggetti umani (individuali ecollettivi).

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Uno dei più grandi esperti di comunicazione del secolo, Paul Watzlawick, del Mental ResearchInstitute di Palo Alto, ha formulato quelli che sono oggi diventati dei veri e propri assiomi dellacomunicazione.

Ecco di seguito di cosa si tratta:E’ IMPOSSIBILE NON COMUNICARE. Il comportamento comunicativo non ha un suo

contrario: l’attività e l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggi, perchéinfluenzano gli altri i quali, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni.

OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO E UNO DI RELAZIONE,ED IL SECONDO CLASSIFICA IL PRIMO. Una comunicazione non soltanto trasmette informazionema, al tempo stesso, impone un comportamento. Ogni comunicazione è comportamento, ma ancheogni comportamento è comunicazione. Ogni minuto che passa si comunica attraverso ilcomportamento: sguardi, modi di parlare, posture, movimenti nello spazio.

LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA DELLESEQUENZE DI COMUNICAZIONE TRA I COMUNICANTI. La comunicazione è un flussocontinuo di messaggi a cui però i partecipanti danno una PUNTEGGIATURA, organizzando taliscambi secondo una sequenza in cui, ad uno specifico stimolo segue una precisa risposta.

LA COMUNICAZIONE UMANA E’ ANALOGICA E DIGITALE. IL LINGUAGGIONUMERICO TRASMETTE IN MODO EFFICACE I CONTENUTI MA NON SPIEGA LARELAZIONE, IL LINGUAGGIO ANALOGICO TRASMETTE LA RELAZIONE MA IN MODOAMBIGUO. Esistono due modi per far riferimento ad un oggetto: attraverso l’immagine (creando unrapporto stretto tra oggetto e modo di indicarlo) o attraverso l’attribuzione di un nome (creando unrapporto convenzionale, arbitrario, tra oggetto e modo di indicarlo). La prima comunicazione èanalogica (perché appunto esiste un’analogia tra linguaggio e oggetto), la seconda è digitale (perché èconvenzionale). La comunicazione umana analogica è qualsiasi comunicazione non-verbale, in cuisono compresi i movimenti del corpo, i gesti, l’espressione del viso, l’abbigliamento, il tono di voce,ecc…L’aspetto di contenuto della comunicazione è espresso normalmente dal linguaggio numerico,quello di relazione dal linguaggio analogico. Il primo linguaggio è più preciso, strutturato, il secondopiù efficace per trasmettere la relazione , ma inevitabilmente più impreciso e difficile da interpretare.

TUTTI GLI SCAMBI DI COMUNICAZIONE SONO SIMMETRICI O COMPLEMENTARI(o asimmetrici), A SECONDA CHE SIANO BASATI SULL’UGUAGLIANZA O SULLADIFFERENZA. Gli scambi comunicativi possono essere improntati all’uguaglianza dei due partner, ein questo caso vengono definiti simmetrici, oppure possono essere improntati alla differenza, allorasono definiti complementari. Nel secondo caso inevitabilmente un partner assumerà una posizionedominante e l’altro quella complementare. Il primo caso è quello di colleghi, amici, il secondo ècontraddistinto dalle coppie madre-figlio, insegnante-allievo, capo-dipendente.

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4. COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

4.1 linguaggio analogico e linguaggio digitale

Il primo stadio della comunicazione è il cosiddetto linguaggio gestuale naïf (indicare bocca peresprimere fame, etc). Questi segni hanno una loro efficacia in situazioni d’emergenza, ma sidimostrano limitati se confrontati col linguaggio verbale.

La superiorità del linguaggio verbale non deriva dall’uso della voce: la Lis (Lingua Italiana deiSegni) si dimostra altrettanto potente e flessibile. La differenza tra Lis e linguaggio naïf sta nel fattoche ogni gesto è rigidamente codificato e univoco.

Questo carattere di convenzionalità ci permette di distinguere tra loro i linguaggi digitali (numerici)dai linguaggi analogici. Il linguaggio digitale è discreto, mentre quello analogico è continuo. (cane,imitazione di un cane). Non sempre il linguaggio digitale e superiore a quello analogico: a volte un abbracciopuò valere più di mille parole.

Analogico e digitale è solo uno dei modi nei quali si possono suddividere i sistemi che usiamoper comunicare.

Linguaggio "analogico" e linguaggio "digitale" sono termini entrati in uso in seguito agli studicompiuti negli anni '60/'70, da parte di un gruppo di ricercatori che lavoravano presso il MentalResearch Institute di Palo Alto, California.

Analogico, cioè "non logico", é qualcosa che non é rivolto alla parte razionale della nostramente, ma a quello che potremmo chiamare il nostro cuore, e cioè le emozioni e i sentimenti.

Digitale, dall'inglese "digit" che significa numero, é tutto quello che si indirizza al nostrocervello visto nelle sue capacità di ragionamento, logica, analisi, matematica.

L'uso delle parole é quasi sempre digitale, razionale: se io ti parlo e non metto le parole nellagiusta posizione, se non utilizzo i verbi ed i nomi appropriati, tu non mi puoi capire.

Volendo essere più precisi si potrebbe ancora notare che il linguaggio delle parole si presta allinguaggio digitale ma anche ad usi analogici come l'uso dei proverbi; viaggiando tra il digitale el'analogico, con le parole si può decidere come modulare le emozioni: c'é una grossa differenza tra ildire "quello che hai fatto mi dispiace molto" e il dire "mi hai spezzato il cuore"; ed ancora, parliamo di"mente" per indicare la razionalità o l'intelligenza e di "cuore" per indicare i sentimenti, quando tuttisappiamo che il cuore é un muscolo che serve a pompare il sangue e non é certo la sede delle nostreemozioni d'amore; ed ancora, se dico "Carlo é un leone", tutti capiscono che sto dicendo che é unuomo coraggioso e non un animale con la criniera.

L'uso dei gesti fa parte del linguaggio analogico; attraverso il gesto, senza parlare, comunico unacerta risposta o un mio atteggiamento; in Italia abbiamo anche tutta una serie di gesti e gestacci giàcodificati e conosciuti da tutti.

Ma posso comunicare in maniera analogica anche con la posizione che assumo col corpo: se tiascolto stravaccato sul divano, mostro meno attenzione che non seduto e leggermente reclinato versodi te, come per sentire meglio le tue parole; con le espressioni del viso, o solo con uno sguardo, possofarti capire se sono d'accordo con te.

L'arte visiva, figure, disegni, fotografie, quadri, immagini pubblicitarie e non, quasi sempreappartengono al mondo analogico, ci fanno provare delle emozioni.

Il bravo comunicatore, il giornalista, l'attore, il politico, l'uomo di spettacolo, il pubblicitario, inmodo istintivo o in modo razionale utilizzano sempre i due linguaggi per rafforzare il loro messaggio.

Se il destinatario del messaggio viene colpito al cuore e alla mente nello stesso momento, ilmessaggio sarà più incisivo: ad esempio si può scrivere sulla guerra in Iugoslavia per esempio, unarticolo "digitale" serio e pieno di dati che fanno appello alla nostra parte razionale; se poi al centro diquest'articolo ci mettiamo in maniera "analogica" la foto di un bambino mutilato e insanguinato, o lafoto di una vecchia con le mani alzate per la disperazione davanti alle rovine della sua casa, otteniamosu chi legge l'articolo e vede la foto un effetto molto forte.

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Si può suggerire ad un venditore di illustrare al potenziale cliente il proprio prodotto in modorazionale/digitale, e nello stesso tempo utilizzando anche strumenti analogici (una casa farmaceuticaitaliana qualche tempo fa proponeva ai propri informatori scientifici di avvicinare il medico perpropagandare un farmaco contro l'ansia, mostrando in maniera digitale una tabella scientifica edicendo al medico nello stesso tempo, in maniera analogica "...e vedrà che con questo farmaco silibererà dei pazienti rompiscatole che le vengono tutti i giorni in studio"); un uomo politico che vuoldare di sé un'immagine forte e popolare, mentre pronuncia un discorso studiato in maniera digitale,può rafforzarlo in maniera analogica scatenandosi sul palco, urlando, usando espressioni forti e anchevolgari, o può paragonare la nazione ad una madre da difendere contro la violenza sessuale, vantarsidei propri attributi maschili come simbolo di forza politica.

Un altro uomo politico invece, per darci la sensazione di solidità, serietà, soldi e raggiungimentodel successo, mentre ci parla usa sempre un linguaggio molto corretto e controllato, non alza mai lavoce, non gesticola, si veste in maniera tradizionale e seriosa, dalle giacche a doppio petto blu aigolfini di cashmere e si fa riprendere all'interno della propria bella casa, magari con a fianco la bellamoglie ed i figli in tenuta da collegio svizzero.

4.2 il linguaggio verbale e non-verbale

Come abbiamo detto, il linguaggio verbale caratterizza e distingue l’uomo dalle altre specieanimali. La lingua determina non solo il modo di cui parliamo del mondo, ma anche ciò che di questomondo conosciamo (gli eschimesi hanno un sacco di termini per distinguere i tipi di neve, noi no):questa teoria è nota col termine di relatività linguistica.

Oltre alle parole, l’uomo utilizza varie forme di comunicazione non verbale. Per comprenderel’inaspettata ricchezza della comunicazione non verbale si può iniziare studiando le sue diversecomponenti: sistema paralinguistico, sistema cinesico, prossemica, aptica.

Il sistema paralinguistico è costituito da tutti i suoni che emettiamo a prescindere dal significatodelle parole. Si tratta in primo luogo del tono e della frequenza della voce (fattori fisiologici), maanche del ritmo e delle pause (che possono essere vuote, es. silenzio, o piene, come quando usiamo gliintercalari beh, mmhh…).

Il sistema cinesico comprende i movimenti degli occhi , del volto e del corpo ma anche lamimica facciale (es. arrossire), i gesti (es. delle mani) e lapostura ( dell’intero corpo, es. sull’attenti)

La prossemica studia la gestione dello spazio e delterritorio. Come gli animali, anche gli esseri umanimantengono distanze codificate tra loro: si va dalla zonaintima (50 cm dalla superficie della pelle) nella qualeentrano solo familiari e il partner (un’intrusione estraneaprovoca disagio, paura, imbarazzo), alla zona personale(50-100 cm) nella quale sono ammessi i familiari menostretti, gli amici e i colleghi: è la zona delle conversazioniinformali, alla zona sociale (1-3, 4 metri), zona dellecomunicazioni formali e degli incontri casuali: riusciamoa vedere tutta la persona che abbiamo di fronte, e allazona pubblica (> 4 m), quella prevista per le occasionipubbliche ufficiali, quali lezioni o comizi. In questa zonala comunicazione è preparata e c’è particolare asimmetriatra gli interlocutori (uno parla, altri ascoltano).

L’aptica studia il contatto fisico, ed è la branchia della comunicazione non verbale menostudiata. Si va dalla stretta di mano, al doppio bacio per salutare gli amici, alle effusioni più intime.L’aptica è importante in quanto un contatto in più o in meno può renderci invadenti o freddi.

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zona intima

zona personale

zona sociale

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La comunicazione, tuttavia, non si riduce ad una semplice distinzione tra linguaggi verbali e nonverbali: nessuno di questi due ha una vera e propria supremazia sull’altro.

Per quanto riguarda la distinzione tra linguaggi digitali (numerici) e analogici dobbiamoricordare che questa suddivisione non è sovrapponibile con quella tra linguaggi verbali e non verbali,ma anzi si combina con questi dando luogo a:

- Comunicazione verbale di tipo digitale (lezione universitaria): la componente più importante èciò che dice il docente, a prescindere da come lo dica.

- Comunicazione non verbale di tipo digitale (L.i.s.): anche un linguaggio dei segni puòpossedere segni

convenzionali che vanno appresi.

- Comunicazione verbale di tipo analogico (poesia): una poesia trova il suo senso più nellasonorità delle parole, nella sua capacità di evocare sentimenti che nel significato delle singole parole.

- Comunicazione non verbale di tipo analogico (comunicazione tra madre e figlio): il bambinonon ha ancora l’uso della parole, comunica con la madre cogliendone la tonalità, lo sguardo.

Tuttavia la suddivisione tra digitale e analogico non appare sempre netta.

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5. IL SEGNO

In linguistica si è soliti definire le due componenti di un segno come significato e significante:il significante è il mezzo che usiamo per rappresentare il significato.

es. la parola G ATTO (significante) e felino di piccole dimensioni (significato)La semiotica distingue inoltre i segni in indici, icone e simboli: Quando esiste una relazione di continuità propriamente fisica tra significato e significante il

segno assume le caratteristiche di un indice: l’altezza raggiunta dal mercurio nellacolonnina indica la temperatura.

Quando si parla invece di relazione di similitudine o analogia tra significato e significante ilsegno assume le caratteristiche di un’icona: le icone del pc o gli omini stilizzati sulle portedei bagni.

Quando, infine, il rapporto tra significato e significante è arbitrario e convenzionale, comeper la comunicazione digitale, il segno assume le caratteristiche di un simbolo: la parola“cane” è il simbolo convenzionale dell’animale in questione.

5.1 Modello di Peirce

Charles Peirce, padre della modernasemiotica, ha riproposto uno schema simile aquello classico, ma più complesso. In questocaso, i tre elementi sono tutti direttamentecollegati fra loro:

il representamen (ciò che rappresental'oggetto),

l'interpretante (come si interpretal'oggetto),

l'oggetto stesso.L'oggetto considerato all'interno di questo

schema è definito immediato, cioè il risultatodell'interpretazione stessa. Ad esso si opponequello dinamico, che non può essere all'internodel triangolo perché è l'oggetto al di là di ogniinterpretazione, che deve comunque tendere araggiungerlo.

Questo avvicinamento all'oggettodinamico è detto semiosi: secondo la teoriadella semiosi illimitata, un representamen vieneinterpretato come oggetto immediato, che a suavolta diviene representamen per un'altrainterpretazione che tenderà a raggiungerel'oggetto dinamico.

In parole povere la mia immagine mentale di un oggetto corrisponderà sempre di più a quellocon cui ho esperienza diretta. Un esempio lo capiamo se pensiamo quando pensiamo alla musica: perun anziano probabilmente la musica corrisponde alla banda, per un musicista alla musica classica,per un giovane alla musica dance, ad un adulto la musica leggera. Il concetto di musica piano pianosi aggiorna man mano che lo stesso segno viene usato per indicare differenti modalità dello stessogenere. Per cui l'immagine verrà rinforzata di altri elementi e l'immagine mentale (interpretamen) simodificherà per cui per l'adulto ad esempio musica diventerà anche quel “rumore” che il figlioascolta.

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6. MODELLO DI LASSWELL

Quando parliamo di modelli si intendono delle semplificazioni di ciò che effettivamente avvienenella realtà.

Il Modello di Lasswell è un metodo corretto per descrivere un atto comunicativo che consistenel rispondere alle seguenti domande:

Chi?

Comunicatore

Ricerca sulle emittenti

Dice cosa?

Messaggio

Analisi del contenuto

Con qualemezzo?

Mezzo

Analisi del mezzo

A chi?

Ricevente

Analisi dell’audience

Con quali effetti?

Effetti

Analisi degli effetti

È con queste parole che Harold Lasswell, nel 1948, tentò di organizzare un campo di studi alloracaotico come quello della comunicazione. Il modello di Lasswell ha il merito, infatti, di identificarsicome il primo tentativo di introdurre allo studio dei processi comunicativi, attribuendo ruoli e parti aidiversi soggetti coinvolti nonché precise dinamiche di interazione.

Oltre a descrivere più analiticamente il processo comunicativo, il modello di Lasswell, comedetto, si presta ad organizzare il campo della ricerca e dell'analisi in aree aventi distinti oggetti diindagine.o Prestare attenzione a "chi" attiva il processo comunicativo significa collocarsi nell'area di studio

dell'emittenza: vale a dire di quei soggetti che producono messaggi comunicativi. Gli studisull'organizzazione del lavoro giornalistico, delle emittenti televisive e delle nuove tecnologiedella comunicazione si inscrivono all'interno di un filone di studi che ruotano intorno alla figuradell'emittente e che hanno percorso due strade, l'una tracciata dalla sociologia delle professioni,l'altra dalla sociologia del lavoro e dell'organizzazione.

o Prestare attenzione a "cosa" viene comunicato, invece, comporta un'automatica collocazionenell'area di studio del messaggio. Il filone estremamente ricco della content analysis trova inLasswell, infatti, il suo padre fondatore, con studi pionieristici sulle tecniche di persuasioneutilizzate durante la prima guerra mondiale. Questa metodologia di ricerca cotninua arappresentare un'applicazione esemplare dell'analisi del contenuto, pur con tutti i limiti connessiall'adozione di un'approccio basato sul conteggio dei simboli-chiave e sull'assunto implicito diun'univoca interpretazione del messaggio da parte dei destinatari.

o Prestare attenzione a "chi" è il destinatario del messaggio implica l'assunzione di un focusd'attenzione centrato sul pubblico dei media. Gi studi sull'audience dei media sono incredibilmentecresciuti negli ultimi anni, a testimonianza della centralità di una problematica a lungo ignorata.

o Infine, prestare attenzione a "quali effetti" vengano attivati nei destinatari significa entrare di forzanel campo di studio degli effetti, che ha attraversato l'intera storia della mass communicationresearch. Gli effetti intenzionali o inintenzionali, diretti o indiretti, a breve o a lungo terminerappresenteranno, infatti, sin dagli inizi, il campo privilegiato degli studiosi alla perenne ricerca diconseguenze attribuibili all'azione dei media.

L'organizzazione del campo di studio, frutto dell'applicazione del modello di Lasswell, continuaa rappresentare un utile strumento di lavoro per organizzare la raccolta dei dati e per costruire unaprima visione di insieme, come si evince dalla rappresentazione grafica di tale modello.

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7. LA SEMIOTICA INTERPRETATIVA (NEGOZIAZIONE DEL TESTO)

Fondamentale in Eco è quindi il problema dell'interpretazione. Eco muove dall'idea che l'analisidelle strutture del testo coincida con la ricerca delle sue potenziali strategie interpretative. Ecodefinisce il testo "una macchina pigra" in quanto ritiene che il senso di un testo sia determinato solo inparte dalle strutture o dai percorsi di senso potenziali costruiti dall'emittente, ma che un ruolofondamentale venga svolto dal fruitore del testo senza il cui intervento il senso resterebbe lettera muta.Quindi la costruzione del senso di un testo si gioca nel processo dialettico che si attiva tra le struttureretorico-testuali e le strategie di interpretazione del lettore (principio della cooperazione interpretativanei testi narrativi).

Legata alla questione dell'interpretazione testuale - una delle questioni centrali del lavoro di Eco- è quella della individuazione dei limiti dell'interpretazione medesima. Fin dal 1962 - in una fase pre-semiotica della sua ricerca - Eco si era occupato della questione della interpretazione dei testi.

Dapprima veniva infatti elaborata una estetica della ricezione testuale, in cui il ruolo del lettoreera fortemente attivo e creativo nei confronti della definizione del senso del testo. In seguito Eco hanotevolmente ristretto la libertà del lettore o fruitore del testo, prima con la teoria già citata dellacooperazione interpretativa tra testo e lettore, poi con una vera e propria definizione dei limitidell'interpretazione.

In sostanza, secondo Eco, si può definire propriamente interpretazione di un testo solo quellalettura che sia giustificata e comprovata dalle strutture testuali medesime; ogni lettura del testo chevada oltre tale giustificazione testuale dovrà essere definita un uso del testo medesimo e non avràl'obbligo di essere coerente con il testo da cui deriva.

In sintesi Eco ammette che il lettore sia attivo ma ne definisce anche i limiti di una giustacomprensione del testo al di là del quale c'è una cattiva interpretazione del medesimo.

7.1 Problema del significato

Altra questione centrale nella ricerca di Eco è il problema del significato. In sostanza Eco haproposto un modello semantico a istruzioni in formato di enciclopedia. La metafora dell'enciclopediaserve ad Eco per evidenziare la differente struttura interna del modello di sapere da lui utilizzata che sidefinisce come una rete di unità culturali tra loro interconnesse.

Il modello ad enciclopedia viene contrapposto a più rigidi modelli semantici a dizionario in cuiogni significato è semplicemente definito da una serie di unità minime tra loro interdefinite eautosufficienti (semantica strutturale). Ma il funzionamento del processo cognitivo che portaall'identificazione del significato è molto più aperta ed è legata all'attivazione di porzioni del sapereculturale complessivo in ragione delle esigenze contestuali. Il significato è infatti determinato dall'usodi concetti legati alla nostra generale esperienza o conoscenza del mondo, a stereotipi e struttureculturalmente predefinite che abbiamo appreso nel tempo e/o da altri testi (competenza intertestuale).

Secondo Eco posti di fronte ad un nuovo fenomeno, attraverso un meccanismo di inferenzapercettiva, noi ci costruiamo dei tipi cognitivi - "privati" o individuali -, mentre sul piano dell'accordocomunicativo, quindi sul versante intersoggettivo e culturale, ci troviamo di fronte alla elaborazione diquello che Eco chiama contenuto nucleare, costituito dall'insieme delle diverse interpretazioni econcezioni dell'oggetto in uso. A queste competenze si può poi aggiungere una conoscenza piùspecifica e "professionale" propria solo di alcuni soggetti che Eco chiama contenuto molare.

7.2 Fagocitazione, manipolazione, inferenza

Secondo lo studioso romeno Paul Cornea, la fase cruciale della comprensione di un testoconsiste nella negoziazione del senso, un procedimento che ha lo scopo di mediare tra il repertorio dellettore e le nuove percezioni di lettura.

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Il lettore integra i significati parziali e provvisori di parole, frasi, capoversi in ipotesi globali daulteriormente controllare nella continuazione della lettura.

Il paradosso rilevato da Cornea consiste nella stretta correlazione tra il senso di una parola daattualizzare nell'occasione specifica e la cornice semantica in cui tale parola si colloca.

Per comprendere la cornice semantica di un enunciato occorre attualizzare determinate areesemantiche delle parole che contiene e tenerne sotto narcosi altre, ma per capire quali aree semantichedelle parole occorre attualizzare occorre essere a conoscenza della cornice semantica del testo nel suoinsieme. La comprensione del senso globale e quella del significato particolare vanno di pari passo.Da queste considerazione osserviamo che:

quando l'attività del lettore è lanciata alla sua velocità massima perché non incontra ostacoli, lanegoziazione del senso è talmente facile e al di fuori del pieno controllo consapevole che non vienenemmeno percepita come tale;

quando l'attività del lettore viene rallentata, siamo in presenza di difficoltà di lettura, come peresempio una parola sconosciuta. La lettura può riprendere solo dopo che alla parola in questione viene(provvisoriamente come sempre) attribuito un significato, o dopo avere consultato un testo, o perabduzione, per congettura basata sulle opportunità di attivazione di significati plausibili nel co-testo enel contesto.

Nei testi fortemente referenziali, "chiusi", tali difficoltà di decodifica possono essere causateinvolontariamente dall'autore, oppure da difficoltà lessicali legate a linguaggi settoriali, tecnicismi chevengono introdotti all'attenzione del lettore. Nei testi non strettamente informativi, più tendentiall'auto-referenzialità, dal punto di vista dell'autore le difficoltà di decodifica sono calcolate e fannoparte della strategia dell'autore, che vuole mettere alla prova la capacità o lo stato di attenzione dellettore.

Sia per il lettore convenzionale, sia per il lettore traduttore, gli atteggiamenti possibili di fronte adifficoltà sono due:

reazione o rinuncia. In quest'ultimo caso, di rifiuto della provocazione dell'autore, a farne le spese senza alcuna colpa è

il lettore. Nel caso invece in cui si propenda per affrontare le difficoltà, la negoziazione del senso vienesuddivisa da Cornea in tre procedimenti: fagocitazione, manipolazione simbolica e inferenza multipla.

Fagocitazione: con questo termine si indica un'operazione che potremmo definireappropriazione dell'altrui, livellamento dell'elemento estraneo ai parametri prevalenti all'interno delcontesto ricevente. Ciò avviene quando il contesto semantico è stato chiarito in un modo che si ritienedefinitivo, oppure alcune unità di senso compiuto sono state individuate e non si desidera metterle indiscussione perché ritenute utili e coerenti con una prospettiva di decodificazione ben precisa.L'approccio della fagocitazione, in senso generale, fuori dal contesto, potrà apparire livellante e pocoattento alle peculiarità del prototesto.

Manipolazione simbolica. Qui al lettore viene chiesto di non limitarsi all'attualizzazione delsenso primario, superficiale, letterale di un enunciato, ma di scoprire un senso secondario, figurato,traslato, senso suggerito da una difficoltà di decodifica che richiede un'interpretazione particolare perdare coerenza al testo nell'insieme.

L'Inferenza multipla è l'operazione consistente nel proporre alcune ipotesi simultaneamente econcatenate tra loro allo scopo di superare una difficoltà di lettura. Nella negoziazione del senso, però,che sta alla base delle inferenze, un ruolo fondamentale assumono le valutazioni soggettive, che sibasano su parametri affettivi, legati alle esperienze precedenti del lettore.

Negoziare il senso è «un'operazione molto più complessa di quanto appaia a prima vista:richiede competenza, flessibilità associativa ed esperienza di lettura (per saper superare le difficoltà) e,allo stesso tempo, l'adozione di un atteggiamento vigile»circa i propri pregiudizi, circa la propriaideologia inconscia per controllare le reazioni impulsive e non distaccarsi troppo dal percorso indicato- ancorché implicitamente - dalla strategia autoriale, sfociando nella decodifica aberrante.

In sintesi Paul Cornea riconoscendola dialettica tra testo e lettore prevede che in alcuni casi ilsecondo possa avere difficoltà nel decodificare un testo per cui sceglierà se accettarlo o rinunciare:

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se decide di accettare dovrà attuare una triplice strategia: Fagocitazione (accettazione del termine inquestione), Manipolazione simbolica (cercare di capire il senso di quella parola in quel contesto),Inferenza multipla (trovare nel suo bagaglio culturale, emotivo e altro qualcosa che lo avvicini alsenso) ad esempio se io trovo la frase “Ei fu, siccome immobile” dovrò scegliere se far rientrarequesta frase nel mio universo semantico-conoscitivo (fagocitazione), poi dovrò manipolare glielementi in questione (fu=passato remoto Ei=Egli= chi?) e infine pensare a ciò che nel mio universoconoscitivo mi permette di comprendere il senso pieno (chi è morto il “5 maggio”? Chi è l'autore diquesto testo?).

Altro esempio è una parola come “Pneumatologico” o “Pericoresi”: devo scegliere se volerloinserire nella mia enciclopedia mentale poi decifrarne i contenuti attraverso una manipolazionesimbolica (pneuma=soffio, Spirito?

Pneumatico c'entra qualcosa?; peri=intorno coresi mi fa venire in mente coreografia e quindi iballetti del saggio del musical) e infine una inferenza multipla (è il professore di Trinitaria che parlao il mio gommista? Sto a scuola di ballo o sto in un aula?)

7.3 L'abitudine

La memoria delle percezioni passate crea una sorta di banca dati individuale parzialmenteinconscia che però, sebbene a livello subliminale, interviene attivamente per accorpare percetti affini esistematizzarli in categorie.

Le interpretazioni cui dà luogo una stringa di testo costituiscono una memoria storica che fa sìche le percezioni successive di stringhe di testo uguali o analoghe possano essere confrontate e, se è ilcaso, assimilate alle percezioni e interpretazioni precedenti.

Il ri-occorrere di tali associazioni è ciò che dà luogo all'abitudine, alla generalizzazionedell'esperienza e al tentativo di ergere un fascio di esperienze al rango di norma (regolarità):

Le abitudini hanno gradi di forza che variano dalla dissociazione completa all'associazioneinseparabile.

Questi gradi sono un misto di prontezza all'azione, ossia eccitabilità e altri ingredienti che non èil caso di esaminare separatamente qui.

Il cambiamento d'abitudine consiste spesso nell'innalzare o nell'abbassare la forza diun'abitudine. Spesso le abitudini differiscono per durata (che analogamente è una qualitàcomposita).

Per capirci il lettore esperto legge, guidato dall'abitudine interpretativa, grazie alla qualela sua lettura può procedere spedita seguendo norme generali sulla regolarità, finché nons'incaglia in qualche zona di testo marcata, in qualche scoglio che richiede una navigazione avista, un'attenzione particolare per riuscire ad affrontare le peculiarità estetiche e interpretativespecifiche.

Qui l'abitudine non fa al caso interpretativo del lettore, e quindi occorre sopperirvi con unfresco impiego di applicazione analitica ad hoc.

Le abitudini, le generalizzazioni non sono un vicolo cieco ma, come gli altri due vertici dellatriade, comunicano con ciascuno degli altri elementi (ripensiamo a Peirce). Abbiamo visto che lapercezione istintiva gradualmente porta all'accumulo di esperienza, e che l'accumulo di esperienza asua volta porta al costituirsi di abitudini. Ma le abitudini, una volta formate, quando cominciano a dareluogo a regolarità percettive e a ritmi di lettura più veloci, sono entità statiche?

Le generalizzazioni hanno valore assoluto e permanente?La risposta è no, e si capisce facilmente perché. L'esperienza e l'abitudine si fondano sulla

possibilità di catalogare le percezioni di lettura e di interpretazione. Tale catalogazione implica unasemplificazione e l'istituzione di una norma (intesa, in senso descrittivo, come caso statisticamente piùfrequente, regolarità) e di una serie di modi, di tempi e di quantità di scostamento standard dallanorma.

L'elemento di novità, il testo marcato, richiama l'attenzione del sistema di lettura vigile il quale,dopo un tempo di decodifica appesantito dalla difficoltà, finisce per compiere l'atto interpretativo. Al

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termine, l'elemento nuovo è stato letto e interpretato, e il ciclo percezione - esperienza - abitudine sicompie, con la peculiarità che la percezione nuova dà luogo a un'esperienza nuova, alla qualel'abitudine (vecchia) non è applicabile e deve perciò essere adattata. Da qui scatta il segnale d'allarmee si ha - per il passo in cui è necessario - la decodifica consapevole, lenta, analitica. A conclusione ditale esperienza nuova, della decodifica di un testo anomalo, il vertice della triade a cui fa capol'abitudine risulta però integrato, arricchito, perché la vecchia abitudine è risultata inadeguata adaffrontare la nuova esperienza, ed è uscita modificata e rafforzata e ampliata dal confronto. Perciòil ciclo triangolare dell'acquisizione della conoscenza non ha mai fine.

L'esperienza di un lettore deve esseremolto ricca se si pretende che l'abitudineconsolidata sia relativamente stabile. In unlettore alle prime armi, la banca dei datiesperiti è talmente misera che alla primanovità le sue flebili abitudini ricevono unoscossone drastico e radicale.

In parole semplici l'abitudine crea nellanostra mente la capacità di poter affrontareun testo in maniera molto più scorrevole maessa non va vista come qualcosa di staticama di dinamica. Ogni volta che affrontiamoun testo la nostra conoscenza viene amodificarsi e quindi l'interpretamen vienemodificato (per inferenza).

Ad esempio leggendo un testo di SacraScrittura mi risulterà più agevole la letturase conosco i vari personaggi della Bibbia emagari anche la sua storia, oppurepensiamo a un ragazzo che entra in chiesa esi trova un'acquasantiera, non avendoabitudine a intingere il dito per segnarsifarà fatica a capire il perchè diquell'oggetto. Solo l'abitudine gli permetterà che quell'acqua ricorda il passaggio del Mar Rosso, ilBattesimo, etc. etc.

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8. STORIA DEI MEDIA

A partire dalla prima metà del XX secolo, gli studi sulla comunicazione trovano un nuovooggetto di studio, i media. (media: lat. plurale di medium, mezzo).

Tracciamo qui di seguito una breve storia dei media:Ogni nuovo mezzo di comunicazione è accompagnato da importanti cambiamenti sociali. La

specie umana è caratterizzata da sempre dalla facoltà di esprimersi attraverso il linguaggio verbale.

“I media, attraverso i quali gli uomini comunicano, influenzano la loro lingua, il loro modo dipensare e anche, direttamente e indirettamente, le società in cui essi vivono” (M. Baldini, Storia dellacomunicazione, in Dizionario della Comunicazione, Carocci 2009) distinguiamo tre importantirivoluzioni nella storia della comunicazione:

rivoluzione chirografica (con l’invenzione della scrittura);rivoluzione gutenberghiana (con l’invenzione della stampa);rivoluzione elettrica ed elettronica (dall’invenzione del telegrafo)

e cinque tipi di culture, di età o epoche della comunicazione, che si sono succedute alla luce dei varistrumenti di comunicazione utilizzati.

o cultura orale o epoca dell’oralità;o cultura manoscritta (chirografica) o epoca della scrittura;o cultura tipografica o epoca della stampa;o cultura dei media elettrici ed elettronici o epoca dei media elettrici ed elettronici.o cultura dei digital media o epoca dei digital media.

Conseguenze di queste rivoluzioni: rapidità di circolazione delle informazioni e costi sempre piùbassi. Rivoluzioni succedute con ritmi sempre più ristretti.

8.1 Le tappe della comunicazione

In tal modo, ci sembra di poter individuare cinque tappe fondamentali nella storia dellacomunicazione:

1. il linguaggio, perfezionatosi come strumento sistematico di trasmissione e scambio di pensiericomplessi all’incirca 40.000-30.000 anni fa;

2. la scrittura, introdotta circa nel IV millennio a.C., tecnologia che introduce la possibilità distoccaggio delle informazioni e un certo — sia pure limitato — grado di riproducibilità dei testi e dicomunicazione a distanza;

3. la riproducibilità tecnica, inaugurata dalla stampa, tecnologia di riproduzione dellascrittura databile intorno alla metà del Quattrocento. La riproducibilità tecnica è alla base dellosfruttamento commerciale dei prodotti culturali e stabilisce, quindi, una delle condizioni essenzialiper l’inizio della fase di commercializzazione della cultura. Tecnologie di riproduzione sonoanche fotografia, cinema e riproduzione del suono comparse o affermatesi nella seconda metàdell’Ottocento, che consentono di riprodurre esperienze (visione di immagini, fisse o inmovimento, ascolto di suoni) ed avviano, nell’ambito della Rivoluzione Industriale, le primeindustrie culturali Otto-Novecentesche;

4. la telecomunicazione che, con l’invenzione del telegrafo e del telefono, segna la possibilità dicomunicazione “uno a uno” istantanea a distanza. La prima metà del Novecento vede poi la nascita —con la radio e la televisione — delle possibilità di telecomunicazione dell’esperienza, in un processocomunicativo “da uno a molti”. Telegrafo e telefono, se influiscono profondamente sulla vita

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individuale e sociale, si riflettono solo in misura limitata nell’organizzazione degli apparati delleindustrie culturali (fatta eccezione per l’informazione, per la quale rappresentano una vera e propriainfrastruttura produttiva). La radio, e quindi la televisione, rispetto alla telecomunicazione “punto apunto”, rappresentano un’ulteriore svolta comunicativa perché consentono a enormi quantità dipersone di sperimentare la simultaneità senza la necessità di condividere un luogo. Esse danno quindiorigine a un processo comunicativo (la comunicazione di massa) di tipo nuovo e fanno capo adapparati organizzativi e a modelli industriali ed economici di tipo inedito;

5. l’informatica, la telematica e l’adozione del codice digitale per la trasmissione e lostoccaggio dell’informazione, tecnologie che caratterizzano la fine del Novecento e gli inizi delterzo millennio.

Le diverse tecnologie della comunicazione sono accomunate dalla funzione di permettere loscambio e la trasmissione attraverso lo spazio e il tempo. Grazie ad esse individui dislocati sulterritorio a distanze più o meno grandi possono:

o collegarsi fra loro ed accedere a contenuti relativi al passato (nelle forme della tradizione) eal futuro (nelle forme della previsione);

o mettere “in comune” una quantità sempre crescente d’informazioni, sentimenti, emozioni,pensieri;

o eliminare progressivamente i limiti spaziali e temporali;o generalizzare le occasioni di uso e di scambio dei significati, in una rete comunicativa via via

più fitta, capillare e diversificata. La conseguenza più vistosa è quella di far circolare leinformazioni a una velocità sempre maggiore, a costi sempre minori.

Notevole è, poi, l’accelerazione dei tempi intercorrenti fra le introduzioni di nuove tecnologiecomunicative. Mentre tra i primi tentativi alfabetici e l’alfabeto latino passano circa cinquemila anni— e altrettanti ne trascorrono dall’invenzione della scrittura a quella della stampa — tra l’invenzionedella stampa e i media elettrici non intercorrono neppure quattro secoli, mentre il passaggio daltelegrafo al World Wide Web richiede soltanto circa 150 anni.

8.2 Oralità

Gli ominidi, che ancora non hanno conquistato la posizione eretta, comunicano in genere seguendol’istinto e i fattori ereditari. In questo stadio il comportamento comunicativo che dipendedall’apprendimento è molto limitato.

Attraverso il linguaggio, l’uomo imposta l’esistenza in modo da difendersi e da organizzarel’attività della caccia.

Con il passare dei secoli diventa capace di immagazzinare e trasmettere ai suoi successori letecniche di sopravvivenza e, a partire dal 10.000 a.C. circa, impara a praticare l’agricoltura.

La capacità di usare il linguaggio consente all’esistenza umana di fare passi da gigante. Parole, numerie altri simboli, unitamente alle regole del linguaggio e della logica, mettono gli esseri umani nellacondizione di affrontare il loro ambiente fisico e sociale in modi assolutamente non realizzabili nellaprecedente età dei segni e dei segnali.

Attraverso la padronanza dei sistemi simbolici gli individui possono operare classificazioni,astrazioni, analisi, sintesi e ipotesi. Possono, inoltre, ricordare, trasmettere, ricevere e comprenderemessaggi di lunghezza, complessità e finezza molto superiori a quelli consentiti dalle prime forme dicomunicazione.

Dalle pitture rupestri che caratterizzano l’era della parola e del linguaggio, si passa, con loscorrere dei secoli, alle immagini pittografiche. Spinti dalle necessità connesse all’attività agricola, dalbisogno di registrare i confini delle proprie terre e dal progredire degli scambi commerciali, gli uominicercano il modo per standardizzare i significati delle immagini. Intorno al 4000 a.C., in Egitto e inMesopotamia, compaiono iscrizioni che è possibile associare a significati che, con il passare deltempo, diventano sempre più standardizzati e codificati.

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8.2.1 Oralità e memoria

In una cultura orale primaria per esprimere e far conoscere agli altri pensieri e stati emotivi nonesistono altri mezzi che il linguaggio, principio convenzionale - socialmente introiettato - che vincola inmodo univoco contenuti e suoni.

Il patrimonio di conoscenze è soggetto a pesanti limiti: ha un breve raggio spaziale, ammetteuditori limitati e non assicura permanenza ai contenuti. Una cultura che non conosce la scrittura e nonpossiede documenti si fonda esclusivamente sulla memoria: gli uomini sanno solo ciò che ricordano ele conoscenze vengono trasmesse con il solo strumento della voce. In tale ambito la relazione con leparole è profondamente diversa dalla nostra: le parole non hanno una presenza visiva, ma sonosoltanto suoni che si possono “richiamare”, ricordare. Pertanto in questa fase, per la trasmissione delleconoscenze, tra i sensi umani, l’udito è il più importante: l’uomo è più auditivo che visivo.

In una cultura in cui non esistono testi scritti — né a mano né stampati — il sapere deve essereorganizzato in espressioni verbali essenziali, in modo da essere facilmente memorizzato e trasmessoattraverso formule, frasi fatte, proverbi, massime. Queste ultime, per quanto reperibili ancora in operea stampa, nelle culture orali non sono occasionali, ma costituiscono e formano la sostanza di unpensiero che senza di loro non può avere durata. Nella cultura orale il pensiero nasce, quindi,all’interno di schemi a grande contenuto ritmico, si struttura in ripetizioni e antitesi, in allitterazioni eassonanze, in epiteti ed espressioni formulaiche, in temi standard, in proverbi, in versi o in una prosamolto ritmica, in quanto il ritmo — con il suo legame con il processo respiratorio, i gesti e lasimmetria bilaterale del corpo umano — aiuta la memoria anche da un punto di vista fisiologico. Inaltre parole il pensiero è intrecciato ai sistemi mnemonici, che ne determinano anche la sintassi.Pensare in termini non formulaici, non mnemonici, se anche fosse possibile, in questo ambito sarebbeinutile, poiché il pensiero non potrebbe poi essere ricordato. Nelle culture orali primarie, dunque, lamemoria — che è la custode dell’intero sapere — occupa un ruolo centrale tra i poteri della mente e isapienti sono coloro che posseggono una memoria di ferro.

8.2.2 La cultura orale

L’universo culturale e comunicativo delle società dell’oralità primaria presenta alcune caratteristichedi fondo.

Cerchiamo di enucleare le più importanti:1. primato dell’udito: l’udito è il senso attraverso il quale l’uomo viene in contatto con l’intero

sapere della sua cultura. L’uomo biblico, ad esempio, è per antonomasia l’uomo dell’ascolto. Dio simanifesta nella parola ed ascoltare e credere costituiscono quasi uno stesso atto;

2. sintesi e atemporalità: il mondo orale ha una scarsa capacità di sezionamento analitico, nonconosce divisioni e sequenze e non discrimina sull’asse temporale. Comprende, invece, eventi esentimenti in uno sguardo d’insieme, in un presente multiforme, sganciato dal passato e imprevidentesul futuro;

3. ascolto partecipativo: l’uomo della cultura orale tende sempre ad una partecipazione empaticae ad un’immedesimazione totale con ciò che ascolta. Il piacere è una condizione del suo ascolto e delsuo apprendimento: ascolta con pienezza di sensi ed è disposto a lasciarsi coinvolgere emotivamente;

4. ridondanza: l’espressione orale deve essere ridondante poiché la ripetizione serve a mantenerel’oratore e l’ascoltatore sull’argomento e sul tracciato dell’argomentazione. Se si “perde il filo” non sipuò tornare indietro a “rileggere”: bisogna ripetere. La ridondanza è, inoltre, incoraggiatadall’esigenza dell’oratore di continuare a parlare mentre pensa (è meglio ripetersi con abilità, piuttostoche, mentre si va in cerca di idee e argomenti, smettere di parlare). Infine, la ridondanza è favoritaanche dalle condizioni fisiche dell’espressione orale, soprattutto se si è dinanzi ad un pubbliconumeroso. Per problemi acustici o di comprensione, non tutti capiscono ogni parola dell’oratore.Risulta, allora, vantaggioso ripetere lo stesso concetto due o tre volte;

5. costruzione paratattica: il pensiero e i processi comunicativi delle culture orali sonocaratterizzati da uno stile paratattico, cioè da una costruzione del periodo essenzialmente fondata sullacoordinazione e sulla mancanza di connettivi logici (“quando”, “allora”, “mentre”, “così”)

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caratteristici del flusso narrativo contraddistinto dalla subordinazione analitica e ragionata tipica dellascrittura;

6. tono agonistico: le produzioni verbali di una società dell’oralità primaria sono centrate, ingenere, su dinamiche agonistiche. In queste culture, i proverbi e gli indovinelli, oltre che perimmagazzinare conoscenza, vengono usati anche per impegnare gli interlocutori in una battagliaintellettuale e verbale: pronunciare un proverbio o un indovinello significa sfidare gli ascoltatori arispondere con un altro più appropriato o con uno che lo contraddica. In una cultura orale lacomunicazione è caratterizzata, inoltre, dallo scontro verbale. Il vantarsi del proprio coraggio e/o ilsarcasmo nei confronti del nemico ricorrono regolarmente nella narrativa orale; ne troviamo traccenell’Iliade o nella Bibbia;

7. primato del presente: nelle culture orali si tende ad eliminare, fra le cose da memorizzare —con dispendio di tempo, fatica ed esercizio — tutto ciò che non ha rilievo per il presente. L’interesseper il passato è sempre subordinato alle esigenze attuali, ragion per cui le parti sgradite o non piùattuali del passato sono presto dimenticate. Anche a livello linguistico, sopravvivono solo le parole diuso quotidiano. I termini arcaici rimangono in circolazione solo se entrano a far parte del vocabolariospecializzato dei poeti e solo fin quando vengono da essi usati quasi quotidianamente;

8. pensiero situazionale: in una cultura orale non si può pensare in termini di figure geometriche,categorie astratte, logica formale, definizioni o anche descrizioni inclusive o auto-analisi articolate —che derivano da un pensiero condizionato dalla scrittura — ma solo secondo situazioni pratiche.Anche le regole legali non vengono mai presentate in enunciati universali, in principi generali, maattraverso la creazione di una situazione esistenziale concreta. In altre parole, non “l’assassinio è uncrimine punibile con la pena di morte”, ma “se un uomo uccide un altro uomo, sarà a sua volta ucciso”oppure, nei contesti religiosi, “tu non ucciderai”, dove la norma etica è rivolta ai destinatari sottoforma di un comandamento personalizzato della divinità;

9. tradizionalismo e conservazione: le società a cultura orale sono chiuse, fortementeconservatrici e tradizionali: la critica, il miglioramento o l’innovazione non vengono favoriti, maguardati con diffidenza e contrastati. I processi comunicativi sono tra i principali motivi di questapropensione alla difesa della tradizione. In una cultura a oralità primaria, infatti, bisogna investiremolta energia nel ripetere più volte ciò che viene faticosamente acquisito nel corso dei secoli. Lasocietà tiene in gran considerazione i vecchi saggi che si specializzano nel conservare la conoscenza,che conoscono e possono raccontare le storie del passato. Ciò crea una mentalità altamentetradizionalista e conservatrice. Soltanto la scrittura, e ancor più la stampa, immagazzinando laconoscenza e disimpegnando energia dalla sua conservazione mnemonica, possono consentire lalibertà necessaria alla sperimentazione intellettuale.

8.3 La scrittura

La scrittura cuneiforme sumerica, la prima tra quelle conosciute, appare nel 3500 a.C. circa, inMesopotamia. Dopo i Sumeri, gli Egizi inventano il loro sistema di scrittura intorno al 3000 a.C. e icinesi nel 1500 a.C. circa. La scrittura cuneiforme potrebbe derivare almeno in parte da un sistema diregistrazione delle operazioni economiche tramite oggetti simbolici di argilla, racchiusi in piccolecapsule cave, dette anche bullae, che recano all’esterno intaccature corrispondenti agli oggetticontenuti al loro interno. Essa si evolve, poi, attraverso le fasi del pittogramma (che adopera per lascrittura il simbolo stilizzato di un’immagine: ad esempio quella del “Sole” per indicare il “Sole”),dell’ideogramma (in cui il simbolo rappresenta un’idea, come negli attuali cartelli stradali) e delfonogramma (in cui i segni rappresentano suoni), accentuando l’elemento fonetico a discapitodell’elemento figurativo. Con il passare dei secoli, inoltre, si semplifica passando dai 1200 caratteridella fase iniziale ai 500 circa nel 2000 a.C. Il cuneiforme - nato nella Babilonia meridionale, nel Suddell’attuale Irak — si diffonde lentamente in tutta l’area della Mezzaluna Fertile; alla fine del XVsecolo a.C. conquista l’Egitto e nel IX secolo a.C. è adottato dagli Urartei. Col passare del tempodiviene la scrittura della corrispondenza internazionale, tanto che tavolette cuneiformi vengonoritrovate anche in Transilvania.

Intorno al 3000 a.C. gli Egizi danno vita anch’essi a un sistema di scrittura a immagini —chiamato dai Greci geroglifica (scrittura sacra incisa) — usato nelle iscrizioni religiose e

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monumentali. Successivamente sviluppano altri due stili di scrittura a immagini: la ieratica e lademotica. Inoltre per primi usano in combinazione inchiostro liquido, penna e carta come strumenti discrittura. Per scrivere adoperano, infatti, penne ricavate dal gambo di un giunco masticato o martellatoad un’estremità, in modo da trattenere una quantità di inchiostro (ottenuto mescolando fuliggine finecon acqua e colla) sufficiente per scrivere un certo numero di segni. Un’innovazione ancora oggi allabase della maggior parte delle comunicazioni manoscritte.

Intorno alla metà del secondo millennio avanti Cristo, quindi, nel bacino orientale delMediterraneo vengono utilizzati diversi tipi di scrittura: la cuneiforme in Asia; la geroglifica, nellavariante corsiva dello ieratico, in Egitto; la lineare A a Creta e la “pseudo-geroglifico ittita”, che vaaffermandosi in Anatolia a fianco della scrittura cuneiforme. Il mondo semitico-occidentale, invece,non possiede ancora una scrittura sua propria.

8.3.1 L’alfabeto

Nei secoli XV e XIV a.C. i Fenici, popolo dedito al commercio insediato sulle coste della Siria,introducono una nuova forma di scrittura, dalla quale derivano tutti gli alfabeti del mondo.

I precedenti sistemi di scrittura associano un segno a ogni suono (c’è, ad esempio, un segno per il“ka”, uno diverso per il “ke” un altro per il “ki” e così via per il “ko” e per il “ku”) ma, essendo enormeil numero dei suoni, il derivante sistema di segni risulta di difficile memorizzazione e poco maneggevoleda usare. I Fenici raggruppano le sillabe in “serie”, associandovi un segno che indica un denominatorecomune: ad esempio i cinque componenti della serie “ka-ke-ki-ko-ku” sono tutti rappresentati dal segnok, la “consonante” iniziale della serie.

Questo sistema di scrittura — definito in seguito “sillabario senza vocali” — pone le basi per ilriconoscimento della consonante come elemento teoricamente distintivo del linguaggio. Il nuovo“alfabeto” risulta così composto da un numero di segni limitato e pertanto di facile memorizzazione.Quella che rimane difficoltosa è la lettura, che presuppone che la parola vada — in qualche modo —“indovinata” a partire dagli “indizi” forniti dalle consonanti. Anche se le grammatiche delle linguesemitiche facilitano il compito, la lettura necessita sempre di buona conoscenza della lingua e grandefamiliarità con i testi. Questi alfabeti possono essere quindi utilizzati efficacemente soltanto da chi è ingrado di inferire il suono della parola grazie alla conoscenza della lingua.

Mentre i sillabari presemitici cercano di rendere in modo esauriente tutti i fonemi — eperseguendo tale obiettivo, moltiplicano i segni sillabici al punto da rendere il loro utilizzoestremamente difficoltoso — i sillabari semitici privi di vocalizzazione (fra cui anche l’aramaico el’ebraico) contengono il numero dei segni entro una cifra oscillante fra i venti e i trenta, rendendoliperò suscettibili di un doppio o triplo impiego. L’economia realizzata si ottiene, quindi, a prezzo diuna forte ambiguità.

L’alfabeto fenicio viene ripreso più tardi dai Greci che, in un’epoca non anteriore alla metà delVII secolo a.C., vi introducono significative modificazioni, consistenti essenzialmente nello scioglierela sillaba nelle sue (due o più) componenti foniche astratte e nello scomporre il suono in particelleelementari — le consonanti e le vocali — componendo una serie di venticinque segni (comprendendole aspirate) capaci di una efficienza fonetica nettamente superiore a quella di tutti gli altri sistemi discrittura esistenti.

L’alfabeto greco riesce, così, a soddisfare contemporaneamente tutte le esigenze di trascrizione dellalingua, cioè:

1. rendere tutti i fonemi in modo esauriente;2. contenere il numero dei segni entro una cifra oscillante fra i venti e i trenta;3. attribuire ai segni un’identità fonica definita e invariabile.Il nuovo alfabeto è, quindi, un sistema di scrittura capace di rispettare la complessità e la

ricchezza del linguaggio quotidiano e, mentre consente di descrivere adeguatamente l’esperienzaumana, nello stesso tempo è in grado di rendere conto della dialettica delle idee. Di conseguenzafavorisce il sorgere del pensiero critico.

Può essere definito democratico — perché consente finalmente a tutti, addirittura anche aibambini piccoli, di imparare a leggere e a scrivere senza molta difficoltà — e internazionalista, perchépuò essere usato per scrivere o leggere qualsiasi lingua.

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Attraverso l’etrusco, l’alfabeto greco arriva ai Romani, che ulteriormente lo semplificano(eliminando la differenziazione fra epsilon ed eta e fra omicron e omega) e lo diffondono come lostrumento più semplice e completo di trascrizione del suono. La scrittura alfabetica è fra le condizioniche permettono lo svilupparsi di una struttura sociale e politica estremamente articolata e la suasemplicità apre ad un notevole numero di persone l’accesso alla cultura scritta.

Con l’espandersi dell’Impero Romano, la diffusione dell’alfabeto si allarga alla maggior partedel mondo. Il successivo sviluppo storico di questo sistema di scrittura — condizionato spesso daragioni contingenti, come l’adozione di grafie concepite per altre lingue o l’intervento di mutamentilinguistici non seguiti da adeguamenti grafici — fa sì che il rapporto tra fono e segno sia non di radoimpreciso nelle grafie storiche. L’alfabeto latino è, quindi, utilizzato ancor oggi, con qualchemodifica, dalla maggior parte del mondo ma, allo stesso segno — in base alle differenti lingue —corrisponde una differente pronuncia.

8.3.2 L’uomo chirografico

Con la scrittura, dal pensiero orale (associativo e paratattico) e dal primato del campo uditivo — cheprivilegia la simultaneità — si passa lentamente al pensiero analitico e al primato del campo visivo, cheprivilegia la sequenzialità. Questo processo — lungo, lento e complesso — è caratterizzato da una serie dicambiamenti:

la decadenza del primato dell’udito: nella trasmissione del sapere la supremazia dell’uditosulla vista si attenua, ma l’orecchio conserva ancora, nei processi di comunicazione, un certo primato.La lettura è una attività solo in parte visiva, in quanto, anche in privato, si svolge perlopiù ad altavoce. I libri manoscritti sono pieni di abbreviazioni, la separazione tra le parole è praticamentesconosciuta, esistono pochissimi segni di interpunzione, l’ortografia non è fissa e la grammatica èimprecisa. Come accade anche a noi, quando ci imbattiamo in un passo di cui non riusciamo acogliere il senso ad una prima lettura silenziosa, l’uomo dell’antichità e del Medioevo leggechiedendo costantemente aiuto alle orecchie, perché riesce a decifrare il senso dei testi solo unendo lavista all’udito;

la frantumazione dell’esperienza: l’alfabeto fonetico crea una qualità dell’esperienza in cui asegni astratti vengono associati arbitrariamente suoni che, isolatamente, sono privi di significato. Ciòconduce alla formazione di una mentalità nella quale diviene possibile la frammentazione di ogni tipodi esperienza in unità uniformi, come anche identificare, staccare e isolare delle unità, per poiricombinarle;

la temporalità: l’astrazione concettuale, unita alle capacità combinatorie necessarie amaneggiare la nuova tecnologia di comunicazione, rende operativi — nella disciplina che regola lasuccessione combinatoria delle unità — i nessi temporali: il passato condiziona il presente e ipotizza ilfuturo. Il tempo diventa, così, una variabile essenziale: scandisce l’ordine delle operazioni e si rivelacome l’elemento e il principio che modella le forme dell’espressione attraverso l’ordine stabilito dallasequenza;

la possibilità della scelta: poiché, pur seguendo le regole di combinazione, con l’alfabeto èpossibile comporre più sequenze diverse; l’analisi e la combinazione presuppongono anche la scelta:si acuisce, così, la consapevolezza di diverse alternative possibili e se ne estende il campo;

la nascita dell’Io: l’uomo dell’oralità non è in grado di fornire un’autoanalisi articolata, né è ingrado di uscire dal pensiero situazionale e di isolare il proprio Io dal mondo delle esperienze vissute inmodo da oggettivarle, esaminarle e descriverle. Le moderne riflessioni sull’Io e sull’autocoscienzasono una conseguenza dell’interiorizzazione della scrittura (e successivamente della stampa): ilconcetto di “Io” nasce solo quando la parola si separa dalla persona che la pronuncia, così chequest’ultima — divenuta la “fonte del linguaggio” —comincia ad assumere rilievo e identità.

8.3.3 La cultura chirografica

L’invenzione della scrittura cambia, quindi, lentamente il modo di pensare e di parlare degliuomini e influenza anche le istituzioni politiche ed educative. Le caratteristiche della culturachirografica possono essere sinteticamente così individuate:

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decadenza della funzione della memoria: la cultura chirografica impara a fare a meno dellamemoria. La scrittura e il libro liberano l’uomo dal dovere di memorizzare il sapere. Lo scritto è, difatto, una memoria artificiale, una “protesi” della mente che consente alla mente stessa di dedicarsi acompiti più creativi. Già all’inizio del IV secolo a.C. gli intellettuali alfabetizzati cominciano a coltivarel’arte della memoria come una tecnica utile, ma accessoria.

Questa linea di tendenza si accentuerà ancora di più nella cultura tipografica, quando la memorianon sarà più il requisito fondamentale del sapiente e non verrà più né educata, né esercitata;

decadenza della formulaica: nelle culture orali il pensiero e le produzioni verbali sonocaratterizzate da un succedersi di formule fisse che ritroviamo. In altre parole, ad essi non è richiestaoriginalità, quanto piuttosto abilità nel connettere e nell’eseguire brani familiari. Questa figura di poetaentra lentamente in crisi con l’introduzione della scrittura.

Nella cultura manoscritta inizia a evidenziarsi l’individualità di un “autore”, cui si apre lapossibilità di una espressione “originale”;

la scrittura “riflette” sulla parola: la separazione fra la parola e la persona che la pronunciadà autonomia anche alla parola stessa e al discorso, che può diventare così “oggetto” di riflessione e distudio, in modo da enuclearne e organizzarne i “principi” e i costituenti. Divengono così possibili unordine, un controllo, un’organizzazione del discorso, impensabili in tempi di oralità, e diviene altresìpossibile specificare tecniche dell’esposizione e di programmazione degli “effetti” del discorso. Nascela retorica classica che è, infatti, la più antica delle discipline concernenti il linguaggio ed anche laprima tecnica comunicativa formalizzata;

sviluppo del pensiero astratto e analitico: la comunicazione si affida all’efficacia di critericostitutivi concettuali; la combinatoria alfabetica associa arbitrariamente segni astratti ai suonieffettivamente pronunciati, così come la moneta (più o meno coevi all’alfabeto greco sono le primemonetazioni) associa un valore a un oggetto materiale. L’astrazione dei nuovi principi identifica,stacca e isola delle unità per poi ricombinarle. L’astrazione concettuale unita alle capacitàcombinatorie, necessarie a maneggiare i nuovi strumenti, moltiplica la loro capacità generativa.Inoltre, le verbalizzazioni della cultura manoscritta si distaccano, a poco a poco, dall’esperienzavissuta.

Mentre in una cultura orale apprendimento e conoscenza presuppongono il rapporto personale euna sintonia stretta, empatica fra allievo e maestro, la scrittura separa chi conosce da ciò che vieneconosciuto, stabilendo così le condizioni per l’oggettività e il distacco personale.

Nella cultura chirografica gli uomini imparano ad usare una sintassi logica ed a manipolareenunciati teorici generali, invece di enunciati relativi a una situazione esistenziale concreta. Dove gliuomini dell’oralità vedevano situazioni, gli uomini della cultura chirografica imparano a vedereprincìpi.

Trasportabilità del messaggio nello spazio e nel tempo.La scrittura diviene un mezzo della comunicazione diplomatica, politica, amministrativa.

Trasmettere ordini e istruzioni scritte è un sistema che offre maggiori garanzie di fedeltà rispetto allacomunicazione orale, perché il messaggio non corre il rischio di essere modificato dal “messaggero”,è suscettibile di controllo oggettivo e, infine, può essere consultato nuovamente ogni qualvolta siritenga necessario o opportuno. Le caratteristiche della scrittura rendono possibili;

la comunicazione “in absentia”: con la scrittura la parola si separa dalla persona che lapronuncia. Si possono verificare, così, forme di comunicazione in assenza del parlante. “Colui cheparla” può essere lontano nello spazio o nel tempo da colui che raccoglie il suo messaggio;

la conservazione del passato: nella cultura chirografica è possibile conservare la memoria degliavvenimenti nei documenti, per cui il passato — anche quello che non è più utile per il presente — vieneconservato. La nozione dello scorrere del tempo storico e la possibilità della storiografia cominciano con lascrittura. Inoltre, la cultura manoscritta consente l’arricchimento del lessico, grazie alla possibilità diconservare memoria di quelle parole che escono dal traffico quotidiano delle produzioni;

la trasmissione e l’interpretazione: la possibilità di rileggere quanto si è scritto e di scoprirnegli aspetti nuovi — poiché ogni uomo di scienza (ma anche ogni scrittore) mette molte più cose nellescoperte che fa (o nelle opere che scrive) di quante ne abbia immediata coscienza — è legataessenzialmente alla scrittura; così come legata alla scrittura è la possibilità di tramandare le proprie

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opere ai posteri che, a loro volta, possono interpretare quanto leggono e scoprirne letture e indicazionidelle quali lo stesso autore non era, o non poteva essere, consapevole.

La “fissazione” del discorso su un supporto e la possibilità di trasportare questo supporto nellospazio e nel tempo, favorisce la nascita di forme di scambio e di commercio. Possiamo così assisteread alcune forme di:

creazione di un mercato della parola scritta: la parola scritta può essere mercificata, cioètrasformata in una merce da vendere e acquistare sul mercato. Tracce di un commercio librariorisalgono alla metà del IV secolo d.C. in Grecia, si ritrovano a Roma, e si distinguono più forti tra lafine dell’XI e l’inizio del XII secolo, in seguito alla rinascita delle città.

8.4 Tecnologie della riproduzione: la stampa

La stampa consente, con un procedimento meccanico, di riprodurre testi, disegni e altre formesegniche in un numero di copie illimitato, partendo da un’unica matrice.

Il più antico metodo di stampa, la xilografia — ancora oggi in uso per la stampa artistica — siafferma nel Trecento. La tecnica xilografica nasce probabilmente in Estremo Oriente, in Cina.

La tecnica utilizza una tavoletta incisa a rovescio per fungere da matrice: inchiostrata nelle partia rilievo, essa è lo strumento necessario per riprodurre l’immagine, attraverso l’operazione dipressatura, su vari supporti: foglie di papiro, pergamena, tessuti e carta.

La stampa a caratteri mobili è il risultato di costanti ricerche condotte nelle officine di tuttal’Europa in epoca rinascimentale, ma è passata alla storia come invenzione dell’orefice e incisoretedesco Johann Genfleisch (1394/1399 ca-1468) detto Gutenberg dal paese di origine dei genitori. Lasua tecnica di stampa può essere ridotta sinteticamente al sistema punzone-matrice-carattere-torchio. Perriprodurre meccanicamente lettere e segni, Gutenberg utilizza le tecniche d’incisione già note e duestrumenti di origini antichissime: il punzone e il torchio.

Uno dei motivi della progressiva differenziazione dei libri a stampa dai manoscritti è daricercarsi nella concorrenza tra gli editori per conquistarsi fette di pubblico. I manoscritti, infatti, nontengono conto dei lettori, ma dei produttori: le abbreviazioni sono pensate per alleviare la fatica deicopisti e non per facilitare il lavoro di chi legge. Con il nuovo metodo tipografico, la pagina vienesottomessa a un ordine formale — definizione dei margini, allineamento delle righe, regolarità dellelettere, disposizione delle maiuscole — che assume, invece, come punto di riferimento l’occhio dellettore impegnato a scorrere le righe.

Alle decorazioni e alle preziosità della pagina manoscritta — che gratificano l’occhio cheguarda, ma penalizzano quello che si muove nella lettura — subentra la semplificata regolarità dellapagina stampata che agevola la lavorazione tipografica e riduce la fatica di leggere. Gli stampatoriproducono, quindi, testi più leggibili, più facili da consultare, più corretti.

La stampa introduce, poi, alcune delle caratteristiche che sono per noi distintive dell’“oggetto–libro”. La prima ad affermarsi è il frontespizio, che per noi lettori moderni rappresenta lo “stato civile”dell’opera, una sorta di carta d’identità del libro che contiene le informazioni relative all’apparato che lo haprodotto: il produttore intellettuale (l’autore), il produttore commerciale (l’editore), il titolo dell’opera, illuogo di edizione e la data di pubblicazione.

8.4.1 Autori e lettori

Il libro — nel suo doppio aspetto di prodotto culturale e merce — è l’elemento centrale sia delprocesso comunicativo autore-editore-lettore, sia del processo commerciale attivato dall’apparatodella stampa. In particolare le figure dell’autore e del lettore, in seguito alla rivoluzione tipografica,subiscono cambiamenti che meritano un esame attento e analitico:

1. Emerge la figura dell’autore:Nella fase iniziale della storia della stampa, la figura dell’autore è pressoché assente: i testi sono

spesso opere di autori classici, scritti devozionali o di carattere commerciale di cui di solito l’autore èanonimo. In breve tempo, però, la figura dell’“autore” diventa una componente essenziale del libro (faparte dell’identità del testo, funge da elemento di classificazione dei testi stessi) e del processocomunicativo che il libro mette in atto.

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2. L’originalità diviene un valoreLe nuove modalità di pubblicazione dei testi della cultura tipografica fanno sì che, per gli

uomini della cultura tipografica, un autore sia tanto più degno di ammirazione quanto più è originale.La creatività e l’innovazione diventano caratteristiche apprezzate nell’“autore”.

3. La parola diviene una merce, il plagio un reatoNell’età del manoscritto copiare e mettere in circolazione l’opera di un altro può essere

considerato un atto meritorio. Nell’età della stampa lo stesso atto comincia ad assumere il caratteredi una infrazione, che può dar adito a una causa legale e alla richiesta del risarcimento dei danni. Ilplagio diviene un reato e si istituzionalizza l’uso della citazione della fonte, quando si usa un testoaltrui. La paternità letteraria individuale si fa strada e si afferma anche grazie al fatto che la stamparende la parola una merce tra le altre merci e crea un senso tutto nuovo della “proprietà” privatadelle parole.

4. La lettura si fa silenziosaNell’antichità e nel Medioevo, la gente legge non solo con gli occhi, ma anche con le labbra,

pronunciando quello che gli occhi vedono, e ascoltando le parole pronunciate. Sant’Agostino, nelleConfessioni, cita come un fatto decisamente insolito che Sant’Ambrogio sia in grado di leggeresilenziosamente. Grazie alla normalizzazione dei testi resa possibile con la stampa, diviene più facileleggere silenziosamente. Divenendo silenziosa, la lettura si fa privata; divenendo privata, si fasilenziosa.

5. La lettura si fa estensivaSul finire del Settecento dalla lettura intensiva si passa alla lettura estensiva. Sino alla metà del

Settecento, in genere, gli uomini possiedono ben pochi libri: la Bibbia, qualche almanacco e qualcheoperetta devozionale. Si pratica, quindi, una continua rilettura degli stessi testi: attenta, riverente,iterativa. Ma fra Settecento e Ottocento — quando diviene possibile accedere a un numero crescentedi testi stampati — la lettura si fa estensiva. Il buon lettore non è più quello che conosce a fondo pochitesti, ma quello che conosce più testi.

6. La lettura diviene un fatto privatoCon la stampa la lettura diventa un fatto interiore: un atto di devozione (per lungo tempo la

produzione è costituita principalmente da libri d’ore o di argomento religioso) un piacere o unpassatempo. Diminuendo la pratica della lettura collettiva ad alta voce, il pubblico diviene sempre piùatomizzato, individualistico, disperso.

7. La lettura diviene per moltiFino alla fine del Seicento, tempo libero e capacità di leggere e scrivere sono solitamente

limitati agli studiosi e ai “gentiluomini”; solo nel Settecento il ceto medio dei mercanti especialmente le donne cominciano ad acquisire il gusto della lettura. In seguito, il processo diallargamento del numero dei lettori si amplia ed accelera e viene favorito dalle trasformazionisociali legate alla prima Rivoluzione Industriale che rende “cittadini” anche masse enormid’individui provenienti dalle campagne. Questi, nel processo di urbanizzazione, perdono la lorooriginaria identità e il senso di appartenenza ad una comunità e cercano nella lettura strumenti peracculturarsi, riconoscersi ed elaborare una nuova cultura. In questo complicato processo, in cuiogni fattore è, al tempo stesso, causa ed effetto di cambiamenti sociali, l’alfabetizzazione è daconsiderarsi tanto un effetto, quanto una causa della diffusione e dell’affermazione della stampa edei suoi prodotti.

8. Il pubblico è il nuovo mecenateIl mecenatismo letterario esercita un ruolo centrale nella storia della cultura, passando dalle

mani dei re e della Chiesa — nel Trecento e Quattrocento — a quelle di una più ampia cerchia diaristocratici, nel Cinquecento, e a mecenati appartenenti al mondo della politica nel Seicento. Dopotale secolo il mecenatismo finisce per trasformarsi nella semplice dedica al personaggio dal qualel’autore avrebbe ricevuto un compenso. Per tutto il Settecento gli autori, anche se percepiscono uncompenso dai loro editori, se ne vergognano e cercano di far passare sotto silenzio la cosa. Molti traloro, Voltaire in testa, si schierano pubblicamente contro quella “sciagurata specie che scrive pervivere”. Tuttavia a partire dalla metà del Settecento editori e librai raccolgono l’eredità dei mecenati.

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Da questo momento la sopravvivenza dell’autore è legata ai capricci del mercato. Il pubblico, a poco apoco, diviene per lo scrittore il nuovo protettore da conquistare.

8.4.2 L’uomo tipografico

Marshall McLuhan in The Gutenberg Galaxy. The Making of the Tipografic Man sostiene chel’invenzione della stampa determini cambiamenti così profondi nel modo di conservare e trasmettere leinformazioni e nel modo stesso di pensare dell’uomo, che si può parlare della nascita di un uomo nuovo:l’uomo tipografico.

Con la stampa, i tratti caratteristici della cultura chirografica subiscono una vistosaaccentuazione e, ad essi, se ne aggiungono di nuovi. Questi, schematicamente, gli aspetti della nuovacultura tipografica:

1. Vittoria dell’occhio sull’orecchio: Se la pratica della lettura collettiva ad alta voce rimanesocialmente viva fino ad Ottocento inoltrato, la scrittura e ancor più la stampa abituano l’uomo aguardare diversamente. Gli occhi non esplorano più le immagini un pezzo alla volta, ma mettono afuoco prima una visione d’insieme. Il processo di lettura, infatti, a partire dalle origini sumere dellascrittura, si basa principalmente sull’inferire la parola, in base alla conoscenza della lingua e graziealle sue caratteristiche di ridondanza: quel processo per cui riconosco, in una serie di consonanti comeprbblmnt, l’avverbio “probabilmente”;

2. Frantumazione dell’esperienza: L’alfabeto fonetico crea una qualità dell’esperienzafrantumata in unità uniformi. I caratteri mobili introducono il principio dei “pezzi intercambiabili”,fondamento tecnico di ogni moderna produzione in serie. Nel processo produttivo della stampa, il“testo” è diviso in “pagine” che perdono l’ordine originario (legato al processo di produzione disenso), per acquistarne un altro, relativo al criterio detto segnatura. Esse vengono, cioè, organizzate inmodo da poter essere stampate su grandi fogli interi di carta che, a seconda del formato del libro odello stampato (quartino, ottavo, sedicesimo, trentaduesimo), conterranno 4, 8, 16, 32 pagine di testo.Esse saranno disposte in ordine non sequenziale, ma corrispondente alla logica, appunto, dellasegnatura, e cioè dalla piegatura che il foglio subirà prima di essere tagliato, cucito e rifilato. Anche iltesto, così, non si presenta più come un “flusso”, ma si scompone in “pezzi”, spostabili a secondadelle esigenze.

3. Detribalizzazione: Si conclude il processo di detribalizzazione iniziato con la creazionedell’alfabeto, grazie alla trasportabilità del messaggio nello spazio e nel tempo e alla possibilità dicomunicazione in absentia. Le aggregazioni umane possono estendersi nel-Tecnologie dellariproduzione: la stampa lo spazio, e garantirsi continuità — di cultura, leggi, tradizioni e costumi —nel tempo. Si afferma la certezza del diritto, che diventa suscettibile di un controllo oggettivo, cui ognicittadino può accedere direttamente. I legami divengono più astratti, meno personali, i codici e isistemi di regole più rigidi e interiorizzati.

4. Individualismo: Il concetto dell’“Io” nasce quando la parola si separa dalla persona che lapronuncia, così che quest’ultima — divenuta la “fonte del linguaggio” — comincia ad assumere rilievoe identità: è il processo per cui lentamente emerge la figura dell’“Autore” di un testo. La pratica dellalettura silenziosa, e quindi privata, fa emergere, però, anche il “lettore” come figura individuale, non piùconfusa in un gruppo di ascoltatori. Il libro di piccolo formato — e quindi trasportabile e assolutamente“personale” — rende ancor più individuale e privato il processo di lettura e incrementa notevolmente ilnuovo culto dell’individualismo, fornendogli uno strumento essenziale.

5. Interiorità e introspezione: La stampa favorisce l’interiorità e l’introspezione, del resto giàalimentate dalla scrittura. Scrivendo si può immaginare di parlare con se stessi, ma il “discorsointrapersonale” esclusivamente mentale non assume mai le forme possibili con la scrittura.L’allargamento della capacità di scrivere — strettamente connesso con quello della possibilità dileggere inaugurato dalla stampa — rende possibile nuove forme di verbalizzazione del monologointeriore. Le riflessioni su se stessi, sulle relazioni con gli altri o con l’ambiente possono assumere unasinteticità, analiticità, oggettività e astrattezza, che fa di loro il prodotto di una struttura mentalemodellata dalla cultura della stampa.

6. Capacità di espressione: Il tipo di controllo sul discorso che la stampa rende possibiletrasforma la scrittura: e influenza persino il discorso orale. Il controllo sociale cui la stampa sottopone

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lo scritto e la destinazione “indeterminata” del prodotto stampato (che fa della comprensibilità unrequisito indispensabile) stimolano ulteriormente l’esattezza, l’ordine, la chiarezza e la raffinatezzadell’espressione.

7. Uniformità, ripetibilità, continuità: Nel libro stampato la pagina viene sottomessa ad unordine formale. La regolarità delle singole lettere, la definizione dei margini, l’allineamento e lacompattezza di ciascuna linea sono tali da conferire al testo della pagina l’aspetto di un “tessuto”,ovvero di un “testo” (dal latino textum, participio passato del verbo texere). Lettere tutte uguali e righetutte uguali per copie tutte uguali. Da una stessa matrice si ricava un numero di copie potenzialmenteinfinito della stessa pagina: il processo di stampa è un processo ripetibile, seriale e continuo, che tendea rendere ripetibile, seriale e continua l’esperienza mediata e — di qui, per estensione — le altreforme di esperienza.

8. Reificazione della parola: La parola perde definitivamente il suo legame con il magico e conil divino per divenire “cosa” che si può produrre con mezzi meccanici. La parola diviene, inoltre, unbene economico: merce che può essere venduta.

9. Trasformazione della memoria collettiva: La stampa allenta ancora più gli obblighimnemonici, allargando e diffondendo il patrimonio di “memoria artificiale” costituito dai libri. Lamemoria diviene, nei libri, anch’essa “cosa”, in un processo che conduce alla reificazione dellamemoria collettiva che si compie prima nelle biblioteche e, poi, nelle enciclopedie.

10. Sinteticità, analiticità, oggettività, pensiero astratto: Il controllo del testo reso possibiledalla stampa elimina la ripetizione, che comincia ad essere considerata una pecca dell’espressione. Lapossibilità di “tenere sotto controllo” il testo favorisce, ancora, l’analisi dettagliata delle questioni. Ilprocesso di oggettivazione e di distacco personale — iniziati con la scrittura — si accelerano e siintensificano con la stampa. Nello stesso modo, il rivolgersi ad un pubblico vasto e sempre piùindifferenziato favorisce i concetti universali e l’espressione astratta.

11. Marginalizzazione del pensiero formulaico: Ancora per qualche secolo, dopo l’invenzionedella stampa, la prosa conserva alcuni caratteri orali, ma in maniera fortemente residuale, fino a chenella lingua scritta il pensiero formulaico appare più che altro come eco della lingua parlata. Ma ciòaccadrà quando la lingua letteraria si sarà talmente consolidata da dover “simulare” il parlato conartifici.

12. Creatività linguistica: Per gli uomini della cultura tipografica, un autore è tanto più degnodi ammirazione quanto più è originale, tanto nei contenuti che nelle forme dell’espressione. Lacreatività e l’innovazione, anche linguistica, diventano caratteristiche apprezzate nell’“autore”. Lepossibilità di conservazione delle opere garantita dalla stampa fa sì che la lingua possa, quindi,arricchirsi progressivamente di tutte le innovazioni che i testi le apportano.

8.4.3 La censura

Nell’antichità, dato il numero ridotto delle copie e la scarsa capacità d’influenzare l’opinionepubblica dei testi scritti, la censura ha un ruolo meno marcato che nella cultura tipografica. Chiesa eStato utilizzano l’industria nascente ai propri fini — commissionandole la pubblicazione di documentiufficiali, comunicazioni e ordinamenti, oltre che di opere d’interesse più generale — ma hanno unalimitata capacità di controllare la produzione degli stampatori. La nascita dell’industria editoriale crea,quindi, nuovi centri e reti di influenza che restano relativamente indipendenti dal potere esercitatodalla Chiesa e dallo Stato. Inizialmente, la Chiesa appoggia con energia lo sviluppo dei nuovi metodidi stampa — commissiona agli stampatori la pubblicazione di opere liturgiche e teologiche e liaccoglie nei monasteri —, ma non può certo controllare le attività di case editrici e punti di vendita,poiché essi sono troppi, come troppo elevate sono le loro capacità produttive e commerciali. Tra lafine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, la Chiesa tenta a più riprese di distruggere parte deimateriali stampati, spesso in collaborazione con le autorità secolari. Nel 1485, l’arcivescovo Bertoldodi Magonza chiede al consiglio comunale di Francoforte di esaminare i libri prima della loroesposizione alla fiera quaresimale e di aiutare la Chiesa a distruggere quelli dannosi.

Nel 1501, papa Alessandro VI tenta di imporre un sistema di censura più rigoroso e completo,vietando la stampa di qualsiasi libro privo dell’autorizzazione delle autorità ecclesiastiche. Poiché ilnumero dei libri banditi cresce, la Chiesa decide di compilare un indice, l’Index librorum

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prohibitorum, promulgato per la prima volta nel 1559. l’Index viene continuamente rivisto e,aggiornato, e rimane in vigore per circa quattrocento anni. Per quanto assai frequenti tra la fine delQuattrocento e l’inizio del Cinquecento, gli interventi delle autorità religiose e politiche ottengonoscarso successo. Vi sono infiniti modi per sfuggire alla censura: i libri vietati in una città o regionevengono pubblicati in un’altra e contrabbandati da mercanti e venditori ambulanti. Se la censuraecclesiastica reprime i testi ereticheggianti o in odore di scisma, la censura politica colpisce le opereche delegittimano o criticano i governanti. Tra il 1600 e il 1756 la Bastiglia, in Francia, ospita più diottocento tra autori, tipografi, librai e mercanti di stampe. Le tecniche messe in atto per eludere lacensura sono molteplici e vanno dall’indicare come luogo di edizione una “città di comodo”all’omissione del nome dello stampatore. Per gli autori la via più seguita è quella dell’anonimato odello pseudonimo.

La censura nel Cinquecento, come ai nostri giorni, è la causa di grandi successi editoriali: i libriproibiti finiscono con l’avere un fascino insolito e vengono acquistati più facilmente.

8.5 Nascita e sviluppo dei mass media

L’Ottocento e la società dell’informazione L’Ottocento è il secolo in cui prende forma lacosiddetta società dell’informazione. È in questo periodo che nasce, gradualmente, un complessosistema fondato sull’informazione che deriva da una precisa esigenza: esercitare un efficacecontrollo sia sulla produzione materiale sia sui mercati, sempre più distanti dai luoghi diproduzione.

Questa necessità stimola l’invenzione di tecnologie di comunicazione e di elaborazione delleinformazioni che produce una vera e propria “rivoluzione del controllo”, interessando, in primo luogo,la produzione, la distribuzione e il consumo di beni materiali.

Gli effetti della “rivoluzione dell’informazione” non rimangono però circoscritti a questi ambiti,bensì si estendono a una vasta gamma di altre sfere tant’è che la società dell’informazione viene“accolta e celebrata non semplicemente come un nuovo modo di produzione, ma più in generale comeun nuovo modo di vivere.

Non solo si affinano le capacità organizzative, ma si ampliano anche le possibilità conoscitivenonché quelle relazionali. Nella seconda metà dell’Ottocento nascono i primi mezzi di comunicazionedi massa e inizia la globalizzazione delle comunicazioni.

L’avvento del computer, poi, negli anni della seconda guerra mondiale e nel periodoimmediatamente successivo, segna l’apice della società dell’informazione in quanto tecnologia“ineguagliabile nella sua capacità di manipolare e trasformare l’informazione e perciò di svolgere,automaticamente e senza l’intervento degli uomini, funzioni eseguibili in precedenza solo dal cervelloumano”.

8.5.1 La stampa diventa mezzo di comunicazione di massa

Iniziamo dalla stampa che, come già detto, nasce nel Quattrocento e diventa mezzo dicomunicazione di massa nella prima metà dell’Ottocento: il periodo della cosiddetta penny press incui il giornale era venduto per la modica spesa di un penny. I primi quotidiani stampati compaionoperò molto prima, nel Seicento.

8.5.2 Il telefono e le sue funzioni

La nascita del telefono, che risale alla seconda metà dell’Ottocento, rinvia ad uno dei tanticonflitti di priorità che fanno parte della storia della scienza e della tecnologia. Nel 1871, il fiorentinoAntonio Meucci brevetta l’invenzione del telefono ma, cinque anni dopo, Alexander Graham Bellottiene a sua volta il brevetto per la stessa invenzione. Nel luglio del 1877 nasce la Bell TelephoneCompany e solo nel 1886 una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti risolve il conflitto dipriorità a favore di Meucci.

Ciò premesso, cerchiamo di capire in che modo questo mezzo di comunicazione entrigradualmente a far parte della vita quotidiana della gente. Innanzitutto, era necessario creare il

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bisogno del telefono, ovvero la domanda di questo nuovo oggetto, vincendo timori e resistenze spessosimili a quelli successivamente espressi in riferimento alla comunicazione telematica.

Inizialmente si pensa di far leva sull’utilità pratica di questo oggetto nonché sul suo basso costoe, conseguentemente, le prime pubblicità sottolineano la funzione informativa del telefono, strumentoindispensabile per fronteggiare situazioni di emergenza, quali incendi o malori, ma anche per gestirepiù facilmente le normali attività della vita quotidiana.

8.5.3 Lo spettacolo delle immagini in movimento

La prima proiezione cinematografica risale al 1895. Siamo a Parigi in una fredda sera didicembre. È passato da pochi giorni il Natale, e al Boulevard des Capucines i passanti infreddolitivengono invitati ad entrare nel Salon Indien del Grand Café per assistere, al prezzo di un franco, a unospettacolo mai visto prima: immagini in movimento. Dieci film della durata di un minuto e mezzociascuno. Fino alla prima guerra mondiale, comunque, la funzione del cinema americano èessenzialmente quella di intrattenimento. Quando però scoppia il primo conflitto mondiale, e gli StatiUniti decidono di intervenire nel conflitto, il capo dell’allora “Comitato per l’informazione pubblica”pensa di usare il cinema in funzione propagandistica per contrastare i diffusi sentimenti pacifistipresenti nella società americana. Il che imprime una nuova direzione al rapporto tra pubblico eindustria cinematografica: mentre, in un primo tempo, sono i gusti del pubblico a guidare l’industriacinematografica, in un secondo tempo è quest’ultima a orientare il comportamento del pubblico.

Verso la fine degli anni Venti, la voce si unisce all’immagine in movimento; dal muto si passa alsonoro; l’immagine è un’immagine che parla. È un periodo estremamente delicato per molti artisti:l’avvento del sonoro implica un cambiamento radicale sia nel modo di fare cinema, sia nel modo direcitare.

8.5.4 Il Novecento: la radio e la televisione

Radio e televisione sono i mezzi di comunicazione di massa della prima metà del Novecento.Dalla trasmissione dei segnali punto-linea, caratteristica sia del telegrafo con fili di Samuel F.B.Morse, sia del telegrafo senza fili realizzato dal padre della radio Guglielmo Marconi, si passa a unsistema più sofisticato che consente la trasmissione della voce, tipica del mezzo radiofonico.

Sia il telegrafo con fili che quello senza fili realizzano, cioè, il sogno di un’informazioneistantanea a distanza tra un singolo emittente e un singolo ricevente; il che si rivela di grande utilità,rendendo ad esempio possibile, per le navi in difficoltà, l’invio di richieste di aiuto.

Lo stesso Marconi non pensa ad altre possibili funzioni e, per di più, trascorre diversi anniad eliminare quello che, lungi dal costituire un difetto, era invece la caratteristica più importantedel mezzo: la possibilità che il messaggio potesse essere “intercettato” da altri. In sintesi, iltelegrafo non era stato pensato e realizzato come mezzo di comunicazione di massa. La radiodimostra una grande vitalità e una notevole capacità di adattamento – peraltro favorite dalle stessecaratteristiche strutturali del mezzo, che ben presto diventa leggero e maneggevole – mostrandosiaddirittura aperta, negli anni Novanta, al connubio con Internet.

Alla fine del secondo conflitto mondiale, il problema della radio era quello di fronteggiare laforte concorrenza della televisione la cui tecnologia era già stata messa a punto negli anni Venti. Ilprimo servizio televisivo regolare del mondo è inaugurato in Gran Bretagna il 2 novembre del 1936,ma lo scoppio della seconda guerra mondiale blocca dappertutto la diffusione di questo mezzostimolando, nello stesso tempo, la ricerca nel settore elettronico.

Nell’ambito della televisione, nel suo spazio di comunicazione broadcast (unidirezionale, “dauno a molti”), a partire dalla metà degli anni Novanta del Novecento si vanno profilando nuovi, eparzialmente impensati, scenari. Ancora prima si era andata determinando una differenza sostanzialetra i due modelli dominanti, quello commerciale e quello pubblico, che ancora oggi è oggetto didiscussione: almeno in Italia, sono gli unici - il modello “pubblico” anche per la sua imprescindibilenatura di televisione di servizio — ad avere, per la loro estensività, una rilevante funzione politica esociale. “Nonostante alcune preoccupanti somiglianze, questi due modelli di televisione non sonosullo stesso piano, anzi sono addirittura incommensurabili.

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Vi sono tante varietà di pubblicazioni a stampa che perseguono le finalità più disparate, così èper la televisione, la quale può essere generalista e tematica, digitale satellitare e terrestre, via cavo,on-line, a pagamento o gratuita, ondemand ecc. Sempre maggiore rilevanza, in termini di modalità difruizione e di incremento degli utenti (qualifica che sembra più consona di “tele-spettatori”, perchéevidenzia il carattere attivo della scelta), ha acquisito la Web-Tv: la televisione presente su Internet,con palinsesti di programmi e trasmissioni, di informazione, di intrattenimento ecc. — da vedere “indiretta” (live) o scegliendo tra i contenuti-video a disposizione in un archivio (per esempio,Repubblica RadioTv) — grazie alla tecnologia del video-streaming (stream, “flusso”); esistono ancheWeb-Radio, oltre che radio che trasmettono anche su Web.

Il Webcasting consiste in una trasmissione unidirezionale, dall’emittente a tutti i destinatari chesono on-line; dalla Web-Tv vanno distinti comunque tutti quei siti Web che consistono in una raccolta,sempre più ampia e organizzata, di video che gli utenti stessi “caricano” (upload) al loro interno (gliesempi più importanti sono il notissimo Youtube e Google Video): in questo caso non esiste unastruttura produttiva centralizzata, ma ogni utente della Rete è una sorta diffusore e/o produttore dicontenuti audiovisivi (user generated content).

8.6 Internet

Internet è contrazione della locuzione inglese Interconnected Networks, ovvero RetiInterconnesse; è una rete di computer mondiale ad accesso pubblico, attualmente rappresentante ilprincipale mezzo di comunicazione di massa, e che offre all'utente tutta una vasta serie di possibilicontenuti e servizi. Costituita da alcune centinaia di milioni di computer collegati tra loro con i piùsvariati mezzi trasmissivi, Internet è anche la più grande rete di computer attualmente esistente,motivo per cui è definita "rete delle reti" o "rete globale" Internet offre i più svariati servizi, iprincipali dei quali sono il World Wide Web e la posta elettronica, ed è utilizzata per le comunicazionipiù disparate: private e pubbliche, lavorative e ricreative, scientifiche e commerciali. I suoi utenti, incostante crescita, nel 2008 hanno raggiunto quota 1,5 miliardi e, visto l'attuale ritmo di crescita, siprevede che saliranno a 2,2 miliardi nel 2013.

La storia di Internet è direttamente collegata allo sviluppo delle reti di telecomunicazione. L'ideadi una rete informatica che permettesse agli utenti di differenti computer di comunicare tra loro sisviluppò in molte tappe successive.

La somma di tutti questi sviluppi ha condotto alla “rete delle reti”, che noi conosciamo oggicome Internet. È il frutto sia dello sviluppo tecnologico, sia dell'interconnessione delle infrastrutture direte esistenti, sia dei sistemi di telecomunicazione.

I primi progetti di questo disegno apparvero alla fine degli anni cinquanta. L'applicazionepratica iniziò alla fine degli. Dagli anni ottanta le tecnologie che oggi costituiscono la base di Internetcominciarono a diffondersi in tutto il globo (Italia compresa). Nel corso degli anni novanta lapopolarità della rete è divenuta massiva in seguito al lancio del World Wide Web.

Alcune date: 1960: Avvio delle ricerche di ARPA, progetto del Ministero della Difesa degli Stati Uniti 1967: Prima conferenza internazionale sulla rete ARPANET 1969: Collegamento dei primi computer tra 4 università americane 1971: La rete ARPANET connette tra loro 23 computer 1972: Nascita dell'InterNetworking Working Group, organismo incaricato della gestione diInternet. Ray Tomlinson propone l'utilizzo del segno @ per separare il nome utente da quellodella macchina.

1982: Definizione del protocollo TCP/IP e della parola "Internet" 1983: Appaiono i primi server dei nomi dei siti 1984: La rete conta ormai mille computer collegati 1985: Sono assegnati i domini nazionali: .it per l'Italia, .de per la Germania, .fr per laFrancia, ecc.

1990: Scomparsa di ARPANET; apparizione del linguaggio HTML 1991: Il CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare) annuncia la nascita del World WideWeb

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1992: Un milione di computer sono connessi alla rete 1993: Apparizione del primo browser pensato per il web, Mosaic 1996: Sono connessi 10 milioni di computer

Le origini di Internet si trovano in ARPANET, una rete di computer costituita nel settembre del1969 negli USA da ARPA (Advanced Research Projects Agency). ARPA fu creata nel 1958 dalDipartimento della Difesa degli Stati Uniti per dare modo di ampliare e sviluppare la ricerca.

Verso il 1965 l'ARPA iniziò ad avere dei seri problemi di gestione: aveva diversi computersparsi in varie sedi (tutti molto costosi) che non potevano parlarsi: non avrebbero potuto farlonemmeno se fossero stati nella stessa stanza.

Scambiare file fra loro era quasi impossibile, per via dei formati di archiviazione completamentediversi (e proprietari) che ognuno di essi usava, quindi era necessario molto tempo e molto lavoro perpassare dati fra i vari computer, per non parlare dello sforzo necessario per portare e adattare iprogrammi da un calcolatore all'altro.

ARPANET sarebbe servita a condividere online il tempo di utilizzazione del computer tra idiversi centri di elaborazione dati e i gruppi di ricerca per l'agenzia. L'IPTO si basò su una tecnologiarivoluzionaria: la commutazione di pacchetto (packet switching),

8.6.1 Da Arpanet a Internet (anni settanta e ottanta)

In pochi anni, ARPANET allargò i suoi nodi oltreoceano, contemporaneamente all'avvento delprimo servizio di invio pacchetti a pagamento: Telenet della BBN. In Francia inizia la costruzionedella rete CYCLADES sotto la direzione di Louis Pouzin, mentre la rete norvegese NORSARpermetteil collegamento di Arpanet con lo University College di Londra. L'espansione proseguì sempre piùrapidamente, tanto che il 26 marzo del1976 la regina Elisabetta II d'Inghilterra spedì un'email alla sededel Royal Signals and Radar Establishment.

Gli Emoticon vennero istituiti il 12 aprile 1979, quando Kevin MacKenzie suggerì di inserire unsimbolo nelle mail per indicare gli stati d'animo.

Tutto era pronto per il cruciale passaggio a Internet, compreso il primo virus telematico:sperimentando sulla velocità di propagazione delle e-mail, a causa di un errore negli header delmessaggio, Arpanet venne totalmente bloccata: era il 27 ottobre 1980. Definendo il TransmissionControl Protocol (TCP) e l'Internet Protocol (IP), DCA e ARPA diedero il via ufficialmente a Internetcome l'insieme di reti connesse tramite questi protocolli.

8.6.2 Nascita del World Wide Web (1991)

Nel 1991 presso il CERN di Ginevra il ricercatore Tim Berners-Lee definì il protocollo HTTP(HyperText Transfer Protocol), un sistema che permette una lettura ipertestuale, non-sequenziale deidocumenti, saltando da un punto all'altro mediante l'utilizzo di rimandi (link o, più propriamente,hyperlink). Il primo browser con caratteristiche simili a quelle attuali, il Mosaic, venne realizzato nel1993. Esso rivoluzionò profondamente il modo di effettuare le ricerche e di comunicare in rete.Nacque così il World Wide Web.

Nel World Wide Web (WWW), le risorse disponibili sono organizzate secondo un sistema dilibrerie, o pagine, a cui si può accedere utilizzando appositi programmi detti browser con cui èpossibile navigare visualizzando file, testi, ipertesti, suoni, immagini, animazioni, filmati.

La facilità d'utilizzo connessa con l'HTTP e i browser, in coincidenza con una vasta diffusione dicomputer per uso anche personale , hanno aperto l'uso di Internet a una massa di milioni di persone,anche al di fuori dell'ambito strettamente informatico, con una crescita in progressione esponenziale.

8.6.3 Evoluzione del WEB

Sempre più spesso si sente parlare di web 1.0 e web 2.0 senza sapere esattamente di cosa si trattie fondamentalmente che differenza ci sia tra i due. Visto che ormai si parla già di web 3.0, è il caso difare un pò di luce su questo argomento.

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Ci limitiamo qui a tracciare le definizioni dei vari tipi di web, introducendo, per quel che se nesà ancora, quelle che dovrebbero essere le caratteristiche del web 3.0.

Web 1.0: Le informazioni sono pubblicate in maniera statica, immaginate come un vostro fogliodi word con testo e immagini, portato su web. L’utente arriva sulla pagina, legge e se ne va senzanessuna interazione. Attualmente il 70% degli utenti è ancora abituato a questo tipo di navigazione.

Web 2.0: Il termine venne coniato da Tim O’Reilly alla prima conferenza sul web 2.0. Per laprima volta si iniziò a dare grande importanza all’usabilità e al modo di condividere i contenuti. Ilwebmaster non è che una parte del sito, che, nei casi più importanti, è composto da comunità dimigliaia di utenti (si pensi a Wikipedia).

Web 3.0 Come ogni rivoluzione, si cerca ora, con il web 3.0, di raffinare l’enorme cambiamentoche ha portato il web 2.0: Il web 3.0 infatti, non sarà altro che un evoluzione del suo predecessore.Attualmente non è ancora tutto chiaro ma da quel che si legge sulla rete, ma possiamo immaginarciuno scenario in cui le informazioni in rete vanno sempre di più agglomerate verso un unico database,e consultate da più pagine web.

Si parla altresì di intelligenze artificiali grazie ad algoritmi sempre più sofisticati chepermetteranno un orientamento migliore in una rete sempre più affollata.

Infine il web 3.0 si muoverà verso il 3D, con una rete non più fatta di pagine, ma di veri e proprispazi in cui “muoverci” per trovare quello che cerchiamo. (in questo l’esperienza di second life credosia stata determinante).

Per finire ecco qualche esempio:WEB 1.0 WEB 2.0DoubleClick Google AdSenseOfoto FlickrBritannica Online WikipediaSiti personali BloggingScreen scraping Web servicesPubblicazione PartecipazioneSistemi di gestione dei contenuti Wikis

Come si può vedere ho evidenziato le due voci “pubblicazione” e “partecipazione” perchèfondamentalmente è questa la differenza sostanziale. Mentre nel Web 1.0 è il webmaster il solointerlocutore con i suoi utenti, nel Web 2.0 sono il webmaster e gli utenti a comunicare.

8.7 Cosa cambia con i media digitali

Nei precedenti capitoli già si è fatto più volte riferimento a quella che è stata definita la “Retedelle reti”, ovvero Internet, e si è visto come essa sia, in primo luogo, uno strumento di comunicazionecreato inizialmente per permettere la comunicazione-scambio di informazioni tra computer remoti.

Autonomia, plasmabilità, interattività sono alcuni concetti-fattori, come vedremo, checontraddistinguono la comunicazione in Rete. Internet è anche il luogo in cui è potenziata al massimola multimedialità, ossia l’impiego di media diversi, intesi sia come mezzi, (testo, suono, immagini), siacome sistemi (radio, televisione) della comunicazione. Per comprenderne la principale modalità difunzionamento si deve prendere in esame la “logica” dei “rimandi” su cui si fonda; rimandi chepossono essere di citazione, di approfondimento, di integrazione ecc., in un tessuto di richiamiintramediali — entro un unico mezzo — e/o intermediali, come nel caso di un testo collegato a unvideo, collegato a un grafico e così via. Ogni fruitore-utente della rete, più o meno consapevolmente,traccia dei percorsi di lettura, maturando gusti, opinioni, idee che poi esprime nelle proprie retirelazionali e nei propri comportamenti quotidiani. L’insieme aperto, plasmabile, di questi messaggi-links non direttamente prodotto ‘dall’alto’ è ormai il terreno fertile di una comunicazione che non èpiù produzione di semplice spettacolo ma di altra comunicazione.

Gli anni tra il 1995 e il 2000 hanno visto il cruciale passaggio del Web da luogo dellacomunicazione specializzata di tipo scientifico a luogo della comunicazione generale, diffusa e

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globale. Il fondamento comunicativo della network society, in cui da tempo viviamo, è costituito da unsistema globale di reti di comunicazione orizzontale, che comprende uno scambio multimodale einterattivo di messaggi many-to-many, ossia da ‘molti a molti’.

Ciò a differenza di quanto avviene, come visto, nella televisione tradizionale, in cui si configurainvece uno scambio (‘uno a molti’) tra l’emittente e i molti utenti.

Per una descrizione minima di alcune caratteristiche del tipo di comunicazione che la Rete rendepossibile, possiamo indicare:

a) l’estrema velocità, in modalità sia sincronica sia asincronica (i contenuti-messaggi sonorapidamente accessibili in archivi e database);

b) la diffusione semplice e a basso costo di qualsiasi tipo di informazione in formato digitale(testo, audio, video);

c) creazione di gruppi di interazione accomunati da interessi personali, senza che sia necessarioalcun contatto fisico tra i partecipanti: le cosiddette comunità virtuali nelle loro diverse versioni.

In sintesi, la tipologia comunicativa della Rete capovolge lo schema verticale o verticistico deimedia tradizionali (televisione, radio, stampa), i quali prevedono pochi centri di emissione e unamassa di ricettori passivi o, quantomeno, che non hanno il potere di contribuire o di partecipareattivamente alla produzione dell’informazione. Non prevedono, insomma, quella reciprocità e capacitàd’interazione trasversale che indubbiamente rappresentano le risorse della Rete.

Data la sua particolare configurazione tecnologica, Internet non possiede centri di emissioneprivilegiati: fruitori e produttori d’informazione si scambiano facilmente il ruolo di emittente e diricevente senza limitazioni di sorta (unico requisito è una minima alfabetizzazione informatica).

Si può allora sintetizzare la differenza strutturale tra la mass communication e la mass self-communication: la prima verticale e unidirezionale, la seconda orizzontale e bidirezionale o, meglio,multidirezionale Si può spesso verificare anche una circuitazione tra le due, che in ogni casoconvivono e si influenzano reciprocamente: è abituale, ad esempio, l’echeggiare di un qualche evento-notizia nell’intero universo mediatico, sulla carta stampata, in televisione e infine, ocontemporaneamente, attraverso Internet.

8.7.1 Il cyberspazio

Questo termine, oggi molto usato, è stato coniato nel 1984 dallo scrittore di fantascienzaWilliam Gibson; il termine deriva, come cibernetica, dal greco kybernein, e significa “governare”,“dirigere”; nel suo senso generale indica uno spazio o una dimensione artificiale, poiché ciò che ègovernato, diretto, è non naturale, non fisico. Il cyberspazio designa quindi una «realtà artificiale,“virtuale”, multidimensionale generata, alimentata e resa accessibile dal computer attraverso le retiglobali di comunicazione: in fondo una buona parte della nostra vita si svolge o passa proprioattraverso il cyberspazio.

Lévy è una figura di riferimento anche per la sua importante teoria dell’intelligenza collettiva econnettiva, l’intelligenza cioè che si sviluppa in ambiente cyberspaziale: l’intelligenza collettiva è“un’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta auna mobilitazione effettiva delle competenze”. Il coordinamento in tempo reale delle intelligenzeimplica dispositivi di comunicazione che, al di là di una certa soglia quantitativa, dipendonoobbligatoriamente dalle tecnologie digitali dell’informazione. I nuovi sistemi di comunicazione,allora, dovrebbero fornire ai membri di una comunità i mezzi per coordinare al massimo grado le lorointerazioni nello stesso universo virtuale di conoscenza, interazioni che si effettuano all’interno di unpaesaggio dinamico di significazioni. In quest’ottica, il cyberspazio diventerebbe lo spazio mutevoledelle interazioni tra le diverse competenze dei “collettivi intelligenti deterritorializzati”. Il puntofocale delle teorie di Lévy è che «noi formiamo un’intelligenza collettiva, esistiamo come comunitàsignificativa». Si passa così dall’idea di un cogito individuale e autonomo (che poi si relaziona allealtre intelligenze) al cogitamus, al “pensare insieme o in comune”. Occorre, però, precisare che nelloscenario delineato dal filosofo francese le intelligenze individuali non risultano fuse in un magmaindistinto, in una massa amorfa, poiché, al contrario, l’intelligenza collettiva stessa rappresenta in sé— nel quadro di una rete comunicativa dinamica e condivisa — un processo di crescita, didifferenziazione e di mutuo rilancio delle specificità.

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8.7.2 Recenti sviluppi del web

La sigla 2.0 sta a indicare una nuova fase della vita di Internet, e più precisamente del Web, incui vengono sviluppate le sue enormi potenzialità principalmente nel campo della comunicazione,dell’informazione condivisa e della fruizione di contenuti multimediali. Seguendo quanto riportatosul sito della Microsoft: «I servizi e gli strumenti del Web 2.0 trasformano ogni utente daconsumatore a partecipante, da utilizzatore passivo ad autore attivo di contenuti, messi adisposizione di chiunque si affacci su Internet, indipendentemente dal dispositivo che utilizza». Lasigla non indica perciò l’evoluzione della tecnologia TCP-IP che è alla base della Rete, ma quelladei mezzi e degli strumenti che utilizzano l’infrastruttura tecnologica sulla quale poggia Internet. Èil nuovo modo di intendere la Rete, che pone al centro i contenuti, le informazioni, l’interazione. Inquesta sua “nuova” dimensione o versione, il Web, oltre alle sue permanenti funzionalità, offresempre di più Blog, Reti sociali (Social Network), podcasting (da iPod, lettore di file audio mp3, ebroadcasting), contenuti audio-visivi.

Il blog, termine derivato dalla contrazione di Web-log, che significa “traccia su Rete”, è unostrumento che ormai si è imposto come uno dei fenomeni comunicativi più interessanti. Si tratta diuna sorta di diario personale ma pubblico, visibile da tutti, contenente i pensieri e le riflessioni (icosiddetti post) di chi lo gestisce (il blogger). Il blog esprime, da un lato, un evidente bisogno dicomunicazione immediata, dall’altro, l’intenzione di dare e di lasciare una testimonianza di sé,entrambi fenomeni interessanti per gli studi di sociologia della comunicazione. La maggior parte deiblog verte su temi personali, ma esistono anche alcuni che veicolano una forma di impegno, dicritica, di contro-informazione a carattere sociale e politico: il caso più noto in Italia è quello delblog di Beppe Grillo, che è riuscito, in maniera imprevedibile, ad attirare l’interesse di milioni dipersone e a creare un movimento di notevole impatto sulla società civile. Sul piano statistico,secondo alcuni studi condotti negli Stati Uniti, risulta che circa il 52% dei bloggers sostiene di fareun uso prettamente privato di questa forma di comunicazione, mentre il 32% si rivolge a una propriae ben definita audience.

Una visione negativa del “fenomeno blog” mette in rilievo il fatto che tale linea di mass self-communication rischia di dare luogo a una specie di “autismo informatico” più che ad un processocomunicativo vero e proprio.

In ogni caso, il dato che rimane è che ogni singolo post lasciato sul Web diviene, a prescinderedalle intenzioni dell’autore, una “bottiglia nell’oceano” della comunicazione globale: un messaggiosuscettibile di essere recepito e rielaborato in modi assolutamente imprevedibili.

Altro e interessante fenomeno della nuova Rete è la nascita di siti, spesso con relative struttureorganizzative retrostanti, il cui fine principale è fare informazione alternativa, controinformazione,utilizzando proprio la facilità di accesso e gestione dei media elettronico-digitali: in tale direzione s’èmossa l’esperienza di Indymedia, col suo motto, divenuto famoso, Don’t hate the Media, become yourMedia (Non odiate i media, diventate i media). Libertà personale di comunicazione e impegno socialee politico sono i due elementi che si fondono insieme. ‘Decentramento dell’informazione’, la parolaofferta a tutti, il webgiornalismo ‘dal basso’, in cui la distanza tra gli autori e i lettori è ridotta alminimo e spesso si annulla, sono le nuove prospettive in cui estendere le potenzialità democratichedella società della comunicazione.

In sintesi. Internet diventa il luogo in cui si possono verificare e/o approfondire leinformazioni ricevute tramite i media tradizionali (radio, giornali, telegiornali) o il luogoesclusivo dove si ricercare informazioni su notizie, temi ecc. La Rete inoltre offre la concreta edefficace occasione per presentarsi come centri autonomi di diffusione (siti, blog, forum), chepossono poi favorire interazioni finalizzate all’organizzazione di movimenti a carattere socialee politico: una sorta di agorà elettronica, nel quadro di quella che è stata preconizzata comeinstant referendum democracy, la “democrazia del referendum istantaneo”, in cui sarebbepossibile — pur entro certi limiti — una partecipazione più attiva sul piano dell’opinionepubblica. L’evoluzione in corso nel Web si pone così sostanzialmente all’insegna diun’interazione sociale sempre più forte, che marcia di pari passo con gli sviluppi in campotecnologico.

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8.7.3 Nodi problematici

Problema antropologico (quale comunicazione per quale uomo).Nello scenario comunicativo, ciò che è sempre più a rischio è il concetto stesso di persona, la

sua privacy e la sua libertà.Il mondo così come lo conosciamo, basato sull’incontro tra persone, coscienze che si scambiano

reciprocamentesensazioni e sguardi, rischia di scomparire, sostituito da una comunità di corpi sintetici.P. C. Rivoltella: “la progettazione di software sempre più raffinati e l’utilizzo delle reti neurali,

sta consentendo al computer di interagire con l’operatore in linguaggio naturale, rendendo impossibiledistinguere a quest’ultimo se colui con cui sta interagendo sia una macchina oppure un uomo”

Problema ontologico (la possibilità di un senso possibile);L’applicazione del virtuale per simulare esperienze reali, prevedendone in anticipo le

caratteristiche, può contribuire a migliorare la qualità di vita dell’uomo?Oppure, quella che chiamiamo simulazione sostitutiva, l’applicazione del virtuale all’area del

ludico, finisce percreare uno spazio alternativo, trasformando il simulacro in realtà?Il reale si dissolve, in quest’ottica, in un reduplicare continuamente un referente inesistente,

perché appunto immagine sintetica.Conseguenza di ciò è il crearsi di un pericolo processo di derealizzazione, al limite della

patologia, in cui nonsarebbe neppure possibile procedere al riconoscimento di cosa sia vero e meno, nel mondo

sinteticamente costruito.

Problema epistemologico (l’idea di conoscenza di tale scenario)Problema epistemologico relativo a quale

conoscenza sia possibile realizzare attraverso inew-media. La questione è collegata alproblema ontologico.

Proprio per il rarefatto (inesistente)legame con il vero, tale neo-realtà puòfacilmente divenire luogo dell’inganno,simulazione, imbroglio e violazione.

Non sappiamo ancora come sìconcluderà la rivoluzione segnata dall’avventodi Internet.

Si tratta di una rivoluzione silenziosa esicuramente più discreta rispetto a quella delpassaggio dalla cultura orale a quellachirografìca prima e tipografica poi.

In questo scenario della contemporaneità,l’uomo non è più pellegrino, ma viandante e

invoca nuovamente un territorio da abitare come casa.L’uomo della tarda modernità chiede di riappropriarsi di se stesso, delle sue relazioni, in uno

spazio che torni ad essere luogo della stabilità.

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9. TEORIE SUGLI EFFETTI DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

I mass media, per la loro stessa struttura comunicativa, modificano profondamente la nostrapercezione della realtà e della cultura, secondo il principio di Marshall McLuhan per cui "il medium èil messaggio" . Infine, poiché un aspetto molto importante della comunicazione di massa è laproduzione in serie di messaggi come "merce", diventa molto importante lo studio delle strategie concui vengono prodotti e diffusi i messaggi, specialmente quando lo scopo di questi messaggi è quello diinfluenzare le idee ed i comportamenti dei destinatari, come accade nella comunicazione politica onella pubblicità.

9.1 Apocalittici e integrati

Nel corso degli anni è stata prodotta un'enorme quantità di studi e ricerche sugli effetti causatidai media e ancora oggi gli esperti si dividono, secondo una famosa definizione di Umberto Eco, fra"apocalittici" (per i quali i media hanno una portata sostanzialmente distruttiva rispetto allasocializzazione ordinaria) e "integrati" (propensi piuttosto a considerare gli esiti positivi econtrollabili della socializzazione tramite media).

M. Baldini: “Ogniqualvolta si è verificata una delle rivoluzioni […] gli uomini si sono divisi indue fazioni, l’una contro l’altra armata: da un lato quella degli apocalittici e dall’altra quella degliintegrati” N. Postman: “tanto gli apocalittici quanto gli integrati sono zelanti profeti con un occhiosolo: “ogni tecnologia è al tempo stesso un danno e una benedizione; non è l’una cosa o l’altra, èl’una cosa e l’altra” “Primo apocalittico” è Platone, che nel Fedro riconosce come la scrittura avrebbecambiato la mente degli uomini:

l’alfabeto nuocerà alla memoria e creerà un falso sapere.Ogni innovazione tecnologica ridisegna le modalità di presenza dei media già esistenti.Un nuovo medium segue una modalità di diffusione nel tempo non regolare. Si passa infatti da

una rapida crescita iniziale, a una fase di assestamento, fino all’esaurirsi della carica di novitàtecnologica.

L’avvento di un nuovo medium non comporta la fine dei media precedenti. Cambiano gliequilibri, viene ridefinita la collocazione, ma nessun medium viene meno.

W. J. Ong: “Oggi si sente dire che i libri sono finiti, che radio e televisione li hanno rimpiazzati.Ebbene, chiunque pensi a ciò è ben lontano dalla realtà […]. Il nuovo medium non elimina quellovecchio, d’altra parte quest’ultimo non è più lo stesso di prima”.

Si arriva così, finalmente, a definire il processo della comunicazione di massa. Essa si basa suorganizzazioni complesse per produrre e diffondere messaggi indirizzati a pubblici molto ampi eincisivi. Si tratta ora di capire se e come i mass media agiscono nelle società che li ospitano. Esistonovarie teorie a riguardo, che esaminiamo qui di seguito:

Teoria dell’ago ipodermico:

Più che una teoria vera e propria, può essereinterpretata come una modalità di lettura dei media. Natanei primi decenni del 900, la teoria dell’ago ipodermicoaveva una visione apocalittica dei media, strumenti ingrado di inoculare sotto la pelle delle persona,qualsivoglia tipologia di messaggio. La tesi derivante èquella che “i media manipolano le persone”. Tale tesipoggia le sue fondamenta sui cambiamenti cheattraversavano in quel periodo le società occidentali: ilpassaggio dalla comunità tradizionale, con vincoli disangue e di luogo, alla comunità moderna, asettica eimpersonale: una società di massa.

La teoria dell’ago ipodermico innesta un nuovomodello comunicativo, il modello Stimolo-Risposta (S-R):

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in tale modello, ad ogni stimolo (messaggio dei media) corrisponde una risposta (reazione deglispettatori). Tale modello lascia ben poca autonomia al pubblico, descritto come quasi succube deimedia. Nonostante i suoi limiti, nell’ambito della teoria dell’ago ipodermico troviamo i padri dellamass communication research (Lasswell). In definitiva la teoria dell’ago ipodermico è facilmentecriticabile: ognuno in fin dei conti sceglie cosa guardare o leggere, di solito interpretando tali cosesotto l’influenza di qualcuno per loro importante.

Teoria degli effetti limitati e il flusso di comunicazione a due stadi:

La teoria ipodermica ha costituito la base per lericerche degli anni successivi. Le ricerche successivehanno portato alla critica del modello stimolo risposta(aggiungendo un passaggio intermedio) ottenendo così ilmodello Stimolo-Variabili Intervenienti-Risposta (S-IV-R):infatti si capì che i messaggi portavano a stimoli diversi neidiversi target di pubblico. L’altro pilastro della teoriaipodermica, la massa, venne demolito in quanto non erapossibile analizzare gli effetti dei media sulle masse senzaconsiderare il contesto sociale in cui agiscono.

Uno dei risultati più eclatanti di queste ricerche sulcampo fu la teoria del flusso di comunicazione a due stadi:in base a tale teoria il messaggio dei media viene recepitodal pubblico grazie a una categoria di persone cheoccupano posti-chiave nei reticoli di relazioni interpersonali, i leader d’opinione. I messaggi arrivanodunque prima ai leader d’opinione (I stadio) e dunque al pubblico (II stadio). Qui accanto gli schemidelle due teoria sinora analizzate. Dalla teoria del flusso si cambia finalmente il punto di vista suimedia: dapprima visti come manipolatori, successivamente come persuasori, ora come influenti.

Struttural-funzionalismo (usi e gratificazioni)

Dal secondo dopoguerra gli studi sulla comunicazione in Usa entrano in una fase più matura; apartire dallo, che studia i media distinguendoli non più per i loro obiettivi ma per le loro funzioni, siarriva alla teoria di usi e gratificazioni: la funzione dei media viene assimilata all’uso strumentale cheil pubblico fa dei mezzi di comunicazione di massa, al fine di soddisfare i propri bisogni e di ricevernecosì una gratificazione.

La teoria critica

Nello stesso periodo le ricerche sociologiche europee si svolgevano nella neo-istituita scuola diFrancoforte. Basata sulle dottrine del Marxismo, tale scuola si pone con un atteggiamento criticorispetto alla cultura in generale. Svolge una poderosa analisi dei mass media, arrivando alladefinizione di industria culturale (l’insieme dei mezzi di comunicazione). Tra i suoi dogmi, quellodella cultura omologata, standardizzata e poi servita ai consumatori. I mass media svolgono le loroazioni solo per raggiungere utili economici, manipolando i valori del pubblico: l’uomo diventa “auna dimensione”, narcotizzato cioè dai media e offuscato da una falsa coscienza che gli impedisce diliberarsi dalle sue catene.

I cultural studies

Sviluppatisi in Inghilterra negli anni ’50, pongono la cultura al centro dei loro interessiscientifici. Il concetto di cultura cambia e viene inteso come un insieme di processi sociali e storici.Anch’essi si appoggiano al Marxismo, rivedendone però alcuni aspetti. È all’interno di questa scuoladi pensiero che si sviluppa il modello encoding-decoding: qualsiasi prodotto mediale nasce da una

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messa in codice (encoding) da parte di un’organizzazione al cui vertice troviamo l’autore. Una voltamesso in circolo, il messaggio sarà decodificato (decoding) dal pubblico, portando a tre diversi casi:

1. lettura egemonica-dominante, il punto di vista dell’autore appare l’unico anche per lospettatore.

2. lettura negoziata, accanto al punto di vista dell’autore appaiono considerazioni autonome.3. lettura oppositiva, quando il messaggio viene letto in modo antagonista e inserito in un

contesto opposto a quello dell’emittente.Importante ricordare che per la prima volta viene riconosciuto al pubblico un ruolo attivo.

La Scuola di Toronto

Le basi di partenza degliesponenti della scuola consistono nellanuova considerazione dei media: latecnologia viene vista come il motoredel mutamento, una forza che puòdeterminare la direzione delmutamento della società. Per gli autoriogni tecnologia porta con sé un bias,cioè una tendenza alla conservazionedel sapere. Ogni media (dal papiro allemoderne tecnologie) si è evoluto in unasorta di scala: il nuovo mediainglobava quello precedente e leinformazioni in esso contenute. Si sonoverificate delle vere e propriemutazioni antropologiche, come quelle dell’uomo. I media stessi vengono considerati come una sortadi estensione dell’uomo (la scrittura, estensione della memoria; il telefono, estensione di voce e udito)ma anche come una sorta di estensione di consapevolezza. Tali processi portano alla nascita delvillaggio globale, con la conseguente differenziazione in media caldi (stimolano un solo senso, radio ecinema) e media freddi (abbisognano di più partecipazione da parte dell’utente, televisione, telefono einternet).

La scuola di Toronto tende a disinteressarsi al contenuto dei media, preferendo lo studiodel media vero e proprio, poiché il contenuto del media è pur sempre un altro media: ilcontenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è contenuta nella stampa, ecc…Ogni nuovo media tende ad inglobare i media precedenti: in questa accezione, internet contienetutti i media.

SPIRALE DEL SILENZIO

La teoria della spirale del silenzio venne sviluppata negli anni 1970 da Elisabeth Noelle-Neumann. La tesi di fondo è che i media, ma soprattutto la televisione, possano avere un notevoleeffetto di persuasione sui riceventi e quindi più in generale sull'opinione pubblica. Nello specifico lateoria afferma che una persona singola è disincentivata dall'esprimere apertamente e riconoscere a sestessa una opinione che percepisce essere contraria alla opinione della maggioranza, per paura diriprovazione e isolamento da parte della presunta maggioranza.[1] Questo fa chiudere la persona in unsilenzio che fa aumentare la percezione collettiva (non necessariamente vera) di una diversa opinionedella maggioranza, aumentando di conseguenza in un processo dinamico il silenzio di chi si credeminoranza (da cui spirale del silenzio).

Questa teoria ebbe una notevole importanza nella scienza della comunicazione per la rinascitadel dibattito sui poteri di persuasioni forti dei mezzi di comunicazione, in contrasto con la scuola dipensiero di un effetto debole dei mass media sul pubblico.

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10.2 Mc Luhan

Nel libro La galassia Gutenberg McLuhan sottolinea per la prima volta l'importanza dei massmedia nella storia umana; in particolare egli discute dell'influenza della stampa a caratteri mobili sullastoria della cultura occidentale.

Nel libro McLuhan illustra come con l'avvento della stampa a caratteri mobili si compiadefinitivamente il passaggio dalla cultura orale alla cultura alfabetica. Se nella cultura orale la parola èuna forza viva, risonante, attiva e naturale, nella cultura alfabetica la parola diventa un significatomentale, legato al passato. Con l'invenzione di Gutenberg queste caratteristiche della cultura alfabeticasi accentuano e si amplificano: tutta l'esperienza si riduce ad un solo senso, cioè la vista. La stampa èla tecnologia dell'individualismo, del nazionalismo, della quantificazione, della meccanizzazione,dell'omogeneizzazione, insomma è la tecnologia che ha reso possibile l'era moderna.

Alla base del pensiero di McLuhan (e della Scuola di Toronto) troviamo un accentuatodeterminismo tecnologico, cioè l'idea che in una società la struttura mentale delle persone e la culturasiano influenzate dal tipo di tecnologia di cui tale società dispone.

Gli strumenti del comunicare

Questo è tra i lavori maggiormente noti di McLuhan, e costituisce una ricerca innovativa nelcampo dell'ecologia dei media . È qui che McLuhan afferma che è importante studiare i media nontanto in base ai contenuti che veicolano, ma in base ai criteri strutturali con cui organizzano lacomunicazione. Questo pensiero è notoriamente sintetizzato con la frase "il medium è il messaggio".Tuttavia sarebbe fuorviante ridurre l'analisi condotta ai soli mezzi di comunicazione di massa o mass -media. La riflessione di McLuhan abbraccia, in linea generale, qualsiasi tipo di media. In effetti laversione originale in inglese del libro in questione è titolata Understanding Media (vale a dire Capire imedia) mentre il titolo della traduzione italiana - "Gli strumenti del comunicare" - trae evidentementein inganno.

McLuhan afferma che "nelle ere della meccanica, avevamo operato un'estensione del nostrocorpo in senso spaziale.

Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico dell'elettricità, abbiamo esteso il nostro stessosistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta,abolisce tanto il tempo quanto lo spazio". Ad esempio un primo medium analizzato da McLuhan èstato quello tipografico. McLuhan osserva infatti che la stampa ha avuto un grande impatto nella storiaoccidentale, veicolando la Riforma protestante, il razionalismo e l’illuminismo e originando ilnazionalismo, l'industrialismo, la produzione di massa, l'alfabetismo e l'istruzione universale.

Si può dunque asserire che qualsiasi tecnologia costituisce un medium nel senso che èun'estensione ed un potenziamento delle facoltà umane, e in quanto tale genera un messaggio cheretroagisce con i messaggi dei media già esistenti in un dato momento storico, rendendo complessol'ambiente sociale, per cui è necessario valutare dei media l'impatto in termini di "implicazionisociologiche e psicologiche".

McLuhan afferma che il contenuto di una trasmissione ha in realtà un effetto minimo sia inpresenza di programmi per bambini o di spettacoli violenti. Si tratta certamente di una forzatura,questa, che però tende a mettere l'accento sulla struttura dello strumento che sovente viene dimenticataa favore del contenuto. Per esemplificare lo stesso film (contenuto) visto alla televisione o al cinema(medium) ha un effetto diverso sullo spettatore. Per cui la struttura della televisione e la struttura delcinema hanno un impatto particolare nella società e sugli individui che deve essere colto e analizzatoattentamente.

McLuhan osserva che ogni medium ha caratteristiche che coinvolgono gli spettatori in modidiversi; ad esempio, un passo di un libro può essere riletto a piacimento, mentre (prima dell'avventodelle videocassette) un film deve essere ritrasmesso interamente per poterne studiare una parte. È inquesto testo che McLuhan introduce la classificazione dei media in caldi e freddi.

Fra le tesi più illuminanti, quella per cui ogni nuova tecnologia (comprese la ruota, il parlato, lastampa), esercita su di noi una lusinga molto potente, tramite la quale ci ipnotizza in uno stato di"narcisistico torpore". Se non abbiamo gli anticorpi intellettuali adatti, questo capita appena ne

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veniamo in contatto, e ci porta ad accettare come assiomi assoluti, le assunzioni non neutraliintrinseche in quella tecnologia. Se invece riusciamo a evitare di esserne fagocitati, possiamo guardarequella tecnologia dall'esterno, con distacco, e a quel punto riusciamo non solo a vedere con chiarezza iprincipi sottostanti e le linee di forza che esercita, ma anche i mutamenti sociali diventano per noi unlibro aperto, siamo in grado di intuirli in anticipo e (in parte) di controllarli.

Il medium è il messaggio

L'espressione "il medium è il messaggio" ci dice perciò che ogni medium va studiato in base aicriteri strutturali in base ai quali organizza la comunicazione; è proprio la particolare strutturacomunicativa di ogni medium che lo rende non neutrale, perché essa suscita negli utenti-spettatorideterminati comportamenti e modi di pensare e porta alla formazione di una certa forma mentis . Cisono, poi, alcuni media che secondo McLuhan assolvono soprattutto la funzione di rassicurare e unodi questi media è la televisione, che per lui era un mezzo di conferma: non era un medium che diedeluogo a novità nell’ambito sociale o nell’ambito dei comportamenti personali.

La televisione non crea delle novità, non suscita delle novità, è quindi un mezzo che conforta,consola, conferma e "inchioda" gli spettatori in una stasi fisica (stare per del tempo seduti a guardarla)e mentale (poiché favorisce lo sviluppo di una forma mentis non interattiva, al contrario di internet edi altri ambienti comunicativi a due o più sensi).

Media "caldi" e media "freddi"

Questa classificazione ha dato luogo ad equivoci e a discussioni, dovute al fatto che gli aggettivi"caldo" e "freddo" sono stati adoperati in senso antifrastico, cioè in senso opposto rispetto loro realesignificato.

Mc Luhan classifica come "freddi" i media che hanno una bassa definizione e che quindirichiedono un’alta partecipazione dell'utente, in modo che egli possa "riempire" e "completare" leinformazioni non trasmesse; i media "caldi" sono invece quelli caratterizzati da un'alta definizione eda una scarsa partecipazione. McLuhan nei suoi scritti parrebbe cadere in contraddizione nel definire"caldo" o "freddo" un particolare Medium, nel caso della scrittura per esempio questa viene dapprimadefinita fredda poi "calda ed esplosiva".

Per superare questa ambiguità occorre distinguere il senso emotivo degli aggettivi "caldo" e"freddo" da quello matematico, specificamente adottato nel senso di una diretta proporzione fra"temperatura mediatica" e "quantità di informazione". Questa proporzione ha senso nell'ambito di unoed un solo canale sensoriale. Confrontare il "calore" della radio con quello della televisione è unmadornale vizio di forma, poiché l'una agisce sull'udito e l'altra sulla visione.

Benché, ovviamente, televisione e cinema abbiano una forte componente uditiva, nell'analisidella loro temperatura mediatica questa non è indicativa, a meno che non si consideri lo specificocanale acustico in un'analisi a parte.

Ha senso, invece, un confronto tra media di diversa "vocazione" sensoriale, se si ragiona suglieffetti, in merito ad una determinata strategia (ad esempio la propaganda politica).

Il villaggio globale

Quello del "villaggio globale" (1968) è un metaforico ossimoro adottato da McLuhan perindicare come, con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione, tramite l'avvento del satellite che hapermesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato piccolo ed abbiaassunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio.

Nell'opera "Understanding Media" (1964), McLuhan scrive: "Oggi, dopo più di un secolo ditecnologia elettrica, abbiamo esteso il nostro sistema nervoso centrale fino a farlo diventare unabbraccio globale, abolendo limiti di spazio e tempo per quanto concerne il nostro pianeta". Ilconcetto che sta alla base di questa affermazione è la credenza dello studioso nel fatto che latecnologia elettronica sia diventata un'estensione dei nostri sensi, particolarmente la vista e l'udito. Lenuove forme di comunicazione hanno trasformato il globo in uno spazio fisicamente molto più

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contratto di un tempo, in cui il movimento di informazione da una parte all'altro del mondo èistantanea. La formazione di una comunità globale ampia ma anche molto integrata nelle sue diverseparti incoraggia lo sviluppo di nuove forme di coinvolgimento internazionale e di correlativaresponsabilità. Il termine villaggio globale è inteso, a tal proposito, in due sensi diversi:

1) da un punto di vista più letterale, ci si riferisce alla nozione di un piccolo spazio in cui lepersone possono comunicare rapidamente tra loro e in tal modo l'informazione diviene molto piùdiffusa e immediata. Infatti, mediante i nostri "sensi estesi" ognuno di noi fa esperienza in tempo realedi eventi che possono avvenire fisicamente sull'altra faccia del pianeta;

2) da una prospettiva più ampia, si intende una comunità globale, in cui tutti sono interconnessiall'interno di uno spazio armonioso e omogeneo.

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12. COMUNICAZIONE VISIVA

Fu Greimas, uno dei più illustri esponenti della scuola di Parigi, a sviluppare dei primi approccisulle nozioni di concetti semiotici. Per Greimas bisogna prima di tutto distinguere tra semiotica dellelingue naturali, riferendosi dunque alle lingue verbali e alle loro trascrizioni e semiotica del mondonaturale. Quest’ultima presuppone che per rendere il mondo significante sia necessario porre su diesso una griglia (la cultura), uno schema di rappresentazioni che ci consenta di identificare le figurecome oggetti, classificarle e collegarle. Nella semiotica del mondo naturale, affinché l’uomo riesca araggiungere i propri fini comunicativi e di significazione, le figure devono essere trasmissibili ericonoscibili.

Detto questo, risulta impossibile “comunicare” grandi blocchi; bisogna ridurre il mondo in tratti:i formanti figurativi (che costituiscono le figure del mondo) dal punto di vista del contenuto; iformanti plastici dal punto di vista dell’espressione. L’idea di Greimas è che anche i messaggi visiviabbiano un piano dell’espressione e un piano del contenuto.

Dalla scuola di Parigi sono state individuate tre diverse tipologie di categorie ovvero delleopposizioni che, nel momento in cui vedono richiamato un termine, mettono automaticamente ingioco anche il secondo: le categorie cromatiche (costituite da contrasti di colore), eidetiche (costituiteda contrasti tra figure geometriche astratte) e topologiche (costituite da contrasti tra posizionitopologiche).

Categorie cromatiche.

Il manifesto è un’esplosione di colori forti, accesi, di forte impatto con il pubblico (del restol’obbiettivo è quella di attirare l’attenzione del pubblico).

Categorie eidetiche

Le categorie eidetiche definiscono le configurazioni plastiche a livello della forma (es.,convesso versus concavo) e dei contorni (es., retto versus curvo). Sono costituzionali, perchépermettono di cogliere una configurazione plastica. Più nello specifico vengono considerate“costituite: focalizzano certe superfici nella loro funzione isolante e discriminante.

Categorie topologiche

A livello topologico l’opposizione che risalta maggiormente è quella sinistra-destra.

12.1 La grammatica del manifesto

Per manifesto pubblicitario si intende un testo composto di immagini e/o parte scritta che puòessere pubblicato con varie modalità: affisso ai muri, sui cartelloni di specifici circuiti commerciali,sui quotidiani, sulle riviste, ecc.

Il manifesto pubblicitario, nato con funzione prettamente descrittiva del prodotto/serviziopubblicizzato, si è evoluto come tutta la comunicazione pubblicitaria acquisendo una precisagrammatica interna.

In un manifesto distinguiamo alcuni elementi ricorrenti che svolgono una precisa funzione inriferimento alla retorica persuasiva obiettivo della comunicazione pubblicitaria:

•Headline: è il titolo principale del manifesto, posto generalmente in alto o in posizionecentrale, con i caratteri più grandi.

•Visual: è la scena raffigurata nel manifesto, di importanza fondamentale non solo per glielementi descritti, ma soprattutto per lo stile con cui essi vengono raffigurati (bianco e nero/colore,fotografia/disegno, taglio dell’immagine, effetti particolari, ecc.).

•Copy: è il testo esplicativo che può accompagnare il messaggio dandone una spiegazione.Normalmente non è presente sui manidùfesti destinati all’affissione murale.

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•Pay-off: è il titolo di chiusura, che completa il manifesto nella sua parte bassa. Nelle pubblicitàcontemporanee sempre più spesso è assente.

•Brand: è il marchio, il simbolo identificativo dell’emittente del messaggio, la cui presenza èfondamentale per la costruzione del senso del messaggio.

12.2 La sintassi del manifesto

La pubblicità basa la sua capacità persuasiva sull’applicazione della proprietà transitiva alpensiero logico deduttivo, secondo le regole del sillogismo aristotelico. Nel sillogismo aristotelico,una premessa maggiore e una premessa minore che hanno un termine in comune generano unaconclusione che viene dedotta dalle proposizioni precedenti.

La premessa maggiore, normalmente, è un assunto cultural-mente condiviso di tipoassiomatico, la cui veridicità spesso discende dal fatto di essere enunciato da un’autorità (ipse dixit):es. “I gatti miagolano”.

La premessa minore è di solito la constatazione di una proprietà evidente che si manifesta conchiarezza agli occhi dello spettatore: “Fufi miagola”

La conclusione è l’assunto derivante dall’unione transitiva delle due premesse: “Fufi è ungatto”.

Nella pubblicità moderna, normalmente, il sillogismo persuasivo viene costruito “in absentia” dialcune sue parti, cercando di portare il lettore a costruire l’entimema partendo da premesse maggioriuniversalmente condivise e arrivando a conclusioni tanto più forti quanto più sentite come personalida parte del lettore.

In molte pubblicità è assente la premessa maggiore (costituita da un luogo comune) e l’elementodimostrativo del messaggio (spesso il visual) è incentrato sulla dimostrazione della premessa minore.

La conclusione del sillogismo viene normalmente omessa oppure traslata su un piano metaforiconel pay-off (quindi non attraverso un discorso apodittico), poiché un’affermazione troppo nettasarebbe oggi rifiutata dal lettore che parte non più da un assunto di buona fede, quanto di distacco dalmezzo pubblicitario “lo dice la pubblicità, quindi non è vero…”.

Gli elementi sono oggi spesso utilizzati in questa maniera:•Headline: è normalmente utilizzata per catturare l’attenzione, attraverso la creazione di

analogie, metafore e polisemie nell’interpretazione del visual.•Visual: è l’elemento più importante delle comunicazione pubblicitarie, utilizzato per dimostrare

la premessa minore (la proposizione specifica) che, normalmente è quella zoppa, falsa. Per questomotivo oggi è soprattutto di tipo fotografico, perché la fotografia è considerata (in maniera sbagliata)una documentazione della realtà e, per questo, più verosimile, mentre fino agli anni ’70 era dipreferenza di tipo grafico (illustrazioni, fumetti).

•Copy: è il testo esplicativo che può accompagnare il messaggio dandone una spiegazione. Sista progressivamente perdendo.

•Pay-off: è la chiusura, che completa il manifesto nella sua parte bassa, nelle pubblicitàclassiche costituisce la conclusione del sillogismo. Nelle pubblicità contemporanee (soprattutto neisettori immateriali, come la moda) sempre più spesso è assente.

•Brand: è il marchio, il simbolo identificativo dell’emittente del messaggio, la cui presenza èfondamentale per la costruzione del senso del messaggio.

Nel nostro esempio, la pubblicità può essere spiegata con il seguente sillogismo: Premessa maggiore (luogo comune): “Internet potrebbe aprirmi molte opportunità se sapessi

come sfruttarle”. Premessa minore (visual focalizzato dall’headline): “Web Graphic srl sa sfruttare tutte le

opportunità del WEB”. Conclusione: “Con Web Graphic srl potrò sfruttare tutte le opportunità del WEB!”.

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13. USABILITÀ

Fra due spiegazioni scegli la più chiara.Fra due forme la più elementare.Fra due parole la più breve(Eugenio d'Ors)

Spesso gli autori, pur essendo super-esperti della materia, non sempre sanno come scrivere untesto, come comunicare con efficacia attraverso la scrittura. Che sia destinato alla stampa o alla letturaa video, un testo scritto deve essere facilmente fruibile dal lettore.

Naturalmente, non mi riferisco a un testo narrativo, che deve sottostare a regole diverse riguardoalla struttura (ma restano valide quelle di formattazione per un’agevole lettura).

Il lettore idealeAncora prima di cominciare a scrivere è bene chiedersi a quale tipo di pubblico si intende

rivolgersi, domandarsi chi sarà il vostro lettore-tipo.

Chi è?Che mestiere fa? Quali sono le conoscenze tecniche e linguistiche e il background culturale che

mediamente possiede? Può essere collocato in una determinata fascia d’età? Per esempio, se virivolgete a ragazzi delle scuole medie userete un linguaggio diverso da quello che usereste in unmanuale destinato a studenti universitari.

Il significato etimologico di comunicazione è ‘mettere in comune, condividere, partecipare’: nelcomunicare si ha sempre presente un ‘altro’ che si desidera raggiungere e coinvolgere in qualcheforma di attività. […] Per comunicare è dunque necessario porsi sempre il problema dell’altro, deldestinatario del nostro atto comunicativo. (Pallotti)

Perché?Qual è la motivazione che lo ha spinto ad acquistare il libro o a restare collegato a Internet o a

scaricare e stampare questo testo? Quali vantaggi pratici potrebbe trarre dalla sua lettura? Questo testopuò dargli informazioni pratiche per risolvere un problema, o dargli gli strumenti per superare unesame o riparare un rubinetto, o ancora ampliare le sue conoscenze, fornirgli una guida spirituale?

ComeSarà un testo da leggere dalla prima all’ultima pagina o da consultare, saltando da una capitolo

all’altro? Sarà una pagina web interna a cui il lettore potrà accedere tramite motore di ricerca,capitando nel bel mezzo di un discorso?

Come rivolgersi al lettore?Forma impersonale o diretta? Dargli del voi, del tu, del noi? Se immaginate di trovarvi di fronte

a un uditorioformato da più di una persona, potete usare il voi: è diretto, semplice, immediato.Se si preferisce una forma più elegante si potrebbe usare quella impersonale: meno diretta, più

formale e, a volte, più complessa sintatticamente.Se vorresti instaurare col lettore quasi un dialogo, in una comunicazione uno-a-uno, gli darai del

tu: diretto e semplice, usato in genere nelle comunicazioni commerciali e nei testi per bambini eragazzi.

Se invece ci sentiamo coinvolti nell’ideale gruppo di lettori/ascoltatori, e sottintendiamo chefacciamo le stesse cose, possiamo usare il noi: attenzione, però, a non incartarci con frasi poco lineari.

Se mi sento un po’ cavia un po’ esempio, o voglio che il lettore si immedesimi totalmente nellalettura, posso usare la prima persona singolare, anche se questa soluzione in alcuni casi potrebberisultare… egocentrica.

Qualunque soluzione scegliate, siate consapevoli della scelta effettuata, coerenti e usateladall’inizio alla fine.

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Cambi improvvisi di stile sono fastidiosi e potrebbero disorientare il lettore. Se preferite unaprima stesura spontanea, questo tipo di uniformazione può essere affidato alla fase di rilettura erevisione.

Cosa ho da dire?Il passo successivo, dopo aver compilato il profilo ideale del lettore, è capire cosa avete da dire

in merito all’argomento prescelto. Guardate cosa c’è in frigo e in dispensa, riordinate le idee estendete il menu del pranzo che vi accingete a preparare. Fuor di metafora, buttate giù un elenco diargomenti, temi, punti chiave; organizzateli in maniera coerente, preparate una scaletta strutturata, checostituirà lo scheletro, la struttura portante del vostro lavoro di scrittura.

La fase di progettazione è indispensabile perché rappresenta un momento di riflessione sulleidee generate, e quindi un momento di verifica, di approfondimento e di sviluppo delle idee stesse.

Organizzando le idee, si è costretti a valutarne la coerenza e l’opportunità.

È utile, poi, lasciar decantare per qualche giorno la prima scaletta e tornare in seguito arileggerla con la mente sgombra per assicurarsi di non aver dimenticato nulla. Quando sarete convintidella solidità e completezza e coerenza della vostra struttura, cominciate a scrivere, possibilmente dalprimo capitolo.

Letture. Caratteristiche di un testoPartendo dal significato etimologico, testo deriva originariamente dal latino textus, che significa

‘tessuto’: già l’etimologia ci indica che un testo è qualcosa che sta insieme, le cui parti sonostrettamente intrecciate tra loro. Per potersi definire tale un testo deve possedere queste cinquecaratteristiche:

• coerenza• coesione• strutturalità• completezza• autonomiaLa coerenza indica precisamente l’aspetto di ‘tessitura’ di cui abbiamo parlato: un insieme

disordinato di idee, senza alcun legame tra loto, non è un testo. Se la coerenza riguarda i rapporti traidee e significati, la coesione non è altro che la manifestazione linguistica della coerenza, includendotutti quei meccanismi che segnalano i rapporti tra le varie parti del testo come per esempio pronomi,sinonimi, congiunzioni, avverbi.

Un terzo aspetto comune a tutti i testi è la loro strutturalità: un testo non è un amalgamaindistinto di suoni o lettere, ma questi sono ordinati a formare delle strutture di sempre maggiorecomplessità, dalle singole parole alle frasi, ai paragrafi, ai capitoli. Le due caratteristichedell’autonomia e della completezza evidenziano il fatto che i testi devono avere dei confini cioèdevono poter essere compresi senza bisogno di spiegazioni da parte dell’autore.

Letture. Il Lettore ModelloIn un suo famoso saggio, Lector in fabula, Umberto Eco analizza il ruolo del lettore nei testi

narrativi. Benché noi qui ci occupiamo solo di testi non narrativi, alcune considerazioni di base sonovalide per qualsiasi testo. Egli afferma che un testo postula il proprio destinatario come condizioneindispensabile non solo della propria capacità comunicativa concreta ma anche della propriapotenzialità significativa. In altri termini, un testo viene emesso per qualcuno che lo attualizzi.

La figura del lettore è quindi centrale. A questo proposito, l’eminente saggista ci consiglia dinon dimenticare mai che la competenza del destinatario non è necessariamente quella dell’emittente.

Per una comunicazione efficace, bisogna quindi tener conto delle diverse competenze dei lettorie ricordarsi che scrivere non è parlare. Infatti, se nella comunicazione faccia a faccia intervengonoinfinite forme di rafforzamento extralinguistico (gestuale, estensivo e così via) e infiniti procedimentidi ridondanza e feedback, l’uno in sostegno dell’altro non è così in un testo scritto, poiché non vi èmai mera comunicazione linguistica, ma attività semiotica in senso lato, dove più sistemi di segni si

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completano l’un l’altro. Ma cosa accade con un testo scritto, che l’autore genera e quindi affida asvariati atti di interpretazione, come un messaggio in una bottiglia?

Abbiamo detto — continua Eco — che il testo postula la cooperazione del lettore come propriacondizione di attualizzazione. Possiamo dire meglio che un testo è un prodotto la cui sorteinterpretativa deve far parte del proprio meccanismo generativo: generare un testo significa attuareuna strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui […].

Per organizzare la propria strategia testuale un autore deve riferirsi a una serie di competenze(espressione più vasta che “conoscenza di codici”) che conferiscano contenuto alle espressioni cheusa. Egli deve assumere che l’insieme di competenze a cui si riferisce sia lo stesso a cui si riferisce ilproprio lettore.

Pertanto prevederà un Lettore Modello capace di cooperare all’attualizzazione testuale comeegli, l’autore, pensava, e di muoversi interpretativamente così come egli si è mosso generativamente.

Riprendendo ed esplicitando l’argomentazione di Eco, Gabriele Pallotti afferma che, poichél’autore non può effettivamente sapere chi saranno i suoi lettori reali, è costretto a costruirsi “lettorimodello”, che orienteranno le sue strategie di scrittura.

Quindi, se la scrittura vuol essere veramente un atto di comunicazione, occorre porsiesplicitamente il problema del lettore, sapendo che non è di facile soluzione […] Non c’è mai un testo‘buono’ in assoluto per tutti i lettori […]. Un testo, per essere efficace, deve sempre porsi il problemadel lettore modello, fare i conti con questa e altre limitazioni. (Pallotti 1999: 11)

Forma e contenuto: Coerenza e correttezza linguisticaUna volta identificato l’interlocutore e stabilito il contenuto è bene tener d’occhio la forma. Se è

a un tecnico che vi state rivolgendo, usate pure termini specifici, molto spesso in inglese. Ma non fatel’errore di tradurre grossolanamente espressioni straniere, senza neanche dare un’occhiata alvocabolario , o di usarle a sproposito.

Per esempio, se state parlando a un grafico digitale, non c’è evidentemente bisogno di spiegarglicosa significa GIF, perché dovrebbe saperlo! Se invece vi state rivolgendo a un responsabilemarketing, potete evitare la spiegazione dell’acronimo perché a lui interessa piuttosto sapere che sitratta di un formato immagine universale leggibile anche su piccoli schermi a 256 colori.

Inoltre, è importante essere coerenti. Spiegate gli acronimi (se necessario) o un termineparticolare la prima volta che li usate, quando introducete l’argomento.

Se scegliete uno stile diretto e informale non cambiate direzione strada facendo; non scrivete unparagrafo asettico e staccato da giuristi e quello successivo col tono da imbonitore.

Altro elemento fondamentale è la correttezza linguistica: il rispetto delle norme ortografiche,grammaticali e sintattiche della lingua in cui scrivete. Se nella lingua parlata sono tollerabili formeregionali e una sintassi “disinvolta”, la lingua scritta è più formale. Chi vi legge vi giudica anche pergli errori che fate. Un testo ben scritto è più autorevole e più affidabile.

Attenti anche all’uso della punteggiatura: sbagliare la posizione di una virgola può stravolgere ilsenso di una frase.

Limitate l’uso dei punti esclamativi e dei puntini di sospensione: vanno bene nei dialoghi, in unasceneggiatura o in un racconto. Ma se usati in un testo informativo, troppi punti esclamativi dannol’impressione che chi scrive sia un esaltato che grida al centro di una piazza o sta cercando di venderequalcosa. Troppi puntini di sospensione, invece, possono dare l’idea di un discorso incompleto, vago.

Chi vi legge non vi può ascoltare mentre con la voce date la giusta intonazione e riempite disignificato le parole; non è nella vostra testa, non è in grado di ricostruire i passaggi logici che aveteomesso di scrivere. Ogni testo va interpretato.

Fate in modo che il vostro sia il più possibile chiaro e inequivocabile: frasi ambiguedisorientano il lettore.

Conviene, quando si progetta una testo per il web, essere elastici e assegnare più al valore delcontenuto, distinguendo ciò che è titolo da ciò che è nota o testo.

Bisognerà stare attenti a quali font scegliere, In pratica, i tipi di carattere che si possono usaresul web sono tre:

• la famiglia dei bastoni (Arial, Verdana, Tahoma, Trebuchet e Lucida per Windows; Helvetica,Monaco e Geneva per il Mac; Bitstream Vera Sans e san serif per altri sistemi);

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• la famiglia dei graziati (Georgia e Times New Roman per Windows, Times per il Mac,Bitstream Vera Serif e serif per altri sistemi);

• i caratteri monospazio o a larghezza fissa (il più diffuso è il Courier, molto simile a quello dellevecchie macchine per scrivere).

In realtà, secondo gli standard stabiliti dal W3C (il consorzio internazionale che definisce regoleuguali per tutti, sia nei linguaggi e nei codici usati sul web. sia nei meccanismi di interpretazione delcodice da parte dei vari browser) le famiglie generiche di font sono cinque: serif (graziati), sans-serif(bastoni), monospaced (monospazio), cursive, fantasy.

Cursive indica tutti quei font che ricordano la grafia manoscritta, generalmente inclinata (comeil corsivo). Fantasy, invece, indica quei font le cui lettere alfabetiche presentano decorazioni di variotipo.

Chi visita il vostro sito è interessato al contenuto dei vostri testi, e fa poca differenza se essisono visualizzati in Garamond o Souvenir. Quel che conta è che il vostro testo sia ben leggibile sulloschermo.

Formattazione e disposizione dei testiIn un testo destinato alla lettura a monitor, è importante curare anche altri aspetti di

formattazione. Leggere a video è più faticoso che leggere un testo stampato e bisogna catturarel’attenzione del lettore.

Evitate blocchi lunghissimi di testo senza spazi bianchi, nonché righe di testo in caratteri piccoliche attraversano tutto il monitor. In caso di righe lunghe, preferite la classica impaginazione allineataa sinistra, ed evitate testi tutti centrati, con disordinato succedersi di righe lunghe e corte.

Attenzione al corsivo: alcuni font bastoni (tipo Arial, Helvetica) assumono un fastidioso aspettoscalettato quando vengono corsivizzati. Se il vostro testo prevede grande uso del corsivo, preferite unfont graziato (tipo Times).

Evidenziate le parole e i concetti chiave (mettendoli in grassetto o in colore), perché anche illettore più distratto possa cogliere a una prima occhiata il senso del vostro messaggio. Dividete il testoin piccoli paragrafi e usate dei titoli, di modo che il lettore possa facilmente individuarel’informazione che gli interessa.

Il coloreElemento visivo molto importante, il colore è spesso poco utilizzato nei testi a stampa per

ragioni di costi. Stampare un libro col solo inchiostro nero costa molto meno che stamparlo a colori,questo è evidente, e i libri con elevati costi di produzione hanno più difficoltà a essere pubblicati.

Quando però si tratta di un testo digitale, il problema costi viene a cadere e, se sarà fruibileesclusivamente a monitor (o proiettato, nel caso di presentazioni), l’uso del colore è consigliato,perché aiuta a evidenziare alcune parti e a movimentare il testo. Naturalmente bisognerà porre moltaattenzione alla scelta dei colori.

Colori troppo simili al fondo (giallo, rosa, celestino su fondo bianco; blu, viola, marrone sufondo nero) sono difficoltosi da leggere per chiunque.

Anche i migliori contenuti restano illeggibili se scritti in rosso sul viola, o verde su sfondo rosso.Ci sono colori che messi assieme “vibrano”, cioè si impastano e rendono difficile distinguere icontorni. La scelta si deve sempre orientare verso colori non troppo accesi e con un buon contrastorispetto allo sfondo.

L'analisi semiotica del manifesto si basa sul modo di esistenza semiotica semi-simbolicocercando di estrapolare, attraverso una visione astratta del dipinto, eventuali contrasti plastici,ripartendoli nelle tre categorie, cromatica, eidetica e topologica. È necessario questi concetti

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14. APPROFONDIMENTI

L'evoluzione dell'uomo: bussola, radar, decoder

La «navigazione» sul web è una via ormai ordinaria per la conoscenza. Oggi accade semprepiù spesso che, quando si ha la necessità di una informazione, si interroghi la Rete per avere larisposta da un motore di ricerca come Google, Bing o altri ancora. Internet sembra essere il luogodelle risposte. Esse però raramente sono univoche: la risposta è un insieme di link che rinviano a testi,immagini e video. Ogni ricerca può implicare una esplorazione di territori differenti e complessidando persino l’impressione di una certa esaustività. Quale fede troviamo in questo spazioantropologico che chiamiamo web?

Digitando in un motore di ricerca la parola God oppure anche religion, spirituality, otteniamoliste di centinaia di milioni di pagine. Nella Rete si avverte una crescita di bisogno religioso che la«tradizione» sembra faccia fatica a soddisfare. L’uomo alla ricerca di Dio oggi avvia una navigazione.Quali sono le conseguenze? Si può cadere nell’illusione che il sacro o il religioso siano a portata dimouse. La Rete, proprio grazie al fatto che è in grado di contenere tutto, può essere facilmenteparagonata a una sorta di grande supermarket del religioso. Ci si illude dunque che il sacro resti «adisposizione» di un «consumatore» nel momento del bisogno.

In tale contesto occorre però considerare un possibile vero e proprio cambiamento radicalenella percezione della domanda religiosa. Una volta l’uomo era saldamente attratto dal religiosocome da una fonte di senso fondamentale.

L’uomo era una bussola, e la bussola implica un riferimento unico e preciso.Poi l’essere umano ha sostituito nella propria esistenza la bussola con il radar, che implica

un’apertura indiscriminata anche al più blando segnale, e questo, a volte, non senza la percezione di«girare a vuoto». L’uomo però era inteso comunque come un «uditore della parola», alla ricerca di unmessaggio del quale sentiva il bisogno profondo.

Oggi queste immagini, sebbene sempre vive e vere, reggono meno. L’uomo, da bussola prima eradar poi, si sta trasformando in un decoder, cioè in un sistema di decodificazione delle domande sullabase delle molteplici risposte che lo raggiungono. Viviamo bombardati dai messaggi, subiamo unasovra-informazione, la cosiddetta information overload.

Il problema oggi non è reperire il messaggio di senso ma decodificarlo, riconoscerlo sulla basedelle molte risposte che riceviamo. La testimonianza digitale diventa sempre di più un «rendereragione della speranza» (1 Pt 3,15) in un contesto in cui le ragioni si confrontano rapidamente e«selvaggiamente». A farsi largo è il classico meccanismo della pubblicità, che offre risposte adomande che ancora non sono state formulate. La domanda religiosa in realtà si sta trasformando inun confronto tra risposte plausibili e soggettivamente significative.

La grande parola da riscoprire, allora, è una vecchia conoscenza del vocabolario cristiano:ildiscernimento. Le domande radicali non mancheranno mai, ma oggi sono mediate dalle risposte chesi ricevono e che richiedono il filtro del riconoscimento. La risposta è il luogo di emersione delladomanda. Tocca all’uomo d’oggi, dunque, e soprattutto al formatore, all’educatore, dedurre edistinguere le domande religiose vere dalle risposte che lui si vede offrire continuamente. È un lavorocomplesso, che richiede una grande preparazione e una grande sensibilità spirituale.

“Malati” di troppa comunicazione: un test per curarli dalla Svizzera.La comunicazione è il male moderno. Una vera e propria malattia che come tale necessita di una

cura. Un test in Svizzera mostra come l’uso smisurato di cellulare, posta elettronica e social networkdiventi per l’uomo una patologia.

Questo il progetto presentato nella mostra “Comunicare nuoce” al Museo della Comunicazionedi Berna, che spiega al visitatore come “difendersi” dalla ipercomunicazione e dal “flusso incessante”di dati che ogni giorno ci travolge.

I dati sono impressionanti: una persona potrebbe leggere 350 pagine al giorno – se avessemoltissimo tempo a disposizione, sia chiaro – , per vedere tutti i video caricati in un giorno su Youtubeda tutto il mondo sarebbero necessari 6 anni, che nel web finiscono 20 milioni di mail ogni 2 minuti,che i siti nel mondo sono 325 milioni e che in un secondo inviamo 200 mila sms. Ma l’uomo come

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reagisce alla quantità di dati che continuamente lo raggiungono? L’Istituto di Sociologiadell’Università di Berna si è posta questo problema.

La soluzione dei ricercatori di Berna è stata di formulare un semplice test che può essereeseguito durante la mostra.

Il visitatore “subisce” una raffica di domande al termine del quale riceve un cartellino didifferente colore in base al rapporto con la comunicazione: verde per i “sani”, giallo per i “malaticci”,arancione e rosso per i “malati”. La mostra negli ultimi due casi offre anche una cura. Gli “arancioni”sono indirizzati in una stanza piena di sassi, una sorta di giardino zen dove ritrovare il proprioequilibrio fisico e simbolico. Difficile la guarigione dei “rossi”, indirizzati in una stanza con cuscinineri e luci fucsia per il relax.

Ulrich Schenk, responsabile del progetto, ha detto: “Qui nessuno ha soluzioni in tasca. Nessunodice che comunicare sia un male. È indispensabile, come mangiare. Mangiare male e troppo però cidanneggia: ecco, il concetto è lo stesso. Qui diamo solo suggerimenti per fronteggiare, selezionare,filtrare l’ondata di comunicazione che ci arriva addosso ogni giorno. E poi, sia chiaro, non è che si èsoltanto vittime. Chi partecipa al banchetto contribuisce a sua volta a crearlo, fa parte del problema”.Insomma le indigestioni di “comunicazione” hanno una sola cura: la moderazione.

Riusciremo a staccare telefono, computer e televisione e cercare il relax ormai perduto?

Il Papa condanna il progresso della virtualità: “ha condotto ad una mutazione antropologica deigiovani”

Secondo il Papa, il progresso avrebbe condotto i giovani a vite più concitate e ad una virtualitàche rischia di dominare la realtà. Benedetto XVI l’ha dichiarato presso la Certosa di Serra San Bruno,dove ha recitato i Vespri.

“’Fugitiva relinquere et aeterna captare’: abbandonare le realtà fuggevoli e cercare di afferrarel’eterno. In questa espressione della lettera che il vostro Fondatore indirizzò al Prevosto di Reims,Rodolfo, è racchiuso il nucleo della vostra spiritualità: il forte desiderio di entrare in unione di vita conDio, abbandonando tutto il resto.

Ogni monastero - maschile o femminile - è un’oasi in cui, con la preghiera e la meditazione, siscava incessantemente il pozzo profondo dal quale attingere l’acqua viva per la nostra sete piùprofonda”.

“Ma la Certosa è un'oasi speciale, dove il silenzio e la solitudine sono custoditi con particolarecura, secondo la forma di vita iniziata da san Bruno e rimasta immutata nel corso dei secoli”, haproseguito il Papa, ricordando alcuni effetti del progresso: “Ha reso la vita dell'uomo più confortevole,ma anche più concitata, a volte convulsa”, con “città rumorose” e raro “silenzio”. Fra questi effetti c’èanche la “virtualità che rischia di dominare sulla realtà”, che porta le persone ad essere “immerse inuna dimensione virtuale, a causa di messaggi audiovisivi che accompagnano la loro vita da mattina asera”, e i più “giovani” a “riempire di musica e di immagini ogni momento vuoto, quasi per paura disentire, appunto, questo vuoto”. Tutto questo sarebbe alla base di una sorta di “mutazioneantropologica”: “Alcune persone non sono più capaci di rimanere a lungo in silenzio e in solitudine”.

Spiritualità e i giovani

In quali e quanti modi la nostra generazione vive la spiritualità? Abbiamo ancora un rapportocon un Dio, tra Chiesa Cattolica ed altre religioni, quali strade abbiamo conosciuto per vivere ilrapporto con un`entità al di sopra del mondo terreno, se ci crediamo ancora? Viviamo nell`epoca dellavirtualità e della rete, il nostro contatto con l`evanescenza è quotidiano, la tecnologia ci fornisce conuna rapidità oltre-umana strumenti e mezzi per superare i nostri corpi e spesso, anche i nostri desideri.Riuscire a trovare spiritualità in questo nuovo contesto culturale forse è molto più difficile che inpassato. Per alcuni, le religioni, così come ce le insegnavano alla scuola elementare, non hanno piùmolto senso, al contempo Piazza San Pietro continua ad affollarsi ogni domenica e tra la moltitudine,anche tanti giovani. In compagnia di Padre Cesare Atuire una riflessione sulla crisi spirituale cheattraversa le nuove generazioni. La volontà di rimettere tutto in discussione spesso racchiude ilbisogno di una dimensione religiosa più autentica che non si ferma alla superficie, ma scava in

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profondità nella coscienza; una fede che non nasce da imposizione esterna o da accettazione passiva,ma da una reale aspirazione dell'individuo.

Religione e Cybernetica

Internet oggi rappresenta l’apogeo dell’astrazione e dell’intellegibile: sfruttare le risorse del webpuò far sentire i giovani onnipotenti perché attribuisce loro alcune delle prerogative cheappartenevano per tradizione alla divinità, come il dono dell’ubiquità: la rete mette a disposizione unampio raggio di informazioni e contenuti prelevandoli da ogni parte del globo, con un solo clic cipermette di avere di fronte un interlocutore proveniente da un’altra nazione e di conoscere notizieprovenienti da ogni parte della terra in tempo reale, superando in un soffio immense distanze sia sulpiano temporale che su quello spaziale.

Grazie all’interfaccia è possibile proiettarsi in mondi immaginari che esistono solo virtualmentee sottoporsi ad ogni sorta di esperienza restando seduti di fronte ad uno schermo. Il mondo virtualenon è del tutto estraneo alla cultura religiosa, basti pensare al concetto di “avatar” che è stato preso inprestito dall’Induismo: il termine in sanscrito significa “disceso” e indica l’incarnazione di unadivinità in una forma umana per far trionfare la giustizia e il bene, ogni volta che i demoni infrangonola legge cosmica; gli avatar o avatara sono considerati intermediari dall’aspetto umano tra l’EssereSupremo e i mortali. Evidenti le analogie con l’avatar che diventa rappresentazione digitale (realizzatain forme diverse, per esempio un personaggio inventato o reale) del visitatore di un ambiente virtuale:oltre ad essere un personaggio coerente con l’ambientazione in cui viene vissuta la seconda vita,varcando i limiti delle possibilità umane, è un modo diverso di vivere la propria personalità, in quantoognuno può determinare le caratteristiche del proprio avatar (pur nei limiti imposti da certi parametri)e nella scelta far emergere la parte più profonda di se stessi che solitamente non riesce a rivelarsi nellamondo reale.

Tuttavia anche in un contesto di questo tipo restano immutate le esigenze spirituali dei giovanidi cui la tecnologia si fa tramite, divenendo unicamente il mezzo attraverso cui esprimerle e, al limite,soddisfarle. La volontà di non apparire in Internet, nascondendosi dietro ad un’identità inesistente, èun atteggiamento controcorrente rispetto all’esibizionismo che invade la società nel mondo reale: ildisperato tentativo di mostrarsi davanti ai riflettori coinvolgendo esageratamente l’aspetto fisico.Anche la Chiesa ha preso coscienza di questa nuova configurazione: il Papa ha sottolineatol’importanza di doversi adeguare ai nuovi mezzi di comunicazione e alle nuove tecnologie pertrasmettere il messaggio evangelico, ha compreso che, per parlare ai giovani è necessario porsi sullostesso piano, parlare lo stesso linguaggio. Per questa ragione anche gli studiosi di teologia devonoaffiancare alla loro preparazione anche nozioni di tipo informatico, per rendere più efficace il loromessaggio –che non può prescindere dal potere suggestivo delle immagini –ed evitare fraintendimenti.

“Dio dopo Internet” è stato il primo sito italiano di omelie online, fondato dal Gesuita PadreNazzareno Taddei sj, nel 1995. Dopo la sua morte il sito ha riaperto i battenti con una nuove vestegrafica e viene gestito da un gruppo di religiosi che rispondono alle domande dei fedeli sui granditemi dell’attualità, dispensando anche consigli per la vita quotidiana. L’interesse dei giovani per lequestioni spirituali è dimostrato dalla presenza di un folto gruppo di visitatori del sito (anche personeche si sono allontanate dalla religione e vorrebbero riavvicinarsi), desiderosi di confidare i propridubbi e le proprie perplessità in fatto di fede e non solo.

Oggi il rapporto tra preti e web è divenuto ancor più stretto e si sono moltiplicati i siti gestiti dareligiosi: non è stato risparmiato neppure Facebook dove, grazie alle mailing list i fedeli possonoricevere informazioni sulle attività e notizie locali.

Come facebook ha cambiato la nostra vita

“Ti taggo nella foto di gruppo”.“ A dieci dei tuoi amici piace questo elemento. Dì che piace anche a te”.“Tizio ha commentato il tuo stato”.Queste espressioni sono ormai entrate a far parte del linguaggio quotidiano di circa 800 milioni

di persone in tutto il mondo: sono gli iscritti a Facebook, il social network che ha cambiato il modo di

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comunicare. E' rapido, immediato e gratuito, basta un computer ed una connessione internet. Chi ha amicisparsi in tutto il mondo conosce i molteplici lati positivi del social network: chiacchierare con l'amicacilena o vedere le foto del matrimonio dell'amico francese non è mai stato così facile. Niente più lunghetelefonate dispendiose, basta uno smile in bacheca per sapere che l'amico che vive lontano sta bene.

Oltre ad agevolare le persone che si vogliono tenere in contatto, permette all'uno di conoscere imolteplici aspetti della vita dell'altro: è possibile condividere stati, canzoni, video. Favorisce ilconfronto e spesso, lo scontro. Questo sito web di reti sociali permette agli iscritti di mostrare ai propriamici i gusti musicali, le preferenze in fatto di film, la posizione politica, il credo religioso, lasituazione sentimentale. Avere un profilo su facebook significa mettere la propria vita su unapiattaforma virtuale.

“Come ci si distingue in un gruppo in cui tutti prendono 1600 al test di ammissioneuniversitario?” chiede Mark Zuckerberg, interpretato da Jesse Eisenberg nel film “The socialnetwork”, alla fidanzata.

Quando ha creato Facebook, lo studente di Harvard aveva solo diciannove anni. Lui e la suacreazione hanno ricevuto molte critiche: si passa da quelle ironiche, come quella presente nella paginadi Nonciclopedia interamente dedicata al social network, a quelle fondate sul reale timore che questanuova “moda” apparentemente innocua possa invece rivelarsi pericolosa e creare dipendenza. Tre deicolleghi universitari di Zuckerberg hanno intentato causa contro di lui: pare che il suo comportamentonon sia stato esattamente corretto durante la fondazione di Facebook.

Alcuni temono che la nostra diventi una società afona: la televisione, il computer, il telefonocellulare portano l'individuo a isolarsi e ad evitare il contatto diretto col prossimo. La comunicazionenon verbale rischia di scomparire, secondo gli osservatori pessimisti. Nella comunicazionemultimediale non c'è spazio per i sorrisi, gli sguardi, non si può ammiccare o corrucciare la fronte.Qualche tempo fa, un telegiornale nazionale lanciava un vero e proprio allarme: facebook dàdipendenza.

In realtà la ricerca della prossimità è sempre presente, e spesso i social network come Facebookvengono utilizzati proprio per favorire questo tipo di rapporto diretto. La creazione degli eventipermette infatti a gruppi numerosi di darsi appuntamento in un determinato luogo ad una certa ora:sarebbe quasi impossibile organizzare eventi di così ampia portata se non si avesse a disposizione unostrumento simile. Sono stati organizzati scioperi, manifestazioni pacifiche; sono stati creati gruppi dipersone che perseguono uno stesso ideale. Si ha a disposizione una molteplicità alquanto differenziatadi fonti di informazione: sono infatti numerosi i giornali online e cartacei che hanno una propriapagina facebook.

Molti giovani artisti riescono a farsi conoscere attraverso questo strumento: il metodo utilizzatoè il “passaparola”.

Un iscritto pubblica nella propria bacheca una sua canzone ( lo stesso vale per fotografie, poesie,articoli ), che poi verrà condivisa da un amico nella sua bacheca, così altre persone potranno vederla,commentarla e condividerla a loro volta.

Attualmente Facebook è ilsecondo sito più visitato al mondo, conun fatturato di 1 miliardo di dollari. Ilsuo creatore è stato nominato il piùgiovane miliardario al mondo nel 2008.

Ogni iscritto potrà dare unadiversa risposta alla domanda: “Perchè tisei iscritto a Facebook?”. Potrannoessere mosse nuove critiche, più o menofondate. Qualsiasi teoria sul socialnetwork è opinabile e suscettibile dimodifiche.

Quel che invece è certo è cheMark Zuckerberg, nel bene e nel male,ha trovato il modo per distinguersi.

Giulia Cara

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INDICE GENERALE

1. CONCETTO DI “COMUNICAZIONE” p. 2

2. LA STRUTTURA DELLA COMUNICAZIONE p. 32.1 I fattori strutturali p. 32.2 Altri elementi p. 32.3 Relazioni tra emittente e destinatario

(ovvero l'interazione complementare e simmetrica) p. 42.4 Il codice p. 5

2.4.1 I sottocodici p. 52.4.2 I registri linguistici p. 6

2.5 Contesto p. 72.6 Rumori e ridondanza p. 7

3. IL MECCANISMO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE p. 33.1 Modello di SHANNON-WEAVER p. 9

4. COMUNICAZIONE INTERPERSONALE p. 124.1 Il linguaggio analogico e linguaggio digitale p. 124.2 Il linguaggio verbale e non-verbale p. 13

5. IL SEGNO p. 155.1 Modello di Pierce p. 15

6. MODELLO DI LASSWELL p. 16

7. LA SEMIOTICA INTERPRETATIVA (NEGOZIAZIONE DEL TESTO) p. 177.1 Problema del significato p. 177.2 Fagocitazione, manipolazione, inferenza p. 177.3 L’abitudine p. 19

8. STORIA DEI MEDIA p. 218.1 Le tappe della comunicazione p. 218.2 Oralità p. 22

8.2.1 Oralità e memoria p. 238.2.2 La cultura orale p. 23

8.3 La scrittura p. 248.3.1 L’alfabeto p. 258.3.2 L’uomo chirografico p. 268.3.3 La cultura chirografica p. 26

8.4 Tecnologie della riproduzione: la stampa p. 288.4.1 Autori e lettori p. 288.4.2 L’uomo tipografico p. 308.4.3 La censura p. 31

8.5 Nascita e sviluppo dei mass media p. 328.5.1 La stampa diventa mezzo di comunicazione di massa p. 328.5.2 Il telefono e le sue funzioni p. 328.5.3 Lo spettacolo delle immagini in movimento p. 338.5.4 Il Novecento: la radio e la televisione p. 33

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8.6 Internet p. 348.6.1 Da Arpanet a Internet (anni settanta e ottanta) p. 358.6.2 Nascita del World Wide Web (1991) p. 358.6.3 Evoluzione del WEB p. 35

8.7 Cosa cambia con i media digitali p. 368.7.1 Il cyberspazio p. 378.7.2 Recenti sviluppi del web p. 388.7.3 Nodi problematici p. 39

9. TEORIE SUGLI EFFETTI DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE p. 409.1 Apocalittici e integrati p. 40

10.2 Mc Luhan p. 43

12. COMUNICAZIONE VISIVA p. 4612.1 La grammatica del manifesto p. 4612.2 La sintassi del manifesto p. 47

13. USABILITÀ p. 48

14. APPROFONDIMENTI p. 52

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