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1 I DOCUMENTI PRIMITIVI Sguardo d’insieme e tradizione manoscritta FONTI: Le origini cistercensi. Documenti, a cura di C. Stercal e M. Fioroni, Jaca Book, Milano 2004 I PADRI CISTERCENSI, Una medesima carità, Edizioni Qiqajon-Comunità di Bose, Magnano (BI) 1996 Exordium, dispense nn. 3-5 Sguardo d’insieme Exordium Parvum (Piccolo Esordio) EP Exordium Cistercii (Esordio di Citeaux) EC Carta Caritatis (Carta di carità) nelle 2 Versioni : Prior (CC1) e Posterior (CC2) Statuti Instituta Capitula Testi narrativi + Costituzioni + Osservanze/Usi = COLLEZIONE GIURIDICA Queste tre tipi di testi devono essere considerate insieme e come aventi lo stesso fine in quanto redatti per fornire le basi di un’identità giuridica esposizione storica costituzioni osservanze La legislazione particolare di molti Ordini continua a seguire una sequenza di questo genere TESTI NARRATIVI rievocano le circostanze della fondazione e le tappe del suo sviluppo; forniscono anche indicazioni sui principale protagonisti COSTITUZIONI definiscono le strutture che governano le relazioni all’interno dell’Ordine e fra la casa fondatrice e le case figlie OSSERVANZE - USI mettono in evidenza ciò che è proprio dello stile di vita cistercense

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I DOCUMENTI PRIMITIVI Sguardo d’insieme

e tradizione manoscritta

FONTI:

Le origini cistercensi. Documenti, a cura di C. Stercal e M. Fioroni, Jaca Book, Milano 2004

I PADRI CISTERCENSI, Una medesima carità, Edizioni Qiqajon-Comunità di Bose, Magnano (BI)

1996

Exordium, dispense nn. 3-5

Sguardo d’insieme

Exordium Parvum (Piccolo Esordio) – EP

Exordium Cistercii (Esordio di Citeaux) – EC

Carta Caritatis (Carta di carità) nelle 2

Versioni : Prior (CC1) e Posterior (CC2)

Statuti – Instituta – Capitula

Testi narrativi + Costituzioni + Osservanze/Usi

= COLLEZIONE GIURIDICA Queste tre tipi di testi devono essere considerate insieme e come aventi lo stesso fine

in quanto redatti per fornire le basi di un’identità giuridica

esposizione storica

costituzioni osservanze

La legislazione particolare di molti Ordini continua a seguire una sequenza di questo genere

TESTI NARRATIVI rievocano le circostanze della fondazione e

le tappe del suo sviluppo; forniscono anche

indicazioni sui principale protagonisti

COSTITUZIONI definiscono le strutture che governano le

relazioni all’interno dell’Ordine e fra la

casa fondatrice e le case figlie

OSSERVANZE - USI mettono in evidenza ciò che è proprio dello

stile di vita cistercense

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Testi che intendevano persuadere. I documenti primitivi del nostro Ordine sono opera di

autodifesa giuridica. Tentano di persuadere il lettore e non solo di dare informazioni. Erano

destinati ad essere mezzi efficaci in una comunicazione tesa a convincere per diventare fattori di

cambiamento. In modo specifico sono stati scritti per convincere la Curia Romana che il nascente

Ordine Cistercense era un beneficiario a cui la protezione papale era necessaria e conveniente.

Tradizione manoscritta

I documenti che oggi conosciamo non sono molti e alcuni sono stati scoperti solo da pochi

decenni. Per questo le acquisizioni sulla datazione di questi scritti, sui loro rapporti, sulle loro

possibili interpretazioni, sono ancora limitate e incerte.

Sino ai primi decenni del XX secolo la legislazione cistercense primitiva era attestata solo:

dall’Exordium parvum (EP)

dalla Carta caritatis, l’attuale Posterior (CC2)

da una compilazione giuridica, gli Instituta generalis capituli apud Cistercium (Instituta),

realizzata attorno al 1175.

Nel secolo scorso 3 IMPORTANTI SCOPERTE hanno cambiato completamente la fisionomia e

lo studio dei nostri documenti primitivi.

1. Verso il 1930, grazie alle ricerche di Auguste Triple e di Othon Ducourneau, venne

ritrovata, nel MANOSCRITTO Par3 (datato 1147 circa):

una forma abbreviata della Carta Caritatis, l’attuale Summa Carta Caritatis (SCC)

preceduta da un breve racconto degli inizi dell’esperienza monastica a Citeaux,

l’Exordium Cistercii (EC)

Il testo venne pubblicato nel 1932 da Tiburzio Humpfern.

SCC + EC

2. Poco prima del 1940 fu scoperta da Josip Turk, nel MANOSCRITTO Lju (la cui datazione

è collocata fra il 1147 e il 1152):

un’altra redazione della Carta caritatis, quella che venne chiamata Carta Caritatis prior

(CC1) per distinguerla dalla forma fino ad allora conosciuta designata perciò col nome di

Carta caritatis posterior (CC2)

Nel manoscritto erano trascritti anche l’EP, gli Instituta e gli Ecclesiastica Officia (EO). A

quest’ultima opera mancavano, però, gli ultimi capitoli, il che fa pensare che siano andati

perduti anche gli Usus conversorum, i quali avrebbero potuto far parte della stessa opera.

CC1 + EP + EO

3. Poco dopo il 1950, Jean Leclercq fece conoscere l’importante MANOSCRITTO Tre,

databile attorno al 1138-1140, che contiene:

l’Exordium Cistercii (EC)

la Summa Carta caritatis (SCC)

i Capitula

gli Ecclesiastica Officia (EO)

gli Usus conversorum

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EC + SCC + Capitula + EO + Usus conversorum

Queste scoperte avviarono un ampio dibattito sulla datazione dei diversi documenti

contenuti nei manoscritti. La discussione si concentrò, in particolare su due gruppi di questi

documenti:’EP e la CC1, da una parte, e l’EC e la SCC, dall’altra.

a) Alcuni sostenevano la maggiore antichità dell’EC e della SCC, attribuendo, invece, minore

attendibilità storica all’EP, considerato uno scritto condizionato da finalità polemiche e

apologetiche (J.-A. Lefèvre, M. de Waha).

b) Altri, invece, difendevano il valore storico e l’attendibilità dell’EP, insieme alla maggiore

antichità della CC1 rispetto alla SCC (J. De la Croix Bouton, J.-B. Van Damme).

Negli anni successivi non sono mancati studi che hanno tentato di valutare le posizioni

fondamentali del dibattito, mostrandone, quando necessario, gli elementi di incertezza (P. Zahar).

Negli ultimi decenni si è fatta progressivamente strada l’ipotesi che le due serie di testi siano, in

realtà, raccolte di documenti scritti in momenti successivi ed elaborati in una fase redazionale finale

(J._B. Auberger, C. Waddell).

Oggi è generalmente accettato che EC+SCC rappresentano due testi paralleli il cui sviluppo

ebbe luogo dopo l’apparizione di EP+CC1, prima della redazione di EP+CC2.

Nella dispensa EXORDIUM, l’intero processo di formazione delle diverse raccolte dei

documenti giuridici dell’Ordine è spiegato dall’autore in alcune tappe segnate dall’apparire delle

diverse versioni della Carta di Carità.

1. La prima versione della costituzione, oggi chiamata Carta di Carità Primitiva, compariva nel

documento di fondazione di Pontigny (1114) con il nome di “Carta di Carità e di Unanimità”.

Il testo è redatto alla prima persona plurale: “Noi…” e corrisponde ai capp.1-3 della Carta

Caritatis attuale.

2. Per conseguire l’approvazione di Callisto II, nel 1119, Stefano compilò la prima collezione

che consisteva di: Exordium Parvum – Carta Caritatis – una prima serie di Instituta

3. L’Exordium Cistercii e la Summa Carta Caritatis sono dei riassunti o dei sommari dei testi

del 1119 (EP e CC1), compilati prima della redazione della CC2.

4. Negli anni che precedettero la conferma di Eugenio III (1152) la collezione continuò a

svilupparsi, soprattutto intorno al 1147.

5. La Carta Caritatis Posterior (CC2) venne alla luce tra il 1165 e il 1173, aggiornando le

versioni precedenti e rispecchiando i cambiamenti dell’Ordine. Questo divenne il testo

standard (textus receptus).

Per avere un quadro più completo della collezione giuridica dell’Ordine, bisogna tener presente

anche che, agli inizi, le osservanze elencate erano semplicemente quelle più caratteristiche

dell’Ordine, per il resto i fondatori continuavano a mettere in pratica gli usi che avevano conosciuto

a Molesme, abbastanza comuni e diffusi nel monachesimo occidentale. Quando ad essi fecero

seguito le generazioni successive, si rese necessario codificare tali osservanze in modo da render

esplicito quello che fino a quel momento era rimasto implicito. Si moltiplicarono perciò, gli

Instituta o gli Statuti, finché trovarono una formulazione più fissa nei Libro degli Usi che per i

Cistercensi furono 2:

Ecclesiastica Officia (EO) = contenenti le norme o gli usi dei monaci di coro

Usus Conversorum (UC) = contenenti le norme o gli usi per i fratelli conversi

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IL PICCOLO ESORDIO

(Exordium Parvum)

autore e composizione

Nella dispensa Exordium, la paternità del documento è attribuita all’Abate Stefano, si

riconosce anche che il lavoro venne poi completato da altri e modificato in seguito perché potesse

rispondere a circostanze nuove, subendo un’evoluzione dal 1119 al 1170 circa.

La tesi che sostanzialmente si fa propria è quella del P. Chrysogonus Waddell (1999), il

quale, a partire dall’analisi dello stile letterario, ritiene di poter riconoscere nell’EP:

una “sezione primitiva” (EP prologo; EP I-II; EP IV-XIV) scritta da Stefano Harding, verso il

1112-1113, a nome del gruppo dei fondatori del Novum Monasterium

e una sezione seconda (EP III; EP XV-XVIII), scritta dopo il 1134, anno della morte di Stefano.

In una data successiva, forse verso il 1147, le due parte sarebbero state unite e sarebbero stati

aggiunti l’indice e i titoli dei capitoli. Autore di quest’ultima fase sarebbe Rainardo di Bar,

successore di Stefano Harding in qualità di Abate di Citeaux negli anni dal 1133 8° 1134) AL

1150.

La questione dell’autore e della composizione è però assai e dibattuta: per un quadro più ampio

cfr. l’introduzione di C. Stercal all’Exordium parvum in Le origini cistercensi. Documenti, cit.

tipologia del testo

Si può supporre che l’EP abbia cominciato a sussistere come un dossier di documenti

d’archivio con un introduzione e un commento; la forma finale è stata accolta dall’Ordine

come relazione veritiera delle origini e degli ideali della riforma cistercense in cui i nostri

predecessori hanno visto la loro vita fedelmente ritratta

Testo narrativo redatto per fornire le basi di un’identità giuridica. L’impianto narrativo

(il racconto della fondazione di Citeaux) è funzionale all’intento didascalico e giuridico, una

storia, si potrebbe dire, delle istituzioni, e per questo diversa dalla narrazione dell’Exordium

Magnum, composto da Corrado di Eberbach nei primi decenni del XIII° secolo e

appartenente al genere letterario dell’agiografia e degli esempi edificanti. Al tempo stesso,

se gli autori ottengono di fissare il “patrimonio” comune di fronte al pericolo di una

dispersione e di una dissipazione, lo scopo, che il Prologo si preoccupa di evidenziare, è una

profonda comunione nell’amore, possibile in virtù di “un’autentica conoscenza” delle

comune origini e delle ispirazioni fondanti, che si manifesta nella custodia della medesima

forma di vita.

struttura e contenuto

L’EP si presenta come un dossier preceduto da un prologo e composto da 18 capitoli, 8 dei

quali sono documenti diplomatici (lettere, bolle papali), mentre gli altri ne sono come una

introduzione storico-letteraria e uno sviluppo. Gli otto documenti si possono considerare i testi più

antichi e importanti della storia dell’Ordine cistercense (1098-1110) e ben 7 di essi appaiono solo in

questa raccolta, ad eccezione del Privilegium romanum, cioè la bolla Desiderium quod del 19

ottobre 1100 con la quale Pasquale II pone Citeaux sotto la protezione della Santa Sede. I capp.

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XV-XVIII comprendono due elenchi di “instituta” che interrompono l’esposizione storica, per

descrivere lo stile di vita caratteristico del Nuovo Monastero.

Dopo il Prologo si possono distinguere nell’EP 4 blocchi principali.

a) capp. 1 - 4: il trasferimento da Molesme a Citeaux

1. Gli inizi del cenobio di Citeaux

2. doc. 1: lettera del legato Ugo de Die, arcivescovo di Lione

3. Uscita dei monaci da Molesme e loro arrivo a Citeaux, nascita del nuovo monastero

4. Come quel monastero venne eretto in abbazia

b) capp. 5 – 9: il ritorno di Roberto a Molesme e la successione di Alberico

5. I monaci di Molesme fanno arrivare al Papa il loro malcontento a causa della partenza di

Roberto e ne chiedono il ritorno

6. doc. 2: lettera del Papa, Urbano II (1088-1099), per il ritorno di Roberto

7. doc. 3: Decreto del legato Ugo sulla questione tra i monaci di Molesme e quelli di

Citeaux + 7, 13-15: sviluppo narrativo

8. doc. 4: lettera di raccomandazione a favore dell’Abate Roberto (da parte di Walter

o Gualtiero, vescovo di Chalon, a Roberto, vescovo di Langres)

9. Elezione di Alberico, primo Abate della Chiesa di Citeaux

c) capp. 10 – 14: il Privilegio Romano

10. Sul privilegio romano

11. doc. 5: lettera dei Cardinali Giovanni e Benedetto (legati del Papa Pasquale II in

Francia nell’estate del 1100)

12. doc. 6: lettera di Ugo di Lione

13. doc. 7: lettera del Vescovo (Walter o Gualtiero) di Chalon

14. doc. 8: il Privilegio Romano (bolla Desiderium quod)

d) capp. 15 – 18: consolidamento e sviluppo

15. Instituta dei monaci di Citeaux provenienti da Molesme

16. Loro sofferenza

17. Morte del primo Abate, Alberico, ed elezione del secondo, Stefano; loro instituta e loro

gioia.

18. Le loro abbazie.

ideali primitivi

Sono chiaramente riconoscibili nel testo gli ideali che animano, fin dalle origini, lo stile di

vita di Citeaux:

autenticità nell’osservanza monastica, nella vita spirituale e nella liturgia

semplicità e povertà in tutto per seguire il Cristo povero ed essere poveri con lui

separazione dal mondo per poter vivere per Dio edificando la comunione fraterna

austerità di vita e di lavoro per far crescere l’uomo nuovo

conformità assoluta alla Regola di S. Benedetto, senza aggiunte né sottrazioni contrarie allo

spirito e alla lettera della Regola

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lettura del Prologo

“Noi, cistercensi, primi fondatori…”: autorità chi scrive e carattere di ufficialità del testo

La comunità è definita con il termine ecclesia: con questo non si vuole indicare “una chiesa”

nella “Chiesa”, ma piuttosto, al contrario, esprimere la profonda coscienza ecclesiale che anima

i fondatori e la coscienza che nella comunità monastica si esprime la Chiesa e in particolare si

riproduce la vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme, prima Chiesa

“desideriamo far conoscere ai nostri successori…”: dal “noi” dei fondatori, allora, al “noi” dei

lettori e dei continuatori del carisma, oggi. Il testo emerge dal passato e si dispiega in tutta la sua

forza, attraverso i secoli, fino a raggiungere il presente (a questo scopo si osservi anche l’uso del

tempo verbale)

intento dell’opera:

1) dimostrare l’assoluta canonicità della fondazione, la legittimità della sua azione riformatrice e

il suo diritto ad esistere in quanto libera abbazia riformata (quam canonice… quanta

auctoritate… a quibus personis… quibus temporibus…)

2) rendere nota la loro forma di vita (tenor vite)

sincera veritate: professione di autenticità dei fatti narrati, ma anche espressione della ricerca

della verità che è alla base dell’esperienza cistercense (cfr. C. Stercal sul termine ratio a

proposito di Stefano Harding)

exordium: dal latino exordior = “cominciare a tessere, ordire, fare una trama…”; coscienza che

l’opera che si intraprende è di “tessitura”, è come una grande tela fatta di fili che si intrecciano

cenobium: la vita cenobitica è indicata come costitutiva e fondante dell’esperienza di Citeaux

finalità ultima dell’opera:

1) “amino con più tenacia sia il luogo che l’osservanza della santa regola…”

2) “preghino per noi…” (comunione nella preghiera)

3) “… possano felicemente riposare nella pace eterna” (perseveranza fino alla vita eterna; cfr.

RB 72: “tutti ci conduca alla vita eterna”)

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LA CARTA DI CARITA’

(Carta Caritatis)

tipologia del testo

La Carta caritatis è la costituzione cistercense fondamentale e – con EP XV (i cosiddetti

Instituta monachorum cistercensium de molismo venientium – “Istituzioni dei monachi cistercensi

provenienti da Molesme”) e gli Instituta Generalis Capitutli apud Cistercium (= Instituta) –

costituisce la più antica legislazione dell’Ordine. Il nome, Carta caritatis, le è stato attribuito,

secondo l’Exordio di Citeaux (II, 13) dallo stesso Stefano Harding.

Il termine “carta”, infatti, indica: 1) un documento che certifica e garantisce (carta di

identità, di permanenza…); 2) dichiarazione di principi (Carta delle Nazioni Unite, Magna

Charta…); cfr: “carta di visita”, “carta di fondazione”…

autore e composizione

Fino al 1939 se ne conosceva una sola versione – quella attualmente chiamata Carta

Caritatis Posterior (CC2) – che era ritenuta opera dell’abate Stefano Harding e dei suoi confratelli.

Essa veniva fatta risalire agli anni 1118-1119.

Nel 1939, grazie alle ricerche di Josip Turk, venne scoperto il ms Lju (databile attorno al

1152) che contiene una redazione della Carta caritatis certamente più antica rispetto a quella

conosciuta sino ad allora. Il suo scopritore la definì Carta caritatis prior (CC1), per distinguerla da

quella già nota, ma posteriore che fu chiamata Carta caritatis posterior (CC2).

Esiste, poi, anche un sommario della Carta caritatis – in particolare della CC1 – che sembra

essere, in realtà, uno stadio del testo intermedio fra la CC1 e la CC2 e che viene chiamata Summa

Cartae caritatis (SCC).

Alcuni studiosi ipotizzano inoltre che sia esistito un testo ancora più antico della Carta

caritatis, talvolta chiamata Carta caritatis prima (o primitiva o anteprior) o anche Carta caritatis

et unanimitatis (dalle parole con le quali è indicata nella Carta di Fondazione di Pontigny del 1114:

“Cartam vero caritatis et unanimitatis inter novum monasterium et abbatias ab eo propagatas

compositam et corroboratam idem pontifex et canonicorum conventus ratam per omnia

habuerunt”), redatta probabilmente all’epoca della fondazione di La Ferté (la prima fondazione di

Citeaux) realizzata nel 1113. Secondo alcuni studiosi questa sarebbe stata composta nel 1114 e

sarebbe da identificare con CC1 I-III (per un quadro completo delle varie ipotesi interpretative cfr.

l’introd. di C. Stercal alla Carta caritatis prior in Le origini cistercensi. Documenti, cit., pp. 114-

116).

L’evoluzione del testo può essere così ricostruita:

1. Carta caritatis et unanimitatis : composta negli anni delle prime fondazioni di Citeaux, fra

il 1112 e il 1114. Si tratta del documento menzionato nella Carta di Fondazione di Pontigny

e il suo contenuto è confluito nei capp. I-III della Carta caritatis prior (CC1) e poi

posterior (CC2). È scritta alla prima persona plurale (“noi”) e in uno stile che conserva

reminiscenze della Bibbia e della Regola. La carità ispira la rinuncia a pretese di carattere

materiale sulle fondazioni, mentre ne conserva il diritto ad una supervisione pastorale.

L’unanimità trova espressione, invece, nell’accettazione dell’interpretazione della Regola

adottata nel Nuovo Monastero e nel seguire la stessa revisione degli usi e dei libri liturgici in

vigore. Il senso spirituale e la finalità specifica è espressa con chiarezza nella frase finale:

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“perché nel nostro modo di vivere non ci sia nessun disaccordo, ma viviamo con un’unica

carità, un’unica Regola e un modo di vivere simile”.

2. Carta caritatis prior (CC1): 1119-1152. In vista dell’approvazione pontificia del 1119, la

prima versione sarebbe stata oggetto di un lavoro redazionale difficile da ricostruire (cfr.

Stercal, cit., pp. 115-116). Secondo gli studi più recenti del P. Chrysogonus Waddell, il

documento approvato da papa Callisto II, il 23 dicembre 1119, sarebbe la attuale CC1, priva

però del prologo, dell’indice, dei titoli e della numerazione dei capitoli. Questi sarebbero

stati aggiunti successivamente, forse verso il 1147, da Rainardo di Bar, abate di Citeaux da

1134 al 1150, che sarebbe quindi il redattore finale della CC1, come è ipotizzato anche per

l’EP.

3. Carta caritatis posterior (CC2): 1152; 1165-1178. In vista dell’approvazione di papa

Eugenio III, del 1° agosto 1152, con la bolla Sacrosanta Romana Ecclesia la CC1 sarebbe

stata modificata con l’aggiunta di nuovi statuti stabiliti tra il 1119 e il 1152. Secondo il P.

Waddell questa versione sarebbe già la CC2 (e la CC1 sarebbe stata abbandonata). Secondo

J.-B. Auberger, invece, solo verso il 1165-1178, dopo altre quattro bolle di conferma con lo

stesso titolo, la CC1 avrebbe assunto la forma definitiva che attualmente conosciamo e che

chiamiamo CC2.

4. La Summa Cartae caritatis (SCC), invece, è un testo breve, di soli 4 capitoli. Tiburzio

Humpfern, che lo pubblicò nel 1932 insieme all’EC, lo ritenne un semplice riassunto della

Carta caritatis allora conosciuta che era la CC2 e per questo la chiamò “Summa Cartae

caritatis”. In verità essa sembra dipendere più dalla CC1 che dalla CC2. La data di

composizione viene fatta oscillare tra il 1124 e il 1137 e il testo sarebbe stato redatto,

secondo alcuni studiosi, in ambito claravallense. La SCC ha esercitato un grande influsso

sulla legislazione degli Ordini religiosi: nelle costituzioni dei monaci di Chalais, dei

Canonici regolari di Arrouaise, dei Premonstratensi e degli Agostiniani di Oigny capitoli

interi sul Capitolo Generale, sulle filiazioni, sulla costruzione delle abbazie sono ispirati alla

SCC.

lo spirito della Carta di Carità

Il senso e il valore della Carta caritatis sono bene indicati in un altro dei documenti

primitivi dell’Ordine cistercense: l’Exordium Cistercii (II, 12-13). Parlando di Stefano Harding,

dopo aver ricordato la sua origine ed aver elogiato il tenore della sua vita monastica, sottolinea così

l’intelligenza e l’equilibrio con cui egli procedette alla stesura della Carta di carità:

“Sin dall’inizio, quando la nuova pianta cominciava a far germogliare nuovi rami, il

venerabile padre Stefano, con attenta sagacia, provvide alla stesura di uno scritto

di straordinario discernimento (mirae providerat discretionis scriptum), come uno

strumento per la potatura, in grado, cioè, di recidere i germogli di separazioni (ad

precidendos scismatum surcolos) che, un giorno o l’altro, crescendo, avrebbero

potuto soffocare il frutto nato dalla pace vicendevole (mutue pacis exorturum

prefocare poterant fructum). Perciò opportunamente volle che quello scritto fosse

chiamato ‘Carta di Carità’ (Cartam Caritatis), poiché tutto il suo contenuto è

ispirato solo alla carità (quod ad ea tantum quae sunt caritatis tota eius series

redoleat), al punto che non sembra trattare quasi di nient’altro che di questo: ‘Non

abbiate alcun debito con nessuno se non quello di amarvi vicendevolmente’ (Rm 13,

8)”

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struttura e contenuto (CC1)

La Carta caritatis prior si apre con un prologo, seguito da un indice; la materia trattata è

distribuita e in 11 capitoli

a) Prologo – Indice dei capitoli: aggiunta posteriore, probabilmente in vista della approvazione

del 1152

b) CAPP. I-III: nucleo primitivo della Carta di Carità (costituirebbero la Carta caritatis et

unanimitatis citata nella Carta di Pontigny e sarebbero stati scritti da S. Stefano)

I: la casa madre non richieda alla casa figlia nessun tributo di ordine materiale

II: la Regola deve essere interpretata (intelligatur) e osservata (teneatur) da tutti allo stesso

modo

III: tutti devono avere gli stessi libri liturgici e gli stessi usi

d) CAPP. IV-VII: le strutture fondamentali dell’Ordine

IV: Statuto generale fra le abbazie: come devono comportarsi l’Abate di Citeaux e gli altri

Abati quando visitano altre comunità dell’Ordine

V: l’Abate della comunità madre deve visitare, una volta all’anno, la casa figlia

VI: quale rispetto deve mostrare la casa figlia nei confronti della casa madre

VII. Il Capitolo Generale degli Abati a Citeaux

e) CAPP. VIII-XI: elementi in considerazione di situazioni nuove per preservare l’unità

dell’Ordine

VIII: relazioni fra le fondazioni di Citeaux e le case che queste avranno a loro volta fondato

IX: gli Abati che mostrassero disprezzo per la Regola o per l’Ordine

X: quali norme devono regolare i rapporti fra le abbazie che non hanno fra loro legami di

fondazione

XI: morte ed elezione degli Abati

APPROVAZIONI PONTIFICIE DELLA LEGISLAZIONE PRIMITIVA DI CITEUX

1100: Privilegio Romano (bolla Desiderium quod) – Pasquale II

1119 (23 dicembre): bolla Ad hoc in apostolice – Callisto II

1152-1165: 5 bolle con lo stesso titolo: Sacrosanta Romana Ecclesia: Eugenio III (1° agosto

1152); Anastasio IV (9 dicembre 1153); Adriano IV (18 febbraio 1157); Alessandro III (15

ottobre 1163 e 5 agosto 1165)

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lettura tematica: “carità” e “unanimità” nella Carta Caritatis

La Carta di carità è menzionata nella Carta di Pontigny come “carta di carità e unanimità”. Anche

se solo il primo dei due termini è rimasto nel titolo del documento, entrambi – carità e unanimità –

sono i punti-chiave e le linee guida di tutto il documento.

la parola carità: ricorre con grande frequenza nel testo (soprattutto nei capp. I-III che

costituiscono il nucleo primitivo): cfr.: Prol.3. 4; I, 4; III, 2; IV, 6; VII, 2. 3. 4

essa si esprime nel: 1) non esigere nessuna forma di tributo da parte della casa madre nei confronti delle case

figlie (cfr. prologo, 4:“rifiutando l’imposizione di ogni tributo”)

2) ma, al contrario, offrire loro ogni forma di aiuto spirituale (cfr. I, 4: “Vogliamo, invece,

conservare la cura delle loro anime…”) e materiale (cfr. VII, 4: (“i singoli abati si

affrettino – a seconda delle loro possibilità – a soccorrere la miseria di quella comunità con

i beni concessi loro da Dio”)

essa indica, perciò: la gratuità del bene al modo dell’amore di Cristo (cfr. prologo, 4:

“ricercano unicamente la carità – solam caritatem – e il bene delle anime – animarum

utilitatem – sia nelle cose divine che in quelle umane”)

la parola unanimità, invece, non si incontra nel documento, ma il suo significato è bene

espresso in:

- Prologo, 3: “qua caritate monachi eorum, per abbatias in diversis mundi partibus

corporibus divisi, animis indissolubiliter conglutinarentur” (= con quale carità, i loro

monaci, separati fisicamente nelle abbazie in diverse parti della regione, dovessero rimanere

indissolubilmente uniti nello spirito)

conglutinare = conglutinare, incollare, attaccare, connettere, mettere insieme, congiungere

strettamente, stringere o legare insieme…

cfr. 1Sam 18, 1-3: in cui si descrive l’amicizia fra Davide e Gionata: “anima Ionathae

conglutinata est animae David”; tale rapporto di amicizia, caratterizzato da un foedus

(=pactum; cfr. 3: quo pacto) di amore reciproco (diligere=caritas), è preso a modello del

legame di carità che deve unire i monaci dei diversi monasteri.

- III, 2: “… affinché nelle nostre azioni non vi sia alcuna discordanza” (“in actibus nostris

nulla sit discordia”); etimologicamente la dis-cordia è l’opposto della unanimità

(unanimitas) = avere il “cuore-contro”; mentre nell’unanimità i cuori sono uniti e formano

una cosa sola, nella discordia i cuori sono separati, divisi, uno contro l’altro…

essa indica, perciò: l’unione dello spirito fino ad essere un’”anima sola”, come

etimologicamente il termine significa

referenti biblici: At 2, 3 : “la comunità di coloro che erano venuti alla fede aveva un

cuor solo e un’anima sola”; Fil 1, 27: “State saldi in un solo spirito e combattete unanimi

per la fede del vangelo”; Fil 2, 2: “Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti,

con la stessa carità, con i medesimi sentimenti”; 1Pt 3, 8: “Infine siate tutti concordi,

partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno (fraternitatis

amatores), misericordiosi, umili…”

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referenti patristici: Agostino, Cassiano, Gregorio Magno

Agostino:

- Monaci sono coloro che vivono insieme in modo da formare una sola persona,

così che sia vero ciò che si scrive di loro: essi avevano un cuor solo e un’anima

sola”. I corpi sono molti ma non le anime. I corpi sono molti, ma non i cuori:

Giustamente, il termine monos si applica ad essi perché essi sono “una cosa

sola” (In Ps 132, 6)

- La tua anima non appartiene soltanto a te; appartiene a tutti i tuoi fratelli, allo

stesso modo in cui la loro anima appartiene a te; o piuttosto la loro anima e la

tua non sono delle anime, al plurale, ma sono una sola anima, l’unica anima di

Cristo (Ep 243, 4)

essa si esprime nella:

1 unica e identica interpretazione e osservanza della Regola (cfr. II: “La Regola deve essere

interpretata e osservata allo stesso modo”)

2) uniformità degli usi e dei libri liturgici (cfr. III: “Tutti devono avere gli stessi libri

liturgici e gli stessi usi”)

carità unanimità non sono separate, ma complementari e ordinate l’una all’altra

tanto che l’una si esprime nell’altra

(“qua caritate monachi …animis indissolubiliter conglutinarentur”):

la carità è la via, il mezzo, lo strumento per arrivare all’unanimità e l’unanimità esprime al

massimo grado la carità, tanto da poter dire in ultimo:

unanimità =

unità nella medesima carità

unanimità = carità = un’unica Regola = stessi usi

II, 2 “viviamo secondo una stessa carità

un’unica regola e modi di vivere simili”

un’unica carità unica Regola

simile modo di vivere (mores)

identici libri liturgici identici usi (consuetudines)

carità unanimità

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legame di APPARTENENZA

filiazione: rapporto fra (casa) “madre” e (casa) “figlia”

tale rapporto è espresso dal verbo “generare” (cfr. VIII, 1: XI, 4)

anche il monaco è figlio (filius) della casa (comunità, ecclesia)

che lo ha generato