slide psiche spiritualità · 2014. 3. 17. · PSICHE E SPIRITUALITÀ L'armonia dei 4 elementi...

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Convegno internazionale PSICHE E SPIRITUALITÀ L'armonia dei 4 elementi Firenze 15-16 ottobre 2011 Relazione di Enrico Cheli PSICOLOGIA OLISTICA TRANSPERSONALE Verso una scienza che ricongiunga psiche, corpo, coscienza e spiritualità Come ho avuto modo di anticipare nella relazione di apertura della mattina, la causa di fondo della sofferenza umana – sia essa individuale o collettiva, psicologica, fisica o sociale – risiede nella carenza di consapevolezza olistica vale a dire nella incapacità di cogliere la multiforme e onnipervadente interconnessione tra tutto ciò che esiste e nella conseguente incapacità di conciliare gli inevitabili conflitti interiori ed esteriori che si verificano nel corso della sua vita. Se ci limitiamo alla superficie della psiche umana, le cause della sofferenza appaiono molteplici e diverse da persona a persona, ma se andiamo in profondità, fino alla radice, l’origine di questi mali è unica ed è la percezione erronea di essere separati: separati da Dio, dalla natura, dagli altri e perfino da se stessi; l’illusione di essere soli in mezzo a estranei; l’illusione che un estraneo sia automaticamente un nemico; l’illusione che anche la nostra interiorità, essendo ignota, ci sia nemica. La psicologia, salvo rare eccezioni, non ha finora neppure preso in considerazione tale fattore; la filosofia lo ha fatto, definendolo “dualismo”, senza però spiegarne l’origine; le religioni infine lo spiegano ma solo attraverso allegorie e miti, come ad esempio il mito dell’androgino riportato da Platone nel Simposio o quello biblico del peccato originale, dove Adamo e Eva, tentati da Satana, mangiano il frutto dell’albero della “conoscenza del bene e del male” contravvenendo al volere di Dio e venendo da lui cacciati dall’Eden. Benché la bibbia ne attribuisca la responsabilità a Satana, il germe della separazione non proviene da qualche demone fuori di noi, ma si trova nella nostra stessa mente e più precisamente in quella parte di essa che tende ad analizzare i diversi oggetti percettivi e a focalizzarsi sulle differenze e le opposizioni tra essi. Tale capacità non sarebbe in sé negativa, ed è divenuta “diabolica” a causa del suo sviluppo abnorme rispetto alla capacità complementare di riconoscere le somiglianze e le interconnessioni (e si tenga presente che “diabolica” deriva dal greco dia- ballein e significa “che si pone di traverso” e dunque che separa).

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  • Convegno internazionale

    PSICHE E SPIRITUALITÀ L'armonia dei 4 elementi

    Firenze 15-16 ottobre 2011

    Relazione di Enrico Cheli

    PSICOLOGIA OLISTICA TRANSPERSONALE Verso una scienza che ricongiunga psiche, corpo, coscienza e spiritualità

    Come ho avuto modo di anticipare nella relazione di apertura della mattina, la causa di fondo della sofferenza umana – sia essa individuale o collettiva, psicologica, fisica o sociale – risiede nella carenza di consapevolezza olistica vale a dire nella incapacità di cogliere la multiforme e onnipervadente interconnessione tra tutto ciò che esiste e nella conseguente incapacità di conciliare gli inevitabili conflitti interiori ed esteriori che si verificano nel corso della sua vita. Se ci limitiamo alla superficie della psiche umana, le cause della sofferenza appaiono molteplici e diverse da persona a persona, ma se andiamo in profondità, fino alla radice, l’origine di questi mali è unica ed è la percezione erronea di essere separati: separati da Dio, dalla natura, dagli altri e perfino da se stessi; l’illusione di essere soli in mezzo a estranei; l’illusione che un estraneo sia automaticamente un nemico; l’illusione che anche la nostra interiorità, essendo ignota, ci sia nemica. La psicologia, salvo rare eccezioni, non ha finora neppure preso in considerazione tale fattore; la filosofia lo ha fatto, definendolo “dualismo”, senza però spiegarne l’origine; le religioni infine lo spiegano ma solo attraverso allegorie e miti, come ad esempio il mito dell’androgino riportato da Platone nel Simposio o quello biblico del peccato originale, dove Adamo e Eva, tentati da Satana, mangiano il frutto dell’albero della “conoscenza del bene e del male” contravvenendo al volere di Dio e venendo da lui cacciati dall’Eden. Benché la bibbia ne attribuisca la responsabilità a Satana, il germe della separazione non proviene da qualche demone fuori di noi, ma si trova nella nostra stessa mente e più precisamente in quella parte di essa che tende ad analizzare i diversi oggetti percettivi e a focalizzarsi sulle differenze e le opposizioni tra essi. Tale capacità non sarebbe in sé negativa, ed è divenuta “diabolica” a causa del suo sviluppo abnorme rispetto alla capacità complementare di riconoscere le somiglianze e le interconnessioni (e si tenga presente che “diabolica” deriva dal greco dia-ballein e significa “che si pone di traverso” e dunque che separa).

  • Non si sa bene perché si sia generato questo squilibrio, ma di certo è avvenuto molto tempo fa, quando l’umanità era più giovane, e si è poi tramandato come un virus di generazione in generazione, attraverso la cultura e l’educazione, per un verso, e attraverso la mancanza di amore consapevole dei genitori verso i figli per l’altro. L’illusione della separazione ha due dimensioni strettamente interdipendenti, una individuale e l’altra collettiva. La prima possiamo chiamarla ego o falsa personalità, la seconda potremmo definirla mentalità egoica o cultura dell’ego, ed è connessa alla cultura patriarcale, in declino ma tuttora dominante in gran parte del Pianeta: una cultura basata sulla prevaricazione, la legge del più forte, la durezza, il possesso e l’accumulo di beni materiali, e assai poco incline alla sensibilità, all’amore, alla fratellanza, alla cooperazione. Insomma, una cultura materialistica in cui l’avere conta molto più dell’essere. A livello del singolo individuo l’illusione inizia in genere alla nascita, quando vi è una effettiva separazione fisica tra il neonato e la madre. Tale separazione non sarebbe di per sé un problema grave, ma, essendo gestita in modo assai poco amorevole e ancor meno consapevole a causa della suddetta cultura, diviene per molti neonati un trauma, cui se ne aggiungono poi vari altri durante i primi anni di vita, causati dalla incapacità dei genitori (e degli altri adulti significativi) di amare incondizionatamente i bambini e di accettarli così come sono. Per proteggersi dal dolore di non sentirsi amato e accettato, ogni bambino e bambina impara a soffocare alcuni lati di sé, ad accentuarne altri, e a ricercare surrogati dell’amore quali l’approvazione e il potere, perdendo gradualmente la connessione col proprio vero sé e identificandosi sempre più con maschere e personaggi, formando piano piano quella che definiamo appunto falsa personalità o ego. Formazione e deformazione della personalità Ogni individuo è in certa misura unico e dispone fin dalla nascita di un suo originale corredo di potenzialità, che comprende sia le caratteristiche e capacità corporee, sia quelle emozionali, mentali, caratteriali e coscienziali (o spirituali). Tali potenzialità sono metaforicamente come dei semi, che possono germogliare, crescere e manifestarsi come alberi dritti e sani, oppure rimanere per anni (o per sempre) latenti allo stato embrionale o ancora - a causa di forti pressioni ambientali - crescere ma in maniera distorta e malsana. Ispirandomi a G. I. Gurdjieff definisco tale corredo come essenza (o sé profondo) dell’individuo. La figura 2 mostra questo corredo di semi prima che su di esso intervenga la società.

    Corredo di potenzialità presenti nell’essenza o vero sé

    Se l’ambiente familiare e sociale in cui il bambino si trova a crescere fosse amorevole, libero da pregiudizi e rispettoso delle sue peculiarità e dell’originalità dell’individuo, produrrebbe sollecitazioni che faciliterebbero lo sviluppo delle potenzialità del soggetto, mentre limiterebbe le

  • inibizioni ai soli casi di reale oggettiva necessità, cioè per stabilire confini utili al contenimento del bambino, motivandole e rendendole esplicite. I soggetti che si trovassero a crescere in situazioni del genere strutturerebbero una personalità sana, forte ed elastica, e soprattutto autentica, cioè coerente alla propria essenza (o sé profondo). Se invece l’ambiente familiare e sociale trascura di prendersi adeguata e amorevole cura dei piccoli, ed è magari viziato da pregiudizi e ideologie, incline ad abusare del proprio maggior potere e non rispettoso delle differenze e peculiarità individuali, allora produrrà più proibizioni che non stimolazioni evolutive, esigerà comportamenti ipocriti che non corrispondono al sentire interiore del bambino, e pertanto inibirà e distorcerà lo sviluppo delle sue potenzialità. La personalità risultante sarà disarmonica (perché alcuni tratti saranno poco sviluppati e altri troppo marcati) rigida (perché protesa a difendere dalla mancanza di rispetto) e soprattutto inautentica, cioè distante dal vero sé (che non può essere manifestato perché non ben accolto dalla famiglia e dalla società). È questo tipo di personalità che chiamo ego o falso sé.

    Personalità disarmonica prodotta dalla repressione di alcune potenzialità e conseguente accentuazione di altre

    La inautenticità o non corrispondenza tra essenza e personalità produce un conflitto interiore, poiché i bisogni e le mete della prima trovano solo in parte corrispondenza nelle azioni della seconda. Poiché tale conflitto è prevalentemente inconscio l’individuo non può conciliarlo efficacemente e quindi si produce continuamente sofferenza: a) in parte direttamente prodotta dal conflitto interiore; b) in parte causata dalla inefficacia sociale del soggetto, in conseguenza della sua incapacità di comprendere correttamente vincoli e opportunità delle situazioni e di agire efficacemente all’interno di esse per soddisfare i propri bisogni. Inoltre, una volta che la falsa personalità si è consolidata, non è più possibile per l’individuo essere cosciente dei suoi reali bisogni, emozioni, pensieri e sensazioni, poiché al loro posto vi saranno quelli fittizi appartenenti ai personaggi e alle maschere che si illude di essere. Ignorando i suoi veri bisogni egli è condannato a inseguire false mete e a rapportarsi con gli altri utilizzando contorte strategie di manipolazione e perversi giochi di potere, invece di esprimersi attraverso l’amore e la spontaneità di cui è per natura dotato. Così, per quanto ricca possa apparire esternamente la sua vita, non si sentirà mai soddisfatto interiormente, mai veramente in pace, mai veramente amato, neppure quando la situazione esterna è oggettivamente favorevole. Come abbiamo sopra accennato, la causa che fin dall’infanzia porta ogni individuo a costruirsi una personalità fittizia risiede nell’insufficiente sensibilità e affettività con cui l’ambiente familiare si relaziona al bambino. Quest’ultimo, non ricevendo abbastanza amore incondizionato, tende a ricercare dei surrogati che sostituiscano almeno in parte tale nutrimento. Secondo un modello elaborato dal sottoscritto,1 il surrogato più vicino all’amore è l’approvazione, per 1 Il modello in questione – pur costituendo una mia originale creazione – collega e integra in modo olistico spunti e contributi provenienti da altri autori, tra cui, particolarmente significativi sono stati Eric Berne, ideatore dell’analisi

  • ottenere la quale dobbiamo comportarci da bravi bambini, dimostrando disponibilità, affabilità e simpatia al fine di accattivarsi gli altri. Ma se la nostra famiglia è troppo distratta o sofferente per accorgersi di noi e del nostro impegno, o troppo severa e critica per esprimerci apprezzamento e farci complimenti espliciti, allora saremo costretti a ripiegare su un surrogato di livello inferiore: il potere, che punta a manipolare gli altri e costringerli a darci considerazione.

    Vi sono vari modi per ricercare l’approvazione: 1) darsi da fare per gli altri e mostrare il proprio impegno e bravura (in famiglia prima, poi a scuola, infine sul lavoro); 2) essere gentili, altruisti e generosi, prevenendo le esigenze altrui ed offrendo a tutti il proprio aiuto; 3) essere passivamente arrendevoli alle richieste altrui senza essere esigenti per se stessi. Pur potendo mettere in atto ognuna delle tre modalità suddette, da bambini ci “specializziamo” in una di esse, quella che è più congeniale alla nostra indole e che riscuote al contempo la maggior remunerazione in famiglia. Tale modalità diviene poi abituale e ci identifichiamo con essa al punto di non renderci più conto che ci possano essere alternative. Analogamente, sono vari anche i modi per esercitare il potere e la manipolazione: dalle minacce, alle critiche, dai lamenti alle pseudofughe. Il comportamento altrui si può infatti influenzare non solo in modi diretti, autoritari o aggressivi, ma anche in modi indiretti, seduttivi o manipolativi: i primi sono più evidenti e tipici di chi ha uno status superiore, i secondi più dietro le quinte e tipici di chi ha uno status inferiore. Le modalità, dirette o indirette, costruttive o distruttive, attive o passive attraverso cui ciascuno esercita il potere sono state studiate da numerosi autori. Tra i diversi modelli uno dei più semplici e immediati è quello proposto da James Redfield2 che, prendendo in parte spunto da alcuni concetti dell’analisi transazionale3 individua 4 possibili modalità che chiama drammi del controllo: l'intimidatorio, l'inquisitorio, il troppo riservato, il vittimistico.4 Sulla base di ripetute osservazioni e approfondite considerazioni che ho illustrato nel cap. 7 del mio libro Percorsi di transazionale, Osho Rajneesh (soprattutto col suo libro Vivere, amare, ridere) e James Redfield, autore del libro La profezia di Celestino. 2 Cfr. Redfield J., La profezia di Celestino, Corbaccio, 1993 - Redfield J., Adrienne C., Guida alla profezia di

    Celestino, Corbaccio, 1995. 3 Cfr. Berne E., A che gioco giochiamo, Bompiani, 1967. 4 James Redfield è noto al grande pubblico soprattutto come autore del romanzo La profezia di Celestino, un best-seller mondiale uscito verso la metà degli anni ‘90; tuttavia egli ha maturato una vasta esperienza professionale nel campo delle relazioni interpersonali, lavorando nei servizi sociali in qualità di sociologo e psicologo, e di tale esperienza si trova ampia eco nel libro che, pur essendo strutturato come un romanzo, ha un intento essenzialmente saggistico e divulgativo. Mentre alcuni dei contenuti del libro sono di natura mistica o metafisica - sui quali lasciamo al lettore ogni giudizio - altri sono prettamente psicosociali e derivano dalla formazione scientifica e dall'esperienza professionale dell'autore, come meglio risulta dalle altre sue pubblicazioni esplicitamente saggistiche, come ad es: Guida alla profezia di Celestino e anche La visione di Celestino.

  • consapevolezza, ho aggiunto una quinta modalità che ho chiamato “Salvatore”. Il modello completo è pertanto quello riportato nella tavola sottostante.

    Rinunciando al bisogno reale fondamentale dell’amore e ripiegando verso meri surrogati, l’individuo non potrà mai sentirsi davvero soddisfatto e nutrito: i surrogati infatti possono al massimo dare una momentanea sensazione di sazietà, che però è destinata a svanire molto presto, lasciando il posto a nuova e ancor più disperata “fame”. Parimenti, relazionandosi agli altri in modo distorto e manipolatorio – vuoi ricercando l’approvazione vuoi ricercando il potere – nessun individuo potrà mai instaurare relazioni genuine e realmente imperniate sull’amore, in quanto viziate in partenza, e di conseguenza si creerà un circolo vizioso che perpetua senza fine l’insoddisfazione e l’infelicità di ognuno. C’è una qualche via d’uscita o siamo destinati ad essere irrimediabilmente infelici? Cosa può aiutarci a evitare questa triste sorte? Una via d’uscita c’è, per fortuna, e viene chiamata in molti modi nelle diverse tradizioni spirituali ed iniziatiche del nostro Pianeta: moksha, bodhi, samadhi, satori, ascensione, risveglio, liberazione, illuminazione etc. A prescindere dalle differenze terminologiche, tali tradizioni ponevano e pongono alla base del processo di liberazione dall’illusione la conoscenza di sé, intendendola come “risveglio della coscienza del proprio vero sé” o anche “ricordo del proprio vero sé”. È questo l’antidoto per tale stato patologico, l’unica vera terapia. Man mano che la consapevolezza di sé si risveglia, si producono vari effetti estremamente benefici quali l’amorevole accettazione di se stessi (e conseguentemente degli altri), il riconoscimento dei propri veri bisogni (e conseguentemente di quelli altrui), la spontanea espressione della propria essenza profonda e infine la cessazione del conflitto interiore (e conseguentemente esteriore). Non solo l’individuo può finalmente dedicarsi a perseguire e soddisfare i propri veri bisogni, ma procedendo su questa strada avverte un crescente e sempre più presente senso di amore, benessere, gioia, entusiasmo, che non dipende da alcun motivo esteriore, ma scaturisce dal semplice sentirsi in connessione con se stessi, con gli altri e con l’esistenza. È quello che alcuni filosofi greci chiamavano eudaimonia – la felicità in sé – e che i saggi vedici dell’India definivano con vari termini sanscriti tra cui i più noti sono Nirvana e Ananda. In passato, per proteggere queste verità dall’avidità dei potenti e dai pregiudizi delle masse, si era soliti camuffarle con allegorie, simboli e miti e questo è, tra l’altro, uno dei motivi per cui la filosofia e la scienza della nostra epoca si sono distaccate e dissociate da tali saperi, che sembrano essere mera mitologia ma che celano invece conoscenze essenziali di cui né la filosofia né la scienza possono fare a meno, se vogliono davvero assolvere al loro compito primario di aiutare l’umanità a vivere meglio.

  • Nel corso dei millenni alcuni esseri umani sono riusciti in vari modi a risvegliare la coscienza di Sé e ognuno di essi ha poi cercato, per puro amore incondizionato, di liberare dall’illusione e dalla sofferenza anche i propri fratelli, elaborando un metodo adatto alla mentalità dell’epoca in cui viveva. Krishna, Lao Tze, Buddha, Pitagora, Mahavira, Gesù, Rumi sono alcuni dei più noti tra tali esseri risvegliati. Tuttavia, poiché nel tramandarli quei metodi sono stati ripetutamente distorti e fraintesi e poiché la mentalità di oggi, specie in occidente, è molto cambiata, ed è più sofisticata, scientifica, globalizzata, nessuno di essi è più adatto allo scopo. Alcuni Maestri del secolo scorso che si rivolsero soprattutto agli occidentali, quali Gurdjieff, Aurobindo, Yogananda, Osho, lo avevano intuito e avevano quindi cercato di elaborare nuovi metodi. Essi ebbero molti discepoli, che indubbiamente trassero notevoli benefici dai loro insegnamenti, ma nessuno di tali discepoli, che si sappia, raggiunse la meta finale, almeno quando il maestro era ancora in vita. Ciò dipende da vari fattori, uno dei quali è a mio avviso che questi Maestri erano tutti di origini orientali e, per quanto risvegliati, non riuscirono forse a comprendere pienamente i meandri e le insidie della mente e dell’ego occidentali, assai più complessi e contorti di quelli orientali. Il più recente tra loro, Osho, aveva in effetti iniziato a coniugare l’approccio meditativo orientale con alcuni concetti e metodi della psicoterapia occidentale, ma purtroppo lasciò prematuramente il corpo e non potette completare questo fondamentale lavoro. Per liberarsi dall’illusione è infatti necessario un metodo che unisca spiritualità e psicologia, poiché, contrariamente a quanto si crede, esse non sono affatto ambiti diversi e distanti, ma anzi complementari, pur basandosi su linguaggi, metafore e strumenti di diverso genere che però, una volta decifrati, rivelano la piena compatibilità di questi due ambiti. Occorre tuttavia chiarire che quando parlo di spiritualità non mi riferisco alle religioni istituzionalizzate, divenute col tempo dei meri strumenti di potere per il controllo delle masse, ma agli insegnamenti originali da cui quelle religioni sono nate; insegnamenti impartiti da autentici Maestri risvegliati come quelli che ho poco fa menzionato e che, se saputi interpretare, rivelano preziose indicazioni per comprendere il funzionamento della psiche umana e farla uscire dalle distorsioni egoiche che la affliggono, indirizzandola verso la felicità che spetta di nascita a tutti gli esseri tricerebrali, quali appunto gli umani sono. Alcuni insigni psicologi contemporanei si sono resi conto del profondo valore psicologico di tali insegnamenti e hanno sostenuto la necessità di collegare psicologia e spiritualità, dando origine a quella che è stata poi definita la quarta forza della psicologia, vale a dire la “psicologia transpersonale”. Tra i pionieri di tale rivoluzionaria visione si annoverano studiosi quali Jung, Assagioli, Reich, Maslow, Perls, Grof, Stone, Naranjo e vari altri: ognuno di essi non è solo uno studioso ma anche e prima di tutto un ricercatore interiore avventuratosi in prima persona nei meandri della propria psiche, riuscendo a liberarsi, in tutto o in parte, dall’illusione, e riuscendo così a offrire all’umanità alcuni fondamentali contributi per comprendere e superare le distorsioni della mente e le chiusure dell’ego e trovare la felicità dell’essere e l’armonia con gli altri e con la natura. Durante il mio lungo cammino di ricerca ho anche io affiancato la pratica personale allo studio, approfondendo vari metodi, psicologici e spirituali, occidentali e orientali. Da ognuno di essi ho ottenuto preziose conoscenze, tecniche efficaci e soprattutto un progressivo innalzamento del mio livello di consapevolezza, ma non ho mai trovato un insegnamento completo in grado di condurmi, da solo, fino al traguardo. È come se ogni metodo che sperimentavo fosse un frammento dell’intero, più o meno grande ed efficace ma pur sempre un frammento. Per anni ho sperato di trovare un Maestro e un Metodo con la M maiuscola, cercando a occidente e a oriente, nella psicologia e nella spiritualità, nella filosofia e nell’esoterismo, nell’antropologia e nello sciamanesimo, ma ogni volta, pur ottenendo indubbi benefici, dovevo rassegnarmi al fatto che ognuno di essi poteva al massimo aiutarmi a superare qualche tappa, ma non a compiere l’intero viaggio. Mi ci è voluto molto tempo per capire che i metodi più antichi, per quanto autorevoli e suggestivi, non erano ormai più adatti alle condizioni di esistenza della nostra epoca, e che i

  • metodi più recenti, pur andando nella direzione giusta, avevano - proprio perché nuovi - ancora molte lacune. Quando finalmente ho avuto il coraggio di accettare la terribile verità che non esistesse una rivelazione definitiva né alcuna via prestabilita che conducesse fino alla meta, ho intuito che la sfida che mi attendeva era proprio quella di assumermi la piena responsabilità del mio percorso e di ricomporre in un’unica cornice olistica i molti frammenti che avevo raccolto nel corso della mia pluridecennale ricerca, colmando da solo le lacune tra un frammento e l’altro. Per quanto difficile e sofferta, ho accettato questa sfida, riuscendo in tal modo a completare finalmente il mio cammino personale. Grazie a ciò sono anche riuscito a disegnare una mappa assai accurata del sentiero che dall’illusione conduce al risveglio della coscienza, una mappa in grado di aiutare coloro che vogliano compiere un analogo cammino e che indica non solo il tragitto evolutivo nelle sue varie fasi, ma anche i dubbi, le insidie e i vicoli ciechi che lo costellano. Ispirandomi a tale mappa ho infine elaborato un metodo che unisce in modo olistico il meglio delle conoscenze e delle tecniche scientifiche e spirituali che ho appreso durante il percorso. In questi ultimi dieci anni mi sono dedicato a collaudare e perfezionare tale metodo, utilizzandolo in numerosi corsi annuali e pluriennali sullo sviluppo della consapevolezza da me condotti e posso dire di aver ottenuto risultati davvero molto interessanti. Ho anche esposto alcune parti della mappa e del metodo nei miei libri Percorsi di consapevolezza (Xenia 2009) e Olismo la scienza del futuro (Xenia, 2010) e sto attualmente lavorando a un libro intitolato Psicologia olistica transpersonale che illustrerà le parti ancora inedite. Non mi è possibile in questa sede dare conto dell’intero metodo; posso però dare qualche cenno sulla mappa che illustra il percorso evolutivo nelle sue varie fasi. Tuttavia, per arrivare ad essa devo prima sviluppare alcune considerazioni di fondo. In primo luogo desidero ricordare che la stragrande maggioranza degli psicologi e degli psicoterapeuti si è concentrata sulla patologia, dedicando i propri sforzi ad aiutare i pazienti a risalire la china e spostarsi dalla dimensione della patologia a quella della normalità. Fin dai tempi di Freud si è suddivisa la patologia in due sottodimensioni, una denominata psicosi e l’altra nevrosi. Poco o niente è stato fatto invece per comprendere la dimensione della normalità e tantomeno per suddividerla in sottodimensioni.

    Ancor meno è stato fatto per comprendere eventuali dimensioni al di sopra della normalità e che potremmo chiamare supernormalità. Solo una ristretta minoranza di psicologi e psicoterapeuti – di estrazione umanistica o transpersonale - ha preso in considerazione l’idea che possa esistere qualcosa di più sano e auspicabile della normalità (e io mi annovero senz’altro tra quei pochi).

  • In base ai miei studi e alle mie esperienze personali e professionali ho constatato non solo che esiste una dimensione più sana, consapevole e piacevole della cosiddetta normalità ma anche che tra essa e la normalità esiste una dimensione intermedia, che potremmo definire di transizione ed evoluzione come mostra il seguente schema.

    Ho anche riscontrato che le persone normali non sono tutte uguali: alcune sono soddisfatte (almeno in apparenza) dello stato di coscienza e benessere psicologico in cui si trovano mentre altre sono alla ricerca di qualcosa di più profondo e soddisfacente. Solo questi ultimi giungono ad un certo punto a intraprendere un percorso di autoconoscenza e crescita personale. Anche nelle dimensioni di evoluzione e di supernormalità sono riscontrabili delle sottodimensioni, come evidenzia la figura sottostante.

    Ciascuna di tali dimensioni e sottodimensioni è inoltre caratterizzata da un ben preciso livello di consapevolezza. I soggetti nevrotici, e ancor più quelli psicotici, a causa delle intense e protratte sofferenze e della insufficiente capacità di farvi fronte, hanno dovuto, per difendersi, desensibilizzarsi maggiormente dei soggetti normali e parallelamente adottare scudi e strategie difensive più “spesse” e sistemi di allarme più sensibili; a causa di ciò hanno un grado di coscienza estremamente ristretto, e la maggior parte della loro vita si svolge secondo automatismi e regole rigide. Che si tratti dei comportamenti maniacali di un soggetto bipolare o degli stati di continua all’erta di un paranoico, di fobie che scattano per un nonnulla (il sistema d’allarme troppo sensibile) o dei comportamenti sistematicamente burberi e aggressivi di un enneatipo 8 (la miglior difesa è l’attacco), siamo di fronte a persone che non vedono la realtà per quella che è ma vi proiettano le loro paure, strategie, abitudini, regole. Parimenti essi reagiscono non già alla situazione oggettiva in cui si trovano e/o alla persona con cui interagiscono ma – in misura maggiore o minore a seconda della gravità della patologia - ad una loro idea precostituita della situazione o della persona; inoltre, la scelta dei possibili comportamenti da tenere è estremamente ristretta, se non obbligata ad una sola opzione. Una persona pienamente sana invece - essendo esente da pregiudizi e proiezioni - percepisce ogni situazione per quello che è, e può reagire ad essa scegliendo tra una vasta gamma di comportamenti quello ritenuto più idoneo. Poiché la consapevolezza è proprio la capacità di percepire oggettivamente e senza pregiudizi la realtà esteriore e interiore, possiamo affermare che i soggetti pienamente sani sono quelli che ne

  • dispongono in maggior misura, mentre i soggetti patologici sono quelli che hanno minore consapevolezza. Trasferendo tale dato sullo schema sopra esposto otteniamo un nuovo schema che descrive le diverse tappe - o livelli di coscienza - che un individuo si trova ad attraversare nell’evolvere dalla patologia alla normalità o dalla normalità alla piena salute.

    Lo schema in questione rappresenta ovviamente una semplificazione per grandi linee e rende conto soltanto delle tappe principali, ma è ovvio che nel passaggio dall’una all’altra vi sono tappe intermedie. Potremmo quindi suddividere in modo arbitrario ogni segmento in frazioni più piccole (2, 3 o più) risultandone uno schema come quello di seguito riportato.

    C O N S A P E V O L E Z Z A labile ottusa statica curiosa ampliata ispirata risvegliata cosmica

    |--+--+--+--+--+--|--+--+--+--+--+--|--+--+--+--+--+--|--+--+--+--+--+--| patologia normalità evoluzione supernormalità

    Invece di dividerle in modo arbitrario ho ipotizzato che le diverse fasi seguano la legge del 7, o legge dell’ottava, nota in occidente solo limitatamente all’ambito della musica ma applicabile in effetti a tutti gli ambiti esistenti, ivi incluso quello della evoluzione della coscienza. Ne è risultato uno schema come quello sotto esposto.

    Ho constatato che suddividendo le varie fasi secondo la legge del 7 si riesce a descrivere molto più fedelmente le diverse sottofasi e soprattutto i punti di passaggio da una fase all’altra.

  • Secondo G.I. Gurdjieff - che per primo introdusse in occidente l’idea della validità universale della legge del 7 e quindi della sua applicabilità a qualsivoglia processo – vi sono in ogni ottava due punti chiave: quello dl passaggio dal 3° al 4° livello (in musica denominati MI e FA) e quello di passaggio dal 7° livello al 1° dell’ottava successiva (in musica dal SI al DO). Chiameremo il primo “passaggio di semiottava” e il secondo “passaggio di ottava”. Rispetto al passaggio da un qualsiasi livello ad un altro (es. dal DO al RE o dal SOL al LA) i passaggi di semiottava e di ottava sono più difficoltosi e richiedono una energia supplementare, che nel nostro caso può provenire da un evento esterno accidentale, piacevole o spiacevole che sia purché emotivamente intenso (un innamoramento, una grave malattia, un lutto, una separazione, una promozione etc.) oppure da un cambiamento interiore autodeterminato (sottoporsi a psicoterapia/counseling, frequentare seminari di autoconsapevolezza, fare regolarmente pratiche spirituali, modificare le proprie credenze, comportamenti e stili di vita).

    Nello schema seguente riassumo le diverse fasi e i fattori facilitanti per i passaggi di ottava e semiottava. Per scelta deliberata escludo in questa sede l’ottava della patologia soffermandomi solo sul percorso che dalla normalità porta alla supernormalità e che è più vicino ai miei interessi personali e professionali. Difatti negli ultimi quindici anni ho scelto di lasciare ad altri il compito (senz’altro meritevole) di aiutare i soggetti affetti da patologie e di focalizzare il mio lavoro sul compito (altrettanto importante ma più trascurato dagli psicologi) di aiutare le persone normali che vogliono sviluppare il loro livello di consapevolezza intraprendendo un percorso di crescita personale.

  • La prima riga sotto la tastiera indica lo stato della personalità nelle diverse fasi del percorso di crescita: nella prima semiottava delle persone normali la personalità è statica e l’individuo evita di mettersi in discussione; nella seconda semiottava invece la personalità è più dinamica e in cerca, segno che le sub-personalità latenti o represse si stanno facendo sentire, sia attizzando il conflitto interiore sia spingendo verso nuovi orizzonti (vale a dire verso la soddisfazione di nuovi bisogni – nuovi per la personalità ma non per l’essenza, che li comprende fin dall’inizio). Nella prima semiottava dei risvegliandi - che rappresenta le prime fasi (i primi anni) del percorso di crescita - la personalità è in destrutturazione, nel senso che gli equilibri preesistenti vengono alterati in quanto alcune sub-personalità represse vengono liberate mentre altre sub-personalità dominanti vengono temporaneamente spodestate o comunque ridimensionate nel loro potere di controllo. Il peso relativo dell’essenza inizia ad aumentare. Nella seconda semiottava dei risvegliandi la destrutturazione è ormai giunta a buon punto (sebbene non ancora del tutto completata) e si avvia la fase di ristrutturazione, che significa formazione di una nuova personalità più in sintonia con l’essenza o sé profondo dell’individuo. In questa fase procede parallelamente il lavoro di destrutturazione che diviene però sempre minore man mano che si passa dal FA al SI. Infine, nella ottava dei risvegliati la personalità è del tutto rinnovata e perfettamente corrispondente ai bisogni e alle caratteristiche dell’essenza. Vediamo adesso la seconda riga dello schema, che indica i fattori chiave che innescano/facilitano i passaggi dall’una all’altra ottava o semiottava. Il primo passaggio è quello dalla prima alla seconda semiottava dei normali e il fattore chiave qui è in genere una crisi: esistenziale, di coppia, lavorativa, di identità. Solo un soggetto in crisi è disposto ad abbandonare il noto per l’ignoto, a intraprendere un percorso di scavo dentro se stesso e di destrutturazione, e la sofferenza prodotta dalla crisi deve essere più alta dei rischi e delle paure paventati dalla personalità dominante (che non vuole mollare la presa e teme il cambiamento). Il secondo passaggio dal SI dei normali al DO dei risvegliandi viene in genere facilitato da uno sblocco emotivo/cognitivo di qualche tipo prodotto da un percorso di psicoterapia o counseling oppure dalla partecipazione a seminari di crescita personale. Il terzo passaggio dalla prima alla seconda semiottava dei risvegliandi richiede in genere grande coerenza nell’applicare alla propria vita esteriore i mutamenti interiori intervenuti durante i primi tre livelli (DO, RE, MI). Il passaggio dall’ottava dei risvegliandi a quella dei risvegliati richiede il totale superamento del dualismo, vale a dire la piena comprensione e accettazione di tutte le polarità presenti nell’individuo (es. egoismo-altruismo, materialità-spiritualità, maschilità-femminilità etc.) il che porta ad una amorevole equanimità verso se stessi. Infine, il passaggio dalla prima semiottava dei risvegliati alla seconda semiottava richiede di applicare la comprensione e accettazione delle polarità non solo a se stessi e al proprio mondo interiore ma anche al mondo esteriore, vale a dire agli altri, alla società e alla natura, assumendo anche nei loro riguardi un analogo atteggiamento di amorevole equanimità. Il prossimo e ultimo schema aggiunge due nuove righe esplicative per un totale di 4: la terza riguarda la disponibilità al cambiamento (notmali) e l’effettivo cambiamento conseguito (risvegliandi e risvegliati); la quarta e ultima mette a fuoco lo stato di conflitto interiore tra essenza e personalità.

  • Conclusioni Molte altre cose ci sarebbero da dire e sono consapevole di aver appena iniziato il discorso, ma lo spazio a mia disposizione è limitato e non posso in questa sede procedere oltre. Ricordo tuttavia che i concetti esposti nella prima parte di questa relazione sono stati da me più estesamente illustrati nel libro Percorsi di consapevolezza (Xenia edizioni) mentre i concetti inerenti la seconda parte saranno approfonditi in un libro di prossima pubblicazione. Desidero anche informare che su questi temi tengo ogni anno numerosi corsi e seminari per principianti e per intermedi, nonché un corso di perfezionamento riservato a progrediti e operatori. Chi volesse saperne di più può consultare il mio sito web: www.enricocheli.com

    * * * Nota biografica sull’autore

    Psicologo psicoterapeuta, sociologo, docente universitario, Enrico Cheli si occupa di conoscenza interiore e sviluppo del potenziale umano ed è considerato uno dei maggiori esperti di scienze e discipline olistiche. Oltre agli studi universitari di psicologia, psicoterapia, sociologia e scienze della comunicazione ha studiato e praticato per decenni numerose vie orientali per il risveglio della consapevolezza e la realizzazione di sé, elaborando poi un proprio metodo terapeutico-educativo denominato Psicologia

    olistica transpersonale per aiutare le persone a divenire più sane, consapevoli e felici e a vivere relazioni con gli altri più appaganti e meno conflittuali. Presso la Fondazione HOLIVERSITY tiene al riguardo corsi e seminari esperienziali in cui

  • utilizza in modo olistico una vasta gamma di strumenti, dal counseling allo yoga, dalla psicoterapia alla meditazione, dalla comunicazione consapevole alla respirazione, dalla sociologia alla musicoterapia (www.holiversity.it). Dal 1985 al 1990 ha insegnato presso l’Università LUISS di Roma e dal 1991 è docente all'Università di Siena di cui è stato ProRettore per la pace, l'intercultura e la cooperazione allo sviluppo e presso la quale dirige Master e Dottorati di ricerca sulle relazioni interpersonali, l'intelligenza emotiva, la risoluzione dei conflitti, il counseling (www.corem.unisi.it). Ha progettato e diretto la prima ricerca italiana sui creativi culturali ed è autore di numerosi libri, tra cui: L'età del risveglio interiore (Franco Angeli); Relazioni in armonia (Franco Angeli); Percorsi di consapevolezza (Xenia); I creativi culturali (Xenia); Olismo la scienza del futuro (Xenia). In campo musicale ha realizzato i CD per meditazione Armonie interiori (campane tibetane) e La danza degli armonici (canto degli armonici, tampura, didgeridoo), entrambi pubblicati da Xenia Edizioni. È autore del gioco di consapevolezza Insight (Compagnia degli araldi). Ulteriori informazioni: www.enricocheli.com - e-mail: info@ enricocheli.com