Simonetto-Concetto e Composizione del Capitale Sociale 1.pdf

28
Concetto e composizione del capitale sociale. Parte I ERNESTO SIMONETTO Sommario 1. Importanza del concetto di capitale. – 2. Il concetto di capitale nella dottrina e nella giurisprudenza. – 3. Esame delle norme della legge: norme che usano il termine in un primo significato. – 4. Segue: norme che usano il termine capitale in un secondo significato. – 5. Segue: norme che usano il termine capitale contemporaneamente nelle due accezioni diverse. – 6. Non si tratta di una anfibologia, ma di un impiego cosciente e coerente della espressione. Complessit` a del fenomeno. L’art. 820. – 7. Premesse di natura metodologica: il concetto di capitale ` e un concetto tecnico. – 8. Utilizzazio- ne del concetto economico del capitale al fine di una costruzione giuridica. – 9. La variet` a delle concezioni degli economisti non esclude la utilizzabilit` a dei concetti economici per scoprire quale ` e la concezione accettata dal legi- slatore. – 10. Esiste un concetto giuridico di capitale pi` u o meno diverso da quello economico. – 11. Il legislatore si preoccupa anche della produttivit` a delle aziende sociali. – 12. Il concetto di patrimonio in relazione a quello di capitale. Il patrimonio come complesso di beni. – 13. Significato latissimo del termine beni nella accolta definizione del patrimonio e riduzione ad omogeneit` a dei concetti di patrimonio e di capitale. 1. Non si pu` o compiere nemmeno la pi` u semplice e superficiale delle indagini, in materia di societ` a, senza incontrare ad ogni passo i concetti di capitale, di conferimento di capitale, di integrit` a del capitale, di aumento e di diminuzione del capitale, di societ` a di capitali e via dicendo. Quello di capitale si rivela quindi come un concetto di importanza assai notevole se non altro per la frequenza con cui lo si trova menzionato nella legge e nelle opere degli studiosi, come un concetto essenziale per comprendere il meccanismo della societ` a, intesa come contratto, come rapporto e come atteggiamento di interessi che dalla legge riceve un assetto determinato. 1 Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga <[email protected]> (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20 RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

Transcript of Simonetto-Concetto e Composizione del Capitale Sociale 1.pdf

  • Concetto e composizione del capitalesociale. Parte I

    ERNESTO SIMONETTO

    Sommario

    1. Importanza del concetto di capitale. 2. Il concetto di capitale nelladottrina e nella giurisprudenza. 3. Esame delle norme della legge: normeche usano il termine in un primo significato. 4. Segue: norme che usanoil termine capitale in un secondo significato. 5. Segue: norme che usanoil termine capitale contemporaneamente nelle due accezioni diverse. 6.Non si tratta di una anfibologia, ma di un impiego cosciente e coerente dellaespressione. Complessita` del fenomeno. Lart. 820. 7. Premesse di naturametodologica: il concetto di capitale e` un concetto tecnico. 8. Utilizzazio-ne del concetto economico del capitale al fine di una costruzione giuridica. 9. La varieta` delle concezioni degli economisti non esclude la utilizzabilita`dei concetti economici per scoprire quale e` la concezione accettata dal legi-slatore. 10. Esiste un concetto giuridico di capitale piu` o meno diverso daquello economico. 11. Il legislatore si preoccupa anche della produttivita`delle aziende sociali. 12. Il concetto di patrimonio in relazione a quello dicapitale. Il patrimonio come complesso di beni. 13. Significato latissimodel termine beni nella accolta definizione del patrimonio e riduzione adomogeneita` dei concetti di patrimonio e di capitale.

    1. Non si puo` compiere nemmeno la piu` semplice e superficiale delle indagini,in materia di societa`, senza incontrare ad ogni passo i concetti di capitale, diconferimento di capitale, di integrita` del capitale, di aumento e di diminuzione delcapitale, di societa` di capitali e via dicendo. Quello di capitale si rivela quindicome un concetto di importanza assai notevole se non altro per la frequenza concui lo si trova menzionato nella legge e nelle opere degli studiosi, come un concettoessenziale per comprendere il meccanismo della societa`, intesa come contratto,come rapporto e come atteggiamento di interessi che dalla legge riceve un assettodeterminato.

    1

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • Invero il concetto di capitale e` indispensabile per comprendere la natura delconferimento in societa`, dato che gli apporti si dividono in due grandi categorie:apporti di capitale, che sono ammessi nelle societa` di capitali oltre che nelle societa`di persone, e apporti di mero patrimonio, che sono ammessi soltanto nelle societa`di persone e sono assolutamente esclusi nelle societa` di capitali.

    Il concetto di capitale va approfondito ancora per comprendere il meccanismodei bilanci e della amministrazione del patrimonio della societa`, per appurare ilimiti imposti dal legislatore alla liberta` dei singoli, amministratori (nellinteressedei soci e dei terzi creditori) e soci (nellinteresse dei terzi creditori e degli altrisoci).

    Lapprofondimento del concetto di capitale sociale e della natura degli elementipatrimoniali che lo compongono e` essenziale inoltre per determinare esattamentelimportante concetto di utile (da ripartire) (1).

    Infine dal concetto di capitale non si puo` prescindere se si vuole attribuire laesatta disciplina giuridica allultima operazione che si compie durante la vita dellasocieta`, ossia alla restituzione dei conferimenti, e se si vogliono risolvere i complessiproblemi relativi.

    Nel presente studio noi affronteremo e cercheremo di risolvere il primo aspettodel complesso problema, e precisamente quello relativo alla determinazione dellecaratteristiche del capitale attraverso la determinazione di quelle del conferimentodi capitale, cercando di delineare un concetto unitario di capitale. Ma e` chiaroche i risultati raggiunti potranno essere utilizzati anche nello studio della ammini-strazione della societa` e del meccanismo dei bilanci, e, infine, nella determinazionedella retta disciplina della liquidazione e della restituzione. Contiamo di sviluppareil nostro pensiero in questo senso in uno studio di prossima pubblicazione.

    Indubbiamente la rilevanza del concetto in esame e` massima nelle societa` co-siddette di capitali in cui gli apporti di mero patrimonio sono esclusi. In queste ilconferimento di beni-capitale sostituisce piu` o meno integralmente lintuitus per-sonae, ossia quella considerazione del partecipante e delle sue qualita` che nellesocieta` di persone costituisce invece un elemento essenziale del contratto e assolvea una funzione importantissima anche nei confronti dei terzi.

    Lintuitus personae (2) nelle societa` di capitali e` sostituito naturalmente (inmancanza di un patto apposito che ne faccia un elemento essenziale, o della previ-sione di una prestazione accessoria) (3) dallintuitus rei, ossia dalla considerazionedella rilevanza del bene particolare, conferito dal socio, il quale non conferisce maiil credito o il lavoro (4).

    2

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • Ma e` indubitabile che il concetto di capitale ha una grande importanza anchenelle societa` commerciali personali (5) e persino nella societa` semplice, nella qualela presenza del capitale introduce un particolare elemento, che, come vedremo piu`innanzi, influisce, entro certi limiti, sulla disciplina della societa`.

    Quanto abbiamo detto or ora risulta confermato dalla considerazione che ilcapitale costituisce un elemento essenziale della prima categoria di societa`, nellequali il capitale deve addirittura avere almeno un valore minimo, predetermina-to dal legislatore, ma costituisce, nella seconda categoria di societa`, un elementonecessario (non naturale) per raggiungere un grado piu` elevato di autonomia pa-trimoniale, e costituisce infine, nellultima categoria di societa`, ossia nella societa`semplice, un elemento eventuale, ma capace di introdurre notevoli variazioni nel-la disciplina, sia per quanto riguarda la amministrazione sociale, sia per quantoriguarda il rapporto sociale in genere.

    2. Esaminando la dottrina in materia sorprende, pero`, notare che non sempreil capitale e` inteso allo stesso modo e che le definizioni che ne sono state date sonomolteplici e spesso discordanti, in quanto non tendono tutte a dare il significatodella medesima entita`, sibbene fanno riferimento addirittura a entita` diverse coltein momenti diversi del divenire della societa`. La incertezza della dottrina si riflettenaturalmente anche in una incertezza delle decisioni giurisprudenziali con graviconseguenze pratiche, data la importanza sociale della materia e il valore degliinteressi in gioco, e data la notevole frequenza con la quale i giudici sono chiamatia decidere casi la cui soluzione presuppone la soluzione di quello che possiamochiamare il problema del capitale.

    Classificheremo le varie concezioni nelle seguenti categorie.

    A) La dottrina prevalente vede in esso principalmente o esclusivamente unaentita` formale. E` in questo senso che certi scrittori parlano del capitale come delvalore in denaro dei conferimenti degli azionisti, quale risulta dalle valutazioni,compiute nellatto costitutivo. Come tale si distingue dal patrimonio sociale ini-ziale, in quanto riflette solo la parte attiva dello stesso, ma non si confonde conlattivo del patrimonio sociale iniziale, in quanto trattasi di una particolare valu-tazione dei conferimenti, eventualmente divergente dalla realta` (ma solo in minus:nulla vieta che dei conferimenti in natura siano nellatto costitutivo valutati a unvalore inferiore a quello reale) (6). Il valore rimane immutabile durante la vitadella societa`, salvi gli aumenti e le diminuzioni deliberate dai soci.

    B) Ancora, nella stessa direzione si definisce spesso il capitale come una entita`contabile (7), espressione con la quale probabilmente si vuole significare che essoesplica la sua funzione nel bilancio della societa`, conformemente a quanto e` espresso

    3

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • nellart. 2424, che tra le poste passive (al n. 1) elenca appunto il capitale socialeal suo valore nominale . In armonia con la norma citata e con altre, la stessacorrente dottrinale intende che la espressione capitale comprenda in se anchelinsieme delle azioni, ciascuna delle quali rappresenta appunto una frazione delcapitale.

    Possiamo considerare i significati precedentemente illustrati come quelli chemaggiormente trovano credito presso la dottrina; diremmo che, sinteticamente, ladefinizione del capitale come una entita` formale e una espressione immutabile ecristallizzata di valore, riflessa dal bilancio, e` la definizione classica del capitale.

    C) Si puo` notare gia` nella prima delle definizioni sopra riportate una allusione alcomplesso dei beni conferiti dai soci, beni dei quali il capitale rispecchia il valoresia pure convenzionale e alterato (in minus). In altre definizioni offerte dalladottrina o dalla giurisprudenza si puo` dire che la allusione ai beni si fa piu` direttae concreta, nel senso che il capitale viene considerato, e` vero, come una entita`contabile e formale, ma una entita` formale alla quale devono corrispondere, nelpatrimonio della societa`, anche dei beni aventi un valore effettivo, onde il capitalesarebbe da considerare come una entita` formale e concreta insieme (8); la entita`formale deve corrispondere alla verita` sostanziale: laspetto formale vale soltantoin quanto corrisponda al substrato reale che esso rappresenta.

    D) Secondo altre concezioni la compenetrazione dellelemento formale e delle-lemento sostanziale e` meno netta, onde si puo` distinguere la presenza di un capitalenominale o formale, e di un capitale reale, intese come entita` distinte, anche seinterdipendenti e collegate da uno stretto vincolo funzionale (9).

    E) E` da menzionare infine unultima soluzione del problema, una definizionedel capitale che pone in rilievo soprattutto o esclusivamente il carattere concreto ereale del capitale. Questa soluzione del problema e` stata prospettata soprattuttodalla giurisprudenza e si spiega certamente con un doppio ordine di ragioni: daun lato con la concretezza dei casi che la giurisprudenza deve decidere, la qualeconcretezza avra` certamente influito sul giudice nel fargli mettere in rilievo il ca-rattere del capitale di massa concreta di beni, dallaltro con cio` che il caso decisodal giudice e` un caso singolo e quindi interessa al giudice di risolvere il problemasoltanto perche la soluzione del caso singolo la presuppone e la implica, per cui lavisione del giudice e` ristretta al caso pratico e non puo` ne deve disperdersi nellasoluzione di problemi che non attengono immediatamente alla fattispecie concretache sola interessa la controversia di cui si tratta. E` certo quindi che la unilateralita`della visione del giudice non corrisponda al suo pensiero ma a quella parte del suopensiero che egli doveva esprimere per decidere il caso. Si considerino ad esempiole due decisioni seguenti. Nei rapporti interni fra soci il difetto di specifica determi-

    4

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • nazione del capitale non rende tuttavia nullo il contratto di societa`, quando risultila costituzione di un fondo sociale mediante conferimento di beni o servizi (10).Capitale e` il complesso dei beni propri dellente sociale, costituito dai conferimentiallente da parte dei singoli, patrimonio e` invece il complesso dei beni pure propriodellente sociale, che e` pervenuto in proprieta` dellente in ogni altro modo. Ladistinzione fra capitale e patrimonio, che risulta nettamente per le societa` regolariin quanto la formazione del capitale appare chiara dallatto costitutivo e successivemodificazioni, e` invece ardua per le societa` di fatto, per la mancanza in esse di attiscritti di formazione e modificazione del capitale sociale (11) .

    Come e` agevole vedere le opinioni non sono concordi; va tenuto inoltre presenteche abbiamo considerato la dottrina e la giurisprudenza a grandi linee, riunendole varie opinioni in pochi gruppi fondamentali, senza esaminare alcune diversita`di impostazione del problema che pure sono assai rilevanti e conducono a notevolidiversita` di risultato.

    3. Di fronte a questa varieta` di criteri e di concetti e` doveroso compiere un esa-me delle norme positive, onde cercar di ricavare una chiarificazione. Ma nessunanorma della legge contiene una definizione del capitale che valga a escludere ognidubbio, esprimendo direttamente la volonta` del legislatore e la sua qualificazioneimperativa della realta` pratica. Vi sono invece delle norme che parlano del capi-tale presupponendone il concetto. Il concetto dovra` essere quindi ricavato dalladisciplina che il legislatore da` dei relativi rapporti.

    Una sorpresa attende pero` colui che esamini le norme con lintento di ricavarneil concetto unitario di capitale: non tutte le numerose disposizioni che disciplinanoil capitale intendono la espressione nello stesso significato. Da cio` sembrerebbe cheanche le norme della legge, come le definizioni degli studiosi, siano in contrasto fraloro. Il male e` che il contrasto, questa volta, sarebbe insanabile, in quanto insitonella unica costruzione che non si puo` mutare anche se si rivela inesatta o incon-grua, ossia in quella del legislatore. Passiamo dunque allesame delle disposizioniche ci interessano, onde vedere se questo contrasto e` reale o soltanto apparente.

    Precisamente le norme della legge si possono dividere, a seconda del significatoche esse attribuiscono alla espressione in esame, in tre categorie diverse.

    Osserviamo una prima categoria di norme. Tra queste si puo` annoverare lart.2344, il quale dispone la riduzione del capitale, in corrispondenza ai crediti diconferimento che risultano inesigibili, allorquando la societa` non sia riuscita acollocare sul mercato le azioni del socio inadempiente. Sul medesimo piano sipuo` collocare anche lart. 2322, il quale, a proposito di un altro tipo di societa`(in accomandita semplice), dispone la necessita` della autorizzazione dei soci che

    5

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • rappresentano la maggioranza del capitale per il trasferimento della quota del socioaccomandante. Si possono affiancare allart. 2322 le norme che disciplinano leassemblee delle societa` per azioni, come gli artt. 2368, 2369, 2374, 2393 e viadicendo, le quali intendono il capitale come entita` formale, come complesso diazioni aventi ciascuna un valore nominale che e` una frazione del valore nominalecomplessivo.

    Lo stesso significato ci sembra che attribuiscano alla espressione in esame lart.2394, che dispone laumento del capitale in corrispondenza delle azioni date aiprestatori di lavoro, e lart. 2351, per il quale le azioni con voto limitato nowpossono superare la meta` del capitale sociale. Lo stesso si puo` dire dellart. 2354,il quale prescrive che il capitale sociale sia indicato nelle azioni, e dellart. 2412, ilquale vieta la riduzione del capitale. nelle societa` che hanno emesso obbligazioni,oltre i limiti delle obbligazioni rimborsate.

    Va aggiunto lart. 2424 che prescrive la annotazione al passivo del capita-le sociale al suo valore nominale, distinguendo limporto delle azioni ordinariedalle altre; e ancora lart. 2440, che disciplina laumento del capitale medianteconferimento di beni in natura.

    Abbiamo ritenuto necessaria una enumerazione abbastanza vasta onde evitareche la interpretazione, ricavata dalla dizione letterale di uno o di pochi articoli,possa ritenersi tendenziosa in quanto fondata su espressioni meramente casuali opossa tacciarsi di concettualismo in quanto fondata sulla mera lettera della legge.

    Dalla elencazione delle numerose norme che precedono ci sembra risulti chiara-mente un primo significato del termine capitale. La espressione e` usata nel sensodi nomen, di capitale nominale, insieme di quote e di partecipazioni, azionarie omeno, elemento che rimane fisso e invariabile per tutta la durata della societa`, ameno che non intervenga una deliberazione, che muti latto costitutivo dellente(12).

    Lo stesso concetto di capitale nominale non e` assolutamente chiaro ne nella leg-ge, ne nella letteratura, ne nel linguaggio della pratica. Forse si parla di capitalenominale in quanto la consistenza patrimoniale dichiarata al momento della costi-tuzione della societa` fa parte degli elementi di identificazione della societa` stessa.Forse anche nel senso che il capitale nominale costituisce una entita` convenzionale,almeno entro certi limiti, un valore nominale, come quello della moneta, inva-riabile e sempre uguale a se stesso, a meno che non intervenga un provvedimentodella autorita` superiore che governa la collettivita` organizzata alla quale la monetaappartiene.

    E` in questo senso che menziona il capitale lart. 2424 (n. 1 dellelenco delle

    6

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • poste passive) il quale intende per capitale nominale la massa delle azioni.

    Probabilmente ai significati precedenti va aggiunto anche quello di nomen nelsenso di debito della societa`, da iscrivere al passivo in quanto debito complessivodella restituzione dei singoli capitali versati dai soci e lasciati in godimento allasocieta` per tutto il periodo della sua durata.

    Un certo numero di problemi si profila gia` in seguito a questa prima delibazionedelle disposizioni della legge e anche nellambito della stessa categoria di normedelineata. Lo stesso significato della espressione capitale nominale non sembraessere certissimo e nemmeno costante. Si veda ancora lart. 2367, per il quale ilcapitale e` costituito dalle azioni (cosi lart. 2369, comma 1, 3, 4; lart. 2393,comma 3 e 4 e via dicendo), con il che si accenna alla esistenza del capitaleazionario.

    4. Ma il significato in cui la legge usa il termine capitale non e` soltanto quellosopra illustrato. Lart. 2303, comma 2, in materia di societa` in nome collettivo,sancisce che se si verifica una perdita del capitale (13) sociale non puo` farsi luogoa ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misuracorrispondente . Allo stesso modo, lart. 2433, comma 3, sancisce che se siverifica una perdita nel capitale sociale non puo` farsi luogo a ripartizione di utili, ripetendo, in materia di societa` per azioni, la norma sancita dellart. 2303,comma 2, per la societa` in nome collettivo. Per gli artt. 2446 e 2447 disciplinanoi casi di riduzione del capitale in seguito a perdite. Analogamente si puo` direche vada considerato lart. 2448, il quale stabilisce, fra le cause di scioglimentodella societa` per azioni, la riduzione del capitale sociale sotto il minimo legale.Osservando anche superficialmente queste norme richiamate or ora a nostro mododi vedere appare chiarissima la differenza rispetto a quelle che abbiamo illustratoal numero precedente. Riguardo a questa norma (art. 2303, comma 2) ci sembrache non vi sia possibilita` di equivoco: il legislatore intende il capitale nel significatoeconomico-sociale tradizionale, di massa di beni concreti e provvisti di un certovalore effettivo di mercato. Non avrebbe senso infatti parlare di perdita del capitalenominale, entita` convenzionale o nomen (debito),o complesso delle azioni che dirsi voglia. Anche lo smarrimento di una o piu` azioni non potrebbe ovviamenteconsiderarsi una perdita del capitale in seguito alla quale si debba ricorrere allariduzione del capitale medesimo.

    Si potrebbe pensare che, mentre la prima categoria di norme, esaminata alnumero precedente, si riferisce al capitale, la seconda si riferisca invece al patrimo-nio della societa`, il quale, in seguito alla perdita di qualche bene, sicuramente siriduce. Ma la inesattezza di questa tesi ci sembra facilmente dimostrabile.

    7

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • Infatti, non tutti i beni che compongono il patrimonio possono risultare dal bi-lancio della societa`; non tutti i beni che possono formare oggetto di conferimento ingenere, possono anche formare oggetto di conferimento nelle societa` di capitali peresclusione esplicita o implicita dello stesso legislatore. Ne consegue che non tuttele riduzioni del patrimonio sociale possono apparire dal bilancio. Le riduzioni cheincidono sui beni estranei al capitale (come, ad esempio, lavviamento) appaionosoltanto quando sviluppano le loro conseguenze deleterie sul capitale (beni-capitalecomputabili allattivo del bilancio). E` evidente quindi che la norma non si riferisceal patrimonio, bens` a una parte ben qualificata di esso.

    E` appunto alla stregua di queste disposizioni, le quali compiono una differen-ziazione fra patrimonio e capitale, che si rivela precisa la dizione (diversa rispetto aquella, sopra indicata) dellart. 2394, il quale sancisce il dovere degli amministra-tori di mantenere la integrita` del patrimonio (non del solo capitale) della societa`.Gli amministratori invero sono responsabili anche della conservazione di quei valoriche non figurano nel bilancio ma che possono essere i piu` cospicui. Si pensi allav-viamento di una azienda sociale, che per la espressa dizione del legislatore non puo`figurare nel bilancio e che quindi, come vedremo, non puo` far parte del capitalesociale (art. 2427), mentre il valore dellavviamento puo` essere enorme rispettoalle poste attive che al confronto possono apparire addirittura insignificanti.

    La norma dellart. 2448, la quale stabilisce tra le cause di scioglimento dellasocieta` per azioni la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale intende pa-rimenti la espressione capitale nel significato di massa concreta di beni. Altrimentisi dovrebbe dire che, perche si verifichi la causa di scioglimento, non deve tantoridursi il patrimonio sociale (o quella ben qualificata porzione di esso) quanto deveessere preso il provvedimento di riduzione del capitale nominale, il che sarebbeevidentemente assurdo. Non e` di nomina, o di espressioni contabili e convenzio-nali, insomma, che il legislatore si preoccupa di mantenere la integrita` in questenorme, quanto piuttosto dei valori effettivi che il patrimonio sociale contiene (14).

    5. La esistenza di questo, che puo` sembrare a prima vista un doppio significatodella medesima espressione - che si dimostrera`, almeno a una prima delibazione,incomprensibile -, appare anche piu` chiaro da un terzo ordine di norme di cuiaffronteremo lesame. Sono queste le norme piu` frequenti. Ci sembra chiaro chese, in conformita` con la sopra considerata dottrina, si dovesse attribuire al terminecapitale un solo significato, le norme che ora passeremo ad esaminare dovrebberoritenersi prive di senso.

    Gia` le disposizioni dellart. 2303 e dellart. 2433 che abbiamo consideratosopra, rispettivamente in materia di societa` in nome collettivo e di societa` perazioni, riproducono chiaramente questa apparente anfibologia: esse dispongono

    8

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • infatti che non siano distribuiti utili, nel caso in cui si fosse verificata una perditadel capitale sociale, a meno che il capitale stesso non sia reintegrato o ridotto inmisura corrispondente. Ora, la espressione reintegrato e lobbligo di reintegraresi riferiscono evidentemente a quella massa di beni che, costituita originariamenteallincirca dai conferimenti, durante lo svolgimento successivo del rapporto socialee` costituita dai beni che agli originari conferimenti si sono venuti via via sosti-tuendo (non e` nemmeno pensabile che la integrita` sia da considerare nel senso diconservazione delle stesse specie, conservazione altrettanto inutile o dannosa quan-to impossibile in molti casi). Ma la espressione ridotto si riferisce evidentementeal capitale nominale. Non avrebbe senso invero lordine di ridurre il capitale chee` gia` ridotto in seguito alle perdite menzionate nella prima parte della norma. Lastessa disposizione usa quindi contemporaneamente la espressione capitale in duesignificati che appaiono profondamente diversi.

    Anche la lettera dellart. 2424 allude in modo sufficientemente chiaro a duemodi diversi di intendere il capitale. Al n 1 delle poste passive si indica inveroil capitale sociale al suo valore nominale . La precisazione, contenuta in questacome in altre norme, fa pensare che il valore nominale non sia il valore unico delcapitale, ma che questo abbia anche un valore effettivo.

    Analoghe osservazioni si possono fare a proposito dellart. 2250, che vuole in-dicato nella corrispondenza e negli atti delle societa` il capitale secondo la sommaeffettivamente versata ed esistente dallultimo bilancio. Il legislatore si riferisce,a quanto ci sembra, a due valori, di cui limo, il dover essere (capitale nominale)dovrebbe anche corrispondere, come effetto della regolare gestione dellente, alles-sere (capitale effettivo). cos` si dica dellart. 2306, dellart. 2329, come dellart.2343. Analogamente si deve ripetere per lart. 2410, per il quale la emissione diobbligazioni incontra il limite quantitativo del capitale versato ed esistente secon-do lultimo bilancio: con la espressione capitale versato si puo` anche intendere ilcapitale nominale, in quanto dopo il versamento esso si e` trasformato in un no-men della societa`, ma con la espressione capitale effettivamente esistente secondolultimo bilancio, il legislatore non puo` non alludere al capitale reale e concreto,al capitale nel senso economico-sociale di massa di beni attualmente esistenti eadibiti allo scopo della produzione sociale (15).

    Per non apparire eccessivamente pedanti evitiamo di insistere sulle norme affat-to simili, nel senso esposto sopra, alle precedenti, ossia sullarticolo 2413, sullart.2442, sullart. 2443, sullart. 2445, il quale ultimo disciplina la riduzione delcapitale esuberante per il conseguimento delloggetto sociale (evidentemente, esu-berante non e` il capitale nominale, che deve essere ridotto, ma e` il capitale reale, ilquale ultimo puo` essere ridotto senza urtare contro i divieti di legge, in seguito allariduzione del capitale nominale). Si rifletta ancora sugli artt. 2446, 2447, 2462,

    9

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • 2474, 2475, 2496.

    6. Ora, se la apparente anfibologia e` cos` frequente, e, diremo, consacrata dallenorme stesse della legge, e` da pensare che non si tratti di una vera anfibologia,bens` della espressione di una realta` complessa che non si puo` ridurre a una formulasemplice, perche si svolge in piu` direzioni o dimensioni, in piu` piani distinti, macomunicanti, intersecantisi in una linea comune; e` da pensare che ci troviamo difronte a piu` aspetti di una realta` unica, a piu` fenomeni (r6), legati pero` da unrapporto cos` intimo, che si puo` affermare trattasi di un fenomeno solo (17). E`da pensare insomma che la pluralita` di significati, nei quali e` usata la medesimaespressione, e` cosciente e voluta ed e` intesa a esprimere efficacemente un fenomenocomplesso.

    Questa complessita`, in campo giuridico, al pari che in altri campi, non e` nuova.Cosi, per rimanere nello stesso ambito al quale si riferisce la nostra indagine, lasocieta` non si puo` dire che sia soltanto un contratto, ne si puo` dire che sia soltantoun rapporto e nemmeno che sia soltanto un aggregato qualificato di persone che siuniscono per raggiungere uno scopo o che sia altre cose ancora, ma si deve dire chee` tutto cio` messo insieme: e` un fenomeno economico-sociale-giuridico complessodi cui si possono illuminare e definire ciascuno dei singoli aspetti, ma non si puo`definire sinteticamente linsieme. Allo stesso modo si afferma che la espressionemoneta assume significati diversi a seconda del contesto del discorso: e` probabileinvece che, data la reciproca correlazione esistente fra i vari significati, si tratti diprofili diversi da cui e` possibile osservare un fenomeno complesso, il quale, nel suoinsieme, non puo` essere abbracciato da una espressione semplice (definizione) cheesprima tutte le manifestazioni diverse della complessa realta` (18).

    Vedremo in seguito come le considerazioni che precedono risultino ampiamenteconfermate dallapprofondimento della natura giuridica del capitale. Per ora rima-ne ancora da esaminare unaltra norma, la quale sembra offrire rispetto a quellefino ad ora citate, ancora un altro significato del termine capitale. Rimane cioe`da compiere la coordinazione delle norme accennate con la norma generale, che,in altra sede, si occupa del capitale e della sua definizione, ossia con lart. 820,comma 3.

    Lart. 820, comma 3 annovera fra i frutti civili (19) anche gli interessi deicapitali. E` legittimo chiedersi: vi e` qualche relazione fra le norme che parlanodel capitale a proposito delle societa` e questultima disposizione?Se tale relazioneesiste, e` doveroso approfondirla e trarre da questo approfondimento elementi utiliper risolvere i problemi centrali del nostro studio. In ispecie, per compiere unaccostamento fra economia e diritto, si potrebbe accertare, accanto alla esistenzadel capitale sociale (dellente), la esistenza del capitale individuale (del singolo

    10

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • socio conferente); tra i due capitali si puo`, come vedremo, rilevare soltanto unadiversita` di appartenenza (al socio singolo o alla societa`), ma non una diversita` dinatura giuridica o di natura economica.

    Se e` vero, come ci sembra di aver dimostrato, che sotto il nome di capitale illegislatore e spesso la dottrina, intendono varie entita` diverse fra loro, o megliodiversi aspetti di una realta` unica ma complessa, avvertiamo che il nostro studionon sara` dedicato allapprofondimento di tutte queste entita` o di tutti gli aspetti diquesto fenomeno complesso. Laspetto formale e` stato approfondito notevolmentedalla piu` autorevole dottrina e quindi ce ne occuperemo solo incidentalmente: Cioccuperemo invece del lato sostanziale, che, a quanto ci risulta, e` stato pressocheignorato, e precisamente cercheremo di approfondire il concetto di capitale intesocome massa relativamente omogenea in quanto composta di beni aventi tutti de-terminate caratteristiche le quali li rendono idonei alla esplicazione di una funzionedeterminata.

    Per far cio` e` necessario pero` accertare innanzitutto quali sono le caratteristichedei beni che entrano a far parte del capitale della societa`, caratteristiche proprienon solo del bene in se considerato, ma altres` anche caratteristiche della presta-zione compiuta a titolo di conferimento, La distinzione non e` oziosa. Vedremoinfatti che certi conferimenti, i quali sarebbero da classificare in una certa catego-ria (conferimenti ammissibili nelle societa` di capitali) mutano categoria appuntoper le caratteristiche della prestazione. Rinviamo una classificazione e una dif-ferenziazione piu` precisa delle varie entita`, che vanno sotto il nome di capitale,alla fine del nostro studio, quando saremo in condizioni di definire il capitale in-teso come massa di beni provvisti di determinate caratteristiche, in seguito a unaindividuazione delle caratteristiche medesime.

    7. Questultimo accenno al capitale (individuale) contrapposto agli interessi,nonche laccenno ai concetti economici e allausilio che essi possono offrire ai fini diuna costruzione giuridica, quale e` quella che stiamo cercando di realizzare, rendeindispensabile la rimozione di alcuni dubbi di natura metodologica e pregiudizia-le, che potrebbero presentarsi alla mente del giurista timoroso della commistionedei concetti economici con i concetti giuridici e del turbamento che ne potrebbederivare alle costruzioni giuridiche e alla tecnica giuridica (20).

    La scienza giuridica invero, pur prendendo in considerazione spesso la stessarealta` di fatto che e` presa in esame dagli economisti, lo fa pur tuttavia da un puntodi vista cos` diverso, da indurre nella convinzione che il diritto crei una propriarealta` che con quella economica nulla ha da vedere.

    Il primo dubbio che potrebbe sorgere dunque nella mente di colui che si accinge

    11

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • alla nostra indagine e` che il concetto di capitale (nel senso di massa di beni idoneia esplicare la funzione di garanzia) non sia un concetto tecnico-giuridico. Non cirisulta che questo dubbio sia stato espresso in realta` da alcuno fra gli scrittori che sisono occupati dellargomento, ma si puo` dire che la sensazione dellatecnicismo delconcetto in discorso influenzi indirettamente gli studiosi nel senso di non invitarliad approfondirne il senso, quasi che nessuna utilita` possa derivare da un taleapprofondimento alla indagine giuridica.

    La sensazione della inutilita` dellapprofondimento del concetto di capitale, sottoil profilo giuridico, potrebbe anche risultare rafforzata dalle considerazioni che, incampo economico (oltre che a fortiori in campo giuridico) hanno persuaso illustriscrittori a respingere la utilizzazione del concetto di capitale nella configurazionedel fenomeno del credito, come un concetto che nulla aggiunge a quelli tradizionalidi credito, di debito e di cosa (21). Infatti, a questo proposito, i significati possibilidel termine capitale sono due: o si parla del capitale come della cosa che il mu-tuatario (accreditato, anticipato, depositario) gode durante la vita del rapporto,e in tal caso si esprime un concetto impreciso (anche se molto efficace) oppure siusa il termine soltanto per tenere distinte le usure dal caput medesimo, ossia dallasomma principale dovuta, al fine di differenziarne il trattamento per la prescrizio-ne, per la esigibilita`, e via dicendo. Ma, in questa seconda ipotesi, il risultato chesi ottiene con la differenziazione e` molto limitato e certamente non si pone nelladirezione che, nel nostro caso, sarebbe piu` interessante, ossia in quella che puo`contribuire a raggiungere una costruzione giuridica ed economica del credito (22).

    Nella convinzione che il concetto di capitale non e` un concetto tecnico nemme-no nella societa`, si potrebbe essere rafforzati dal pensiero che, anche nella societa`,si ha un fenomeno analogo a quello del credito, in quanto analogo a quello deicontratti di credito e` il meccanismo del conferimento e della restituzione (almenonelle prestazioni di denaro a titolo di conferimento). Si puo` notare infatti che, an-che nelle societa`, nella maggior parte dei casi, i beni conferiti passano in proprieta`dellente e si confondono tra loro e con il restante patrimonio dellente medesimo.In tal modo non si puo` dare godimento, in senso tecnico, del capitale conferito dalsocio, come di cosa altrui, a differenza di quanto accade invece nella locazione, nelcomodato e nello stesso conferimento in godimento.

    Se mai, una entita` distinta, che conserva la propria individualita` fino alla finedel rapporto, e` costituita indubbiamente dal patrimonio della societa`, il quale,per lo stesso fatto del conferimento, si forma e rimane separato dal rimanentepatrimonio dei singoli soci conferenti. Se non si puo` quindi parlare di godimento insenso tecnico, da parte dellente, del singolo conferimento in proprieta`, si potrebbeinvece parlare di un godimento dellintero patrimonio formato dai conferimenti(che appartiene, in senso economico-sostanziale, ai soci e che e` goduto dalla societa`

    12

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • nella sua interezza), il che giustificherebbe la corresponsione ai soci conferenti dellaquota di utili (diritto agli utili).

    Pero` con tale ragionamento si aumenterebbe anziche attenuare la diffidenza neiconfronti del concetto di capitale e la convinzione della sua inutilita` o della suanon tecnicita`. Infatti, per giustificare economicamente e quindi giuridicamente lacorresponsione dellutile sarebbe sufficiente il solo concetto di patrimonio, concettoben definito e accettato anche dai giuristi. Ma non e` questa la giustificazione cheinteressa di raggiungere in questa sede. Anzi, nel nostro caso si tratta appuntodi tener concettualmente distinta la massa patrimoniale complessiva, compostada tutti i beni ai quali e` assegnato il fine di servire alla attivita` sociale, da unasua ben qualificata porzione, di cui e` necessario individuare le caratteristiche ondescoprirne i confini rispetto al tutto. E` appunto a una tale massa, alla massa deibeni-capitale che interessa attribuire una precisa denominazione, onde distinguerladalla massa complessiva della quale fa parte, ma dalla quale si distingue per volonta`stessa della legge.

    E` necessario dunque abbandonare la via sopra indicata e le analogie dei Nu-tzungstheoretiker (23), in quanto non e` il fenomeno del godimento che interessa,bensi, in primo luogo, interessano le caratteristiche della prestazione del socio checonferisce il capitale, e, in secondo luogo, quelle del bene oggetto di questa pre-stazione. Una volta individuate le caratteristiche del bene medesimo, sara` facileindividuare, nella massa dei beni attribuiti alla societa` dai soci, il complesso deibeni che possiedono quelle caratteristiche, sia che provengano immediatamente dalconferimento dei soci, sia che provengano da altra fonte, ossia da acquisti poste-riormente fatti dalla societa`, e sara` facile assegnare a quei determinati beni ladisciplina legislativa per essi dettata.

    E` ben certo che il capitale non costituisce una cosa e nemmeno un patrimonioseparato (lato sensu), ma costituisce, entro il patrimonio, un insieme di beni, forni-ti di certe caratteristiche particolari, il cui valore (24) e` opportuno sia mantenuto,per quanto e` possibile, identico attraverso il tempo.

    8. Intimamente connesse con quelle teste svolte sono le osservazioni che, nellar-gomento in esame, vengono spontanee riguardo ai rapporti fra i concetti giuridicie quelli economici.

    In particolare, considerando la svalutazione del concetto di capitale ai fini delladeterminazione del meccanismo del credito, si potrebbe pensare di negare che -anche in rapporto al nostro problema - la scienza economica possa essere di qualcheaiuto nella indagine, e cioe` partendo dalla constatazione che il meccanismo delconferimento (di denaro o di cose in proprieta`), presenta notevolissime analogie

    13

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • con i negozi che esplicano la funzione creditizia. Anche il socio che conferiscesi puo` dire, come abbiamo visto, che faccia credito alla societa` (agli altri soci)nella fiducia che gli saranno corrisposti gli utili e che il capitale conferito gli sara`restituito un giorno. Si potrebbe dire quindi che il concetto di capitale, nellasocieta`, sia altrettanto inutile che nei contratti di credito.

    E` facile rispondere pero`, da un lato, che non tutta la scienza economica i siappaga delle idealizzazioni della Nutzungstheorie, e, dallaltro, che il concetto dicapitale nella scienza economica serve a spiegare anche fenomeni diversi da quellodel credito e della produzione di interessi e che esso e` stato approfondito anche dascrittori posteriori ai Nutzungstheoretiker, i quali erano in condizioni di utilizzarei progressi indiscutibili della Nutzungstheorie senza cadere negli errori di questa.

    Unaltra considerazione, anche piu` persuasiva e che ci sembra sia confermataesplicitamente dalla stessa legge, e` quella che nel campo delle societa`, piu` ancorache in altri, il legislatore appare aver disciplinato i rapporti tenendo spesso presentimolto piu` le caratteristiche economiche del bene che non quelle giuridico-formalidella prestazione o del meccanismo formale della sua effettuazione (25). Quantoabbiamo teste detto si puo` riferire alla classificazione dei conferimenti, in conferi-menti di capitale e di mero patrimonio, ossia in conferimenti idonei e conferimentinon idonei alla formazione del capitale sociale. Ma il riferimento a concetti econo-mici appare anche piu` chiaro se si esaminano le norme che disciplinano la gestionedella societa`. Si ha un bel dire che la recezione di questi concetti li rende con-cetti giuridici. La realta` appare invece diversa: si tratta di concetti propri dellapratica economica e assai spesso, per integrare il dettato della norma, e` necessariofar ricorso alle leggi economiche, alla logica economica e matematica. Senza tenerconto di queste ultime, certi problemi non potrebbero essere risolti e certi altri sirisolverebbero molto probabilmente in modo affatto assurdo. cos` si parla nellalegge di integrita` del capitale (inteso come massa di beni aventi determinate carat-teristiche), di utili, di rapporto di valore tra capitale reale e capitale nominale e viadicendo. La verita` e` che mai come in questa materia vi e` una piu` grande necessita`di tener presenti le regole giuridiche e quelle tecniche insieme, onde comprendere,innanzitutto, quali norme tecniche acquistino obbligatorieta` dalla sanzione dellalegge e, in secondo luogo, come le norme giuridiche vadano interpretate al lume diuna logica che presiedette alla loro emanazione e che esse tendono a codificare.

    9. Una obiezione facile a proporsi, ma in realta` destituita di fondamento,e` quella che non si possono applicare alla nostra materia i risultati conseguitidagli economisti, dato che non una, ma molte teorie sono state proposte per lacostruzione del concetto di capitale come concetto tecnico e nessuna si puo` direche attualmente domini il campo. Anzi, e` recente un geniale tentativo che sipotrebbe definire come il traite du desespoire della materia in esame, tendente,

    14

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • come vedremo, a negare la necessita` e la utilita` di una distinzione dei beni inbeni-capitale e beni di natura diversa (36). Se nemmeno gli economisti riescono,dopo secoli di elaborazione del concetto di capitale, a mettersi daccordo sullaaccettazione di una teoria, come si puo` sperare di attingere da essi una verita`accettabile dai giuristi?Come si possono accettare i loro risultati dal momento chenon mancano degli economisti i quali addirittura considerano capitale o meno ibeni a seconda delluso al quale sono destinati (27), oppure considerano le varieconfigurazioni del capitale come schemi o come unita` di misura convenzionali,variabili e fungibili, tanto che luso delluna piuttosto che dellaltra non puo` mutareil risultato finale (28)?E quandanche si riuscisse a operare una scelta fra le variedottrine proposte dagli economisti, quale garanzia vi sarebbe che la costruzioneaccolta corrisponde effettivamente alla volonta` del legislatore? Una prima rispostaalle domande sopra formulate si puo` trovare nella considerazione che, nelle teorieeconomiche, non e` da ricercare ne noi ricercheremo, ovviamente, la intera verita`(essa non puo` venire ai giuristi dagli studi economici), bens` sono da ricercaresoltanto alcuni spunti necessari per scoprire la verita` fra lapparente disparita` disignificato delle norme della legge. Questi spunti preziosi non possono non derivaredalla dottrina economica, la quale per prima ha elaborato il concetto di capitalee dalla quale il legislatore stesso ha mutuato in parte i concetti e la terminologiaper esprimerli.

    In secondo luogo va tenuto presente che, se e` ben nota la varieta` delle teorieeconomiche sul concetto di capitale, e` riconosciuto altres` da tutti (anche da coloroche avversano la distinzione dei beni nelle due categorie accennate) che le dottrineeconomiche, pur nella loro varieta`, hanno punti di contatto sui quali raccordo sipuo` dire unanime. E` appunto la presenza di questa opinione comune riguardo adalcune caratteristiche del capitale che ci invoglia a intraprendere questa indaginepreliminare.

    Alle ragioni sopra esposte va aggiunta anche la seguente: il legislatore accennaa ciascuna delle caratteristiche del capitale incidentalmente, a proposito di questoo quel conferimento singolo, e da questi accenni si deve ricavare una costruzioneunitaria. Precisamente, a tal fine, studiando le teorie economiche, si vede che,pur nella varieta` delle costruzioni proposte, gli economisti mantengono tutti unalinea di coerenza nel senso che, adottato un concetto di capitale, ciascuno di essise ne serve fino alla fine, cos` come nessuno si sognerebbe di mutare la unita` dimisura nel corso di un calcolo unitario. E` appunto questa intima coerenza (che nonpuo` discendere se non da un cosciente impiego dei mezzi di indagine) la quale cipermettera` di raggiungere un risultato logicamente giustificato e tale da sopportareil collaudo della realta` pratica.

    Compiendo in questo senso lesame delle varie dottrine economiche, apparira`

    15

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • come linterprete debba effettuare una scelta fra di esse, o, per meglio dire, debbaaccertare quale scelta il legislatore abbia compiuto, in base a un criterio ispiratoa ragioni di opportunita`, in vista di un fine determinato, e tenendo presente unaconfigurazione determinata del fenomeno. E` questultima costruzione che vale,ossia la configurazione data al fenomeno dal legislatore, sia essa esatta oppureerrata sotto il profilo tecnico-economico obiettivo.

    10. Sara` sufficiente prospettare un ultimo dubbio, che potrebbe presentarsialla mente, perche ne appaia la infondatezza alla stregua delle constatazioni cheprecedono; il dubbio e` che il concetto di capitale non sia un concetto giuridicobens` un concetto economico e che quindi, per apprenderne il significato, si debbafare semplicemente rinvio a quanto affermano gli economisti riguardo ad esso, Ma,come abbiamo teste ricordato, le teorie economiche sono molte. Accogliendo lunapiuttosto che laltra, il risultato, nel campo giuridico, cambierebbe profondamente;daltro canto, si e` visto che il legislatore detta delle norme precise, ed e` in basead esse, direttamente o indirettamente, che deve effettuarsi la individuazione delconcetto di capitale, la sua differenziazione da concetti analoghi (in particolareda quello di patrimonio) e la individuazione delle caratteristiche dei beni che locompongono.

    Quello che occorre mutuare, almeno in parte, dagli economisti e` soltanto il me-todo di indagine e alcune argomentazioni fondamentali. Ma il profilo dal quale glieconomisti osservano il fenomeno e` affatto diverso rispetto a quello adottato daigiuristi anche se la realta` che entrambi considerano e` la medesima. Agli economistiinteressano esclusivamente i problemi relativi alla produttivita` e alla produzione;ai giuristi questi problemi interessano direttamente in un grado forse minore, al-meno in apparenza, sia perche il legislatore ritiene che assicurare e mantenere laproduttivita` della impresa sia un interesse dei singoli che essi stessi tenderannoa soddisfare con i propri mezzi, sia perche al legislatore interessa soprattutto edirettamente la costituzione e il mantenimento di un fondo di beni che garantiscaai creditori il puntuale pagamento delle obbligazioni sociali.

    Ma e` facile vedere che i due problemi, o meglio i due ordini di problemi, si pre-sentano intimamente collegati. In linea pratica - ad esempio - il legislatore, quandorichiede che certe societa` siano fornite fin dallinizio di un minimo di capitale, di-fendendo i terzi creditori difende anche direttamente la produttivita` nazionale conlimpedire che nascano organismi economici incapaci di una vita men che effime-ra. Daltro canto, e corrispondentemente, quando leconomista definisce gli utili,deve anche definire il capitale, la deduzione del quale da` come risultato gli utili.Questultima osservazione non e` nuova, e corrisponde alla constatazione, fatta daautorevoli scrittori, che tutti gli elementi del complesso problema si trovano in unrapporto di interdipendenza, onde i risultati raggiunti riguardo a uno di questi ele-

    16

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • menti, o a un singolo settore, sono destinati a riflettersi sugli altri, mentre, daltraparte, per raggiungere quella visione unitaria del problema che e` indispensabile perarrivare a corrette applicazioni, e` necessario anche tener presente tutti gli elementisimultaneamente (29).

    La interdipendenza dei vari elementi del problema, alla quale accennavamo, nonsi limita ai rapporti fra la natura dei beni e il meccanismo della prestazione, frala natura del reddito e quella del capitale, ma si estende anche, in corrispondenza,al rapporto esistente fra capitale individuale (conferimento) e capitale sociale. Inquesta relazione e` da vedersi un primo nesso fra la norma dellart. 820, comma 3,e le norme che disciplinano in materia di societa` la costituzione e la conservazionedel capitale.

    Dallesame comparativo della prima e della seconda apparira` chiaramente che lasuddetta interdipendenza fra gli elementi del problema, oltre che un fondamentoeconomico, ha anche un solido fondamento giuridico, negli stessi testi di leggeche disciplinano la materia. Su questa base testuale crediamo si possa fondaresolidamente la nostra indagine.

    La interdipendenza degli elementi del problema vale anche a giustificare quelloche a prima vista potrebbe apparire come un continuo mutamento dellangolovisuale di osservazione del fenomeno: dal capitale-massa di beni (della societa`),al credito-capitale complessivo (dei soci) e al debito-capitale (della societa`), dalconferimento di capitale al conferimento-bene consegnato dal socio, dal credito edebito singoli al reddito dei singoli e del complesso dei soci e via dicendo.

    Il contemporaneo esame di tutti gli aspetti del complesso problema costituisceuna necessita` imposta dalla sua natura. Per raggiungere una visione unitaria e`infatti indispensabile rendersi conto di tutti i diversi aspetti. La difficolta` iniziale cipermettera` di scoprire la traccia relativamente semplice che conduce alla completachiarificazione.

    Nonostante che la chiarificazione del problema e la soluzione di uno dei suoiaspetti facilitino notevolmente anche la soluzione dei problemi ulteriori, intendiamoin questa sede raggiungere un risultato limitato alla costituzione del capitale socialee alla natura giuridico-economica del con- ferimento di capitale, toccando gli altriproblemi relativi alla amministrazione e alla restituzione del capitale solo in quantolaccenno sia utile alla chiarificazione del problema base, mentre per il rimanenteci proponiamo di ritornare su tale interessantissima materia in un prossimo lavoro.

    11. E` importante sottolineare a questo punto quanto accennavamo sopra, ossiache il legislatore non si preoccupa soltanto della costituzione e della conservazionedella garanzia, ma anche della costituzione e della conservazione della produttivita`

    17

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • dellorganismo economico sociale. Una volta appurato cio`, avremo compiuto unulteriore avvicinamento (e avremo individuato una possibilita` di relazione proficua)ai fini costruttivi, fra economia e diritto (30).

    E` da notare pero` che la preoccupazione del legislatore riguardo alla produttivita`non concerne tanto o soltanto il capitale, quanto lintero patrimonio della societa`,e per questo, in sede di esame delle norme sul capitale, appare meno evidente.

    Si ricordi, ad esempio, lobbligo sancito a carico degli amministratori dellasocieta` per azioni, anche verso i terzi, di mantenere la integrita` del patrimoniosociale (art. 2394). La legge dice patrimonio e non capitale, e non a caso. Vi sonodegli elementi patrimoniali, estranei al capitale, che presentano il piu` alto interesseai fini della produttivita`. Si pensi allavviamento, che non fa parte del capitale enon e` computabile nel capitale se non in certi casi e in via provvisoria (solo fino aquando ne e` stato effettuato lammortamento).

    Ma se la legge si interessa in via principalissima, con la statuizione di un ap-posito obbligo, anche della conservazione di quegli elementi patrimoniali che nonfanno parte del capitale, cio` significa che la produttivita` vuole essere salvaguarda-ta dalla legge almeno altrettanto quanto la garanzia costituita dai beni-capitale, einsieme con essa.

    A ben vedere il legislatore si occupa della salvaguardia della produttivita` anchein altre occasioni. cos` a proposito della conservazione dellorganismo sociale anchequando uno dei suoi elementi risulta viziato, in quanto la plurilateralita` permettedi applicare le conseguenze del vizio non allintero contratto, ma soltanto allapartecipazione singola. Il criterio di opportunita`, che presiedette alla emanazionedella norma, ci sembra evidente e ispirato al mantenimento in vita degli organismiproduttivi (vedi ad es. gli artt. 1420, 1446). Il mantenimento in vita di taliorganismi e la conservazione della loro produttivita` ispira anche quella deroga alprincipio stesso della garanzia che e` contenuta nellart. 2410, comma 3 (per il qualela emissione di obbligazioni puo` oltrepassare il limite quantitativo rappresentatodal valore del capitale, ancorche non esistano garanzie reali). La conservazionedegli organismi produttivi in genere ha ispirato certamente la istituzione dellaamministrazione controllata (articoli 187 e segg. legge fall.) che in certi casipuo` (almeno nella intenzione del legislatore) sostituire la procedura fallimentarepermettendo alle imprese di rimanere in vita, superando i momenti difficili.

    La produttivita` dellorganismo sociale, intesa nel senso di apprestamento deimezzi necessari alla produzione (raggiungimento dello scopo sociale), ispira anchelart. 2247, secondo il quale uno degli elementi necessari, perche una societa` vengaad esistenza, e` il conferimento, prestazione necessaria perche una persona divenga

    18

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • socio, acquistando il diritto di concorrere alla ripartizione degli utili. Si noti chenecessario non e` il conferimento di un capitale (bene-capitale), ma un conferimentoin genere, a seconda delle necessita` sociali la cui libera valutazione e` lasciata aisingoli, almeno entro certi limiti (artt. 2272, 2448).

    12. Come abbiamo visto sopra, la tutela della integrita` del capitale sociale siidentifica spesso e si inserisce nella tutela piu` vasta del patrimonio della societa`.A volte, come nellultima norma sopra richiamata (art. 2247), la necessita` dellacostituzione di un patrimonio sociale con i conferimenti dei soci, si trasforma nellanecessita` della costituzione di un capitale, nelle societa` che ammettono soltantoconferimenti di capitale.

    La disciplina del capitale e` caratterizzata da continue interferenze con la disci-plina del patrimonio, il che puo` accadere in virtu` di quel rapporto di continenzache esiste fra i due concetti.

    La esistenza di queste interferenze e la derivazione stessa del concetto di capi-tale da quello di patrimonio, rende improrogabilmente necessario a questo puntoqualche rilievo sul concetto di patrimonio (31) sia pure soltanto al limitato finedella individuazione del concetto di capitale e delle caratteristiche del capitale,come porzione ben qualificata del patrimonio medesimo.

    E` notissimo che due diverse dottrine hanno risolto il problema della qualifica-zione giuridica del patrimonio. Una dottrina, meno recente, vede nel patrimonioun complesso di beni, mentre unaltra vede invece un complesso di rapporti, ossialinsieme di tutti i rapporti giuridici che fanno capo al soggetto. Sotto questo ri-flesso si parla anche da qualche scrittore del patrimonio come complesso dei dirittisoggettivi della persona.

    Agli effetti limitati della nostra indagine, non ci sembra utile e nemmeno oppor-tuno prendere posizione riguardo al problema generale. Anzi, dobbiamo osservareche il capitale, come entita` contabile e come entita` concreta, come mezzo per ilraggiungimento dei fini sociali e come garanzia dei creditori, e` formato certamentedal complesso dei beni-capitale che allente appartengono. Ne ci sembra opportunoparlare di singoli rapporti, dato che e` il bene (32) con le sue caratteristiche, e nonil rapporto giuridico, che interessa di individuare, sempre ai nostri fini, E` dunquenecessario che ci discostiamo dalla definizione dominante per accogliere quella chevede nel patrimonio un complesso di beni, onde esaminare i rapporti che esistonofra il capitale e il patrimonio, come sfere concettualmente concentriche di cui luna(patrimonio) comprende anche laltra che in essa e` circoscritta (capitale).

    Del resto a giustificazione di questa accettazione (che potrebbe apparire affret-tata) di una dottrina che non e` certo dominante, si puo` rilevare che il patrimonio

    19

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • nel suo complesso non e` mai oggetto possibile di diritti e di obblighi, non esistendoun diritto reale o di altra natura del soggetto sul proprio patrimonio, in aggiunta aquelli che il soggetto ha sui singoli beni che lo compongono. Data quindi la limita-ta funzione dellaccoglimento di quella definizione, il problema della qualificazionegiuridica esatta in senso assoluto del patrimonio presenta per noi un interesse purelimitato, mentre limportante e`, da un lato, intendersi, e, dallaltro, rendere possi-bile la fissazione delle relazioni che ci interessano tra i due concetti di patrimonioe di capitale. La definizione, entro certi limiti, e` anche una definizione convenzio-nale. Niente impedisce che i risultati raggiunti impiegando il termine patrimonioin un certo significato siano tradotti con una semplice operazione, nel risultatoche si otterrebbe impiegando invece il termine in un altro significato (alterandoin corrispondenza anche il significato del termine capitale). Allo stesso modo cheun risultato espresso in yarde puo` essere tradotto in centimetri con una sempliceoperazione di riduzione.

    13. E` opportuno precisare altres` che noi non intendiamo il termine beni (nelladefinizione del patrimonio che abbiamo teste postulata) nel significato ristretto incui esso e` impiegato nellart. 810 ( cose che possono formare oggetto di diritti),bens` nella accezione piu` lata di oggetto idoneo alla soddisfazione dellinteresse(sociale) e quindi di oggetto della prestazione del socio (conferimento) (33).

    La latitudine della accezione e` giustificata, da un lato, dalla maggiore aderenzaalla realta` economica, necessaria nella materia in esame, e dallaltro da cio`, chevi sono delle entita` indubbiamente utili e capaci di soddisfare un interesse socialee che pure non rientrano nella categoria dei beni nel senso dellart. 810, quali,ad esempio, il possesso, lavviamento, almeno per una parte della dottrina, leaspettative quali i diritti non maturati o su cose future, i diritti condizionati, lequalita` della persona e il credito e via dicendo.

    Una riprova testuale della validita` (nella nostra particolare materia) della la-tissima definizione di bene (34) e` data sicuramente dellarticolo 2247. In questanorma il legislatore usa il termine beni in senso assai piu` lato di quanto non faccianellart. 810, ovverossia in un senso che non esiteremmo a definire economico seluso che il legislatore ne fa non lo trasformasse in un termine giuridico. Nellart.2247, con la espressione beni o servizi si vogliono certamente esaurire tutti i pos-sibili oggetti di prestazione (conferimento), senza una pretesa di eccessivo rigorenemmeno nella distinzione fra i beni in senso stretto e i servizi.

    Per il suo latissimo significato si potrebbe pensare di impiegare il termine pre-stazione, piu` familiare alla tecnica giuridica, anziche quello di bene. Ma limpiegonon sarebbe giustificato. Infatti, il termine prestazione, comprensivo di tutti i pos-sibili oggetti che valgono a soddisfare gli interessi sociali piu` vari, mentre potrebbe

    20

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • qualificare con proprieta` tale oggetto con riguardo al momento della costituzionedella societa` (nel quale la prestazione e` promessa ed effettuata), non lo potreb-be piu` quando loggetto fa ormai parte del patrimonio sociale direttamente e noncome oggetto di un credito (promessa di conferire). In seguito al conferimentoe` proprio il bene, e soltanto il bene, con le sue caratteristiche, che viene in con-siderazione in modo esclusivo (35). E noi vogliamo che i nostri risultati servanoanche al fine dellapprofondimento dei problemi relativi alla amministrazione e alloscioglimento della societa`, nei quali sarebbe impossibile parlare di prestazione nelsenso indicato.

    Non rimane quindi che accettare la definizione del termine beni nel sensodi qualunque utilita` capace di soddisfare un interesse sociale . La rinunzia a unaprecisione, che ai nostri fini limitati sarebbe affatto inutile, ci esimera` anche dainutili discussioni sul concetto di bene in se e in rapporto a quello di servizio.

    Definiamo quindi il patrimonio della societa` empiricamente, ossia come il com-plesso dei beni che a questa appartengono in qualsiasi modo (36).

    Accolta tale definizione, e` chiaro che, almeno inizialmente, una societa` nonpuo` essere sprovvista di patrimonio per la stessa definizione che della societa` da`la legge allart. 2247, dove il conferimento e` indicato come uno degli elementiessenziali del contratto e della societa` stessa, senza del quale una societa` non puo`nascere. Al momento iniziale della vita dellente, infatti, nel patrimonio socialevi saranno almeno i conferimenti promessi oppure gia` effettuati dai soci. Se nullae` detto riguardo al conferimento, nellatto costitutivo della societa` di persone,supplisce lart. 2253, comma 2. Se e` detto invece che nessun conferimento e`dovuto dai soci (nemmeno un conferimento di lavoro o di responsabilita`) (37) e`da ritenere che non vi sia societa`, perche il contratto stipulato e` in contrasto conla definizione legislativa dellart. 2247. Quanto alle societa` di capitali in cui lasola garanzia a favore dei creditori-soci e dei creditori-terzi e` costituita dal capitalesociale, i conferimenti devono, come e` noto, non solo esserci, ma essere costituitida beni-capitale e il loro valore deve raggiungere una cifra minima determinata dallegislatore. Una societa` di capitali che si costituisca senza patrimonio e` addiritturainconcepibile.

    Raggiunta in questo modo la riduzione del patrimonio e del capitale alla omoge-neita` necessaria per operare fra loro la distinzione che ci interessa, potremo passareora alla differenziazione di queste due entita` omogenee, di cui luna (patrimonio)comprende laltra (capitale).

    ERNESTO SIMONETTO

    21

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • Prof. incaricato nellUniversita` di Padova

    (Continua)

    (1) Interessanti considerazioni sul concetto di utile in GOITEIN, Company law, London,1949 (2aed.), p. 46; cfr. la dottrina cit. infra, n. 16, nota 4, e, sotto il profilo. economico,soprattutto FANNO, Principi di scienza economica, Padova, 1952, p. 119 sgg.; HICKS, Valueand capital, Oxford, 1948 (ed. del 1946 rist.), p. 276 sgg. e passim; FISCHER, The theory ofinterest, New York, 1930, p. 3 sgg.

    (2) In argomento cfr. diffusamente, RUMPFF, Wirtschaftsrechtliche Vertrauengeschafte, inArch. f. d. civ. Praxis, vol. 119 (1921), p. 1 sgg.; FERRI, Delle societa`, nel Comment.di Scialoja e Branca, Bologna, 1955, p. 4; BOLAFFI, La societa` semplice, Milano, 1947, p.263; GRAZIANI, Diritto delle societa`, Napoli, 1952, p. 62; MESSINEO, Dottrina generaledel contratto, Milano, 1948, 3aed., cap. XII, n. 16; CARIOTA-FERRARA, I negozi fiduciari,Padova, 1933, p. 2 sgg.; BARASSI, IL contralto di lavoro, Milano, 1949, p. 15 sgg.; con ampiecitazioni DALMARTELLO, Lesclusione dei soci, p. 2 sgg.

    (3) MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1953, III, I, 1, p. 354 sgg.

    (4) Tolta la garanzia dei patrimoni particolari dei soci, il legislatore ha creato un sistema diordinato svolgimento della vita sociale e di ordinata gestione di quel patrimonio che e` rimastosolo a garantire le operazioni sociali (Oppo, Contratti parasociali, Milano, 1942, p. 141).

    (5) In materia, da ultimo, FERRI, Delle societa`, cit., p. 334 sgg.; per interessanti conside-razioni, cfr. VISENTINI, Le valutazioni legali dei beni nei bilanci delle societa` e le rivalutazionimonetarie (per gli Studi in onere di Molle) in Banca borsa e tit. di cred., 1955, I, p. 1, nota 1;contro Cass. 14 luglio 1950, in Foro ital., 1951, I, p. 395.

    (6) GRAZIANI, Diritto delle societa`, cit., p. 189 sgg.; id., Manuale di diritto commerciale,Napoli, 1955, p. 85 sgg.; FERRI, Delle societa`, p. 334; id., Manuale di diritto commerciale,Torino, 1950, p. 188; ASCARELLI, Appunti di diritto commerciale Roma, 1936, 3aed., p. 68;id. Saggi giuridici, Milano, 1949, p. 325 sgg.; MENGONI, Reintegrazione del capitale azionanoin caso di perdita totale, in questa Rivista, 1955, I, p. 108 sgg.; FERRARA, Gli imprenditori e lesocieta`, Milano, 1952, 2aed., p. 167; LORDI, Istituzioni di diritto commerciale, Padova, 1943, I,p. 285; HAMEL-LAGARDE, Traite de droit commercial, Paris, 1954, p. 473 sgg.; LYON-CAENet RENAULT. Traite de droit commercial, II, I, p. 43.

    (7) La definizione del capitale come entita` contabile si puo` rinvenire piu` o meno in tutte letrattazioni della materia e non ne e` affermata la inesattezza da alcuno, dato che essa si fondasul dettato assai chiaro della legge (art. 2424). Alcuni scrittori e in genere quelli citati allanota precedente, sottolineano particolarmente il caratteri formale e contabile del capitale. Cfr.ad es., LORDI, op. loc. cit.; HAMEL-LAGARDE, op. loc. cit.; TEICHMANN-KOEHLER,Aktiengesetz, Heidelberg, 1950, p. 11 sgg.

    22

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • Il capitale e` considerato, in senso giuridico, come una entita` esclusivamente contabile dalladottrina spagnola, Cfr. GARRIGUES, Tratado de derecho mercantil, Tomo I, Vol. 2, Madrid,1947, p. 633, 634; GIRO`N TENA, Derecho de sociedades anonimas, Valladolid, 1952, p. 50.

    (8) La predetta dottrina, in genere quando si trova a dover interpretare le norme positivee soprattutto quelle che si riferiscono alla integrita` del capitale, adotta un linguaggio equivoco,dal quale si comprende che il capitale non e` piu` inteso come entita` puramente formale, bens`anche come entita` sostanziale (complesso di beni). La stessa dottrina che abbiamo citato, allenote (1) e (2), offre quindi, come vedremo, preziosi spunti per intendere il capitale - secondoquella che vedremo essere la interpretazione corretta - come una entita` complessa e composta daaltre entita` collegate fra loro da uno stretto rapporto giuridico, logico ed economico; cfr. ad es.,FERRI, Delle societa`, p. 334. In particolare, accolgono questa opinione intermedia e incerta,espressamente, NATOLI, Perdita totale, reintegrazione di capitale e posizione dei sottoscrittoridelle azioni di nuova emissione in Banca borsa e tit. di cred., 1954, I, p. 721 (v. pero`, nel sensoda noi accolto, le interessanti considerazioni dellA. a p. 727 sgg. n. 5); MOREAU, La societeanonime, Paris, 1953, p. 1 sgg.

    (9) Cfr., in questo senso, MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1953,8aed., III, I, 1, p. 382 sgg.; a quanto ci sembra MOSSA, Trattato del nuovo diritto commerciale,societa` a responsabilita` limitata, Padova, 1953, p. 200 sgg.; CANDIAN, Nozioni istituzionalidi diritto privato, Milano, 1946, p. 348; AULETTA, Appunti di diritto commerciale, Napoli,1946, p. 69; GRECO, Corso di diritto commerciale (Impresa, azienda societa`), Milano, 1948,p. 313 (cfr. anche le interessanti considerazioni dellA. in Apporto di nome commerciale e dibeni immateriali in genere, in questa Rivista, 1949, II, p. 346 sgg., ove analizza i requisiti deiconferimenti di capitale); CANTENOT, La reduction du capital social dans les societes anonymes,Paris, 1954, p. 1-11; WIELAND, Handelsrecht, Die Kapitalgesellschaften, Altenburg. 1921-1931,II, p. 21; VAN RYN, Principes de droit commercial, Bruxelles, 1954, p. 324 e 348; EICHLER,Dividendi e riserve nella societa` per azioni, in Nuova Riv. dir. comm., 1955, I, p. 18-19,Questo ultimo a. cos` si esprime: Nel momento in cui si fa il bilancio il guadagno nettorappresenta un capitale proprio della societa` per azioni. Distribuito e versato agli azionisti inbase a una deliberazione dellassemblea ( 126, comma 1 Akt.G.) esso perde del tutto la suaqualita` di capitale se la quota dellazionista sul guadagno netto constatato ( 52 Akt.G.) nonviene riscossa, si converte in un capitale estraneo .

    (10) Cass. 7 agosto 1948, in Foro ital., 1949, I, 13.

    (11) App. Torino, 21 luglio 1943, in Rep. Foro ital., 1943-45, col. 1310; ESCARRA Manuelde droit commercial, Paris, 1947, I, p. 288.

    (12) Cfr. supra, n, 2, gli AA. cit. alle note 6 e 7.

    (13) Dalla dottrina tedesca le perdite sono qualificate come Reinvermogenminderung (dimi-nuzione del patrimonio netto). Cfr. WIELAND, Handelsrecht, II, p. 27 e ivi nota 3. Menocoerentemente invece si parla di perdite del capitale sociale, nella dottrina italiana, anche daquegli scrittori che intendono il capitale in un senso formale e contabile. Cfr. agli AA. cheabbiamo citato sopra, al n. 2, nota 6, GRAZIANI, Diritto delle societa`, cit., p. 208, 209.

    (14) Cfr. in tal senso, espressamente e con efficacia il NATOLI, cit. infra.

    (15) In tal senso e` parte della giurisprudenza. Cfr. Cass. 7 agosto 1948, in Foro ital., 1949,I, 13 cit. supra n. 2, nota 10 e App. Torino, 21 luglio, 1943, in Rep. Foro ital., 1943-45, col.

    23

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • 1310, pure cit. al n, 2, nota 11.

    (16) Cfr. la dottrina e la giurisprudenza cit. supra, al n. 2, nota .9, Il particolare sembraattribuire importanza costruttiva allaspetto reale e concreto del capitale il MOSSA (Trattato delnuovo divino commerciale, Societa` a responsabilita` limitata, p. 203 sgg.) fondando il concetto dicapitale sugli apporti di capitale e non sulle prestazioni di altra natura. Il MESSINEO (Manualedi diritto civile e commerciale, III, I, p. 1) cos` si esprime: si chiama appunto capitale versatoquello che i soci abbiano effettivamente conferito. Anche piu` chiara e` la valutazione di questolato del problema del capitale da parte dello stesso A. ne, Il dividendo come frutto dellazione,in Studi di diritto delle societa`, Milano, 1949, p. 125 sgg., spec. a p. 128, ove e` detto che:il dividendo e` frutto civile, perche (come si esprime il terzo comma dellart. 820) esso si ritraedalla cosa, come corrispettivo del godimento che di questa altri ha. E (diremo con linguaggiopiu` rigoroso) reddito della quota di capitale . Nel che e`, in certo senso, una anticipazione diargomenti che e` nostra intenzione di sviluppare nelle pagine che seguono.

    Anche AULETTA, Appunti di diritto commerciale. Napoli, 1946, p. 69, distingue il capitaleversato da quello nominale; il CANDIAN, NOZioni istituzionali di diritto privato, p. 348,distingue il capitale apparente (nominale) da quello reale; cfr. del resto anche FERRI, Dellesocieta`, cit., p. 334, ove dice che il capitale sociale non e` una cifra indicativa, ma e` il patrimoniodella societa` rappresentato dai conferimenti, e questo patrimonio la legge si preoccupa che siaconservato a garanzia dei creditori sociali ; lo stesso ASCARELLI (Saggi giuridici, p. 332,nota 39) il quale pone nella massima evidenza il concetto di capitale come entita` formale econtabile, usa la espressione nel senso di massa di beni che possono servire a un pagamento(ove afferma che il capitale sociale non puo` essere impiegato al pagamento dei fondatori). Cisembra evidente che, per effettuare un pagamento, non puo` essere impiegato il capitale nominale,come entita` formale e contabile, bens` solamente beni concreti costituenti il capitale reale. NelA. poteva usare una espressione diversa, in particolare la espressione patrimonio , in luogodi quella capitale per due ordini di ragioni: a) invero i creditori della societa` e` previsto chesiano pagati con beni tolti dal patrimonio, ne potrebbe essere altrimenti (cfr. FERRI, Dellesocieta`, loc. cit.), del resto il pagamento puo` essere effettuato soltanto, ovviamente, con denaroo altri beni che hanno le caratteristiche richieste nei beni che concorrono alla formazione delcapitale; 6) vietato e` invece il pagamento con i beni costituenti il capitale reale, in quantoesso faccia scendere il medesimo a un valore inferiore al minimo prescritto dalla legge. Moltointeressante e` anche la argomentazione offerta dal NATOLI, Perdita totale, reintegrazione dicapitale e posizione dei sottoscrittori delle azioni di nuova emissione, p. 727: la tesi che ammettela applicabilita` dellart. 2447 anche nel caso di perdita totale del capitale sociale sembra poggiaresu un presupposto in contrasto con quella che e` la concezione del capitale nel sistema dellalegge. E, cioe`, sul presupposto che il capitale possa rappresentare un puro e semplice nome senzacontenuto sostanziale, e non debba, invece, necessariamente e in ogni momento costituire laespressione di un valore reale (economico oltre che giuridico) e positivo, o, come suol dirsi, diuna attivita` netta e, sotto vari aspetti, intangibile. Ora, non ve` dubbio, che lelemento capitalesia dalla legge prospettato in questultimo senso, che e`, del resto, lunico capace di soddisfare allemolteplici esigenze, che si pongono con riferimento alla complessa funzione, che dal capitale stessodeve essere espletata (assicurazione dei mezzi necessari al conseguimento delloggetto sociale,garanzia dei creditori, ecc.). E non si dimentichi che, proprio in tale funzione, sta la ragionegiustificativa della ammissibilita` di questo tipo di societa`. Ver questo, valore nominale e valorereale del capitale debbono costantemente bilanciarsi: occorre, cioe`, che nel patrimonio dellasocieta`, al netto delle passivita`, vi sia sempre una somma di attivita` non inferiore al valorenominale del capitale. Al qual effetto, e` dettata tutta una serie di norme dirette a tutelare la

    24

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • effettiva integrita` del capitale, aventi indubbio carattere di ordine pubblico, e, percio`, inderogabilie di stretta interpretazione . Peccato che lA. arrivi a conclusioni inaccettabili pur partendo datali premesse esatte, pervenendo a una identificazione delle due entita`.

    Considerazioni a sostegno della nostra tesi si possono rinvenire anche in GRECO, Corso didiritto commerciale (Impresa, azienda, societa`), p. 313; il CANTENOT, La reduction du capitalsocial dans les societes anonymes, pp. 1-11, a seguito di una interessante analisi dei concettiarriva a distinguere: capitai social, fonds social, actif social ( lA. ammette che la terza entita`si possa chiamare anche capital reel); gli AA. tedeschi parlano ad esempio espressivamente diGrundvermogen, distinto dal Verm ogen, composto da beni tali da poter fornire una garanzia aicreditori sociali (cfr. WIELAND, Handelsrecht, II, p. 21); molto espressiva e` anche la formulatedesca Verantwortliches Kapital, indebitamente criticata dal TEICHMANN-KOEHLER (Ak-tiengesetz, Heidelberg, 1950, p. 11); citiamo ancora le chiare parole del VAN RYN, Princypes dedroit commercial, cit., p. 324, il quale si esprime in modo inequivocabile nel senso che ci sembraesatto: nella societa` anonima, la parola capitale si intende in doppio senso. Tra i soci essadesigna linsieme degli apporti che saranno effettuati e che daranno luogo, alla fine della societa`,a una restituzione del valore. Riguardo ai terzi essa indica il minimo di attivo netto che la societa`si obbliga a conservare a garanzia dei creditori (.....). Il capitale non costituisce una garanziaeffettiva per i creditori se la societa` non possiede beni reali, un attivo netto di un valore ugualea quello del capitale statutario ; il RIPERT, Traite de droit commercial, Paris, 1948, affermaaddirittura che il capitale sociale e` investito nella impresa (p. 352), intendendo il capitale nonin senso economico, ma in senso tecnico, A queste citazioni dottrinali vanno aggiunte anche lecitazioni giurisprudenziali gia` operate al n. 2 al quale rinviamo. Come si vede fra questi scrittoriesiste tuttaltro che una comune opinione sul modo di intendere il capitale, ma limportantesecondo noi e` che da essi e` messa in luce, piu` o meno direttamente e piu` o meno chiaramente lanecessita` di operare la distinzione fra le diverse entita` che vanno sotto il nome di capitale.

    Puo` darsi che il concetto unitario di capitale quale e` ricavato dalle norme nelle pagine cheseguono non fosse interamente nellanimo dei redattori del codice, ma, spesso, al redattore di unalegge accade di essere colpito di stupita ammirazione per le belle cose che si trovano nella leggee che nessuno si era sognato di metterci dentro e di corruccio per quelle brutte e bruttissime(....) che nessuno ha certamente volute (SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, prefazionealla prima e alla seconda edizione).

    (17) Mette in particolare evidenza la stretta relazione esistente fra le varie entita` che vannosotto il nome di capitale soprattutto il CANTENOT, La reduction du capital social dans lessocietes anonymes, p. 1-11 (cfr. ad es., pp. 1-2, ove dice: lemploi des expressions: capitaisocial, fonds social, actif social donne lieu dans la doctrine, la jurisprudence, et la loi elle-memea` de frequentes confusions. Ces expressions correspondent a` des idees essentiellment differentes,malgre les rapports tres etroits qui les unissent au sein dune meme societe .

    (18) Cfr., le considerazioni del PUGLIESE, Usufrutto, uso, abitazione, in Trattato di dirittocivile diretto dal Vassalli, Torino, 1954, p. 45 sgg., anche se riferite a una entita` giuridica diversada quella considerata nel testo. Cfr., nello stesso senso, la elencazione dei vari significati deltermine azione (sociale) in MESSINEO, Manuale, III, I, 1, p. 383.

    (19) Cfr. MESSINEO, IL dividendo come fruito dellazione, in Studi di diritto delle societa`,p. 125 sgg.

    (20) Cfr. ad es., ALLORIO, La vita del diritto in Italia, in Jus, 1950, I, p. 60, nota 3;

    25

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • BIGIAVI, Limprenditore occulto, Padova, 1954, p. 24 sgg. Come gia` altra volta abbiamo det-to (Contratti di credito, Padova, 1953, p. 163, note 106 e 107), secondo noi uno studio dellafunzione e della struttura pratica degli istituti e` indispensabile, non per creare il diritto, cio` chelinterprete non puo` fare, ma per poter leggere quello che e` effettivamente scritto nella legge. Cisembra chiara la impossibilita` di studiare sui testi di legge gli istituti, a meno che non si vogliaridurre il diritto a un balbettio tecnico comprensibile a pochi iniziati e soprattutto lontanissimodallo spirito delle norme. Ci sembra che dalla legge ci si possa allontanare per due vie opposte:il concettualismo formalistico, oppure la sopravvalutazione dellelemento economico-sostanziale,che possono condurre parimenti allassurdo (se si confrontano i risultati con la realta` normati-va). Non si deve dimenticare che il compito del giurista e` quello di interpretare (cfr. BETTI,Interpretatione della legge e degli atti giuridici, Milano 1949, spec, p. 181 sgg.; ASCARELLI,Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, 1952, spec. p. XXI e XXV;e, recentissimamente, CARNELUTTI, 77 problema fondamentale del diritto delleconomia, in Ildiritto delleconomia, 1955, p. 787 sgg.). Del resto la esistenza di tendenze e dottrine solo appa-rentemente opposte rende viva la scienza del diritto e le impedisce di inaridirsi nel concettualismooppure nel suo contrario.

    (21) Cfr. BOHM-BAWERK, Histoire critique des theories de linteret du capital, Paris,1902, I, p. 135 sgg. (cap. VII sgg.); OPPO, Contratti di durata, in questa Rivista, 1944, p. 20(dellestratto).

    Non si puo` disconoscere pero` che la teoria del godimento, anche se non e` direttamenteutilizzabile per la qualificazione rigorosamente formale del fenomeno e per la individuazione delmeccanismo pratico dei negozi, sia purtuttavia utilissima e a volte indispensabile per accertarelatteggiamento degli interessi negoziali che essa vale a esprimere con insostituibile efficacia.Ecco perche se ne servono non soltanto autorevoli giuristi (cfr. la numerosissima dottrina cit.nei nostri, Contratti di credito, p. 13, nota 13, e, nella particolare materia delle societa`, ades. MESSINEO, IL dividendo come frutto dellazione, loc. cit. e passim) ma anche lo stessolegislatore allart. 820 che e` considerato piu` volte nel corso del nostro studio.

    (22) Cfr. il nostro volume, I contratti di credito, p. 21, nota 32.

    (23) Sulla Nutzungstheorie cfr. BOHM-BAWERK, op. cit. loc. cit. e i nostri Contratti dicredito, p. 9 sgg.

    (24) Con cio` non si vuole ne accogliere ne respingere - per ora - la cosiddetta concezionevaloristica del capitale, sulla quale cfr. per tutti, SCADUTO, I debiti pecuniari e il deprezzamentomonetario, Milano, 1924, p. 205 sgg.; ASCARELLI, La moneta, Padova, 1928, p. 251-252;id., Appunti di diritto commerciale, Societa` e associazioni commerciali, p. 297 sgg.; FERRI,Rivalutazione delle attivita` sodali e distribuzione ai soci della plusvalenza, in questa Rivista,1939, II, p. 185 sgg. Sullimportantissimo problema della incidenza della svalutazione sulle postedei bilanci e sul valore del capitale rinviamo a un nostro lavoro di prossima pubblicazione.

    (25) Probabilmente la importanza del momento teleologico e della valutazione della strutturapratica degli istituti nella interpretazione della legge, puo` essere assai diversa nelle varie materie,in dipendenza di vari fattori tra cui il rinvio del legislatore a criteri pratici (ad es. lart. 1843, perle forme di utilizzazione del credito nella apertura di credito rinvia agli usi, ossia alla pratica);nella materia in esame si abbia presente il continuo richiamo alla situazione degli interessi (artt.2373, 2391, 2407), a valutazioni pratiche (stime, giudizi proporzionali, di valore, e via dicendo,come e` rivelato ultra nel testo). La importanza dei riferimenti alla realta` economica per la

    26

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • soluzione del problema della individuazione del concetto giuridico di capitale e` recisamente esclusadagli AA. spagnoli. Cfr. GARRIGUES, Tratado de derecho mercantil, Tomo I, Vol. 2, cit., p.633.

    (26) FISHER, De la nature du capital et du revenue, Paris, 1911 (cap. IV). Sulla quale teoriacfr. le osservazioni del FANNO, Principi di scienza economica, p. 138, 139 (nota 2) e ivi altririchiami.

    (27) Cfr. ad es. PAPI, Principi di economia, Padova, 1952, p. 8r (capitale sono inoltre i benidestinati (in corsivo anche nel testo) alla produzione: ed e` questo il criterio fondamentale (id.)per caratterizzare come capitali i beni prodotti. Occorre, cioe`, lintenzione del proprietario didestinare i beni prodotti a nuova produzione, anche se poi manchi limpiego effettivo, Cosicche uncapitale, momentaneamente inoperoso, non cessa di essere capitale . In questo senso pero`, controla qualificazione del legislatore, si chiamerebbero capitale tutti i beni della societa` in quantodestinati alla produzione e non si farebbe un solo passo in avanti (sotto il profilo giuridico,naturalmente).

    (28) Cfr. in questo senso il PAPI, Principi, cit., p. 83, Dir. Comm. - Vol. LIV, p. I. - 5.

    (29) MARSHALL, Principes, p. 373; DALLA VOLTA, in Nuovo Dig. Ital., voce Interessi; LEONE, Lineamenti di economia politica, Bologna, 1920, p. 232. Cfr. i concetti espressi, siapure in una diversa materia, dal PUGLIESE, Usufrutto, Uso, Abitazione (Trattato di diritto civ.diretto da VASSALLI) cit., p. 44-46.

    (30) Ci permettiamo di richiamare laccostamento compiuto dal BETTI (Interpretazionedella legge e degli atti giuridici, cit., prefazione e passim), fra le varie specie di interpretazione dacui si astraggono il concetto di interpretazione e le norme che la regolano. Tale astrazione richiedecertamente profondita` di pensiero e vastita` di cultura, ma raggiunge risultati obiettivamenteapprezzabili soprattutto nel senso di una unificazione del linguaggio tecnico e dei fondamentaliconcetti tecnici. Cfr. anche le chiare parole del GROSSO, Diritto dello Stato ed economiamoderna in Italia, in Il diritto delleconomia, 1955, p. 799 sgg.

    (31) Sulla nozione unitaria di patrimonio, cfr. la acuta indagine del PINO, Il patrimonioseparato, Padova, 1950, p. 77.

    (32) Ci sembra opportuno, ai fini della nostra indagine, riferirci a quella certa elasticita` diconcetti che sembra adottare anche il PINO (op. cit., pp. 90, 91) e richiamare le argomentazionicon le quali, nella materia da lui trattata, particolarmente affine alla nostra, lA. sposta laattenzione dal rapporto (e quindi dal patrimonio come insieme di rapporti), al diritto soggettivoal bene (e quindi al patrimonio come insieme di diritti soggettivi). La nostra sara` dunque unaespressione di comodo (come la qualifica il MESSINEO, Manuale, I, p. 374-375) di uso pero`assai frequente. Del resto, forse per il bisogno di concretezza avvertito in special modo in temadi societa` e di bilanci, la concezione del patrimonio come complesso di beni e` comune agli scrittoridella materia. Cfr. FERRI, Manuale, p. 188; ASCARELLI, Appunti, cit., p. 68; MESSINEO,Manuale, cit., III, I, I, spec. p. 408 e sgg.; GRAZIANI, Societa`, p. 189; LORDI, Istituzioni didiritto commerciale, I, p. 285. Vedi invece, espressamente in senso contrario il TRABUCCHI,Istituzioni di diritto civile, Padova, 1954 (8aed.), p. 320, ma in sede di teoria generale.

    (33) Sulla diversita` della terminologia usata dagli scrittori nella materia, cfr. TRABUCCHI,Istituzioni, p. 335.

    27

    Documento in concessione a Marcelo Borja Veiga (cod. 154860x22cf93f219) -- Il 09/02/2014 alle 19:18:20RivistaDelDirittoCommerciale.it (c) - Tutti i diritti sono riservati.

  • (34) ROMANO-PAVONI, Teoria delle societa`, Milano, 1955, p. 390 e sgg.; sotto il profiloeconomico, cfr. BOHM-BAWERK, Theorie positive du capital, Paris, 1929, p. 9; CASSEL, Thetheory of social economy, London, 1923, p. 12 e sgg.

    (35) Per questo motivo non si puo` usare il termine vantaggi, che pure si adatta perfettamenteal momento costitutivo e non ai momenti successivi della vita della societa` (cfr. ALLARA, Lavendita (corso), Torino, 1946-47).

    (36) Cfr. in