S@ntomero - Giugno2011

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Informazione, cultura, società e sport - Anno III - N. 2 - Giugno 2011 Analogici o digitali? Ma tu sei analogico o digitale? La domanda lascia perplessi e per un po’ si è soprapensiero a verificare se ci si avvicina di più all’analogico o al digitale e soprattutto a riflettere su cosa vogliano dire queste pa- role, queste due termini con- trapposti. Ma sì, se ci pensiamo bene sappiamo anche che abbia- mo una fotocamera digitale, magari arrivata all’ultima prima comunione di nostro figlio, che il nostro orologio è analogico, che il nostro mo- tivo musicale preferito è stato digitalizzato, oppure che il suono analogico dei vecchi dischi di vinile per molti è più armonico, più dolce rispetto al suono digitale dei CD. In Abruzzo si aspetta il digitale terrestre, ma, avete notato che ultimamente, dopo la pub- blicità martellante dell’anno scorso sui canali RAI, non se ne parla più? Avremo mai dunque questa meraviglia tecnologica anche da noi? O l’abbiamo archiviata come una delle tante promesse non mantenute? Del resto da noi non si vede ancora bene il TG regionale con le notizie abru- zzesi, figuriamoci l’elevata qualità del digitale. Avanzato, innovativo, al passo con i tempi, il digitale prende le impronte dei nostri corpi e dei nostri visi per farle rim- balzare su uno schermo ad alta definizione o sul moni- tor di un notebook, esaltan- do tutta la potenza dei suoi pixel. Quadratini dapprima divisi, poi aggregati, nitidi, a comporre le nostre stesse im- magini in tempo reale. L’analogico è invece più lento, più tradizionale, più legato al passato. Non può acquistare veste informatizzata, si muove con impaccio tra le meravi- glie di ogni giorno, tra le no- vità che il futuro ci propone già oggi. Sì, magari ha anche una pagina con 800 contatti su Facebook, e su Twitter an- che una foto di quando aveva 20 anni, ma l’analogico si ad- dentra in questi labirinti in- formatici senza poter capire, senza potersi mettere in sin- tonia con il brio del digitale. Un tempo aveva la qualità, oggi gli resta la nostalgia. In senso traslato l’analogico e il digitale stanno perfino sop- piantando vecchie categorie Sande Mire tunne tunne... Sande Mire tunne tunne... Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale -70% Teramo Aut. N. 125/2009 L’identità dei santomeresi continua a pag. 2 Genia a pag. 6 Personaggi Santomeresi Edoardo Bennato a pag. 4 L’isola che non c’è a Sant’Omero Teatri paralleli a pag. 2 Festival di Teatro delle Dierenze Rissa alla cantina Una notte movimen- tata del 1860 a pag. 3 La Fondazione Tercas ha parzialmente finanziato un importante progetto di ricerca portato avanti dalla Pro-loco di Sant’Omero con il supporto sci- entifico di studiosi del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara per il recupero e la salvaguardia della me- moria storica locale. Il progetto parte dalla considerazione che l’identità di un luogo e la fisionomia di una comu- nità possono essere individuate come il risultato di numerose variabili che con- corrono a definire e precisare i modelli di pensiero e gli stili di vita, la visione e l’interpretazione della realtà sociale, rideterminandone i valori, le norme, i simboli, gli spazi dell’azione e della comunicazione individuali e collettivi. Le forme di trasmissione della cultura comunitaria, quali le narrazioni delle “gesta” familiari fatte un tempo dagli anziani ai più giovani, permettevano ad esempio di aggiungere plusvalenze emotive e di costruire simbologie caratterizzanti e distintive dell’identità e dell’appartenenza sociale. La per- dita della narrazione, dell’aabulazione del proprio vissuto quotidiano, si ritiene abbia molto ridotto tale po- tenziale emotivo e per converso anche l’incidenza delle forme - sovente indi- rette - di socializzazione e di identifica- zione di gruppo. Il progetto si propone di recuperare, attraverso un’indagine empirica condotta per mezzo di fo- cus-group e interviste biografiche, che coinvolgeranno numerosi anziani del Comune, gli stralci, sempre più esigui, della storia quotidiana di una comunità sottoposta frequentemente a forme di vera e propria damnatio memoriae, il più delle volte anche per i suoi ricusati contenuti ideologici ed etici. La ricerca è sostanzialmente un’indagine sulla me- moria come patrimonio del singolo e del gruppo, frutto di mediazione, pun- to di incrocio e integrazione fra memo- rie diverse, in cui l’individuo svolge un ruolo attivo già al momento di organiz- zare il proprio personale deposito di in- formazioni. Tali informazioni fungono quindi da motori della socializzazione e non posso essere astratti dai luoghi e dai contesti delle biografie narrate e che hanno concorso a determinarli (la città o il paese, il quartiere, la casa, il luogo di lavoro, ecc.). In tal senso e con questi contenuti la memoria diviene stru- mento di interpretazione, in cui anche i limiti, gli errori del ricordo possono rappresentare delle potenzialità utili a rileggere il passato, a interpretare se stessi e a costruire la propria identità. Come possibili ricadute del lavoro di ricerca si individuano la possibilità di riflessione circa la propria appartenen- za comunitaria e un utile sostegno alla costruzione dell’identità sociale nelle nuove generazioni, la tutela contro la perdita dell’immagine e del significato dei luoghi (a fronte di un processo di periferizzazione anche di tipo urbanis- tico) il presidio contro l’omologazione delle coscienze e dei luoghi. Un progetto per la tutela della memoria collettiva di Sant’Omero Ripartono le manifestazioni estive della Pro-Loco di Sant’Omero. Con la XII Festa della Birra, dal 24 giugno al 2 luglio; protagonista an- cora una volta la Birra HB Original Monaco, e tanta musica. Quest’anno la manifestazione ospiterà, sabato 2 luglio, il titolo mondiale di ai-Boxe, Categorie 71/73 kg. arriveranno atleti professionisti da Stoccolma. L’evento è organizzato dalla Società Sportiva TigerTeam di Sant’Omero, in collaborazione con la Pro-Loco e l’Amministrazione Comunale. Dal 15 al 23 luglio, la XXXI sagra del baccalà e della zuppa di ceci, con alcune novità che si aggiungeranno al già ricco e consueto menù. Torna al centro storico la III edizione di “Borgo d’arte e sapori”, a cura dell’amministrazione comunale, con eventi culturali, degustazioni e tanta musica. L’associazione Pro-Loco ricorda inoltre il I Corso d’inglese estivo: dal 20 giugno e fino alla fine di luglio, un’insegnante madrelingua inglese terrà un corso di lingua, presso la sede dell’Associazione in Via Renato Rascel, a tutti i ragazzi delle scuole elementari e medie che vor- ranno partecipare; per info telefonare al n. 338/3031124. Dulcis in fundo informiamo i lettori che a partire da ottobre l’Associazione istituirà una vera e propria Scuola di Teatro: avvalendosi della collaborazione e del lavoro di Ottaviano Taddei e Cris- tina Cartone della compagnia teatrale Terrateatro di Giulianova, proponiamo, ai ragazzi delle scuole elementari e me- die una vera e propria scuola, nella quale imparare tutto quanto necessario e utile per realizzare un vero e proprio spetta- colo teatrale; in merito seguiranno ulte- riori e dettagliate informazioni. Calendario attività Pro-Loco Impaginato A3 Giugno 2011.indd 1 20/06/2011 12.27.25

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Trimestrale della città di Sant'Omero (TE)

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Analogici o digitali?

Ma tu sei analogico o digitale? La domanda lascia perplessi e per un po’ si è soprapensiero a verificare se ci si avvicina di più all’analogico o al digitale e soprattutto a riflettere su cosa vogliano dire queste pa-role, queste due termini con-trapposti.Ma sì, se ci pensiamo bene sappiamo anche che abbia-mo una fotocamera digitale, magari arrivata all’ultima prima comunione di nostro figlio, che il nostro orologio è analogico, che il nostro mo-tivo musicale preferito è stato digitalizzato, oppure che il suono analogico dei vecchi dischi di vinile per molti è più armonico, più dolce rispetto al suono digitale dei CD.In Abruzzo si aspetta il digitale terrestre, ma, avete notato che ultimamente, dopo la pub-blicità martellante dell’anno scorso sui canali RAI, non se ne parla più? Avremo mai dunque questa meraviglia tecnologica anche da noi? O l’abbiamo archiviata come una delle tante promesse non mantenute? Del resto da noi non si vede ancora bene il TG regionale con le notizie abru-zzesi, figuriamoci l’elevata qualità del digitale.Avanzato, innovativo, al passo con i tempi, il digitale prende le impronte dei nostri corpi e dei nostri visi per farle rim-balzare su uno schermo ad alta definizione o sul moni-tor di un notebook, esaltan-do tutta la potenza dei suoi pixel. Quadratini dapprima divisi, poi aggregati, nitidi, a comporre le nostre stesse im-magini in tempo reale.L’analogico è invece più lento, più tradizionale, più legato al passato. Non può acquistare veste informatizzata, si muove con impaccio tra le meravi-glie di ogni giorno, tra le no-vità che il futuro ci propone già oggi. Sì, magari ha anche una pagina con 800 contatti su Facebook, e su Twitter an-che una foto di quando aveva 20 anni, ma l’analogico si ad-dentra in questi labirinti in-formatici senza poter capire, senza potersi mettere in sin-tonia con il brio del digitale. Un tempo aveva la qualità, oggi gli resta la nostalgia.In senso traslato l’analogico e il digitale stanno perfino sop-piantando vecchie categorie

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L’identità dei santomeresi

continua a pag. 2

Genia

a pag. 6

PersonaggiSantomeresi

Edoardo Bennato

a pag. 4

L’isola che non c’è a Sant’Omero

Teatri paralleli

a pag. 2

Festival di Teatro delle Di!erenze

Rissa alla cantinaUna notte movimen-

tata del 1860

a pag. 3

La Fondazione Tercas ha parzialmente finanziato un importante progetto di ricerca portato avanti dalla Pro-loco di Sant’Omero con il supporto sci-entifico di studiosi del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara per il recupero e la salvaguardia della me-moria storica locale. Il progetto parte dalla considerazione che l’identità di un luogo e la fisionomia di una comu-nità possono essere individuate come il risultato di numerose variabili che con-corrono a definire e precisare i modelli di pensiero e gli stili di vita, la visione e l’interpretazione della realtà sociale, rideterminandone i valori, le norme, i simboli, gli spazi dell’azione e della comunicazione individuali e collettivi. Le forme di trasmissione della cultura comunitaria, quali le narrazioni delle “gesta” familiari fatte un tempo dagli anziani ai più giovani, permettevano ad esempio di aggiungere plusvalenze emotive e di costruire simbologie

caratterizzanti e distintive dell’identità e dell’appartenenza sociale. La per-dita della narrazione, dell’a!abulazione del proprio vissuto quotidiano, si ritiene abbia molto ridotto tale po-tenziale emotivo e per converso anche l’incidenza delle forme - sovente indi-rette - di socializzazione e di identifica-zione di gruppo. Il progetto si propone di recuperare, attraverso un’indagine empirica condotta per mezzo di fo-cus-group e interviste biografiche, che coinvolgeranno numerosi anziani del Comune, gli stralci, sempre più esigui, della storia quotidiana di una comunità sottoposta frequentemente a forme di vera e propria damnatio memoriae, il più delle volte anche per i suoi ricusati contenuti ideologici ed etici. La ricerca è sostanzialmente un’indagine sulla me-moria come patrimonio del singolo e del gruppo, frutto di mediazione, pun-to di incrocio e integrazione fra memo-rie diverse, in cui l’individuo svolge un ruolo attivo già al momento di organiz-

zare il proprio personale deposito di in-formazioni. Tali informazioni fungono quindi da motori della socializzazione e non posso essere astratti dai luoghi e dai contesti delle biografie narrate e che hanno concorso a determinarli (la città o il paese, il quartiere, la casa, il luogo di lavoro, ecc.). In tal senso e con questi contenuti la memoria diviene stru-mento di interpretazione, in cui anche i limiti, gli errori del ricordo possono rappresentare delle potenzialità utili a rileggere il passato, a interpretare se stessi e a costruire la propria identità. Come possibili ricadute del lavoro di ricerca si individuano la possibilità di riflessione circa la propria appartenen-za comunitaria e un utile sostegno alla costruzione dell’identità sociale nelle nuove generazioni, la tutela contro la perdita dell’immagine e del significato dei luoghi (a fronte di un processo di periferizzazione anche di tipo urbanis-tico) il presidio contro l’omologazione delle coscienze e dei luoghi.

Un progetto per la tutela della memoria collettiva di Sant’Omero

Ripartono le manifestazioni estive della Pro-Loco di Sant’Omero.Con la XII Festa della Birra, dal 24 giugno al 2 luglio; protagonista an-cora una volta la Birra HB Original Monaco, e tanta musica. Quest’anno la manifestazione ospiterà, sabato 2 luglio, il titolo mondiale di "ai-Boxe, Categorie 71/73 kg. arriveranno atleti professionisti da Stoccolma.L’evento è organizzato dalla Società Sportiva TigerTeam di Sant’Omero, in collaborazione con la Pro-Loco e l’Amministrazione Comunale.Dal 15 al 23 luglio, la XXXI sagra del

baccalà e della zuppa di ceci, con alcune novità che si aggiungeranno al già ricco e consueto menù.Torna al centro storico la III edizione di “Borgo d’arte e sapori”, a cura dell’amministrazione comunale, con eventi culturali, degustazioni e tanta musica.L’associazione Pro-Loco ricorda inoltre il I Corso d’inglese estivo: dal 20 giugno e fino alla fine di luglio, un’insegnante madrelingua inglese terrà un corso di lingua, presso la sede dell’Associazione in Via Renato Rascel, a tutti i ragazzi delle scuole elementari e medie che vor-

ranno partecipare; per info telefonare al n. 338/3031124.Dulcis in fundo informiamo i lettori che a partire da ottobre l’Associazione istituirà una vera e propria Scuola di Teatro: avvalendosi della collaborazione e del lavoro di Ottaviano Taddei e Cris-tina Cartone della compagnia teatrale Terrateatro di Giulianova, proponiamo, ai ragazzi delle scuole elementari e me-die una vera e propria scuola, nella quale imparare tutto quanto necessario e utile per realizzare un vero e proprio spetta-colo teatrale; in merito seguiranno ulte-riori e dettagliate informazioni.

Calendario attività Pro-Loco

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2 Giugno 2011

Analogici...di pensiero: il vecchio e il nuovo, l’alta o la bassa qualità, il genio e lo stolto, Tonio e Gervaso, arretratezza e pionier-ismo. In politichese le parole sono di-venute l’equivalente di progressista e di conservatore. Se sei un politico che dice cose nuove, concrete, razionali e vicine alle esigenze dei cittadini, se ascolti la voce della gente, allora sei digitale; se invece sei ancora legato alle vecchie logiche spartitorie, ai trucchetti, agli in-ciuci, alle promesse che sai in partenza di non poter mantenere (o di poterlo fare soltanto a danno di altri), ai divieti, agli anatemi e ai condoni edilizi, beh sei indubbiamente un analogico.Sei infine, come persona, indubbiamente digitale, se ti poni senza preconcetti né pregiudizi verso la vita e verso gli altri, se non fai parte del popolo retorico del-le frasi fatte, dei “senza-se-e-senza-ma”. Analogico se fai ancora proclami bulgari, editti con i quali affermi che “è oppor-tuno emarginare chi usa il cervello”, se puoi giurare che dopo lo zero vengono sempre l’uno e il due e non ti sei accorto che il mondo attuale è una sequenza di zero-uno-zero-zero-uno.E infine noi tutti cosa siamo, cosa vogli-amo? Sei analogico o digitale?, chiede ancora l’amico.

[email protected]

Dal 5 al 10 luglio prossimo, presso la piazza De Curtis a Sant’Omero, avrà luogo la quinta edizione del Festival di Teatro delle Di!er-enze Teatri Paralleli. L’Iniziativa è organizza-ta dalla Cooperativa So-ciale La Formica, in col-laborazione con la Pro Loco di Sant’Omero, L’Amministrazione Co-munale, la Fondazione Tercas, la compagnia Terrateatro. L’iniziativa, che nella sua prima ed-izione del 2006 aveva coinvolto 4 comuni, ha presentato i successivi tre cartelloni nel comune di Torano Nuovo. E’ l’unico festival di caratura nazionale sul territorio della re-gione Abruzzo ed uno dei pochi in Italia. Ma vogliamo dire di più: il Festival Teatri Paral-leli è di livello nazionale per le proposte pre-sentate, per la provenienza delle compagnie, per le sue caratteristiche peculiari che sono di natura teatrale, più che sociale. Quest’ultima caratteristica dà il senso dei lavori che le varie compagnie ci hanno regalato, spettacoli in cui il linguaggio teatrale diventa pregno di aspetti umani, di vita. Quello che è chiamato teatro sociale, può essere visto come la nuova fron-tiera del linguaggio teatrale contemporaneo, privo di artifici, di tecnicismi, poco incipria-to, pieno di una forza espressiva che mette lo spettatore nella inevitabile condizione di met-

tersi in discussione. L’attore è lo specchio dello spettatore; e allora, quando l’immagine riflessa non è distorta, ma rinnovata, forse possiamo

parlare di verità, di vita appunto. Dopo vari anni di direzione artisti-ca e di lavoro stretto con alcune realtà di disagio sociale, non posso fare a meno di pormi an-cora alcune domande: perché esiste questo tipo di teatro, così d’impatto per sua natura, privo di

clichè “normali” nel cosiddetto teatro u#cia-le? perché ci emozioniamo ancora di fronte ad un monologo di un attore diversamente abile? perché quella coralità e quella energia diven-tano spunto di riflessione profonda? In questi anni alcune idee sono emerse. Innanzitutto, siamo di fronte ad un fenomeno teatrale, se così possiamo chiamar-lo, che va ben al di là della semplice fruizione di piazza: vale a dire che gli spettacoli che solita-mente arrivano a Teatri paralleli sono di alta qualità artistica, rigorosi, emozionanti, con tematiche contemporanee. Non è un caso che gli spettatori reagiscono sempre con entusias-

mo spontaneo. Parlavo dei temi, così moderni, vicini al nostro vissuto quotidiano e al vissuto interiore. A quella parte di noi, cioè, che elab-ora la quotidianità attraverso le emozioni e la propria intima visione delle cose. Insomma, gli spettatori di Teatri Paralleli hanno una grande fortuna: possono ancora, in quel frangente ef-fimero che è lo spettacolo teatrale, farci pensare e sognare: niente di più banale? Direi il con-trario, se l’approccio è privo di schemi. Voglio dire che lì, in quel momento dello spettacolo, ci sentiamo autorizzati ad essere emotivamente felici, anche quando prevale in noi ( e può ca-pitare, è un pericolo incombente) un senso di pietà, seppur cristiana, verso chi “sta peggio”; ebbene, è lì che sentiamo aleggiare un “pieno” che ci riappacifica col mondo. Io credo che questa magia la si possa vivere soltanto dove c’è autenticità. Ecco ciò che accade: sul palco-

scenico, tra quegli attori portatori di handicap psichici o fisici, c’è veri-tà. La verità ha qualcosa di divino, ci dà fiducia, è un collante sociale, crea comunità. La man-canza di maschere e di finte modalità attorali, fanno di quegli artisti il vero tramite tra Dio e

noi. Lì , accanto a quelle storie letterarie e per-sonali, ci sono le storie dell’essere umano tutto. Ottaviano Taddei

Ciò che sappiamo della nostra società, e in generale del mondo in cui viviamo, lo sap-piamo dai mass media, padroni incontrastati dell’informazione. Ci mettono davanti noti-zie meno rilevanti trascurando problemi più gravi.Sentiamo parlare poco di un problema che sta assumendo col passare degli anni un peso davvero consistente e preoccupante: il futuro dei giovani in Italia, una generazione senza eredità che si trova di fronte una crisi senza precedenti e attende inerme di essere “travol-ta” da questo fallimento. E’ un percorso tortuoso quello che si apre ai giovani che, freschi di maturità, si apprestano ad entrare nel di#cile mondo del lavoro, dilaniato da ristrettezze economiche e falli-menti, o intraprendere un percorso universi-tario che si orienti ad uno sbocco lavorativo concreto.Sono moltissimi i giovani che nel 2011 si isc-rivono all’università per assicurarsi un futuro migliore di quello che li aspetta con un sem-plice diploma. Sebbene negli anni passati si riusciva a garan-tire con un grado di istruzione non altissimo una certa sicurezza lavorativa, i continui cam-biamenti nei modi di produzione, che oggi vedono l’avanzare dell’automazione, della tecnologia informatica, della razionalizzazi-

one della produzione concentrata sulla quan-tità del profitto e sulla riduzione dei costi, hanno comportato la richiesta di personale più qualificato che soddisfi le esigenze di questa modernizzazione.In tanti finiscono così per non trovare lavoro o per perderlo, perché per età o grado di is-truzione non riescono ad adeguarsi alle nuove tecnologie. Il fenomeno della disoccupazione si manifesta soprattutto nei giovani compresi tra i 18 e i 24 anni. Esso comporta non solo l’impossibilità di mantenersi da soli senza l’aiuto della fami-glia, ma anche una crisi dei valori, una per-dita totale degli ideali che determina in loro un senso di smarrimento e solitudine.È vero anche che gli ideali in passato non abbiano giovato alla società. Basti pensare a

un certo esasperato nazionalismo e un’errata concezione dell’amor di patria che hanno creato non pochi guai al paese. Oggi, invece, si parla di totale assenza di ideali nel mondo giovanile e questo non gioca a favore del loro futuro. Ma come può non esserci sfiducia da parte dei giovani nei confronti delle istituzioni? In pochi si preoccupano della precarietà che im-perversa nel nostro paese. Le vecchie genera-zioni non fanno altro che ostacolare le nuove nella loro crescita; generazioni avide che non riescono a fare a meno del potere accumulato nel corso degli anni, che pretendono di più, molto di più, senza rendersi conto che è gi-unta l’ora di cedere il passo a generazioni più “fresche” e con maggiori qualità, che riescano a risollevare una situazione ormai sfuggita di

mano.C’è bisogno prima di tutto di restituire ai giovani quella fiducia di cui hanno bisogno per andare avanti e non arrendersi al primo ostacolo. Sono i giovani ad avere in mano le chiavi della ripresa di un paese ancora im-postato da una scena politica “antica”, occu-pata dagli stessi personaggi di vent’anni fa.La disoccupazione non è un problema nuo-vo, ma è sempre attuale. Bisogna imparare a fronteggiarla considerando il lavoro in modo diverso, non come una rigida condanna ma come un dovere morale. Anche la scuola gio-ca un ruolo importante in questa situazione. Deve garantire ai giovani una preparazione più ampia e flessibile che permetta loro di adattarsi nel miglior modo possibile.L’uomo non vale per quello che ha, come vor-rebbero farci credere i persuasori occulti del consumismo, ma per quello che è e per quello che sa.Ognuno di noi deve prendere coscienza della propria condizione e cercare di costruirsi un futuro migliore di quello che il mondo oggi o!re. Tutto questo è possibile solo grazie alla forza di volontà, senza la quale non si va da nessuna parte. Perché è vero che non sempre possiamo scegliere cosa fare della nostra vita, ma è vero anche che il futuro siamo Noi.

Giampiero Fileni

Teatri paralleli, Festival di Teatro delle Di!erenzecontinua da pag. 2

Il futuro dei giovani, una priorità... messa da parte!

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Giugno 2011 3A scuola un anno pieno di iniziative e progetti

Notte del 22 dicembre 1860. Rissa al Corpo di guardia

Mancano pochi giorni al Natale del 1860. La notte del 22 dicembre è gelida e le strade sono deserte. In paese le persone timorate di Dio dor-mono da un pezzo. Una pattuglia della Guarda Nazionale fa il consueto giro di ronda. A un’ora della notte, da una bettola, viene un vociare ris-soso. Il caporale Costantini, capo-pattuglia, fa rapporto al Comandante del posto di guardia: nella “cantina” tre uomini hanno aggredito la ronda con insulti e male parole, trattandoli da “fi-gli di spie del passato governo”, cioè del Governo Napoleonico (1802-1814) prima della Restaura-zione (1815, dopo il Congresso di Vienna, ndr). Una rissa in una bettola della fine dell’800, non sorprenderebbe se non fosse che uno dei tre, tal Gaetano De Luca, il più scalmanato, era militare dello stesso corpo di guardia. Il solerte caporale per evitare maggiori disordini, ritira la pattug-lia e si allontana. Tornato al corpo di guardia fa però rapporto dell’accaduto al comandante della guarnigione. La notte non finisce lì. Alle quat-tro del mattino infatti la guardia De Luca torna in caserma “ebbro ad eccesso di vino”; comincia ad insultare tutta la Guardia, schia!eggia un suo commilitone e minaccia il comandante del corpo di guardia (Nicola Giordani) che nel frattempo era intervenuto per cercare di calmarlo. Ubriaco fradicio, l’altro si vuole impadronire di un fucile e minaccia di uccidere il comandante. Immobi-lizzato tenta di prendere il coltello a serramani-

co che porta in tasca (uso abbastanza comune all’epoca), che gli viene prontamente sequestrato. “Consegnato”, è condotto in carcere tra minacce di morte ed oscenità irripetibili. Giocando da solo a zecchinetta, continua per tutta la notte a giurare la morte al comandante, che a sua volta fa il secondo rapporto, questa volta al Comandante del distaccamento. Ma i rapporti e il coltello se-questrato non restano a Sant’Omero. Vengono inviati a Teramo, al Maggiore Comandante della Guardia Nazionale, il conte Troiano De Filip-pis-Delfico, all’epoca personaggio di rilievo del capoluogo Aprutino. Non sappiamo che cosa il conte abbia deciso in merito alla nottata santo-merese. Nel suo archivio, tra le sue carte, i rap-porti restano per 150 anni, fin quando vengono riscoperte dal dott. Tommaso Santoro, marito di una discendente del conte-comandante. A lui, ed allo storico Roberto Ricci, che ce ne ha fornito copia, il sentito ringraziamento della redazione di S@ntomero, per aver permesso, attraverso i documenti, di ricostruire gli eventi di una gelida e rissosa notte pre-unitaria.

Guardia Nazionale - Compagnia Mobbilizzata - Rapporto - Corpo di Guardia di S.Omero - 22 dicembre 1860 Al Sig. Comandante il distaccamento in S.OmeroSignore, ieri sera circa le ore quattro venne in questo posto di guardia l’appartenente alla nostra compag-

nia Gaetano De Luca, ebbro ad eccesso di vino, si mise ad insultare tutta la Guardia, con parole e minacce, ed infine percosse con due schia! il guar-dia Ambrogio De Canzio, allora mi alzai dal pa-glione, dove era sdraiato imponendogli di ritirarsi in quartiere, ma in vece di obbedirmi mi minacciò gridando di volermi percuotere, mettendosi sembre la mano nella tasca, che fui costretto fare armare due guardie, ma costui invece di cedere alla forza non cessò di minacciarmi, allora ordinai di farlo portare in quartiere dalle guardie, ma siccome per istrada andava gridando parole oscene contro di me, ed essendo l’ore della notte avanza, per non fare al-larmare il paese fui costretto richiamare le Guardie, ma costui invece di cedere agli miei ordini di met-tersi a dormire si buttò nella rastigliera [rastrelliera, ndr] per prendere un fucile, allora fui costretto a prendere una bacchetta ad un fucile, e percuoterlo, ma a questo in vece di arrendersi siccome era man-tenuto da tutte le guardie mi accorsi che si era messo la mano nella tasca, e facendolo cappiare [perqui-sire, ndr] dalla Guardia Ferdinando Cavacchiolli, gli rinvenne il presente cortello.Ha tutto questo il De Luca non cessò di inveire contro di me, che sembre minacciava di voler prendere un fucile, che per dare la quiete alla guardia fui costretto farlo ricondurre in quartiere, dandolo in esso consegnato. Signore vi posso accertare che in questo mio rapporto non vi a nulla di esagerato come potete informarvi dall’intiera guardia, e se non mi fosse pervenuto all’orecchio, che

durante la notte, nel quartiere non cessò mai di giu-rare di volermi ammazzare, che la nottata la passò sembre nel giuoco di zecchinetta, non mi avrei de-terminato a fare codesto rapporto. Signore, per simili fatti, come per altri, come potete rilevare in un vostro esame che prima di venire qui essendo in una bettola a fare del chiasso, insultò la pattuglia che girava per paese, come puoi rilevare dal qui accluso rapporto. Il caporale. Nicola Giordani [?]

Guardia Nazionale - Compagnia Mobbilizzata - Rapporto - S.Omero - 22 Decembre 1860 - Al Sig. Caporale Comandante il posto di guardia in S.OmeroSignore, Giusto l’incarico da lei datomi di coman-dare la battuglia che doveva percorreva per il buon ordine il paese, passante in una bettola sentii del chiasso, recatomi dentro di essa trovai Gaetano De Luca, Ilario Fazzoli e Agostino Di Fabbio. Questo primo era colui che faceva del chiasso ed imponen-dogli con buona maniera di ritirarsi in quartiere invece di ubbidire ci minacciò con parole insultante, trattantoci tutti da figli di spie, dal passato governo, che fossimo costretti per non fare nasciere un disor-dine maggiore di andarcene via; ed adempiendo ad un mio dovero ve ne fò il presente rapporto.Il Caporale funzionante comandante la pattuglia Ra"aele Costantini - Al Comandante il distacca-mento della Compagnia delle Guardia Nazionale Mobilizzata in S.Omero

Un’intensa attività ha carat-terizzato l’anno scolastico dell’Istituto Comprensivo di Sant’Omero: sono stati attuati diversi progetti importanti, al-cuni con una forte visibilità (VI Giornata dello Sport, Laborato-rio di teatro), altri meno proiet-tati verso l’esterno, ma altrettanto significativi e con una indiscutibile valenza formativa. “La casa di Tre Bottoni” di G. Rodari, “La band-iera” (laboratorio sperimentale con gran parte del testo pensato e scritto dagli alunni stessi), “Re Mida e il brigante Filone” di G. Rodari, “Il naso” di Gogol sono i quattro testi messi in scena dagli alunni delle classi 3e e 4e della scuola primaria di Sant’Omero e Garrufo. Cofinanziati dalle Proloco di Sant’Omero e Garrufo e dalla scuola stessa, i laboratori di teatro sono stati a#dati per il secondo anno consecutivo all’Associazione teatrale “TER-RATEATRO”: i due attori Ottaviano Taddei e Cristina Cartone, hanno guidato gli alunni in un percorso particolarmente formativo finalizzato a po-tenziare la capacità di ascolto e di collaborazione, a migliorare le ca-pacità espressive, a far riflettere su temi che riguardano l’accoglienza, la generosità, l’amicizia. Il teatro infatti, come forma interat-tiva di linguaggi diversi (verbale, non verbale, mimico, gestuale, iconico, musicale) realizza una concreta metodologia interdisciplinare che attiva i

processi simbolici del bambino e potenzia e sviluppa la molteplicità delle competenze e delle abilità connesse sia con la comunicazi-one sia con il pensiero. Dinanzi ad una platea che non ha rispar-miato applausi, i piccoli attori si sono esibiti a Garrufo, in Piazza

XXV Aprile, il 30 maggio 2011 e a Sant’Omero, in Piazza De Curtis l’8 giugno 2011: in entrambe le occasioni i Presidenti delle due Proloco hanno confermato la volontà di proseguire con l’esperienza dei laboratori di teatro a scuola an-che nel prossimo anno scolastico, rispondendo positivamente alle aspettative di bambini, genitori ed insegnanti.La “voce” del libro attraverso piccoli spettacoli di lettura teat-rale: l’attore legge ed interpreta una fiaba, un racconto, un brano letterario scelti tra esempi culturalmente validi della letteratura per l’infanzia, ad un gruppo di alunni di

due o tre sezioni/classi, nell’ambito di incontri della durata di un’ora.È l’esperienza della “lettura teat-rale”, progetto rivolto ai bambini di 5 anni della scuola dell’infanzia e a quelli di scuola primaria. Proposto ed attuato dall’attrice Vanessa Dezi con la collaborazione artistica di Fabrizio Del Monaco, il progetto è

stato finanziato per il secondo anno consecutivo dal

comune di Sant’Omero. È stato accolto con entusiasmo dai bambi-ni, spettatori attenti ed esigenti, che hanno atteso con impazienza e cu-riosità gli appuntamenti periodici con i due attori i quali, a loro volta, hanno saputo stupirli accompag-nando la lettura con il linguaggio mimico-gestuale, la musica o il disegno.Con la medesima finalità, promuovere il gusto per la lettura, sono stati pensati due momenti partico-larmente significativi: grazie alla collaborazione con

la Biblioteca Comunale, i bambini della scuola dell’infanzia e quelli di 1a e 2a hanno conosciuto lo scrit-tore Stefano Bordiglioni insieme al quale hanno cantato e inventato rime; dietro iniziativa delle Proloco locali, le classi 4e e 5e hanno in-contrato la scrittrice Sandra Renzi e l’illustratore Gianni Tarli e con

la loro guida hanno illustrato e trasformato in un ipertesto il libro “Astolfo nello spazio”.“Piccoli archeologi” al lavoro. Da alcuni anni gli alunni della scuola primaria sperimentano un percorso didattico dal titolo “Ar-cheopark: storia ed ambiente”: guidati dall’archeologa Francesca Di Pietro e!ettuano simulazioni di scavo, visitano musei (Museo Archeologico F. Savini di Teramo, Museo Civico di Campli), fanno escursioni in ambiente (Grotta

Sant’Angelo, Castel Manfrino), svolgono laboratori in classe per la realizzazione di epigrafi, capanne, mosaici… a seconda del periodo storico trattato. Attraverso l’uso delle fonti ricostruiscono così la storia del proprio territorio e svi-luppano un atteggiamento posi-

tivo verso la storia.Progetto di Musica - Con l’Associazione Musicale Rondeaux gli alunni sono andati a scuola di… as-colto! Le maestre Lucilla e Rossella li hanno guidati nel visitare il “Paese musicale” di Bach, Schumann, Beethoven… e nel canto sulle note del pianoforte. I bambini hanno conosciuto il canto lirico con la voce da soprano della cantante Rossella Sterlicchi e brani di musica classica eseguiti dalla pianista Lucilla Di Carlo.“Giocare con la carta” è il laboratorio condotto dal Dottor Stefano Cristofori e da Giovanna Fra-stalli, finalizzato a promuovere comportamenti di rispetto dell’ambiente e delle sue risorse, a partire dalla carta. Attraverso il lavoro di gruppo, con un occhio di riguardo per le dinamiche relazionali, al-cune classi della scuola primaria hanno realizzato

coloratissimi cartelloni murali con la tecnica del collage, riutiliz-zando carta di vecchi giornali e riviste. Il percorso di educazione ambientale ha avuto inizio con l’adesione all’iniziativa “Puliamo il mondo”, a settembre 2010.

Milena Di Gaetano

A Sant’Omero una notte movimentata

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4 Giugno 2011

Bennato e “L’isola che non c’è” a Sant’Omero

Picchiati, torturati, costretti a fare il segno della croce con la lingua sul pavimento. I ragazzi dell’Istituto dei Celestini di Prato sono stati sot-toposti a sevizie di ogni tipo. La maggior parte del tempo la passavano in preghiera e in silen-zio ma la minima infra-zione alla dura regola, la minima disobbedienza venivano punite con colpi di randello e di bacchette di ferro, con croci disegnate sul pavi-mento con la lingua, con ore passate in ginocchio o in uno stanzino infes-tato dai topi, o legati alla spalliera del letto, con giornate a pane e acqua, con l’ordine di leccare l’orina per terra.Padre Leonardo, il fondatore e direttore dell’Istituto fu un frate per molti anni considerato un santo. In un articolo della rivista L’Europeo, si riporta il caso di denunce dei gravi casi ac-caduti all’Istituto dei Celestini fatte al Vescovo in persona, il quale, all’assistente che era andata a riferirglieli, dice stupefatto e di#dente: ‘Ma cosa dice? Padre Leonardo è in concetto di santità - ho visitato molte volte l’Istituto e ho trovato i bam-bini puliti e ordinati’.Giuseppe Fucci, che ha trascorso nell’Istituto dei Celestini di Prato la sua adolescenza, ci racconta

nel suo libro “Infanzia calpestata, adolescenza rubata” le vicende vissute in quell’istituto-lager, attraverso una testimonianza cruda e lucida di ciò a cui lui e i suoi compagni erano soggetti.Caro Giuseppe, parlaci un po’ di te, che

rapporto hai con Sant’Omero?Il mio nome, come si evince da titolo dell’articolo è Gi-useppe Fucci e abito a Sant’Omero ma sono nato in un paesino della Campania, Ar-paia, immerso tra due montagne sulla antica

via Appia. Non conosco proprio gli abitanti di Arpaia, anche se ci sono nato. Conosco bene, invece, tutto e tutti nel mio paese di residenza, Sant’Omero, al quale mi legano tanti ricordi ed episodi positivi e direi anche felici.Del tuo libro, siamo rimasti sbal-orditi dalla crudezza dei fatti nar-rati ma anche dallo stile sobrio e distaccato con cui ne parli. Quanto pesano in te quei ricordi?Oggi sto bene, sia fisicamente che psicologicamente ma il mio pensiero è sempre rivolto alla mia infanzia che, come si

deduce dal titolo del libro, è stata crudemente calpestata e rubata. Ovviamente i ricordi pesa-no e in certi momenti pungono acremente ma la stesura di questo libricino ha avuto proprio l’obiettivo di esorcizzarli e, sostanzialmente, scari-carli dalla coscienza.Come si possono esorciz-zare queste esperienze, tu come ci sei riuscito?Certamente non è facile, perché il nostro vissuto, nel bene e nel male, ci appartiene e non pos-siamo eliminarlo dalla memoria. Però, col sen-no della maturità e con l’acquisizione di nuove e probanti ragioni di vita, come la famiglia, il lavoro, le relazioni sociali è

possibile metabolizzare il ricordo e fare in modo che non ci pesi o ad-dolori più di tanto.Che ne è stato degli altri bambini che hai conosciuto nell’Istituto?Di molti ho perso le tracce ma nel libro ci sono molte illustrazioni del pittore Marcello Meucci, anche lui ex “celestino” che ha vissuto sulla sua pelle le stesse angherie e che ha voluto dedicare parte della sua produzione

pittorica a testimoniare la vita di questi sven-

turati ragazzi, rappresentandone gli aspetti anche più crudi. Tuttora sono impegnato a raccogliere commenti e testimonianze dei miei ex compagni e devo ammettere che i loro racconti mi fanno ancora rabbrividire.

Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con questo libro?Quello che in questa “memoria” vorrei evi-denziare, sono i com-portamenti ai limiti della cattiveria, o del vero e proprio “sadis-mo”, che vengono per-petrati in alcuni luoghi,

mi riferisco all’orfanotrofio e al seminario, da persone che del rispetto e della comprensione dovrebbero fare credo e tangibile esempio. In-vece accade spesso che a ispirare certi atti non sia l’amore, come dovrebbe essere ma una cattiveria gratuita mista ad un latente sadismo, quasi che la persona umana non sia degna di rispetto o di comprensione. Certamente comprendo che mantenere la disciplina con centinaia di bambini non è cosa semplice ma non può essere di certo la repressione brutale e tantomeno le umiliazioni ad educare e “formare” caratterialmente e civilmente un individuo.

Antonello Cristofori

Un istituto di “santa” malvagità

Momento clou della kermesse Santo-merese per i festeggiamenti al nostro santo patrono, quest’anno particolarmente for-tunata dal punto di vista meteorologico, l’esibizione di Edoardo Bennato non ha deluso le aspettative consegnando alla sto-ria un concerto intenso e coraggioso che ha spiazzato non poco il pubblico presen-te, accorso numerosissimo. L’artista napole-tano ha messo da parte quanto di popolare e com-merciale c’è nella sua musica (clas-sici come “Viva la mamma” e “Notti magiche” non sono stati proposti), per dar vita ad uno spettacolo fatto di melodie, im-magini e parole e pescando dal suo reper-torio, recente e meno, quelle canzoni che hanno un legame con l’impegno sociale e l’attualità (alcuni suoi classici, riascoltan-doli oggi, sembrano prevedere il futuro) senza rinunciare al sarcasmo e all’ironia, caratteri peculiari di molta della sua pro-duzione. Nei suoi testi c’è l’Italia, la guerra, i sog-ni, l’amore, la lotta per il potere e tutte le contraddizioni di una realtà piena di

dubbi e ambiguità, dove i “buoni e i cat-tivi” si confondono e nessuno è veramente libero. L’inizio è rumoroso e disorien-tante: la dura satira de “Il paese dei ba-locchi” (dall’album omonimo del 1993) accompagnata da immagini di sbarchi di extracomunitari precede il muro di suono di “Asia” canzone “profetica” (il testo nar-ra di una futura guerra in Iran e Iraq) del

1985 dall’album “Kaiwanna”. Il ritmo resta eleva-tissimo con “Mi chiamo Edoardo” ed “Un aereo per l ’ A f g h a n i s t a n” secco atto d’accusa alla missione militare italiana in Afghanistan - “strumento di ag-gressione o di pace,

cos’è? decidilo tu” canta Edoardo lasci-ando l’interrogativo al pubblico - can-zoni entrambi presenti nell’ultima fatica dell’artista “Le vie del rock sono infinite” del 2010 dal quale viene cantata anche la successiva “Perfetta me”, inno d’amore dedicato alla sua donna ideale. L’artista napoletano torna al passato per raccontare l’attualità: il blues acido di “Mangiafuoco”, colma di metafore sul potere, dall’album “Burattino senza fili”

del 1977, scalda il pubblico che si scioglie definitivamente con “Non farti cadere le braccia” e “Rinnegato”, entrambi dal suo primo album del 1973. Splendido il suc-cessivo Medley con un solitario Edoardo che con chitarra, tamburello e armonica a bocca, propone in rapida successione “Sono solo canzonette” e “Il gatto e la volpe”. Si rallenta un po’, ma arrivano le emozioni più forti. “Non è amore” (dall’album “L’uomo occiden-tale” del 2003), nella sua semplic-ità scuote il pub-blico con le parole dello splendido testo mostrate sul-lo schermo; “Ogni favola è un gioco” e “L’isola che non non c’è” ci portano nel mondo dei sogni, mentre “Per noi” dall’ultimo album è dedicata a tutti coloro che fanno per gli altri senza pubblicità, come Albert Sabin, l’ideatore del vaccino contro la poliomelite. Si ritorna al rock e al blues per raccontare la nostra nazione. “C’era un Re” ci porta indietro di150 anni ai tempi di re Vittorio Emanuele II e di come “inventò l’Italia”, mentre con “Ar-rivano i buoni” Edoardo lancia la sua in-vettiva contro la lotta per il potere, vero

motore della politica moderna nel nos-tro paese. Ma l’amore per L’Italia, quella vera e positiva emerge energicamente con la nuovissima “Italiani” (composta per i 150° anni dell’unità) accompagnata da immagini di grandi uomini e donne del nostro paese; il tutto risulta essere un po’ retorico (è lo stesso artista ad ammetterlo) ma regala comunque brividi. Dopo una

breve pausa ecco i bis. “Il Rock del capitano Uncino” fa ballare e saltare la folla; con “Un giorno credi”, del 1974 dall’album “I buoni e i cattivi” tra le sue canzoni più belle di sem-pre, l’atmosfera torna pacata per poi scaldarsi de-

finitivamente insieme all’ironia ed il sar-casmo de “In prigione in prigione” con l’artista napoletano che prima di essere metaforicamente rinchiuso anche lui in carcere e congedarsi definitivamente dal pubblico, avverte: “Tu che hai rispettato le leggi dello stato ti senti sfortunato ti senti perseguitato, offeso amareggiato al-lora in prigione, in prigione proprio tu in prigione, e che ti serva da lezione!”.

Fabrizio Cardelli

Intervista a Giuseppe Fucci

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Giugno 2011 5Suggerimenti musicali

La vita di Ed sembra all’improvviso sull’orlo di un precipizio: l’impiego presso una società editrice per il web salta a causa della crisi economica del 2000, la sua fidanzata lo ha lasciato da pochi giorni e lui sente di non riuscire a esprimersi come vorrebbe nella profes-sione che si è scelto, quella di scrittore. Incontra per caso un curioso personaggio in un pub e rimane abbastanza col-pito dal suo modo particolare di analizzare le circostanze: “Ogni situazione di crisi, Ed, rappresenta an-che una preziosa opportunità di cambiamento. Ciò che conta veramente è avere dentro di sé le risorse per a!rontare i momenti di#cili”. Ma Ed scopre anche che Geo! è buddista e si dichiara molto scettico rispetto a ogni forma di religione, che ritiene una consolazione per le persone incapaci di a!rontare la vita. Tut-tavia Geo! lo attira, lo incuriosisce, a volte lo lascia di stucco con la sua carica vitale. Quasi

senza volerlo Ed avverte che Geo! conosce delle risposte e potrebbe sod-disfare il suo desiderio di comprendere il significato della vita.Anche per chi è comple-tamente distaccato dalla religione questo libro scorre facilmente. Av-vince fin dalla prima pagina, e guida sul sen-tiero dell’illuminazione, facendo anche divertire. Una storia appassionante di vita quotidiana, dove i

personaggi si concretizzano con tutte le loro umane debolezze e capacità. Il finale dona a Ed – e a tutti noi? – una speranza del tutto inas-pettata. Un libro volutamente facile che pagina dopo pagina alleggerisce la mente e lievemente ci introduce dentro il pensiero buddista. “Perchè se ho imparato qualcosa da Geo!, è che quando cominci a cambiare il tuo modo di pensare, cominci a cambiare tutto.”

Antonello Cristofori

Roto... calcoPoteva essere un suicidio com-merciale, nell’era della musica digitale, un album doppio a 4 anni di distanza dal preceden-te “Requiem” ma la bellezza oggettiva di “WOW”, quinta fatica dei Verdena, ha por-tato alla ribalta delle cronache musicali e delle classifiche di vendita un lavoro fatto senza compromessi e con il quale i nostri 3 Bergamaschi si dis-taccano definitivamente da ogni etichetta per suonare la loro musica con coraggio. Il risultato è un disco straordinario per varietà e lunghezza (27 canzoni!) che incute timore, ma che in breve tempo conquista, gratifica e non ti lascia più.Disco doppio anche per Vinicio Capossela che con “Marinai, balene e profeti” racconta con la sua consueta maestria storie di mare e di miti legati al mare. L’album è pieno di riferimenti letterari (Melville, Coleridge, Conrad, Omero, Dante) e di certo non delude.Accolto da ottime recensioni anche “SCOTCH” di Daniele Silvestri settimo album del cantau-tore romano composto da 16 tracce insieme ad artisti come Niccolò Fabi, Peppe Servillo, Gino Paoli e Andrea Camilleri, qui alla sua prima es-perienza discografica. L’album è diretto, spon-taneo, ironico, vario dal punto di vista sonoro e dei testi, che spaziano da situazioni personali e intime a valutazioni sociali e politiche.

Lasciando l’italia, segnaliamo “Angles” ultima fatica degli Strokes. Al suo esordio, nel 2001, la band newyorkese aveva fatto parlare molto bene di se, ma prima dell’uscita di questo nuovo lavoro, soltanto il 4° in ben 10 anni di attiv-ità, le relazioni nel gruppo erano ai minimi termini e si parlava di scioglimento. Messo da parte ogni attrito,

almeno per il momento, “Angles” è il risultato di un compromesso all’interno del gruppo e si sente: molto positivo all’impatto iniziale il disco perde tuttavia di freschezza nel finale dove scar-seggiano i colpi di genio e di inventiva e alcune canzoni sono veramente mediocri. Segnaliamo infine le ultime fatiche di Ben Harper e Eddie Vedder. “Give till it’s gone” non è il miglior disco di Harper ma di certo è il più so!erto per via delle sue vicende personali (sep-arazione dalla moglie, l’attrice Laura Dern) e comunque resta un lavoro onesto, meno ruvido e più melodico e soul. Completamente diversa è l’opera di Vedder che con “Ukulele songs” si distacca completamente dal passato e compone un ora di musica suonata quasi esclusivamente da solo e con un unico strumento, l’ukulele ap-punto. Non mancano le perle melodiche, ma il disco resta di#cile, grezzo, sperimentale.

Fabrizio Cardelli

Il Budda Geo! e io

City of God (Cidade de Deus) è un film brasiliano del 2002 di-retto da Fernando Mei-relles, presentato fuori concorso al 55º Festival di Cannes.Tratto dal romanzo del brasiliano Paulo Lins, il film racconta la vita di una favela – Cidade de Deus – ai margini di Rio de Janeiro, par-tendo dagli anni ’60 attraverso trent’anni di vita e la prospettiva di due generazioni.Buscapé, undicenne locale con un specia-le talento per la fotografia, insegue i suoi sogni per sfuggire ad un esistenza segnata dal crimine e dalla corruzione. Tra episodi di violenza e il patimento di una povertà devastante, il timido stu-dente descrive attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica il suo mondo e quello delle feroci bande giovanili delle

favelas.Il racconto, mediato dalla voce fuoricampo del giovane protagoni-sta, ci regala uno spac-cato del degrado sub-urbano della metropoli brasiliana grazie anche all’impiego di circa 200 attori non profession-isti scelti tra le favelas – molti chiamati ad in-terpretare la loro stessa vita – per consentire una verosimiglianza della fisionomia, del

linguaggio e della gestualità della propria routine.Montato con cura geometrica, “City of God” ricevette 4 nominations: Miglior regista - Fernando Meirelles; Miglior sceneggiatura non originale - Bráulio Mantovani; Miglior fotografia - César Charlone; Miglior montaggio - Daniel Rezende

Antonello Cristofori

City of God

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Etimologicamente Eugenia significa nata bene/di nobile stirpe. Secondo l’onomastica chi porta questo nome è piena di progetti, possiede autostima, ha una volontà d’acciaio, ama il Bello, detesta essere sconfitta, non perde mai l’entusiasmo, è piena di voglia di vivere. E’ di#cile credere che nel proprio nome siano racchiuse le peculiarità del carat-tere, ma in questo caso, per sfacciata fortuna o per pura coincidenza, è tutto riscontra-bile. Per Eugenia Cuccodrillo, da tutti chiamata Genia e dai più giovani zia Ge-nia, sono valide tutte le caratteris-tiche. Se si intende “nata bene”riferendosi es-clusivamente al fisico certamente non ci sia-mo, infatti alla nascita, come lei stessa raccontava, era “grande”come un racimolo d’uva. Nessuno era così ottimista da credere che vivesse a lungo. Veniva”rimbasciata” con l’ovatta tanto era delicata e minuscola. Si temeva che presto avrebbe raggiunto la schiera degli angioletti, come spesso accadeva ai neo-nati di quel periodo. Genia però era nata bene nella mente, nel cuore e soprattutto nel carat-tere: dimostrò, fin da subito, uno straordi-nario attaccamento alla vita, una caparbietà ed autonomia, una forte volontà, doti sempre presenti nella sua vita. Crebbe infatti più lentamente rispetto agli altri neonati, ma presto li raggiunse nel peso e in altezza. Fre-quentava la scuola elementare in una classe molto numerosa e, poiché era una bambina tranquilla, le fu assegnato l’ultimo banco dell’ultima fila. Non capiva come mai mentre tutti i suoi compagni leggevano lo scritto alla lavagna lei riusciva a vedere solo ”ghirigori“ indecifrabili. “Nz capev nint” diceva quando ci raccontava delle sue esperienze scolastiche. Finalmente una supplente consigliò alla mamma di portarla dall’oculista. ”Oddio, vidi finalmente il mondo!!! Mi si aprì pure la mente quando inforcai gli occhiali da miope”. Infatti migliorò sensibilmente anche nel prof-itto. Come tutti i cittadini, giovani e meno giovani degli anni 40 partecipava con entusi-asmo e incoscienza (parole sue) al “sabato fas-cista” che si svolgeva a ”lu coll d la croce” (at-tuale Piazza De Curtis) dove tutti in divisa,diversa a seconda dell’età, si esibivano in saggi ginnici. Quel sabato correva ansiosa di ritrovarsi con le sue numerose amiche al settimanale raduno. Una caduta, una banale caduta, le procurò quell’handicap dal quale sebbene invalidante, non si fece mai comple-tamente condizionare. Le fu amputata una gamba! Rimase a lungo degente in ospedale sopportando indicibili dolori, ma la sua forza di volontà la faceva sempre e comunque lot-tare per la vita. Da adulta con la solita au-toironia, passando nei pressi del cimitero di Ascoli, dove era stato tumulato l’arto, rivol-geva una preghiera a un “pezzo di Genia“. Presso le Suore di San Vincenzo, che a

Sant’Omero gestivano una scuola per ragazze di ”buona famiglia”, imparò l’arte del ricamo. Ricordava con accenni mai astiosi che le mo-nache erano generose con le collegiali, ma avare nei suoi confronti: le fornivano i disegni (base per il ricamo) dopo innumerevoli richi-este. Genia comunque divenne una vera ar-tista del ricamo. La ra#natezza dei soggetti

riprodotti, dei col-ori utilizzati dava-no la sensazione di ammirare un quadro d’autore. Il retro del ricamo era perfetto come il “dritto”. Le si-gnore benestanti dell’epoca le ordi-navano il corredo nuziale per le figlie

da marito, perché rappresentava una dote di prestigio. Come si può ben immaginare, all’epoca la retribuzione era più che altro simbolica. Tante ragazze frequentavano il suo

“laboratorio”: una stanza disadorna ma piena di allegria dove ci si recava per imparare i “punti fondamentali del ricamo”. Nessuno riuscì mai ad uguagliare la “maestra”, anche se tutte divennero brave. D’inverno si riscalda-vano con un braciere, o meglio lei diceva ”spesso noi riscaldavamo il braciere”. A turno ad alta voce leggevano i romanzi classici, poi-ché Genia, che ha sempre amato la lettura, le sollecitava verso questa attività, oppure ci si informava sulle “vernecchie” (gossip) dei divi del momento, e quando potevano permet-terselo sorseggiavano un goccio di ca!è. In quel periodo iniziarono anche i viaggi per l’istituto Rizzoli di Bologna, dove si recava con Mercurio (Marcuccio), suo cugino, per provare la protesi che le avrebbe permesso di abbandonare le stampelle. Mai si è lamentata della sua condizione, l’orgoglio glielo impe-diva. Una volta seppe che un signore voleva raccogliere una somma presso i conoscenti per regalarle un’automobile. Si dispiacque moltissimo e gli fece sapere che lei non era mai dipesa da nessuno e quando e se poteva

aveva sempre provveduto da sola alle sue esi-genze . Chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerla non può non aver apprezzato la generosità di questa donna. Si rendeva sem-pre disponibile a collaborare, a condividere gioie e dolori. Era lei l’ospite d’onore di ogni festa, ricorrenza o evento che si celebrava in famiglia di amici e parenti, per i quali rap-presentava il trait d’union e la memoria stor-ica. Ha sempre condannato il pietismo e il vittimismo, si è sempre comportata come una persona “normale”. Ha precorso anche un po’ i tempi: fumava, unghie laccate, mentalità aperta, nessun giudizio o pregiudizio sugli al-tri. Non si occupò più di ricamo a tempo pi-eno quando si fece persuasa che la vista an-dava peggiorando e quest’arte, che tanto amava, non le dava abbastanza per vivere. Fu assunta presso la sartoria dell’ospedale di Sant’Omero, dove in seguito svolse anche il ruolo di centralinista. Non si capacitava che potesse riportare a casa uno stipendio senza gli innumerevoli sacrifici che si era dovuta sobbarcare negli anni precedenti. Era felice

Genia!!! Aveva un’infinità di amiche e amici che le volevano bene, che prendevano consi-gli da lei ritenendola saggia e sincera. Era sempre disponibile a fare un rammento su una maglia, un pantalone…..sfi-do chiunque ad individuare il punto dove era intervenuta la sua mano. Ama-va tantissimo vi-aggiare: Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Gre-cia, Francia…. e naturalmente le regioni italiane sono state le mete dei suoi innumerevoli vi-aggi. Era appassionata di Teatro, di musica Jazz, lirica e polifonica. La pittura era un altro hobby che coltivò in modo costante negli ul-timi anni della sua vita. Quando nasceva un maschietto esultava, non altrettanto alla nas-

cita di una bambina, spiegava così il suo comportamento:”Le donne penano di più, se io fossi stata uomo la mia vita sarebbe stata diversa”. Infatti avrebbe voluto essere più libera e indipendente come era concesso agli uomini. Il suo desiderio, non sempre palesa-to, era quello di formarsi una famiglia e si-curamente sarebbe stata un’ottima mamma e moglie. Nel periodo natalizio organizzava a casa sua una tombolata per i bambini e quasi ogni anno c’era un ricambio generazionale e un gruppo più numeroso, perché amava così tanto i bambini che li lasciava liberi di agire, per cui i suoi inviti erano accettati con entu-siasmo. La sua frase più ricorrente era: ”Quand m da ust”, pronunciata in mille oc-casioni che le procuravano gioia. Era dotata di spiccata autoironia, che sicuramente le ha permesso di superare le innumerevoli di dif-ficoltà della vita. ”Sono una donna bionica” oppure ”So mezza fammn” diceva ridendo quando fu privata chirurgicamente di una mammella. ”Non mi sono fatta mancare ni-ente: li chial, la parrucc, la amm d legn, la tetta finta”. A Natale e Pasqua la sua cucina si trasformava in un laboratorio di pasticceria: crostate, taralli, pizze lievitate….che distri-buiva agli amici e, immancabilmente lei ne rimaneva priva. Possedeva un gusto innato per cui era sempre vestita in modo appropri-

ato in ogni oc-casione. IL 5 settembre, gior-no del suo com-pleanno, in moltissimi fra parenti e amici la festeggiavano e lei ne era molto, molto orgogliosa e fe-lice: ”quand m da ust” e tutti si brindava gus-tando la sua

torta “mbriaca”. A chi ha avuto modo di fre-quentarla ha insegnato ad a!rontare avversità e problemi con forza e coraggio, soprattutto con l’esempio, invitando a pensare con otti-mismo al domani. Grazie zia Genia!!!

Vera Cristofori

6 Giugno 2011

Avviso ai collaboratoriSi invitano quanti inviano articoli per la pubblicazione a non superare una cartella di testo (max 20-24 righe, corpo 14, spaziatura singola). La redazione si riserva comunque di ridurre o sintetizzare gli scritti inviati per adattarli allo spazio disponibile.

Personaggi santomeresi: Genia

Sant’Omero - Tel. 0861 818267Nereto - Tel. 0861 843117

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Via Renato Rascel, 4 - Sant’Omero (Te)Tel. e fax 0861 88068 - 3383031124

E-mail: [email protected]

Associazione Pro-LocoSant’Omero

Tennis, che passione! I° Torneo Open di Sant’Omero

Palmense - Il bilancio della stagione 2010/11Per il ventitreesimo anno consecutivo il Sant’Omero calcio disputerà uno dei due mas-simi tornei dilettantistici a livello regionale. Per l’esattezza, parteciperà al suo sedicesimo campio-nato di Promozione oltre ad averne giocati ben sette di Eccellenza. La stagione da poco conclusa si può ritenere senza ombra di dubbio esaltante in quanto, oltre ai risultati ottenuti sul campo che sono andati al di là di ogni più rosea previsio-ne, ha ra!orzato l’immagine della Palmense e del suo progetto di formazione di giovani atleti tanto apprezzato dagli addetti ai lavori. Ebbene, tra gli artefici di tutto ciò non può che esserci Fabrizio Di Giacinto, allenatore, educatore e condottiero della truppa biancazzurra che siamo stati felici di incontrare per sottoporgli alcune domande volte a scoprire i segreti del fenomeno Palmense e che ringraziamo per la cortesia dimostrata compli-mentandoci, tra l’altro, per gli straordinari risul-tati ottenuti.Mister, innanzitutto un bilancio della stagione 2010/2011.Positivo, in quanto abbiamo raggiunto l’obiettivo salvezza prima del previsto sfiorando addirittura i play-o! e portando avanti sempre la politica di valorizzare i nostri giovani; non a caso anche quest’anno abbiamo vinto il premio per la squad-ra più giovane in assoluto.Schema di gioco prediletto.Non ho un vero e proprio schema prediletto in quanto credo che ogni allenatore deve guardare gli elementi che ha a disposizione e poi scegliere il modulo più consono alle loro caratteristiche.

Come ci si sente ad essere rite-nuto come uno degli allena-tori emergenti più preparati e richiesti della categoria (e non solo...) Fa enormemente piacere sentire queste cose e debbo ringraziare la squadra e i miei collabora-tori perché senza di loro tutto ciò non sarebbe possibile.Qual’è, secondo lei, il gi-usto rapporto da tenere nello spogliatoio nei confronti dei giocatori, specie se giovani? E fuori?Bisogna saper usare come si suol dire sia il bastone che la carota per cercare di ottenere il massimo e soprattutto far capire loro che le decisioni spettano all’allenatore ma che solo confrontandosi si può fare sempre meglio. Inoltre, fuori dal campo cerco di essere un amico o al massimo un fratello maggiore di-vertendomi molto. In fondo lo spirito dello sport è anche questo.Un allenatore può essere considerato forma-tore del gruppo che gestisce?Penso proprio di sì e nel mio caso specifico non può essere altrimenti avendo una squadra giovanissima.È importante che i calciatori individuino un leader quale punto di riferimento? Se sì, chi è il leader carismatico della Palmense?Si, e penso che debba essere il gruppo a scegliere

il leader o più leaders poi-chè l’allenatore non deve entrare in queste scelte . Per quel che riguarda la mia squadra credo che ci siano più leaders a partire dai più “vecchi”.Come riesce a motivare i ragazzi prima di una partita?Vario molto e cerco di cambiare di continuo, ma la mia prerogativa princi-pale è di farli sorridere sempre, in fondo poi si deve giocare solo una par-tita di calcio.

C’è un tecnico professionista al quale si ispira?Non ne ho uno in particolare in quanto penso che ogni tecnico abbia qualche “segreto” da poter rubare, ma non penso solo ai tecnici profession-isti; anche nelle serie minori ci sono allenatori preparati. Inoltre credo che ogni persona possa arricchirci delle proprie conoscenze.Si può dire che l’allenatore è anche tifoso della squadra che dirige oppure le gioie e i dispiaceri sono solo legati all’aspetto professionale e non emotivo?Sì, nel mio caso sicuramente visto che faccio parte di questa “famiglia” da 12 anni. Ho iniziato con i pulcini fino ad arrivare alla prima squadra. Comunque in panchina è meglio essere più dis-taccati per poter fare sempre la scelta giusta senza

farsi prendere dalle emozioni… in questo devo lavorare molto.Un giudizio sulla società che le ha dato fidu-cia.Non può che essere positivo anche perché con poco riesce quasi sempre ad ottenere molto.. penso che la sua politica possa far riflettere molte altre società.Si sente di aver più dato al S.Omero calcio o di aver più ricevuto?Credo di aver ricevuto molto , soprattutto a livello di rapporti e non solo dal punto di vista calcistico perchè mi ha dato l’opportunità di al-lenare in Promozione….. in fondo sono convin-to comunque di aver ripagato la fiducia con la dedizione immensa alla causa della Palmense.Quale giocatore della Palmense ritiene abbia potenzialità tali da poter sfondare anche a liv-ello professionistico?Ci sono ragazzi che potrebbero ambire ad altri palcoscenici, ma in questo momento di#cile che il calcio sta attraversando non credo sia possibile.In conclusione, gli obiettivi personali.I miei obiettivi devono coincidere con quelli del-la squadra e cioè migliorare sempre cercando di sorprendere anche l’anno prossimo, magari cent-rando traguardi per molti inimmaginabili.Per concludere, vorrei ringraziare la redazione per aver voluto incontrarmi e darvi l’appuntamento al prossimo anno, magari per raccontare qualcosa d’importante…chissà, sognare non costa nulla; anzi, ti aiuta a dare ancora di più.

Danilo Camaioni

Campi da tennis proliferano ormai in tutte le lo-calità, di villeggiatura e non. Già, perché il tennis è uno degli sport più amati, dai più piccoli sino ai “senior”. È innanzitutto un gioco individuale, nel passato considerato uno sport d’elite, riservato ad individui di una certa estrazione sociale, mentre oggi conta un tale numero di appassionati e prati-canti da farne una disciplina a dir poco di massa.

Questo anche e soprattutto grazie ai vari benefici che apporta alla mente ed al corpo. Praticandolo infatti, è facile e divertente scaricare la tensione e lo stress che di volta in volta si accumulano, libe-rando la mente dai problemi della routine quo-tidiana e sciogliendo, nel contempo, le tensioni fisiche. Inoltre, lo schema di gioco, le strategie da adottare e l’utilizzo di tecniche di coordina-mento fanno sì che il tennis sviluppi una elevata capacità di concentrazione: ecco perché, spesso, è stato paragonato al gioco degli scacchi. E poi-ché non c’è contatto fisico tra i giocatori sviluppa anche una mentalità improntata alla sportività e

alla correttezza; del resto, autocontrollo, lucidità e dominio di sé sono indispensabili per prendere le decisioni rapide che il gioco richiede. È bello con-statare che tali qualità emergono sia tra i dilettanti che si cimentano nei campetti di periferia, sia tra gli idolatrati campioni che calcano la gloriosa erba di Wimbledon o la terra rossa del Roland Garros. Noi le abbiamo riscontrate durante il I° Torneo Open singolare di Sant’Omero, che ha visto con-frontarsi sul campo in mateco della MIVV vecchie glorie e giovani promesse del tennis nostrano. Il ta-bellone, composto da sedici giocatori, ha riservato match di alto contenuto tecnico ed agonistico. Dal punto di vista squisitamente tecnico come non ri-

cordare i dropshots di Lorenzo Cardelli e le volée eleganti dell’evergreen Renato Di Pasquale oltre al potente e preciso dritto di Stefano Campitelli ed ai rovesci bimani di Franco Antonini. Dal punto di vista strettamente agonistico, è da rimarcare la prova del grintoso Wlad “Muster” Di Pierdomeni-co che tuttavia ha ceduto alla distanza al cospetto

dell’arrogante e provocatorio Dario De Ascaniis (alias “Perit Sampras”), presentatosi per l’occasione con un battipanni al posto della racchetta al fine di sbe!eggiare il rivale di sempre. Tra le nuove promesse si è distinto particolarmente Alberto Ruggeri, da tenere d’occhio in vista delle prossime edizioni. Mentre nella sezione “tennis d’altri tem-pi” non hanno sfigurato Emidio Di Matteo, tra

l’altro semifinalista, Robertino Di Pasquale, dotato di un servizio al fulmicotone, e Roberto Palazzese. Stranamente pessimo lo score del nostro com-pagno di redazione Fabrizio Cardelli che ha chiuso a zero punti la classifica del rispettivo girone. Tra un incontro e l’altro il tabellone si è allineato alle semifinali dove si sono a!rontate le prime quattro teste di serie. Al termine di match combattutissimi, caratterizzati da scambi pirotecnici e spettacolari, hanno prevalso Stefano Campitelli su Emidio Di Matteo (6-7 6-2 6-2) e Lorenzo Cardelli su Fabi-ano Di Damaso (6-3 7-5). La finalissima se l’è ag-giudicata Campitelli con il punteggio di 7-6 7-5 al

termine di una partita a dir poco rocambolesca. In primis, per le continue interruzioni dovute al mal-tempo e maledette da Cardelli in quanto sempre in vantaggio prima d’ogni scroscio di pioggia. In secondo luogo, per le contestate chiamate arbitrali del giudice di sedia Marco Viscioni in arte “Bruno Rebeu” che hanno più volte fatto saltare i nervi ai due contendenti (a proposito di autocontrollo…). Alla fine, comunque, la maggiore regolarità ha permesso a Campitelli di portare a casa l’ambito titolo e, all’insegna della sportività, il vincitore ha concesso l’onore delle armi agli altri partecipanti dividendo con loro la posta in palio: prosciutto, salame, formaggio e birra in quantità industriale.

La rassegna si è così conclusa nel migliore dei modi grazie soprattutto alla solerzia degli organizzatori ed alla MIVV, nella persona di Roberto Palazzese, che ha gentilmente concesso l’unica vera struttura presente sul nostro territorio.

Danilo Camaioni

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8 Giugno 2011

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Teramo Aut. N. 125/2009

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n° 608 del 16/09/2009

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Ricetta estivaLu tastaferre = s.m. = (il testa-di-ferro) il ca-labrone.Lu babbarò = s.m. sing. = lo scarafaggio.‘N’catregnite = v. intr. = indistricabili, insep-arabili, legati tra loro fortemente. = volgare: dicesi di unione di cani.Scuntre = s. m. e f. = brutto, orribile. Anche scuntrefatte, con uguale significato.Sciampare, sciamparsi = v. trans. = liberare, liberarsi di, togliere di torno qualcosa o qual-cuno, sistemare.Lu panne = s. m. sing. = la sto!a, il panno, il tessuto. Li pinne = s. m. pl. = i panni, le sto!e. Anche con riferimento ai vestiti ed agli indumenti intimi. Harlavà li pinne = fare il bucatoLu pannare = s. m. sing. = il venditore di sto!e.Lu sapò = s-m. sing. = il sapone.Lu skij’fe = s. m. sing. = lo scifo o skifo, ampio vassoio in legno pieno, scavato al cen-tro e rialzato sui bordi, piuttosto ampio e di forma generalmente rettangolare usato per poggiare vari alimenti ed in particolare per seccare cibi (fichi, pomodori, zucche) al sole.Lu strule = s.m. sing. = il porcile.Li spazzille = s.m. pl. = i malleoli.Lu calecagne = s.m. sing. = tallone, calc-agno.La codanzinzere = s.f. sing. = nome di un grazioso uccellino, cutrettola o ballerina.Lu pikkan’cerque = s.m. sing. = picchio.

La ragion gastronomicaÈ giunta l’estate, frutta e verdura ce la mettono tutta per accattivarsi le nostre simpatie. Sulla tavola arrivano sapori, profumi meravigliosi e prima ancora del palato è l’occhio ad avere la sua parte.

Ingredienti per 4 persone: 400gr fusilli corti, 300 gr rucola, 80 gr pinoli, 500 gr gamberi freschi o surgelati, 1 vasetto di po-modori secchi sott’olio, Brandy q.b., Sale - pepe.Pulire e lavare la rucola, frullarla con i pinoli in un robot, unire sale e olio suf-ficiente per ottenere una salsina. Scolare i pomodori secchi e tagliarli finemente. Sgusciare i gamberi, asportare il filetto nero intestinale e rosolarli velocemente in un tegame con un po’ d’olio, sale, pepe; spruzzarli di brandy e cuocerli per qual-che minuto a fuoco vivo. Lessare la pasta, scolarla al dente, condirla con la salsina di rucola e pinoli, i pomodori e i gamberi. Lasciare insaporire per 1 ora prima di ser-vire.

A scuola la giornata dello sportLa mattina di sabato 28 giugno il campo sportivo di Sant’Omero era un tripudio di colori e musica, che giungeva fino al paese in quelle ore, in verità quasi deserto. Moltissimi, infatti, si erano recati presso la struttura sportiva per assistere alla “Giornata dello sport”, manifestazione conclusiva del Pro-getto omonimo. Ormai é questo un appuntamento quasi storico poiché si svolge da ben sei anni, essendo il 2011 l’anniversario del 150° an-niversario dell’unità d’Italia, la sug-gestiva coreografia iniziale è stata dedicata a tale evento. Tutti gli alunni di ogni ordine di scuola del nostro Istituto Comprensivo hanno ri-prodotto un grandissimo cuore quindi con movimenti sincronici la nostra splendida Penisola. Naturalmente i col-ori delle magliette non potevano che es-sere gli stessi della bandiera italiana. Oltre all’Inno dell’Europa è stato eseguito l’Inno di Mameli da tutti i presenti, alunni, spettatori, inseg-nanti ed autorità. Subito dopo si sono aperti i giochi sportivi, speci-fici per ogni età. Il Progetto, che prevedeva fra i suoi obiettivi anche questo momento corale di sintesi, è stato finanziato dal CONI pro-vinciale e dall’Amministrazione co-munale, che ne hanno riconosciuto la validità e la visibilità. Durante l’anno scolastico le insegnanti, grazie ai finanziamenti ottenuti, sono state affi-ancate nelle attività motorie da esperte, dando così a tutti gli alunni della Scuo-la dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di primo grado la possibilità di praticare

attività precluse a molti. È vero che gli “analfabeti” dal punto di vista motorio non rappresentano la maggior parte,

poiché in tanti, durante le ore extra sco-lastiche frequentano palestre, ma una buona percentuale si dedica ad attività sedentarie, che certamente non aiutano la crescita armonica del corpo. Lo sport,

non dimentichiamolo, ha un alto valore educativo è bene perciò che sia la Scuola ad organizzare anche attività motorie fi-nalizzate. La positività di questo proget-to va riscontrata anche nell’opportunità che offre agli studenti della Scuola Sec-

ondaria di Secondo Grado (Scuola me-dia) di partecipare ai Giochi Sportivi Studenteschi con diverse specialità: cor-

sa campestre, pallavolo, nuoto, atlet-ica leggera, orienteering… ed inoltre dallo scorso anno è stato possibile attivare il Centro Sportivo Scolas-tico, dove alcune ore sono dedicate alla preparazione degli alunni selezi-onati nelle varie attività sportive. È importante sottolineare che grazie a tale progetto si creano fra tutti gli alunni, ben 563, “momenti” di in-contro che sarebbero inesistenti, sia per problemi organizzativi e logistici sia perché nessuna altra disciplina

riesce a coinvolgere come lo sport. La Scuola sente il dovere di offrire ai suoi utenti opportunità di crescita educativa e di apprendimento, oltre quelle previste dai curricola disciplinari ma il Territo-

rio deve comunque essere sensibile a tali esigenze. Ad iniziare dal diri-gente scolastico il corpo insegnante si impegna ogni anno a proporre ed attuare (se finanziati) Progetti che in molti casi avvalendosi di esperti setto-riali possano rendere l’insegnamento e l’apprendimento più efficace e com-pleto. Si ritiene, anche dai genitori (prova ne siano di la collaborazione e la partecipazione di tanti volontari) che gli obiettivi raggiunti attraverso il Progetto Sport siano la risposta con-

creta all’impegno di insegnanti, esperti, alunni, pertanto ci si augura che anche nel prossimo anno scolastico si possano riottenere i fondi per continuare questa interessante esperienza.

Paola Gatti

Insalata di pasta e gamberiSi terrà il 16 luglio a Sant’Omero in concomi-tanza con l’apertura della Sagra del baccalà, giunta quest’anno alla 31esima edizione, la seconda ed-izione di un importante convegno nazionale sull’enogastronomia e l’alimentazione che vedrà avvicendarsi nomi illustri del mondo scientifico nazi-onale. Il programma al mo-mento di andare in stampa è ancora incompleto ma sono già certe le adesioni dei professori Lu-igi Frudà e Mario Morcellini dell’Università di Roma “La Sapienza”, del prof. Domenico Secondulfo dell’Università di Verona, il prof. Maurizio Esposito dell’Università di Cassi-no, il prof. Ra!aele Federici dell’Università di Perugia, i professori Ezio Sciarra, Vin-cenzo Corsi ed Aldo Marroni e le profes-soresse Elda Antonelli ed Eide Spedicato dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, il preside della Facoltà di Lettere della stessa “d’Annunzio” prof. Trinchese e il preside di Agraria dell’Università di Teramo, prof. Dino Mastrocola. Tra gli altri relatori previsti è anche il prof. Francesco Gali!a, an-imatore del circolo “Quelli del caminetto”.Il comitato scientico annovera inoltre i nomi

del prof. Costantino Cipolla dell’Ateneo Bolognese e del prof. Roberto Cipriani dell’Universitò di Roma Tre. La segreteria scientifica è del prof. Gabriele Di Francesco. Il convegno è un’importante occasione di confronto sui temi dell’enogastronomia e dell’alimentazione, in un momento storico in cui mu-tamenti sociali ed economici di grande portata hanno definitivamente cambiato il gusto e lo stile di vita degli

italiani (e non soltanto di essi) anche in di-rezione di un’apertura al melting pot enogas-tronomico (esempio emblematico possono essere i tanti kebab-pizzerie ormai di!usi sul territorio italiano).Si impone un cibo sempre più “globaliz-zato” e standardizzato, non sempre qualita-tivamente adeguato e privo di rischi come emerge dalle attuali cronache europee, che rischia da un lato di far perdere, in termini enogastronomici, l’identità culturale dei con-testi locali, e dall’altro obbliga ad una ricerca quasi filologica delle filiere dei prodotti, al fine di riscoprire una filosofia del gusto che vede nei cibi di nicchia, nei giacimenti gas-tronomici e nella creatività grandi motori di sviluppo locale.

Cibo e territorio tra mutamento sociale e sviluppo locale

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