Siamo figli di tre migrazioni (e l'etnia dei Celti non esiste)

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DOMENICA 20 AGOSTO 2017 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 7 di GIUSEPPE REMUZZI Q uanti nel mondo di oggi vivo- no lontani dal Paese che li ha visti nascere? Sono 250 milioni ma nel 1960 non arrivavano a 80 milioni. E più si approfon- disce questo fenomeno più ci si rende conto che parole come «etnia» o « identi- tà nazionale» non hanno senso dal mo- mento che ciascuno di noi deriva da gente che ha lasciato le proprie terre per trasfe- rirsi altrove. Perciò quella che qualcuno considera la propria identità, altro non è che l’identità dei migranti di migliaia di anni fa che mettevano radici nelle aree che occupava- no e si accoppiavano con i discendenti di altri migranti arrivati prima di loro. Quasi tutti gli europei di oggi, tanto per fare un esempio, sono il risultato di tre grandi migrazioni, la prima risale a 19 mi- la-14 mila anni fa quando si ritirarono i ghiacci. Quei migranti venivano dalle re- gioni mediorientali che oggi chiamiamo Siria, Iran, Iraq, erano cacciatori-raccogli- tori e arrivati in Europa si sono mescolati con i discendenti di una migrazione pre- cedente. La seconda grande migrazione è più recente, si fa per dire, e risale a nove- mila anni fa; questi erano agricoltori del- l’Anatolia (Asia Minore) che arrivarono prima in Germania per poi raggiungere la Svezia e spingersi a Sud fino in Sardegna. Quei migranti avevano occhi e capelli scu- ri proprio come i sardi di oggi che, per l’appunto, hanno più Dna proveniente da- gli agricoltori dell’Asia Minore di chiun- que altro in Europa. Come lo sappiamo? Perché gli scienziati hanno imparato a estrarre il Dna dalle ossa di gente vissuta anche migliaia di anni fa e poi perché di- sponiamo di tecniche che consentono di analizzare isotopi radioattivi come stron- zio e ammonio che si rinvengono dalle os- sa ma anche dai denti. Insieme, queste tecniche ci hanno aiutato a capire come al mondo «etnie» relativamente pure non ce ne siano, con un’unica eccezione, quella Gli studi Lo scorso 19 maggio, sulla rivista «Science», è apparsa una ricerca di Elizabeth Culotta dal titolo People on the move (Persone in movimento). Lo studio rende conto delle migrazioni dell’uomo nel corso dei millenni (le tappe principali sono rappresentate nel grafico di questa pagina). La ricerca prende spunto dalla scoperta che, oggi, molte più persone rispetto al passato vivono al di fuori dei loro Paesi d’origine: sono circa 250 milioni, il 3% della popolazione mondiale. Uno studio di Mattias Jakobsson, genetista dell’Università di Uppsala, in Svezia, apparso sulla rivista accademica «Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA», sostiene, attraverso l’analisi di campioni di Dna, che le popolazioni basche hanno delle affinità con i gruppi di pastori Yamnaya che cinquemila anni fa migrarono dalle steppe del nord del Mar Nero fino all’Europa. Una ricerca di Eske Willerslev, paleogenetista dell’Università di Copenaghen, sostiene che quei migranti erano per la maggior parte maschi i dio sul Dna britannico, ha trovato poche differenze fra irlandesi e inglesi e il contri- buto del Dna arcaico degli spagnoli al ge- noma degli irlandesi è davvero trascurabi- le. Un’altra leggenda ha a che fare con l’ori- gine dei celti che gli irlandesi sono con- vinti di avere in comune con chi è vissuto in Scozia e Galles. In realtà’«celti» erano barbari per i Greci, non importa quali fos- sero le loro origini, ma oggi sappiamo che venivano dal Nord e che fin dall’età del bronzo si spinsero fino in Portogallo e in Turchia. Bodmer in questi anni ha studia- to più di duemila persone appartenenti a famiglie che, si sa per certo, avevano vis- suto nel Nord dell’Irlanda, in Scozia e in Galles, fin dall’Ottocento, senza muoversi mai. In base all’analisi del Dna è riuscito a suddividere queste persone in nove grup- pi non del tutto omogenei ma quanto me- no con certe affinità e si è subito reso con- to che in nessuno di questi «cluster» si potevano individuare tratti comuni. Gli antenati di coloro che si considerano «celti» avevano origini diverse, con affini- tà genetiche per tedeschi, francesi e belgi, arrivati dal Nord, che avevano messo radi- ci e sposato chi c’era lì. Ma allora la etnia celtica non c’è? Proprio così, è solo un’idea nata dalla cultura e dalla tradizione popo- lare, che però non ha niente a che vedere con quello che è successo davvero. Per non parlare degli anglo-sassoni che si dice fossero arrivati in Inghilterra dalla Germania attraversando l’Olanda per ster- minare gli indigeni britanni. È bastato studiare il Dna di resti ossei in un cimitero vicino a Cambridge per rendersi conto che anglo-sassoni e britanni vivevano in- sieme e hanno mescolato il loro Dna mol- to presto. Non basta: fino al 30% del Dna di gallesi e scozzesi (che si credono «celti- ci») viene dagli anglo-sassoni. E che dire di uno dei grandi misteri del- l’antichità, quello sull’origine dei filistei? Stando alla Bibbia questa gente, non cir- concisa, che mangiava carne di maiale e viveva a Canaan (la terra tra Tel Aviv e Ga- za) erano i più grandi nemici del popolo ebraico. Furono proprio i filistei a battere Sansone e filisteo era anche Golia, che fu vinto da Davide con la fionda. Dall’Antico Testamento in poi però dei filistei si per- dono le tracce, estinti forse, chissà? Oggi grazie agli studi con isotopi radioattivi sappiamo che i filistei erano probabil- mente pirati, dell’Anatolia, prendevano quello che c’era da prendere in vari porti dell’Europa e viaggiavano con quello che avevano rubato inclusi maiali e asini. Quando arrivarono a Canaan si mescola- rono con quelli che trovarono lì e non si estinsero affatto come invece vorrebbero i libri di storia. Questo vuol dire che ebrei d’Israele e musulmani di Palestina potreb- bero avere in comune molto più di quello che si pensa. Tanto è vero che studi recen- ti sul cromosoma Y di 120 fra ebrei ashke- nazi e sefarditi, e quasi 150 arabi di Israele e Palestina hanno documentato che il 70% degli ebrei e il 50% degli arabi avevano an- tenati comuni vissuti qualche migliaio di anni fa in Medio Oriente. Persino gli indigeni delle tribù della British Columbia in Canada, che vivono là da tempo immemorabile, non sono i di- scendenti diretti dei popoli che abitarono quelle terre fra 20 mila e 10 mila anni fa e che erano comunque migranti dall’Asia. Ci meravigliano, o ci fanno paura, le migrazioni ma di popoli che non vengano da fenomeni migratori al mondo non ce ne sono a parte gli aborigeni che discen- dono da antenati arrivati in Australia più di 40 mila anni fa. Oggi in Europa, in Ger- mania per esempio e in Italia, abbiamo migranti che vengono dalla Siria e dalle regioni più povere dell’Africa, e che fug- gono da fame e guerre, proprio come fa- rebbe chiunque di noi che fosse per av- ventura vissuto in quelle regioni di questi tempi. Un giorno molti di loro troveranno un lavoro, avranno figli che si sentiranno tedeschi o italiani; e chi dovesse studiare il Dna degli europei fra un bel po’ di anni ci troverebbe tracce delle migrazioni dei nostri tempi, come è sempre stato per mi- gliaia di anni e come sarà sempre fino a quando l’uomo continuerà ad abitare la terra. © RIPRODUZIONE RISERVATA Siamo figli di tre migrazioni (e l’etnia dei Celti non esiste) Indagini La scienza ce lo conferma costantemente: non ci sono «popoli puri». Non lo sono i baschi, né gli anglo-sassoni Forse lo sono solo gli aborigeni australiani. Discendiamo da spostamenti di popolazioni compiuti tra 19 mila e 5 mila anni fa Le migrazioni nel corso dei millenni Corriere della Sera Fuori dall’Africa Homo sapiens lascia l’Africa per la prima volta Gli antichi aborigeni Gli antenati degli aborigeni moderni migrano verso l’Australia I primi europei Homo sapiens si stabilisce in Europa Era glaciale I ghiacciai ricoprono l’emisfero settentrionale e spingono l’uomo verso Sud Nuovi insediamenti europei I cacciatori provenienti dal Medio Oriente ritornano in Nord Europa I primi americani Cacciatori originari dell’Asia migrano verso le Americhe L’invasione Yamnaya I mandriani Yamnaya migrano dalle Steppe pontico-caspiche verso Asia ed Europa Una rivoluzione culturale I protagonisti della cultura della ceramica cordata (periodo nel quale si ipotizza una prima espansione delle lingue indoeuropee) si diffondono in Europa Formazione filistea Popoli del mare provenienti da diversi porti si stabiliscono nell’attuale Israele e diffondono la cultura filistea Migrazioni celtiche I popoli di lingua celtica dell’Europa centrale migrano verso Gran Bretagna e Spagna Invasioni barbariche Tribù germaniche si muovono attraverso l’Europa, scontrandosi e mescolandosi con le popolazioni romanizzate Le migrazioni vichinghe I vichinghi sono protagonisti di incursioni attraverso l’Europa L’arrivo degli anglosassoni Angli, Sassoni e Iuti salpano verso la Gran Bretagna attraverso il Mare del Nord I primi contadini Agricoltori provenienti dall’Anatolia si spostano in Europa 60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000 oggi anni fa 1 1 2 2 3 4 3 4 Fonte: «Science», National Museum of Denmark, British Museum Il dibattito delle idee Copiano o comperano. Se l’articolazione del vo- stro pensiero sui cinesi contemporanei si muove tra questi due estremi, potrebbe essere il caso di studiare la parabola di Jack Ma, generosamente raccontata da Duncan Clarck (Alibaba, traduzio- ne di Ilaria Katerinov, prefazione di Guido Sante- vecchi, Hoepli, pp. 280, e 22,90). Che sa dire il fondatore di Alibaba? «Negli ultimi 15 anni ab- biamo cambiato la Cina, nei prossimi 15 speria- mo di cambiare il mondo intero». Attenzione. { Downtown di Stefano Righi Le vere magie di Alibaba degli aborigeni dell’Australia. Ma come la mettiamo con i baschi del Nord della Spa- gna che pensano da sempre di non avere niente a che fare con gli europei e di non essere stati contaminati da migrazioni? Fino a poco tempo fa in base ai reperti ar- cheologici disponibili sembrava che fosse davvero così, salvo che qualche mese fa un genetista di Uppsala, Mattias Jakobsson, ha scoperto che il Dna dei Baschi non è poi tanto diverso da quello degli altri eu- ropei, con influenze molto chiare delle popolazioni di pastori Yamnaya delle steppe del Nord del mar Nero che cinque- mila anni fa hanno lasciato il loro habitat per trasferirsi da noi (terza migrazione). Avevano buoi e pecore e sapevano ad- domesticare i cavalli, e la cosa più intri- gante — pubblicata poco tempo fa da un paleogenetista di Copenaghen, Eske Wil- lerslev — è che quei migranti erano quasi tutti maschi. Come si può immaginare quegli uomini sposarono le figlie degli agricoltori del luogo che poi venivano se- polte con i loro uomini; i ritrovamenti tombali hanno dato informazioni prezio- se su chi sono davvero gli europei (sappia- mo per esempio che l’altezza per molti di noi viene da geni degli Yamnaya, se non fosse per loro saremmo tutti di statura piu’ bassa). E ci hanno aiutato a risolvere persino il dilemma dei baschi che di Dna derivato dagli Yamnaya ne hanno meno degli altri europei, ma ne hanno anche lo- ro un bel po’ e questo è ormai fuori di- scussione. Fino a poco tempo fa erano le antiche leggende che contribuivano a formare il sentire comune sulle «etnie» : si racconta per esempio che gli irlandesi deriverebbe- ro da popoli provenienti dalla Spagna e a conferma di questa teoria si cita il caso de- gli «irlandesi neri» con capelli, occhi e cu- te scura che non avrebbero niente in co- mune con gli inglesi. È suggestivo, ma non è vero. Walter Bodmer, genetista di Oxford che ha coordinato un enorme stu- S S S di CARLO BORDONI C hissà se Phileas Fogg, il prota- gonista del Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, sarà stato felice di concludere il viaggio all’Accademia di Londra a mezzogior- no, vincendo la sua scommessa. Allo- ra in effetti l’importante era viaggia- re. Perché il viaggio è scoperta, avven- tura, rischio e una buona dose d’inco- scienza, ma è anche esperienza che arricchisce. La letteratura è piena di memorie di viaggio, da Sterne a Goethe; nel Grand Tour si formavano le classi dirigenti. Il viaggio, almeno uno nella vita, determinava il cambiamento: Darwin alle Galapagos maturò l’idea dell’evoluzione delle specie. Le memo- rie di viaggio terminavano, non senza qualche rimpianto, con l’arrivo a de- stinazione, quando non c’era più sto- ria. Oggi chi viaggia per diletto vede il tragitto come un’inutile perdita di tempo e cerca il mezzo più veloce per arrivare nei luoghi di vacanza. Il turi- sta, quasi l’opposto del viaggiatore, si muove senza guardarsi attorno, diret- to alla meta, sgomitando per raggiun- gerla. Invece per chi viaggia la meta è un pretesto necessario a giustificare la decisione di partire. Abbiamo ac- corciato le distanze, ridotto i tempi di percorrenza, ma forse ci siamo giocati il piacere di viaggiare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tesi IL TURISTA ODIA VIAGGIARE

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DOMENICA 20 AGOSTO 2017 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 7

di GIUSEPPE REMUZZI

Q uanti nel mondo di oggi vivo-no lontani dal Paese che li havisti nascere? Sono 250 milionima nel 1960 non arrivavano a80 milioni. E più si approfon-

disce questo fenomeno più ci si rendeconto che parole come «etnia» o « identi-tà nazionale» non hanno senso dal mo-mento che ciascuno di noi deriva da genteche ha lasciato le proprie terre per trasfe-rirsi altrove.

Perciò quella che qualcuno considera lapropria identità, altro non è che l’identitàdei migranti di migliaia di anni fa chemettevano radici nelle aree che occupava-no e si accoppiavano con i discendenti dialtri migranti arrivati prima di loro.

Quasi tutti gli europei di oggi, tanto perfare un esempio, sono il risultato di tregrandi migrazioni, la prima risale a 19 mi-la-14 mila anni fa quando si ritirarono i ghiacci. Quei migranti venivano dalle re-gioni mediorientali che oggi chiamiamoSiria, Iran, Iraq, erano cacciatori-raccogli-tori e arrivati in Europa si sono mescolaticon i discendenti di una migrazione pre-cedente. La seconda grande migrazione èpiù recente, si fa per dire, e risale a nove-mila anni fa; questi erano agricoltori del-l’Anatolia (Asia Minore) che arrivaronoprima in Germania per poi raggiungere laSvezia e spingersi a Sud fino in Sardegna.Quei migranti avevano occhi e capelli scu-ri proprio come i sardi di oggi che, perl’appunto, hanno più Dna proveniente da-gli agricoltori dell’Asia Minore di chiun-que altro in Europa. Come lo sappiamo?Perché gli scienziati hanno imparato aestrarre il Dna dalle ossa di gente vissutaanche migliaia di anni fa e poi perché di-sponiamo di tecniche che consentono dianalizzare isotopi radioattivi come stron-zio e ammonio che si rinvengono dalle os-sa ma anche dai denti. Insieme, questetecniche ci hanno aiutato a capire come almondo «etnie» relativamente pure non cene siano, con un’unica eccezione, quella

Gli studiLo scorso 19 maggio, sulla

rivista «Science», è apparsauna ricerca di Elizabeth

Culotta dal titolo People onthe move (Persone in

movimento). Lo studiorende conto delle migrazioni

dell’uomo nel corso deimillenni (le tappe principali

sono rappresentate nelgrafico di questa pagina). La

ricerca prende spunto dallascoperta che, oggi, molte più

persone rispetto al passatovivono al di fuori dei loro

Paesi d’origine: sono circa250 milioni, il 3% dellapopolazione mondiale.

Uno studio di MattiasJakobsson, genetista

dell’Università di Uppsala, inSvezia, apparso sulla rivista

accademica «Proceedings ofthe National Academy of

Sciences of the USA»,sostiene, attraverso l’analisi

di campioni di Dna, che lepopolazioni basche hanno

delle affinità con i gruppi dipastori Yamnaya che

cinquemila anni famigrarono dalle steppe del

nord del Mar Nero finoall’Europa. Una ricerca di

Eske Willerslev,paleogenetistadell’Università

di Copenaghen, sostieneche quei migranti erano

per la maggior parte maschi

i

dio sul Dna britannico, ha trovato pochedifferenze fra irlandesi e inglesi e il contri-buto del Dna arcaico degli spagnoli al ge-noma degli irlandesi è davvero trascurabi-le.

Un’altra leggenda ha a che fare con l’ori-gine dei celti che gli irlandesi sono con-vinti di avere in comune con chi è vissutoin Scozia e Galles. In realtà’«celti» erano barbari per i Greci, non importa quali fos-sero le loro origini, ma oggi sappiamo chevenivano dal Nord e che fin dall’età delbronzo si spinsero fino in Portogallo e inTurchia. Bodmer in questi anni ha studia-to più di duemila persone appartenenti afamiglie che, si sa per certo, avevano vis-suto nel Nord dell’Irlanda, in Scozia e inGalles, fin dall’Ottocento, senza muoversimai. In base all’analisi del Dna è riuscito asuddividere queste persone in nove grup-pi non del tutto omogenei ma quanto me-no con certe affinità e si è subito reso con-to che in nessuno di questi «cluster» sipotevano individuare tratti comuni. Gliantenati di coloro che si considerano«celti» avevano origini diverse, con affini-tà genetiche per tedeschi, francesi e belgi,arrivati dal Nord, che avevano messo radi-ci e sposato chi c’era lì. Ma allora la etniaceltica non c’è? Proprio così, è solo un’ideanata dalla cultura e dalla tradizione popo-lare, che però non ha niente a che vederecon quello che è successo davvero.

Per non parlare degli anglo-sassoni chesi dice fossero arrivati in Inghilterra dallaGermania attraversando l’Olanda per ster-minare gli indigeni britanni. È bastatostudiare il Dna di resti ossei in un cimiterovicino a Cambridge per rendersi conto che anglo-sassoni e britanni vivevano in-sieme e hanno mescolato il loro Dna mol-to presto. Non basta: fino al 30% del Dna digallesi e scozzesi (che si credono «celti-ci») viene dagli anglo-sassoni.

E che dire di uno dei grandi misteri del-l’antichità, quello sull’origine dei filistei?Stando alla Bibbia questa gente, non cir-concisa, che mangiava carne di maiale eviveva a Canaan (la terra tra Tel Aviv e Ga-za) erano i più grandi nemici del popoloebraico. Furono proprio i filistei a battereSansone e filisteo era anche Golia, che fuvinto da Davide con la fionda. Dall’AnticoTestamento in poi però dei filistei si per-dono le tracce, estinti forse, chissà? Oggigrazie agli studi con isotopi radioattivi sappiamo che i filistei erano probabil-mente pirati, dell’Anatolia, prendevanoquello che c’era da prendere in vari portidell’Europa e viaggiavano con quello cheavevano rubato inclusi maiali e asini.Quando arrivarono a Canaan si mescola-rono con quelli che trovarono lì e non siestinsero affatto come invece vorrebbero ilibri di storia. Questo vuol dire che ebreid’Israele e musulmani di Palestina potreb-bero avere in comune molto più di quelloche si pensa. Tanto è vero che studi recen-ti sul cromosoma Y di 120 fra ebrei ashke-nazi e sefarditi, e quasi 150 arabi di Israelee Palestina hanno documentato che il 70%degli ebrei e il 50% degli arabi avevano an-tenati comuni vissuti qualche migliaio dianni fa in Medio Oriente.

Persino gli indigeni delle tribù dellaBritish Columbia in Canada, che vivono làda tempo immemorabile, non sono i di-scendenti diretti dei popoli che abitaronoquelle terre fra 20 mila e 10 mila anni fa eche erano comunque migranti dall’Asia.

Ci meravigliano, o ci fanno paura, lemigrazioni ma di popoli che non venganoda fenomeni migratori al mondo non cene sono a parte gli aborigeni che discen-dono da antenati arrivati in Australia piùdi 40 mila anni fa. Oggi in Europa, in Ger-mania per esempio e in Italia, abbiamo migranti che vengono dalla Siria e dalleregioni più povere dell’Africa, e che fug-gono da fame e guerre, proprio come fa-rebbe chiunque di noi che fosse per av-ventura vissuto in quelle regioni di questitempi. Un giorno molti di loro troverannoun lavoro, avranno figli che si sentirannotedeschi o italiani; e chi dovesse studiareil Dna degli europei fra un bel po’ di annici troverebbe tracce delle migrazioni deinostri tempi, come è sempre stato per mi-gliaia di anni e come sarà sempre fino aquando l’uomo continuerà ad abitare laterra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Siamo figli di tre migrazioni(e l’etnia dei Celti non esiste)

Indagini La scienza ce lo conferma costantemente: non ci sono «popoli puri». Non lo sono i baschi, né gli anglo-sassoniForse lo sono solo gli aborigeni australiani. Discendiamo da spostamenti di popolazioni compiuti tra 19 mila e 5 mila anni fa

Le migrazioni nel corso dei millenni

Corriere della Sera

Fuori dall’AfricaHomo sapiens lascia l’Africa per la prima volta

Gli antichi aborigeniGli antenati degli aborigeni moderni migrano verso l’Australia

I primi europeiHomo sapiens si stabilisce in Europa

Era glacialeI ghiacciai ricoprono l’emisfero settentrionale e spingono l’uomo verso Sud

Nuovi insediamenti europeiI cacciatori provenienti dal Medio Oriente ritornano in Nord Europa

I primi americaniCacciatori originari dell’Asia migrano verso le Americhe

L’invasione YamnayaI mandriani Yamnaya migrano dalle Steppe pontico-caspiche verso Asia ed Europa

Una rivoluzione culturaleI protagonisti della cultura della ceramica cordata (periodo nel quale si ipotizza una prima espansione delle lingue indoeuropee) si diffondono in Europa

Formazione filisteaPopoli del mare provenienti da diversi porti si stabiliscono nell’attuale Israele e diffondono la cultura filistea

Migrazioni celticheI popoli di lingua celtica dell’Europa centrale migrano verso Gran Bretagna e Spagna

Invasioni barbaricheTribù germaniche si muovono attraverso l’Europa, scontrandosi e mescolandosi con le popolazioni romanizzate

Le migrazioni vichingheI vichinghi sono protagonisti di incursioni attraverso l’Europa

L’arrivo degli anglosassoniAngli, Sassoni e Iuti salpano verso la Gran Bretagna attraverso il Mare del Nord

I primi contadiniAgricoltori provenienti dall’Anatolia si spostano in Europa

60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000

5.000

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anni fa

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Fonte: «Science», National Museum of Denmark, British Museum

Il dibattito delle ideeCopiano o comperano. Se l’articolazione del vo-stro pensiero sui cinesi contemporanei si muove tra questi due estremi, potrebbe essere il caso di studiare la parabola di Jack Ma, generosamente raccontata da Duncan Clarck (Alibaba, traduzio-

ne di Ilaria Katerinov, prefazione di Guido Sante-vecchi, Hoepli, pp. 280, e 22,90). Che sa dire il fondatore di Alibaba? «Negli ultimi 15 anni ab-biamo cambiato la Cina, nei prossimi 15 speria-mo di cambiare il mondo intero». Attenzione.

{Downtowndi Stefano Righi

Le vere magie di Alibaba

degli aborigeni dell’Australia. Ma come lamettiamo con i baschi del Nord della Spa-gna che pensano da sempre di non avereniente a che fare con gli europei e di nonessere stati contaminati da migrazioni? Fino a poco tempo fa in base ai reperti ar-cheologici disponibili sembrava che fossedavvero così, salvo che qualche mese fa ungenetista di Uppsala, Mattias Jakobsson,ha scoperto che il Dna dei Baschi non èpoi tanto diverso da quello degli altri eu-ropei, con influenze molto chiare dellepopolazioni di pastori Yamnaya dellesteppe del Nord del mar Nero che cinque-mila anni fa hanno lasciato il loro habitatper trasferirsi da noi (terza migrazione).

Avevano buoi e pecore e sapevano ad-domesticare i cavalli, e la cosa più intri-gante — pubblicata poco tempo fa da unpaleogenetista di Copenaghen, Eske Wil-lerslev — è che quei migranti erano quasitutti maschi. Come si può immaginarequegli uomini sposarono le figlie degliagricoltori del luogo che poi venivano se-polte con i loro uomini; i ritrovamenti tombali hanno dato informazioni prezio-se su chi sono davvero gli europei (sappia-mo per esempio che l’altezza per molti dinoi viene da geni degli Yamnaya, se nonfosse per loro saremmo tutti di staturapiu’ bassa). E ci hanno aiutato a risolverepersino il dilemma dei baschi che di Dnaderivato dagli Yamnaya ne hanno menodegli altri europei, ma ne hanno anche lo-ro un bel po’ e questo è ormai fuori di-scussione.

Fino a poco tempo fa erano le anticheleggende che contribuivano a formare il sentire comune sulle «etnie» : si raccontaper esempio che gli irlandesi deriverebbe-ro da popoli provenienti dalla Spagna e aconferma di questa teoria si cita il caso de-gli «irlandesi neri» con capelli, occhi e cu-te scura che non avrebbero niente in co-mune con gli inglesi. È suggestivo, ma non è vero. Walter Bodmer, genetista diOxford che ha coordinato un enorme stu-

SSS

di CARLO BORDONI

C hissà se Phileas Fogg, il prota-gonista del Giro del mondo in80 giorni di Jules Verne, sarà

stato felice di concludere il viaggio all’Accademia di Londra a mezzogior-no, vincendo la sua scommessa. Allo-ra in effetti l’importante era viaggia-re. Perché il viaggio è scoperta, avven-tura, rischio e una buona dose d’inco-scienza, ma è anche esperienza che arricchisce.

La letteratura è piena di memorie di viaggio, da Sterne a Goethe; nel Grand Tour si formavano le classi dirigenti. Il viaggio, almeno uno nella vita, determinava il cambiamento: Darwin alle Galapagos maturò l’idea dell’evoluzione delle specie. Le memo-rie di viaggio terminavano, non senza qualche rimpianto, con l’arrivo a de-stinazione, quando non c’era più sto-ria.

Oggi chi viaggia per diletto vede iltragitto come un’inutile perdita di tempo e cerca il mezzo più veloce per arrivare nei luoghi di vacanza. Il turi-sta, quasi l’opposto del viaggiatore, si muove senza guardarsi attorno, diret-to alla meta, sgomitando per raggiun-gerla. Invece per chi viaggia la meta è un pretesto necessario a giustificare la decisione di partire. Abbiamo ac-corciato le distanze, ridotto i tempi di percorrenza, ma forse ci siamo giocati il piacere di viaggiare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

TesiIL TURISTAODIA VIAGGIARE