sindacalismo rivoluzionario

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1 MARCO SACCHI IL SINDACALISMO RIVOLUZIONARIO IN FRANCIA, ITALIA, SPAGNA E U.S.A.

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di marco sacchi

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MARCO SACCHI

IL SINDACALISMO RIVOLUZIONARIO

IN FRANCIA, ITALIA, SPAGNA E U.S.A.

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Stampa a cura dell’autore: Milano, gennaio 2012

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Immagine di copertina: Mujeres Libres, Barcellona, 1936

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Indice

La Cgt in Francia prima del 1914 pag. 5 1° Il movimento operaio francese dalla Bourse de travail alla nascita della Cgt pag. 5 2 Scioperi e sindacato in Francia alla fine del XIX secolo pag. 7 3° La CGT fino allo scoppio della guerra mondiale imperialista pag. 8 Il sindacalismo rivoluzionario italiano. pag.11 1° Dall’inizio del secolo XX allo scoppio della guerra mondiale pag.11 2° Il sindacalismo nazionale in Italia pag.16 3° L’USI dopo il 1914 pag.19 L’anarco-sindacalismo pag.22 L’anarco-sindacalismo spagnolo pag.23 1° Dagli inizi al primo conflitto mondiale imperialista. pag.23 2° Dalla fine del primo conflitto mondiale alla proclamazione della repubblica. pag.28 3°Dalla Repubblica alla guerra civile. pag.31 Gli I.W.W. pag.42 Lo sciopero dei ferrovieri del 1877 pag.42 La bomba di Chicago pag.45 Lo sciopero degli operai siderurgici di Homestead (1892) pag.47 1° Il movimento operaio U.S.A. tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo pag.52 2° L’I.W.W. e l’operaia massa pag.54 3° “L’età del progresso” pag.55 4° Il sindacalismo industriale pag.59 5° L’azione degli Wobblies nell’Ovest pag.64 6° L’IWW e la guerra imperialista pag.72

Premessa La crescente integrazione delle organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio tagliava fuori, in misura diversa da paese a paese, quote più o meno consistenti (per quanto eterogenee) di lavoratori: un esteso comparto dell’artigianato francese minacciato dal procedere dell’industrializzazione, fette consistenti di lavoro dequalificato e marginale, britannico e nordamericano, stuoli di contadini senza terra. Un insieme, come si vede, di frazioni di classe accomunanti dalla perifericità. Il mentore del sindacalismo rivoluzionario fu G. Sorel che aggiunse profondità e spessore al progetto sindacalista, ma intrattenne rapporti sporadici col movimento sindacalista e non vi ebbe mai un’influenza reale, anche perché la sua avversione assoluta per la società borghese lo rendeva insofferente e ostile verso le conquiste e i miglioramenti parziali perseguiti invece dalle organizzazioni operaie. Il sindacalismo rivoluzionario fece leva sulla profonda, radicale insoddisfazione nei confronti dei tratti fondamentali della società borghese, in primo luogo verso la democrazia politica.

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A essa era imputata il suo inconfessabile conservatorismo, lo pseudo egualitarismo e la narcotizzazione delle masse dovuto all’emergere di una casta professionalizzata di professionisti della politica, cresciuta con il sistema parlamentare e le sue compagini partitiche. Ciò che i sindacalisti rivoluzionari mettevano soprattutto in discussione era la capacità di queste istituzioni a rappresentare i reali bisogni dei lavoratori, alle quali era contrapposta l’azione diretta, cioè il rifiuto di qualsiasi forma di delega e l’impegno individuale nella trasformazione della società. All’artificialità dei rapporti politici, opponevano la naturalità dei rapporti economici, al cittadino il produttore, al partito la classe operaia organizzata nel sindacato. Lungi però dall’adagiarsi o rianimare i sindacati esistenti, i sindacalisti rivoluzionari si dedicarono all’edificazione di organizzazioni operaie alternative a quelle esistenti. L’esautorazione della politica a vantaggio dei rapporti produttivi rendeva, ai loro occhi, superflua l’elaborazione di una linea strategica. A essa era contrapposta la capacità di individuare il momento più propizio all’attuazione dello sciopero generale, bloccando così l’intera attività produttiva fino al collasso definitivo del capitalismo. Poiché il lavoro era considerato l’unico elemento vitale dell’ordinamento sociale e lo Stato borghese non sarebbe stato in grado di fronteggiare una paralisi totale del sistema produttivo, lo sciopero generale s’identificava con la rivoluzione. L’obiettivo primario del movimento era quindi l’abbattimento della società capitalista e la sua sostituzione con la società dei produttori ma erano avversari acerrimi del socialismo della Seconda Internazionale e delle organizzazioni sindacali legalitarie.

Il sindacalismo rivoluzionario non vedeva il problema del centralismo della classe: le lotte locali, di azienda o di categoria andavano bene, purché ne fosse tolto il veleno della collaborazione di classe per arrivare al rovesciamento del potere borghese e all’espropriazione dei padroni. Questa visione dello sciopero generale espropriatore riduceva alla fine la conquista della società alla conquista della fabbrica.

Le divergenze teoriche tra quello che era definito “marxismo ortodosso” e sindacalismo rivoluzionario era profondo. I teorici del sindacalismo rivoluzionario respingevano l’impianto teorico della Seconda Internazionale che era identificato in Kautskj. Essi (e sotto certi aspetti non avevano torto) lo consideravano l’ideologo di un determinismo storico, che teoricamente portava al fatalismo e nella pratica al riformismo.

Quello che gli intellettuali sindacalisti rivoluzionari respingevano, non era tanto il marxismo in sé, quanto contro l’evoluzionismo automatico della socialdemocrazia quella strana miscela di Marx e Darwin, Spencer e degli altri pensatori positivisti, che era spacciato per marxismo. A dire il vero nell’Occidente, la prima generazione di intellettuali che dichiarò di utilizzare l’analisi marxista, in massima era nata attorno al 1890, fusero in maniera naturale Marx con le influenze culturali prevalenti all’epoca. Per molti di loro il marxismo, per quanto teoria nuova e originale, apparteneva alla sfera generale del pensiero progressista, sebbene politicamente più radicale e connesso specificamente al proletariato.

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La Cgt in Francia prima del 1914

Vediamo di fornire sinteticamente qualche ragguaglio sulle esperienze nazionali più significative. Centro d’irradiazione del rivoluzionario fu la Francia, sia per precocità che per originalità e complessità di quel movimento, che fornì il modello delle esperienze successive. Esso dovette la sua vitalità a un insieme di fattori economici, politici e ideologici. Il ritmo relativamente lento dell’industrializzazione in Francia aveva perpetuato molti piccoli laboratori, soprattutto nel settore dei beni lusso come la seta, i pizzi, la porcellana e i gioielli. In parte a causa di ciò, il movimento sindacale francese si sviluppò su base geografica piuttosto che lungo direttrici industriali o di mestiere.

1° Il movimento operaio francese dalla Bourse de travail alla nascita della Cgt

Gli anni compresi tra il 1860 e il 1890 segnarono un nuovo inizio delle relazioni fra Stato e organizzazioni del movimento operaio francese. La legge del 25 maggio 1864 legalizzò lo sciopero. Questa legge fu pensata dai legislatori con l’intento di distruggere, arginare e depotenziare tutte le altre forme di lotta violenta, questa favorì l’affermazione dello sciopero come principale strumento di lotta.

Vent’anni più tardi anche i sindacati vennero autorizzati con la legge Waldeck-Rousseau del 21 marzo 1884, che abrogando definitivamente la le legge Le Chapelier,1 riconosceva ai sindacati e a tutte le associazioni professionali il diritto ci costituirsi liberamente senza autorizzazione da parte del governo. La legalizzazione delle associazioni operaie risponde all’esigenza di estirpare , meno quindici anni dopo la Comune, lo spettro delle passioni rivoluzionarie e di integrare le lotte dei lavoratori nel gioco pacifico della democrazia rappresentativa. L’art. 3 della legge Waldeck-Rousseau ne definiva esattamente le finalità, che erano: “lo studio e la definizione degli interessi economici, industriali, commerciali e agricoli”. Questa impostazione escludeva di fatto ogni attività politica per il sindacato e delineava una decisa autonomia rispetto ai partiti politici.

La legge Waldeck-Rousseau suscitò delle reazioni ostili da parte delle organizzazioni operaie. L’obbligo per i sindacati di depositare i loro statuti e di fornire i nomi dei responsabili venne interpretato come l’ennesimo strumento di controllo statale. Era ancora troppo vivo il ricordo delle repressioni degli anni 1831-1834, 1848 e 1871 per non nutrire diffidenza o, ostilità, nei confronti di iniziative governative, anche se apparentemente liberali.

Un’istituzione chiave del movimento operaio francese fu la Bourse de Travail locale, che combinava in sé i ruoli di una Borsa di Lavoro (nel senso letterale del termine), di un circolo sociale e culturale operaio e in seguito, di un organismo sindacale. La dimensione municipale prefigurava il modello federativo della società preconizzata da P. J. Proudhon e conferì loro una flessibilità

1 La legge La Chapelier del 14 giugno 1791, aboliva le corporazioni e inseriva il delitto coalizione, penalmente perseguibile. In conseguenza la legge proibiva le associazioni di lavoratori e lo sciopero, con l’argomento che il nuovo regime (borghese uscito dalla rivoluzione) avendo abolito le corporazioni, non poteva permettere la ricostruzione di nuove, che si interponessero tra Stato e cittadino.

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ignorata dalla rigida e gerarchica tradizione corporativa. Ideatore delle Borse di Lavoro fu F. Pelloutier. Alla fine del XIX secolo una folta pattuglia di anarchici, messi in crisi dall’isolamento in cui li aveva gettati l’ultima ondata terrorista,2 confluì nelle Borse. La nuova appartenenza finì per avere la meglio su quella originaria al punto che costoro furono sconfessati dal movimento anarchico.

La prima Bourse benne creata nel 1887 a Parigi, seguirono Nimes e Marsiglia (1888); Saint Étienne (1889); Tolosa (1890). A partire da quegli anni le Bourses si diffusero a macchie d’olio. Nel 1895 il numero delle Bourse oscillava fra il 40 e 44; esse raggruppavano 688 sindacati operai (su 2314) e 209.558 aderenti.

Nel 1892 si creò la Fédération National des Bourses du travail (Fnb), che fino al 1902 fu guidata da Pelloutier. La rapida espansione delle Bourses fu voluta e incoraggiata da un certo numero di repubblicani. La necessità di una politica di concessioni nei confronti dell’elettorato operaio, pareva l’unica maniera per cercare di risolvere le urgenti problematiche sociali.

Dalla fine degli anni ottanta le organizzazioni sindacali guadarono nuovi settori del mondo operaio: i settori tessile, minerario, chimico e alimentare entrarono per la prima volta ad ingrandire le fila dei sindacati. Nel decennio successivo si contarono circa 400.000 aderenti sul piano nazionale, sparsi fra i grandi centri urbani e gli spazi industriali. Altrettanto importanti furono i tentativi di coordinamento nazionale portati avanti dalle camere sindacali. La prima federazione fu quella dei cappellai nel corso degli anni settanta, cui seguirono i carpentieri (1880), i librai (1881) e i vetrai (1890).

L’estrema frammentazione che aveva caratterizzato il movimento socialista già nel suo esordio, sembrò coinvolgere anche le organizzazioni sindacali. Le divergenze fra anarchici e socialisti, non tardarono ad emergere ad opera di quest’ultimi era nata nel 1886 la Fedération national des Syndicat (Fns). Nonostante le riunioni annuali e le frequenti manifestazioni di vitalità, la Fns ricoprì un ruolo modesto. La pratica della Fns era subordinata a quella politica, potendo, tutt’al più fungere da elemento agitatore per attirare strati sempre più vasti del mondo operaio

Il congresso della Fns tenutosi a Nantes nel settembre 1894, sancì la sconfitta dei guesidestes3 e aprì la strada all’unificazione sindacale nazionale che avvenne nel 1895 con la fondazione della Cgt

2 Era l’epoca dell’anarchismo illegalista. Il personaggio più famoso, degli illegalisti alla fine del XIX secolo soprattutto per gli attentati fu Ravachol. Tra gli illegalisti alla condizione abietta dell’operaio remissivo si contrapponeva l’orgoglio del fuorilegge che tracciando un autonomo percorso di emancipazione individuale, ha saputo svincolarsi dalle regole societarie. Al quadro di una società divisa in classi sociali, gli illegalisti sovrapponevano il profilo semplificato di una società divisa in ribelli e complici del sistema. Ne consegue un’enorme dilatazione dell’arco dei nemici reali o potenziali nonché l’automatica assoluzione politica e morale di chi vedendosi circondato da una massa ostile o indifferente, decide di colpire a casaccio nella massa. Ne consegue un appannaggio delle prospettive strategiche di lotta a favore di una battaglia combattuta giorno per giorno dal ribelle. Come scriveva Albert Libertad, fondatore de L’Anarchie: “una vita anarchica è una vita di reazioni costanti. La si vive in tutti i regimi. Non ne concepisco altri” (A. Libertad, Fraticides!, in L’Anarchie, 5 luglio 1906. 3 Coloro che seguivano la linea di Guesde. Guesde Jule Mathieu (18451922). Uno dei fondatori del movimento socialista francese e della Seconda Internazionale. Capeggiò fino alla scoppio della prima guerra mondiale la sinistra della S.F.I.O. (Sezione Francese dell’Internazionale Operaia questo

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nel 1895, alla quale aderirono tanto le Borse che le federazioni di mestiere, costituite in sezione autonoma.4

2 Scioperi e sindacato in Francia alla fine del XIX secolo

Fra il 1873 e il 1896 l’economia francese fu travolta dagli effetti della “lunga depressione”: caduta generale dei prezzi all’ingrosso delle derrate agricole e delle materie prime; rallentamento nell’attività economica; diminuzione del tasso di profitto e degli investimenti.5

A questo si susseguiranno le “corte crisi”del 1873, 1876-1879, 1889-1886, 1891-1892. Di fronte alla crescente disoccupazione, i lavoratori utilizzarono lo sciopero per difendere e migliorare le condizioni di lavoro. L’ascesa fu prodigiosa: 190 scioperi e 110.000 lavoratori in sciopero nel 1880; 341 e 139.000 nel 1890; 309 e 440.000 nel 1896, concentrati soprattutto nel Nord e nel Centro del paese.

Gli scioperi del periodo di risi furono soprattutto a carattere difensivo; al contrario quelli portati avanti nelle fasi di ripresa economica erano per lo più offensivi. Gli scioperi difensivi erano spesso di lunga durata. Più in generale nel corso degli anni la durata media tendeva ad aumentare; 9,6 giorni tra il 1871-1880; 16,2 tra il 1891-1900; 18,6 tra il 1900-1910. Nel periodo compreso tra il 1864 e il 1914 le vittorie furono più numerose delle sconfitte (56% con il 34%). Queste ultime erano invece più frequenti in periodo di depressione economica: nel 1878 e nel 1885 il 72% degli scioperi ebbe esito negativo.

Per tutto il decennio 1880-1890, lo sciopero ebbe una fase ascendente. Tuttavia anche negli anni di maggiore conflittualità (1890, 1893) il numero degli operai che utilizzava con consapevolezza l’arma dello sciopero era una piccola minoranza. I più numerosi a incrociare le braccia erano gli addetti del gruppo tessile e vestiario; seguivano i minatori, i lavoratori dell’industria del legno, e in seguito gli operai della metallurgia pesante, manovali addetti alla manutenzione e ai trasporti (soprattutto cocchieri).

Per ciò che riguardava la motivazione degli scioperi, l’81% riguardava la difesa salario, le altre motivazioni andando per priorità erano: i problemi di organizzazione e di disciplina interna, come riflesso del rapporto di forza fra operai e capitalisti; infine, la riduzione della giornata di lavoro (anche allora era di 10 ore). La difesa dell’impiego ricopriva una parte minore, poiché le proteste erano dirette contro la concorrenza esercitata dalla manodopera straniera. Le rivendicazioni inerenti al diritto sindacale nel suo complesso occuperanno via via uno spazio sempre maggiore (calcolabile in un 10% dei conflitti nel 1889 e 1890).

Negli anni ’70 e ’80 dell’ottocento solo il 41% dei conflitti non era legato a nessun tipo di organizzazione e il 72% sfuggiva all’influenza del sindacato; al contrario, in diverse occasioni furono proprio le organizzazioni sindacali a essere create in occasioni degli scioperi.

era il nome del partito socialista francese nato nel 1905 dalla fusione di cinque tendenza e che tenne fino al 1971). Durante la prima guerra mondiale divenne interventista ed entrò nel governo. 4 Le federazioni di mestieri e le Bourse risultarono da subito le componenti maggioritarie della Cgt. 5 C. Willard, La France Ouvrière.

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A partire dal 1883, si registro un netto aumento degli scioperi organizzati. Nel 1890, infatti, i tre quarti dei conflitti erano supportati da una o più organizzazioni. Tra queste, i sindacati costituivano l’organizzazione guida, dirigendo il 46% dei conflitti. Questa scelta era dovuta in parte allo sviluppo del sindacalismo e, dall’altra parte, al fatto che lo sciopero era diventato il principale strumento di lotta.

3° La CGT fino allo scoppio della guerra mondiale imperialista

A livello politico, il sindacalismo francese era condizionato dalla molteplicità dei partiti socialisti presenti nel paese. Mentre negli altri paesi europei si svilupparono partiti socialdemocratici unitari di massa, fu quindi “naturale”, per il movimento sindacale di tali paesi, essere affiliato a quei partiti. In Francia, però negli anni ’90 del XIX secolo, c’era una mezza dozzina di partiti socialisti che si batteva l’uno contro l’altro e che si scindevano in continuazione.

Perciò quando fu fondata la Cgt, non c’erano solo anarchici ben noti come Pouget, ma anche socialisti riformisti dichiarati (i “possibilisti”) e dei giacobini di vecchio stampo. L’indipendenza dei sindacati dai partiti politici rappresentò inizialmente un adattamento empirico alla peculiarità della situazione francese, e soltanto in seguito fu sancita dalla dottrina sindacalista.

Pelloutier mirava a liberare il movimento operaio francese sia dai “maestri parlamentari”, i quali affermavano che “qualsiasi trasformazione sociale è subordinata alla conquista del potere politico”, sia, dai “maestri rivoluzionari” i quali avevano sostenuto che “nessuna iniziativa socialista sarebbe stata possibile prima del cataclisma purificatore”.6 Il sarcasmo verso i “maestri rivoluzionari” era diretto principalmente verso i blanquisti fautori dell’insurrezionalismo.

All’azione parlamentare e all’insurrezione i sindacalisti contrapposero come si diceva prima lo sciopero generale. La Carta di Amiens della Cgt, del 1906, dichiarò che l’organizzazione “prepara l’emancipazione integrale, che non può realizzarsi se non attraverso l’espropriazione dei capitalisti; preconizza come mezzo di azione lo sciopero generale”.

Sebbene la sconfitta della Comune di Parigi fosse ancora ben viva, i sindacalisti della Cgt supposero implicitamente che la borghesia francese fosse “troppo civile” da ricorrere al terrore di massa contro la classe operaia in difesa della sua proprietà. Nonostante le sue denunce contro il parlamentarismo, la dottrina sindacalista, si basava, a modo suo, su una serie di illusioni nella democrazia borghese.

Una delle precondizioni per uno sciopero generale rivoluzionario risiedeva nell’organizzazione della stragrande maggioranza degli operai nel movimento sindacale diretto dai sindacalisti. La strategia sindacalista implicava che la rivoluzione socialista fosse una prospettiva relativamente a lungo termine. Ma nel 1901, soltanto il 10% degli operai francesi erano membri di un qualche tipo di organizzazione sindacale. Un decennio dopo soltanto un operaio industriale su sei era sindacalizzato, e uno su dieci era iscritto alla Cgt. Persino all’apice della loro forza e della loro

6 F. Pelloutier, Storia delle Borse del Lavoro. Alle origini del movimento sindacale (1901), Jaca Book, Milano, 1976.

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influenza, i sindacalisti francesi non ebbero la capacità organizzativa di mettere in pratica il loro programma di uno sciopero generale per “espropriare la classe capitalista”.

Quando nel 1905, le diverse fazioni socialiste si unificarono per formare la Sfio (Section Française de L’Internationale Ouvrière) i sindacalisti dovettero definire i propri rapporti rispetto a un partito che rivendicava di rappresentare la classe operaia. La risposta fu la Carta di Amiens, che era una dichiarazione di indipendenza da tutti i partiti politici. Al parlamentarismo della Sfio i sindacalisti della Cgt contrapposero l’azione diretta. Che cosa tale termine significasse concretamente fu spiegato nel 1905 da E. Pouget nel Le Syndicat: “Se il miglioramento che chiedono è un problema di azione di governo, i sindacati perseguono tale obiettivo attraverso la pressione di massa sulle pubbliche autorità, non cercando di portare in parlamento dei deputati ad esso favorevoli. Se il miglioramento ricercato deve essere strappato direttamente ai capitalisti (…) i loro mezzi sono svariati, sebbene seguano sempre il principio dell’azione diretta. A seconda della situazione, essi fanno uso dello sciopero, del sabotaggio, del boicottaggio, dell’autorità del sindacato”.

Bisogna rilevare che, fondamentalmente, l’azione diretta era considerata e motivata come un mezzo più efficace della pressione parlamentare per strappare delle concessioni ai capitalisti e al governo.

In effetti, per oltre un quinquennio, la Cgt mise in atto una sorta di mobilitazione permanente che gettò la Francia in un clima di profonda inquietudine. L’ondata di scioperi che caratterizzò il 1906, sembrò preludere a uno sbocco insurrezionale, fu ben presto troncata dalla repressione governativa. Anche lo sciopero ferroviario del 1910, fu schiacciato rapidamente quando il governo incorporò i lavoratori nell’esercito e militarizzò le ferrovie. Comunque, tutti gli scioperi che la Cgt proclamò in questo periodo avevano, come scopo immediato e diretto l’ottenimento da parte dei capitalisti (e dal governo) di salari più alti, di giornate lavorative più brevi e di migliori condizioni lavorative. I sindacalisti rivoluzionari francesi non s’impegnarono mai in scioperi – neppure in scioperi di protesta - per obiettivi politici.

Queste sconfitte ebbero delle conseguenze sulla Cgt e nel movimento operaio francese. La Cgt vide dimezzare i propri iscritti (i 700.000 aderenti nel 1911 si ridussero a 300.000 tre anni dopo), mentre al contrario la Sfio riesce a crescere il suo credito negli ambienti operai, soprattutto grazie a due grandi campagne: la prima è quella contro il carovita, in favore della creazione di cooperative di consumo e di servizi pubblici municipali, la seconda si svolge contro la “legge dei tre anni”, che allunga di un anno la durata del servizio. Senza tenere conto di queste due grandi campagne nazionali e del riscontro che ebbero, non si spiegherebbero né l’aumento delle adesioni al partito, né il successo elettorale della primavera del 1914. La Sfio, che al momento della sua nascita nel 1905 aveva 34.000 aderenti, nel 1914 ne aveva quasi 90.000 e raccoglierà nelle elezioni del 1914 più di 1.400.000 voti (quasi il 17% degli elettori), che le varranno 102 deputati.

Il predominio del sindacalismo rivoluzionario in seno al movimento operaio francese coincise con la minaccia di una guerra imperialista su scala europea. L’antimilitarismo fu quindi un elemento chiave della dottrina sindacalista francese, e il congresso della Cgt del 1908 a Marsiglia adottò la seguente risoluzione: “Il Congresso ripete la formula della (Prima) Internazionale: ‘Gli operai non hanno patria’; e aggiunge;

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Visto che, di conseguenza, ogni guerra non è che un oltraggio contro i lavoratori, e si tratta di un mezzo sanguinoso e terribile per distoglierli dalle loro rivendicazioni, il Congresso dichiara necessario, dal punto di vista internazionale, istruire i lavoratori affinché in caso di guerra rispondano alla dichiarazione di guerra con la dichiarazione di uno generale rivoluzionario”.

Queste dichiarazioni rimasero in realtà solo delle belle parole. Quando giunse il momento della verifica, nell’agosto del 1914, la Cgt non fece nulla. Nessun appello allo sciopero generale e neppure una manifestazione contro la guerra. Un certo numero di dirigenti della Cgt, in particolare il suo segretario generale Léon Jouhaux, annunciarono immediatamente il loro appoggio alla guerra e, in seguito collaborarono strettamente con il governo nel mobilitarla classe operaia per il macello imperialista. Quei militanti sindacalisti che come Pierre Monatte e Alfred Rosmer che, rimasero fedeli ai principi dell’internazionalismo proletario si ritrovarono a far parte di una minoranza isolata all’interno di un’organizzazione in cui soltanto il giorno prima erano ancora delle figure dirigenti e rispettate.

Le scelte della Cgt, erano state prefigurate in precedenza da tutta una serie di scelte prese e dalla prassi che tenne in determinati momenti della storia politica francese ed europea. Durante la crisi marocchina del 1905 – una diatriba interimperialista che aveva come posta in gioco l’influenza in Marocco – tutti in Francia pensarono che la guerra con la Germania potesse scoppiare in ogni momento. I dirigenti della Cgt non fecero nulla di più che convocare manifestazioni e pubblicare manifesti. Non vi fu alcun tentativo di organizzare scioperi di protesta. Quando nel 1913 il governo francese estese la durata del servizio militare obbligatorio dai due ai tre anni, i dirigenti della Cgt respinsero l’eventualità di proclamare uno sciopero generale contro tale provvedimento che era largamente impopolare.

L’antimilitarismo della Cgt in definitiva era quasi esclusivamente un’opposizione alla guerra contro la Germania. Quando nel 1911 le truppe francesi repressero in Marocco una ribellione e nell’anno seguente il Marocco fu formalmente trasformato in protettorato francese, la Cgt non mosse un dito. La direzione della Cgt fu effettivamente indifferente alle conquiste coloniali dello stato imperialista francese.

I sindacalisti rivoluzionari francesi limitarono l’azione diretta solamente nella sfera delle relazioni economiche, tra operai e capitalisti. Probabilmente uno dei motivi di tutto ciò, fu l’adagiarsi ai pregiudizi nazionalisti presenti in molti operai della Cgt. Se ad esempio, i dirigenti della Cgt avessero dichiarato uno sciopero contro l’intervento militare francese in Marocco, c’era la paura di incontrare una significativa opposizione all’interno delle loro file, fino ad arrivare perfino a una scissione.

I sindacalisti rivoluzionari francesi organizzarono e diressero un’organizzazione operaia in primo luogo sulla base di un sindacalismo combattivo. Essi non preparano mai realmente i lavoratori che dirigevano e influenzavano a uno scontro decisivo con lo Stato borghese, ma piuttosto si adattarono sempre più alla coscienza politica della loro base. 7

7 Trotskij nel suo articolo del 1929 Comunismo e sindacalismo disse: “Gli epigoni del sindacalismo vorrebbero farci credere che i sindacati sono sufficienti di per sé stessi. Teoricamente parlando,

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Il sindacalismo rivoluzionario italiano.

Dall’inizio del secolo XX allo scoppio della guerra mondiale

Il movimento sindacalista francese fu, a un tempo, il terreno di coltura del sindacalismo europeo e la sua espressione più moderata. Esportate in Italia e in Spagna, le dottrine del sindacalismo rivoluzionario assunsero espressioni più radicali.

Anche a causa dello scarso sviluppo industriale, la diffusione del movimento socialista e sindacale era prevalentemente concentrata nelle aree centrosettentrionali, inoltre, la presenza socialista mostrava una forte caratteristica provinciale; il PSI si mostrava radicato in molte realtà più periferiche rispetto alle linee dello sviluppo industriale e tra i contadini in primo luogo della Pianura Padana. Una delle forme peculiari dell’insediamento socialista in quest’area fu rappresentata da proprio dal nesso strettissimo che – in seguito alla progressiva conquista da parte dei socialisti di molti comuni da parte dei socialisti nel ventennio che precedette l’avvento del fascismo - si venne a stabilire tra leghe agrarie, le amministrazioni comunali, che si fecero promotrici della municipalizzazione di alcuni servizi e il movimento cooperativo.

In ogni caso, la complessiva debolezza del movimento operaio italiano si rifletteva nel rapporto tra il PSI e le organizzazioni sindacali, che nel corso di tutta la fase che precedette il fascismo si rivelò complesso. Il movimento sindacale si era strutturato secondo le due modalità organizzative prevalenti: le federazioni di mestiere e le Camere del Lavoro. Le federazioni di mestiere erano sorte nella maggior parte dei casi ai primi del Novecento e avevano conosciuto una rapida diffusione nazionale arrivando a contare il 1902 altri 200.000 iscritti. Si trattava di strutture che organizzavano verticalmente le diverse categorie operaie. La maggioranza delle federazioni di categoria salvo alcune eccezioni (come la Federazione dei ferrovieri) costituì dei punti di forza dei settori riformisti del PSI.8 Sorte sul modello francese, con il carattere di ufficio di collocamento e di arbitrato nelle vertenze sindacali, le Camere del Lavoro avevano avuto una grande diffusione negli anni Novanta dell’Ottocento. Queste strutture riunivano orizzontalmente e in conformità a un criterio territoriale tutte le categorie di lavoratori. Col passare degli anni avevano allargato le loro funzioni fino a configurarsi in molte realtà come centri propulsivi delle organizzazioni operaie e di resistenza. Questo tipo d’istituzioni, conobbe all’inizio del Novecento una notevole generalizzazione (da 14 che erano nel 1900 diventarono 76 nel 1902). Malgrado che nei loro statuti facessero professione di apoliticità, le Camere del Lavoro in molte città, giacché organizzavano anche i lavoratori non qualificati e i disoccupati, vedevano al loro una forte presenza anarchica ed esprimevano un atteggiamento politico più radicale rispetto alle Federazioni di mestiere.

In Italia, il movimento sindacalista nacque all’interno del PSI e fu originariamente diretto da uomini che si consideravano marxisti ortodossi. Il primo organo del sindacalismo rivoluzionario italiano fu il giornale L’Avanguardia socialista, fondato nel 1902 da Arturo Labriola. Gramsci

questo non vuol dire nulla, ma in pratica significa lo scioglimento dell’avanguardia rivoluzionaria nella masse arretrate, cioè nei sindacati”.

8 Ciò era determinato dal fatto che molte di queste Federazioni non erano esenti da tendenza di tipo corporativo.

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definì il primo sindacalismo italiano come: “l’espressione istintiva, elementare, primitiva, ma sana, della reazione operaia contro il blocco con la borghesia e per un blocco con i contadini”.9

L’ala sindacalista del PSI fu per cinque anni percepita come una sorte di parafrasi dell’esperienza d’oltralpe in chiave socialista, ben rappresentata dagli scritti di Arturo Labriola.

In occasione del Congresso regionale lombardo del PSI svoltasi a Brescia nel 1904, la corrente sindacalista fece approvare una mozione che dichiarava: “Riaffermando il carattere permanente ed intrasigentemente rivoluzionario e contrario allo stato borghese dell’azione proletaria, il Congresso dichiara degenerazione dello spirito socialista la trasformazione dell’organizzazione politica della classe operaia in partito prevalentemente parlamentare, costituzionale e possibilista monarchico; respinge quindi come incoerente con il principio della lotta di classe e con la vera essenza della conquista proletaria dei pubblici poteri ogni collaborazione del proletariato colla borghesia, sia mediante la partecipazione a qualunque Governo monarchico o repubblicano di iscritti al partito, sia mediante l’appoggio a qualunque indirizzo di Governo della classe borghese”.

Al Congresso nazionale del PSI che si svolse Bologna (1904) le correnti di sinistra (gli intransigenti di Ferri in alleanza con i sindacalisti rivoluzionari) del PSI, che nel mese precedente avevano assunto il controllo di alcune delle più importanti federazioni socialiste, conquistano la maggioranza e assunsero la direzione del partito.

Labriola e la corrente sindacalista rivoluzionaria propagandavano incessantemente lo sciopero generale. Appena cinque mesi dopo il Congresso di Brescia e poche settimane dopo che il Congresso di Amsterdam della Seconda Internazionale (agosto 1904) ebbe respinto l’applicabilità dello sciopero generale, un tale sciopero dilagò in tutta Italia nel settembre del 1904. Esso fu proclamato dopo l’ennesimo eccidio di lavoratori compiuto dalla forza pubblica a Buggeru in Sardegna per protestare contro la violenza repressiva scatenata dal governo nei confronti delle manifestazioni operaie. Esso si svolse senza incidenti di grande rilievo per la scelta dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Giolitti di lasciare che esso si esaurisse da solo e si risolse in una sconfitta, mostrando la forza ma anche i limiti del movimento e mettendo in evidenza l’ineguale diffusione del socialismo nelle diverse aree geografiche e l’assenza di un solido collegamento politico e sindacale a livello nazionale.

I sindacalisti rivoluzionari erano consapevoli che una delle cause del fallimento dello sciopero generale è stato l’assenza di un progetto politico e di un coordinamento. Ma, soprattutto, sono consapevoli che la Direzione del PSI non ha potuto (e neanche voleva) orientare il movimento in senso rivoluzionario. Per i sostenitori del sindacalismo rivoluzionario, dunque, il svolgersi degli eventi da un’ulteriore prova del divorzio tra il partito socialista, essenzialmente riformista e il proletariato “essenzialmente rivoluzionario”. Traggono da questo primo impatto con la prassi dell’idea dello sciopero generale, l’aspetto positivo che il nord industrializzato abbia risposto con uno sciopero a scontri che avevano avuto vittime tra i lavoratori del sud. Inoltre, per tutta la durata dell’agitazione, il centro operativo del movimento è stato la Camera del Lavoro e non il partito, il

9 A. Gramsci, Alcuni temi della questione meridionale, 1926, in A. Gramsci, La costruzione del Partito Comunista 1923-1926, Einaudi Torino, 1971.

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che significa dal punto di vista dei sindacalisti rivoluzionari, che le idee di Sorel iniziavano a essere applicate anche in Italia.

Gli esiti dello sciopero generale del 1904 e, più in generale, gli insuccessi nelle lotte rivendicative del biennio 1904-1905 portarono a una riorganizzazione del movimento sindacale, con la nascita nel 1906 della Confederazione generale del lavoro (Cgl) – che guidata da R. Rigola (fino al 1918) diventò un caposaldo dei riformisti. La stipulazione di un accordo formale tra la Direzione socialista e la Cgl (Firenze ottobre 1907), che rispecchiava l’impostazione data dal Congresso della Seconda Internazionale a Stoccarda (agosto 1907), stabiliva che la PSI spettava la direzione del movimento politico, mentre alla Cgl quello del movimento economico. Quest’accordo limitava l’attività del partito che, anche nel caso di scioperi politici o di azioni di solidarietà, avrebbe dovuto procedere in accordo con la Confederazione.

I riformisti riuscirono a riconquistare progressivamente una posizione preminente nel PSI, aiutati dalla crisi che investì la coalizione che era uscita vincente nel Congresso di Bologna. Già nel 1906 al Congresso di Roma, dove fu rifiutata la proposta di fare il sindacato, il luogo privilegiato della lotta socialista e i sostenitori della mozione si trovarono minoritari e isolati, ma soprattutto, al Congresso di Firenze del settembre 1908 riassunsero completamente la guida del PSI. I riformisti – che potevano avvalersi dell’appoggio della Cgl – sfruttarono a loro favore gli insuccessi degli scioperi promossi negli anni precedenti dai sindacalisti rivoluzionari e culminati nel 1908 con lo sciopero dei braccianti di Parma, che ne era la loro roccaforte.

Nel luglio del 1907, in occasione di un’assemblea di sindacalisti rivoluzionari che si tenne a Ferrara (dove le organizzazioni sindacali, particolarmente forti e organizzate, avevano organizzato con successo alcuni scioperi nel maggio e nel giugno dello stesso anno) si decise che il movimento esca dal PSI per concentrare tutti i suoi sforzi sulla politica sindacale. In quest’ottica va vista la decisione di rafforzare la presenza nella Cgl, dove al congresso di fondazione avevano raccolto, insieme agli anarchici, un terzo dei voti, e potevano contare soprattutto sull’adesione di molte Camere del Lavoro. Nel novembre del 1907, durante una riunione che ha luogo a Parma, i sindacalisti rivoluzionari decidono di creare un Movimento nazionale di resistenza, per combattere la politica riformista della Cgl. Una nuova generazione di attivisti, formatasi con la frequentazione delle Camere del Lavoro e dagli scioperi duri, prende la direzione delle lotte in corso. In effetti, già all’indomani dello sciopero generale del 1904 alcuni militanti operai, radicalizzano la propria posizione, cominciano a dare ascolto all’ideologia sindacalista rivoluzionaria. Il sindacalismo rivoluzionario, acquista così un reale peso storico, tramutandosi in una forza dotata d’impatto sociale. I più brillanti dei nuovi agitatori sindacali alla testa dei grandi scioperi contadini del 1907 e del 1908, diventeranno i dirigenti del sindacalismo rivoluzionario: Michele Bianchi, Alceste De Ambris, Filippo Corridoni: uomini che concepiscono il sindacalismo come una lotta radicale, di classe e antipartitica, convinti che un’élite operaia ben organizzata possa sempre catalizzare attorno a sé il conflitto con la borghesia e uscirne vittoriosa.

La tesi dell’élite sindacalista combattente sarà messa alla prova dei fatti, nel 1908, con lo sciopero contadino di Parma, punto culminante dello scontro che vedeva opposti gli operai agricoli organizzati all’associazione dei proprietari terrieri. Lo sciopero inizia il primo maggio, come risposta di tutti i lavoratori alla serrata decisa dai proprietari, giunta ormai al suo 43° giorno. In breve tempo la Camera del Lavoro di Parma diventa centro nevralgico del movimento,

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organizzando nel frattempo la solidarietà con gli scioperanti, grazie ai contributi versati dagli aderenti al sindacato. Alto è il livello della disciplina interna e dell’organizzazione, il che permette a più di 33.000 lavoratori di cessare ogni attività per oltre otto settimane. Lo sciopero si schiude con l’intervento dell’esercito, che dopo lo scontro tra scioperanti e crumiri (protetti dalle forze dell’ordine), occupa la Camera del Lavoro, confiscando il fondo di solidarietà e vari documenti.

Uno degli argomenti costanti della propaganda sindacalista fu quello antimilitarista dello sciopero generale contro la guerra. In Italia vi fu il tentativo di metterlo in pratica, nel settembre 1911, contro la guerra di conquista della Libia. Tuttavia anche se appoggiato (tiepidamente) dal PSI e dalla Cgl, lo sciopero non riuscì a modificare nulla. In più all’interno del movimento sindacalista la componente intellettuale capitanata ad Arturo Labriola appoggiò l’intervento militare. Cercando di combinare il sindacalismo con il nazionalismo, essi seguivano l’esempio di Sorel che in quello stesso periodo, in Francia, stava collaborando con il movimento reazionario nazional-monarchico dell’Action Française. Comunque l’atteggiamento generale del movimento permane antimilitarista.

Riunitisi in congresso a Modena, i sindacalisti rivoluzionari, quando crearono, insieme agli anarchici, all’Unione sindacale italiana (Usi), che avrà più di 100.000 membri alla fine del 191310 quando la Cgl ne contava 300.000.

I membri dell’USI svolgono un’attività intensa, impegnandosi in numerose vertenze, sia nel settore agricolo che in quello industriale. Nel 1913 l’USI diresse le maggiori agitazioni operaie, favorita anche da un certo appoggio da parte del PSI dove la sinistra intransigente e massimalista nel Congresso di Reggio Emilia (1912) aveva conquistato la maggioranza. Gli epicentri delle lotte operaie furono prima Torino e poi Milano, dove gli operai metallurgici s’imposero come avanguardia del proletariato.

L’Unione Sindacale Milanese (USM), a meno di due settimane della sua costituzione, diresse una vertenza tra gli operai delle ditte automobilistiche milanesi (Isotta Fraschini, E. Bianchi e Alfa). L’Internazionale del 19 aprile 1913 recava, nella rubrica Cronache operaie italiane, una breve nota in cui s’informava che l’80% degli operai delle tre fabbriche aveva approvato un memoriale e l’eventuale sciopero, qualora il memoriale fosse respinto, aggiungendo “è opinione comune che il risultato delle trattative fosse nullo”.11 Poiché la previsione era esatta, lo stesso 19 aprile gli oltre mille operai dei tre stabilimenti si astenevano dal lavoro, iniziando uno sciopero che si sarebbe poi esteso gradualmente ad altre fabbriche e dal 19 maggio avrebbe coinvolto tutto il comparto metallurgico, fino a raggiungere la soglia dei 40.000 scioperanti. Nei giorni 27 e 29 maggio, poi, lo sciopero era appoggiato dall’astensione di oltre 2000 tramvieri, il cui sindacato aveva come segretario Alceste De Ambris. L’estensione dello sciopero al personale tramviario provocò degli scontri violenti e l’arresto di numerosi leader sindacali e politici, tra cui Decio Bacchi (segretario del sindacato metallurgico dell’USM) e di Corridoni. I sindacalisti rivoluzionari riuscirono a mantenere un certo grado di compattezza e unità all’interno dei metallurgici. La Camera del Lavoro e la FIOM erano tagliate fuori perché emarginate, a causa dalla strategia adottata in precedenza, dal tessuto operaio. Scriveva il Questore: “I socialisti nella presente contingenza non hanno e trovano 10 Secondo M. Antonioli, nel suo libro Azione diretta e organizzazione operaia. Sindacalismo rivoluzionario e anarchismo tra la fine dell’ottocento e il fascismo, Piero Lacata Editore, gli aderenti all’USI nel 1912 erano 87.100. 11 Alla vigilia dello sciopero degli automobilisti, L’Internazionale, 19 aprile 1913.

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seguito per opporre serio e risoluto ostacolo alla tendenza da cui per l’occasione sembrano dominante alcune classi lavoratrici per l’Unione sindacale”.12 L’atteggiamento della segreteria nazionale della Cgl era quello della consueta tattica riformista di circoscrivere la lotta e di limitare la solidarietà all’aspetto finanziario, utilizzando forme di mediazione politica, che difficilmente avrebbe potuto funzionare data l’intransigenza degli interlocutori e delle autorità cittadine e centrali. Questo sciopero terminò alla fine di maggio, con un accordo tra le parti piuttosto modesto se rapportato alle richieste operaie. Nel resoconto dell’Avanti dell’assemblea tenutasi all’USM per annunciare il contenuto del concordato, Pulvio Zocchi, segretario della commissione delegata alle trattative, faceva rilevare che “la vittoria odierna non è tanto nei miglioramenti economici conseguiti, quanto nel riconoscimento dell’organizzazione stessa e nell’affermazione dei suoi principi”.13

Ma le condanne inflitte al Bacchi e agli altri organizzatori dell’USM (Corridoni invece sarebbe stato processato agli inizi di luglio, condannato e rimesso in libertà il 14 settembre) provacarono, due settimane dopo, un nuovo sciopero generale cittadino, cui aderiva anche la Camera del Lavoro che in questo modo tentava di uscire dal suo isolamento, mentre Mussolini promuoveva attivamente la mobilitazione e utilizzava la spinta unitaria contro il vertice della Cgl. La critica da parte dei vertici del PSI e soprattutto l’intesa tra la Camera del Lavoro di Milano e l’USM senza che la Cgl fosse preavvertita, portarono alle dimissioni di Rigola e del Comitato Direttivo della Confederazione. Che l’adesione della Camera del Lavoro di Milano non fosse semplicemente di facciata lo si vide il 16 giugno, quando una folla di 40.000 operai riunita a comizio alla Casa del popolo, tentava di portarsi in corto nel centro cittadino scontandosi con le forze dell’ordine che accerchiavano la zona. Numerosi furono i feriti e i fermati, tra i quali figuravano anche il segretario camerale, Adelino Marchetti. Il giorno seguente rappresentanti della Camera del Lavoro e dell’USM concordarono la chiusura dello sciopero, riuscendo a convincere la massa recalcitrante degli scioperanti solo con l’annuncio dell’impegno del Prefetto a lasciare in libertà gli arrestati.

Appena terminatosi lo sciopero generale, e nel mezzo della crisi confederale, scoppiava a Milano un nuovo sciopero, quello del materiale mobile ferroviario, destinato a prolungarsi per i due mesi successivi. Lo sciopero, iniziato il 19 giugno, si trasforma il 28 luglio in uno sciopero generale metallurgico, diventato il 4 agosto uno sciopero generale cittadino e poi uno sciopero generale nazionale, che si effettuerà l’11 e il 12 agosto nelle zone nelle quali i sindacalisti erano più forti e in genere nei centri industriali del centro-nord, con l’eccezione di Torino, dove era in atto un’ondata repressiva dopo la conclusiva degli automobilisti. L’atteggiamento della Camera del Lavoro appariva mutato rispetto a quello tenuto in occasione dello sciopero generale di maggio. In questa circostanza il vertice camerale non si mostrava contrario all’agitazione, non tentava di ostacolarla né di circoscriverla, bensì manteneva una posizione “neutrale” che però diventava favorevole dopo una riunione tenutosi il 7 agosto nei locali dell’Avanti, alla presenza di Lazzari, Rigola e Mussolini. La fine dello sciopero generale a Milano, in conformità a un compromesso definito “un puro e semplice armistizio, (…) un rinvio della soluzione, apparentemente per ragioni tecniche e di elaborazione dei dati, in realtà per una precisa valutazione politica circa il reciproco grado di

12 Asmi, Pref. Mi, Gab., serie I, busta 302, Agitazione e scioperi operai, 1913, questore e prefetto, 24 maggio 1913. 13 Lo sciopero automobilistico è finito. Il lavoro sarà ripreso domani, Avanti, 31 maggio 1913.

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resistenza delle due forze in campo”14 era accolta con sollievo da parte della Camera del Lavoro. Lo sciopero di agosto aveva mostrato non solo una leadership camerale che inseguiva i sindacalisti, ma aveva fatto affiorare una crescente divisione interna destinata a diventare sempre più profonda15e in qualche modo a condizionare la linea della Camera del Lavoro nei mesi successivi.

Durante gli scioperi del 1913 la Cgl ebbe difficoltà enormi a imporre le sue direttive alla Camera del Lavoro di Milano. Questo periodo di lotta portò alla ribalta la grande fabbrica, assommando due differenti cicli di rivendicazione, espressione della collocazione nel ciclo di produzione. Da un lato gli operai professionalizzati in categorie come tipografi, muratori, ferrovieri orientati verso rivendicazioni volte alla delimitazione del potere decisionale del padronato in fabbrica, dall’altra la forza di lavoro generica, la cui preoccupazione principale era rivalutazione salariale in senso egualitario e la trasformazione del cottimo. D’altronde il lento e graduale passaggio dal sindacato di mestiere al sindacato di industria ebbe una forte accelerazione. La categoria perse i suoi connotati corporativi, e la struttura sindacale si adattò alle trasformazioni portando, a partire degli anni ’10, a uno spostamento del baricentro nei rapporti tra i vari livelli sindacali a favore di quello federale, processo che troverà la sua manifestazione più chiara negli anni della prima guerra mondiale imperialista.

Alla vigilia della prima guerra mondiale imperialista, uno sciopero generale su scala nazionale eruppe come reazione all’uccisione di alcuni manifestanti antimilitaristi ad Ancona. Viene dichiarato lo sciopero generale, che coinvolge tutto il paese. Sostengono l’astensione del lavoro il PSI, la Cgl e il Sindacato dei ferrovieri (SFI). A Milano Corridoni e Mussolini prendono la testa di numerosi manifestanti. In qualche zona lo sciopero prende le sembianze di una e vera e propria rivolta, come in Romagna, dove si giunge quasi alla ribellione armata. Durante, quella che fu chiamata la “Settimana rossa” che durò dal 7 al 14 giugno 1914, molti sindacalisti rivoluzionari pensarono che fosse giunto il momento per la rivolta generale che avevano tanto a lungo predicato, per abbattere il governo, la monarchia e il dominio della borghesia. Ma mancando di un piano di azione per la lotta rivoluzionaria decisiva e di una direzione temprata che lo mettesse in pratica, ben presto lo sciopero si esaurì.

Il sindacalismo nazionale in Italia

Subito dopo si profila il problema dell’intervento nella guerra mondiale imperialista. Quasi tutte le componenti del sindacalismo concordavano che in caso di conflitto generalizzato l’Italia sarebbe dovuto scendere in campo a fianco della Francia e della Gran Bretagna. L’impero prussiano legato all’Austria – Ungheria, rappresentava il simbolo stesso della reazione. Allo scoppio delle ostilità il sindacalismo rivoluzionario prese la testa dell’interventismo di sinistra. Il che provocò forti dissidi all’interno dell’USI, che aveva adottato nell’agosto del 1914 una risoluzione che chiedeva all’Italia di restare neutrale, minacciando nello stesso tempo di dichiarare uno sciopero generale rivoluzionario nel caso in cui il governo avesse deciso, nonostante tutto di entrare in guerra e quale che fosse il campo che eventualmente avesse scelto.

14 A. Pepe, Lotta di classe e crisi industriale in Italia p.204. 15 Questa divisione rifletteva quelle che c’erano nel PSI.

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Il 18 agosto 1914, alla tribuna dell’U.S.M., Alceste De Ambris lancia un violento attacco contro il neutralismo, sostenendo la necessità di aiutare la Francia e la Gran Bretagna contro la reazione teutonica e mettendo la guerra sullo stesso piano della rivoluzione francese. Questa dichiarazione a cui aderiscono alcuni sindacalisti rivoluzionari membri dell’USI (tra cui Corridoni, il capo dell’U.S.M., che in quel momento era in prigione), provoca una profonda spaccatura nell’organizzazione. La maggioranza guidata dall’anarchico Armando Borghi, sceglie la neutralità, mentre l’U.S.M., la Camera del Lavoro di Parma e un certo numero di sindacalisti rivoluzionari escono dall’USI e fondano all’inizio dell’ottobre 1914, il Fascio rivoluzionario di azione internazionalista. Al Fascio aderisce prontamente Mussolini decidendo di abbandonare la posizione neutralistica del PSI e cominciando la pubblicazione nel novembre 1914 del Popolo d’Italia.

Quando l’Italia entra in guerra, l’evoluzione ideologica del sindacalismo rivoluzionario ha aggiunto ormai un punto di non ritorno. La sintesi socialista nazionale che era maturata prima del 1914, la prova del fuoco della guerra imperialista accelerò ulteriormente questo processo.

Il 1917 è l’anno della disfatta di Caporetto e della rivoluzione di ottobre. I sindacalisti interventisti, si schierarono più che mai con la nazione (borghese) contro una rivoluzione che mette in pericolo l’interesse nazionale ma che rappresenta un modello di una rivoluzione “distruttrice”.

Perciò e del tutto naturale che nel maggio 1918 alcuni sindacalisti rivoluzionari, assieme alcuni socialisti autonomi (non appartenenti al PSI) fondano l’Unione Socialista Italiana (USI), un movimento politico che si presenta come una sintesi delle posizioni interventiste di sinistra con le ideologie nazionalistiche e rivoluzionarie. Nelle elezioni del 1919, l’USI conquista 12 seggi in Parlamento: tra gli eletti, Arturo Labriola, che accettò il ministero del lavoro, propostogli da Giolitti.

Nel giugno 1918 è fondata l’Unione Italiane del Lavoro (UIL), da parte dei sindacalisti interventisti. L'Unione sindacale milanese e i metalmeccanici che organizzava, la Camera di Lavoro di Parma e i lavoratori agricoli che la componevano ne erano le roccaforti, ma ebbe influenza anche negli ambienti sindacali repubblicani romagnoli, fra gli operai di La Spezia, nonché fra gli impiegati, specialmente di Roma. Il sindacato si distinse per le sue posizioni patriottiche, anti-colletiviste e anti-socialiste, per il suo progetto di Parlamento corporativo legiferante (nell'ambito della riforma del Consiglio superiore del Lavoro). Il giornale della Confederazione L’Italia Nostra che prenderà in seguito il nome di Battaglie dell’U.I.L. fa suo lo slogan La patria non si nega, si conquista!, e la UIL diventa, negli anni del biennio rosso, tra il 1919 e il 1920, il centro di raccordo di un movimento che si vuole sindacalista e nazionale.

Lo sciopero di Dalmine scoppia nel marzo 1919, dove gli operai occuparono lo stabilimento. Per la prima volta, gruppi di operai sindacalizzati cercano di dimostrarsi capaci di dirigere la produzione e di gestire la produzione e di gestire la fabbrica. Ma in pochi giorni lo sciopero è represso dall’esercito. I capi dell’agitazione appartenenti alla UIL, attribuiranno il fallimento agli intrighi del PSI e della Cgl.

Da questo momento, l’ideologia sindacalista nazionale sosterrà l’idea della partecipazione diretta alla gestione dell’impresa. Quando nell’agosto-settembre 1920 gli operai occupano le fabbriche, i sindacalisti della UIL ritengono che gli operai, per evitare un intervento violento da parte dello

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Stato, che gli operai entrare in possesso dell’intero settore industriale, facendolo funzionare appieno.

I leader del sindacalismo nazionale (com’è giusto definirli) presentano la loro proposta di autogestione al ministro del lavoro Arturo Labriola e al presidente del consiglio Giolitti, che riesce alla fine con un compromesso con la Cgl riesce a far cessare l’occupazione delle fabbriche.

I sindacalisti nazionali ritenevano che la vera natura del conflitto in Italia durante il periodo del biennio rosso fosse di natura politica ma soprattutto economica, ritengono che lo sciopero generale, per quanto provocato da fattori economici, deve arrivare a una soluzione di ordine politico, da applicare a tutto il paese. Questa idea avrà come sbocco una concezione di tipo corporativismo e produttivistico, in conformità a un modello economico molto lontano dal socialismo marxista, che pur aveva costituito, quasi vent’anni prima, il punto di partenza e la teoria di riferimento dei sindacalisti rivoluzionari.

Quando, nel settembre 1919, scoppia l’affare di Fiume, il sindacalismo nazionale si schiera senza esitazione con D’Annunzio: per la UIL, Fiume è parte integrante dell’Italia. De Ambris, che vi aveva soggiornato alla fine del 1919, torna nella città istriana nel gennaio dell’anno seguente, con la mansione di segretario di gabinetto del Comando della città. Con questo titolo, il leader sindacale presenta a D’Annunzio un primo abbozzo del testo che diventerà, alcuni mesi dopo, la nuova costituzione della città: la Carta del Carnaro. Questo documento politico, che da molti è considerato una delle principali prefigurazioni del corporativismo fascista, diventerà nel 1920 il manifesto del sindacalismo nazionale.

L’insuccesso dell’occupazione delle fabbriche e il fallimento dell’impresa fiumana sono alla base della decisione presa da molti ex sindacalisti rivoluzionari (ora sindacalisti nazionali) di passare sotto la bandiera fascista. Fondato da Mussolini a Milano dopo la manifestazione di Piazza Santo Stefano, il 23 marzo 1919, il movimento fascista conta tra i suoi membri fondatori eminenti dirigenti del sindacalismo rivoluzionario, da Agostino Lanzillo a Miche Bianchi. Tra il 1919 e il 1920, i legami tra il fascismo e il sindacalismo si fanno sempre più stretti fino al momento in cui, verso la fine del 1920, il fascismo non mostrerà – specialmente nelle campagne – il suo lato più violento e reazionario.

Negli anni 1920-22 si assiste al rafforzamento del fascismo come movimento politico. Dal punto del sindacalismo, in questi anni, si tratta di sapere se sia possibile cambiare il fascismo dall’interno oppure se, al contrario, si debba cercare di dividerlo per recuperarne l’ala sinistra. Prevale alla fine la prima soluzione: aderiscono al movimento fascista, allora, numerosi esponenti del sindacalismo, compresi alcuni teorici e dirigenti di prestigio, Panunzio, Orazio, Olivetti, Bianchi, Rossi, Dinale. Saranno quasi tutti leali servitori del movimento e poi del regime, e lo resteranno anche quando, nel fascismo trionfante, ben poco sarà sopravvissuto degli obiettivi del sindacalismo rivoluzionario.16

16 Senza dimenticare che altri sindacalisti come Alceste De Ambris, divennero degli antifascisti.

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L’USI dopo il 1914

L’USI resistette alla bufera interventista del settembre 1914, che testimoniava la profonda vocazione internazionalista della maggior parte dei quadri e della base, ma anche e soprattutto su come l’USI avesse ormai radici tanto solide nelle realtà locali da poter resistere alla “svolta” interventista della sua leadership quasi al completo. Secondo un documento stilato verso la fine del 1917 da Armando Borghi17 l’USI contava 48.000 aderenti, concentrati soprattutto in Liguria e Toscana (metallurgici e minatori). Cifra non irrilevante, se si tiene conto che molte delle organizzazioni locali, soprattutto in campo agricolo e nel settore edilizio erano state completamente svuotate dalla chiamata alle armi. Naturalmente non è solo con il numero delle tessere, o solo con queste, che si può valutare il peso effettivo di un organismo sindacale, ma è certo che la stessa continuità organizzativa in periodi così difficili – non bisogna dimenticare che l’USI non faceva parte del Comitato di Mobilitazione Industriale – non deve essere sottovalutata.

Alla fine del conflitto l’USI era in grado di riorganizzare le proprie file proprio partendo dalle posizioni conservate durante il periodo bellico. Stando alle cifre nel 1919-1920 l’organismo avrebbe avuto 180.000 iscritti a metà del 1919, circa 300.000 gli inizi del ’20 e circa 500.000 nell’autunno dello stesso anno. Può darsi che questi dati sino inflazionati, ma il punto è che la sproporzione di forze con la Cgl era sensibile, ma è altrettanto vero che alcune centinaia di migliaia di aderenti non possono essere completamente dimenticati.

L’organizzazione sindacalista tra la fine del 1922 e gli inizi del 1923 fu in pratica distrutta. Ugo Fedeli ha scritto nella sua Breve storia dell’Unione Sindacale Italiana18 “In realtà, dopo l’andata al potere fascisti, nell’ottobre del 1922, le attività sindacali erano difficilissime, e quasi impossibile il semplice riunirsi. L’USI ebbe quasi subito le sue sedi e le sue Camere del Lavoro distrutte; imprigionati e costretti a fuggire all’estero i suoi militanti, essa fu costretta ogni attività in Italia”. Un esposto dell’USI al Ministero dell’Interno del novembre 1922, firmato Borghi, Giovannetti, Meschi, Negro, parlava di “quasi tutte le … organizzazioni Sindacali e Camere del Lavoro distrutte o poste in condizione di non poter funzionare regolarmente, specie in seguito all’occupazione delle proprie sedi da parte delle autorità e col tacito assenso di queste”.19 Alla fine del 1923 l’organo centrale dell’organizzazione Guerra di classe era stato chiuso dalle autorità.

Nel 1924, anche a seguito del clima politico all’assassinio di Matteotti, il movimento sindacalista sembrava dare segni di nuova vitalità. Nell’ottobre di quell’anno vedeva il primo numero di Rassegna Sindacale, rivista mensile dell’USI, uscita fino al giugno del 1925. Questa ripresa non “dovuta alla diminuita pressione fascista, ma soprattutto all’accresciuta capacità di resistenza delle masse alle azioni violente che tuttora si esercitano, ove più o meno, sugli individui e sulle collettività operaie”. “In Liguria le masse operaie hanno intensificato la loro attività organizzativa…In Puglia si è in pieno rigoglio di riorganizzazione provinciale … 17 V. Antonioli, B, Bezza, Alcune linee interpretative per una storia dell’Unione Sindacale Italiana un inedito di Armando Borghi, in Primo Maggio, giugno-settembre 1973 18 In Volontà, giugno/luglio/agosto 1957. 19 AS Milano, Gab, di Prefettura, b. 1043, USI 1912-1925.

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subacquea…Nell’Emilia, oltre ai gruppi sindacali, si è ricostituita qualche organizzazione provinciale nostra per opera dei buoni elementi rimasti…In Toscana si sono accresciute le relazioni con i lavoratori con i quali non era prima possibile alcuno scambio di idee…A Milano sono state tenute parecchie riunioni di categoria, consigli di sezione, ecc. Inoltre hanno avuto luogo due convegni nazionali e due riunioni del Consiglio generale dell’USI”.20

Dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, il Prefetto di Milano ordina lo scioglimento dell’USI. Nonstante ciò, rimanevano nei vari centri abitati (città e paesi) dei gruppi sindacali che continuavano la loro attività. Nonostante la continua attività repressiva da parte delle autorità (numerosi militanti erano arrestati e molti quadri cominciavano a emigrare), nell’aprile 1925 si riuscì a tenere un Convegno dei metallurgici liguri, in cui si parlava di ricostituzione del Sindacato Metallurgico e di altri raggruppamenti sindacali facente capo all’USI ligure e Convegno sindacalista pugliese, dove furono costituiti diversi sindacati regionali d’industria.

Al Convegno di Genova fu votata una risoluzione sul problema dell’unità sindacale dove si prospettava la “fusione degli organismi sindacali proletari che sono sul terreno della lotta di classe”, anche se a determinate condizioni tra le quali: “Assoluta autonomia e indipendenza sindacale da tutti i partiti e aggruppamenti politici e dai governi”, “Organizzazione locale e nazionale per industria; unione locale dei sindacati o Camere del Lavoro. Esclusione assoluta di aggruppamenti e comitati sindacali di partito. Rappresentanza proporzionale in tutti i congressi e nelle cariche delle organizzazioni sindacali con forte prevalenza degli organizzati sugli organizzatori stipendiati dalle organizzazioni sindacali. Incompatibilità a coprire cariche pubbliche per gli organizzatori durante il periodo in cui coprono cariche o funzioni stipendiate in seno alle organizzazioni sindacali”.21

Questa proposta non fu presa in seria considerazione dalla Cgl. Al VI° Congresso della Cgl (10-13 dicembre 1924), in cui gli unitari22 si riconfermarono maggioranza e imponevano la propria linea, nonostante l’opposizione dei massimalisti e dei comunisti, non lasciava nessun dubbio della scarsissima volontà della corrente egemone nella Cgl di venire a un accordo con i sindacalisti dell’USI.

Va detto che le polemiche più accese, in questa fase, furono quelle condotte da militanti anarchici che erano definiti gli “anarchici confederali”.23 Spartaco Stagnetti ed Ettore Sottovia, e alcuni dei nomi più illustri dell’anarchismo come Malatesta, Luigi Fabbri e i sindacalisti dell’USI dall’altra. Fin dal 1923 Fabbri aveva posto il problema dell’unità sindacale. Bisognava cercare i punti convergenza e lavorare contro la scissione tra le forze sindacaliste da un lato e quelle repubblicane dall’altro. In sostanza “L’opposizione dal di fuori assai meno efficace di quella che si sarebbe potuta esercitare dal di dentro, non impedì alla Confederazione di diventare mastodontica. Il colosso aveva, come s’è visto, le basi di argilla; e le critiche dall’esterno di son viste dar ragioni dai fatti. Ma a che prò se questi fatti hanno danneggiato praticamente, se non moralmente, tutte le 20 Rassegna sindacale, 22 ottobre 1924. 21 In Calendimaggio, numero unico di Primo Maggio, edito dall’USI (Sezione dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori)), Milano 1924. 22 Ovvero i membri del Partito Socialista Unitario (PSU). Nel 1922 a causa delle trattative per la formazione di un nuovo governo da parte delle delegazione socialista con a capo Turati, i riformisti furono espulsi dal PSI e diedero vita al PSU. 23 Erano così gli anarchici che erano impegnati all’interno della Cgl

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organizzazioni sindacali, anche le più ostili alla confederazione, ma agenti sullo stesso terreno di classe?”.24

Verso la fine del 1924, le proposte unitarie degli anarchici che erano impegnati all’interno della Cgl, incominciavano a farsi sentire. Ma fu soprattutto agli inizi del 1925, cioè dopo lo scioglimento ufficiale dell’USI, che tali sollecitazioni si precisavano in tutta la loro chiarezza. Fu soprattutto l’intervento di Malatesta, che indubbiamente era il più autorevole, rappresentate dell’anarchismo italiano a smuovere le acque. In un articolo apparso su Pensiero e Volontà, dopo aver espresso il compiacimento per la fusione della UIL e di qualche organizzazione bianca nel Cremonese e nel Bergamasco con la Cgl dichiarava: “Io, anche se dovessi su questo punto trovarmi in disaccordo con qualche compagno particolarmente affezionato ad una speciale organizzazione benemerita del proletariato italiano e più affine alle idee e ai metodi anarchici, mi auguro che il movimento fusionista continui e progredisca fino ad abbracciare tutti quei lavoratori che in un grado qualunque ed un qualsiasi modo sentono l’ingiustizia cui sono vittime nell’attuale società, che vogliono lottare contro i padroni per il miglioramento e per l’emancipazione e che, comprendono l’impotenza in cui si trova il lavoratore isolato, cercando nella solidarietà con i loro compagni di classe e magari si facessero antesignani di questa tendenza, che rappresenta per l’intimo desiderio di quel gran numero di lavoratori che si sentono fratelli con tutti quelli che lavorano e soffrono con loro e non comprendono le ragioni di certe divisioni di sentono sfiduciati e disgustati – non già, s’intende, perché gli anarchici indulgano ai metodi della Confederazione Generale, ma perché cerchino di far trionfare colla propaganda e coll’esempio metodi che credono migliori e soprattutto fraternizzino colle masse organizzate nella Confederazione e facciano modo, per quel che da loro dipende, che i lavoratori siano uniti e solidali nella lotta contro i padroni”.25

La posizione di Malatesta non costituiva una particolare novità. La sua convinzione che il sindacato non potesse essere che riformista, era stata espressa più volte a partire dal Congresso anarchico internazionale di Amsterdam del 1907, lo aveva portato a non favorire in modo particolare un organismo sindacale rispetto a un altro.

Nello stesso periodo, sulle colonne di Fede, Carlo Molaschi una delle figure di maggior spicco dell’Unione Anarchica Italiana proponeva apertamente la liquidazione dell’USI. La sua proposta, analogamente a quanto andavano a sostenere alcuni “anarchici confederali”, era quello di creare “gruppi libertari sindacali” all’interno della Cgl. Questa presa di posizione suscitò aspre critiche da parte degli ambienti sindacalisti dell’USI.

Questo dibattito si trascinò, senza che nessuno modifichi le rispettive posizioni. Quest’ultimo dibattito dimostrò l’attaccamento dell’USI all’autonomia dal politico.

24 L. Fabbri, Il problema dell’unità sindacale, in La Critica Politica, 25 febbraio 1923.

25 E. Malatesta, L’unità sindacale, in Pensiero e Volontà, 16 febbraio – 6 marzo 1925.

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L’anarco-sindacalismo

L’anarco-sindacalismo è una la corrente dell’anarchismo legata al movimento operaio attraverso il sindacalismo. È un metodo di organizzazione e di lotta dei lavoratori attuata attraverso i sindacati che si differenzia dagli altri movimenti anarchici poiché spesso si differenzia, instaura alleanze con altre organizzazioni ideologicamente affini, anche se non anarchiche. Esso pone la lotta di classe al centro delle problematiche della trasformazione sociale. In altri termini, i militanti anarco-sindacalisti definiscono il sindacato come una forma naturale d’organizzazione dei lavoratori in funzione emancipatrice, antiautoritaria e rivoluzionaria; rifiutando quindi il principio dei partiti, delle associazioni o dei raggruppamenti corporativistici. Il sindacato è quindi, secondo i sindacalisti anarchici, una struttura che permette alle classi subalterne di organizzare la lotta secondo le scelte individuali raggruppate in collettivi e non secondo scelte dettate dal potere politico (in altri termini “dal basso verso l’alto e non dall’alto verso il basso”).

L’anarco-sindacalismo ritiene che lo Stato sia un comitato esecutivo degli interessi della borghesia, però a differenza dei marxisti ne auspicano la sua abolizione senza nessuna forma di transitorietà (come la dittatura del proletariato), rifiutando ogni rappresentanza politica parlamentare e non riponendo alcuna fiducia nelle leggi e nelle istituzioni. In conformità a queste premesse i militanti anarco-sindacalisti hanno teorizzato diverse metodologie: lo sciopero generale a disposizione della classe operaia per riappropriarsi degli strumenti di produzione; l’azione diretta (come l’occupazione dei luoghi di lavoro, i picchetti ecc.), il boicottaggio e il sabotaggio (rifiuto della produzione di determinate merci e il boicottaggio da parte del proletariato dei prodotti in questione).

L’anarco-sindacalismo concede unicamente fiducia all’individuo singolo, immesso però nella collettività del sindacato, invogliandolo a portare avanti un’azione economica contro il padronato, spingendolo a riappropriarsi delle libertà perdute e professando ideali antiautoritari.

L’anarco-sindacalismo e il sindacalismo rivoluzionario rifiutano entrambi il dualismo organizzativo (a differenza del comunismo anarchico), in altre parole quell’idea organizzativa che separa l’organizzazione di massa (come il sindacato) dall’organizzazione politica. Entrambi propongono l’azione diretta come principio fondante dell’organizzazione e per entrambi, il sindacato nasce come rivoluzionario e si deve contrapporre al padronato e allo Stato sino allo scontro frontale: organizzazione politica e sindacato sono quindi fusi insieme in entrambi i modelli organizzativi.

Le differenze stanno dal fatto che mentre l’anarco-sindacalismo è per forza anarchico, il sindacalismo rivoluzionario non è necessariamente anarchico. Il sindacalismo rivoluzionario fu una rottura non solo nei confronti del socialismo legalitario e riformista, ma anche nei confronti dell’anarchismo di com’era alla fine del XIX secolo (azione individuale terroristica, propagandismo). Esso fu un tentativo di sintesi fra la teoria marxista dell’analisi di classe e la tradizione anarchica della lotta senza intermediari politici. Per questo motivo tutti i movimenti

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rivoluzionari di azione diretta furono etichettati alternativamente come: industrialismo rivoluzionario, sindacalismo rivoluzionario o anarco-sindacalismo.

All’interno del movimento anarchico le idee degli anarco-sindacalisti furono contrastate dei comunisti anarchici, i quali ritengono che accanto all’organizzazione di massa debba operare un’organizzazione specifica, ossia un organismo che, operando dall’interno delle masse ne sappi determinare la coscienza e orientarle verso una direzione rivoluzionaria.

L’anarco-sindacalismo spagnolo

1° Dagli inizi al primo conflitto mondiale imperialista.

In Spagna le prime organizzazioni operaie sorgono nel 1840, esse manifestano una certa forza soprattutto a Barcellona: ma il loro sviluppo è ostacolato, sia dall’arretratezza economica del paese che dalla repressione. Il riconoscimento del diritto di associazione avvenne nel settembre 1868, in occasione del rovesciamento, in occasione della deposizione da parte dei militari della regina Isabella II.

Il 1868 è un anno importante per il movimento operaio internazionale. Nel corso dell’estate, al Congresso di Bruxelles, l’ideale del comunismo (chiamato all’epoca collettivismo) fu accettato per la prima volta dall’Internazionale. Furono sconfitte le tendenze moderatrici del proudhonismo francese e del sindacalismo britannico. Subito dopo, Bakunin fondò l’Alleanza della democrazia sociale. Per conto di Bakunin come osservatore e di propagandista l’italiano G. Fanelli andò i Spagna. A quell’epoca in Spagna le idee socialiste propriamente dette, erano quasi sconosciute. Esisteva un forte movimento federalista in crescente sviluppo, influenzato dalle idee di Proudhon. Ma si trattava di un movimento limitato alla piccola borghesia. Anche il movimento sindacale era arretrato. A Barcellona esistevano due sindacati di operai cotonieri. Gli scioperi erano quasi sconosciuti. I veri focolai di malcontento tra i lavoratori si trovavano nelle campagne del Centro e del Sud, dove il frazionamento delle terre comunali aveva provocato un’estrema indigenza. Nel 1840, nel 1855, nel 1857, nel 1861 e nel 1865, vi erano state imponenti sollevazioni contadine in Castiglia e nell’Aragona, ma soprattutto in Andalusia. Quella del 1857 era stata condotta da un gruppo di studenti che si definivano socialisti.

I primi internazionalisti – così venivano definiti all’epoca gli anarchici poiché erano assieme alle altre tendenze politiche all’interno dell’Internazionale – erano principalmente artigiani di vario tipo, soprattutto tipografi e calzolai, ai quali vanno aggiunti alcuni insegnanti e qualche raro studente delle università andaluse. Comunque, questo fu un fenomeno generale del movimento anarchico. Nel Giura svizzero, centro di diffusione delle idee di Bakunin in Europa, i membri delle federazioni erano orologiai, che non lavoravano in fabbrica, ma in casa. In Italia furono artigiani e studenti a orientare le loro aspirazioni verso l’Internazionale, dopo la fine del Risorgimento.

Quando ci fu la rottura tra Marx e Bakunin, i membri spagnoli dell’Internazionale scelsero quest’ultimo. Quando, nel 1872 si riunirono a Saint Imier, i membri espulsi dall’Internazionale per fondare un’Internazionale di tendenza anarchia, era presente la delegazione spagnola. Nel dicembre del 1872 a Cordova si riunì il Congresso della Federazione regionale dell’Internazionale. Sorse così

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in Spagna per la prima volta un’organizzazione di tipo puramente anarchico. Le sezioni locali e di categoria che la componevano furono proclamate “formalmente indipendenti”, cioè libere di denunciare in qualsiasi momento la loro adesione alla Federazione. Il consiglio federale centrale fu trasformato in un ufficio di corrispondenza, privo di autorità. La coesione della Federazione fu mantenuta grazie agli stretti rapporti personali tra i rappresentanti che erano stati membri dell’Alleanza della democrazia sociale, che continuava a esistere di fatto dopo il suo scioglimento formale.

Bisogna tenere conto che nella situazione spagnola, era difficile organizzare un’organizzazione strutturata, con una segreteria retribuita, alle dipendenze di Madrid o di Barcellona. I braccianti agricoli e gli operai delle fabbriche non erano in grado di pagare regolarmente i contributi. I rappresentanti anarchici non furono mai stipendiati, nel 1939 quando la CNT, comprendeva oltre un milione di membri esisteva un solo segretario stipendiato.

Il primo obiettivo degli anarchici era quello di raccogliere gruppi di operai impoveriti, indipendentemente dalle loro idee politiche e religiose, per organizzarli in mutua difesa contro i padroni: ogni tanto il successo di uno sciopero faceva raddoppiare i membri della sezione locale e provocava una catena di scioperi nei paesi vicini.

Il socialismo “marxista” sarà a lungo minoritario, anche dopo la nascita del 1879 del suo strumento politico, il Partito Socialista Obrero Espanol (PSOE), e nel 1888 della Unione General de Trabajadores (UGT), il sindacato a esso legato; esso si svilupperà con estrema lentezza, riuscendo a mettere deboli radici in alcune regioni industriali (i Paesi Baschi e le Asturie).

L’inizio del XX secolo fu caratterizzato da un certo sviluppo economico, frequentemente inframmezzato però da carestie e rivolte popolari. Barcellona, soprannominata la “rosa di fuoco”, fu il baricentro di una furente lotta da parte dei lavoratori che ebbe inizio e culminò nella “Semana tràgica” del 1909.26 Dal 1904 le organizzazioni dei lavoratori si riorganizzarono, e nel 1907 costituiscono la Solidaridad Obrera, con lo scopo preciso di creare un’organizzazione sindacalista. Nel 1907 questa federazione si estese a tutta la Catalogna e nel gennaio 1908 tenne il suo primo congresso, con poco meno di 25.000 membri.

Nel sindacalismo anarchico spagnolo cominciò ad affiorare vari elementi soreliani, soprattutto la fede – sempre riaffiorante in Spagna – nella mistica della violenza.27 Anche se la generosità e 26 Contro l’invio di 20.000 soldati inviati in Marocco per reprimere una ricezione, il 19 luglio 2009 a Barcellona scoppiarono violenti incendi e manifestazioni. Nei giorni 22, 23 e 24 si costituì un comitato di sciopero costituito da socialisti, anarchici e sindacalisti. Le agitazioni si estero a tutta la Catalogna e la guarnigione fraternizzò con i manifestanti e Barcellona fu occupata da truppe di altre regioni. Sorsero barricate, numerosi conventi e chiese furono dati alle fiamme. Il 29, gruppi popolari assaltarono la caserma di veterani di La Libertad e s’impadronirono di una gran quantità di armi. La stanchezza e la mancanza di munizioni segno la fine della rivolta. Oltre ai novanta morti e duecento feriti provocati dagli scontri, la successiva repressione provocò 2.000 persone arrestate, un fra numero di esili e quattro esecuzioni. La vittima più celebre della repressione fu il pedagogista F. Ferrer. 27 Per Sorel dal sacrificio e dall’eroismo nella lotta contro la borghesia sarebbe emerso un tipo superiore di uomo, animato dal senso dell’onore che la guerra sa infondere e pienamente consapevole della dignità e sublimità della propria missione. La nuova aristocrazia sarebbe stata composta da questi uomini nuovi, presi dal colpo scelto dei militanti che avevano guidato i lavoratori alla battaglia.

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l’ottimismo del movimento popolare spagnolo differirono dal rigido giansenismo di Sorel il quale riteneva che le grandi epoche fossero quelle in cui gli uomini si fossero mantenuti casti.

Nell’ottobre 1910 un congresso di federazioni e gruppi libertari istituì a Siviglia la Confederaciòn nacional del trabajo, meglio nota come CNT. L’organizzazione è costituita da una centrale catalana con qualche ramificazione andalusa e nel Levante. Al momento del suo primo congresso aveva 30.000 membri suddivisi in 350 sindacati. Per i membri della CNT il sindacalismo non era un fine, ma un mezzo di lotta contro la borghesia. L’obiettivo supremo era l’anarchismo. I sindacati su base locale, e non già su dovevano essere organizzati su scala nazionale. Erano previsti contributi irrisori, dai 30 ai 50 centesimi al mese. In Andalusia, dove i salari erano eccezionalmente bassi, la partecipazione era gratuita. Non erano previste invece né indennità di sciopero né assicurazioni sociali. I segretari dei sindacati non avrebbero ricevuto alcuna retribuzione. Nella CNT l’idea dello sciopero generale sedusse ben presto i suoi militanti. Senza un adeguata preparazione fu indetto a Bilbao uno sciopero generale che si estese a Saragozza e a Siviglia. Inoltre a Cullera vicino a Valencia, scoppiò una rivolta. Il governo intervenne energicamente, ordinando la sospensione delle attività della CNT a Barcellona e in altre città. Il movimento fallì e la stampa anarchica ebbe un tracollo. Il primo ministro Canalalejas, pagò caro la sua fermezza: cadde vittima di un attentato. Quando nel 1914, scoppio la prima guerra mondiale imperialista, doveva dividere il movimento operaio. La presa di posizione di P. Kropotkin, contro la Germania, che accusò di aver scatenato la guerra, posizione condivisa da 16 militanti del movimento anarchico internazionale, in Spagna questa posizione suscitò delle polemiche. Il punto di vista filo anglo-francese fu difeso da Ricardo Mella e da Quintanilla. Il punto di vista neutralista fu sostenuto dalla maggioranza dei militanti. Questa disparità di opinioni si approfondì inasprendo gli animi e soltanto nel 1917 si attenuò, rafforzando la CNT.

Il movimento anarcosindacalista promosse un’intensa attività contro la guerra. Il 31 maggio 1915, su iniziativa dell’Ateneo Sindacalista di El Ferrol si svolse in questa località un congresso internazionale contro la guerra, cui parteciparono rappresentanze di alcuni paesi sudamericani. A El Ferrol si ratificò l’atteggiamento dell’anarcosindacalismo e al proletariato di tutti i paesi fu proposto lo sciopero generale. Fu deciso di redigere numerosi proclami rivoluzionari, scritti nelle lingue delle nazioni belligeranti, e di farli arrivare con ogni mezzo alle trincee.28

Nelle campagne dell’Andalusia, l’anarchismo divenne un movimento popolare, ci fu un fermento straordinario, come in un risveglio religioso, si diffuse nei centri rurali. Nei campi, nelle fattorie, durante la siesta e di notte, dopo cena, gruppi di persone si riunivano per ascoltare un bracciante che leggeva ad alta voce i giornali anarchici. Quanti non sapevano leggere imparavano a memoria interi articoli di giornale, udendo altri ripetere a alta voce i passi preferiti. Quando poi prendevano coscienza, divenivano degli operai coscienti. Cessavano di fumare, di bere e giocare. Non frequentavano più le case di piacere. Cercavano di non pronunciare mai il nome di Dio. Non si sposavano, ma convivevano con una companera, rifiutavano di battezzare il figlio. Per loro lo sciopero generale era il miracolo che doveva assicurare l’età dell’oro, ma nella loro impazienza i campesinos spesso non seppero attendere e gli scioperi dilagarono in tutto il paese senza sincronizzazione. Città e villaggi scioperavano tutte volte che ritenevano necessario, spesso scegliendo il periodo quando non vi era il lavoro nei campi. In genere si chiedeva la riduzione 28 Manuel Buenacasa, El Movimento Obrero Espanol.

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dell’orario di lavoro (gli scioperanti erano particolarmente contrari al lavoro al pezzo) anziché l’aumento dei salari.29 Spesso le rivendicazioni erano portate fino ai limiti che potevano essere ritenute assurde. Durante lo sciopero generale di Cordova del 1905, i lavoratori chiesero 7 ore e mezzo di riposo su una giornata di lavoro di otto ore. Questo atteggiamento era motivato dal fatto che lo sciopero doveva portare alla rivoluzione.

Nel frattempo, nel 1910, il socialismo rompe il suo isolamento entrando a far parte dell’Unione repubblicano - socialista; e in questo modo ottenne per la prima volta ottiene un seggio alle Cortes e suscitare un certo interesse fra gli intellettuali. Crescono le organizzazioni socialiste: la UGT passa dai 15.000 iscritti che aveva nel 1900, ai 41.000 del 1910 fino ai 121.000 del 1915 (sempre quest’anno il PSOE raggiungeva i 14.000). Ma a causa della manipolazione sistematica del suffragio universale, l’alleanza con i repubblicani borghesi non ci fu.

Le organizzazioni socialiste crescono e radicalizzano le loro aspettative, e promuovono uno sciopero generale nell’agosto 1917: esso fallisce (il bilancio ufficiale è di 71 morti, in buona parte scioperanti, ma il bilancio reale e molto probabilmente superiore) ma è seguito da un successo elettorale nel 1918, con la conquista di sei seggi. Le dimensioni organizzative sono ancora modeste: meno di 15.000 iscritti al PSOE alla fin del 1918 e circa 90.000 membri alla UGT nel luglio dello stesso anno.

Nello stesso periodo la CNT aveva 80.000 membri concentrati prevalentemente a Barcellona. Dopo il fallimento dello sciopero generale del 1917, nell’ambito della CNT si organizzarono i sindacatos ùnicos de ramo, o sindacati di fabbrica. Fu portata così a termine l’opera di “sindacalizzazione” della CNT.

La guerra in Europa favorì lo sviluppò dell’economia spagnola e creò enormi profitti agli industriali e nel settore agrario: “La guerra europea accelerò al massimo il ritmo di industrializzazione della Catalogna, che, come nel resto dell’Europa andava crescendo dal 1911, dopo il superamento della crisi interciclica del 1907/1909. Grazie alla scomparsa di gran parte della concorrenza straniera in Spagna, il mercato nazionale senza necessità di grandi tariffe protezionistiche, rimase aperto esclusivamente alla produzione industriale spagnola che, inoltre, contò non solo sulla crescente domanda dei paesi belligeranti, soprattutto a partire dal 1916, ma anche su nuovi e ampi mercati stranieri come quelli sudamericani, momentaneamente trascurati dai grandi produttori europei”.30

Il considerevole volume raggiunto dagli affari in questo periodo fu seguito da un periodo di svalutazione della peseta provocata dalla speculazione. La peseta fra il 1913 e il 1919 perse la metà del suo potere di acquisto, mentre i salari, nello stesso periodo, subivano un aumento oscillante appena fra il 20 e il 40%.

29 Nelle grandi proprietà si lottò soprattutto per abolire il lavoro a cottimo. I proprietari terrieri non potevano pagare salari ragionevoli finché i loro dipendenti continuavano a lavorare in misura così ridotta. Costoro non intendevano lavorare di più, per non accrescere la già elevata disoccupazione. I proprietari ottenevano soltanto prestazioni servili – cioè scadenti e svogliate – ma in compenso i braccianti non beneficiavano dell’unico privilegio dei servi: essere mantenuti dai padroni. 30 Alberto Balcells, El Sindacalismo en Barcellona (1916-1926), Ed Nova Terra, Barcellona 1965.

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In questo periodo i padroni soddisfarono con relativa facilità le richieste operaie di aumenti salariali. L’efficacia dell’azione dei sindacati face sì che nelle organizzazioni sindacali affluissero grandi masse che videro in esse un’arma per strappare miglioramenti ai padroni e per difendersi, al tempo stesso, dal movimento di aumento dei prezzi. La CNT, tollerata a partire dal 1914, nel 1915 contava 15.000 iscritti. Nel 1918, nella sola Catalogna riuniva 73.800 operai.

La conferenza di Valencia, della CNT, che si svolse nel maggio 1916, coincise con il congresso della UGT a Madrid sulla necessità di lanciare una campagna di agitazione a livello nazionale, per ottenere il ribasso dei generi alimentari di prima necessità. Il 2° novembre si riunirono a Saragozza i delegati delle due organizzazioni che firmarono un patto di alleanza e di decisero di proclamare uno sciopero generale per il 18 dicembre. Lo sciopero si svolse pacificamente, però non raggiunse i risultati sperati.

In questo periodo si sviluppò un’intensa attività rivendicativa in tutta una serie di settori, dai lavoratori dell’industria e delle campagne, ai dipendenti delle Poste e dei Telegrafi e a quelli del Ministero delle Finanze, salariati dello Stato che subivano gli effetti dell’enorme aumento dei prezzi. Nello stesso esercito, a fini rivendicativi, sorsero verso la fine del 1916 le Giunte Militari di Difesa. Quando il governo intentò un processo un processo contro la Giunta Centrale, tutte le Giunte di Spagna solidarizzarono e il primo giugno pubblicarono un manifesto che era un vero e proprio ultimatum al governo. Il governo in carica, Garcia Prieto si dimise e fu sostituito dal governo conservatore di Dato. Il nuovo governo liberò i membri della Giunta Centrale e accettò di soddisfare le rivendicazioni dei soldati: con questa manovra il governo, di fatto riuscì a dividere il movimento delle Giunte di Difesa dall’opposizione che si andava formandosi contro il regime.

Durante la rivolta delle Giunte di Difesa, si convocò un’assemblea di parlamentari dell’opposizione a Barcellona, che tra le tante rivendicazioni chiedeva una nuova costituzione. Quest’assemblea fu sciolta, il popolo di Barcellona scese in piazza con un atteggiamento tranquillo

Lo stesso giorno che a Barcellona assisteva ai fatti dell’assemblea dei parlamentari i ferrovieri proclamarono lo sciopero generale, ma l’UGT una volta dichiarato lo sciopero diede ordine di riprendere il lavoro, questa decisione fu sfruttata dalla direzione delle ferrovie per fare una discriminazione nei confronti del personale. La compagnia licenziò 43 operai e i riassunti persero l’anzianità e i diritti acquisti, mente vennero offerti avanzamenti e altri vantaggi a coloro che avevano agito da crumiri.

Nello stesso periodo era in pieno svolgimento lo sciopero dei metalmeccanici di Biscaglia, appoggiati dai minatori della regione. L’aumento del costo della vita e lo stato di effervescenza delle organizzazioni operaie erano elementi che conferivano un’indubbia gravità a questa situazione.

L’UGT presentò al governo la comunicazione dello sciopero e confidò fino all’ultimo che la mediazione degli organi statali risolvesse il conflitto, ma questi ultimi si schierarono a fianco della Compagnia del Nord. In questo modo l’UGT e il PSOE si videro costretti per la prima volta della loro storia ad assumersi la responsabilità di un movimento che acquistava caratteri rivoluzionari. In questa situazione, determinata da fattori eminentemente politici, la CNT, sia pure in posizione interlocutoria decise di lasciare l’iniziativa al PSOE e all’UGT. Alla fine vincendo le loro esitazione il PSOE e l’UGT decisero di proclamare lo sciopero il 13 agosto 1917 e alla vigilia fu presentato

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una manifesto dove si appoggiava la lotta dei ferrovieri contro la Compagnia del Nord e la costituzione di governo provvisorio che prepari la convocazione delle elezioni di un’assemblea costituente. La CNT appoggiò questo movimento.

Lo sciopero generale durò tre giorni e interessò la Catalogna, le Asturie, la Biscaglia, Valencia, Madrid e altre località della Spagna. Lo sciopero fu duramente represso dal governo. Il bilancio complessivo fu di 70 morti, 100 feriti e numerosissimi arrestati. Il comitato di sciopero composto da Largo Caballero, Besteiro, Saborit e Anguiano, fu tratto in arresto e condannato all'ergastolo, gli anarcosindacalismi subirono una dura repressione. Gli uomini politici compromessi con il movimento si nascosero o fugirono.

I condannati dai consigli di guerra riottennero la libertà in seguito all’amnistia concessa l’anno dopo. Diverse località della Spagna elessero nelle Cortes gli uomini che avevano costituito il comitato di sciopero, Barcellona elesse Caballero.

Per gli anarco-sindacalisti questo insuccesso riaffermò le loro convinzioni secondo cui la via politica non era quella che conveniva agli interessi operai.

2° Dalla fine del primo conflitto mondiale imperialista alla proclamazione della repubblica.

Nell’inverno del 1918 si tenne a Barcellona una conferenza anarchica nazionale, allo scopo di regolare i rapporti tra gli anarchici e l’organizzazione sindacale. Si convenne che, pur non potendo una grande federazione di lavoratori come la CNT qualificarsi anarchica, essa doveva riflettere il più posabile lo spirito libertario ed essere guidata e diretta da anarchici. Fu approvata la riorganizzazione in sindacatos ùnicos e si adottarono misure per lanciare una vigorosa campagna anarchica.

Appena finito il conflitto mondiale, quando la congiuntura economica è sul punto di invertire la rotta, la conflittualità crebbe rapidamente. Gli scioperi si moltiplicarono, denotando una crescente combattività, ottenendo risultati positivi. Se nel 1915 c’erano stati 169 scioperi con 30.500 scioperanti, nel 1919 se ne registravano 895 con 178.500 scioperanti e nel 1920 1.060 con 245.000 scioperanti. L’agitazione si estese alle campagne dell’Andalusia, in quello che venne definito il “triennio bolscevico”, e la borghesia, compresa quella progressista, aveva paura del ripetersi dell’Ottobre rosso anche in Spagna.

In questa situazione scoppiò nel febbraio1919, lo sciopero della Canadiense, la grande compagnia elettrica di Barcellona. L’agitazione si concluse con un compromesso che rappresentò una vittoria morale per i lavoratori, ma il rifiuto da parte delle autorità militari di accettare le condizioni pattuite portò a uno sciopero, questa volta generale, a cui parteciparono 100.000 lavoratori. La perfetta disciplina osservata e la completa paralisi di tutti gli stabilimenti impressionò i lavoratori spagnoli e fu un esempio della validità del metodo sindacale. In tutta la parte sudorientale della Spagna i braccianti e i piccoli contadini si affrettarono di aderire alla CNT. La lotta continuò per tutta l’estate con risultati alterni a seconda del governo al potere. In settembre la serrata dei datori di lavoro indebolì la federazione sindacale, scatenando la guerra dei pistoleros. Sia i padroni che le organizzazioni sindacali avevano i propri pistoleros. Negli ultimi due anni il numero degli iscritti

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alla CNT era come si è visto era aumentato: tra l’altro erano entrati i più svariati tipi di avventurieri, compresi molti delinquenti abituali. Del resto sin dal 1882 il movimento anarchico aveva nelle sue fila gruppi di gruppi che credevano nelle azioni di terrorismo individuali, anche se ben raramente esponenti di tali gruppi avevano occupato posti influenti nell’organizzazione sindacale. In questo periodo con l’appoggio dei cosiddetti “sindacati liberi” (organizzazioni sindacali create dai padroni), i principali quadri della CNT furono arrestati e/o assassinati e per reazione, come si diceva prima, riprende quota il “pistolerismo” degli anarchici. Il più famoso, “Los Solidarios”, che annovera tra le sue fila B. Durruti, J. Garcia Olivier e i fratelli Ascaso, raggiunse una dimensione che si può definire epica. Secondo le parole dello stesso Garcia Oliver, i suoi aderenti rappresentano “i re della pistola operaia di Barcellona”, ma alcuni membri del gruppo erano dei semplici assassini.

In queste circostanze, la CNT nel dicembre 1919, convocò un congresso. Vi parteciparono 450 delegati in rappresentanza di 700.000 membri. Furono decisi di organizzare una “censura rossa” che rivaleggiasse in rigore con quella governativa,31 fu approvata inoltre una risoluzione sul sabotaggio: pur considerandolo un arma valida nella lotta contro il capitalismo, si decise di farne uso intelligente “soltanto quando fosse necessario, opportuno ed efficace” L’ondata di entusiasmo verso la rivoluzione di ottobre fece si che molti gruppi di anarchici si denominarono soviet, altri si proponevano di formare delle guardie rosse, e i militanti cercano di russificare i loro nomi, in questo clima la CNT aderì provvisoriamente alla Terza Internazionale, pur conservando i principi della Prima Internazionale nella forma enunciata da Bakunin. Il congresso respinse la fusione con la UGT.32 Il congresso proclamò la sua adesione al comunismo libertario.

Negli anni precedenti alla dittature di De Rivera all’interno della CNT si scatenò una lotta per il potere. Gli anarchici puri rimproverarono al gruppo dirigente della CNT un accordo firmato assieme con la UGT. Nello stesso tempo fu sconfessato il gruppo di A. Nin e di J. Maurìn parteggiavano l’adesione alla Terza Internazionale. Nel congresso di Saragozza la CNT rifiutò ogni legame con l’adesione con la Terza Internazionale33 e inviò i suoi delegati al congresso dell’Internazionale sindacalista, la AIT che stava sorgendo ad opera dei sindacati che non volevano scendere a patti con le organizzazioni politiche e si erano mantenuti antimilitaristi durante la prima guerra mondiale imperialista.

Nel frattempo gli anarchici puri decisero che tutti gli anarchici dovessero iscriversi alla CNT e considerarla come loro particolare campo d’azione. Sino a quel momento molti anarchici ne avevano ignorato l’esistenza, ritenendo che essa limitasse la portata ideologica dell’anarchismo, aperta a tutti gli uomini. Ma dopo la rivoluzione di ottobre e la nascita della Internazionale Comunista, temevano la penetrazione comunista nei sindacati. Un altro motivo di contrasto all’interno della CNT fu lo scontro tra sindacalisti contrari ai pistoleros (J. Peirò, A. Pestana) e gli anarchici (Buenacasa).

31 Durante lo sciopera della Canadiense del 1918 fu applicata la “censura rossa”. Per aver pubblicato un proclama ufficiale del capitano generale della Catalogna il Diario de Barcelona fu condannato a pagare un ammenda di 1000 pesetas e El Progreso una di 2500. Le somme furono versate per evitare che tutti i dipendenti dei due giornali scioperassero. 32 Sul problema della fusione con la UGT si ebbero 170.000 voti a favore e 324.000 contrari. Gli asturiani votarono a favore, i catalani e gli andalusi contrari. 33 Influì a questa decisione la repressione della rivolta di Kronstadt nel 1921.

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Nel 1923, dopo il colpo di stato di De Rivera, la CNT si adunò e formalmente si sciolse. I suoi membri aderirono ai sindacatos libres del dittatore. Questa mossa fu una finta. La struttura dell’organizzazione continuò a sussistere. Dopo che tutti i circoli libertari furono chiusi e la loro stampa soppressa, la CNT era costretta ad agire in segreto; ma si ebbero ugualmente in diversi luoghi delle regolari riunioni – o plenos – tra i delegati delle federazioni regionali e i membri del comitato nazionale. Verso la fine della dittatura i plenos collaborarono con i partiti politici per affettarne la caduta.

Nel frattempo furono compiuti preparativi in vista del periodo rivoluzionario che, si riteneva, avrebbe seguito la dittatura. Nel 1927 gli anarchici fondarono la Federaciòn anarquista ibérica (FAI). La Fai era una società semisegreta composta esclusivamente da anarchici. Essa aveva il compito di dirigere e permeare l’organizzazione sindacalista, non appena questa fosse ricostituita. La FAI avrebbe dovuto impedire che la massa dei lavoratori posti sotto la sua influenza si orientasse verso il riformismo e la collaborazione con i partiti politici, oppure verso il comunismo. Quando nel 1930, dopo la caduta di De Rivera, la CNT poté ricostituirsi le forse anarcosindacaliste riapparvero più forti e potenti che mai.

L’anarchismo spagnolo è stato caratterizzato dal fatto che aveva due radici distinte: i lavoratori industriali della Catalogna e quelli agricoli della Andalusia. I lavoratori catalani, almeno dal 1920 in poi, furono i meglio pagati della Spagna, esclusa la regione basca. Ma essi in gran parte provenivano dalla massa affamata e scontenta dei braccianti agricoli delle regioni sudorientali. Su essi gravava l’autorità maldestra arbitraria e tirannica dei generali e dei governatori castigliani nonché l’azione arbitraria e brutale della polizia spagnola. Non di meno essi mostrarono una persistente simpatia per il sindacalismo puro della CGT francese. Mentre l’anarchismo rurale rappresentava una spontanea reazione a condizioni intollerabili; ma ogniqualvolta queste condizioni cessano di esistere – cioè dove i contadini possiedono o hanno in affitto terra sufficiente per vivere – l’anarchismo scompare. Per esempio in Catalogna, i piccoli contadini non sono mai stati anarchici, pur avendo gravi motivi di malcontento, essi a un proprio partito politico che appoggiava la sinistra catalana.

Anche il PSOE e la UGT si rafforzarono subito dopo la fine della primo conflitto mondiale imperialista. Nel dicembre 1919 il PSOE conta 42.000 iscritti e la UGT 160.000. Ma nello schieramento socialista la rivoluzione di ottobre viene a rompere gli equilibri, già scossi gli equilibri durante la guerra mondiale dalle discussioni attorno all’eventualità di sostegno alla Intesa (l’alleanza tra Francia e Gran Bretagna). Gli avvenimenti in Russia seminano inquietudine tra i dirigenti socialisti (Iglesias, J. Besteiro, F. Largo Caballero, I. Prieto), entusiasmo tra i giovani socialisti e i lavoratori e incertezza tra molti militanti che se pure erano attratti da quello che avveniva in Russia non intendevano abbandonare il PSOE. Tra il novembre 1918 e l’aprile 1921 si tengono tre congressi per discutere l’argomento della decisione dell’adesione o meno all’Internazionale Comunista, e alla fine dopo molte esitazioni, prevale con 8.808 voti contro 6.225 la decisione di non aderire. Il Partito Comunista spagnolo era stato fondato, nell’aprile del 1920, a partire dalle Juventudes Socialistes (l’organizzazione giovanile del PSOE). Dopo il congresso del PSOE, una parte della minoranza fonda il Partito Comunista Obrero Espanol (PCOE), che tra mille contrasti e grazie all’intervento dell’Intervento dell’Internazionale, affidato all’italiano A.

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Graziadei, si fonde l’altro partito, dando origine al Partito Comunista de Espana (PCE) nel dicembre 1921.

All’inizio degli anni ’20, scoppia nel Marocco che è sotto la dominazione spagnola, un’insurrezione, l’esercito spagnolo inviato a reprimerla subisce, nel 1921 ad Annual una disfatta. La monarchia è in difficoltà, c’era il rischio che emergessero le responsabilità di Alfonso XIII sull’impreparazione dell’esercito.

Nel 1923 il golpe militare del generale De Rivera porta alla fine della monarchia costituzionale e dà inizio a una dittatura che non arriva mai a istituzionalizzarsi. Questa caratteristica ne spiega il peculiare comportamento verso il movimento operaio. Sugli esponenti rivoluzionari si abbatte una repressione discrezionale e poliziesca, con l’arresto decretato dal governo e la chiamata in giudizio dei dirigenti anarchici e comunisti. Nei confronti del PSOE e dalla UGT , restii all’inizio a partecipare alla cospirazione contro il regime, prevalgono la tolleranza e il tentativo di coinvolgerli. A partire del 1926 il sindacato viene inquadrato nella Organizacìon Nacional Corporativa (ONC), con il suo meccanismo di comitati paritari, incaricati di risolvere attraverso la conciliazione i conflitti di lavoro. Il PSOE è invitato, nelle persone di alcuni dei suoi esponenti più illustri, a partecipare al progetto di corporativismo politico, rappresentato dalla Asamblea Nacional consultiva. I socialisti non accettano, ma Largo Caballero loro leader sindacale fa parte del Consiglio di Stato, offrendo così la principale prova d’accusa ai critici del collaborazionismo socialista. È un’arma a doppio taglo che da un lato provoca una perdita di prestigio, dall’altro consente alla propaganda sindacale di penetrare in realtà contadine fino allo inaccessibili. Il dittatore preferisce “sindacati liberi”, ma il loro radicamento è solo regionale.

3°Dalla Repubblica alla guerra civile.

Durante la Seconda Repubblica34il movimento operaio oscilla tra accettazione della democrazia e rivoluzione.

All’interno della CNT c’è una discussione permanente, sin dagli anni ’20 come si è visto, tra i fautori dell’autonomia sindacale e quelli del controllo dei sindacati da parte dei gruppi anarchici secondo il modello argentino della trabazòn (connessione) e i sindacalisti già legati alla Terza Internazionale e all’Internazionale Sindacale Rossa.

I settori più moderati della CNT (Pestana) propongono la formazione di sindacati professionali , ma sono combattuti dagli anarchici più intransigenti.

Quando la CNT riemerge dalla clandestinità, il conflitto tra autonomia sindacale e insurrezionalismo anarchico, con i promotori di quest’ultimo – Durruti, Garcia Ascaso, il gruppo Los Solidarios – innalzati al grado di eroi, rimane latente. I “sindacati liberi” sono immediatamente spazzati via. Meno che mai riesce il progetto comunista di trarre vantaggio dalla passata crisi della CNT costituendo un Comitato di ricostruzione della CNT che ha la sua unica base a Siviglia. La sola alternativa al predomino anarcosindacalista proviene dal PSOE, favorito dalla legalità

34 La prima Repubblica spagnola durò dal 1873 al 1874.

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riconosciuta a tutte le associazioni e con una nuova base contadina dovuta alla fondazione della Federaciòn Nacional de Trabajadores de la Tierra (FNTT) nell’aprile del 1930. Nonostante l’attitudine conservatrice del partito, il PSOE entra in un gioco di accordi con i partiti repubblicani. Queste iniziative, fanno sì che il PSOE e la UGT diventano i pilastri della Repubblica proclamata il 14 aprile 1931.

Nel febbraio 1931 il gruppo dirigente del PSOE guidato da Besteiro, contrario agli accordi con i partiti repubblicani, cede il passo a una nuova direzione presieduta da Caballero; Besteiro si dimette anche dalla presidenza della UGT, recuperando però il controllo del sindacato al congresso dell’ottobre 1932. Nel periodo che va dalla formazione del governo provvisorio presieduto da N. Alcalà Zamora, nell’aprile del 1931, alla caduta del governo M. Azana, nel settembre del 1933, sono presente nel governo tre ministri socialisti: Caballero come ministro al Lavoro, Prieto al ministero delle Finanze e De Los Rios ai lavori pubblici. Nelle Cortes costituenti del 1931-1933 sono presenti 116 deputati socialisti. I 23.000 iscritti al PSOE della fine del 1930 diventano quasi 82.000 nel 1933 mentre gli iscritti dell’UGT dai 277.000 della fine dicembre del 1930 passano a più di un milione nel giugno del 1932. Cresce anche l’organizzazione giovanile socialista, che dal 1932, cosciente della debolezza del dibattito teorico all’interno del partito, inizia a cercare una pungente funzione di critica con il suo settimanale Renocacìon.

La CNT conferma nel congresso del 1931 la direzione sindacalista che propende all’autonomia del sindacato (Pestana Peirò). Gli iscritti sono 550.000 più della metà in Catalogna. Ma la FAI esige il controllo dell’organizzazione attraverso i gruppi anarchici e spera in instaurare il comunismo libertario attraverso un’intensa ginnastica rivoluzionaria, fatta di insurrezioni.

A ispirare, durante il periodo della seconda Repubblica, queste rivolte è la FAI, che adotta il metodo rivoluzionario predicato da Malatesta: “impadronirsi di una città o di un paese, mettere i rappresentati dello Stato in condizione di non nuocere e invitare la popolazione a organizzarsi liberamente da sé”.

Molte di queste insurrezioni avvengono nelle campagne. Nella Spagna degli anni ’30, il problema dei problemi è la questione agraria che rimane insoluta. Non c’è solo il latifondo, ma anche il sistema di controllo della proprietà rurale, basato appunto su enormi proprietà e su una classe di proprietari sostanzialmente assenteista e immobilista, a caratterizzare la situazione rurale in Spagna in molte regioni dalla Galizia alla Catalogna, si ritrova il cosiddetto minifondo, cioè la proprietà rurale minuscola, assolutamente insufficiente per il mantenimento della famiglia contadina.

I ceti politici progressisti, repubblicani e socialisti in sostanza, che sono saliti al potere con la seconda Repubblica promettono di risolvere la questione agraria, e così avviano dei dibattiti nelle Cortes. Però a ogni dibattito, essi indietreggiano di fronte alle pressioni politiche e alle prove di forza che i latifondisti sostengono nel paese. Infatti, esiste una fortissima alleanza fra latifondisti, Chiesa ed esercito, queste forze costituiscono un blocco che vuole impedire ogni cambiamento reale della società spagnola.

Quando la riforma agraria affonda in una serie di dibattiti teorici nelle Cortes, scoppia la rivolta. Nel gennaio 1933, in vari villaggi la popolazione insorge e dichiara il comunismo libertario.

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Interviene ovunque la Guardia Civil35 ma anche le Guardias de Asalto (un corpo di polizia creato dalla seconda Repubblica). In un piccolo villaggio andaluso, a Casas Viejta, una famiglia di contadini resiste all’ordine di arrendersi e le Guardias Civil assieme alle Guardias de Asalto che significa il vecchio apparato repressivo tradizionale dello Stato spagnolo insieme alla nuova polizia repubblicana, danno l’assalto agli ultimi resistenti isolati e incendiano le abitazioni. Si compie così un massacro di contadini. La repubblica invece di dare la terra ai contadini dà il piombo. Questo fa crollare quelle attese che esistevano tra il proletariato rurale e operaio spagnolo nei confronti della seconda Repubblica.

Questa politica della FAI non piace ai sindacalisti. Dal 1931 in poi, molti dirigenti protestano apertamente contro la politica di avventure e di “putsch” imposta dalla FAI, chiedono il ritorno a un’attività più rigorosamente sindacale, meglio aderente alle rivendicazioni immediate con una prospettiva d’azione a più lunga scadenza. Il gruppo formato da costoro, chiamato “trentista” fu espulso dalla CNT, costituì i Sindacati d’Opposizione destinati ad avere una notevole influenza nelle Asturie, nel Levante in qualche città della Catalogna. Nonostante la FAI accusi tali gruppi di aver di nuovo stretto rapporti con i riformisti essi parteciperanno all’insurrezione del 1934 delle Asturie e della Catalogna.

Alla vigilia della guerra civile tutto fa supporre che la CNT sia stata fagocitata dalla FAI, com’è dimostrato dalle sigle CNT-FAI sempre unite e dalla comune bandiera rosso-nera. Nonostante le difficoltà, le incontestabili difficoltà, la CNT riesce a mantenersi sempre fedele ai propri principi di lotta di classe e di azione diretta conservandosi così una base operaia militante e combattiva: i metallurgici di Felguera resistono per nove mesi, e gli operai di Saragozza realizzano, nel 1934 uno sciopero generale della durata di sei settimane. 36

All’avvento della Repubblica il PCE ha un migliaio di membri, dedita all’infruttuosa proclamazione dei soviet e alla lotta contro il riformismo governativo, considerato “social fascismo”. La sua forza cresce, favorita dal malessere sociale in alcuni centri urbani e agricoli. Al tempo del IV congresso nel 1932 a Siviglia, nella regione dove il partito è più radicato, gli iscritti sono 12.000. In piena strategia di “classe contro classe”37 falliscono i tentativi di “ricostruire la

35 La Guardia Civil, popolarmente chiamata la Benemérita, è un corpo di Gendarmeria e di polizia militare. È l'equivalente dei Carabinieri in Italia. Fa parte del sistema di forze e corpi di sicurezza del regno di Spagna. Ha una doppia dipendenza: dal ministero dell’Interno, per quanto riguarda servizi, retribuzioni, destinazioni e mezzi; dal ministero della Difesa, per quanto riguarda la disciplina, la carriera e missioni di carattere militare, soprattutto in tempo di guerra. La Guardia Civil venne fondata nel 1844 durante il regno di Isabella II dall'aristocratico. La sua creazione fu proposta per smantellare qualsiasi sentimento rivoluzionario nella popolazione rurale.

36 Trotskij (Leçon d’Espagne, pag. 40): “La C.N.T. raduna incontestabilmente gli elementi più combattivi del proletariato. La selezione si è prodotta nel corso di lunghi anni. Consolidare questa confederazione e trasformarla in una vera organizzazione di massa, è l’imperioso di ogni operaio progredito e soprattutto dell’operaio comunista”. 37 Il 19 giugno 1929 si svolse a Mosca il X plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista, esso sanciva la definitiva disfatta dell’opposizione guidata da Bucharin e la capitolazione di alcuni noti esponenti dell’opposizione di sinistra (Radek, Prébrazensky e Smilza). La linea che uscì dal X plenum era che il capitalismo era entrato nella sua crisi finale e che le masse si

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CNT”38 e di favorire un’unità sindacale su basi settarie. Le conseguenze sono che il Comintern considera la direzione di J. Bullejos responsabile di questa condizione marginale e la espelle, mettendo il partito sotto la tutela del delegato argentino V. Codovilla (agosto-settembre 1932). J. Diaz è designato segretario generale. Nel 1933 l’ascesa della destra in Spagna e la situazione europea, caratterizzata dalla presa del potere da parte di Hitler, favoriscono il riavvicinamento alla base tra i vari settori della classe operaia. Nelle elezioni del 1933, il PCE ottiene il suo primo deputato grazie a una candidatura unitaria.

I contrasti nel movimento comunista internazionale (in particolare quelli all’interno del partito russo) provocarono delle scissioni all’interno delle PCE. Nel 1931, dal PCE ci fu una scissione che porterà alla formazione della Sinistra Comunista di Spagna (ICE), che aveva come esponente principale A. Nin. L’ICE si affiliò all’Opposizione di Sinistra Internazionale (OSI).39 Nel 1932 l’ICE riuniva più 2000 militanti ed esercitava una certa influenza su uno strato di operai socialisti e anarchici. Sempre nel 1931 a Barcellona nacque il Blocco Operaio e Contadino (BLOC), che ebbe come principale esponente J. Maurin. In campo internazionale il BLOC era vicino alle posizioni dell’Unione Internazionale dell’Opposizione Comunista (IVKO).40 Il BLOC era molto forte in Catalogna, aveva 4.500 militanti e 74 sezioni. Uno dei motivi della scissione di Maurin e della sua tendenza fu il rifiuto applicare la tattica imposta dal Comintern di costituire contro l’UGT e la CNT, i “sindacati rossi. Come tutti i movimenti dissidenti nati in questo periodo da “una rottura a destra” in opposizione alla linea di “ultrasinistra” del Comintern, il BLOC si rifiuta di prendere posizione su questioni specificamente russe e il suo organo teorico La Batalla spesso finisce per sostenere posizioni assai prossime a quelle della stampa comunista ufficiale.

Nelle elezioni politiche del 1933 si affermano le forze delle destre e in modo particolare la Confederazione spagnola delle destre autonome (CEDA), il partito cattolico conservatore che, pur non entrando nel nuovo governo presieduto dal repubblicano conservatore A. Lerroux, era parte essenziale della maggioranza parlamentare. Le poche riforme attuate nel primo nel primo biennio di vita della seconda Repubblica dai governi repubblicani - socialisti furono in buona misura smantellate. Un moro insurrezionale promosso dagli anarchici scoppiò già nel 1933, ma ebbe durata ed estensione limitata. Più rilevante fu il processo di radicalizzazione che ebbe inizio al PSOE, il quale si orientò a rispondere a un eventuale atto di forza della destra con un “movimento rivoluzionario”. Il PSOE e l’UGT costituirono comitati rivoluzionari misti nelle province, e incominciò il rifornimento di armi. Tensioni si crearono anche tra il governo centrale e quello della Generalità di Catalogna, guidato da L.Companys e dominato dall’Esquerra, il partito della sinistra autonomista catalana. Scioperi e scontri si susseguirono durante la primavera e l’estate. In varie regioni andavano formandosi nel frattempo le Alianzas obreras in conformità a intese tra diverse stavano radicalizzando. Le parole d’ordine “classe contro classe” e “social fascismo” erano un frutto della linea politica emersa dal X plenum. 38 In sostanza di formare una “sindacato rosso” cercando di scindere parte della base della CNT. 39 L’Opposizione di Sinistra Internazionale era la denominazione adattata dal movimento trotskista dall’aprile 1930 al settembre 1933, nella fase in cui Trotskij aveva preconizzato la riforma del Comintern e delle sue sezioni nazionali. 40 L’IVKO raggruppava su scala mondiale l’insieme delle opposizioni comuniste di “destra”, spirate fin dal 1929 da Bucharin e successivamente, a partire dal 1930, da H. Brandler e dalla tendenza del partito comunista tedesco che egli cappeggiava. All’IVKO avevano aderito gruppi in Cecoslovacchia, negli USA, in Svezia, in Svizzera, in India e nell’Alsazia - Lorena, cioè il partito comunista di quella regione.

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formazioni politiche e sindacali della sinistra. La prima Alianza nacque nel dicembre 1933 in Catalogna. Tra quelle che seguirono la più importante, fu l’Alianza delle Asturie, formatasi nel marzo 1934, l’unica che vide anche l’adesione degli anarcosindacalismi della CNT, in settembre anche il PCE, rimasto estraneo fino allora al movimento unitario entrò nelle Alianzas Obrearas.

L’iniziativa era comunque nelle mani dei socialisti, guidati da F. L. Caballero. Quando al principio di ottobre Lerroux formò un nuovo governo, facendovi entrare questa volta anche esponenti della CEDA, il PSOE giudicò l’inizio di un processo di fascistizzazione della Spagna e decise di fare appello all’insurrezione. Alla mezzanotte del 4 ottobre incominciò lo sciopero generale e all’alba del 5 si ebbero i primi combattimenti a Madrid e nelle Asturie. Il movimento si sviluppò tuttavia senza una direzione centrale e un piano unitario. Gli anarchici non vi parteciparono che in una misura molto limitata. I repubblicani di sinistra parteciparono in misura molto limitata. Il 6 ottobre a Barcellona il governo della Generalità assunse tutti i poteri è proclamò lo Stato catalano, ma dopo poche ore dovette arrendersi. Tra il 6 e 7 lo sciopero e l’azione insurrezionale si esaurirono in gran parte del paese iniziarono gli arresti dei dirigenti socialisti e repubblicani. Solo nelle Asturie la lotta assunse un aperto carattere rivoluzionario si protrasse per altri dieci giorni: i minatori ne furono l’asse portante e le organizzazioni della sinistra operaia vi concorsero unitariamente sotto l’insegna comune “Union de hemana proletarios”. Il governo non fidandosi dell’esercito di leva, per avere ragione dei rivoltosi ricorse alle truppe marocchine e alla Legione straniera, che si abbandonarono a ogni genere di crudeltà. La brutalità dei militari e la durezza della repressione (oltre 30.000 arresti e diverse condanne a morte)41 aprirono la strada all'alleanza di fronte popolare.

In questa fase che Trotskij giudicava che ci fosse una radicalizzazione delle masse, egli consigliò all’ICE di entrare nel PSOE, dove riteneva che la sinistra si stesse rafforzando.

L’entrata dei trotzkisti all’interno dei partiti socialisti non fu solo determinata dagli avvenimenti francesi del 1934,42ma soprattutto dalla preoccupazione di Trotskij, che costatando, che la maggior parte delle organizzazioni che si rifacevano alla battaglia dell’Opposizione di Sinistra erano in realtà dei gruppi propagandisti, che non sapevano lavorare tra le masse, per questo motivo necessitava che diventassero qualcosa di diverso quando nel 1933 Trotskij avvia la costruzione della Quarta Internazionale, non considera i gruppi dell’Opposizione di Sinistra, portatori del programma rivoluzionario, come il nucleo fondamentale della nuova internazionale. Ripone grandi speranze nei gruppi centristi di ogni tipo presenti allora nella maggioranza dei paesi europei; li considera elementi necessari e auspicabili del futuro partito rivoluzionario. E stabilisce come compito dei gruppi dell’Opposizione di Sinistra un lavoro per trasformare i partiti centristi in partiti marxisti rivoluzionari. In una lettera nel 1935 a Marcel Pivert (esponente della sinistra socialista francese) egli dice: “i trotzkisti sono una frazione dell’Internazionale che si sta costruendo”,43 e ancora a rafforzare questa tesi sulla sfiducia che Trotskij aveva nei nuclei trotzkisti, nel volume III

41 Secondo alcune cifre nella rivolta della Asturie tra i rivoltosi i furono 3.000 morti e 7.000 feriti. 42 A Parigi il 6 febbraio 1934 un corteo squadristico tenta l’assalto a palazzo Borbone, sede dell’Assemblea Nazionale. Il 9 febbraio una manifestazione comunista è duramente repressa dalla polizia. Le organizzazioni sindacali (la CGT riformista e la CGTU comunista) proclamano lo sciopero generale che paralizza il paese il 12 febbraio. A Parigi i cortei socialisti e comunista si incontrano, si fondono, fraternizzano. 43 Critica Comunista n. 4/5 settembre-dicembre 1979, Intervista a Pierre Brouè.

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delle Opere di Trotskij (sono usciti 25 volumi) considerando comparativamente la situazione in Austria dove c’è un nucleo trotzkista e in Olanda dove non c’è nulla: diceva che in fondo in Olanda è favorevole perché non c’è una sezione dell’Opposizione della Sinistra, mentre in Austria la situazione è cattiva perché si è devastato tutto con le varie dispute e il settarismo e perciò non si ha alcun prestigio agli occhi dei lavoratori.

Questa valutazione, porta Trotskij nel giugno del 1934 a proporre alla sezione francese, la Lega Comunista, di entrare nel partito socialista (SFIO). Questa politica, che è definita come “entrista” e sarà fonte d’innumerevoli controversie nel movimento trotzkista per tutti gli anni a venire, utilizza l’inserimento di un partito di massa al fine di rompere l’isolamento in cui i trotzkisti si trovavano. La politica “entrista” trova molti oppositori sia nella sezione francese che a livello internazionale. Nell’ottobre del 1934, un plenum allargato della Lega Comunista Internazionalista44 appoggia la proposta di svolta avanzata da Trotskij a condizione che questa si applichi solo alla Francia e anche con questa limitazione, ottiene una ristretta maggioranza.45 La risoluzione approvata nel plenum rileva l’esistenza di una polarizzazione tra le tendenze di destra e di sinistra nei partiti socialisti e all’interno di queste ultime di correnti che tendono ad assumere posizioni politiche rivoluzionarie. Il documento denuncia anche la tendenza dei gruppi trotzkisti, essendo nati in condizioni di estremo isolamento e di necessaria delimitazione ideologica, ad assumere concezioni molto astratte del processo di formazione del partito e dell’Internazionale. Infine, la “svolta francese” non è indicata come soluzione da generalizzare ma dovrà essere studiata dalle altre sezioni per trarvi possibili insegnamenti. L’entrismo è applicato in questa fase dai gruppi belga e statunitense, che ne traggono effettivamente dei benefici quantitativi e di presenza in alcuni conflitti sociali. In Francia si registra una crescita dell’organizzazione che fu rapidamente vanificata dai conflitti interni ai “bolscevico-leninisti”.46

Quando Trotskij consigliava l’ICE a entrare nel PSOE, l’organo madrileno della Gioventù Socialista Renovacìon lanciò un appello pubblico a trotzkisti perché raggiungessero le sue fila.47 Trotskij pensa che bisognasse cogliere al volo l’occasione, che bisogna costituire nel Partito socialista una frazione, che sarebbe dovuta diventare un raggruppamento rivoluzionario capace di esercitare un’influenza sui militanti del PCE, sorpresi dalla svolta interclassista dei fronti popolari e sui militanti della CNT, disorientati dall’impotenza dei loro stessi principi nella nuova situazione.

44 Nel settembre del 1933, il movimento trotskista assunse la nuova denominazione di Lega Comunista Internazionale (Bolscevico-Leninista). Questa scelta partendo dal fatto dall’evoluzione della situazione tedesca con la sconfitta dei due partiti operai ad opera del nascente regime nazista, stabilendo dell’irrecuperabilità dell’Internazionale Comunista, su proposta di Trotskij il movimento trotskista decise di dar vita a una nuova Internazionale. 45 Come riferisce George Breitman, la risoluzione scritta da Trotskij è approvata con 6 voti contro 3 (Sneeviliet, Vereecken, Tresso) e la maggioranza sarebbe stata ancora più risicata se un componente dei Segretariato Internazionale, il tedesco Bauer, non avesse abbandonato in precedenza l’organizzazione per protesta contro quello che considera un tradimento dei principi bolscevichi e una capitalizzazione alla Seconda Internazionale e se gli spagnoli, anch’essi contrari alla svolta, non avessero boicottato la riunione. Cfr Breitman G. The rocky road to Fourth International. 46 Come all’epoca di definivano i trotzkisti. 47 Renovation “invita i trotzkisti che sono i migliori rivoluzionari e i migliori teorici della Spagna ad entrare nella Gioventù e nel Partito socialista per accelerarne la bolscevizzazione”, Jean-Jacques Marie, Il trotzkismo, Mursia.

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Mentre la Gioventù Socialista di Ecija accoglieva a colpi di arma da fuoco i dirigenti della destra del partito, la maggioranza dei trotzkisti spagnoli si orientava in tutt’altra direzione. Dopo una lunga direzione, la maggioranza dell’ICE, alla fine del 1934 rifiutò di entrare nel PSOE e propose la fusione con il BLOC. La fusione realizzata nel settembre 1935, diede nascita al Partito Obrero de la Unificaciòn Marxista (POUM). Al momento della fondazione il POUM poteva contare su 8000 militanti e circa 40.000 simpatizzanti. La decisione da parte dell’ICE fu determinata da due considerazioni:

1) La maggioranza dei militanti operai dell’ICE voleva rompere l’isolamento cui li condannava l’operare come un circolo settario e la sua propensione prevalente era di entrare in un’altra organizzazione con cui avessero la possibilità di esprimere in modo più efficace la propria iniziativa.

2) La reazione stava avanzando rapidamente, e per un riflesso difensivo l’unità era sentita in modo travolgente fra i lavoratori. Per i dirigenti del POUM si trattava di non soggiacere a uno stato d’animo troppo generico rispetto alle sue finalità, ma di saperlo affrontarlo positivamente, con la massima efficacia.

In Spagna tra il 1936 e il 1937 rimasero due gruppi trotzkisti. Il primo, denominato Sección Bolchevique-Leninista de España, fu fondato nel novembre 1936 a Barcellona da Manuel Fernández Grandizo, conosciuto con lo pseudonimo di G. Munis. Il gruppo di Munis, che era considerato la sezione ufficiale del movimento trotskista internazionale, tentò inutilmente di entrare come frazione nel POUM per modificarne la linea politica. Nel gennaio 1937 iniziò a pubblicare un Boletín che fu sostituito tre mesi dopo dalla rivista La Voz Leninista, dalle cui colonne propugnava la formazione di un fronte operaio rivoluzionario in netto contrasto con la politica di collaborazione con il governo catalano portata avanti dalla CNT e dal POUM. La seconda formazione, allo scoppio della guerra civile, era denominata «Grupo (o Célula) Le Soviet» fu fondata dall'italiano Nicola Di Bartolomeo, conosciuto con lo pseudonimo di Fosco. Emigrato a Barcellona nell'aprile 1936 Fosco fu nominato al controllo degli stranieri che volevano combattere nelle milizie del POUM. Principale artefice della creazione del primo gruppo bolscevico-leninista di Barcellona, fu accusato dalla IV Internazionale di voler dissolvere il gruppo trotskista nel POUM e per questo fu espulso nel gennaio 1937 dalla Sección B-L. Legato al Parti Communiste Internationaliste di Raymond Molinier e Pierre Frank, il gruppo dissidente pubblicò la rivista in lingua francese Le Soviet, sottotitolata Organe des Bolcheviks-Léninistes d'Espagne pour la IV Internationale.

Dopo l’insurrezione delle Asturie fino al dicembre 1935 ci fu un succedersi dei governi Lerrox-Gil Robles, il blocco governativo si stava disgregando per una serie di fattori, fra cui le pressioni del settore filo monarchico e dell’estrema destra, molto ringalluzzita dagli avvenimenti europei. Le contraddizioni all’interno del blocco governativo si accentuarono: i latifondisti lottavano contro gli industriali e i banchieri. Ci fu una costante fuga di capitali dalla Spagna e delle serrate delle fabbriche con relativo licenziamento degli operai. Alla fine del 1935 vi erano in tutto il paese circa 700.000 operai disoccupati.

Nel frattempo i socialisti erano tornati alla vita parlamentare, anche se le correnti si manifestavano con più forza: Prieto difese di nuovo l’alleanza repubblicana - socialista. Largo

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Caballero e la federazione giovanile socialista auspicavano una politica rivoluzionaria. E intanto il possente sviluppo dell’anarcosindacalismo, che a Madrid fu spettacolare, non cessava di influire su questa radicalizzazione del movimento socialista. Nella capitale nei conflitti rivendicativi la sezione della CNT riusciva a trascinare con sé i lavoratori aderenti all’UGT. Il sindacato degli edili della CNT si affermò come e forza di primo piano. Contro le serrate attuate dai padroni, si cominciò a mettere in pratica le cosiddette “imposizioni”.48 Operai senza lavoro, affiliati alla CNT, ma anche all’UGT, si recavano in officina o al cantiere e si mettevano senza’altro a lavorare. Una volta lì, sostenevano con tutti i mezzi, il loro diritto al lavoro contro la reazione padronale, che era spesso violenta e contro il successivo intervento governativo. In questo periodo molti lavoratori, che non volevano altro che lavorare per mantenere la propria famiglia, furono arrestati, e contro di essi fu applicata la famigerata legge sui vagabondi e mendicanti.

I lavoratori si sentivano in realtà appoggiati dalla CNT e gli anarcosindacalisti cominciarono a sfruttare a proprio favore, a Madrid, il peso che avevano raggiunto nel Movimento Operaio.

Nel ciclo insurrezionale che va dal 1932 al 1934, le ribellioni fruttarono pochissimo alla CNT. Invece le parentesi associative durante le quali assumeva la difesa delle rivendicazioni operarie, le procurarono un grande seguito popolare. A partire dallo sciopero dei telefoni, la CNT avrebbe assunto la direzione di ogni tipo di agitazioni, a volte in collaborazione dell’UGT. Lo sciopero più memorabile di questo periodo fu quello della Duro Felguera che durò nove mesi, fu proclamato perché l’azienda aveva licenziato senza indennizzo dei lavoratori in età avanzata. Lo sciopero fu proclamato in segno di solidarietà e fu sostenuto da quasi tutta la popolazione, al punto che le famiglie dei militanti della CNT di tutta la Spagna si disputavano i figli e i famigliari degli scioperanti. Non meno memorabili furono gli scioperi generali di Saragozza, soprattutto quello del 1935 che durò 35 giorni. Anche in quest’occasione i figli degli scioperanti furono ospitati da famiglie operaie di tutta la Spagna. Fra gli anarcosindacalisti la solidarietà era un vero e proprio imperativo categorico.

Nel contesto delle loro lotte, gli anacosindacalisti fecero innumerevoli sforzi di sviluppare la cultura popolare. Pubblicarono riviste come Estudios di Valencia, e La Revista Blanca, dove introdussero e divulgarono in Spagna rendendolo accessibile alle masse, il tema tabù dell’educazione sessuale.

In Spagna gli anarco-sindacalisti avevano centinaia di scuole e di atenei, finanziati dalle quote versate dagli aderenti. In tutti i quartieri, spesso anche in quelli aristocratici, delle città spagnole, esistevano atenei libertari dove, lontani dal fragore delle lotte, i problemi erano affrontati con spirito di vera realizzazione individuale e collettiva. Altrettanto si può affermare per le zone rurali.

L’anrcosindacalismo spagnolo avrebbe conservato fino alla fine la sua costituzionale fisionomia ascetica. Negli ambienti anarco-sindacalisti si faceva propaganda contro l’alcool, il caffè, il tabacco, il gioco d’azzardo e il ballo erano considerati come l’anticamera della

48 Le imposizioni furono messe in atto per la prima volta negli ambienti anarco-sindacalisti di Saragozza.

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prostituzione. Era propagandato l’amore libero, inteso però non come l’indiscriminata promiscuità amorosa, com’è stato a volte affermato, ma come il rapporto dell’uomo e della donna, al di fuori di ogni vincolo sia ufficiale che religioso.

Juan Maestre Alfonso afferma a questo proposito:49 “Si facevano campagne di propaganda a favore dell’astensione dal gioco, dall’alcool, dal caffè e dal tabacco. Durante molte rivolte in cui venne proclamato il comunismo libertario, i primi provvedimenti presi furono l’immediata proibizione di tutto questo. Si inculcava il rispetto della donna e verso ogni essere vivente. Si favorì il diffondersi del vegetarianismo, e furono fondate anche molte associazioni di seguaci di questa modalità dietetica”.

Quando nel 1936 ci furono le elezioni per le Cortes, le sinistre formarono il Fronte Popolare, con partiti repubblicani, l’Esquerra catalana, il PSOE, il PCE, il POUM e alcuni gruppi catalani di minore importanza.

La CNT esitò a prendere una posizione in questo momento. La maggioranza dei 30.000 prigionieri che sarebbero serviti da bandiera nella campagna elettorale erano anarcosindacalisti. Ma costoro in genere non dimenticavano le umiliazioni e le repressioni che avevano ricevuto dalla Repubblica, non dimenticavano Casas Viejas. Ma Largo Caballero continuava al suo atteggiamento di radicalismo rivoluzionario. Nel suo discorso al cinema Europa a Madrid e per la prima volta da molti anni, fece un appello pubblico alla CNT e accenna alla “fraternità nella rivoluzione proletaria”.

Dal 26 al 29 gennaio 1936 la CNT catalana tenne un congresso regionale in cui furono esaminati il problema della posizione di fronte alle elezioni, e la possibilità di un’alleanza rivoluzionaria con l’UGT. L’AIT fece pervenire al congresso un documento in cui indicava alla CNT i pericoli di un eventuale intervento nelle elezioni.

L’assemblea regionale si mostrò d’accordo con la circolare dell’AIT e ratificò i tradizionali metodi di lotta di politicismo, e contemporaneamente propose all’UGT un patto di alleanza rivoluzionaria.

L’Assemblea Nazionale delle Federazioni Regionali della CNT, svoltasi il 2 febbraio ratificò in linea generale questa posizione. Tuttavia la propaganda astensionista fu molto tiepida. I fatti provarono che la minoranza militante forse si astenne, ma la grande massa degli iscritti all’organizzazione circa 1.600.000 in quell’epoca, decise senza dubbio di partecipare alla competizione elettorale.

Subito le elezioni che videro la vittoria del Fronte Popolare si svolse a maggio a Saragozza quello che fu l’ultimo congresso della CNT. All’ordine del giorno figuravano come argomenti: l’alleanza rivoluzionaria, la riforma agraria, la definizione del comunismo libertario, la situazione politico sociale e la disoccupazione forzosa. Infine l’esame critico dei movimenti insurrezionali del 1932/33.

49 El Movimento anarcosindacalista, Revista de Trabajo, Madrid 1964.

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Il dibattito aperto con un giudizio critico sul periodo insurrezionalista il delegato dell’industria ittica di Pasajes, in un suo passo disse:50 “E’ indispensabile dire che l’8 gennaio fu un errore, il primo errore rivoluzionario della confederazione…Un errore, malgrado si sia detto che Casas Viejas fu un’epopea. Epopee come quelle non ci convengono. I ferrovieri, per ragioni organizzative, ma anche per ragioni politiche, fanno marcia indietro. Il movimento che doveva essere la colonna vertebrale della rivoluzione di gennaio non si realizza. Che cosa è accaduto e perché l’agitazione scoppiò contro una decisione dell’assemblea confederale? Perché rispondeva a una mentalità superficiale nell’interpretazione della rivoluzione. In gennaio si dispose di tutto meno che dei lavoratori. Gennaio rimane isolato a quattro località. Nella sua preparazione era entrato il concetto dell’audacia che gli altri fattori indispensabili di organizzazione e di situazione oggettiva. Non era possibile pensare alla vittoria. Si dirà che i rapporti dei comitati accreditavano la possibilità di realizzare la rivoluzione. E che i delegati alle assemblee si ingannavano l’un l’altro. Ciò vuol forse dire che avremmo dovuto evitare le agitazioni di altro tipo che scoppiarono in questo periodo? Le agitazioni che non possono essere evitate erano quelle locali, perché i lavoratori volevano rifarsi di sette anni di dittatura e migliorare la loro disastrosa situazione economica. Ma è una cosa diversa organizzare rivoluzioni ad ogni piè sospinto. Non ci siamo resi conto che il proletariato che ha vissuto sette anni sotto la dittatura doveva necessariamente nutrire illusioni democratiche e aveva bisogno di una verifica nei fatti per illuderli e passare alle fila della rivoluzione”.

Il congresso approvò un patto di alleanza con l’UGT che come premessa si richiedeva a essa la cessazione di ogni tipo di collaborazione politica e parlamentare con il regime imperante.

Si dibatté sulla definizione di comunismo libertario. Nella sua proclamazione del comunismo libertario, il congresso stabilisce come base di tutta la vita sociale, la Comune libertaria. Nella sua lunghissima risoluzione su questo argomento ci fu il contributo di numerosi teorici e soprattutto si riconosce il contributo di Isaac Puente (medico di Alavà che morì durante la guerra civile). Nella risoluzione si riscontra sia le idee federative e contrattualistiche dei primi internazionalisti spagnoli, e quelle di Kropotkin circa l’accettazione della concezione comunista contro quella collettivista e nella concezione teorica della Comune autosufficiente. Essa è concepita come entità politica e amministrativa autonoma ma confederata al resto delle Comuni, su piano regionale, nazionale e se fosse caso internazionale.

Nelle tesi del comunismo libertario si rispecchia la tipica dottrina anarchica: il male è il potere centrale; è perciò per liberare gli oppressi, bisogna rimuoverlo.

Il congresso si svolse in un periodo, dove l’atmosfera del paese era tesa. Il governo non ha successo che nell’applicazione delle misure di ordine pubblico ed è sempre minato dall’enorme erosione dell’estrema sinistra e dell’estrema destra. Quest’ultima utilizza quello che si può benissimo dire la dialettica delle pistole.

Nel frattempo che cominciano a spargersi le voci su un colpo di stato, s’intensificano gli scioperi e le occupazioni di terre da parte dei contadini, e il governo manda le due forze a reprimerli. In maggio/giugno avvengono i fatti di Yeste: 17 contadini sono uccisi dalle forze

50 Juan Gomez Casas, Storia dell’anarcosindacalismo spagnolo, Jaca Book.

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dell’ordine. Nella dinamica di queste lotte i rapporti fra le organizzazioni operaie non migliorano. Nello sciopero degli edili, proclamato dalla CNT il’1 giugno e appoggiato anche dall’UGT. Questo sciopero, che durò fino allo scoppio della guerra civile, iniziò con la partecipazione di 40.000 scioperanti, che avrebbero raggiunto il numero di 100.000. Il governo nominò un Giurì misto speciale che il 20 giugno venne accettato in linea di principio dalla maggioranza dei padroni e dall’UGT; la CNT decise però di continuare lo sciopero, non fidandosi dei padroni, che avevano in tutto questo periodo attuato una serrata mascherata, ma effettiva.

La resistenza degli operai in questo sciopero oltre alla fermezza dei fattori morali, dalla solidarietà fra i lavoratori e l’aiuto che fu offerto dagli altri settori della popolazione, come i piccoli commercianti. Gli scioperanti erano sbarbati gratuitamente nella sede dei sindacati. Molti giovani scapoli mangiavano in ristoranti popolari e pagavano in lavoro, nelle cucine o servendo a tavola, oppure i gestori facevano loro credito invitandoli a pagare quando “avevano vinto lo sciopero”. Le famiglie degli operai in sciopero erano appoggiate e aiutate dai modesti bottegai di quartiere, che aprivano interminabili conti da regolare quando l’agitazione fosse terminata con il successo sperato.

L’assemblea generale degli operai dell'edilizia tenuta nel luglio 1936, fu un avvenimento che diede la misura delle simpatie che l’anarco-sindacalismo riscuoteva presso le masse operaie. L’assemblea, composta di scioperanti di entrambe le centrali sindacali aveva lo scopo di tastare il polso degli operai per ascoltare l’opinione sull’agitazione, e si finì con l’adesione incondizionata di tutti i lavoratori alle posizioni del sindacato degli edili della CNT, favorevole alla continuazione dello sciopero.

Gli eventi precipitano fino, dopo una serie di scontri, fino al 17 luglio 1936 quando in Marocco scoppia l’insurrezione militare. A Barcellona la CNT lancia la parola d’ordine della rivoluzione. I militanti del sindacato dei trasporti s’impadroniscono delle armi stivate nel porto. La CNT procede alla requisizione dei messi di trasporto e dei principali mezzi pubblici. Il 18 luglio 1936 la CNT e l’UGT proclamano lo sciopero generale in tutta la Spagna. A Barcellona i lavoratori s’impadroniscono delle armi e la CNT e la FAI si mettono alla testa del movimento. Il 19 luglio il governo repubblicano decreta il congedo dell’esercito. La guerra ormai è in tutta la Spagna.

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Gli I.W.W.

PREMESSA

Quando nacquero nel 1905 gli I.W.W., il movimento operaio americano vantava già un enorme bagaglio di lotte condotte il più delle volte in modo cruento: non c’era uno sciopero, una manifestazione, una rivendicazione che non costasse la vita a qualcuno. I morti erano da entrambe le parti. Ma le perdite da parte degli appartenenti degli apparati repressivi del potere furono poche in confronto ai veri e propri massacri di cui questi ultimi si macchiarono ai danni dei lavoratori.

Negli Stati Uniti nel periodo che va dal 1861 al 1911, gli investimenti economici erano moltiplicati per dodici e l’industria si sviluppò con una rapidità incredibile. I lavoratori salariati passarono da un milione e mezzo a 5 milioni e mezzo, fino a 12 milioni nel 1920, e mentre nel 1860 solo un sesto degli americani viveva in centri con più di 8000 abitanti, nel 1900 erano diventati un terzo. L’immigrazione procurò la manodopera a basso prezzo: dal 1860 al 1920 giunsero negli Stati Uniti 28 milioni e mezzo di immigrati di cui oltre la metà fra il 1900 e il 1920.

Molti di questi immigrati arrivarono negli Stati Uniti sull’onda di numerose sommosse proletarie scoppiate in Europa sul finire del XIX secolo.51

Il mito della frontiera come possibilità individuale di rifarsi una vita, vecchio sogno americano, era rollato sotto la spinta violenta e irreversibile verso l’agricoltura commerciale attuata da potenti trust e corporation che a cominciare dalle ferrovie, aveva esteso il loro controllo a tutti i campi della produzione: fra il 1898 e il 1914 oltre 5.000 imprese nate

51 Esistono due diversi tipi di ondate migratorie: la prima fino agli anni ’80 formata un maggioranza di operai qualificati provenienti dal Nord Europa; dopo l’80 la nuova immigrazione era composta essenzialmente di forza lavoro non qualificata di estrazione contadina proveniente dal Sud e dall’Est Europa.

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indipendenti si erano fuse i meno di 300 trust. Poche decine di capitalisti definiti “plutocrati” erano all’inizio del XX secolo i detentori del potere decisionale di tutto il paese.

La dura e prevalentemente spontanea reazione degli operai provocò volta per volta situazioni di tensione tali da raggiungere livelli di vera e propria insurrezione in tutto il paese. In intere regioni, dove la milizia locale non bastava, dove gli sceriffi e i guardiani armati non bastavano ad arginare la protesta operaia, venivano direttamente chiamate le truppe federali.

Anche per questa ragione la storia del movimento operaio americano è segnata fina dalla sua nascita da un’insolita quantità di sconfitte. Vediamo le più famose.

Lo sciopero dei ferrovieri del 1877

Nei primi giorni del luglio 1877 la Baltimore & Ohio Railroad Company, che già nei tre anni precedenti aveva imposto una riduzione dei salari ai propri dipendenti, annunciò ai propri dipendenti, un nuovo taglio salariale del 10% a partire dal 16 luglio. La misura fu colma. I ferrovieri non ce la facevano più ad andare avanti con salari tanto bassi ed erano coperti di debiti.

In diverse località e nelle stazioni i ferrovieri iniziarono a discutere la questione, decidendo alla fine d’inviare i loro delegati per negoziare con i dirigenti della compagnia; arrivarono fino al vicepresidente, ma costui rifiutò di ascoltare le loro richieste. La mattina del 16 luglio si recarono al lavoro. I dirigenti della compagnia erano tranquilli perché ritenevano che “la crisi avrebbe trattenuto i ferrovieri dallo sciopero”. Alle quattro del pomeriggio, i frenatori e gli spalatori di carbone del nodo ferroviario di Camden abbandonarono il posto di lavoro, dando vita allo sciopero generale Cumberland (Maryland) e Martinsburg (West Virginia), cui aderirono anche i battellieri dei piroscafi a vapore. I treni furono deviati sui binari morti e nessun treno merci viaggiò. La sera del 16 anche i lavoratori della grande industria conserviera scesero in lotta, chiedendo un aumento salariale del 10%.

In difesa della proprietà privata, la Baltimore & Ohio Railroad Company chiese l’intervento delle truppe al governatore dello Stato del West Virginia, che inviò una compagnia di 75 uomini. La mattina del 17 luglio i militari entrarono a Martinsburg, sparando qualche colpo d’intimidazione, ma furono affrontati da una folla minacciosa e si rifugiarono nell’arsenale militare. Due compagnie della milizia locale fraternizzarono con gli scioperanti. Alla testa di una compagnia della guardia nazionale, il governatore si diresse alla volta di Martinsburg, ma a metà strada fu raggiunto da un dispaccio che lo informava che lo sciopero era scoppiato nella capitale dello Stato. Così fece dietro front e, raggiunta la capitale, chiese l’intervento del presidente degli Stati Uniti, che emise un proclama e inviò a Martinsburg un piccolo contingente militare.

Il 18 luglio, la compagnia ferroviaria cercò di fa partire un treno merci, scortato dalle truppe federali, da Martinsburg alla volta di Baltimora. I soldati salirono sul treno mentre era accesa la caldaia della motrice perché si era trovato un macchinista che era disposto a guidare il treno.

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Quando il macchinista salì sulla locomotiva e fece per mettere in movimento il treno, la moglie lo supplicò a non tradire i suoi compagni. Questo risvegliò l’orgoglio dell’uomo, che abbandonò i comandi. Nessuno lo rimpiazzò finché, diversi giorni dopo, furono accolte alcune rivendicazioni dei ferrovieri.

Lo stesso giorno l’agitazione guadagnava Baltimora. La guardia nazionale era entrata in città e aveva aperto il fuoco, senza preavviso sulla folla che gremiva le strade del centro cittadino, disperdendola; poi aveva continuato ad avanzare fino a quando fu circondata da una massa di lavoratori che affluiva nel luogo della sparatoria. La guardia nazionale sparò una nuova salva, ma gli operai risposero al fuoco con un lancio di pietre; per sfuggire alla popolazione inferocita, le guardie nazionali si aprirono la strada facendo numerosi morti e feriti.

Il 1 giugno 1877 un’altra grande compagnia ferroviaria, la Pennsylvania Railroad, aveva imposto ai propri dipendenti un taglio dei salari e, come se non bastasse, aveva aumentato il carico di lavoro per creare un esubero di personale e procedere a licenziamenti. Dopo aver inutilmente chiesto un incontro con i dirigenti della compagnia ferroviaria, il 19 luglio i ferrovieri scesero in sciopero a Pittsburgh, il maggior scalo dei questa compagnia, bloccando i treni merci in partenza. La Pennsylvania Railroad chiamò la guardia nazionale della contea, forte di diverse compagnie di fanteria, di due batterie di cannoni e due squadroni a cavallo; questa truppa fu rafforzata dalla prima divisione52 della guardia nazionale della Pennsylvania fatta venire un tutta fretta da Filadelfia, al comando del maggiore generale Brunton.

Queste manovre delle autorità non intimidirono né gli scioperanti, né la popolazione che li appoggiava; al contrario suscitarono lo sdegno dei lavoratori, che mischiarono tra i militi della contea, nei pressi della stazione ferroviaria. Alle 15.30 lo sceriffo con una squadra di 15 poliziotti, protetto dalla divisione del generale Brunton, raggiunse l’incrocio con l’ottava strada, dove era radunato un gran numero di scioperanti. Marciò quindi lungo i binari in direzione della stazione, accompagnato dalle urla e dalle imprecazioni della folla. Le autorità militari e civili avevano deciso che lo sceriffo eseguisse i mandati di arresto spiccati contro i ferrovieri prevedendo naturalmente che avrebbero fatto opposizione. Arrivati alla stazione, i militi fecero sgomberare i binari e lo sceriffo si accinse a procedere agli arresti. Secondo quanto affermato da testimoni oculari, l’ufficiale in comando ordinò di aprire il fuoco, uccidendo 16 persone, senza che i ferrovieri avessero opposto la minima resistenza.

Quest’azione suscitò lo sdegno generale. i lavoratori svuotarono i negozi degli armaioli e attaccarono la guardia nazionale che nel frattempo si era rifugiata nelle rimesse ferroviarie, dove fu assediata dagli scioperanti. Il 22 luglio diversi edifici della compagnia furono incendiati e distrutti, poi fu fatto il tentativo di snidare dalle rimesse gli occupanti. L’assalto fu respinto, nonostante la breccia aperta nel fuoco degli assediati, gli assedianti si ritirarono. La guardia nazionale ne approfittò per svignarsela, ma la fuga fu subito scoperta e i lavoratori si gettarono all’inseguimento, che si protrasse fino a notte inoltrata. Gli scioperanti rimasero così padroni del

52 Bisogna tenere conto che i termini reggimenti, brigate, divisioni erano in quell’epoca negli Stati Uniti entità molto elastiche; i primi reggimenti erano composti da meno di 150 uomini al comando di una dozzina di ufficiali.

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campo e non furono più attaccati; alcuni giorno dopo furono loro assicurate alcune concessioni e tornarono al lavoro.

Ci furono tumulti sulla Erie Railroad a Hornellsville, sulla Missouri Pacific Line e in quasi tutte le maggiori città e stazioni ferroviarie dell’Ovest. A Cleveland, Chicago, Saint Louis, Kansas City e in diverse altre località tutta la classe operaia simpatizzò con i ferrovieri in lotta. A Chicago la polizia, interrupe, armi alla mano, una affollata riunione degli operai dei mobilifici convocata per discutere lo sciopero dei ferrovieri, disperse l’assemblea e uccise un funzionario sindacale.

A Saint Louis le autorità cittadine e statali si dispersero furtivamente e si nascosero ai primi segnali di disordine; gli operai costituirono un comitato di salute pubblica, composto per la maggior parte da tedeschi, che per alcuni giorni ebbe in mano la città.

Il movimento degli scioperi del 1877 fu nel complesso l’espressione spontanea del malcontento dei ferrovieri e degli altri settori di lavoratori. E come accade per la maggior parte dei movimenti spontanei, le numerose vittorie dei ferrovieri in molte regioni del paese non portarono a risultati duraturi perché mancavano dell’organizzazione indispensabile al loro sfruttamento.

La bomba di Chicago

Nel 1884 l’American Federation of Labor (A.F.L.)53 aveva deciso una giornata di lotta per rivendicare le otto ore per il primo maggio 1886. Non essendo d’accordo i Knight of Labor54 che si tennero ufficialmente fuori da questa battaglia. Questa posizione scontentò molti dei loro membri che approvavano questa giornata di lotta.

Nel 1886 i ferrovieri aderenti ai Knight of Labor scesero in sciopero sulle linee del sistema di trasporti sud-occidentali di Jay Gould, chiedendo la solidarietà degli altri ferrovieri. Da parte sua, l’esecutivo dei Knight of Labor si limitò a intavolare una trattativa con gli amministratori delle ferrovie. Queste trattative non andarono a buon fine, alla fine lo sciopero fu sconfitto.

Chicago che divenne uno dei centri del movimento di lotta, non solo era una delle città più popolose degli Stati Uniti, ma anche il cuore dell’industria e del commercio degli Stati dell’Ovest, del Nord-est e del Centro. Tranne quello tessile e minerario erano presenti in forze a

53 L’A.F.L. fu fondata dal 1881 sulla base del “sindacalismo puro e semplice”, dal leader del sindacato dei sigarai Samuel Gompers. Essa era un’organizzazione di tipo federale molto poco centralizzata, che non aveva il diritto d’imporre nessun movimento unitario alle diverse categorie che la componevano. Così succedeva che ogni categoria rivendicava il monopolio nell’organizzazione di una dato settore di operai e giungeva a intraprendere perfino scioperi e scontri fisici per imporre alle categorie rivali la propria giurisdizione; c’è poi da tenere presente che ogni unione categoriale era legata all’imprenditore da contratti che scadevano in date differenti così che molto spesso succedeva che quando una categoria scioperava, un’altra nello stesso faceva da crumiro.

54 Fondato nel 1869. È un’organizzazione contraddistinta da molte contraddizioni. Da una parte accentava donne e neri (dopo il 1878) e nello stesso tempo i datori di lavori come membri.

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Chicago i più importanti settori produttivi e in molti di essi era dominante, come la produzione di macchine agricole, nell’industria alimentare – con giganteschi macelli e fabbriche per l’installamento della carne – nell’industria del legname. Oltre a 20 linee ferroviarie si diramavano da Chicago verso tutti gli angoli del paese e verso il Canada. Innumerevoli battelli a vapore e a vela partivano solcando i Grandi Laghi.

Questa metropoli aveva una popolazione cosmopolita formata da un terzo da tedeschi, da quasi altrettanti irlandesi e il resto da scandinavi, italiani, polacchi, cechi, francesi ecc. Gli anarchici di Chicago in mezzo a questo miscuglio di lavoratori di tutte le nazionalità e lingue, cercarono di unificare il movimento operaio su obiettivi comuni.

Gli anarchici di Chicago erano diretti da uomini capaci ed energici: i tedeschi Albert Spies e Michael Schwab, l’americano Albert Parson, l’inglese Samuel J. Fielden, coadiuvati da molti altri vigorosi e insta cabili militanti. I primi tre erano dei pubblicisti dell’Arbeiter e dell’Alarm.

Nell’inverno 1885-1886 diverse circostanze favorirono il movimento guidato dagli anarchici. Innanzitutto la forte crescita delle organizzazioni operaie, in particolare dei Knight of Labor, il grande sciopero dei ferrovieri del Sud-Ovest degli Stati Uniti: gli attriti tra i funzionari e i membri dei Knight of Labor e l’A.F.L., i non facili sforzi per organizzare i fornai e i birrai negli Stati del Nord e dell’Ovest; lo sciopero della grande fabbrica di mietitrici McCormick a Chicago e soprattutto la forte aspettativa suscitata dalla giornata di 8 ore il primo maggio.

Quando arrivò finalmente il primo maggio la rivendicazione della giornata di 8 ore fu fatta propria dalla maggioranza dei lavoratori organizzati. Alcune fabbriche concessero subito le 8 ore, ma la maggior parte respinse questa rivendicazione e in molti stabilimenti fu dichiarata la serrata. Le strade si affollarono, quando anche i lavoratori dei grandi depositi di legname e i caricatori dei treni merci entrarono in sciopero per la regolamentazione della giornata lavorativa e i salari. Per rappresaglia i direttori delle ferrovie reclutarono crumiri ovunque fosse loro possibile, ma i lavoratori, incoraggiati dallo sciopero in corso nel Sud-Ovest, picchettarono i depositi e gli scali merci.

Gli operai della McCormick, esasperati dalla serrata padronale,55 si unirono agli scioperanti. Nel pomeriggio del 3 maggio scoppiarono dei disordini nei pressi della fabbrica; le vetrate delle finestre furono infrante e un paio di poliziotti furono malmenati. Subito arrivarono in rinforzo altri poliziotti che irruppero sul piazzale, fecero fuoco sugli operai. Solo dopo numerosi morti e feriti i lavoratori si dispersero.

La sera, in ogni associazione i lavoratori discussero la situazione e decisero di manifestare la sera dopo, il 4 maggio, a Haumarket Square. Le spie e delatori testimoniarono in seguito davanti alla Corte che la sera tra il 3 e il 4 maggio si erano tenute riunioni segrete per preparare un attentato.

Il 4 maggio la polizia prese tutte le possibili misure per turbare la calma. Gli uomini della riserva furono concentrati nella stazione di polizia vicina a Haumarket Square, mentre la guardia

55 Questi operai erano entrati in sciopero contro la riduzione dei salari, il sistema di cottimo e per rivendicare la giornata di 8 ore a 2 dollari.

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nazionale era chiamata alle caserme. Numerosi lavoratori parteciparono alla manifestazione e ascoltò i discorsi per nulla incendiari di Spies, Parson e Fielden. Si trovavano, tra la folla anche il comandante della polizia e il sindaco della città, quest’ultimo lasciò la piazza poco prima delle 22 perché non aveva visto o udito nulla di straordinario e di pericoloso. Il sindaco, raggiunta la National House dove erano radunate le riserve della polizia, disse all’ispettore che la manifestazione si svolgeva pacificamente e gli ordinò di mettere in libertà i suoi uomini.

Il sindaco se ne tornò a casa, i poliziotti, invece marciarono verso la piazza. Qui, l’ufficiale al comando ordinò alla folla di sciogliersi. Sentendo l’ordine, l’ultimo oratore, Samuel Fielden, esclamò dall’improvvisata tribuna, un carro vuoto: “Siamo persone pacifiche”. Nello stesso momento una bomba fu lanciata tra le fila della polizia, con un effetto devastante. I poliziotti iniziarono una fitta sparatoria, disperdendo la manifestazione. Oltre 30 poliziotti furono feriti e sette morirono per le ferite riportate. Il numero dei manifestanti feriti non fu mai stabilito con precisione.

Dopo un primo momento di sbigottimento, le autorità e i borghesi alzarono un assordante grido di vendetta. Tutte le garanzie costituzionali e legali sulla libertà e la sicurezza della persona furono calpestate, ogni norma di tutela dell’individuo fu gettata alle ortiche e la città fu consegnata al bieco dispotismo della polizia di Chicago.

La mattina del 5 maggio la polizia arrestò i redattori e i compositori dell’Arbeiter, forzando e svuotando le scrivanie e i cassetti della sede del giornale. Le riunioni furono disperse o proibite le sedi delle associazioni chiuse, gli schedari sequestrati, le persone sospette e non sospette arrestate e gettate in carcere, le case perquisite ecc. Il tutto senza neppure uno straccio di procedura legale. Fu imposto un vero e proprio stato d’assedio generale, contro persone che non opponevano alcuna resistenza.

Soltanto Louis Lingg si oppose energicamente all’arresto e poté essere sopraffatto e incarcerato solo dopo un’aspra lotta.

Quando la polizia ebbe sfogato la sua rabbia contro tutti gli elementi del movimento operaio ritenuti “pericolosi”, iniziò la persecuzione legale. Il grande giurì, riunita a porte chiuse, incriminò Wilhelm Seliger, Louis Lingg, August Spies, Albert Parsons, Michael Schwab, Samuel Fielden, Adolph Fischer George Engel, Oskar Nebbe e Rudolph Schnaubelt, di aver lanciato la bomba o di aver incoraggiato e aiutato altri a farlo. Schnaubelt, che in seguito fu ritenuto il vero esecutore dell’attentato, era stato fermato dalla polizia, ma fu rilasciato dopo un breve interrogatorio e fuggì. Seliger si fece corrompere e testimoniò contro i suoi compagni imputati; come compenso fu liberato. Parson era scomparso. Si presentò a metà processo con il suo avvocato per condividere la sorte dei suoi compagni. Si era nascosto all’apertura del processo per evitare le “piacevolezze” degli interrogatori della polizia.

L’intero processo fu un atto di assoluto disprezzo del comune senso di giustizia e la più completa negazione della dottrina e della pratica giuridica dello stato diritto che la borghesia aveva acquisito. Esso dimostrava nella pratica, che la borghesia, non ha pietà di chi lotta contro il suo potere, lede i suoi interessi, cerca di minare la sua posizione e mettere in pericolo la proprietà privata. Gli Stati Uniti che erano la repubblica borghese per eccellenza, offrì al

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mondo un esempio di dominio di classe senza foglia di fico, senza alcun riguardo per le tradizioni e le istituzioni feudali, clericali o monarchiche che ancora esisteva nei paesi europei.

Il giudice che presiedeva la corte non si preoccupò neppure di apparire imparziale e respinse ogni obiezione di principio o fattuale, dei difensori. La cernita dei giurati aveva richiesto diverse settimane, perché il pubblico ministero ricusava chiunque fosse membro di associazioni operaie o avesse legami qualsiasi con esse, chiunque fosse sospettato di posizioni radicali, chiunque fosse di origine tedesca.

Il 20 agosto la giuria riconobbe tutti gli imputati colpevoli di omicidio e condanno a morte Spies, Parson, Schwab, Fielden, Engel, Fischer e Lingg; Neebe fu condannato a 15 anni di carcere.

La stessa stampa borghese riconobbe che questa sentenza era assolutamente illegittima stando alle prove in merito al fatto e proprio, cioè al lancio della bomba.

Lo sciopero degli operai siderurgici di Homestead (1892)

Nell’ultimo decennio dell’Ottocento il proletariato statunitense entrò nella nuova epoca dei truts imperialistici con una serie di battaglie sindacali per difendere i salari e le condizioni di lavoro.

Avanzando a passi da giganti il processo di concentrazione industriale e di centralizzazione del capitale. La telegrafia fu unificata nella West Union, la telefonia nell’ATT, l’estrazione e la raffinazione del petrolio nella Standard Oil, l’energia e l’illuminazione elettrica nella General Electric, i trasporti marittimi nell’International Mercantile Marine, la siderurgia nell’USS Steel. I maggiori scioperi contro i tagli dei salari e l’allungamento della giornata lavorativa avvennero nelle ferrovie, nel settore minerario e in quello siderurgico. Proprio in quest’ultimo comparto industriale si svolse la prima dura battaglia di difesa che segnò la fine di un’epoca nei rapporti di forza fra le classi in questo settore e sancì l’espulsione del sindacato.

Affiliato all’A.F.L., l’Amalgamated Association of Iron, includeva solamente operai molto specializzati, gli skilled, escludendo, di fatto, lavoratori di colore, donne, la maggior parte degli immigrati e gli operai comuni, gli unskilled.

Le avvisaglie di quanto avverrà nel 1892 si era avute in precedenza quando nel 1889 Carnegie aveva tentato di spezzare il potere del sindacato, proponendo una decurtazione del 25% del salario e contratti individuali per i singoli operai, in modo in modo da porre fine alla contrattazione collettiva. Gli operai entrarono in sciopero. La compagnia assunse dei poliziotti e tentò di fare entrare i crumiri, ma fu sconfitta dal picchettaggio di massa. Temendo di fronteggiare anche possibili scioperi di solidarietà, l’azienda fece marcia indietro e firmò con l’Amalgamed contratto di 3 anni, valido fino al 1892. Il contratto rappresentava una tregua, perché l’impegno di Carnegie era rappresentato dall’eliminazione del sindacato. Nel gennaio 1892 la compagnia propose una nuova scala salariale che per ammissione della stessa azienda,

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avrebbe ridotto del 18% i salari degli Amalgamated; era l’avvertimento ai lavoratori che si stava avvicinando un nuovo conflitto. Ai primi di maggio Carnegie rese nota una dichiarazione, dove si esprimeva in questi termini: “Poiché questi stabilimenti si sono unificati con quelli dell’Edgar Thomson e Duquesne e altre fabbriche, a questa azienda si è posto il problema se negli stabilimenti debba essere presente il sindacato o no. Dato che la grande maggioranza dei dipendenti non è affiliata ai sindacati, la ditta a deciso che la minoranza deve cedere alla maggioranza. Di conseguenza allo spirare dell’accordo in vigore non ci sarà posto per il sindacato…La decisione non è stata presa per ostilità verso le organizzazioni dei lavoratori; ma chiunque può rendersi conto che la ditta non può aver a che fare con dipendenti in parte organizzati e in pare no”.

Alla fine l’azienda emise un ultimatum in cui si diceva che se il sindacato non avesse acetato le sue condizioni entro il 24 giugno, la compagnia avrebbe trattato con i dipendenti come singoli individui. Quatti giorni dopo la compagnia chiuse dei reparti per un totale di 800 operai.

In preparazione dello sciopero, l’Amalgamated aveva formato un Comitato consultivo composto di 5 delegati per ciascuna delle 8 sezioni sindacali. Dato che il sindacato comprendeva 750 dei 3.800 operai di Homestead, il Comitato fece appello ai rimanenti appoggiassero lo sciopero.

I 3000 operai riuniti in assemblea votarono a stragrande maggioranza che avrebbero partecipato allo sciopero; infatti, anche gli operai semi-qualificati e non qualificati temevano una riduzione di salario.

I preparativi militari cominciarono subito. Gli uomini del sindacato erano a conoscenza del piano della compagnia di far sbarcare le guardie della Pinkerton:56 essi avevano noleggiato un piccolo vapore a ruota, equipaggiato di sirena a vapore per dare l’allarme. Percorreva giorno e notte in perlustrazione il Monongahela, accompagnato da una flotta di 50 barche, con 2 uomini a bordo.

Tutte le strade che portavano a Homestead erano bloccate. Guardie armate circondavano i depositi ferroviari, le sentinelle perlustravano la riva del fiume e sorvegliavano le cime delle colline tutt’attorno.

Fu creato un sistema di comunicazione a bandierine, razzi e sirene a vapore; il telegrafo era al quartier generale. I picchetti di sorveglianza diventarono sempre più numerosi, tanto che alla fine un migliaio di uomini sorvegliava le due rive del fiume.

Nel frattempo, il Comitato consultivo assunse il controllo della città. Prese la direzione della distribuzione del gas, dell’elettricità e dell’acqua; fece chiudere i bar e si preoccupò di mantenere l’ordine, approvando leggi adeguate al caso. Gli 11 vicesceriffi che arrivarono

56 La Pinkerton national Detective Agency (Agenzia investigativa Pinkerton) fu fondata nel 1850 negli Stati Uniti dallo scozzese Allan Pinkerton. Fu la prima agenzia investigativa privata del mondo, divenendo in breve tempo la più importante società di sicurezza d’America. Fu spesso usata come esercito privato alle dipendenze dei magnati americani nell’azione di repressione delle lotte operaie.

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per occupare l’acciaieria furono circondati da un migliaio di uomini di picchetto e ammoniti che “nessuno della polizia sarebbe entrato là dentro vivo”.

Alla fine di giugno gli operai di Homestead erano stati informati dai loro sostenitori di Chicago e New York che erano in arrivo le guardie delle Pinkerton. Infatti, la notte del 5 luglio essere arrivò a cinque miglia da Pittsburgh lungo il fiume e salirono a bordo di 2 chiatte a loro disposizione. Per telegrafo il sindacato ricevette immediatamente l’informazione che erano arrivate parecchie centinaia di forestieri.

Alle 3 del mattino le chiatte passarono per Pittsburgh, una vedetta del sindacato telegrafò al quartier generale. Fu intensificata la sorveglianza sul fiume e da una barca, quasi investita dal rimorchiatore dei Pinkerton, partirono pistolettate contro le chiatte. Poco prima delle 4 del mattino il Comitato fece attivare la sirena con il segnale che indicava la minaccia di sbarco dal fiume e una sentinella a cavallo entrò di corsa a Homestead gridando. Gli operai e le loro famiglie lasciarono il letto e uscirono all’aperto: quando le chiatte si avvicinarono al punto di sbarco, erano ad attenderle una folla di 10.000 persone. Molti portavano carabine e revolver, la maggior parte era armata di mazze chiodate, bastoni e pietre.

Le guardie della Pinkerton, munite di carabine Winchester a ripetizione, iniziarono lo sbarco. Gli agenti della Pinkerton appena sbarcati si trovarono sotto il fuoco degli scioperanti; uno restò ucciso e cinque feriti. Gli agenti spararono all’impazzata sulla folla, ferendo una trentina di persone e uccidendone almeno tre. Il fuoco degli scioperanti li costrinse a ritirarsi. Quando alcune ore più tardi tentarono di sbarcare di nuovo, immediatamente altri quattro agenti furono colpiti e il tentativo fu abbandonato.

A questo punto gli scioperanti, cui si erano uniti molti simpatizzanti armati che venivano dalle città vicine, cercarono di trovare il modo di costringere le guardie ad abbandonare le chiatte. Per prima cosa costruirono delle barricate di acciaio e ghisa, dalla quale senza correre rischi potevano sparare sulle chiatte. Sparando a zero gli uomini sulle barche circondarono le chiatte, sulle quali furono scagliati pezzi di dinamite, che riuscirono a produrre dei fori sulle fiancate ma non ad affondarle.

Alla fine della giornata gli uomini della Pinkerton si ammutinarono. La maggior parte di quanti si trovavano sulle chiatte era composta non da poliziotti dell’Agenzia, ma da guardie noleggiate con false promesse e spedite a Homestead, per lo più contro la loro volontà. Molti erano i feriti; tutti erano spaventati, a peggiorare la loro situazione e che la calura di luglio era insopportabile. In queste condizioni gli agenti decisero quasi all’unanimità di arrendersi.

Furono fatti scendere, disarmati e fatti passare fra due fila di gente che li percuotevano senza pietà; tutti furono feriti, molti anche gravemente. Il Comitato che temeva le reazioni dell’opinione pubblica a un massacro, riuscì infine a persuadere la gente e lasciar andare le guardie della Pinkerton.

Per parecchi giorni gli scioperanti tennero indisturbati le acciaierie sotto il loro controllo.

Sotto la scia della grande insurrezione del 1877, la milizia dello Stato di Pennsylvania era stata riorganizzata e portata a un alto grado di efficienza. Nel 1892 comprendeva più di 8.000

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elementi fra ufficiali e soldati, che avevano in dotazione Springfiled57 calibro 45 e le mitragliatrici Gatiling.

Dapprima gli scioperanti volevano far resistenza contro la Milizia, ma il Comitato li convinse a dare il benvenuto ai soldati. I militari che scendevano dal treno furono accolti dal benvenuto di un apposito comitato e della banda.

Gli scioperanti avevano mantenuto un massiccio spiegamento di picchetti attorno all’acciaieria, ma la milizia cominciò a far entrare a piccoli gruppi i crumiri, trasportandoli con delle chiatte. Dapprima i soldati fraternizzarono con gli scioperanti, mai il comando intervenne per impedire il contatto con gli operai.

In risposta all’intervento della milizia lo sciopero si estese alle altre acciaierie di Carnegie dell’area di Pittsburgh. Il 14 luglio all’Union Iron Mills gli operai dichiararono che non avrebbero ripreso l’attività finché la questione di Homestead non fosse stata risolta, ma poco a poco la compagnia riprese la produzione ricorrendo ai crumiri. Il giorno seguente gli operai delle acciaierie di Beaver Fall decisero di sospendere il lavoro finché la compagnia non avesse aperto i negoziati. A Duquene gli operai s’iscrissero all’Amalgamed e scioperò una settimana dopo, in seguito agli appelli degli operai di Homestead. La milizia di Stato fece entrare sotto scorta nelle acciaierie gli addetti alle riparazioni, i meccanici e altri crumiri, represse una rivolta e riuscì a far riprendere la produzione. Il 16 luglio la compagnia affisse un avviso in cui si fissava in cui fissava la data del 21 luglio come limite massimo delle domande di riassunzione. Ma non uno solo degli operai licenziati compilò la domanda.

La compagnia cambiò tattica. I suoi legali presentarono richieste di arresto per omicidio a carico dei principali membri del Comitato; e almeno 160 altri scioperanti furono accusati di delitti minori. Non appena prosciolti da queste accuse; l’intero Comitato fu arrestato con l’accusa di tradimento contro lo Stato della Pennsylvania.

Enormi quantità di denaro da parte degli scioperanti finirono per essere spesa per le spese legali. Gran parte dei capi dello sciopero dovettero attendere in prigione ad attendere il processo. In ogni caso i processi riuscirono a demoralizzare e confondere gli scioperati di Homestead. Gran parte degli operai del sindacato si consideravano cittadini conservatori e patriottici - erano nella maggioranza repubblicana – che difendevano i loro diritti contro l’esercito privato della compagnia, gli agenti di Pinkerton; e i processi fecero nascere in loro dubbi sulla legittimità di quanto avessero fatto.

La compagnia Carnegie continuò a portare a Homestead i crumiri ma aveva grosse difficoltà a reclutare i rari operai dell’acciaio che con la loro elevata specializzazione erano assolutamente necessari a far riprendere l’attività. In molti casi dovettero furono in sostanza arruolati con la forza.58

57 Al termine della Guerra Civile (1865), il dipartimento, per sostituire i moschetti ad avancarica con armi a cartuccia metallica, si dotò nel 1868 del primo Trapdoor trasformato nel 1873 in un calibro 45. 58 A 56 uomini di Cincinnati fu offerto un lavoro facile e con una buona busta paga. Salirono sul treno e soltanto dopo che le finestre furono chiuse a chiave le guardie armate, dissero quale fosse

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Lo sciopero continuò solidale per 4 mesi. Il 18 novembre gli operai non specializzati chiesero di essere sciolti dal loro impegno; gli uomini del sindacato accettarono la richiesta e due giorni dopo dichiararono la sospensione dello sciopero.

Sconfitta l’Amalgamed, fu sostanzialmente estromessa dall’industria dell’acciaio. Anche nel 1895 dichiarava ancora la metà degli iscritti del 1892, pochi di questi erano dipendenti delle acciaierie. Oltre che dalla repressione statale, l’Amalgamed fu sconfitta dallo sviluppo delle nuove tecnologie, che aveva ridimensionato il ruolo degli operai specializzati nel processo produttivo, e dalla difficoltà di estendere la lotta agli altri impianti e fra i lavoratori non qualificati.

I capitalisti da questa vicenda uscirono vantaggiati perché riuscirono a imporre riduzioni salariali nella crisi dell’1893 in media del 25% - senza incontrare resistenze da parte dei lavoratori. L’introduzione di nuove macchine, aumentando la produttività, consentì la riduzione dell’occupazione, che a Homestead, fu quasi il 30% in meno rispetto al 30%. La sconfitta operaia rinviò per molto tempo l’insediamento dei sindacati nei principali gruppi siderurgici. Solo dopo vent’anni, i lavoratori riuscirono a organizzare il grande sciopero dell’acciaio nel 1919.

1° Il movimento operaio U.S.A. tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo

Sul finire dell’800 e agli inizi dell’900, si assistette a un’ondata di lotte dure (della quale prima si è descritto alcune di esse) che hanno come fulcro il problema del salario e quello del riconoscimento del sindacato. Dai 1023 scioperi che investirono il paese nel 1896, si arrivò a raggiungere nel 1903 il numero di 3493, senza contare gli scioperi durati meno di un giorno che secondo l’US Industrial Commissiona, erano stati meno molto numerosi perché più efficaci e meno dispendiosi. Parallelamente, il numero degli stabilimenti in sciopero fu di 5463 nel 1896, per arrivare a 20.248 nel 1903. La maggior parte di questi conflitti di classe si risolse in maniera favorevole agli operai.

E da questi anni che il capitale comincia a riorganizzarsi in una prospettiva di riorganizzazione dei conflitti interni e cambia tattica per cercare di recuperare la conflittualità operaia.

Una delle prime risposte fu, nel 1900, la creazione della National Civic Federation (NCF), composta da finanzieri, imprenditori, sindacalisti dell’A.F.L. e “rappresentanti dell’opinione

la vera destinazione. Ci furono tafferugli con le guardie e tentativi di forzare le porte, solo 21 arrivarono a destinazione. Una volta arrivati all’acciaieria erano tenuti come prigionieri. Le fughe di questi “crumiri contro la loro volontà” furono tante e di una frequenza tale da minacciare di spopolare l’acciaieria. Gli scioperanti gettarono nell’acciaieria dei foglietti in cui promettevano che sarebbero stati trattati bene e pagato a loro il viaggio di ritorno. Vi fu allora un ammassarsi di gente all’uscita e i funzionari della compagnia non poterono impedire a un gran numero di andarsene. Malgrado questo a settembre era in funzione anche se con attività ridotta, quasi ogni reparto dell’acciaieria.

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pubblica”; presidente era il senatore Hanna, proprietario di grandi compagnie carbonifere, tranviarie ecc. e “grande elettore”di presidenti del partito repubblicano. Il suo principale obiettivo pratico era di regolare i rapporti tra capitale e lavoro al fine di mediazione e conciliazione, facendo tra l’altro emergere l’importanza del Trade Agreement, cioè dell’arbitrato.

Vediamo qual era la composizione della forza lavoro negli USA in questo periodo.

Sul finire del XIX secolo la maggioranza della manodopera era costituita dagli emigranti non qualificati che si andavano ad aggiungere agli altri (ormai americanizzati) emigrati giunti nel mezzo secolo precedente. Esisteva, quindi una stratificazione che via via si riduceva poi, tra operai qualificati da una parte e operai senza alcuna specializzazione che si adattavano a tutti tipi di occupazione, dall’altra. Gli operai qualificati erano riusciti ad assumere, grazie anche alla scarsa organizzazione industriale, un vero e proprio controllo sull’organizzazione dell’attività lavorativa.

Gli operai qualificati furono quindi i primi a organizzarsi nei sindacati di mestiere. L’organizzazione più rappresentativa di questo tipo di sindacalismo fu l’A.F.L.

L’atteggiamento dell’A.F.L. verso la società nel suo complesso, non era dissimile da quello dei capitalisti: i dirigenti del sindacato miravano a ottenere per sé e per i propri iscritti tutto ciò che si poteva ottenere sfruttando ogni mezzo, compresa la dinamite; a loro interessava i risultati immediati, proprio come ai capitalisti interessavano soltanto i profitti immediati. Gompers e molti altri leader sindacali facevano parte della NCF e molti di loro erano iscritti al Partito Repubblicano, si consideravano di essere dei patrioti e dei veri americani. In campo politico l’A.F.L. adottava il principio del “premia gli amici e punisci e nemici” promettendo l’appoggio e il voto del sindacato a quegli individui o gruppi politici che più erano disposti ad appoggiare le richieste sindacali, senza impegnarsi d’altronde sempre con lo stesso partito. In pratica, per i vertici dell’A.F.L. nessun sostanziale contrasto esisteva tra lavoratori e capitalisti: bastava mettersi d’accordo.

Ciononostante l’A.F.L. era diventata un ostacolo per lo sviluppo capitalista, impedendo col potere contrattuale conquistato nei luoghi di lavoro, le manovre da parte dei capitalisti nel campo dell’organizzazione del lavoro. Tramite le cosiddette “union rules”, le regole sindacali, i sindacati di mestiere potevano imporre condizioni agli imprenditori su ogni aspetto dell’organizzazione della produzione: stabilivano il modo in cui erano introdotti nuovi macchinari e tecniche operative, determinava il numero degli apprendisti ammessi a lavorare in fabbrica, le modalità di computo del salario e avevano il controllo sulle mansioni.

Con questa politica l’A.F.L. esercitava un rigido controllo sulla disponibilità di manodopera e sul mercato del lavoro nel suo complesso, con l’effetto immediato per il capitalista di una diminuzione della produzione. Questa regola di escludere i non iscritti al sindacato impediva ai capitalisti di usare quell’infinita riserva di manodopera costituita dai nuovi emigrati non organizzati sindacalmente, cui si poteva corrispondere salari minori; cosa che poteva permettere dei profitti e un’espansione produttiva molto elevata sul piano mondiale, visto le vaste risorse naturali che disponeva il paese.

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Quest’azione di forza fu messa in atto a vari livelli: dalla creazione della NCF all’introduzione dello scientific management, fino alla messa in campo della forza brutta delle truppe statali e della Pinkerton. In questo quadro l’A.F.L. perse gradualmente ogni carattere radicale che gli era aveva al suo interno, specialmente dopo la faccenda Mc Namara e cioè dopo il 1911,59diventando così uno dei più docili strumenti del capitalismo americano contro le lotte e le organizzazioni radicali dei lavoratori (soprattutto delle lotte attuate da parte dei lavoratori non organizzati): le tasse d’iscrizione ai sindacati A.F.L. furono portate fino a 500 dollari, una cifra proibitiva per impedire l’iscrizione degli operai non qualificati, mentre contemporaneamente la stessa A.F.L. non si faceva scrupolo di rimproverare ai non qualificati di essere usati come crumiri e di addossare loro la colpa di non essere organizzati perché “incapaci”.

Nel 1905, quando fu fondata la I.W.W., gli Stati Uniti si presentavano per quanto riguarda il mercato del lavoro, come un insieme molto eterogeneo di situazioni: a Est sulla costa dell’Atlantico, era già presente l’industria di massa a un alto sviluppo; al Sud prosperava l’industria del cotone con la presenza predominante della manodopera nera con i primi inizi di quella grande migrazione che s’intensificò poi nel primo dopoguerra; nel Centro si estendevano immense distese di frumento; nell’Ovest, in molte parti ancora “selvaggio”, abbondavano le miniere e la manodopera dei boschi per l’industria del legname. Se all’Est esistevano forti nuclei di manodopera specializzata raccolti intorno all’A.F.L., tutt’altra situazione esisteva altrove, dove migliaia e migliaia di lavoratori fluttuanti e stagionali, si avvicendavano ora facendo i boscaioli, ora i minatori o i braccianti nelle grandi pianure del centro.

2° L’I.W.W. e l’operaia massa

Per gli statunitensi dell’inizio del XX secolo hobo era il termine che indicava una cultura ben precisa: quella del vagabondo, dell’emarginato, del viaggiatore dei treni merci. Questo mito della strada fu poi ripreso da Jack London, da Jack Kerouac, e da Chaplin con Charlot; l’hobo era il ribelle per vocazione alla società costituita, senza casa e famiglia senza fissa dimora e di conseguenza senza diritto di voto. Questo mito ebbe origine verso la fine del XIX secolo a seguito di una crisi economica che costrinse grandi masse di operai disoccupati a spostarsi in cerca di lavoro. La stessa natura del mercato di lavoro impediva a loro di trovare un lavoro stabile. Questo vagare dette vita a un’epopea. Gli hoboes, costituivano una facile massa di manovra, un esercito industriale di riserva, da usare come crumiri quando facevano comodo e da scaricare quando non servivano più. Si calcola che nei primi anni del ‘900 “vi erano

59 I fratelli Mc Namara erano dirigenti del sindacato costruttori dell’A.F.L., a loro è legato uno dei più famosi e importanti casi giudiziari riguardanti il movimento operaio americano. I due, in reazione alla situazione esistente a Los Angeles, dove nessun tipo di sindacalizzazione era mai stato possibile per la violenta ostilità dei padroni, avevano distrutto con la dinamite l’edificio in cui si stampava il giornale reazionario Time, che era sempre stato alla testa di ogni campagna anti-sindacale. Il fatto provocò uno scandalo enorme e il crollo dell’A.F.L. che in conseguenza di ciò abbandonò d’allora in poi ogni tipo di radicalismo.

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probabilmente più di un milione di uomini che viaggiavano sui treni”60 spostandosi da una regione all’altra; “500.000 lavoratori senza tetto che ondeggiavano attraverso Chicago, asse ferroviario dell’America, da cui si irradiavano 40 linee con 3000 migliaia di binari dentro i suoi limiti cittadini”.61

La nascita dell’I.W.W. s’inserì in questo contesto d’instabilità, sviluppando negli hoboes una coscienza di classe assieme alla capacità di organizzarsi autonomamente, di acquisire il rispetto di se stessi, necessario per imporre ai padroni le proprie rivendicazioni. Nel West e nel Midwest i termini hobo e wobbly divennero quasi sinomini e stavano a significare un processo di aggregazione sociale e politica, intorno a un programma, di tutta l’enorme e dispersa manodopera fluttuante dell’Ovest.

Gli hoboes si organizzavano in veri e propri accampamenti– chiamati jungles – ai limiti degli scali ferroviari o delle città industriali, in maniera democratica. La jungla era prima di tutto una casa di fortuna, ma allo stesso tempo anche una complessa unità sociale alla cui base delle regole, che seppure poche e semplici, garantivano la vita e la continuità dell’accampamento.

L’altra faccia della medaglia di questa solidarietà degli hoboes era costituita dal modo cinico e sprezzante con cui i capitalisti raggiravano e truffavano il lavoratore migrante alla ricerca di un lavoro qualsiasi. Spesso a volte doveva addirittura pagare 5 e più dollari a qualche agenzia di collocamento che una volta avuta i soldi o gli assegnava un lavoro inesistente oppure lo imbrogliava attraverso il sistema cosiddetto “dei tre gruppi”: un gruppo di lavoratori comprava un lavoro, un secondo gruppo già al lavoro era licenziato e un terzo gruppo tornava in città per acquistare lo stesso posto di lavoro. In questo modo succedeva che una ditta con cento operai in una sola stagione ne poteva assumere e poi licenziare 5.000. Era anche per questo motivo che la fluttuazione geografica e interaziendale raggiungeva dal 100% al 300%.

Un altro modo di dividere e discriminare la forza lavoro era di sfruttare le differenze di razza mischiandole nella maniera più opportuna.

L’emigrazione non fu solamente una necessità economica ma anche politica. Per una nuova fase di sviluppo si rendeva necessario un tipo di forza lavoro che fosse abbondante, a buon mercato, resistente alla fatica. Per il controllo politico della classe operaia, il capitale operò sia la razionalizzazione tecnica e la riorganizzazione dei metodi di lavoro che mettendo, appunto, l’uno contro l’altro i lavoratori, con l’uso di settori di emigrazione.

Un altro settore basilare del mercato di lavoro era costituito dalla manodopera femminile bianca e nera, il cui utilizzo diventa, con l’inizio del XX secolo, un fattore determinante nell’azione del capitale. L’occupazione femminile sale a un livello mai visto prima, raggiungendo il 25% del totale del lavoro salariato, d’altra parte il declino avutosi nel settore dell’agricoltura e dei servizi domestici con un suo massiccio inserimento nei nuovi settori in espansione del terziario e dell’industria tessile.

60 R. Allsop, Ribelli vagabondi nell’America dell’ultima frontiera – l’hobo e la sua storia, Laterza, Bari 1968. 61 Id.

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In generale, il ruolo della donna nel mercato del lavoro fu di riserva di lavoro, per le industrie stagionali o di forza lavoro precaria e instabile, contribuì in maniera decisiva all’elaborazione e alla crescita del movimento operaio e dell’I.W.W. attraverso figure di militanti rimaste famose, come Mother Jones o Elisabeth Curley Flynn.

La ristrutturazione capitalistica che portò alla formazione di quella particolare figura che fu definita operaio massa fu la stessa che riconfermò nel ruolo della donna all’interno della famiglia il mercato fondamentale della forza lavoro femminile. Il capitalismo nella rivalutazione della casalinga e della stabilità familiare la risposta all’instabilità sociale e di fabbrica e contribuì in vario modo, economicamente e ideologicamente, a ricostruire la santità puritana della famiglia, seriamente indebolita, come agente della riproduzione sociale. Fu dopo i grossi scioperi che videro protagonista le donne (Lawrence, Paerson, ecc.) che nel giro di quattro anni vennero introdotte in 29 Stati leggi sugli assegni familiari, sulla riduzione dell’orario di lavoro delle donne in fabbrica ecc.

3° “L’età del progresso”

L’American Socialist Party (ASP), fondato nel 1901, era composto da varie componenti che andavano da una sinistra militante che comprendeva alcuni futuri dirigenti wobblies, ai propugnatori dell’entrismo nei sindacati già esistenti e ai socialisti detti “alla tedesca”62 del Wisconsin, con a capo Victor Berger, i quali vedevano i sindacati solo come semplici alleati elettorali e puntavano esclusivamente alla conquista pacifica del potere con mezzi elettorali. L’A.S.P. riuscì ad arrivare in alcune situazioni locali e nel 1912 raggiunse quasi un milione di voti (il candidato alla presidenza era E. Debs), ma sostanzialmente rimase estraneo alla classe operaia e alle sue lotte.

L’A.S.P. ebbe comunque il merito di aver dato origine a un movimento di idee, tendente ad influire, in vari modi sulla base operaia. Un esempio fu la pubblicazione di libri, giornali e riviste, tendenti a denunciare gli aspetti più corrotti e degradanti del sistema capitalistico, la corruzione amministrativa e imprenditoriale, i legami esistenti tra potere politico e potere economico. Questa attività editoriale, in parte legata al progressismo, fu chiamata generalmente “Muckraking” (letteralmente frugare nel letame).alcune di queste pubblicazioni riuscirono ad andare al di là del semplice giornalismo, diffondendo e dibattendo temi direttamente legati al movimento operaio: fra questi la rivista The Masses che uscì dal 1911al 1917, la International Socialist, mensile che sostenne attivamente l’I.W.W. e una serie molto lunga di altre riviste e giornali di non minore importanza.

Quello ché mancò all’A.S.P. e al movimento progressista in generale fu una mancanza di una chiara connotazione di classe che lo facesse riconoscere ai lavoratori. Il tentativo di molti socialisti di conquistare l’A.F.L. al suo interno si dimostrò vano. La frazione socialista

62 Venivano definiti così per la rassomiglianza teorica e pratica coi socialisti tedeschi lassaliani.

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all’interno dell’A.F.L. non diventò mai maggioritaria, cosi ché il movimento progressista63 fu capace di recuperare nelle proposte pratiche gran parte della linea socialista.

L’A.F.L. accentuò la sua funzione di agente della borghesia tra le fila operaie, comprese quanto fosse necessario, per il mantenimento del sistema capitalistico, usare differenti segmenti di classe l’uno contro l’altro. .

I padroni quando si trovavano di fronte i sindacati che proclamavano l’abolizione del regime salariale e la solidarietà universale della classe operaia in contrapposizione agli interessi dei capitalisti, l’unica soluzione che avevano era quella di eliminarli. I nemici del “modo di vivere americano”, come si diceva da parte dell’opinione pubblica conservatrice, venivano imputati di “sindacalismo criminale” con tutte le pene pratiche che ciò implicava (arresto, denuncia, e anche pestaggio) e quando ciò non si dimostrava sufficiente, si ricorreva alla agenzia Pinkerton che aveva all’epoca 2.000 agenti ben addestrati in servizio, più di 3.000 di riserva (un totale superiore di quello che aveva all’epoca dell’esercito nazionale permanente), un vero e proprio esercito specializzato in ogni tipo di provocazione, a disposizione di qualunque società o fabbrica, con tanto di onorario per la disgregazione di un sindacato o la liquidazione di uno sciopero.

E se anche l’opera dei Pinkertons di rilevava inadeguata, c’era sempre la legislatura con i tribunali che attraverso le “junctions”64 e lo Shermann anti-truts Act,65 provvedevano a reprimere ogni comportamento di insubordinazione sociale.

In questo periodo denominato “era progressiva” a livello di massa c’è la convinzione che lo Stato e la società si possono riformare, cioè il principio aclassista della continua evoluzione, della fiducia nella natura begnina del sistema, che alla fine prevarrà sempre sulle temporanee storture e disfunzioni. In questo periodo ci sono due aspetti che emergono:

1) L’esigenza di molte corporations, sviluppatesi enormemente attraverso un continuo processo di concentrazione del potere finanziario, di far intervenire il governo nelle questioni economiche per una maggiore copertura e stabilità del mercato e delle operazioni finanziarie.

2) La sostituzione del laissez-faire con un ordine sociale più “responsabile”, dove tutte le classi avrebbero potuto sperare in una forma di riconoscimento e compartecipazione ai benefici di un’economia in espansione. Attraverso un’ideologia così fatta e diffusa a livello di massa in molteplici modi, col principio della partecipazione collettiva e del benessere pubblico, si riuscì parzialmente bloccare lo sviluppo del movimento di classe

63 Movimento democratico borghese. 64 Se un giudice ravvisava in un comportamento una qualche specie di reato, poteva ingiungere la cessazione di tale comportamento: qualora continui si ha il “contempt of court”, oltraggio alla corte, punibile con pene severe anche se la junction non è fondata. Bastava quindi, che qualche giudice una junction alla cessazione di uno sciopero, per ottenere o la fine dello sciopero o l’arresto della sua leadership. 65 Questa legge, varata nel 1890, era fatta apposta per colpire i monopoli; invece fu ripetutamente adoperata, dallo sciopero Pullman in poi, contro i sindacati, seguendo un principio interprativo che tendeva a colpire solo le monopolizzazioni indebite o “contrarie al pubblico interesse” quali erano ad esempio i sindacati per i padroni. Nel 1924 l’A.F.L. riuscì a farlo rivedere.

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Il mantenimento degli equilibri di classe e la loro riformulazione ideologica e materiale sono la risposta progressista alla “paura della rivoluzione”, in un prospettiva più lunga è anche una risposta agli immigrati che in quegli anni erano al centro di grosse lotte imperniate sul salario e sulla riduzione dell’orario di lavoro. La cooperazione dell’A.F.L. con il con i settori del capitale “più avanzato”, la sua presenza come istituzione e la collaborazione attiva a gestire le politiche de sistema diventarono mezzi indispensabili al funzionamento dell’apparato governativo stesso.

Oltre all’istituzionalizzazione del sindacato, il capitale approfondiva la sua strategia attraverso nuovi elementi come l’introduzione nelle fabbriche dell’organizzazione scientifica del lavoro, altrimenti detto dal suo “inventore” F. F. Taylor, Taylorismo.

Questi elementi elaborati nel 1895 diventarono operativi dal 1905: in quest’anno già si contano negli USA circa 140 aziende, con un totale di 63.000 operai, taylorizzate in senso stretto, mentre ben più grande il numero delle aziende dove se ne era fatto un’utilizzazione parziale ma non per questo meno incisiva.

Nel passato, uno dei mezzi con cui un lavoratore si difendeva era che l’imprenditore non riusciva mai a sapere di quanta produzione faceva il suo dipendente se non attraverso il dipendente stesso. Per eliminare la pratica continua e tipica dell’operaio di diminuire la fatica e di conseguenza la produzione “prendendosela con calma”, Taylor studiò meticolosamente, tutte le operazioni richieste per una data parte della produzione, calcolò il tempo necessario a un operaio-tipo per effettuarla, scompose i vari anelli della produzione in modo da eliminare il più possibile le particolarità dell’abilità artigianale e la posizione privilegiata dell’operaio qualificata. Tutte le conoscenze artigianali disperse vengono sistemate e concentrate nelle mani del datore di lavoro, e infine vengono ridistribuite, ma soltanto in forma di minute istruzioni, dando ogni operaio solo gli elementi necessari alla esecuzioni meccanica di un compito particolare relativamente semplice.

Quando poi viene introdotto in modo organico il nuovo management in fabbrica, multe e licenziamenti per ogni minima infrazione ai nuovi regolamenti vengono comminati a chi non si adegua; una volta sembrate e riorganizzate le varie fasi della produzione, vengono introdotti sistemi di lavoro a cottimo per incrementare la competitività fra gli operai col fine di far emergere una pseudo-aristocrazia operaia,66 in grado di produrre dal 200% al 400% al di sopra della norma. E 66 Sul ruolo dell’aristocrazia operaia bisogna fare delle dovute precisazioni. La storiografia operaistica degli anni '60-‘70 ha trascurato il ruolo rivoluzionario, d'avanguardia che ebbe per tutta una fase (quella della sussunzione formale del lavoro nel capitale) rispetto agli altri operai (basti ricordare il ruolo degli operai professionali in tutto il movimento dei Consigli in Europa e in Russia nel periodo 1917-1921), per vedere il lato conservatore (diventato predominante solo nella fase successiva della sussunzione reale del lavoro nel capitale con conseguente affermazione di quello che fu definito operaio-massa). Molti di questi storici evidentemente non hanno mai sentito parlare di aristocrazia operaia. Marx, analizzando le caratteristiche del lavoro in fabbrica, metteva in luce le differenze tra gli operai che provenivano dalla divisione tecnica del lavoro: “Sostanzialmente la distinzione è quella tra gli operai che lavorano effettivamente alle macchine utensili (e ai quali si uniscono alcuni operai adibiti alla sorveglianza, chi all'alimentazione della macchina motrice) e i semplici manovali tutti i “feeders” (il cui compito è solo quello di dare il materiale alle macchine). Accanto a queste classi principali vi è un personale, trascurabile per numero, che è adibito alla sorveglianza generale delle macchine e alla loro continua riparazione, quali per esempio gli ingegneri, i meccanici, i falegnami, ecc. Essi formano una classe operaia superiore, in parte dotata

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così, della vecchia mescolanza di manodopera specializzata e non specializzata, il taylorismo modellò la figura dell’operaio massa, introducendo complicati processi di incentivi, premi di produzione e una serie abnorme di categorie salariali, procedette ad aumentare la divisione già notevole per la presenza di operai di diverse nazionalità e etnie.

Questa spinta sfrenata all’efficientismo e alla produttività, mentre dava all’industria USA un inestimabile vantaggio rispetto ai capitalismo europei sule mercato mondiale, poneva invece gli operai in posizioni di sopravvivenza pura e semplice, sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro, in quanto lo scientific management di Taylor provocava un’espulsione di manodopera dal ciclo produttivo,67 sia per l’introduzione di nuovi macchinari altamente specializzati sia per la standardizzazione di tutti gli aspetti della produzione. Dall’industria delle armi a quella delle macchine da cucire, fino alla nascente industria automobilistica, la catena di montaggio e l’assemblaggio arrivano via via a dominare le industrie metalmeccaniche americane.

Come conseguenza della parcellizzazione attuata dal taylorismo, chi aveva adesso il maggior potere operativo in fabbrica era il tecnico, che in conformità con le linee stabilite da un padronato ormai “invisibile”, trasformava l’organizzazione del lavoro in quella di un esercito con tanto di divisione gerarchica: i 20.000 operai della Goodyear Rubber ad esempio, erano controllati da un sorvegliante ogni 10 operai; in più si veniva a consolidare un elaborato sistema di spionaggio e di polizia aziendale.

I sindacati aderenti all’A.F.L., minacciati in prima persona dall’estendersi dell’introduzione del taylorismo, non seppero rispondere in nessun altro modo che adeguandovisi, accentando volentieri di goderne i benefici: la maggior parte dei nuovi capi e controllori venne selezionata proprio nel settore specializzato dell’A.F.L. divenendo i diretti alleati dei sostenitori del scientific management. Ma lo scientific management non venne confinato solamente all’interno solo all’interno delle mura della fabbrica, ma si diffuse come linea di tendenza generale della società capitalistica americana. Anche il lavoro domestico delle donne diventa scienza domestica, per riprodurre e sostenere la forza lavoro col minimo dei costi stabilendo un metodo semplice e diretto di controllo dei salari.

Un’altra invenzione dell’avanguardia progressista per unire la fabbrica al sociale è la politica del Welfare Labor. Questo veniva recepito, come una dimostrazione della buona volontà da parte dell’imprenditore. Le aree verso le quali l’intervento era finalizzato erano sostanzialmente tre:

1) Miglioramento delle condizioni di lavoro, impianti igienico-sanitari, sale di ristoro, spogliatoi ecc.

d'istruzione scientifica, in parte inquadrata in uno schema artigiano, al di fuori della cerchia degli operai di fabbrica, cui sono aggregati” (Il Capitale, Libro I). Tutti assieme producono plusvalore, ma non tutti sono sottoposti alla massiccia estorsione di plusvalore relativo; quando si tratta di fare i sacrifici qualcuno, proprio per le mansioni che si trova a svolgere, potrebbe aumentare considerevolmente la propria posizione di privilegio. Lenin rivela come il tradimento della II Internazionale abbia come base economica nell'imperialismo che trasforma questo strato di operai in aristocrazia operaia “in veri e propri agenti della borghesia nel movimento operaio”.

67 La disoccupazione continuò ad aumentare quanto più aumentavano le industrie taylorizzate. Nel 1910 essa fu dell’11,65% al 14.7%.

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2) Politica salariale per dimostrare all’operaio che non c’è bisogno dei sindacati, con compartecipazione agli utili dell’azienda e incentivi di vario genere che poggiavano sulla produttività e sul merito, premi di assiduità ecc.

3) Organizzazione e pianificazione di attività per il tempo libero, servizi culturali biblioteche, circoli, picnic, feste, prestiti di denaro, assicurazioni, pensioni.

4° Il sindacalismo industriale

Fra il 1894 e il 1905 si svilupparono due importanti fenomeni di sindacalismo industriale, due sindacati, ambedue dei minatori ed affiancati all’A.F.L., che avevano delle caratteristiche del tutto

diverse l’uno dall’altro. Il motivo per cui l’A.F.L. dovette concedere ai sindacati dei minatori di organizzarsi su basi industriali, derivava dal fatto che la divisione del lavoro nel settore delle

miniere non passava tra specializzati e non, quanto tra lavoratori maschi adulti, che compivano la vera e propria attività estrattiva, e donne, bambini e vecchi che eseguivano il lavoro ausiliario da cui

data l’unità questi strati superiori e inferiori negli stessi nuclei familiari, deriva l’impossibilità di una contrapposizione, come verificabile altrove, del proletariato. In altro settori, ad esempio quello tessile, esisteva una certa consuetudine tale che gli operai addetti alle macchine invece di far parte

del sindacato dei tessili, erano inseriti nell’apposito sindacato dei macchinisti.

I due sindacati erano nell’Est, la United Mine Workers, che agiva nel settore del carbone guidata da John Mitchell, uno di quei leaders della NCF che parlava di “interessi comuni tra capitale e lavoro”, e all’Ovest nel settore dei metalli, la Western Federation of Miners. La U.M.W. aveva condotto uno sciopero nel 1900 per un aumento dei salari,68 ma la posizione conciliante di Mitchell fece sì che l’agitazione si concluse dopo la concessione di un aumento di salario del salario di due anni dopo, la dirigenza del sindacato fece fallire un’altra mobilitazione dei minatori, accettando in tutto per tutto le proposte, in sede di arbitrato, fatta dal presidente Roosevelt al sindacato e agli imprenditori. Questo modo di agire lasciò la bocca amara a molti militanti di base fra cui Mother Jonnes, che aveva dedicato tutte le sue energie al lavoro organizzativo tra i minatori.

Molto diversa era la linea della W.F.M. , che si trovava ad operare in territori e in distretti isolati il cui sviluppo era interamente nelle mani di pochi capitalisti che controllavano l’intero territorio come se fosse loro proprietà privata senza alcuna interferenza del potere federale, sia l’apparato governativo locale e statale erano nelle loro mani. La W.F.M. fece della violenza proletaria una propria pratica costante, con il pieno appoggio della base operaia, rispondendo adeguatamente alla violenza padronale delle compagnia mineraria degli Stati dell’Ovest. Gli scontri armati tra gli operai del sindacato e la milizia o i crumiri, erano all’ordine del giorno, così pure gli attentati ai padroni delle miniere e alle miniere stesse.69

68 In Pennsylvania coinvolse oltre 150.000 minatori. 69 I metodi di lotta dei minatori del West erano spessi molto energici ed efficaci: a Coeur d’Alene nel 1899 essi risposero a un tentativo di riduzione delle paghe facendo saltare in aria con più di mille chili di esplosivo uno stabilimento di raffinazione; quattro anni dopo a Denver nella lotta per imporre le otto ore nelle fabbriche che riducevano il materiale ferroso di proprietà della

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Nel 1906 vennero arrestati tre noti dirigenti del sindacato, accusati di aver fatto saltare in aria il governatore dello Stato dell’Idaho. Il processo concentrò l’attenzione di tutto il movimento operaio e di vasti settori dell’opinione pubblica sul nuovo tipo di sindacalismo, e fu oggetto di manifestazioni di massa con centinaia di migliaia di persone a New York, a Boston e in tutti gli USA, per concludersi un anno dopo con la piena assoluzione dei tre imputati.

Nel 1896 la W.F.M. aveva rotto il legame con l’A.F.L. per lo scarso sostegno economico e l’indifferenza aveva seguito uno sciopero dei minatori; nel 1897 la W.F.M. fondò la Western Labor Union , al fine di organizzare tutti i lavoratori a ovest del Missisipi che nel 1902, sotto la spinta di E. Debs e di altri militanti che non credevano più nell’A.F.L., si allargò in una American Labor Union che avrebbe dovuto fare concorrenza all’A.F.L.

Nel novembre 1904 alcuni dirigenti della W.F.M. e di altri sindacati in rottura con l’A.F.L. lanciarono un appello per una riunione da tenersi nel gennaio del 1905 allo scopo di: “discutere modi e mezzo per unire gli operai americani su corretti principi rivoluzionari, senza riguardo ad alcuna organizzazione passata e presente”.70

A questa riunione parteciparono rappresentanti di organizzazioni, più alcune personalità a titolo individuale, i quali stesero un manifesto proclama in cui si dava indicazione a “tutti gli operai che condividevano le loro idee” di ritrovarsi a Chicago nel mese di giugno. All’appuntamento di Chicago erano presenti delegati di 40 sindacati che rappresentavano più di 140.000 lavoratori. Il nome che fu dato alla nascente organizzazione era Industrial Workers of the World (I.W.W.).

L’I.W.W. fu per molto tempo l’unica organizzazione dei lavoratori statunitensi a riconoscere come base della propria azione il principio della lotta di classe, di una lotta dura e senza compromessi fino all’abbattimento della schiavitù salariale e delle società capitalistica.

La lotta di classe non si fermava davanti alle leggi e allo Stato: l’I.W.W. riconobbe subito che “ci vogliono più diritti di quelli che possono offrire le leggi per placare lo spirito di rivolta”; il problema è che, se sul tipo di sindacalismo si era tutti d’accordo, anche se con qualche differenziazione, era proprio sulla questione dell’atteggiamento di fondo da tenere nei confronti dello Stato, delle sue leggi e del modo in cui doveva maturare il passaggio rivoluzionario, che regnava il più totale disaccordo. La questione politico-elettorale divenne il pretesto per uno scontro tra le molte linee e modi di pensare presenti al Congresso.

Si distinguevano tre tendenze:

1) Il gruppo di Daniel De Leon, leader del Socialist Labour Party (S.L.P.). Il S.L.P. fu molto critico del sindacalismo dell’A.F.L., tanto che verso la fine di creare un propria organizzazione sindacale per favorire il sindacalismo industriale.

Guggenheim Corporation, gli operai decisero di scendere in sciopero all’improvviso, provocando la solidificazione del metallo fuso con la conseguente distruzione delle fornaci. 70 B. Cartosio, Note e documenti sugli Industrial Workers of the World, Primo Maggio, n. 1, Calusca, Milano 1973.

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2) La frazione Shermann, costituita da militanti che facevano riferimento a E. Debs71 e di militanti della W.F.M. e dell’A.L.U.

3) La componente più forte, che fu definita anarcosindacalista, anche se in realtà includeva anch’essa posizioni differenti. Questa componente faceva capo a Vincent St. John detto il “Santo”, uno dei più abili organizzatori dell’W.F.M., a Trautmann, dirigente del sindacato dei birrai, a Padre Hagerty un prete cattolico diventato uno dei più combattivi sindacalisti, e alla prestigiosa figura di William Dudley Haywood, sopranominato per la sua corporatura Big Bill. La loro linea sosteneva che i lavoratori dovevano mettere in secondo piano la questione elettorale, privilegiando il processo di costruzione di un solo grande sindacato, “One Big Union, che comprendesse la classe operaia nel suo insieme e si estendesse via via a livello mondiale; attraverso questo sindacato si sarebbe dovuta sviluppare la solidarietà e la coscienza di classe per preparare il proletariato a realizzare una nuova società nel guscio della vecchia. Le elezioni non erano che “una concessione dei padroni” per dare un aria di democraticità al loro potere; l’unica funzione che potevano avere per Haywood, era di raggiungere il controllo amministrativo locale in modo da impedire che le armi della repressione fossero usate contro gli operai, ma solo l’azione diretta avrebbe permesso di raggiungere lo finale della schiavitù salariale e di una società senza classi.

Le polemiche tra le diverse tendenze, molto importante per la storia del sindacalismo rivoluzionario72 vennero accantonate con l’adozione della famosa “clausola politica” che affermava: “Tra queste due classi (padroni e operai) non può esservi che lotta finché tutti i lavoratori non saranno uniti, nel campo politico come in quello industriale, e si impadroniranno di ciò che essi producono col loro lavoro attraverso un’organizzazione economica della classe operaia, senza affiliazione ad alcun partito politico”.

Questa clausola fu un compromesso tra le diverse componenti: i deleonisti avevano minacciato di non entrare a far parte dell’I.W.W. se non ci fosse stata una posizione chiara a favore dell’azione politica oltre che a quella economica; nello stesso momento non potevano chiedere l’adesione al loro partito visto che erano presenti all’interno dell’organizzazione militanti di due partiti socialisti rivali. Il compromesso scatenò una lotta di frazioni che si esaurì solo al quarto congresso, impedendo il lavoro organizzativo concreto. Le lotte di frazione si conclusero alla fine con l’espulsione di De Leon, provvedimento deciso con la scusa che egli non era un lavoratore salariato come gli altri,73 la clausola venne modificata in modo da non escludere esplicitamente l’azione politica.

Dopo il primo anno di presidenza di Sherman, della United Metal Workers, che aveva volto l’attenzione dell’I.W.W. più che altro a raggiungere gli operai già organizzati nell’A.F.L.

71 E. Debs anche se non partecipò attivamente all’azione degli I.W.W. diede sempre il suo appoggio attivo, preferendo restare all’interno dell’A.S.P. per il quale si presentò alle elezioni più volte, e svolse in ogni momento un attività di agitazione e propaganda. 72 Per i problemi che sono connessi, queste polemiche hanno una validità attuale. 73 Subito dopo i deleonisti fondarono una IWW rivale, con sede a Detroit, che non ebbe mai molta risonanza.

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Alla fine si dimostrò inutile a continuare a occuparsi dell’azione parlamentare quando gran parte della base dell’I.W.W. era costituita da persone escluse dalle elezioni.74

In ogni modo, all’interno dell’I.W.W. non ci fu mai un’omogenea linea d’azione. La contraddizione tra azione politica e azione diretta che aveva visto vittoriosi i sostenitori di quest’ultima con la successiva espulsione della frazione Sherman e del gruppo di De Leon lasciò posto, nel crescendo dell’attività organizzativa dell’I.W.W., a una nuova contraddizione che rispecchiava le differenze che c’era tra il proletariato del Est e quello dell’Ovest: ad Est gli I.W.W. si incontrarono con grandi masse di operai immigrati accentrati nelle grandi aree industriali del settore tessile, metallurgico, meccanico, automobilistico e della gomma, legati stabilmente al processo produttivo e inseriti in strutture produttive; all’Ovest i Wobblies, come furono subito chiamati, dovettero far fronte alla necessità di gruppi organizzativi mobili e decentrati, il sindacato fu impostato e plasmato e somiglianza dell’Hobo riuscendo a sviluppare in quest’ultimo un volto e un orientamento mentale autonomo, la consapevolezza della necessità di una solidarietà universale dei lavoratori contro i lavoratori, di una critica materiale e continua della morale borghese, che solo un sindacato militante vagante dei treni poteva dargli.

La mentalità dei militanti I.W.W. si sviluppò nel “vogliamo parecchio e subito”, “siamo stati niente saremo tutto”; questo nuovo tipo di moralità, cresceva con l’azione diretta dei wobblies, e nell’opinione pubblica borghese cresceva la paura e lo sgomento.

L’atteggiamento wobblies, se da una parte era simile a quello di qualunque lavoratore di essere attaccato al lavoro per quanto gli permetteva di vivere decentemente, dall’altra esprimeva una critica e un atteggiamento del tutto ostile all’etica del lavoro del progressismo e dei sindacati di mestieri. In sostanza, partendo dalla consapevolezza del carattere di classe della società e della qualità di una vita interamente subordinata a produrre plusvalore per i padroni, diventa importante cambiare la vita giorno per giorno insieme alla società attraverso l’azione diretta di massa, l’uso diretto dell’appropriazione e la forma intenzione di usare tutte le tattiche che potevano portare ai risultati voluti col minimo spreco di tempo e di energia. L’uso di massa del fumetto, di un modo di esprimersi comune e la diffusione capillare di un certo tipo di cultura militante75 che circolava stampata su documenti e nelle canzoni dell’I.W.W., resero il movimento complessivo estremamente avanzato dal punto di vista culturale,76 estraneo alle stesse avanguardie intellettuali, alla cultura ufficiale, al concetto di rivoluzione che si era imposto nei ceti medi socialisti come un ritorno populistico e astorico a una realtà agricola e artigianale del tutto arcaica e superata dall’evolversi dell’industria e della società.

74 L’alto livello di mobilità della mano d’opera e i frequentissimi spostamenti da una regione all’altra impedivano il più delle volte al lavoratore sia americano che immigrato, di acquisire il diritto al voto. 75 Nel 1917 V. St. John pubblicò l’opuscolo IWW: la sua struttura, storia e metodi, in cui scriveva: “Attualmente l’IWW ha 19 pubblicazioni: 9 settimanali, 3 quindicinali e 4 mensili, 1 in inglese, 1 in russo, 1 in finlandese. I giornali sono nelle seguenti lingue: quattro in inglese, due in ebreo, 1 ciascuno in italiano, russo, ungherese, bulgaro, svedese, polacco, tedesco, croato, lituano, spagnolo”. In italiano e in altre 10 lingue venivano stampati molti degli opuscoli a larghissima tiratura che uscivano prima quasi sempre, in inglese. 76 Nella biblioteca della Miners Union di Cripple Creek si contavano più di 8.000 volumi.

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Il linguaggio della vignetta esprimeva un messaggio diretto e immediatamente riconoscibile dall’operaio immigrato che spesso non sapeva leggere e scrivere, contribuendo a trasmettere un’idea più chiara, sintomatica della condizione operaia e delle caratteristiche della lotta. L’immagine del proletario che deve correre dietro alla cotoletta, mentre il bottegaio socialista vorrebbe trattenerlo per le elezioni,77 esprimeva la contrapposizione tra il proletariato eternamente in moto sotto il ricatto economico del capitalismo e in lotta per il salario, e i bottegai che aspirano ad una tranquilla esistenza provinciale e sognano la possibilità di un controllo locale attraverso le elezioni.

Per i wobblies ogni forma di democrazia che non metta in discussione il potere della borghesia e la contraddizione tra capitale e lavoro rimane nel cielo dell’utopia dove la democrazia si riduce alla libertà di essere “tosati”.

Gli I.W.W. non chiesero mai al padrone di essere riconosciuti.

Per quanto riguarda le regole organizzative l’I.W.W. adottò certe regole generali, ma la loro applicazione differiva a secondo degli operai e del tipo di industria, senza regole rigide.

Il principio generale era quello della ricomposizione della classe partendo dalla base, che doveva rispecchiare l’elevata concentrazione e centralizzazione del capitale con un General Executive Board come direzione, che poteva chiamare in sciopero una qualsiasi union affiliata per poterne sostenerne un’altra, poteva disporre di fondi di sciopero ecc.

L’organizzazione era strutturata in dipartimenti, ciascuno dei quali comprendeva un settore della produzione; ogni settore era a sua volta suddiviso all’interno secondo le articolazioni proprie del processo di produzione. Un sistema organizzativo così fatto, proprio perché modellato sull’organizzazione dell’industria, doveva preparare i lavoratori a essere in grado di impossessarsi della totalità dei mezzi di produzione e delle conoscenze necessarie a portare avanti la produzione sociale della ricchezza quando il capitalismo sarebbe stato abbattuto.

Il carattere più originale della prassi dell’I.W.W. era costituito dall’azione diretta di massa.

L’I.W.W. è un sindacato industriale rivoluzionario, una linea di tendenza all’interno della classe operaia che ha lo scopo principale “di togliere a tutti non solo i frutti delle passate ruberie ma anche il potere di rubare in futuro. Qualsiasi cosa a questo scopo non ha bisogno di giustificazioni”.

L’I.W.W. riconosce il principio di una lotta di classe interna alla stessa classe operaia, dove l’organizzazione autonoma dei non qualificati è l’unico mezzo per unificare la classe operaia togliere all’A.F.L. il controllo di quella fetta di classe operaia qualificata , che era decisiva in certe occasioni.78

77 Questa vignetta è di Joe Hill un wobbly famoso per essere stato l’autore di molte fra le più famose canzoni dell’I.W.W. , e che fu fucilato nel 1917 per una accusa di omicidio che non venne mai dimostrata. 78 L’A.F.L. nel 1905 raccoglieva solo il 5% della classe operaia americana, ma organizzò più volte il crumiraggio in alcuni tra i più grossi scioperi I.W.W.

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Il concetto fondamentale per l’I.W.W. era che la classe operaia deve lottare nel momento a lei più favorevole: mai quando è il padrone a volere lo scontro. Quando uno sciopero si mette male è meglio sospenderlo e lottare sul posto di lavoro attraverso altre tecniche di lotta che vanno dallo “sciopero bianco”79 fino al sabotaggio. Bisogna precisare, che i Wobblies non fecero mai un’esaltazione tou-court del sabotaggio, ma seppero distinguere le varie forme di lotta. Essi dicevano: “Il sindacato dei tessuti era normalmente praticato dai padroni. La seta che si usava un tempo era resistente e durava per parecchie generazioni. Ma nel 1912 a Paterson scoprimmo che la seta veniva tinta dopo averne aumentato il peso con adulteramenti di vario genere. Una oncia di seta subiva così un aumento di peso da tre a quindici once. Uno dei ‘sabotaggi’ che consigliammo ai lavoratori consisteva nel versare i prodotti adulteranti nelle fogne e tingere la seta come prima”.80

Questa forma di sabotaggio veniva detta dell’open mouth, cioè della denuncia pubblica da parte dei commessi di negozi e degli operai di fabbrica, delle adulterazioni o dei procedimenti usati dai padroni per produrre la merce.

Il sabotaggio diventa, uno dei pochi mezzi realmente efficaci a disposizione dell’operaio per colpire l’organizzazione dei ritmi.

5° L’azione degli Wobblies nell’Ovest

Una delle prime lotte vittoriose nell’Ovest che videro gli I.W.W. svolgere un ruolo di protagonisti, si realizzo a Goldfield nel Nevada.

Goldfield nel 1905 aveva una popolazione di 30.000 abitanti, era in piena febbre dell’oro. Qui, nell’ambiente dei giacimenti minerari, gli I.W.W. sperimentarono il loro sindacalismo rivoluzionario d’industria. Quando, nel 1906, gli I.W.W. arrivarono a Goldfield, la W.F.M. aveva già un forte radicamento mentre l’A.F.L. era debole, perché organizzava solo i carpentieri e i tipografi. Gli I.W.W. non persero tempo ad avanzare le loro rivendicazioni.

Tutto cominciò quando gli I.W.W. decisero di boicottare due giornali locali, per la violenta campagna contro di loro e perché i loro tipografi rifiutavano a unirsi agli altri lavoratori della città in un solo grande sindacato. Gli strilloni smisero di vendere i giornali, e dopo pochi giorni il boicottaggio sembrò funzionare. Funzionò ancora meglio quando la sezione 77 degli I.W.W. decise di fondersi con la sezione 77 della W.F.M. I minatori rappresentavano la maggioranza nella zona, e i padroni non erano pronti ad affrontali direttamente.

Davanti al fronte unito tra i lavoratori i proprietari dei giornali furono costretti a vendere le testate, e i nuovi padroni fusero i due giornali, cambiando il nome in quello di Goldfield Daily Tribune. Il Tribune adottò un atteggiamento più amichevole nei confronti degli I.W.W. e riassunse tutti quelli che avevano scioperato , compresi gli strilloni. Quasi subito cominciò un

79 Negli Stati Uniti consisteva essenzialmente in fermate spontanee di singoli reparti o dell’intera fabbrica. 80 E. Gurley Flynn, La Ribelle, La Salamandra 1976.

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altro sciopero. La sezione 77 degli I.W.W. comprendeva anche i fattorini dell’agenzia telegrafica Western Union, che erano entrati in sciopero per aumentare la paga giornaliera.

Gli I.W.W. sebbene sostenessero lo sciopero, si sentirono meno sicuri di quando avevano sfidato i magnati della stampa; l’accordo fu raggiunto quasi subito per 5 dollari al giorno.

Benché fosse finito quasi subito, questo sciopero fu indicativo dello spirito combattività che aveva investito Goldfield, dopo l’arrivo degli I.W.W.81

Dal 1906 al 1908 la città fu sostanzialmente sotto il controllo dei lavoratori, dai minatori ai baristi, vediamo alcune esempi su come si esercitò: la sezione 220 della W.F.M. richiese un minimo di 5 dollari giornalieri per tutti i tipi di lavoro minerario. Quando 1.200-1.500 lavoratori incrociarono le braccia i proprietari furono costretti a concedere 5 dollari per gli operai specializzati e 4 dollari e mezzo per i manovali. Nel resto della zona di Goldfield, gli I.W.W. e la W.F.M. conquistarono la giornata di otto lavoro con salari che andavano dai tre ai cinque dollari, la pensione completa per chi lavorava nei ristoranti e negli alberghi, la giornata di dieci ore con salari di cinque dollari per gli impiegati e la giornata di otto ore a sei dollari per i baristi. La paga degli impiegati delle ferrovie nella regione di Goldfield fu portata, grazie agli I.W.W., da un dollaro e 75 centesimi con la giornata di dieci ore a 4 dollari e mezzo con quella di otto.

Nonostante questi successi gli I.W.W. incontrarono resistenze non solo tra i padroni, ma anche tra alcuni lavoratori. Nel 1908, i carpentieri dell’A.F.L. stavano costruendo a Goldfield un’arena per l’incontro di pugilato Nelson-Gans, per il titolo mondiale dei pesi-piuma. Essi si irritarono per le pressioni dei minatori che volevano farli aderire agli I.W.W. e alla W.F.M., risposero boicottando il lavoro all’ospedale dei minatori, allora in costruzione.

Quello che stava accadendo in Nevada provocò da parte di Washington. Un’indagine del Congresso sulla situazione di Goldfield scaricò gran parte delle responsabilità al debole governatore democratico del Nevada, John Sparks. Alla fine il parlamento del Nevada approvò una legge sull’impiego delle forze di polizia. L’associazione dei proprietari di miniere cominciò ad assumere gente che non apparteneva al sindacato. La milizia del Neva intervenne a Goldfield aiutando i proprietari delle miniere a distruggere l’organizzazione degli wobblies.

Dal 1909 al 1911 i wobblies tennero in agitazione tutto il West con le battaglie per la libertà di parola, conducendo queste lotte nelle strade e nella piazze, nei luoghi dove i lavoratori fluttuanti del West si radunavano e, attraverso comizi e altre forme di propaganda, i wobblies ponevano il problema dell’organizzazione. Fra il 1907 e il 1916, l’I.W.W. condusse una trentina di battaglie importanti che durarono 6 mesi. Le memorabili furono quelle di Missoul, Spokane, Fresno E San Diego. A Fresno, per esempio, un padrone non riusciva ad imporrei i suoi bassi salari per il, reclutamento di operai, la polizia cominciò a sciogliere le assemblee all’aperto e ad arrestarne i

81 A Goldfield si manifestarono anche le prime divergenze fra la locale direzione della W.F.M. e gli I.W.W. sia sugli obiettivi dello sciopero criticati, perché sembrava non difendessero adeguatamente i minatori con più alta qualificazione, sia per i metodi di lotta usati.

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partecipanti; Frank Little uno dei dirigenti dell’organizzazione prima di essere arrestato trovò il tempo di telegrafare alla sede centrale dell’I.W.W. a Chicago avvertendo di quello che stava succedendo a Fresno. Immediatamente partirono sui soliti treni merci più di 150 wobblies e altre centinaia si misero in marcia da altre località. La prigione di Fresno traboccava di detenuti che improvvisavano comizi di propaganda e azioni dimostrative; il trattamento a loro riservato era a base di pane e acqua, con docce fredde alternate a quelle bollenti. I tribunali non riuscivano a tenere dietro gli arresti giacché ciascun arrestato richiedeva di essere giudicato separatamente. Le autorità locali dovettero alla fine arrendersi liberando tutti i detenuti e riconoscendo automaticamente il diritto, già sancito dalla costituzione, alla libertà di espressione e organizzazione.

In questo modo il sindacalismo veniva introdotto in intere città contribuendo a chiarire una volta di più come i diritti civili più elementari venivano calpestati da padroni e dallo Stato quando erano in contraddizione con la legge del profitto, dando una prova tangibile a livello di massa che a nulla valeva cercare di migliorare la propria condizione, la legislazione vigente o fare petizioni alle autorità: l’unico vero modo di ottenere la libertà di parola era quello di prenderselo.82 Queste battaglie che costarono sangue e morti ebbero una importanza educativa enorme, ma ebbero il difetto, molto spesso di essere dei tentativi improvvisati di organizzazione in quanto una volta conseguita la vittoria in un posto, i wobblies preferivano spostarsi in un altro luogo dov’erano in corso altre lotte del genere piuttosto che persistere nel lavoro di organizzazione. A poco a poco questa prima fase dall’azione wobbly nel West cominciò a decadere.

A dispetto del generalizzarsi dell’uso di una spietata violenza e brutalità, da parte delle guardie private, delle truppe statali, delle milizie degli Stati, della polizia, della magistratura (dai giudici di pace fino alla Corte Suprema), delle zone dove ai sindacalisti era proibito entrar, il campo dell’attivismo wobbly si estese alle industrie per la produzione di massa dell’Est, agli operai e i braccianti agricoli del centro e del sud, fra i minatori, i marinai, i boscaioli. A New York, ad esempio, c’erano sezioni locali nell’industria delle confezioni, tessile, alberghiera nelle fabbriche di scarpe, sigari pianoforti; nel West esistevano addirittura sezioni locali dei cowboys.

Il lavoro organizzativo cominciò a penetrare nelle grosse fabbriche in cui era stato introdotto il Scientific Management.

Esemplare, in merito fu la lotta alla Pressed Steel Car di McKees Rocks nel 1909. Durante la crisi del 1907-1908, in cui la disoccupazione superava il 16%, la Pressed Steel Car una filiale della US Steel ed una delle principali produttrici di vagoni ferrovieri in acciaio, aveva assunto degli esperti di tempi e salari ed aveva organizzato la produzione mediante la scomposizione del lavoro in operazioni parziali, facendo uso di una catena di montaggio sei anni prima dell’introduzione di quella più famosa alla Ford. Inoltre, attraverso un nuovo sistema salariale su un cottimo di gruppo, si veniva a creare un rapporto di concorrenza reciproca tra gli operai,

82 A San Diego molti uomini armati portarono via dalla prigione alcuni wobblies e li costrinsero prima a baciare la bandiera degli Stati Uniti e poi a correre in mezzo a due fila di uomini ubriachi e armati di bastoni, provocando due morti. Nel 1916, a Everet, vigilantes armati spararono contro un battello che trasportava alcuni centinaia di wobblies: 5 morti e oltre 50 feriti.

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che aveva come conseguenza una forte riduzione del salario. Queste misure facevano parte di un attacco generale al salario ed al salario ed al livello degli operai in un momento in cui il loro prezzo pareva riducibile a piacere, e altrettanto a piacere sembrava sostituibile la forza-lavoro dei lavoratori stranieri; nel 1907, con circa un milione e trecentomila nuovi arrivati, l’immigrazione era salita vertiginosamente.

La maggior parte degli operai, il cui periodo di addestramento alla Pressed Steel Car durava in media meno di un mese, non solo doveva vendere la propria forza-lavoro in cambio di un salario da fame, ma lo stesso posto di lavoro ed il diritto di conservarlo dovevano venire continuamente comprati, pagando i mediatori e i sorveglianti, una pratica diffusa anche in tanti altri settori economici degli USA. L’attacco al salario in fabbrica proseguiva nei quartieri abitati dai lavoratori stranieri, che erano vicini alla fabbrica e isolati dagli operai americani. Per molti di loro l’affitto a McKess Rocks si portava via quasi un terzo di salario e, nel caso di abitazioni di proprietà dell’impresa, veniva dettato e, nel caso di abitazioni di proprietà dell’impresa, veniva detratta direttamente dalla busta-paga. Le stanze erano sovraffollate, e i turnisti si alternavano nei letti allo scadere dell’orario. La fabbrica stessa era nota come “il macello” o “l’ultima speranza”; moriva in media un uomo al giorno, ma questi morti, spesso sotterrati in un ripostiglio, non comparivano mai nelle statistiche ufficiali sugli infortuni.

Questo sciopero fu il fatto che attaccando il capitale, si rivolse contro le divisioni interne alla classe operaia. Gli scioperanti di McKess Rocks misero temporaneamente fuori uso i vari meccanismi che creavano divisione: i bambini fecero scioperi a scuola, le donne impedirono lo sgombero delle abitazioni aziendali, e i disoccupati si unirono allo sciopero. Decisivo per il suo svolgimento era il rapporto tra operai locali ed immigrati, che coincideva ampiamente col rapporto tra operai qualificati e non qualificati. Mentre in molti altri casi gli stranieri facevano i crumiri, alla Pressed Steel Car avvenne il contrario.

Lo sciopero iniziato il 12 luglio, fu provocato dalla protesta di alcuni lavoratori stranieri contro la riduzione di salario: questi furono immediatamente licenziati, ma in breve volgere di tempo, tutti i lavoratori stranieri avevano interrotto il lavoro, una parte dei lavoratori americani si unì a loro, altri erano stati trattenuti dai picchetti e al lavoro rimasero circa 500 operai, finché dopo tre giorni la fabbrica venne chiusa.

Il primo comitato di sciopero, era composto prevalentemente composto da lavoratori immigrati, sostituito da un comitato composto di lavoratori americani diretto da un ingegnere, e subito noto come i Big Six, che iniziò un programma di raccolta di aiuti e di rifornimenti, scrisse petizioni e cercò di accattivarsi la simpatia dell’opinione pubblica. In brevissimo tempo furono mobilitati contro gli opera la “polizia del carbone e del ferro” pagata dell’azienda, la polizia locale, la Guardia Nazionale e infine gli “odiati polacchi” a cavallo, una truppa speciale dello Stato di Pennsylvania conosciuta meglio sopratutto come cosacchi, costituita dopo lo sciopero di Homestead del 1892 e addestrata militarmente. Il loro scopo principale era quello di sgomberare le abitazioni di proprietà dell’azienda e di far entrare in fabbrica i crumiri reclutati attraverso l’agenzia investigativa. Questi due momenti – sgombero e immissione dei crumiri – diventarono le vertenze fondamentali di questo sciopero (come di altri di questo periodo); su questi due momenti si spezzò infine, a partire dalla seconda settimana dello sciopero, la solidarietà (che era parziale) degli scioperanti locali con quelli immigrati.

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Con la resistenza agli sgomberi delle case, sostenuta principalmente dalle donne, le lotte si estesero ai quartieri e un centinaio di persone furono ferite o arrestate. Il comitato di sciopero diretto dagli operai locali, definiti anche Big Six, fece appello alla pazienza e alla nonviolenza, esortò lo sgombero volontario delle case e intavolò delle trattative con la direzione aziendale per raggiungere un compromesso: questo fu rifiutato da un’assemblea di tutti gli scioperanti. Contemporaneamente s’era rafforzato l’impiego dei crumiri e i Big Six non riuscivano più a tenere sotto controllo la crescente insoddisfazione nei riguardi della loro gestione, arrivarono persino a minacciare gli elementi dissidenti a limitare i loro aiuti.

Il 30 e 31 luglio si giunse a violenti scontri in città, e nel periodo successivo furono introdotti migliaia di crumiri. Nella prima settimana di agosto, quando l’atteggiamento moderatore dei Big Six diventò sempre più chiaro, e si fece più urgente il problema di nuovi metodi contro i crumiri, fu deciso da parte di alcuni operai prendere i contatti con gli I.W.W. e rilanciare la lotta su nuove basi. Alcuni lavoratori stranieri erano degli I.W.W. anche prima della lotta, e a differenza della maggioranza dei Big Six che non avevano mai partecipato uno sciopero, un notevole numero di operai immigrati aveva avuto esperienza di lotte operaie in Ungheria, Russia, Italia, Germania e Svizzera. Questi operai formarono con gli wobblies un cosiddetto “comitato sconosciuto”, che doveva organizzare la direzione militante dello sciopero, mentre sotto la guida degli I.W.W. vennero tenute delle grandi assemblee. A partire dalla metà di agosto i Big Six impedivano sistematicamente agli operai americani di partecipare a queste riunioni, nelle quali si formularono le rivendicazioni, si stabiliva la strategia generale, si organizzavano traduzioni in varie lingue e venivano fornite informazioni sulla situazione dello sciopero.

Frattanto il “comitato sconosciuto”, che si riuniva in un luogo segreto, organizzò i picchetti ed una rete di informazioni e di posti di guardia che riuscì a tenere lontani per un certo periodo i crumiri. Esso era noto fra gli scioperanti col nome di kerntruppen, “truppe scelte”, derivato dal sistema militare tedesco. Fra l’altro esso inviò nella fabbrica 60 sedicenti crumiri, i quali riuscirono a trascinare fuori centinaia di lavoratori costretti a lavorare nelle condizioni più miserevoli, sembra però solo dopo una lotta con i sorveglianti che causò tre morti. Si progettò di far saltare il battello sul quale venivano trasportati i crumiri, ma i Big Six lo vennero sapere e affondarono l’esplosivo nel fiume. Il 7 e l’8 agosto. Dopo che la direzione aziendale aveva nuovamente rifiutato qualsiasi concessione sulla questione del salari, durante gli sgomberi delle case, nei quartieri e davanti ai cancelli ci furono nuovamente scontri fra la truppa speciale e le famiglie operaie; poco dopo un operaio venne ucciso dai cosacchi.

Il “comitato sconosciuto” diffuse una dichiarazione secondo cui per ogni operaio ucciso si sarebbe ucciso una cosacco; una minaccia che poco dopo fu messa in atto, facendo non poco effetto sui cosacchi, e che venne ricordata in tante altre situazioni delle lotte successive. Negli stessi giorni i ferrovieri cominciarono – opponendosi ai loro sindacati – a solidarizzare con gli scioperanti, rifiutandosi di portare i crumiri: questo fatto fu attribuito alla propaganda degli I.W.W. e al lavoro organizzativo del “comitato sconosciuto”.

Il 22 agosto gli scioperanti rastrellarono dei tram alla ricerca di crumiri, quando un funzionario di polizia cercò di impedirlo, fu ucciso, e si arrivò a quella che i giornali titolarono: “Domenica di sangue a McKees Rocks – peggio che in Russia”.

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Undici persone furono uccise di cui 8 fra gli scioperanti. Il giorno dopo, durante alcune perquisizioni domiciliari di massa, furono sequestrati agli stranieri coltelli a altre armi.

Stampa, direzione aziendale, governo federale, cercarono di ristabilire il controllo dei Big Six; un compromesso proposto dalla direzione di fabbrica fu respinto da un assemblea, ma l’8 settembre, dopo un intervento del governo federale , fu accettata a maggioranza in una votazione controllata dai Big Six e dalla Camera di Commercio. La ripresa del lavoro significò il ritorno alle condizioni precedenti allo sciopero; le concessioni salariali vennero rinviate, anzi alcuni ricevettero un salario ridotto.

Quando si seppe che le concessioni promesse ai lavoratori non venivano più rispettate 2.500 operai si riunivano nuovamente il 14 settembre e decisero che il giorno dopo si sarebbero rifiutati di lavorare, senza però abbandonare il posto di lavoro. Questa tattica di sit-in – il primo sciopero di sit-down si era avuto nel 1906 alla General Electric di Schenectady – e di “resistenza passiva” portò ad alcune concessioni salariali.

Due giorni dopo, il lavoro fu di nuovo sospeso e 4.500 operai si riunirono ancora per decidere un altro sciopero; qui però 500 americani, che nel frattempo si erano organizzati in un sindacato, impedirono l’elezione di un nuovo comitato di sciopero e convinsero circa 1.000 immigrati a riprendere il lavoro. Il giorno dopo 2.000 uomini rientrarono in fabbrica sventolando la bandiera americana; gli americani erano armati e i picchetti organizzati dagli I.W.W. e dagli immigrati dovettero lasciarli passare.

La Pressed Stell, sulla scorta di questa esperienza, attivò una serie di misure per prevenire agitazioni e scioperi, rivolte soprattutto agli immigrati che avevano mostrato capacità i organizzazione e lotta. Le autorità lanciarono una campagna di americanizzazione consistente in corsi serali di lingua inglese e di educazione sui principi fondanti degli Stati Uniti; inoltre, introdussero un programma di assistenza e di riforma che spaziava dalla costruzione di campi da gioco e iniziative sportive all’apertura di circoli ricreativi per uomini, donne e bambini.

Tutto questo per evitare ogni possibile “insorgenza operaia”. Ma l’esperienza di McKees Rocks segnò le lotte future perché mostrò ai lavoratori che era possibile superare le divisioni tra operai qualificati e non qualificati, diventò oltretutto, dopo l’introduzione delle nuove tecniche di produttive, più formali che sostanziali. Soprattutto mise in evidenza che l’ A.F.L. aveva sempre più difficoltà a controllare le lotte di questo vasto fronte.

Il 1912 fu l’anno di una delle più formidabili mobilitazioni operaie della storia americana: lo sciopero di Lawrence nel Massachusetts, una lotta estremamente significativa in quanto l’I.W.W. riuscì a far lottare insieme e a mantenere uniti qualcosa come 20.000 lavoratori di una quantità enorme di nazionalità per quasi 10 settimane consecutive, nonostante le differenze di lingua e di costume. L’avversario era il trust della lana che teneva sotto controllo 34 fabbriche di cui 4 solamente a Lawrence.

Le condizioni di vita nella città erano pessime: Lawrence era una delle città col più alto tasso di mortalità infantile; il sovraffollamento e la malnutrizione erano problemi cronici. Nelle fabbriche erano stati da poco introdotti i metodi tayloristici e gli incidenti sul lavoro dallo stress era frequenti. Per aumentare la produzione industriale era stato fissato un sistemi di premi che

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premiava i lavoratori che ogni mese producevano una extra produzione; se non si era perso più di un giorno di lavoro. Le donne, in particolare, durante il periodo mestruale per non perdere il premio mensile continuavano a sostenere il ritmo di lavoro normale. Il ritmo era accentuato dal fatto che il premio dei montatori dei telai o degli assistenti dipendeva dal premio dei tessitori a loro sottoposti. Venivano incoraggiati favoritismo e prepotenza, gli assistenti capi spingevano i tessitori per aumentare il premio, e i montatori trascuravano i telai dei lavoratori rimasti indietro e correvano a caricare quello dei tessitori più veloci.

Dopodiché i meno veloci venivano abbandonati dal reparto. Lo sciopero scoppiò all’improvviso e spontaneo, finché arrivò Joe Ettor, un dirigente IWW mandato a Lawrence a organizzarlo, sconfiggendo i tentativi dell’A.F.L. di spaccare i lavoratori tra qualificati e non.

Furono fissate quattro richieste:

1) Un aumento salariale del 15% sulla base delle 54 ore settimanali.

2) Paga doppia per gli straordinari.

3) Abolizione del premi extra produzione.

4) Ritorno al lavoro di tutti i lavoratori senza discriminazione.

Per organizzare meglio lo sciopero e condurre la lotta, si formò un comitato generale, formato da 56 membri, facendo eleggere a ciascuno dei 14 maggiori gruppi nazionali 4 rappresentanti. Questo comitato costituiva la direzione dello sciopero, aveva un’autorità completa nella sua conduzione e dipendeva solamente dal mandato degli scioperanti.

Con lo stesso procedimento si crearono dei sottocomitati per gli aiuti, i finanziamenti, la pubblicità, l’investigazione e l’organizzazione. Ogni membro, in caso di malattia o arresto, doveva essere sostituito da un elemento già preparato. Furono prese delle precauzioni contro l’infiltrazione di agenti del padrone nel comitato, o di agenti della Pinkerton che si facevano passare per scioperanti.

Il potere decisionale apparteneva alle assemblee di massa; nessun bollettino e nessun giornale venne stampato a causa delle molte lingue in cui lo si sarebbe dovuto tradurre, ma le assemblee di massa quotidiane resero possibile un rapporto corretto tra comitato di sciopero e operai. La maggior parte delle riunioni di massa quotidiane erano tenute per singoli gruppi nazionali. Il sabato e la domenica. Il sabato e la domenica si tenevano giganteschi meetings di tutti gli scioperanti che dovevano ratificare le decisioni prese dal comitato, si tenevano comizi in molte lingue, si suonava e si cantavano canzoni di ogni paese, tra cui l’Internazionale.

Gli scioperanti organizzarono il trasferimento di una grande quantità di bambini da Lawrence ad altre città, affidandoli alla custodia di simpatizzanti e di militanti socialisti: l’opinione pubblica rimase seriamente impressionata dalle condizioni in questi bambini erano costretti a vivere. Le varie provocazioni messe in atto dalla controparte, come ad esempio, nascondere dinamite nelle case di alcuni scioperanti o le continue cariche della milizia a cavallo contro i picchetti e le manifestazioni, non fecero che affrettare la vittoria operaia. Quando Ettor venne arrestato insieme a un altro militante italiano, Giovanniti, per concorso in omicidio (una scioperante italiana era stata uccisa

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dalla polizia), Haywood e la Flynn accorsero per sostituirli. Quando lo sciopero era terminato, con esito favorevole per gli scioperanti, questi decisero autonomamente di scendere nuovamente in sciopero se i due leaders, Ettor e Giovanniti, non fossero stati liberati. I due vennero poi scarcerati grazie a queste mobilitazioni.

Il successo di Lawrence fu il detonatore per un esplosione di scioperi che travolse la fabbriche dell’Est. A Chicago, a Detroit, a New York un’ondata di radicalismo e di scioperi a gatto selvaggio si abbatté sui padroni. I metodi Wobblies trovarono un facile terreno nel diffuso malessere operaio determinato dall’introduzione del taylorismo, che aveva provocato una crisi del sindacalismo di mestiere. Da una parte il capitalismo statunitense prese le sue contromisure aumentando la disoccupazione in maniera organica da un lato e dall’altro centuplicando le forze della repressione. L’I.W.W. non riuscì a mettere in campo un programma e un’organizzazione stabile tale da garantire lo sviluppo dello scontro nell’Est. I wobblies organizzarono i disoccupati con la lucida intuizione che solo il collegamento tra la lotta che si svolge in fabbrica con la lotta dei disoccupati nel sociale, potesse impedire il tentativo di divisione tra operai occupati e disoccupati. Durante la crisi del 1913-15, i wobblies passarono dalla resistenza sul posto di lavoro all’appropriazione diretta della ricchezza sociale attraverso i moti contro il carovita, gli scioperi dell’affitto, le occupazioni dei ristoranti e mense, le appropriazioni di massa “là dove c’era cibo e vestiario in quantità di cui servirsi”. I wobblies sconsigliavano i disoccupati a fare i cortei verso i municipi o le sedi governative in quanto “in questi centri della vita politica non si trova in realtà nulla di più che aria calda”, la loro parola d’ordine era invece “Due dollari al giorno prendersi la roba dove si trova”.

Ciononostante i wobblies non riuscirono a diventare, tranne in alcuni casi, a diventare una forza stabilmente organizzata, e questo fatto, soprattutto all’Est, fu il loro più grosso limite. Dopo lo sciopero di Lawrence, arrivò la sconfitta nello sciopero di Paterson; l’I.W.W. perdette gran parte della sua forza, a Lawrence il numero degli iscritti scese nel 1913 da 1.000 a 400 in un solo anno. I motivi di questa disfatta nell’Est sono di varia natura: la disoccupazione e la repressione sono stati indubbiamente uno d questi fatto. Molto probabilmente uno dei fattori più fattori più profondi sta nella stessa natura dell’I.W.W., l’essere sindacato che si percepiva come movimento. Se senza dubbio era positivo il rifiuto da parte dell’I.W.W. di trasformarsi, con l’uso della contrattazione articolata attraverso dei burocrati stipendiati a diventare un’organizzazione interna alla logica del capitale e della conservazione del ruolo del sindacato come regolatore della forza lavoro e delle lotte operaie, diventa negativo il rifiuto di porsi i problemi politici più generali.

Nel Midwest e nel Wheatland Californiano fino al 1926 (quando venne introdotta la mietitrice) c’era un territorio sterminato ed esteso per oltre mille miglia nelle mani di poche centinaia di coltivatori che realizzavano enormi profitti con l’assunzione di manodopera stagionale,83 scaricabile a fine raccolto, con tariffe fissate arbitrariamente e che variavano da una regione all’altra.

Nel 1915 l’IWW istituì il suo sindacato agricoltori, la Agricultural Workers Organization (A.W.O.), che si conquistò un’importanza decisiva nell’I.W.W. sia per il lavoro che riuscì a svolgere, sia perché riuscì attraverso la pratica, ristabilire un equilibrio nella lotta che da tempo si

83 In questo territorio si riversavano più di 20.000 braccianti stagionali.

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trascina all’interno dell’organizzazione madre tra i centralizzatori e i decentratori. L’A.W.O. organizzò un sistema di delegati sul posto di lavoro, uomini che lavoravano seguendo i raccolti dal confine messicano, all’inizio della primavera, fino al confine canadese ad autunno inoltrato. Il sistema dei comizi venne abbandonato: al decimo Congresso dell’I.W.W. nel 1916, l’A.W.O. rappresentava la forza dominante. L’A.W.O. si era costruita una rete solidissima di militanti e di collegamenti che la mantenessero viva e prospera fin a dopo la fine della guerra, quando le lotte bracciantili furono vanificate da un frenetico processo di industrializzazione delle campagne, con conseguente crisi della forza lavoro agricola stagionale e non.

L’A.W.O. per raggiungere i propri obiettivi non aveva un feticismo sulle forme di lotta da adottare: riuscì a organizzare picchetti lunghi oltre 1.000 miglia per tenere lontani i lontani i crumiri e non esitava a far uso del sabotaggio o ad incendiare i campi coltivati, o ancora a ingaggiare vere e proprie battaglie campali con la polizia, facendo uso dello sciopero solo nel momento in cui un solo mese di ritardo poteva rovinare l’intero raccolto.

L’I.W.W. fu l’unico sindacato americano del periodo che si sforzò di far aderire il maggior numero di afroamericani al sindacato. Verso il 1910, oltre 1.750.000 afroamericani avevano lasciato il Sud. La manodopera nera si diffuse in tutta la nazione provocando situazioni di squilibrio e assumendo una grossa incidenza nella storia del movimento operaio in quegli anni: fu infatti la migrazione l’utilizzo di migliaia di neri come crumiri a fare in parte fallire il più grande sciopero del dopoguerra, quello dell’acciaio del 1919.

6° L’IWW E LA GUERRA IMPERIALISTA

Lo scoppio della prima guerra mondiale imperialista e la preparazione degli Stati Uniti ad entrare essi stessi nel conflitto furono per il capitalismo americano l’occasione di un salto in avanti e di sviluppo delle premesse poste alla base della Progressive Era. L’aiuto finanziario ed economico alle nazioni dell’Intesa (Francia e Gran Bretagna), prima, e la preparazione psicologica e militare poi, all’entrata in guerra, segnarono l’inizio di un progetto di un ordine economico che portava a un inserimento dello Stato nella gestione dell’economica.

Dal 1914 l’intervento dello Stato nella gestione dell’economia (fino allo scoppio del primo conflitto mondiale era un fenomeno sporadico o solo abbozzato) si affermò in tutti i paesi capitalisti. Questa tendenza non cambia i rapporti di produzione, non rappresenta nessuna novità qualitativa nei confronti del capitalismo classico, anzi ne è l’estrema conseguenza.

Dentro questo quadro, vengono finanziati e incentivati settori della produzione quali l’industria delle munizioni e quella delle comunicazioni, con un ingresso massiccio dentro questi settori di manodopera femminile. Si estende a tutte le aziende la razionalizzazione tayloristica e si taglia sull’immigrazione esterna, privilegiando quella interna dei neri dai campi del Sud alle industrie del Nord e incentivando quella dei paesi asiatici e dei portoricani. Al fine di contenere l’indisciplina e la mobilità dell’operaio massa lo Stato promuove nuovi strumenti di controllo e conciliazione quali il War Labor Board; che da un lato riconosce il diritto agli operai di organizzarsi, dall’altro dove l’azione riformistica non riesce ad accontentarli, impone attraverso nuove leggi l’eliminazione di ogni voce di dissenso.

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Viene diffusa l’ideologia nazional-patriottica del “lavora e combatti” e col pretesto di “rendere il mondo sicuro per la democrazia”, i grossi capitalisti montano della campagne contro l’I.W.W. e tutte le organizzazioni che vengono considerate antiamericane o peggio al servizio dei tedeschi, col reale obiettivo di colpire il sindacalismo radicale e di tagliare la testa alle lotte di massa. Un’ondata crescente di isterismo e violenza si scatenò nel paese: sedi sindacali vennero devastate e soldati in uniforme insieme a “rispettabili cittadini” organizzarono veri e propri linciaggi ai danni di militanti ed organizzatori.

Ci sono storie esemplari di questa situazione. Nel giugno del 1917 di verificò un esplosione nella Butte Speculator Mine e 200 minatori cercarono di aggrapparsi alle paratie di calcestruzzo per guadagnare l’uscita attraverso le bocche d’accesso d’acciaio che erano state messe in scarso numero dalla compagnia in violazione dei regolamenti di sicurezza. Vi fu uno sciopero molto deciso e un organizzatore dell’I.W.W., Frank Little, arrivò a Butte a prendere in mano la situazione. La sera stessa del suo arrivo tenne un discorso nel campo sportivo. Più tardi sei uomini armati e mascherati entrarono nella sua stanza e lo riempierono di botte. Venne trascinato fuori e impiccato.

Un fatto analogo accadde due anni dopo a Centralia, un centro industriale del legname dove l’I.W.W. aveva una sede molto attiva. Il giorno dell’Armistice Day fu organizzata una manifestazione da parte del truts del legname e dall’American Legion. Quando la manifestazione passò davanti alla sede dell’I.W.W., la folla prese d’assalto l’edificio e inizio una sparatoria contro i wobblies presenti all’interno, con l’aiuto della milizia; uno dei wobblies fu preso e castrato e impiccato.

Sull’altro fronte, quello dell’organizzazione del consenso e della pace sociale, i truts e lo Stato inaugurarono una politica una politica tendente a legare il salario alla produttività, a garantire all’operaio un salario minimo e la giornata di 8 ore, salvo poi riallungarla attraverso gli straordinari. Gli scioperi di quegli anni raggiunsero nel 1927 il numero di 4.450 gli operai cominciamo a prendere coscienza della loro forza contrattuale data anche dalle passate esperienze e dalla diminuzione della disoccupazione, ponendo al centro delle loro rivendicazioni la questione dell’orario di lavoro e chiedendo forti aumenti salariali dato il tasso elevatissimo dell' inflazione, pari al 100% fra il 1914 e il 1919 per quei generi di prima necessità come gli alimentari e gli affitti.

L’I.W.W., nello stesso tempo che aumentava la repressione aumentò allo stesso modo il suo peso, di protagonista della maggioranza delle agitazioni operaie del periodo bellico, raggiungendo proprio in questo periodo la punta massima di iscritti e di incidenza nelle lotte. All’interno dell’organizzazione di sviluppò contemporaneamente un’intensa discussione sul’atteggiamento da tenere rispetto alla guerra. La posizione che ebbe la meglio in sintesi questa: “Se ne avessimo la forza, bloccheremmo tutte le navi, i treni, le miniere, le fabbriche, i centri di approvvigionamento, insomma tutti gli ingranaggi della produzione”.84

Il governo, intento, preparava un’azione sommaria per mettere a tacere l’organizzazione e i suoi dirigenti: il 5 settembre 1917, gli agenti del Dipartimento di giustizia organizzarono irruzioni simultanee in 48 sezioni dell’I.W.W. sparse in tutto il paese, sequestrando 5 tonnellate di lettere, giornali,opuscoli di propaganda e altro materiale. Nello stesso mese furono incriminati per 84 Solidarity, 12 maggio 1917.

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cospirazione sediziosa 165 dirigenti dell’organizzazione. Nonostante l’I.W.W. non avesse ami preso alcuna posizione precisa sulla guerra (come peraltro aveva fatto il partito socialista), venne imbastito un processo farsa che durò oltre 5 mesi e si concluse con la condanna di 92 militanti per un totale di 2.164 anni di reclusione due milioni e messo di dollari di multa. Il quadro venne completato con le retate di Palmer, procuratore generale del presidente Wilson, che nella notte del 2 gennaio 1920 fece arrestare contemporaneamente oltre 10.000 persone.

Ciò spezzò la schiena dell’I.W.W. Già nel 1919 Haywood ammise apertamente che l’organizzazione era stata scossa “come un bull dog scuote un sacco vuoto”.

Quello che rimaneva dell’organizzazione fu disperso e molti militanti furono messi a tacere, altri si rifecero vivi nel dopoguerra, altri entrarono nel nascente partito comunista. Ma la repressione non riuscì a cancellare ciò che l’I.W.W. aveva prodotto e trasmesso nelle masse proletarie come patrimonio di metodi di lotta, di coscienza di classe, di propaganda. Se la paura della rivoluzione e del bolscevismo mobilitò tutto il mondo padronale nel suo insieme per spezzare la schiena alla classe operaia americana, il risultato immediato di questa mobilitazione fu quella di eliminare materialmente quell’organizzazione che aveva affrontato il problema di trasportare la lotta di classe sul terreno della rivoluzione; ma i wobblies non ebbero il tempo (né d’altronde gli fu dato visto la feroce repressione nei loro confronti), né di migliorare la propria organizzazione, né di preparare il salto di qualità che avrebbe permesso di superare gli errori e i limiti che si era portata dietro fin dalla nascita.