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SOCIETA’ DI COMODO
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Prefazione – scopo e finalità della norma 1
1) Presupposti Soggettivi ed Oggettivi della causa di non operatività ; 2
1.1) Presupposti soggettivi (a chi si applica) 2
1.2) Presupposti oggettivi (Test di operatività) 4
2) Decorrenza Società non operative art. 30 L. 724/1994 7
3) Conseguenze della non operatività 7
3.1) Conseguenze imposte dirette; 8
3.2) Conseguenze IRAP; 11
3.3) Conseguenze imposte indirette 12
4) Esclusioni / disapplicazione Società non operative art. 30 L. 724/1994 13
4.1) Esclusioni società non operative; 13
4.2) Disapplicazione società non operative; 14
4.3) Società che detengono partecipazioni; 14
5) Società di comodo : nuove previsioni (società in perdita sistematica) 15
5.1) Decorrenza norme società in perdita sistematica; 17
5.2) Conseguenze fiscali società in perdita sistematica; 18
6) Esclusioni / disapplicazione Società in perdita sistematica 18
6.1) Esclusioni società in perdita sistematica; 18
6.2) Disapplicazione società in perdita sistematica; 19
7) Interpello disapplicativo 21
7.1) Modalità di proposizione dell'istanza 21
7.2) Inammissibilità dell'istanza 21
7.3) Termini di proposizione dell'istanza 22
7.4) Contenuto dell'istanza d'interpello 22
7.5) Diniego dell'istanza / impugnabilità del diniego 22
8) Riflessi della rivalutazione ex. D.L. 185/2008 nelle società di comodo 24
Indice della documentazione 32
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Prefazione – scopo e finalità della norma
Al fine di contrastare l’interposizione fittizia di strutture societarie con il solo scopo di
nascondere l’effettivo utilizzatore di beni e/o patrimoni e con l’ulteriore vantaggio della
deduzione di costi estranei all’attività d’impresa, il legislatore ha introdotto norme antielusive
allo scopo designate.
La previsione di società non operative, fu introdotta dall’art. 30 della L. 724 del
23/12/1994 con successive modificazioni ad opera dell’art. 35 comma 15 d.l. 223 del
04/07/2006.
I presupposti della norma antielusiva, sono stati enunciati dapprima nella Relazione
accompagnatoria alla Legge 23 dicembre 1996 n. 662 ove si legge che “al fine di “contrastare
l’uso improprio della struttura societaria che, anziché essere finalizzata all’esercizio produttivo
di attività commerciali, viene impiegata per consentire l’anonimato degli effettivi proprietari dei
beni intestati alla società cui si unisce spesso la deduzione di costi che hanno poco a che fare
con l’attività che, secondo gli statuti sociali, dovrebbe essere svolta dalla società, mentre di fatto
detta società si limita alla mera intestazione di beni che sono tenuti a disposizione dell’effettivo
proprietario”
Successivamente è intervenuta la Circolare 2 febbraio 2007 n. 5 nella quale l’Agenzia
delle Entrate ha chiarito che l’obiettivo della norma è quello:
“di disincentivare il ricorso all’utilizzo dello strumento societario come schermo per
nascondere l’effettivo proprietario di beni, avvalendosi delle più favorevoli norme dettate per le
società penalizzando quelle società che al di là dell’oggetto sociale dichiarato, sono state
costituite per gestire il patrimonio nell’interesse dei soci, anziché per esercitare un’effettiva
attività d’impresa;
di contrastare l’utilizzo improprio delle forme societarie al fine di eludere le obbligazioni
tributarie;
di contrastare le società non operative che non abbiano cioè un’ interesse effettivo allo
svolgimento di attività commerciali.”
Lo scopo del presente elaborato è quello di riepilogare la normativa che qui occupa alla luce sia
della normativa che della documentazione di prassi e giurisprudenziale emanate sino al
20/12/2013, data di pubblicazione della ultima risoluzione nr. 101/E per quanto riguarda la
prassi sulla tematica in questione nonché al 21/11/2014 per quanto riguarda la normativa con la
pubblicazione del Dlgs 175/2014 che ha modificato il periodo di osservazione, per quanto
attiene le perdite sistematiche, da tre a cinque anni. Nel presente elaborato è stata presa in
considerazione la normativa istitutiva delle società non operative (Art. 30 L. 724/1994 nonché
art. 2 D.L. 138/2011), nonché i documenti di prassi e di giurisprudenza che investono la materia
a carattere generale, tralasciando le diverse risoluzioni che hanno riguardato la disamina di
singole fattispecie specifiche e rinvenibili sui siti ufficiali dell’Amministrazione Finanziaria.
PARAGRAFO 1) Presupposti Soggettivi ed Oggettivi della causa di non operatività
PARAGRAFO 1.1) Presupposti Soggettivi (a chi si applica)
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Partendo dall’enunciato della legge istitutiva e quindi l’art. 30 L. 23/12/1994 N. 724, al
comma 1) leggiamo quanto segue:
Le societa' per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilita' limitata, in nome
collettivo e in accomandita semplice, nonche' le societa' e gli enti di ogni tipo non
residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non
operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e
dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto,
e' inferiore alla somma degli importi che risultano applicando determinate percentuali.
Di conseguenza, per quanto riguarda l’ambito soggettivo, non tutte le forme societarie
previste dal testo unico ricadono nella norma antielusiva ma esclusivamente :
Per converso, saranno esclusi i seguenti soggetti giuridici:
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PARAGRAFO 1.2) Presupposti Oggettivi (Test di operatività)
Individuati i soggetti destinatari della norma antielusiva, andremo a valutare quali sono i
valori rilevanti ai fini della determinazione della non operatività e quindi da una
parte avremo il ricavo medio effettivo dell’esercizio in questione e dei due
precedenti, mentre dall’altro il ricavo presunto determinato dall’applicazione delle
percentuali individuate dal legislatore, al valore ottenuto in base alle risultanze medie
dell’esercizio e dei due precedenti di taluni beni aziendali ed in particolare:
Ricavi medi effettivi
Ai sensi del comma 2) art. 30 - L. 724/1994, i ricavi, i proventi e gli incrementi delle
rimanenze, vanno assunti in base alle risultanze medie dell’esercizio e dei due
precedenti;
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Ricavi presunti
Ai sensi del comma 1) art. 30 - L. 724/1994 i ricavi medi effettivi non possono essere
inferiori alla somma degli importi che risultano applicando le percentuali sotto riportate
ai valori di riferimento e quindi:
a) Il 2% al valore:
I) dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettere:
c) � Azioni o quote di partecipazioni in società soggette all’IRES;
d) � strumenti similari alle azioni;
e) � Obbligazioni
II) delle quote di partecipazione nelle societa' commerciali di cui all'articolo 5
T.U.I.R. del medesimo testo unico;
I predetti beni e partecipazione sono assunti nella base di calcolo anche se
costituiscono immobilizzazioni finanziarie e sono altresì aumentati del valore dei
crediti ad esclusione dei crediti di natura commerciale ed i depositi bancari.
b) Il 6% al valore:
• dei beni immobili (strumentali per natura) nonché dalle imbarcazioni;
c) Il 5% al valore:
• dei beni immobili quali uffici;
d) Il 4% al valore:
• dei fabbricati abitativi;
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e) Il 15% al valore:
• delle altre immobilizzazioni;
f) l’ 1% al valore:
• degli immobili situati nei comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti;
I valori (fiscali) dei beni e delle immobilizzazioni, determinati ai sensi dell’art. 110
T.u.i.r., vanno ragguagliati al periodo di possesso; il valore dei beni in leasing è
costituito dal costo sostenuto dall’impresa concedente.
Per i beni il cui costo è stato rivalutato in base al D.L. 185/2008 il valore
rideterminato assumerà rilevanza fiscale a partire dall’esercizio 2013 (Ris. : 101 del
20/12/2013), pertanto il valore di detti beni presi a base per la determinazione del
ricavo minimo degli esercizi precedenti al 2013 (quindi 2012 e 2011), sarà il costo
fiscale storico non rivalutato; tale tematica sarà approfonditamente trattata nel
successivo paragrafo 8.
In tema di valore fiscale delle immobilizzazioni materiali, è di recente intervenuta
l’Amministrazione Finanziaria con la circolare nr. 36/E del 19/12/2013; in detta
circolare, che tratta degli aspetti fiscali riguardanti gli impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili con particolar riguardo agli impianti
fotovoltaici, l’Amministrazione Finanziaria afferma che gli impianti fotovoltaici, ai
fini del test di operatività, dovranno essere annoverati tra gli “immobili”, con
coefficiente di presunzione dei ricavi minimi al 6% e coefficiente di determinazione
del reddito minimo del 4,75%; tale affermazione è di sicura importanza in quanto,
diversamente, gli stessi impianti, ai fini della valutazione del test di operatività,
verrebbero classificati tra le “altre immobilizzazioni” con coefficiente di
presunzione dei ricavi minimi al 15% e coefficiente di determinazione del reddito
minimo del 12%.
N.B. QUALORA IL RICAVO MEDIO MINIMO SIA SUPERIORE AL RICAVO MEDIO
EFFETTIVO, LA SOCIETA’ VIENE CONSIDERATA NON OPERATIVA CON LE
CONSEGUENZE CHE SI VEDRANNO NEL SEGUENTE PARAGRAFO 3).
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N.B. Il reddito d’impresa è inferiore al reddito minimo, pertanto il reddito minimo sarà
assoggettato interamente a tassazione ordinaria 27,5% (quadro RN) e maggiorata del 10,5%
(quadro RQ)
PARAGRAFO 2) Decorrenza società non operativa art. 30 L. 724/1994
Avendo accertato i soggetti destinatari della norma antielusiva e le fattispecie che ne
fanno determinare la non operatività, andremo ora a valutare la decorrenza e le
conseguenze fiscali a cui è esposto un soggetto ritenuto non operativo.
Per quanto riguarda il periodo d’imposta dal quale decorrono gli effetti della non
operatività, questa coincide con l’esercizio stesso per il quale non è stato superato il test
di operatività (vedasi paragrafo 1.2);
PARAGRAFO 3) Conseguenze
Per quanto riguarda invece le conseguenze a cui va incontro un soggetto considerato
non operativo, queste riverberano i loro effetti sia nel campo della imposizione diretta
(I.R.E.S. ed I.R.A.P.), sia per quanto attiene l’imposizione indiretta per l’I.V.A.
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PARAGRAFO 3.1) Conseguenze imposte dirette
Nel caso di società soggette all’IRES, la circostanza che la società sia non-operativa,
determinerà le seguenti fattispecie:
1) Rilevanza di un reddito minimo determinato ai sensi del comma 3 art. 30 L 724/1994
sul valore medio dei beni aziendali presi a base per i ricavi medi minimi di periodo
determinato nel seguente modo:
a) l’ 1,5% al valore:
dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettere: c) – d) – e); + quote di
partecipazione nelle societa' commerciali di cui all'articolo 5 T.U.I.R. del
medesimo testo unico, aumentati del valore dei crediti ad esclusione dei crediti di
natura commerciale ed i depositi bancari.
b) Il 4,75% al valore:
dei beni immobili (strumentali per natura) nonché dalle imbarcazioni;
c) Il 4,00% al valore:
dei beni immobili quali uffici;
d) Il 3,00% al valore:
dei fabbricati abitativi;
e) Il 12,00% al valore:
delle altre immobilizzazioni
f) Lo 0,90% al valore:
degli immobili situati nei comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti;
(Vedasi valore dei beni di cui al paragrafo 1.2)
2) Irrilevanza delle perdite di esercizio pregresse (limitatamente al reddito minimo da
dichiarare art.30 comma 3 L. 724/1994) ed annullamento delle perdite di periodo per
effetto dell’adeguamento al reddito minimo.
3) Maggiorazione Ires del 10,5% sul reddito di esercizio (Quadro RQ Modello Unico
S.C.); Tale maggiorazione, nella ipotesi di reddito imputato per trasparenza in caso di
opzione ai sensi degli artt. 115 – 116 TUIR, è liquidato dalla società partecipata ai
sensi art. 2 comma 36-octies D.L. 138/2011
Esempio 1) : Reddito di esercizio maggiore del reddito minimo (plusvalenze non rateizzabili)
in presenza di perdite pregresse
Perdite pregresse piene euro 30.000,00
Reddito di esercizio 2015 euro 73.939,00
Reddito minimo anno 2015 euro 55.033,00
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N.B. Il reddito eccedente quello minimo (extra-reddito minimo) sarà ridotto in misura
corrispondente alle perdite pregresse piene sino al limite del reddito minimo; il reddito
minimo sarà assoggettato interamente a tassazione ordinaria 27,5% (quadro RN) e
maggiorata del 10,5% (quadro RQ)
Esempio 2) : Reddito di esercizio maggiore del reddito minimo (plusvalenze non rateizzabili)
in presenza di perdite pregresse
erdite pregresse piene euro 3.000,00
Reddito di esercizio 2015 euro 73.939,00
Reddito minimo anno 2015 euro 55.033,00
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N.B. Il reddito eccedente quello minimo (extra-reddito minimo) sarà ridotto in misura
corrispondente alle perdite pregresse piene ed assoggettato interamente a tassazione
ordinaria 27,5% (quadro RN); tutto il reddito al lordo delle perdite di esercizio sarà
assoggettato a tassazione maggiorata del 10,5% (quadro RQ)
Nel caso di società di capitali non-operative con opzione per la trasparenza fiscale ai
sensi art. 115 TUIR, il reddito imputato per trasparenza, subirà l’ordinaria tassazione
IRES al 27,5% in capo alla società partecipante (ivi compresa la quota di reddito
minimo ricevuto dalla società partecipata), fermo restando la liquidazione della sola
MAGGIORAZIONE del 10,5% sul reddito da parte della società partecipata non
operativa.
Nel caso di società di capitali non-operative con opzione per la trasparenza fiscale ai
sensi art. 116 TUIR, il reddito imputato per trasparenza, subirà l’ordinaria tassazione
IRPEF con le aliquota progressive ivi previste in capo al socio, fermo restando la
liquidazione della sola MAGGIORAZIONE del 10,5% sul reddito da parte della
società partecipata non operativa.
In caso di società di persone, non vi sarà alcuna maggiorazione IRES solo qualora i
soci siano persone fisiche ai quali verrà comunque imputato il reddito minimo
determinato ai sensi art. 30 comma 3 L 724/1994;
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E’ da rilevare che in caso di società non operativa per perdita sistematica, l’anno
successivo al quinquennio di perdita dovrà assoggettare a maggiorazione del 10,5% il
reddito prodotto nell’esercizio non coperto da perdite pregresse.
4) Obbligo di liquidazione degli acconti in modo presuntivo con aliquota IRES
maggiorata del 10,5%;
PARAGRAFO 3.2) Conseguenze I.R.A.P.
Per quanto attiene invece l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, il comma
3-bis art. 30 L 724/1994 prevede che il Valore della Produzione Netta, non sia inferiore
al reddito minimo determinato per l’Ires, aumentato (delle componenti normalmente
non deducibili dalla base imponibile IRAP (CM 21/E 2008) e quindi:
a) del costo delle retribuzioni per il personale dipendente; compreso il T.F.R.di
competenza (NO contributi previdenziali ed assistenziali - Cir. Assonime 43/2007);
b) dei Compensi per Collaborazioni Coordinate e Continuative (amministratori);
c) dei compensi per prestazioni di lavoro autonomo occasionale;
d) Interessi passivi (Voce C17 conto economico - cir. Assonime 43/2007 ) + Interessi
passivi ricompresi nei canoni di leasing
e ridotto delle deduzioni di cui all’art. 11 D.Lgs.446/97; dell’articolo 17, comma 1, del
D.L. n. 185 del 2008 ovvero ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 78 del 2010 (norme sul
rientro dei ricercatori) e le eventuali altre agevolazioni applicabili ai fini IRAP
(deduzioni ricomprese nella sez. VI – valore della produzione netta - Mod IRAP)
tale calcolo verrà effettuato nel quadro IS del Modello IRAP. Il valore della
produzione così determinato, verrà altresì preso a base ai fini degli acconti IRAP.
Esempio 1)
Società non operativa con reddito minimo euro 55.033,00
Valore della produzione euro 72.000,00
Deduzioni art. 11 (quadro IC IRAP S.C.):
sommatoria Σ di 61.391 + 8.000 + 1.850 + 500 = 71.741 (totale deduzioni spettanti)
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Il Valore della produzione è pari ad euro 76.833 in quanto maggiore del Valore della
Produzione da elementi contabili
Sommatoria Σ di 72.000 + 55.033 + 93.070 + 521 - 71.741 = 76.833 (valore della produzione)
PARAGRAFO 3.3) Conseguenze imposte indirette
Per quanto attiene l’Imposta sul Valore Aggiunto, le principali conseguenze
afferiscono:
I) Il divieto di rimborso del credito Iva emergente dalla dichiarazione annuale;
II) Il divieto di compensare l’IVA a credito con debiti relativi ad altre imposte,
tasse e contributi nel modello F24 ai sensi art. 17 D.lgs 241/1997 (c.d.
compensazione orizzontale)
III) Il divieto di cedere a terzi il credito annuale in questione;
IV) Divieto di riporto a nuovo del credito iva (perdita del credito iva) qualora
per tre periodi d’imposta consecutivi la società risulti non-operativa e il
volume d’affari del periodo considerato sia inferiore al ricavo minimo
presunto risultante dall’applicazione delle percentuali ai beni aziendali
(CC.MM. 11/E/2007 e 25/E/2007)
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La possibilità di richiesta del rimborso I.V.A. verrebbe meno nel caso di
cessazione del soggetto non operativo in base alle indicazioni fornite con la C.M.
36/E/1997 dell’Agenzia delle Entrate, nonché circolare Assonime 43/2007.
PARAGRAFO 4) Esclusioni / disapplicazione Società non operative art. 30 L. 724/1994
PARAGRAFO 4.1) Esclusioni Società non operative
Per le sopra menzionate ipotesi di non operatività elencate nel precedente paragrafo 1),
il legislatore ha comunque previsto delle cause di esclusione (art. 30 legge 724/1994)
volte a temperare tale istituto antielusivo; tali esclusioni si applicano alle seguenti
fattispecie:
1) ai soggetti ai quali, per la particolare attivita' svolta, e' fatto obbligo di costituirsi
sotto forma di societa' di capitali;
2) ai soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta;
3) alle societa' in amministrazione controllata o straordinaria;
4) alle societa' ed enti che controllano societa' ed enti i cui titoli sono negoziati in
mercati regolamentati italiani ed esteri, nonche' alle stesse societa' ed enti quotati ed
alle societa' da essi controllate, anche indirettamente;
5) alle societa' esercenti pubblici servizi di trasporto;
6) alle societa' con un numero di soci non inferiore a 50;
6-bis) alle societa' che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di
dipendenti mai inferiore alle dieci unita';
6-ter) alle societa' in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione
giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa ed in concordato preventivo;
6-quater) alle societa' che presentano un ammontare complessivo del valore della
produzione (raggruppamento A del conto economico) superiore al totale attivo dello
stato patrimoniale;
6-quinquies) alle societa' partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20 per
cento del capitale sociale;
6-sexies) alle societa' che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore.
«In mancanza delle ipotesi elencate nell’art. 30 - L. 724/1994, è sempre possibile presentare interpello
disapplicativo ai sensi art. 11 comma 1 lett. b) Legge 27/07/2000 nr. 212. (Vedasi successivo par.7 ) »
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PARAGRAFO 4.2) Disapplicazione Società non operative
Oltre ai casi di esclusione espressamente previsti dall’art. 30 L. 724/1994, è stato
emanato in data 14/02/2008 il provvedimento nr. 23681 al fine della “Individuazione
di determinate situazioni oggettive in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni sulle società di comodo” senza dover assolvere
all’onere di presentare istanza di interpello e quindi:
a) società in stato di liquidazione, cui non risulti applicabile la disciplina dello
scioglimento o trasformazione agevolata;
b) società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione
giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa; società in concordato
preventivo e in amministrazione straordinaria;
c) società sottoposte a sequestro penale o a confisca nelle fattispecie di cui agli
articoli 2-sexies e 2-nonies della legge 31 maggio 1965 n. 575 (Legge Bosetti
Antimafia)
d) società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in
locazione ad enti pubblici ovvero locati a canone vincolato in base alla legge 9
dicembre 1998 n. 431 o ad altre leggi regionali o statali.
e) società che detengono partecipazioni in: 1) società considerate non di comodo;
2) società escluse dall’applicazione della disciplina delle società do comodo
anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione; 3) società
collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’articolo 168 del TUIR.
f) società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in
relazione ad un precedente periodo di imposta sulla base di circostanze oggettive
puntualmente indicate nell’istanza che non hanno subito modificazioni nei
periodi di imposta successivi.
PARAGRAFO 4.3) Società che detengono partecipazioni
Per le holding, e in generale per le società che detengono partecipazioni, è consentito
disapplicare la norma con riguardo ad azioni e quote di società operative, oppure di
società che non devono applicare il test sulle società di comodo (cause di esclusione,
cause di disapplicazione, o esito favorevole dell'interpello) o ancora di collegate estere
rientranti nell'art. 168 del Tuir.
Nel test, queste partecipazioni vanno escluse dai conteggi eliminando anche i proventi
effettivi ad essi relativi (dividendi).
Se la società ha iscritto all'attivo solo le partecipazioni indicate nel provvedimento (ad
esempio holding pura), sarà di fatto esclusa dalla disciplina, mentre se possiede ulteriori
attività rilevanti per il test (immobili, crediti per finanziamenti, ecc.), dovrà effettuare i
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conteggi dei ricavi presunti su questi ultimi elementi, senza però poter fare affidamento
sui dividendi incassati dalle partecipazioni escluse.
In taluni casi, quando cioè i dividendi sono sufficienti a coprire i ricavi presunti di tutte
le poste iscritte all'attivo (ad esempio, crediti per finanziamenti alle partecipate), la
società rinuncerà ad avvalersi dell'esonero (cosa a nostro avviso certamente consentita),
che potrebbe risultare controproducente.
Rientrano nell'esonero dal test, non solo le partecipazioni in società operative, ma anche
quelle in società escluse dalla disciplina per una causa di esclusione o disapplicazione
(con o senza interpello)
PARAGRAFO 5) Società di comodo : Nuove previsioni (società in perdita sistematica)
L’art. 2 - D.L. 138/2011, convertito con la Legge n. 148 del 14/09/2011 (G.U. del
16/09/2011) ed in vigore dal 17/09/2011, ha disposto quanto segue :
comma 36-decies
Pur non ricorrendo i presupposti di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23
dicembre 1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati (Vedasi paragrafo 1.1) che
presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre cinque (periodo modificato dall’art. 18 D.Lgs
21/11/2014 nr. 175 in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs 175/2014
ergo 29/11/2014) periodi d'imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal
successivo quarto sesto periodo d'imposta ai fini e per gli effetti del citato articolo 30.
Restano ferme le cause di non applicazione della disciplina in materia di società non
operative di cui al predetto articolo 30 della legge n. 724 del 1994.
comma 36-undecies
Il comma 36-decies trova applicazione anche qualora, nell'arco temporale di cui al
medesimo comma, le societa' e gli enti siano per due quattro periodi d'imposta in perdita
fiscale ed in uno abbiano dichiarato un reddito inferiore all'ammontare determinato ai
sensi dell'articolo 30, comma 3, della citata legge n. 724 del 1994.
In base alle modifiche apportate dall’art. 2 D.L. 13/2011, a partire dal periodo
d’imposta successivo a quello in corso al 17/09/2011, viene statuita quindi una nuova
causa di non operatività determinata dalla presentazione per tre cinque periodi
d’imposta consecutivi, di dichiarazioni in perdita fiscale ovvero due esercizi in perdita
fiscale ed un esercizio con reddito inferiore a quello minimo.
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PARAGRAFO 5.1) Decorrenza norme società in perdita sistematica
La non operatività prevista dall’art. 2 comma 36-decies D.L. 138/2011 (non operatività
per perdite sistematiche), decorre a partire dal quarto sesto anno successivo al triennio
quinquennio di perdite consecutive ovvero due quattro esercizi in perdita ed un esercizio
di non operatività per mancato raggiungimento dei ricavi minimi - Telefisco 2013 -
(vedasi precedente paragrafo 1.3); in particolare la disposizione istitutiva stabilisce che
la norma antielusiva si applica “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in
corso alla data del 17/09/2011” (portata a cinque anni a decorrere dal periodo in corso al
29/11/2014 dall’art. 18 D.Lgs 21/11/2014 nr. 175) pertanto:
In caso di esercizio sociale coincidente con l’anno solare, non vi sono particolari
problematiche ad individuare l’esercizio di decorrenza della norma antielusiva posto nel
quarto sesto anno successivo al triennio quinquennio di perdite e quindi :
Il primo anno di decorrenza della norma antielusiva per perdite sistematiche
quinquennali coincide con l’esercizio 2015 quale primo anno successivo a quello in
corso al 29/11/2014 e prenderà come base di riferimento gli esercizi dal 2010 al 2014
Periodo di decorrenza della norma in caso di esercizio coincidente con l’anno solare:
Esercizio 2015
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In caso di esercizio infrannuale in corso al 29/11/2014 (es. 30/11/2014), opererà la
vecchia previsione triennale di perdita sistematica; la nuova disposizione antielusiva
quinquennale si applica a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al
29/11/2014 (es. 01/12/2014): esercizio 01/12/2014 – 30/11/2015 da liquidarsi in unico
2015 (esercizio in corso al 31/12/2014) con scadenza di presentazione al 31/08/2015,
quindi entro nove mesi dalla chiusura dell’esercizio.
PARAGRAFO 5.2) Conseguenze fiscali non operatività per perdite sistematiche
Per quanto attiene la nuova fattispecie di non operatività per perdite sistematiche, le
conseguenze fiscali sono le medesime di quelle già presentate al paragrafo 3) in ordine
alle imposte dirette, indirette ed irap poiché, come già riferito in precedenza, tale
previsione anti elusiva, assume carattere di novità limitatamente ai presupposti oggettivi
e, pertanto, viene attratta dal dettato normativo di cui al comma 1 art. 30 L. 724/1994 (. .
. sono considerate non operative . . .) con tutte le conseguenze del caso.
PARAGRAFO 6) Esclusioni / disapplicazione Società in perdita sistematica
PARAGRAFO 6.1) Esclusioni società in perdita sistematica
Per quanto attiene la nuova fattispecie di non operatività per perdite sistematiche
introdotta dal comma 36-decies art. 2 - D.L. 138/2011, convertito con la Legge n. 148
del 14/09/2011, è da dire che sono escluse da tale nuova ipotesi, le aziende di nuova
costituzione che non hanno maturato il periodo utile di tre cinque esercizi utili ai fini del
monitoraggio che qui occupa, nonché le società per cui operano le cause di esclusione
previste dall’art. 30 L. 724/1994 (articolo 2, comma 36-decies, secondo periodo, del
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D.L. n. 138 del 2011) così come riportato nella c.m.23/e del 11/06/2012 e così come
altresì riportato al precedente paragrafo 4.1);
PARAGRAFO 6.2) Disapplicazione società in perdita sistematica
In virtù delle nuove disposizioni di non operatività introdotte dal D.L. 138/2011 ed a
seguito di dubbi sorti tra gli operatori circa l’applicazione/disapplicazione del nuovo
istituto in ipotesi di particolari situazioni oggettive in cui venivano a trovarsi talune
società, è stato emanato il provvedimento n. 87956 del 11062012 nonché la c.m. 23/e
del 11 giugno 2012 con le quali vengono statuite nuove cause di disapplicazione del
nuovo regime per le società di comodo in perdita sistematica.
Le novità riguardano essenzialmente alcuni aspetti operativi richiamati nel succitato
provvedimento 87956 del 11062012 ed in particolare:
la puntuale disciplina circa situazioni di disapplicazione già previste da precedenti
provvedimenti e riportati alle lettere da a) ad e) e quindi:
a) società in stato di liquidazione che con impegno assunto in dichiarazione dei
redditi richiedono la cancellazione dal registro delle imprese a norma degli
articoli 2312 e 2495 del codice civile entro il termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi successiva;
b) società assoggettate ad una delle procedure indicate nell’articolo 101, comma
5, del Tuir ovvero ad una procedura di liquidazione giudiziaria;
c) società sottoposte a sequestro penale o a confisca nelle fattispecie di cui al
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia) o in altre fattispecie analoghe in cui il Tribunale
in sede civile abbia disposto la nomina di un amministratore.
d) società che detengono partecipazioni, iscritte esclusivamente tra le
immobilizzazioni finanziarie, il cui valore economico è prevalentemente
riconducibile a: 1) società considerate non in perdita sistematica ai sensi
dell’articolo 2, commi 36-decies e seguenti del d.l. n. 138 del 2011; 2) società
escluse dall’applicazione della disciplina di cui al citato articolo 2 anche in
conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione della disciplina
delle società in perdita sistematica; 3) società collegate residenti all’estero cui
si applica il regime dell’articolo 168 del TUIR. La disapplicazione opera a
condizione che la società non svolga attività diverse da quelle strettamente
funzionali alla gestione delle partecipazioni;
e) società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione
della disciplina sulle società in perdita sistematica in relazione ad un
recedente periodo di imposta
la individuazione di nuove situazioni oggettive che consentono la disapplicazione della
disciplina sulle società in perdita sistematica contraddistinte dalle lettere da f) ad i) del
provvedimento 87956, nonché la individuazione quali cause di disapplicazione, di
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precedenti cause di esclusione indicate alle lettere l) ed m) del provvedimento 87956 e
quindi:
f) società che conseguono un margine operativo lordo positivo. Per margine
operativo lordo si intende la differenza tra il valore ed i costi della produzione di
cui alla lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile; dell’articolo 2425 del
codice civile. A tale fine i costi della produzione rilevano al netto delle voci
relative ad ammortamenti, svalutazioni ed accantonamenti di cui ai numeri
10), 12) e 13) della citata lettera B); g) società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati sospesi o
differiti da disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione
dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.
225.
h) società per le quali risulta positiva la somma algebrica della perdita fiscale di
periodo e degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile per
effetto di proventi esenti, esclusi o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o
ad imposta sostitutiva, ovvero di disposizioni agevolative;
i) società che esercitano esclusivamente attività agricola ai sensi dell’articolo 2135
del codice civile e rispettano le condizioni previste dall’articolo 2 del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99;
l) società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore;
m) società che si trovano nel primo periodo d’imposta.
Come esplicato nella circolare ministeriale n. 23/e dell’11/06/2012, la distinzione tra
cause di “esclusione” previste dall’art. 30 - L. 724/1994 e cause di “disapplicazione”
previste dai provvedimento 11 giugno 2012, prot. n. 2012/87956 del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate, è fondante in quanto mentre le cause di “esclusione”
operano limitatamente al periodo d’imposta di applicazione della disciplina in esame
(es. anno 2015), le cause di disapplicazione automatica indicate nel provvedimento
11/06/2012, assumono rilevanza esclusivamente nel periodo di osservazione (anni n-1,
n-2 e n-3), pertanto, qualora nel periodo di monitoraggio si verifichi una causa di
disapplicazione prevista da tale provvedimento, viene interrotto il triennio quinquennio
di osservazione onde far scattare la non operatività per perdite sistematiche nel quarto
sesto periodo d’imposta successivo al triennio quinquennio in perdita.
L’amministrazione finanziaria è tornata ad esprimersi in ordine ad un punto su cui si era
già espressa (lett. h. provvedimento prot. nr. 87956 del 11062012) ed inerente gli
importi che non concorrono alla formazione del reddito imponibile per effetto di
disposizioni agevolative.
In particolare, con la R.M. 68/E del 16/10/2013, l’amministrazione ha avallato la tesi
prospettata da un contribuente in ordine alla non rilevanza della perdita di esercizio nel
caso in cui la stessa sia dovuta alla rateizzazione di una plusvalenza patrimoniale che
faccia emergere una perdita per effetto di una disposizione agevolativa.
In siffatte ipotesi pertanto il contribuente dovrà:
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- per il periodo d’imposta in cui viene realizzata la plusvalenza (2010), incrementare il
risultato fiscale di periodo dell’importo pari alle quote di plusvalenza rinviate agli
esercizi successivi, in virtù dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 86, comma 4, del
TUIR; (vedasi righi relativi a “redditi esclusi ed altre agevolazioni” del quadro relativo
alla verifica dell’operatività …ndr)
- per i periodi d’imposta successivi, rispetto ai quali è stato operato il rinvio della
tassazione, riducendo il risultato fiscale di periodo dell’importo corrispondente alla
variazione in aumento effettuata in dichiarazione, in relazione alla quota di plusvalenza
rinviata.
Ne consegue che la società istante potrà disapplicare automaticamente la disciplina delle
società in perdita sistematica, senza quindi necessità di presentare l'istanza di
disapplicazione, qualora a seguito del calcolo sopra indicato vengano meno le
condizioni richieste dall’art. 2, commi da 36-decies) a 36-duodecies), per essere
considerata società in perdita sistematica.
«In mancanza delle ipotesi appena riportate di esclusione/disapplicazione, anche per le società in perdita
sistematica è possibile presentare interpello ai sensi art. art. 11 comma 1 lett b) Legge 27/07/2000 nr. 212
(Statuto del Contribuente). (Vedasi successivo par. 7) »
PARAGRAFO 7) Interpello disapplicativo
In mancanza di ipotesi di esclusione / disapplicazione automatica, e qualora si ritenga
comunque che la società non attui un comportamento elusivo bensì la non operatività
sia conseguenza di una particolare situazione oggettiva, il contribuente può proporre una
istanza di interpello ai sensi art. 11 comma 1 lett b) Legge 27/07/2000 nr. 212 (Statuto
del Contribuente), volta ad ottenere una risposta riguardante “la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti”.
Con tale istanza, il contribuente rende noto all’amministrazione finanziaria, le cause che
hanno determinato la causa di non operatività con richiesta di disapplicazione dello
specifico istituto.
PARAGRAFO 7.1) Modalità di proposizione dell’istanza
L’istanza deve essere spedita dal contribuente in plico raccomandato con ricevuta di
ritorno, alla Direzione regionale competente per territorio tramite invio alla competente
Direzione provinciale (Art. 1, comma 1, del D.M. 19/6/1998, n.259); “Sebbene il
predetto decreto non lo preveda espressamente, si ritiene che l'istanza possa essere
presentata anche mediante consegna a mano presso il competente Ufficio locale”(c.m.
14/e del 15/03/2007)
L’uffico dovrà rispondere entro 90 giorni dalla ricezione dell’istanza.
PARAGRAFO 7.2) Inammissibilità dell’istanza
Nel caso che qui occupa, si ricorda che le norme volte a disciplinare tale istituto, da
ultimo in ordine di tempo la C.M. 32/E del 14/06/2010, considerano inammissibili le
istanze :
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• prive dei dati identificativi dell’istante e del suo legale rappresentante nonché
mancanti della sottoscrizione;
• presentate dai professionisti privi di procura;
• non sufficientemente circostanziate nella definizione della fattispecie concreta in
relazione alla quale è richiesto il parere;
• non preventive, trasmesse cioè almeno 90 giorni prima del termine ordinario di
presentazione della dichiarazione;
In siffatte ipotesi, le istanza verranno sicuramente considerate inammissibili, salvo la
possibilità di ri-proposizione, da parte dell’interessato, sempre che ne sussistano i
presupposti, con l’integrazione degli elementi mancanti. PARAGRAFO 7.3) Termini di proposizione dell’istanza
Come abbiamo accennato nel precedente punto 6.2), l’istanza deve essere inviata in tempo
utile per ottenere risposta entro il termine di presentazione del Modello Unico dell’esercizio
interessato dalla disciplina delle società non operative.
Per Unico 2017 (esercizio 2016), il termine per la ricezione della risposta scadrà il 30
settembre 2017 e, considerando i 90 giorni a disposizione delle Entrate per rilasciare il
provvedimento, è necessario che la richiesta, venga trasmessa entro il 2 luglio 2017.
PARAGRAFO 7.4) Contenuto dell’istanza d’interpello
Per quanto attiene invece gli elementi da indicare ai fini di una corretta ricostruzione del
caso concreto sul quale l’Agenzia è chiamata ad esprimere il suo parere questi saranno:
Oggetto: Società non operative - Istanza di disapplicazione ai sensi art. 37-bis comma 8
dpr 600/1973; art. 30, comma 4-bis, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e art. 2
comma 36-decies D.L. 138/2011 conv. L. 148/2011
Dati identificativi del contribuente;
Descrizione puntuale della fattispecie intendendosi per tale l’esposizione in maniera
esaustiva di tutti gli elementi conoscitivi utili a ricostruire la fattispecie concreta in
relazione alla quale l’istante ritiene, sulla base di documentabili ragioni, che trovi
applicazione una deroga al regime ordinario.
Indicazione dei valori economici interessati dall’interpello evidenziando in particolare il
beneficio fiscale di cui ritiene di potersi legittimamente avvalere
Imposte per le quali si intende chiedere la disapplicazione della norma
Documentazione comprovante le ragioni addotte dal contribuente (atto costitutivo,
bilanci, documentazione amministrativa).
PARAGRAFO 7.5) Diniego dell’istanza e relativa impugnabilità
Si ricorda che il diniego del Direttore regionale dell’Agenzia delle entrate di
disapplicazione di norme antielusive, ai sensi dell’art. 37-bis, D.P.R. 29 settembre 1973,
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n. 600, rientra nel novero degli atti impugnabili solo in via facoltativa da parte del
contribuente istante, di talché l’omessa impugnazione dell’atto di diniego non
pregiudica di esperire la piena tutela giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico che gli
venga notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza
delle condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva (Corte di
Cassazione, sez. trib. 5 ottobre 2012, sent. n. 17010).
Si ricorda a tal proposito, che la c.m. 14E/2007 prevede che :” Nell'eventuale
provvedimento di rigetto del Direttore regionale, come evidenziato con la circolare n. 5
del 2007, e' necessario precisare che: "Il presente provvedimento (del Direttore
regionale) non puo' essere impugnato immediatamente in quanto non rientra tra gli atti
impugnabili di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546;
peraltro, il contribuente potra' far valere le proprie ragioni avanti la competente
Commissione tributaria, mediante impugnazione dell'eventuale avviso di accertamento
notificato a seguito del provvedimento di rigetto del Direttore regionale".
In precedente sentenza, la corte di Cassazione n.8663 del 15/4/2011era giunta ad un
risultato diametralmente opposto avendo affermato che :” Le determinazioni in senso
negativo (del Direttore regionale dell’Agenzia delle entrate di disapplicazione di norme
antielusive) costituiscono atto di diniego di agevolazione fiscale e sono soggette ad
autonoma impugnazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h).
Tale atto rientra tra quelli tipici previsti come impugnabili da detta disposizione
normativa, e pertanto la mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti
dalla comunicazione delle determinazioni al contribuente ai sensi del D.M. 19 giugno
1998, n. 259, art. 1, comma 4, rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione
della norma antielusiva in capo all’istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a
seguito della impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate”.
Tuttavia, la Corte di Cassazione, con sentenza n.20394 del 20/11//2012, è tornata a
confermare l’orientamento espresso con la sentenza n.8663 del 15/4/2011, ritenendo che
il diniego del Direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate ad istanza di interpello
disapplicativo – ex art. 37, comma 8, del D.P.R. 29/9/1973, n.600 – costituisca atto di
diniego di agevolazione fiscale, soggetto ad autonoma impugnazione ai sensi dell’art.
19, comma 1, lett. h), del D.Lgs. 31/12/1992, n.546. Tale atto rientra tra quelli tipici
previsti come impugnabili e, pertanto, la mancata impugnazione nei termini di legge
rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva.
E’ appena il caso di riportare che con una recente pronuncia, la Commissione Tributaria
Regionale di Bari, con la sentenza nr. 75/05/13, ha ritenuto di non potere condividere
l’assunto del primo giudice il quale, accogliendo il ricorso di una società, affermava la
possibilità di adire le Commissioni tributarie per opporsi al diniego di disapplicazione
della norma antielusiva. Il giudice di appello ha motivato la riforma della sentenza di
prime cure, poiché il diniego in questione non è specificatamente indicato nell'elenco
dei provvedimenti impugnabili contenuto nell'articolo 19 del D.P.R. n. 546 del 1992, ma
anche perché la risposta resa a una istanza d’interpello non ha un contenuto di
carattere impositivo sia dal punto di vista formale che sostanziale.
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PARAGRAFO 8) “Analisi e riflessi della rivalutazione degli immobili ai sensi del
D.L.185/08, nel bilancio 2013 e nelle società di comodo”.
Rivalutazione Immobili ai sensi del D.L. 185/2008
Si rende necessario ricordare brevemente che il D. L. 185/08 convertito con Legge
2/2009 e successive modifiche e chiarimenti, prevedeva la facoltà, per i soggetti
interessati, di rivalutare “i beni immobili, ad esclusione delle aree fabbricabili e degli
immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa”.
La ratio della rivalutazione era di permettere ai soggetti interessati di iscrivere in
bilancio al loro valore di mercato, gli immobili in proprietà, mostrando altresì l'effettiva
consistenza del proprio patrimonio attraverso l’iscrizione in una specifica riserva di
patrimonio netto, del plusvalore latente fatto emergere.
Ed ancora; qualora per i nuovi valori veniva optato per il riconoscimento fiscale, la
successiva cessione a titolo oneroso, consentiva (e consente) di far emergere
plusvalenze patrimoniali nettamente inferiori, se non nulle, rispetto ai precedenti valori
ante rivalutazione. La norma precisava che il riconoscimento fiscale del maggior valore
riallineato mediante il pagamento dell'imposta sostitutiva, limitatamente al caso di
cessione dell’immobile, aveva efficacia a partire dal sesto esercizio successivo a quello
nel cui bilancio era stata effettuata la rivalutazione, pertanto dal 2014.
La rivalutazione poteva avere effetti sia solo civilistici che anche fiscali. Per il
riconoscimento dei nuovi valori ai fini fiscali, il soggetto interessato doveva versare
un’imposta sostitutiva (IRPEF,IRES,IRAP) del 3% o del 1,5% a seconda se erano
immobili ammortizzabili o non ammortizzabili. Tuttavia, gli effetti fiscali, ad esclusione
del caso di cessione come visto in precedenza, erano riconosciuti a decorrere dal quinto
esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione era stata eseguita,
pertanto a partire dall’esercizio 2013, nel caso di soggetti con esercizio coincidente con
l’anno solare. Quindi, i maggiori ammortamenti civilistici, fiscalmente non riconosciuti
sino all’esercizio 2012, verranno recuperati successivamente al processo di
ammortamento civilistico, con variazioni in diminuzione in sede di dichiarazione dei
redditi. In questo periodo transitorio (2008/2012), in sede di dichiarazione dei redditi, la
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maggior quota di ammortamento civilistico doveva essere sterilizzata attraverso una
variazione in aumento corrispondente appunto alla differenza tra la quota di
ammortamento ammessa fiscalmente e calcolata sul valore non rivalutato (costo storico)
e quella calcolata sul nuovo valore (rivalutato), con relativa emersione di fiscalità
differita qualora di apprezzabile entità.
A seguito della rivalutazione con opzione per il riconoscimento fiscale, veniva allocata
in bilancio tra le poste di patrimonio netto, una riserva in sospensione d'imposta
denominata “riserva di rivalutazione art.15 D.L. 185/2008”. Tale riserva, qualora
distribuita, è assoggettata a tassazione come reddito imponibile per la
società e come dividendo per i soci. Qualora il soggetto interessato invece ha affrancato
tale riserva, versando l’imposta sostitutiva del 10%, la stessa non avrà riflessi fiscali né
in capo alla società né in capo ai soci, qualora la stessa venga distribuita.
La normativa prevedeva diverse tecniche di contabilizzazione della rivalutazione.
I metodi erano:
• rivalutazione del bene immobile e del relativo fondo di ammortamento;
• rivalutazione del solo bene;
• decremento del solo fondo di ammortamento.
Effetti della Rivalutazione nel Bilancio e nell’ Unico
Detto questo, giusto per ricordare la normativa di riferimento, entriamo nel merito della
questione.
I soggetti interessati che hanno effettuato la rivalutazione del o degli immobili con il
riconoscimento fiscale, se da un lato hanno avuto i vantaggi innanzi citati nella ratio della
norma, oggi devono affrontare in sede di chiusura di Bilancio e nella Dichiarazione dei
Redditi per l’anno 2013, aspetti che nelle circostanze attuali possono rivelarsi negativi,
quali:
1. Valore rivalutato al mercato immobiliare riferito all’anno 2008, superiore al
valore di mercato di oggi, vista la crisi economica nazionale e mondiale che
attanagli tutti i settori, compreso quello immobiliare.
2. Valore rivalutato riconosciuto per il test di operatività, società di comodo;
3. Ammortamenti riconosciuti fiscalmente dall’anno 2013, che potrebbero portare ad
una perdita fiscale, facendo rientrare la società come di comodo nel 2014, qualora
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vi siano state perdite anche nei precedenti due anni (2011/2012), contribuendo a
chiudere gli esercizi fiscali del triennio di riferimento (211/2012/2013) in perdita
sistematica.
Nel primo caso, la problematica al momento non sembra possa essere risolta da una
eventuale svalutazione del valore rivalutato in quanto il caso non è disciplinato da
nessuna norma, diversamente da quanto previsto per le partecipazioni e terreni per le
quali è possibile far asseverare una nuova perizia con valori inferiori a quella
precedente.
Pertanto nel 2014 in caso di cessione di un’immobile assoggettato a rivalutazione ex.
Art. 15 DL 185/2008 e con opzione per la rilevanza fiscale dei valori ad un prezzo
inferiore a quello rivalutato, emergerà una minusvalenza.
Nel secondo caso, la problematica è stata chiarita dalla risoluzione n. 101/E del
20/12/2013 dell’Agenzia delle Entrate, la quale afferma “che ai fini del calcolo delle
risultanze medie degli immobili nell’ambito del triennio di cui all’art.30 comma 2,
primo periodo, della L. n.724 del 1994, dovranno essere presi in considerazione i valori
fiscalmente rilevanti nei singoli periodi d’imposta compresi nel triennio. Di
conseguenza, in relazione all’applicazione della disciplina sulle società non operative
per il 2013, dovranno essere presi in considerazione il maggior valore divenuto rilevante
a seguito della rivalutazione degli immobili per lo stesso 2013 e il valore non rivalutato
dei medesimi immobili per il 2012 e 2011 (non essendo per tali periodi efficace ai fini
fiscali).”
Nel terzo caso, come già riferito nella prima situazione, nel bilancio 2013 avremo un
valore del o degli immobili che non rispecchia/no quello di mercato, nettamente
superiore, con la conseguenza di avere quote di ammortamento importanti e rilevanti ai
fini fiscali. Con la possibilità che queste quote di ammortamento rilevanti ai fini fiscali
possano far emergere una perdita fiscale. Dato che, con l’art. 2, commi da 36-quinquies
a 36-duodecies, del D.L. n. 138 del 2011, sono stati introdotti importanti novità sulle
società di comodo, stabilendo l’applicazione della normativa anche a quelle che
presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre cinque periodi d’imposta consecutivi,
ovvero per due periodi se nel terzo è dichiarato un reddito inferiore a quello minimo,
risulta evidente a quali problematiche si incorrerebbe, se i soggetti interessati
risultassero di comodo.
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Valutazioni
Nasce una domanda spontanea, in questa situazione cosa poter fare per evitare le
problematiche innanzi esposte ?
Nei primi due casi si è costretti a subire la normativa in essere visto che, la stessa risulta
abbastanza chiara, e non lascia adito all’utilizzo di altre strade legittime.
Nel terzo caso, qualora con una perdita fiscale il soggetto interessato rientrasse
nell’ambito delle società in perdita sistematica, si potrebbe eventualmente pensare una
via d’uscita per evitare che la dichiarazione chiuda con una perdita fiscale, se questa
dipendesse dai maggiori ammortamenti riconosciuti fiscalmente.
Ammortamenti Ridotti
In riferimento alla disciplina degli ammortamenti, si precisa che quelli civilistici e quelli
fiscali si basano su criteri diversi.
Dal punto di vista civilistico, secondo quanto stabilito dall’Art. 2426 C.C. 2 comma, “il
costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali , la cui utilizzazione è limitata nel
tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la
residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e
dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa”.
Secondo il principio contabile OIC 16 D.XI, “la residua possibilità di utilizzazione è
legata non alla “durata fisica” delle immobilizzazioni, bensì alla loro “durata
economica”, cioè al periodo in cui si prevede che il cespite sarà di utilità per l’impresa.
Tale periodo è normalmente inferiore alla durata fisica e deve essere ragionevolmente
stimato sulla base dei seguenti fattori:
- deterioramento fisico legato al trascorrere del tempo;
- grado di utilizzo;
- esperienza relativa alla durata economica dei cespiti sia dell'impresa, sia del settore
industriale in cui questa opera;
- stime dei produttori del cespite;
- perizie;
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- obsolescenza, sia del cespite (ricorrenza dei cambiamenti tecnologici, nuove
tecnologie prevedibili al momento della stima, ecc.) sia del prodotto per cui viene
adoperato;
- correlazione con altri cespiti: se un cespite viene acquisito per migliorare un altro
cespite originario, ma non ne prolunga in modo apprezzabile la vita, il nuovo cespite
deve essere ammortizzato sulla residua possibilità di utilizzazione del cespite originario;
- piani aziendali per la sostituzione dei cespiti;
- fattori ambientali;
- condizioni di utilizzo, quali i turni di produzione, il corretto utilizzo, il livello tecnico
del personale addetto, i luoghi di utilizzo (aperti o chiusi, umidi o asciutti) ecc.;
- politiche di manutenzione e riparazione: un'inadeguata manutenzione può ridurre la
durata economica del cespite, una manutenzione diligente può prolungarla, ma non
indefinitamente;
- fattori economici o legali che impongono limiti all'uso del cespite.”
“Il piano inizialmente predisposto deve prevedere un suo riesame periodico per
verificare che non siano intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle
stime effettuate nella determinazione della residua possibilità di utilizzazione. Se
quest'ultima va modificata, il valore contabile dell'immobilizzazione (valore originario
al netto degli ammortamenti fino a quel momento effettuati) al tempo di tale
cambiamento va ripartito sulla nuova vita utile residua del cespite, e tale modifica deve
essere motivata nella nota integrativa.”
Pertanto a seguito di quanto indicato innanzi, risulta possibile effettuare un
cambiamento del piano d’ammortamento, dei criteri e dei coefficienti applicati,
motivandola nella nota integrativa. Nel caso di cambiamenti tali da rideterminare la vita
utile residua, il valore contabile residuo alla data (valore originario al netto degli
ammortamenti) va ripartito sulla nuova vita utile residua del bene e tale modifica va
motivata nella nota integrativa.
La difficoltà sta nell’avere o trovare le giuste motivazioni, al fine di modificare il piano
di ammortamento per avere quote di ammortamento civilistiche più basse, rilevanti
fiscalmente. La rivalutazione non può certo essere considerata nemmeno una giusta
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motivazione, come indicato nello stesso OIC 16. La rivalutazione di una
immobilizzazione materiale non può avere l’effetto di modificare la stimata residua vita
utile del bene cui viene applicata, che prescinde dal valore economico del bene
(D.XI.3). L’ammortamento dell’immobilizzazione materiale rivalutata deve continuare
ad essere determinato coerentemente con i criteri precedentemente applicati al costo
originario della medesima.
Se civilisticamente la normativa risulta essere abbastanza chiara lasciando la possibilità
al soggetto interessato di poter cambiare il piano e ridurre le quote di ammortamento,
fiscalmente la questione appare più complicata.
Gli ammortamenti fiscali sono basati sui coefficienti stabiliti dal DM 31 dicembre 1998
in funzione della tipologia del bene e del settore di utilizzo. Tali coefficienti ministeriali
rappresentano la misura massima, così come stabilito dall’art. 102 del TUIR, comma 2,
“ La deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione
al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con Decreto del Ministro dell’Economia e delle
Finanze …., ridotti alla metà per il primo esercizio..” Pertanto è stabilito il limite
massimo e non il limite minimo, sembrerebbe quindi che vi sia la possibilità di
effettuare quote di ammortamento fiscali ridotte, rispetto anche alle stesse quote di
ammortamento civilistiche. Tale teoria era stata avvallata da una R. M. del 22/04/2005
n. 51/E, con la quale si affermava la possibilità per il contribuente di applicare
coefficienti di ammortamento inferiori anche alla metà delle aliquote massime già dal
periodo d’imposta 2004, sia ai beni di nuova acquisizione, che a quelli per i quali in
passato erano già state imputate quote di ammortamento inferiori a tale limite. Tale
possibilità veniva riconosciuta anche nel caso in cui l’ammortamento civilistico, fosse
stato superiore a quello fiscale.
Tuttavia questa Risoluzione Ministeriale aveva creato non parecchi dubbi e
problematiche sulla questione, difatti successivamente la stessa Agenzia delle Entrate
interveniva a chiarire la situazione, con una nuova R.M. del 17/06/2005 n. 78/E .
La R.M. 78/E ha chiarito “ che non è possibile calcolare discrezionalmente gli
ammortamenti in misura diversa da quella degli ammortamenti civilistici, e quindi in
modo avulso dalle indicazioni di bilancio, stante il principio di derivazione del reddito
imponibile dal risultato del conto economico enunciato all’art.83 del TUIR.” Ne
consegue che in caso di variazione in aumento effettuate a fronte di ammortamenti
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fiscali inferiori a quelli civilistici, è preclusa la possibilità di dedurre dal reddito dei
futuri esercizi il minore ammontare (rispetto a quello civilistico) degli ammortamenti
non dedotti in precedenza (vedi anche risposte degli esperti ai quesiti telefisco 2014)
“Gli effetti concreti di tale principio si riverberano non tanto sul trattamento delle
variazioni in aumento effettuate in un determinato esercizio a fronte di
ammortamenti fiscali inferiori a quelli civilistici (è su tale aspetto che
incidentalmente si sofferma la risoluzione n. 51), quanto sulle conseguenze che ne
derivano negli esercizi successivi, dovendosi in ogni caso escludere la possibilità di
dedurre dal reddito dei futuri esercizi il minore ammontare (rispetto a quello
civilistico) degli ammortamenti non dedotti in precedenza, attraverso variazioni in
diminuzione che non troverebbero legittimità nel sistema delle norme sul reddito di
impresa. Quest'ultima possibilità è configurabile, invero, soltanto nei casi previsti
dalla norma fiscale e, in particolare, nell’eventualità che le variazioni in
diminuzione siano correlate a simmetriche variazioni in aumento resesi necessarie
a seguito della imputazione al conto economico relativo a precedenti esercizi di
ammortamenti calcolati in misura superiore a quella fiscalmente consentita in
applicazione dei coefficienti stabiliti dal D.M. 31 dicembre 1988.”
Ad es. quando il piano di ammortamento basato sulla vita utile risulta essere di 4 anni,
mentre il coefficiente di ammortamento stabilito dal D.M. 31/12/88 sia del 20%, quindi
5 anni. In tal caso è ammesso avere un ammortamento fiscale come variazione in
diminuzione, pur avendo cessato il periodo di ammortamento civilistico , perché
obbligato da una norma di legge e non dalla discrezionalità del contribuente.
Altro es. non possibile da attuare, quando il piano di ammortamento basato sulla vita
utile risulta essere di 5 anni, e il coefficiente di ammortamento stabilito dal D.M.
31/12/88 sia del 20%, quindi 5 anni, il contribuente non avendo la necessità di dedurre
tutti gli ammortamenti, in quanto probabilmente la dichiarazione chiuderebbe con una
perdita fiscale, decida a propria discrezione o piacimento di voler allungare il periodo di
ammortamento passando da un periodo di 5 anni ad un periodo di 10 anni, il che
comporterebbe coefficienti più bassi. Di conseguenza risulteranno dal 6 anno al 10mo
variazioni fiscali in diminuzione non riconducibili ad alcun principio del sistema del
reddito d’impresa, avendo terminato il quinto anno gli ammortamenti civilistici. Questo
è quanto afferma la R.M n.78/E, innanzi indicata.
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Conclusioni
Concludendo possiamo dire che l’unica strada percorribile al fine di dare una corretta
rilevanza fiscale agli ammortamenti ridotti, è data esclusivamente da una corretta
imputazione di ammortamenti civilistici in considerazione di una stimata vita utile del
cespite più lunga rispetto ai coefficienti di ammortamenti previsti dal D.M. 31/12/1988;
ciò in considerazione di quanto previsto in merito dall’OIC 16 e qualora sia necessario
rivedere il piano di ammortamento in funzione di una diversa (più lunga) vita utile del
cespite con puntuale giustificazione in nota integrativa. Si consideri che tale
procedimento dovrà essere analizzato caso per caso, in quanto si deve tenere in
considerazione non solo delle motivazioni addotte ai fini della modificata vita utile del
cespite, ma anche del metodo utilizzato ai fini della rivalutazione ex. Art. 15 D.L.
185/2008.
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Indice della documentazione:
- Art. 30 L. 23 dicembre 1994 n. 724 – Legge istitutiva
- art. 2 - D.L. 138/2011 comma 36-decies (perdite sistematiche)
- C.m. 5/e del 02/02/2007 – interpello disapplicativo -
- c.m. 25/E del 04/05/2007 – Quadro organico disciplina società di comodo
- C.m. 44/E del 09/07/2007 – interpello disapplicativo : ulteriori chiarimenti sulla
trattazione delle le istanze
- Circolare del 14/02/2008 n. 9 – Modifiche apportate alla disciplina dalla Finanziaria 2008
- Provvedimento n. 23681 del 14/02/2008
- Circolare Irdcec 25/2011
- provvedimento n. 87956 del 11062012
- c.m. 23/e del 11/06/2012 – Esclusioni / Disapplicazioni ed interpelli per le società in
perdita sistematica
- Ris. 107 del 11/12/2012 – Esclusione dal M.O.L. del canoni di leasing
- c.m. 1/E del 15/02/2013 Telefisco 2013
- c.m. 3/E del 04/03/2013 Maggiorazione aliquota ires 10,5%
- Ris. 16/10/2013 nr. 68/e – Agevolazioni fiscali che determinano una perdita di esercizio –
irrilevanza
- C.M. 36 del 19/12/2013 – Impianti fotovoltaici;
- R.M. 101 del 20/12/2013 – Rivalutazione beni d’impresa
- Dlgs 21/11/2014 nr. 175 art. 18