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Michele Augias SHERAZADE e il suo re SHARIYAR l’introvabile favola indiana riscritta dalla cultura occidentale Centro studi Nuovo Umanesimo Giovanna e Michele Augias Milano

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SHERAZADE e il suo re SHARIYARl’introvabile favola indiana riscritta dalla culturaoccidentale

Centro studiNuovo Umanesimo

Giovanna e Michele AugiasMilano

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SHERAZADE e il suo re SHARIYARl’introvabile favola indiana riscritta dalla culturaoccidentale

Centro studiNuovo Umanesimo

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IndicePreambolo storico-letterario..........................................pag. 7La favola guida: un re in depressione e

una pricipessa adolescente.................................pag. 9Sherazade e le sue mille novelle...................................pag. 11Il risveglio del re...........................................................pag. 19La millesima notte.........................................................pag. 23La mille e una notte.......................................................pag. 25

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Preambolo storico – letterario

La favola bella di Sherazade, che fa da cornice allemille novelle che lei racconta al suo re Shariyar, è statascritta in sanscrito ( ossia nella originaria lingua indiana) inuna serie di tavole di cui, sfortunatamente, si sono perse letraccie.

La favola è perciò indiana ma praticamentesconosciuta.

All’ assenza di queste tavole ha sopperito nei secoliuna tradizione orale, ma solo per alcune centinaia di novelle,raccolte prima dal mondo iranico e poi dal mondo arabo,ovviamente rimaneggiate e riadattate alle loro culture, bendiverse, come si sa, dalla cultura indiana.

Il Galland, un orientalista del ‘600, ne ha trovatetrcentocinquanta in versione araba e le ha tradotte infrancese. E’ l’unico nucleo sopravvissuto delle “Mille e unanotte”,anche se rimaneggiato dagli arabi.

Costoro hanno, a posteriori, prodotto racconti eromanzi a profusione che hanno aggiunto a quel nucleo mache, con quel nucleo, non hanno nulla a che vedere.

Questo per chiaramente specificare che noiconsideriamo “Mille e una notte” le trecentocinquantanovelle trasmessaci dal Galland, che sono poi le unichenovelle rimaste che scaturiscono dalla favola, che fà loro dacornice, di Sherazade.

Questa favola ci avvince profondamente, trannel’impostazione che gli arabi hanno voluto darle, che saràcertamente consona alla loro cultura ma incomprensibile e ,peggio, inaccettabile dalla nostra cultura occidentale.

Per questo vi presentiamo una libera interpretazione di

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questa favola, con un’impostazione, cioè, più consona allanostra civiltà occidentale e, pertanto, più idonea atrasmettere quei valori universali che da essa scaturiscono.

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La favola guida: un re in depressione e una pricipessa adolescente.

Il vecchio e potente re indiano Shariyar, scopertosiimprovvisamente ed al limite dell’incredulità tradito dallamoglie, che amava ed onorava profondamente, fu colpito dauna forma acuta di misoginia che lo prostrò riducendolo inuno stato impressionante di depressione fino all’ abulia.La sua insensibilità ad ogni richiamo femminile era totale.

Le vergini del palazzo si offrirono, notte dopo notte,nel tentativo di destargli almeno un pallido barlume diattenzione, ma egli neppure s’avvedeva della loro presenza.

I dignitari di corte, preoccupati da questo grave statodi salute, che si ripercuoteva negativamente sugli stessi affaridi Stato, convocarono i medici più esperti e i più accreditatisaggi del regno.Ognuno di costoro tentò il proprio metodo dicura ma senza apportare alcun giovamento tanto che tutti,rassegnati, dovettero desistere.

Sherazade, la figlia adolescente e bellissima del GranCiambellano di Corte, aveva notato che il re , pur immersonella sua abulia, era costantemente in stato di veglia. Edescogitò un piano, il cui scopo era quello di alleviarel’insonnia del re.

Sherazade, fin da ambina, era curiosissima di favole,che si faceva raccontare da tutti i saggi del Palazzo i quali, aloro volta, le avevano apprese dai saggi che li avevanopreceduti.Dotata anche di una fervida memoria, le ricordavatutte, ed erano infinite.Giunta all’adolescenza, le avevatrasformate in vere e proprie storie di intrighi e d’amore, siache fossero d’ambiente pricipesco che popolano, ponendoci,cioè, tutta la sua fantasia femminile, di cui l’adolescenza èricchissima. Ogni notte Sherazade avrebbe raccontato al re

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una di queste storie lasciandone però, in sospeso laconclusione per la notte successiva. Ogni notte avrebbeconcluso la storia della notte precedente e ne avrebbeiniziato un’altra da concludere la notte appresso e così via,notte dopo notte.Lo scopo era quello di alleviare l’insonniama diveniva anche un tentativo di ridestare nel re almeno unpizzico di curiosità. Quella curiosità di cui lei si era nutritada bambina e che, secondo lei, l’aveva fatta crescere finoall’adolescenza.Del resto, non è forse la curiosità il motoreprimo che muove l’infanzia verso l’adolescenza e questaverso la giovinezza? E perchè mai, allora, non potrebbedivenire linfa vitale per ogni essere umano?

Sherazade sottopose questo piano al padre e aidignitari di Corte che, pur non nascondendo un grandescetticismo ma privi com’erano, di qualsivoglia alternativa,accossentirono a quello che consideravano un puro esemplice esperimento che, anche se fallito, non avrebbe,quanto meno, arrecato alcun danno.

Così Sherazade fu introdotta, non appenasopraggiunse l’ombra della notte, nella grande camera doveil re, con lo sguardo completamente assente, stava distesonell’immenso letto. Il vecchio re pareva non essersi accortodella presenza della fanciulla, neppure quando lei cominciòa raccontare la sua prima novella.

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Sherazade e le sue mille novelle

Le novelle di Sherazade erano fiabe, come ho detto,trasformate in racconti ma, nel corso della narrazione, ella letrasformava ulteriormente adattandole all’atmosfera che leipercepiva o che voleva creare sul momento. Bastava unbattito di ciglia del vecchio re per inserire nel racconto inquello stesso momento, una sua nuova invenzione.Poi lenovelle era tutte diverse,ogni notte un racconto diverso daquello precedente. Così era per i protagonisti e, specialmenteper le protagoniste. Perchè, bisogna dirlo subito, la donna, intutti i suoi infiniti aspetti, è la vera protagonista delle millenovelle di Sherazade. Non c’era una donna di un raccontoche assomigliasse a quella di un’altro racconto. “Non esistedonna uguale ad un’altra.Gli uomini che pensano le donnetutte uguali sono affetti da una malattia incurabile”. Questodiceva Sherazade ed aggiungeva “Tutte le donne hanno unfine secondo, ma anche questo varia di donna in donna. Unfine secondo che non vogliono svelare nè vogliono vengascoperto. Vogliono però che venga appagato perchè è la cosapiù importante per ogni donna, più di ogni forma di erotismoche è soltanto conseguente a quella.E qui sta il segreto deltradimento. Una donna appagata nel suo fine secondo non haalcuna ragione di tradire. Se lo fa, ha una malattia incurabilecome quella degli uomini che considerano uguali tutte ledonne”. Inoltre le novelle erano intrise di erotismo ma, anchequi, ogni forma di erotismo variava di novella in novella.Non solo, ma, col passar delle notti e secondo l’atmosferadel momento, diveniva sempre più cmplessa, intrigante,raffinata. Ed anche se espressa con immenso candore,

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lentamente, quasi sottilmente, andava gradualmente, mainevitabilmente, progredendo.

Ed ecco il gioco del labbro inferioreI volti rovesciatil’uno sull’altroogni amante suggecontemporaneamenteil labbro inferiore dell’altro

Non potendosi vedereil desiderio si chiude nel pensieroL’istinto diviene un fatto meccanicodella lingua che umettadi continuo e senza posale labbra di ognunoIl labbro inferiorecosì alimentatodiventa turgidodi sangue procurando un doloresempre crescenteinsopportabilefino ad esploderein uno spasimo di piacerefacendo cadere gli amantiriversi ed esausti.

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“Tutte le donne vogliono essere deflorate, ma ognunaa modo suo. E ciò dipende dal fine secondo cheperseguono.Il modo è conseguente a questo fine che dà alladonna volontà , passione e i mezzi per esprimerlo.”

“La donna poggiava i piedisui fianchi del fanciulloed inarcando le ginocchia lentamentemolto lentamentelo attraeva a sèper accrescergli il desideriofino allo spasimoaccostarlo dolcemente al cespuglioirrorato di linfae inondandolo di essalo aiutò a deflorarlaPerchè la donna volevaessere defloratae tutto aveva preparatoogni movimento ogni attimoperchè ciò avvenissesenza doloreed anche nell’intenzionecon piacereCon lo stesso piacerech’era riuscita a dare al fanciullosucchiandolo spremendolo e finendolodentro di sèe quasi facendogli esalarein un lamento straziantel’ultimo respiroE tanto aveva sognato

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la donna quel piacereil lamento e l’esalante respiroche le sue gambe si stesero inertied inerte sentì mugolandoil proprio corposotto il corpo anch’essodisperatamente inertedel fanciullo”

“Ogni donna è maestra di erotismo.E’ nella suanatura, ossia nel carattere di femmina che acquisisce nellaprima infanzia, non nella sua educazione , nè nella suaesperienza.Non c’è da meravigliarsi se una vergine descrivei mille particolari del piacere senza averne esperienza.Anzi se la sua educazione è intrisa di falsi pregiudizireligiosi e moralistici, diverrebbe un oggetto passivo einutile, senza futuro.Inoltre una tarda reazione a tale errataeducazione sarebbe ancor peggiore.La porterebbe adesperienze di perversione con un totale vuoto finale.Labimba va lasciata crescere nella sua natura di femmina ediverra d’istinto maestra d’erotismo. E’ lei che eccita ilmaschio, ma specialmente è lei che sa alimentare econservare a lungo questa eccitazione. Ne è costretta dallasua natura se non vuole, lei stessa, restare inappagata, maspecialmente perchè il maschio abbia un completoappagamento al fine di legarlo a sè piu fortemente. Sempreche sia quello il maschio che può appagare il suo finesecondo.”

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“Il nero cespuglio di riccioli di setaaccarezzava i bordidi una sorgente color della rosache zampillava nettare irrorandoloE tanto zampillavaquella fonte rosatache la donna volle il fanciullo a beretutto quel nettareche saliva senza posainterminabilmentefino all’ ebbrezzaE tanto zampillava quella fontech’ ella stessa giunse all’ebbrezzae senza smettere di dare la sua linfaa quella bocca sempre più assetatavolle del fanciullo fare un’altra fonteper la propria seteche ormai tutta l’ardevaE tutto fece e osòcon la forza delle labbra tumidee col profondo inesausto della boccache anche quella fonte zampillòed ella bevve quel nettarel’avidità ormai senza ritegnole mani a mo’ di caliceperchè nessuna goccia andasse persa e gli occhi strabuzzatidi desiderio quasi al deliquio”

“Tutte le donne hanno bisogno di un uomo più di quantogli uomini non abbiano bisogno di una donna. Perchè è solol’uomo, o meglio un uomo, che può appagare il fine secondodella donna. Questa è la molla che induce la donna a dispiegare

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tutto il suo potere erotico.E la ricerca, spesso affannosa,di untal uomo è volta unicamente a tale scopo. E l’erotismo è il suostrumento.Infatti, per la donna, non è mai fine a se stesso. E’ lostrumento più potente di cui dispone, ma per raggiungere ilfine secondo che ha sempre perseguito. Non sarà mail’erotismo causa di tradimento, ma sempre il fine secondo nonraggiunto.”

“Il turgore del senofaceva impazzire la donnadi doloreIl desiderio del fanciullole vene gonfie e blu che premevanosulla vetta rossa di sangueche la voleva disperatamentela sconvolseI capezzoli pareva volessero staccarsidal seno che gonfiandosi premeva dal di dentrocon tutta la forza del desiderioE la donna volevala bocca del fanciulloquasi a strapparlequei capezzoli dolorosimentre il cespuglioirrorato a dismisuraavvolgeva di linfa bollenteil turgore rosso e inesaustodel fanciullo”

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Queste cose Sherazade faceva scaturire a piccole dosidai racconti, notte dopo notte, in un crescendo lento egraduale, spingendo anche, di tanto in tanto, le sueprotagoniste fino all’erotismo più acceso, che solo candore,spontaneità e innocenza di una vergine potevano permettersidi descrivere senza suscitare riluttanza e fastidio, più checomprensibili nel re, data la sua condizione.

Sherazade spesso non conclude. Lascia in sospesocerte situazioni, anche se allo spasimo, per riservarne laconclusione ad altre donne di altre novelle giunte a quellostesso punto, ma da manifestazioni completamente diverse.

“Con la lingua aveva inondatole labbra del fanciullosucchiandole poi fino a sentireil sapore del sangue”

E’ inimmaginibile l’infinita varietà di situazionierotiche, che notte dopo notte, Sherazade, o, meglio, comelei ha sempre affermato, la natura femminile, conspontaneità innocenza e candore,riesce invece adimmaginare. Ma le infinite variazioni, non sono altro, perSherazade, che l’infinita varietà delle passioni.Lo stesso avviene nella narrazione degli intrighi e deibozzetti di vita, principeschi o popolani che siano. Sempre èla passione a condurre il gioco sottile dell’esistenza.

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“Capezzoli di donnae membri di fanciulliduri come la pietracespugli di donnairrorati da ruscellisempre straripantiL’amore è un fuoco di passioni.”

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Il risveglio del re

Così tante notti erano passate, ma così tante che Sherazade,nonostante la sua caparbia determinazione, cominciò adavvertire qualche segno di stanchezza.

Fino a che qualcosa di indefinibile ridiede vigore alle suesperanze ed alla volontà di perseverare all’impresa.Fu unasensazione tutta femminile, affatto avvalorata da alcunchè diconcreto, che qualcosa, nello sguardo completamente assentedel re, si fosse mossa.Qualcosa che non poteva affermare diavere visto, e neppure quanto meno intravisto, ma che potevaaffermare di avere percepito. Poteva, ad es.,essere stato unripetuto battito di ciglia, che talmente fuggevole, non si eramanifestato ai suoi occhi ma che lei aveva avvertito comeavvenuto.Ebbe, cioè, distinto, la sensazione, che una dellecorde, che immobilizzavano il re nella sua depressione, si fossed’incanto spezzata. Ella si sentiva sicura di ciò perchè ne avevaprovato emozione, che, come si sa,è una vera e propriatrasformazione del mondo.Sherazade provava dentro di sè unagrande esultanza, ma guai a lei se l’avesse manifestata. Se uninizio di rianimazione fosse realmente avvenuto nel re,occorreva che ciò seguisse un suo libero corso naturale, nondisturbato da alcunchè proveniente dall’esterno. In effettiSherazade, pur ammesso che la sensazione rispondesse allarealtà, non poteva in nessun caso immaginare quale specificointeresse avesse provocato nel re quella piccola e quasiimpercettibile scossa.Il fatto che la sensazione di Sherazade non era affatto errata .L’istinto e la sensibiltà non avevano tradito la fanciulla.Effettivamente il re aveva avuto, quasi d’improvviso, qualcosache si avvicinava a un flebile sussurro, un principio di

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risveglio. Ma non per le storie che, con tanta passione epartecipazione, Sherazade raccontava.In tutte quelle centinaia e centinaia e centinaia di notti quasinon aveva neppure percepito quei racconti. Vagamente glirisuonava, come una eco lontana, la diversità delle donne, delloro erotismo e di quello strano fine secondo che tale dicersitàe tale erotismo determinavano. Ma non più di tanto, perchè nontali concetti avevano mosso in lui qualcosa. La depressionepuò essere equiparata ad una passione, in quanto entrambefanno soffrire e in quanto entrambe non si possono superarespiegandole.Le passioni possono essere soltanto vissute ed èvano, per superarle ricercane le cause. Le passioni finisconosoltanto quando sopravvengono nuove passioni.

Così avvenne che non la novità di quei concetti, con cuiavrebbe potuto capire, ma invano, la sua vicenda umana, maqualcosa di totalmente nuovo, completamente estraneo alla suasofferta storia personale, aveva determinato in lui quel barlumedi attenzione mentale che neppure aveva concretamentemanifestato ma che solo dentro di lui aveva a pena cominciatoa muoversi e che soltanto un acuto istinto di femmina,crogiolato dall’ansia d’ impossibile di quell’impresa, qualequello di Sherazade, poteva, sia pur vagamente, avvertire. Lacosa nuova, infatti, per il re, era Sherazade o, meglio, l’enigmaSherazade.

Che cosa spingeva una fanciulla a tanto interminabilesacrificio? Quale la sua diversità, il suo erotismo, il suo finesecondo, visto che su queste cose Sherazade avevacostantemente insistito? E qui il cervello del re avevaincominciato, anche se a piccoli sprazzi, a funzionare,suscitando in lui, lentamente, non certo un interesse, l’inizio diuna curiosità nei riguardi di Sherazade. E aveva cominciato aguardarla ed anche a ricordare le continue mutazioni che lafanciulla aveva subito nel corso di quelle innumerevoli notti eche, pur senza alcun interesse da parte sua, gli erano però

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passate davanti.Mille notti significavano quasi tre anni e si

Trattava di quei tre anni che avevano lentamente trasformatoun’adolescente in una donna. Ricordavai neri capezzoli diSherazade come piccoli bottoni applicati su un seno graziosoma acerbo. Nel corso del tempo aveva visto quel senomaturare, rassodarsi e inturgidirsi facendo ergere i capezzolidapprima timidamente poi fino allo spasimo quando il grado dieccitazione, che la fanciulla provava nel corso del racconto cui,per renderlo, partecipava passionalmente, raggiungeval’apice.Ricordava i suoi fianchi rassodarsi e prendere formesempre piuù rotonde e rassodarsi a tal punto da acquisire laforza e al durezza di una femmina matura. Ricordava le agilicosce tornirsi fino a toccarsi al loro interno in perfetta armoniacon la rotondità delle anche.Ricordava, da un tenero praticellodorato, il sorgere e l’estendersi in mezzo alle coscie d’unrigoglioso cespuglio nero e riccioluto solcato da un piccoloruscello color di rosa e ricordava la candida innocenza diSherazade, incurante di velare quel fiore della sua primavera,con grazia e vanità tutte femminili, lo accarezzava e lopettinava in modo da rendere piacevole allo sguardo lafreschezza rosata di quel ruscelletto.Era anche capitato al re,quando il racconto coinvolgeva Sherazade fino allo spasimo,di vedere come l’esile ruscello irrorava il rigolgioso cespugliofacendogli luccicare i riccioli, quasi una rugiada.Ora, sacrificioed erotismo affatto simulati che aggancio potevano avere colmistero insondabile del tanto ripetuto fine secondo delledonne? Ossia, quale il fine secondo di Sherazade?

Tanto questo, nel volger del tempo, aveva sempre piùarrovellato i pensieri del re che la depressione era andatalentamente scemando sin quasi a scomparire lasciando il postoa un sempre maggiore interesse per Sherazade. Era vero.Unapassione può essere superata da un’altra passione, diversa etutta nuova . Ma che poteva volere, Sherazade, più di quanto

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già non avesse? L’avesse anche fatta regina, non avrebbe avutopiù agi di quanti già non avesse. Anzi una regina, legate perdovere regale a un protocollo, non avrebbe potuto avere tuttala sua libertà. Sherazade con la sua grazia aveva conquistatotutta la corte. Era amata da tutti. I vecchi se la contendevano ela viziavano come una bimba inondandola di doni. I fanciullispasimavano per lei e lecompagne non desideravano altre che la sua compagnia. Ora,poi,che aveva sacrificato al re gli anni più belli della suaadolescenza, era diventata un idolo.Un idolo misterioso einsondabile cui più nulla poteva essere negato.Era più che una regina e il re era sull’orlo di un crollo, ma insenso opposto a quello che anni prima l’aveva distrutto. Ma siricordò degli insegnamenti che i racconti di Sherazade nonavevamo mai risparmiato.Non chiedere mai a una donnaqual’è il suo fine secondo e non rivelare mai di averlo capitose ciò ti accadesse. Lei fuggirà e la perderai.Poteva, questo si,chiederla in sposa sapendo però che la ragazza per dovere diCorte, non poteva rifiutarsi al suo re anche se questi non lerisultasse gradito. E questo il re non voleva specie di fronte adun a fanciulla cui doveva infinita riconoscenza. Poteva anchechiederle “ Dimmi quello che vuoi e l’avrai perchè tu lo meriti.Considera il tuo re a tua disposizione”. Ma che mai potevadesiderare che già non avesse ? Il re si sentiva ridotto a talpunto da non sentirsi neppure re.Non restava che lasciare lecose al loro ordine naturale. Toccava a Sherazade, e solo a lei,se lo avesse voluto, sbloccare la situazione. E Sherazade lasbloccò.

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La millesima notte

La millesima notte Sherazade entrò nella camera del re inmodo da lasciarlo, quanto meno, sbigottito.Aveva un abitocome si suol dire castigato e un attegiamento oltremodo serio.E cominciò a raccontare una storia strana,inusuale, che di tuttoparlava, tranne che d’amore. Disse anche che la storia non erastata raccontata da nessuno, ma che l’aveva sognata. Parlava didonne brutte, altre malate, di case malamente rappezzate allamercè delle intemperie, di strade che non eran strade ma vicoliaccidentati e pericolosi, di morìa degli animali e di aridità dellaterra perchè i fiumi erano lontani, di un pugno di riso e di unaciotola di thè come doni, ma molto rari, degli dei.Il reascoltava, sempre sbigottito, questa storia. Certamente sitrattava di un sogno, di un brutto sogno, perchè di tali cose ilre, chiuso tutta la vita nel suo palazzo tra i suoi dignitari, nonaveva mai sentito menzione.In ogni caso non avrebbe maipotuto credere che cose del genere potessero esistere su questaTerra sotto il Cielo degli Dei.

“E’ vero”,disse Sherazade, “anch’io non penso che questecose possano esistere. Ma io le ho sognate e non capisco ilsogno, che, invece, vorrei capire.Per me è come un incubo chevorrei togliermi dalla mente, è come un peso che vorreitogliermi dal cuore. Per questo mi permetto se possibile, dichiederti un favore e prego la tua generosità, che so esseregrande, di concedermelo”.

Il re, da allibito, divenne improvvisamente, e a dir poco ,raggiante. Finalmente esisteva qualcosa da poter dare a quellaragazza, cui tanto doveva, e che lei stessa desiderava.Di ciòbisognava, senz’altro e che con i dovuti riti ringraziare gli dei.

“Ma certo, mia cara, non hai che da chiedere e sarai esaudita.Io saò felice di concederti un favore più di quanto tu nel

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riceverlo. Ti ascolto.”“Io vorrei che domattina tu mi accompagnassi, ed io ne sarò

molto onorata, in un villaggio, uno qualsiasi, del tup regno.Considerala una passeggiata fra campi, ruscelli e montagneche io desidero fare col mio re.Io sarò la tua damigella e saròlieta, se me lo permetterai , di appoggiarmi, quando lodesidero, al tuo braccio.”

Il re non sapeva più contenersi per l’emozione che gli davaquella gioia.

“Ora vai a riposarti e cerca di svegliarti all’alba. Provvedo io,e immediatamente, a tutto.Domattina verrò io a prenderti nellatua camera, più presto possibile. Ti assicuro che non vedol’ora.”

All’alba Sherazade era già pronta in abito da viaggio, inpiedi, nella sua camera, pallida, molto pallida.Il re apparvequasi subito e lei gli si precipitò ai piedi baciandogli le maniche inondava di lacrime.

“Ti adoro, mio re, ti adoro.Tu stai facendo di me la donnapiù felice del mondo”.

Sherazade piangeva. Di gioia, ma piangeva.Due ampiepoltrone allogate sul dorso dell’elefante reale resero loro ilviaggio meno aspro.Lungo gli impervi sentieri schiere dicavalieri fungevano da battistrada, ed altri a ridosso da scorta.Ela coppia si avvio verso un villaggio.

Non era un sogno.Le cose del racconto erano vere e il re neebbe profondo turbamento.Il ritorno fu triste e silenzioso. Quando una volta il re accennòuna parola, Sherazade gli strinse forte una mano e gli fecesegno di tacere.

“Ne parleremo stanotte. Perchè questa saeà la mia ultimanotte,sarà la mia notte. E tutto si chiarirà.”

E baciando la mano che stringeva, concluse “Perchè io tiadoro, mio re, ti adoro.”

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La mille e una notte

La mille e una notte fu la notte di Sherazade. Apparve in unlungo abito di seta cinese aperto davanti e chiuso alla vita dauna leggera cintura dorata.Il re, un po’ stanco e triste, stava nel suo letto con uncamicione, anche un po’ sgualcito ma adeguato, certo pernoncuranza, ai pensieri in cui era assorto. “Ti ho mentito, mio re, e per questo hai il diritto di cacciarmidal palazzo.Non era un sogno.Io conoscevo quel villaggio finda bambina e son cresciuta fra lussi ed agi arrovelandomi ilcervello sul come porre rimedio a tanta sofferenza che offendeil genere umano e i suoi dei.Quando ho saputo che il mio reaveva bisogno, ho considerato l’occasione come un segnodegli dei e mi sono offerta. Per me non è stato un sacrificioperchè non esiste sacrificio sufficiente a pagare il dolore delmondo. Per me non è stato un sacrificio perchè sapevo che ilre, che assistevo, aveva conosciuto il dolore.E solo un re cheha sofferto può capire le sofferenze dei sudditi e tentare diporvi rimedio. Altrimenti, che senso avrebbe il potere? Forsequello di procurare lussi e agi ad una moglie che, di fronte atanta vanità, non potrà che essere fedifraga? Qualunquemoglie, senza ideali forti, sarà sempre fedifraga. Non le restaaltro.O non forse di porsi come fine quello di alleviare le penedell’umanità?E se marito e moglie si pongono entrambi questo grande fine,anche il loro amore sarà grande come il fine comune cheperseguono.Amore e potere devono sempre avere un fine cheli trascenda, altrimenti non saranno che passioni cheinevitabilmente si esauriscono e spesso finiscono nellosquallore del tradimento.Ed è per evitare a te e a me qusto pericolo, sempre incombente,

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che ti ho mentito.Io dovevo indurre il tuo dolore a conoscere ildolore degli altri affinchè tu potessi dare un grande fine al tuopotere e solo a questa condizione io avrei potuto dare ungrande fine al mio amore per te.Questo, mio re, è il fine secondo di Sherazade. Un grande finecomune per il tuo potere e per il mio amore.Altrimenti non ti resta che cacciarmi dal palazzo per avertimentito ed io me ne andrò al villaggio, misera tra imiseri.Oppure mi potrai costringere a sposarti, perchè è nelletue prerogative di re, ma io fin d’ora ti assicuro che ti tradiròcon tutti i bellissimi fanciulli del palazzo, che non ambisconoaltro ed anche se la cosa mi ripugna. E tu ricadrai nellamisoginia e nella depressione senza però puù una Sherazadeche ti venga in aiuto. Ben squallida sarà per entrambi la fine.Ed ora tocca a te parlare e decidere.”

Il re, accovacciato su un fianco, aveva ascoltatoattentamente, molto attentamente. Si rivoltò supino e si poseseduto, un guanciale dietro la schiena e le gambe incrociatesotto il lungo camicione sgualcito.“Ora siediti perchè anche tu, come me, sarai stanca ecertamente scossa.Ed ascoltami.Io non ti costringerò mai a sposarmi. L’avevo già escluso datempo. Una tale pretesa nei tuoi riguardi sarebbe un’infamia.Dopo quanto hai fatto per salvarmi, non avrei più rispetto dime.Perciò tranquillizzati.Secondo.Neppure mi sogno di cacciarti dal palazzo. La tuabugia aveva un fine nobile. E’ servita ad aprirmi gli occhi, unavolta per tutte.E ti assicuro e ti prometto che, d’ora in avanti, ilmio potere perseguirà il fine che hai espresso e che desideri. Tivedo gli occhi luccicare di felicità ma, fermati, non ti illuderetroppo. Anch’io ti ho detto una piccola bugia. Non è vero cheio proprio non sapessi nulla di quanto mi ruota attorno, fuori diqui.Qualcosa nel palazzo trapela sempre ed ho anche inviatoqualche osservatore. Ma i miei dignitari hanno una particolare

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predilizione per gli struzzi ed io spesso,anche se mal volentieri,sono costretto a tenerne conto.Perchè, vedi, non solo qui ma nel mondo intero, il potereassoluto non esiste, anche quando lo si dichiara per volontàdegli dei.Il potere è sempre frammentato ed è sempre in baliadi un difficile gioco d’equilibri.Io, più che il potere, sono ilsimbolo del potere, a tutti gradito perchè a tutti facomodo.Spesso la conclusione è che non si fà mai nulla.Ed èquello che specie i piccoli poteri vogliono e, coalizzandosi,riescono ad ottenere. Altre volte i poteri più forti sonoaddirittura occulti perchè, in tutta segretezza, possono meglioamministrare le ricchezze o le coscienze. E quando cadono,perchè anche loro cadono, nessuno se ne accorge. Ma, non tipreoccupare c’è sempre qualcun altro, in agguato,pronto arimpiazzarli.Con questo, ora, non ti demoralizzare, non è detto che non sipossa fare nulla. Ma occorerà lottare, come si conviene perogni scopo che si voglia a tutti costi perseguire, e lottaremolto.Ed io ti prometto di agire in modo tale da raggiungerequalche risultato. Anzi, poichè la passione è l’arma più potenteper raggiungere uno scopo e tu di passione, ne hai da vendere,ti associo in questa impresa e ti nomino, qusto te lo possochiedere, mia consigliera personale.Così potrai personalmenteperseguire il nobile fine che hai sempre desiderato perseguireconservando, nel contempo, la tua piena libertà, anche quelladi sposare il bellissimo fanciullo che deciderai di scegliere.Credo che questa conclusione ti possa far piacere e tu ne possaessere contenta.”

Il re pensava di aver trovato la più nobile delle soluzioni dicui Sherazade poteva andare ad un tempo, orgogliosa efelice.Invece, con sua grande meraviglia, vide la fanciullascattare in piedi come una belva ferita ed esclamare:“E no.Non sono affatto contenta.”“Ma perchè?”

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“Ma perchè ti amo. Ti amo di un amore che ha per fine quelloche solo tu puoi darmi.Solo con te ha un senso il mio amore.Che senso avrebbe un fine secondo senza un amore che lopersegue? Se, ottenuto da te il fine secondo, dovessi dare il mioamore ad un altro, dovrei inventarmi un altro fine secondo pernon ridurre quell’amore a passione passeggera o ad inganno. Epoi, dopo una vita che perseguo un fine ed a cui ho legato ilmio amore che altro fine dovrei perseguire?Non saprei neppureche cosa inventarmi. Se ti ho dato tre anni della mia giovinezzaper poter perseguire un fine che solo tu puoi darmi, significache quel fine è sempre stato il senso del mio amore e che il mioamore non può essere che per te. E se tu stesso sei giunto acondividere il mio fine ponendolo in cima al tuo potere esapendo che esso è legato al mio amore, a chi dovresti dare iltuo amore se non a me? Impossibile disgiungere amore epotere dal fine che li trascende, pena il loro inevitabile degradonello squallore dell’inganno. Io non posso che amare te e tu,sei hai deciso di dare al tuo potere il fine del mio amore, nonpotrai che amare me.”

Sherazade si inginocchio quasi piangente.“Io ti adoro, mio re.Che altro potrebbe far una donna perdimostrartelo? Dimmelo e lo farò.”

Il re non sapeva se era felice o sgomento. Ebbe uno scatto esaltò dal letto. I piedi scalzi sotto il lungo camicione, calvocanuto e vecchi, le braccia penzoloni disse:“E tu saresti disposta a dare lo splendore della tua giovinezzaed oltretutto con infinito amore, a un tale cascame di uomo? Tunon potresti essere che pazza.”

Sherazade si alzò in piedi raggiante. Pareva aver conquistatola sua metà del cielo.“Certo che sono pazza. Chi ti ha dato ininterrotamente ,nottedopo notte gli ultimi tre anni della sua adoloscenza, che altropuò essere se non pazza? Ma questa mia pazzìa ti ha ridato lasaggezza che la depressione ti aveva fatto perdere. E quale

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miglior connubio della saggezza con la giovinezza, che sempreavran bisogno l’una dell’altra se si vuole che il mondo vadaavanti?I grandi ideali, che sovrastano l’amore come il potere,non hanno età.Saggezza e giovinezza sono fiori della vita efelice chi avrà la pazzìa di farne un unico fiore.”

Sherazade corse verso il re e gli si gettò ai piedi baciandogliripetutamente le mani.“Scalzo e in camicione, vecchio canuto e calvo, i tuoi idealihanno piegato il tempo ed io ti amo di infinito amore perchè soche di immenso amore anche tu mi ami. Ed io ti renderò feliceperchè so che anche tu non farai altro che renderni felice.”

Poi Sherazade si alzò, si scolse la cintura, lasciò scivolarel’abito a terra ed apparve, splendente in una veste di pizzo dailarghi trafori da cui trasparivano nude le meraviglie della suabellezza.“Ora chiama i suonatori di flauto e il coro perchè volgiodanzare con te.E le danzatrici e i danzatori che ci faccianocorona.”

E, mentre danzava stringendo le mani del re, disse:“ Ed ora chiama i dignitar, che ci vedano danzare, così comesiamo in grande libertà ed annuncia il grande evento.Sherazade ha trovato il suo re ed il re la sua regina.”

I dignitari accorsi guardavano allibiti quella coppia alquantostrana volteggiare senza freni, i capezzoli al vento già erti edurissimi e, di tratto in tratto , un cespuglietto nero che andavairrorandosi di linfa quasi rugiada.

Fuori l’alba arrosava i tetti del palazzo e, penetrando leggeradalle grandi finestre, aveva inondato di rosa, come d’incanto,anche la grande stanza, dando ai volti raggianti e sorpresi diuomini e donne, accorsi allo spettacolo, una luce evanescentee surreale.

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Finito di digitare in PDFda Angelica Necchi

nel mese di ottobre 2004