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al vicedirettore per i reati previsti negli artt. 57, 57 bis e 58 c. p. Nel nostro ordinamento il direttore e ` ritenuto respon- sabile del reato di diffamazione: la sua responsabilita ` puo ` essere a titolo di colpa o di concorso. Si ha responsabilita ` a titolo di colpa per non aver im- pedito la commissione del reato a causa di un mancato controllo; si ha responsabilita ` a titolo di concorso qualora siano presenti tutti gli elementi richiesti dall’art. 110 c. p. Affinche ´ si verifichi il concorso del direttore occorre che la sua condotta sia cosciente e volontaria, cioe ` che abbia volontariamente omesso il controllo per permettere la commissione del reato. Se la condotta del direttore si configura in un mancato controllo, non volontario, delle pubblicazioni del giornale, il reato sara ` colposo (culpa in vigilando). Il direttore, come il giornalista, e ` investito di un impor- tante potere di controllo relativo ai fatti narrati. Tutti i direttori dei diversi periodici sono responsabili delle no- tizie riportate anche se sono gia ` state pubblicate da altri giornali 16 ). Secondo un diverso orientamento della Corte di cassa- zione non e ` colpevole del reato di diffamazione a mezzo stampa il direttore di un giornale che, in virtu ´ del rap- porto fiduciario che lo lega ai propri inviati, omette di esercitare il controllo sulle interviste. La Cassazione ri- tiene in questo caso che il direttore non debba control- lare le interviste realizzate da un giornalista di sua fiducia, tuttavia se l’intervista contiene affermazioni diffamatorie il direttore deve intervenire. L’onere della prova di aver svolto ogni controllo sull’attivita ` del giornalista grava sul direttore. Non esclude la colpevolezza l’impossibilita ` ma- teriale di esercitare il controllo 17 ). L’imputato della sentenza annotata era sia direttore che articolista del giornale, quindi la sua responsabilita `e `a titolo di dolo, perche ´ consapevolmente ha oltrepassato i limiti del diritto di cronaca e di critica, limiti che costi- tuiscono la base per una corretta informazione. Maria Luisa Tamponi Cassazione penale, IV Sezione, 10 novembre 2005 (dep. 20 gennaio 2006), n. 2382 — D’Urso Presi- dente —Piccialli Relatore —Salzano P. M. (conf.). — Minesso, ricorrente. Lavoro (Rapporto di) — Prevenzione infortuni — De- stinatari delle norme — Macchinari — Difetti — Pericolosita ` — Controllo del datore di lavoro — Necessita ` — Modalita ` del controllo (D. P. R. 24 aprile 1955, n. 547, artt. 211, 374; D. Lgs. 19 settem- bre 1994, n. 626, artt. 21, 22, 38; C. c. art. 2087; C. p. art. 590). In tema di normativa antinfortunistica, sussiste la re- sponsabilita ` del datore di lavoro il quale introduce nel- l’azienda e mette a disposizione del lavoratore una mac- china, che per vizi di costruzione possa essere fonte di danno per le persone, senza avere appositamente accertato che il costruttore e l’eventuale diverso venditore abbia sot- toposto la stessa macchina a tutti i controlli rilevanti per accertarne la resistenza e l’idoneita ` all’uso, non valendo ad escludere tale responsabilita ` la mera dichiarazione, resa dal datore di lavoro medesimo, di avere fatto affidamento sul- l’osservanza da parte del costruttore delle regole della mi- gliore tecnica (1). Omissis. — Il ricorrente, pur prospettando asserite viola- zioni di legge e pretese illogicita ` e carenze della motiva- zione, vorrebbe che la Corte esercitasse un inammissibile sin- dacato sull’apprezzamento fattuale della vicenda e, in partico- lare, sulla condotta dell’imputato e dell’infortunato, che esula dai poteri del giudice di legittimita `, quando si e ` in presenza, come nella specie, di una motivazione rigorosa e convincente, in linea con i principi vigenti nella subiecta materia. Quanto al primo motivo, corretto e ` il richiamo al disposto prevenzionale dettato dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 211, lad- dove questo fissando una regola di cautela afferente la disci- plina dei condotti dei trasportatori a coclea, impone come con- dizione inderogabile quella della predisposizione di meccani- smi adeguati di protezione che ha applicazione generale e non ammette i distinguo e le pretese eccezioni prospettate nel ri- corso; in particolare, quella articolata prospettando la necessita ` di distinguere l’utilizzo della macchina durante il processo pro- duttivo inteso in senso stretto o in una fase successiva (comun- que da ricomprendere nell’ambito della previsione di cautela). Quanto al secondo motivo, incensurabile in fatto e ` l’apprez- zamento del giudicante che ha ritenuto di desumere la carente informazione e l’inadeguata istruzione del lavoratore valutando in modo coerente e non contraddittorio la stessa deposizione della persona lesa (ritenuta tra l’altro attendibile, perche ´ resa in costanza di rapporto di lavoro). In diritto, poi, correttamente, da queste premesse in fatto, e ` stato ravvisato un addebito colposo a carico dell’imputato, ove si consideri che, in tema di sicurezza antinfortunistica, il com- pito del datore di lavoro (e questo vale anche per chi, delegato formalmente o di fatto, da questi con compiti di direzione e controllo) e ` articolato, comprendendo, tra l’altro, l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi a determinati lavori, la neces- sita ` di adottare le previste misure di sicurezza, la predisposi- zione di queste, ed anche il controllo continuo, congruo ed ef- fettivo, nel sorvegliare e quindi accertare che quelle misure ven- gano, in concreto, osservate, non pretermesse per contraria prassi disapplicativa, e, in tale contesto, che vengano concreta- mente utilizzati gli strumenti adeguati, in termini di sicurezza, al lavoro da svolgere, controllando anche le modalita ` concrete del processo di lavorazione. Il datore di lavoro, quindi, non esauri- sce il proprio compito nell’approntare i mezzi occorrenti all’at- tuazione delle misure di sicurezza e nel disporre che vengano usati, ma su di lui incombe anche l’obbligo di accertarsi che quelle misure vengano osservate e che quegli strumenti vengano utilizzati (di recente, tra le tante, Cass., Sez. 4 a , 10 febbraio 2005, Kapelj). L’obbligo del datore di lavoro (e soggetti assimilati) ad infor- mare e istruire i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti discende, del resto, dall’inequivoca disciplina di settore (cfr. il combinato disposto del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 4 e del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, artt. 37 e 38). Quanto al terzo motivo, esattamente il giudicante non ha at- tribuito rilievo esimente della responsabilita ` dell’imputato alla circostanza fattualmente accertata dell’irregolarita ` strutturale della macchina. Cio ` in quanto tra i compiti di prevenzione del datore di la- voro e ` anche quello di dotare il lavoratore di strumenti e mac- chinari del tutto sicuri. In altri termini, il datore di lavoro deve ispirare la sua con- dotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di ope- rare con assoluta sicurezza. Pertanto, non sarebbe sufficiente, per mandare esente da responsabilita ` il datore di lavoro, che non abbia assolto appieno il suddetto obbligo cautelare, nep- pure che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico, se il processo tecnolo- gico sia cresciuto in modo tale da suggerire ulteriori e piu ´ sofi- sticati presidi per rendere la stessa sempre piu ´ sicura (per rife- rimenti, Cass., Sez. 4 a , 26 aprile 2000, Mantero ed altri). Trattasi di affermazioni, pienamente condivisibili, che pog- giano sul disposto dell’art. 2087 c.c. secondo cui l’imprendi- tore, al di la ` di ogni formalismo, e ` comunque tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa quelle misure che, sostanzialmente 16 ) Cass., Sez. V, 2 maggio 1990, Scalfari, in Cass. Pen., 1991, 751; conforme Id., 13 febbraio 1992, Milani, ivi, 1993, 2266. 17 ) Cass., Sez. I, 26 novembre 1997, Mauro, in Giur. It., 1998, 159, con nota di Sanfelici. 2147 DIRITTO E PROCEDURA PENALE

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al vicedirettore per i reati previsti negli artt. 57, 57 bis e58 c. p.

Nel nostro ordinamento il direttore e ritenuto respon-sabile del reato di diffamazione: la sua responsabilita puoessere a titolo di colpa o di concorso.

Si ha responsabilita a titolo di colpa per non aver im-pedito la commissione del reato a causa di un mancatocontrollo; si ha responsabilita a titolo di concorso qualorasiano presenti tutti gli elementi richiesti dall’art. 110 c. p.Affinche si verifichi il concorso del direttore occorre chela sua condotta sia cosciente e volontaria, cioe che abbiavolontariamente omesso il controllo per permettere lacommissione del reato. Se la condotta del direttore siconfigura in un mancato controllo, non volontario, dellepubblicazioni del giornale, il reato sara colposo (culpa invigilando).

Il direttore, come il giornalista, e investito di un impor-tante potere di controllo relativo ai fatti narrati. Tutti idirettori dei diversi periodici sono responsabili delle no-tizie riportate anche se sono gia state pubblicate da altrigiornali16).

Secondo un diverso orientamento della Corte di cassa-zione non e colpevole del reato di diffamazione a mezzostampa il direttore di un giornale che, in virtu del rap-porto fiduciario che lo lega ai propri inviati, omette diesercitare il controllo sulle interviste. La Cassazione ri-tiene in questo caso che il direttore non debba control-lare le interviste realizzate da un giornalista di sua fiducia,tuttavia se l’intervista contiene affermazioni diffamatorieil direttore deve intervenire. L’onere della prova di aversvolto ogni controllo sull’attivita del giornalista grava suldirettore. Non esclude la colpevolezza l’impossibilita ma-teriale di esercitare il controllo17).

L’imputato della sentenza annotata era sia direttore chearticolista del giornale, quindi la sua responsabilita e atitolo di dolo, perche consapevolmente ha oltrepassato ilimiti del diritto di cronaca e di critica, limiti che costi-tuiscono la base per una corretta informazione.

Maria Luisa Tamponi

Cassazione penale, IV Sezione, 10 novembre 2005(dep. 20 gennaio 2006), n. 2382 — D’Urso Presi-dente — Piccialli Relatore — Salzano P. M.(conf.). — Minesso, ricorrente.

Lavoro (Rapporto di) — Prevenzione infortuni — De-stinatari delle norme — Macchinari — Difetti —Pericolosita — Controllo del datore di lavoro —Necessita — Modalita del controllo (D. P. R. 24aprile 1955, n. 547, artt. 211, 374; D. Lgs. 19 settem-bre 1994, n. 626, artt. 21, 22, 38; C. c. art. 2087; C. p.art. 590).

In tema di normativa antinfortunistica, sussiste la re-sponsabilita del datore di lavoro il quale introduce nel-l’azienda e mette a disposizione del lavoratore una mac-china, che per vizi di costruzione possa essere fonte didanno per le persone, senza avere appositamente accertatoche il costruttore e l’eventuale diverso venditore abbia sot-toposto la stessa macchina a tutti i controlli rilevanti peraccertarne la resistenza e l’idoneita all’uso, non valendo ad

escludere tale responsabilita la mera dichiarazione, resa daldatore di lavoro medesimo, di avere fatto affidamento sul-l’osservanza da parte del costruttore delle regole della mi-gliore tecnica (1).

Omissis. — Il ricorrente, pur prospettando asserite viola-zioni di legge e pretese illogicita e carenze della motiva-

zione, vorrebbe che la Corte esercitasse un inammissibile sin-dacato sull’apprezzamento fattuale della vicenda e, in partico-lare, sulla condotta dell’imputato e dell’infortunato, che esuladai poteri del giudice di legittimita, quando si e in presenza,come nella specie, di una motivazione rigorosa e convincente, inlinea con i principi vigenti nella subiecta materia.

Quanto al primo motivo, corretto e il richiamo al dispostoprevenzionale dettato dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 211, lad-dove questo fissando una regola di cautela afferente la disci-plina dei condotti dei trasportatori a coclea, impone come con-dizione inderogabile quella della predisposizione di meccani-smi adeguati di protezione che ha applicazione generale e nonammette i distinguo e le pretese eccezioni prospettate nel ri-corso; in particolare, quella articolata prospettando la necessitadi distinguere l’utilizzo della macchina durante il processo pro-duttivo inteso in senso stretto o in una fase successiva (comun-que da ricomprendere nell’ambito della previsione di cautela).

Quanto al secondo motivo, incensurabile in fatto e l’apprez-zamento del giudicante che ha ritenuto di desumere la carenteinformazione e l’inadeguata istruzione del lavoratore valutandoin modo coerente e non contraddittorio la stessa deposizionedella persona lesa (ritenuta tra l’altro attendibile, perche resa incostanza di rapporto di lavoro).

In diritto, poi, correttamente, da queste premesse in fatto, estato ravvisato un addebito colposo a carico dell’imputato, ovesi consideri che, in tema di sicurezza antinfortunistica, il com-pito del datore di lavoro (e questo vale anche per chi, delegatoformalmente o di fatto, da questi con compiti di direzione econtrollo) e articolato, comprendendo, tra l’altro, l’istruzionedei lavoratori sui rischi connessi a determinati lavori, la neces-sita di adottare le previste misure di sicurezza, la predisposi-zione di queste, ed anche il controllo continuo, congruo ed ef-fettivo, nel sorvegliare e quindi accertare che quelle misure ven-gano, in concreto, osservate, non pretermesse per contrariaprassi disapplicativa, e, in tale contesto, che vengano concreta-mente utilizzati gli strumenti adeguati, in termini di sicurezza, allavoro da svolgere, controllando anche le modalita concrete delprocesso di lavorazione. Il datore di lavoro, quindi, non esauri-sce il proprio compito nell’approntare i mezzi occorrenti all’at-tuazione delle misure di sicurezza e nel disporre che venganousati, ma su di lui incombe anche l’obbligo di accertarsi chequelle misure vengano osservate e che quegli strumenti venganoutilizzati (di recente, tra le tante, Cass., Sez. 4a, 10 febbraio2005, Kapelj).

L’obbligo del datore di lavoro (e soggetti assimilati) ad infor-mare e istruire i lavoratori dei rischi specifici cui sono espostidiscende, del resto, dall’inequivoca disciplina di settore (cfr. ilcombinato disposto del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 4 edel D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, artt. 37 e 38).

Quanto al terzo motivo, esattamente il giudicante non ha at-tribuito rilievo esimente della responsabilita dell’imputato allacircostanza fattualmente accertata dell’irregolarita strutturaledella macchina.

Cio in quanto tra i compiti di prevenzione del datore di la-voro e anche quello di dotare il lavoratore di strumenti e mac-chinari del tutto sicuri.

In altri termini, il datore di lavoro deve ispirare la sua con-dotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza perfare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di ope-rare con assoluta sicurezza. Pertanto, non sarebbe sufficiente,per mandare esente da responsabilita il datore di lavoro, chenon abbia assolto appieno il suddetto obbligo cautelare, nep-pure che una macchina sia munita degli accorgimenti previstidalla legge in un certo momento storico, se il processo tecnolo-gico sia cresciuto in modo tale da suggerire ulteriori e piu sofi-sticati presidi per rendere la stessa sempre piu sicura (per rife-rimenti, Cass., Sez. 4a, 26 aprile 2000, Mantero ed altri).

Trattasi di affermazioni, pienamente condivisibili, che pog-giano sul disposto dell’art. 2087 c.c. secondo cui l’imprendi-tore, al di la di ogni formalismo, e comunque tenuto ad adottarenell’esercizio dell’impresa quelle misure che, sostanzialmente

16) Cass., Sez. V, 2 maggio 1990, Scalfari, in Cass. Pen., 1991, 751;conforme Id., 13 febbraio 1992, Milani, ivi, 1993, 2266.

17) Cass., Sez. I, 26 novembre 1997, Mauro, in Giur. It., 1998,159, con nota di Sanfelici.

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ed in concreto, secondo la particolarita del lavoro, l’esperienzae la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrita fisica e la per-sonalita morale del lavoratore.

Si e in presenza, infatti, di una disposizione, utilmente quirichiamabile, che costituisce «norma di chiusura» rispetto alledisposizioni della legislazione antinfortunistica, comportando acarico del datore di lavoro precisi obblighi di garanzia e di pro-tezione dell’incolumita dei propri lavoratori e della stessa inco-lumita pubblica: obblighi che rendono esigibile, da parte deldatore di lavoro, il dovere di impedire, mediante adeguato con-trollo e la predisposizione di ogni strumento a cio necessario,che il bene o l’attivita, sorgente di pericoli e rientrante nellasfera della sua signoria, possa provocare danni a chiunque nevenga a contatto, anche occasionalmente (Cass., Sez. 4a, 13 giu-gno 2000, Forti; cfr. di recente Cass., Sez. 4a, 12 gennaio 2005,Cuccu, secondo cui il datore di lavoro deve attivarsi positiva-mente per organizzare le attivita lavorative in modo sicuro, as-sicurando anche l’adozione da parte dei dipendenti delle dove-rose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo irischi connessi all’attivita lavorativa: tale obbligo dovendolo ri-condurre, oltre che alle disposizioni specifiche, appunto, piugeneralmente, al disposto dell’art. 2087 c.c., in forza del quale ildatore di lavoro e comunque costituito garante dell’incolumitafisica e della salvaguardia della personalita morale dei prestatoridi lavoro, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperiall’obbligo di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene im-putato in forza del meccanismo previsto dall’art. 40 c.p.,comma 2).

In questa prospettiva, correttamente si e esclusa valenza esi-mente alla verificata omologazione del macchinario, trattandosidi circostanza ex se non tale da elidere il suindicato obbligocautelare del datore di lavoro.

Mentre eventuali concorrenti profili colposi addebitabili alfabbricante (qui, comunque non contestati) non elidono certa-mente il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro el’evento lesivo in danno del lavoratore.

Questo, del resto, in linea con la pacifica affermazione se-condo cui e configurabile la responsabilita del datore di lavoroil quale introduce nell’azienda e mette a disposizione del lavo-ratore una macchina — che per vizi di costruzione possa esserefonte di danno per le persone — senza avere appositamenteaccertato che il costruttore, e l’eventuale diverso venditore, ab-bia sottoposto la stessa macchina a tutti i controlli rilevanti peraccertarne la resistenza e l’idoneita all’uso, non valendo adescludere la propria responsabilita la mera dichiarazione diavere fatto affidamento sull’osservanza da parte del costruttoredelle regole della migliore tecnica (Cass., Sez. 4a, 3 luglio 2002,Del Bianco Barbacucchia).

Sono argomentazioni utilizzabili per smentire anche la fon-datezza del quarto motivo.

In ordine al quinto motivo, ineccepibili sono le argomenta-zioni del giudicante il quale, pur preso atto dell’imprudenza dellavoratore, tale da integrare un concorso di colpa, ne ha esclusola rilevanza per escludere la responsabilita dell’imputato.

La Corte di appello ha fatto applicazione del principio, asso-lutamente non controverso, in forza del quale, poiche le normedi prevenzione antinfortunistica mirano a tutelare il lavoratoreanche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negli-genza, imprudenza ed imperizia, la responsabilita del datore dilavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adottare lemisure di prevenzione puo essere esclusa, per causa sopravve-nuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore chepresenti i caratteri dell’eccezionalita, dell’abnormita, dell’esor-bitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise di-rettive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile oinopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sullavoro originato dall’assenza o inidoneita delle misure di pre-venzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsa-bilita del datore di lavoro, puo essere attribuita al comporta-mento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione al-l’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, allamancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sa-rebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto com-portamento (cfr., di recente, ex pluribus, Cass., Sez. 4a, 3 no-vembre 2004, Volpi; Sez. 4a, 14 gennaio 2005, Schifilliti ed al-tro; Sez. 4a, 7 giugno 2005, Pistolesi). E l’ipotesi che quiinteressa, ove si ponga attenzione che correttamente il giudi-cante, con apprezzamento del resto incensurabile in fatto, haposto in evidenza come l’attivita posta in essere dal lavoratore,pur imprudente, dovesse ritenersi connessa e necessitata dal-l’esigenza produttiva specifica. Con la conseguenza che nonpuo qui sostenersi trattarsi di attivita abnorme, eccezionale edimprevedibile ai fini della pretesa interruzione del nesso cau-sale. — Omissis.

(1) Certificazione amministrativa di confor-mita alla normativa antinfortunistica e re-sponsabilita del datore di lavoro

La sentenza che si annota riguarda i limiti degli obbli-ghi dell’imprenditore e del costruttore relativamente adinfortuni sul lavoro causati da macchinari difettosi.

Il ricorrente, in qualita di direttore e delegato alla sicu-rezza di una cooperativa agricola esercente l’attivita dimacello e confezionamento di polli e tacchini, e stato ri-tenuto responsabile del reato di lesioni colpose aggravatedalla violazione della normativa antinfortunistica.

In sintesi, durante l’utilizzazione di una macchina sepa-ratrice cuori-polmoni dotata di una coclea rotante acces-sibile ai lavoratori, la vittima, nel tentativo di rimuovereun grumo di materiale che impediva il trascinamento deicuori separati, veniva a contatto con un dito della manodestra con la coclea in rotazione, subendo lesioni perso-nali guaribili in un tempo superiore a quaranta giorni conindebolimento permanente dell’organo prensorio (am-putazione della falange distale del secondo dito dellamano destra).

All’agente e stata contestata l’inosservanza degli artt.211 D. P. R. 24 aprile 1955, n. 547 e 21, 22 e 38 D. Lgs. 19settembre 1994, n. 626, avendo egli omesso di valutare ilrischio connesso all’utilizzazione della macchina nelluogo di lavoro nonche di formare e informare adeguata-mente il lavoratore.

In particolare, l’art. 211 D. P. R. n. 547 del 1955 stabi-lisce che i condotti dei trasportatori a coclea devono es-sere provvisti di copertura e le loro aperture di carico escarico devono essere efficacemente protette; a sua volta,l’art. 374, 2o comma, D. P. R. cit. dispone che gli impianti,le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili,gli strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa, de-vono possedere, in relazione alle necessita della sicurezzadel lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneitaed essere mantenuti in buono stato di conservazione e diefficienza.

Riguardo al D. Lgs. n. 626 del 1994 va ricordato chel’art. 21 si occupa dell’informazione dei lavoratori («Ildatore di lavoro provvede affinche ciascun lavoratore ri-ceva un’adeguata informazione su: a) i rischi per la sicu-rezza e la salute connessi all’attivita dell’impresa in gene-rale; b) le misure e le attivita di protezione e prevenzioneadottate; c) i rischi specifici cui e esposto in relazione al-l’attivita svolta, le normative di sicurezza e le disposizioniaziendali in materia; ...»); l’art. 22 della loro formazione(«Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore ...riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materiadi sicurezza e di salute, con particolare riferimento alproprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. ...») el’art. 38 di formazione e addestramento relativamente al-l’«uso delle attrezzature di lavoro» («Il datore di lavorosi assicura che: a) i lavoratori incaricati di usare le attrez-zature di lavoro ricevano una formazione adeguata sul-l’uso delle attrezzature di lavoro; b) i lavoratori incaricatidell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze eresponsabilita particolari di cui all’art. 35, 5o comma, ri-cevano un addestramento adeguato e specifico che limetta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo esicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre perso-ne»).

Una linea ispiratrice del nostro sistema di prevenzionenei luoghi di lavoro e appunto costituita dall’esigenza diacquisire e diffondere le conoscenze sui rischi presenti inazienda. E un’esigenza che si manifesta sotto un dupliceaspetto: anzitutto come obbligo di eseguire la valutazionedei rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori,disciplinato in via generale dall’art. 4 D. Lgs. n. 626 del

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1994; in secondo luogo come obbligo di informazione eformazione dei lavoratori, contemplato negli artt. 21 e 22D. Lgs. cit. A tale ultimo proposito, sempre piu incal-zante sta diventando un’esigenza di effettivita: l’esigenza,cioe, che il datore di lavoro provveda ad assicurarsi che ilavoratori siano stati realmente in grado di ricevere l’in-formazione e la formazione1). E una necessita che laCorte di cassazione ha posto in particolare risalto. «Intema di sicurezza antinfortunistica, il compito del datoredi lavoro, o del dirigente cui spetta la “sicurezza del la-voro”, e molteplice e articolato, e va dall’istruzione deilavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessitadi adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizionedi queste misure e quindi, ove le stesse consistano in par-ticolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questistrumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto,al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavo-ratori rispettino quelle norme, si adeguino alle misure inesse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di tra-scurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o menol’imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis delgarante del bene costituzionalmente rilevante costituitodall’integrita del lavoratore e ha percio il preciso doverenon di limitarsi ad assolvere normalmente il compito diinformare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche pre-viste, ma deve attivarsi a controllare sino alla pedanteria,che tali norme siano assimilate dai lavoratori nell’ordinariaprassi di lavoro. Inoltre lo specifico onere di informazionee di assiduo controllo, se e necessario nei confronti dei di-pendenti dell’impresa, si impone a maggior ragione neiconfronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze dialtri e vengano per la prima volta a contatto con un am-biente e delle strutture a loro non familiari e che perciopossono riservare insidie non note»2).

Inoltre, il datore di lavoro deve ispirare la sua condottaalle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza perfare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizionidi operare con assoluta sicurezza. Pertanto, non e suffi-ciente che una macchina sia munita degli accorgimentiprevisti dalla legge in un certo momento storico se il pro-cesso tecnologico cresce in modo tale da suggerire ulte-riori e piu sofisticati presidi per rendere la stessa semprepiu sicura. L’art. 2087 c. c., infatti, stimola obbligatoria-mente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisi-zioni tecnologiche. Del resto, la circostanza che in occa-sione di visite ispettive non siano stati mossi rilievi in or-dine alla sicurezza della macchina non puo essereinvocata per escludere la responsabilita del datore di la-voro, atteso che la punibilita dei reati colposi non eesclusa da un qualsiasi errore sul fatto che costituiscereato ma (per i reati colposi) solo dall’errore non deter-minato da colpa, ai sensi dell’art. 47 c. p. (fattispecie re-lativa a lesioni personali riportate da un operaio a unamano con una macchina denominata «calandra carta»per la lavorazione della seta, sfornita di un’idonea barradi sicurezza)3).

Con riferimento al caso che ha originato la decisione inepigrafe, il problema e che la macchina risultava certifi-cata come rispondente alla normativa antinfortunistica ela violazione della distanza minima tra il condotto tra-sportatore contenente la coclea e l’apertura della mac-china (44 mm. in luogo dei 120 necessari per la normativatecnica comunitaria) era accertabile solo smontando lastessa.

Come e evidente, siamo in presenza di una questione dilimiti degli obblighi del datore di lavoro4): in altri ter-mini, si tratta di individuare la linea di confine tra i doveridell’imprenditore e quelli del fabbricante.

Orbene, la Corte di cassazione ha ravvisato la viola-zione del generale obbligo di cautela imposto dall’art.2087 c. c., ai sensi del quale «l’imprenditore e tenuto adadottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, se-condo la particolarita del lavoro, l’esperienza e la tecnica,sono necessarie a tutelare l’integrita fisica e la personalitamorale dei prestatori di lavoro».

Segnatamente, il datore di lavoro deve attivarsi positi-vamente per organizzare le attivita lavorative in modo si-curo, garantendo anche l’adozione da parte dei dipen-denti delle doverose misure tecniche e organizzative perridurre al minimo i rischi connessi all’attivita lavorativa:tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle dispo-sizioni specifiche, piu generalmente al disposto di cui al-l’art. 2087 c. c., con l’ovvia conseguenza che, ove l’im-prenditore non ottemperi all’obbligo di tutela, l’eventolesivo gli viene imputato in forza del meccanismo previ-sto dall’art. 40, 2o comma, c. p.5).

«In questa prospettiva — si legge nella sentenza incommento — correttamente si e esclusa valenza esimentealla verificata omologazione del macchinario, trattandosidi circostanza ex se non tale da elidere il su indicato ob-bligo cautelare del datore di lavoro. Mentre eventualiconcorrenti profili colposi addebitabili al fabbricante(qui, comunque non contestati) non elidono certamenteil nesso causale tra la condotta del datore di lavoro el’evento lesivo in danno del lavoratore».

Logica conseguenza e l’affermazione secondo cui econfigurabile la responsabilita del datore di lavoro ilquale introduce nell’azienda e mette a disposizione dellavoratore una macchina, che per vizi di costruzionepossa essere fonte di danno per le persone, senza avereappositamente accertato che il costruttore, e l’eventualediverso venditore, abbia sottoposto la stessa macchina atutti i controlli rilevanti per accertarne la resistenza el’idoneita all’uso, non valendo ad escludere tale respon-sabilita la mera dichiarazione, resa dal datore di lavo-ro medesimo, di aver fatto affidamento sull’osservan-za da parte del costruttore delle regole della miglioretecnica6).

A nostro avviso, tale principio di diritto va applicatocon prudenza, perche spalanca pericolosamente le portea forme di responsabilita oggettiva piu o meno masche-rata.

1) Guariniello, Prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro,in Conti, Il diritto penale dell’impresa, Padova, 2001, 757.

2) Cass., Sez. IV, 3 marzo 1995, Grassi, in Cass. Pen., 1996, 1957;Id., Sez. IV, 10 febbraio 2005, Kapelj, in Ambiente e Sicurezza,2005, 19, 68, con nota di Paone: «In tema di sicurezza antinfortu-nistica, il compito del datore di lavoro e articolato, comprendendo,tra l’altro, non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi adeterminati lavori, la necessita di adottare le previste misure di si-curezza, la predisposizione di queste, ma anche il controllo conti-nuo, congruo ed effettivo, nel sorvegliare e quindi accertare chequelle misure vengano, in concreto, osservate, non pretermesse percontraria prassi disapplicativa e, in tale contesto, che vengano con-cretamente utilizzati gli strumenti adeguati, in termini di sicurezza,al lavoro da svolgere, controllando anche le modalita concrete del

processo di lavorazione. Il datore di lavoro, quindi, non esaurisce ilproprio compito nell’approntare i mezzi occorrenti all’attuazionedelle misure di sicurezza e nel disporre che vengano usati, ma su dilui incombe anche l’obbligo di accertarsi che quelle misure venganoosservate e che quegli strumenti vengano utilizzati».

3) Cass., Sez. IV, 26 aprile 2000, Mantero, in Cass. Pen., 2001,1321.

4) In argomento v. Morone, Sicurezza sul luogo di lavoro e re-sponsabilita del datore di lavoro, nota a Cass., Sez. IV, 26 ottobre2004, Storino, in Giur. It., 2005, 1489.

5) Cass., Sez. IV, 12 gennaio 2005, Cuccu, in Guida al Dir., 2005,20, 70.

6) Cass., Sez. IV, 3 luglio 2002, Del Bianco Barbacucchia, in Riv.Pen., 2003, 270.

2149DIRITTO E PROCEDURA PENALE

Page 4: Simone Ferrari, Certificazione amministrativa di conformità alla normativa antinfortunistica e responsabilità del datore di lavoro

Invero, nel caso in esame la macchina risultava certifi-cata come conforme alla normativa antinfortunistica e laviolazione della distanza minima tra il condotto traspor-tatore contenente la coclea e l’apertura dell’apparecchioera accertabile solo smontando lo stesso.

Ora, non e pensabile che un datore di lavoro debbasmontare tutti i macchinari «omologati», che introducenell’azienda, al fine di individuare eventuali vizi di co-struzione fonti di danno alle persone. Non si comprendepoi l’assunto secondo il quale il datore dovrebbe «appo-sitamente accertarsi che il costruttore abbia sottoposto lamacchina a tutti i controlli rilevanti per accertarne la re-sistenza e l’idoneita all’uso»: un accertamento dell’accer-tamento alquanto illogico.

Piu in dettaglio, la fabbricazione — sinonimo di costru-zione — attiene al momento di materiale esecuzione diun progetto e segna il passaggio dalla fase dell’ideazionea quella della messa in opera. I fabbricanti devono garan-tire la rispondenza delle macchine, degli impianti, delleattrezzature di lavoro alle disposizioni legislative e rego-lamentari vigenti in materia di sicurezza: infatti essi,avendo dato attuazione al progetto dell’opera, produ-cono un bene inevitabilmente destinato ad essere im-messo sul mercato7).

Cosı, il fabbricante si assume la responsabilita della si-curezza intrinseca della macchina, ma non della sicurezzadella stessa in uso in un determinato luogo di lavoro, chepuo dipendere da fattori ambientali, organizzativi, pro-cedurali8).

Tra l’altro, prima dell’entrata in vigore del D. P. R.n. 459 del 1996 («Regolamento per l’attuazione delle di-rettive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni de-gli Stati membri relative alle macchine»), l’acquirente eratenuto ad eseguire sulla macchina, prima di metterla inservizio, una serie di controlli tesi a verificarne la rispon-denza ai requisiti di sicurezza, assumendosi la responsa-bilita della scelta operata. La nuova normativa ha invecemaggiormente responsabilizzato il costruttore: «pertantol’acquirente puo legittimamente omettere accurati con-trolli sulla macchina potendo fare affidamento sulla di-chiarazione di conformita rilasciata dal costruttore. L’uti-lizzatore non puo comunque ritenersi esente da colpa neicasi in cui la macchina, pur essendo marcata CE, appaiamanifestamente inadeguata dal punto di vista della sicu-rezza»9).

Ragionando diversamente, si esce dall’ambito della re-sponsabilita colposa per entrare in quello della responsa-bilita oggettiva.

In una prospettiva piu rispettosa dei principi di colpe-volezza e di ragionevolezza, si e deciso che il datore dilavoro o il responsabile della sicurezza hanno l’obbligo diconsegnare ai dipendenti macchinari e utensili provvistidi ogni opportuno, efficace dispositivo antinfortunisticoe devono percio apportare tutte le modifiche necessarieper il loro sicuro funzionamento; tuttavia il diretto e prin-cipale destinatario della regola che impone l’adozionedelle cautele e il costruttore, sicche non e imputabile allaresponsabilita del datore di lavoro un incidente verifica-tosi nonostante la perfetta corrispondenza del macchina-rio, come fornito dal costruttore, alle regole di preven-zione antinfortunistica secondo le prescrizioni di sicu-rezza delle norme comunitarie in materia (principio

affermato in relazione all’art. 77 D. P. R. n. 547 del 1955con riferimento ad un trapano a turbina al quale solodopo il verificarsi dell’incidente era stato aggiunto unmeccanismo a pedale come dispositivo di consenso per lasua messa in funzione)10).

Del resto, quanto al dovere di presenza costante deldatore di lavoro e dei soggetti a questi equiparati, la giu-risprudenza di legittimita ha applicato il principio se-condo il quale ad impossibilia nemo tenetur, «concretaesplicazione del principio generale di ragionevolezza e diesigibilita della prestazione. ... tale obbligo va inteso nelsenso che i soggetti tenuti debbono assicurare, piu che lapresenza fisica che non e in se necessariamente idonea agarantire la sicurezza dei lavoratori, la “gestione” oculatadei luoghi di lavoro mediante l’aver posto in essere tuttele misure imposte normativamente (informazione, forma-zione, attrezzature idonee e presidi di sicurezza), noncheogni altra misura idonea, per comune regola di prudenzae di diligenza, a garantire la sicurezza nei luoghi di lavo-ro»11).

Pare invece esatta l’asserzione presente nella pronunciain epigrafe secondo cui l’attivita posta in essere dal lavo-ratore, pur imprudente, deve ritenersi connessa e neces-sitata dall’esigenza produttiva specifica, con la conse-guenza che non si tratta di attivita abnorme, eccezionale eimprevedibile ai fini dell’interruzione del nesso causale.

Sul punto si e recentemente sottolineato che, siccomele norme di prevenzione antinfortunistica mirano a tute-lare il lavoratore anche in ordine a incidenti i quali pos-sono derivare da sua negligenza, imprudenza o imperizia,la responsabilita del datore di lavoro e, in generale, deldestinatario dell’obbligo di adottare le misure di preven-zione puo essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo inpresenza di un comportamento del lavoratore che pre-senti i caratteri dell’eccezionalita, dell’abnormita, del-l’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alleprecise direttive organizzative ricevute, che sia del tuttoimprevedibile o inopinabile. «Peraltro, in ogni caso, nel-l’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza oinidoneita delle misure di prevenzione, nessuna efficaciacausale, per escludere la responsabilita del datore di la-voro, puo essere attribuita al comportamento del lavora-tore infortunato, che abbia dato occasione all’evento,quando questo sia da ricondurre, comunque, alla man-canza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate,sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di sif-fatto comportamento»12).

Simone Ferrari

Cassazione penale, V Sezione, 9 novembre 2005(dep. 13 dicembre 2005), n. 2151 — Foscarini Pre-sidente — Vessichelli Relatore — Baglione P. M.(diff.). — Bernardi, ricorrente.

Abuso di ufficio — Falsita ideologica commessa dalpubblico ufficiale in atti pubblici — Rapporti —Sussidiarieta (C. p. artt. 323, 479).

7) Soprani, Sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, Milano,2001, 135.

8) Tacconi, Le responsabilita penali in materia di sicurezza sullavoro, Torino, 2003, 111.

9) Tacconi, Le responsabilita penali in materia di sicurezza sullavoro, cit., 112.

10) Cass., Sez. III, 14 marzo 1997, Barreri, in Cass. Pen., 1998,2463.

11) Cass., Sez. IV, 26 ottobre 2004, Storino, cit.12) Cass., Sez. IV, 14 gennaio 2005, Schifilliti, in Guida al Dir.,

2005, 24, 91; Id., Sez. IV, 3 novembre 2004, Volpi, ibid., 15, 100;App. Bologna, Sez. I, 13 gennaio 2004, ivi, 2004, 23, 97.

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