Sfruttamento delle Fonti Energetiche Rinnovabili - Energia da conversione di Biomasse

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Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio PROGETTO OPERATIVO AMBIENTE ENERGIA DA CONVERSIONE DI BIOMASSE Linee Guida PON ATAS 2000-2006 Programma Operativo Nazionale di Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili all’interno delle aree naturali protette delle zone ad Obiettivo 1

Transcript of Sfruttamento delle Fonti Energetiche Rinnovabili - Energia da conversione di Biomasse

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

PROGETTO OPERATIVO AMBIENTE

ENERGIA DA CONVERSIONE DI BIOMASSE

Linee Guida

PON ATAS 2000-2006 Programma Operativo Nazionale di Assistenza Tecnica e

Azioni di Sistema

sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili all’interno delle aree naturali

protette delle zone ad Obiettivo 1

Le “linee guida” sono supportate da tre diversi formati: • un documento di inquadramento generale del tema • un testo di manualistica d’utilizzo corrente • un cd-rom navigabile dagli utenti contenente tutti gli allegati tecnici utili

per l’approfondimento una brochure informativa sintetica sarà presente sul sito: http://www.minambiente.it/Sito/settori_azione/scn/Home_scn.asp di:

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio Dipartimento per l'Assetto dei Valori Ambientali

Direzione per la Conservazione della Natura

coordinamento generale

supervisione ai gruppi di lavoro:

Fabrizio Gallante

coordinamento scientifico: Anita Tournour Viron

Guido Viale Margherita Quaglia (Corintea)

Sabino Galante (Corintea)

coordinamento tecnico: Massimo Chionetti

Roma - giugno 2003

Indice

PREMESSA .......................................................................................................I

Le origini di questi testi I

Come utilizzare questi testi III

1. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI NELLE AREE PROTETTE.................. 1

Lo sviluppo sostenibile nelle aree naturali protette 1

Gli ostacoli alla diffusione delle fonti rinnovabili 2 Un limite di “carattere estetico” 5 Un limite di “carattere amministrativo” 6 Un limite di “complessità di filiera” 6

L’utilizzo energetico delle biomasse nei Parchi Nazionali italiani: una rassegna 7

Buone prassi in Europa: una rassegna 17 Finlandia: la promozione dell’utilizzo diffuso 18 Danimarca: una cooperativa di utenti 20 Austria: un impianto modulare di cogenerazione 21 Finalndia: la centrale a gas “fai da te” di Tersola 23 Vercelli: un’applicazione industriale di una risorsa locale 24 L’area “fossil free” del parco delle Dolomiti Bellunesi 25

2. LE BIOMASSE............................................................................................ 27

Definizione e categorie 27

Biomasse e compatibilità con le aree protette 29

Prodotti derivanti dall’utilizzo delle Biomasse 30

Biomasse e Combustibili tradizionali 32

Produzione e utilizzo delle Biomasse nel Mondo 35

L’uso energetico delle Biomasse in Italia 36

I programmi di sviluppo delle Biomasse 36

3. L’UTILIZZO DELLE BIOMASSE A SCOPO ENERGETICO............................... 38

Le strozzature dell’offerta 38

Gli impianti di potenza 40

Gli impianti per uso domestico 41

Indice

4. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO............................................... 42

Documenti di indirizzo 42

Le Politiche dell’Unione Europea 46

La situazione in Italia 47

Legislazione comunitaria: 48 Trattati, convenzioni e protocolli 48

Fonti normative di carattere nazionale 51

Provvedimenti Regionali 54

5. APPLICAZIONI DELL’ENERGIA PRODOTTA................................................ 62

Introduzione agli elementi tecnico/ scientifici 62

Pretrattamenti della biomassa 66

Processi di conversione biochimica 68 La digestione anaerobica 68 Fermentazione alcolica 71 Produzione di etanolo da materiali lignocellulosici 73 Esterificazione di oli vegetali 74

Processi di conversione termochimica 77 Combustione diretta 77 Carbonizzazione e pirolisi 79 Gassificazione 82 Produzione di idrogeno da biomasse per via termochimica 82

Tecnologie per la conversione termochimica 83 Tecnologie per la pirolisi 88 Tecnologie per la gassificazione 91

6. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO ....................................... 94

Studio Preliminare 95 Il bacino di approvvigionamento 95 Tipologie di biomassa disponibile 97 Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa 98

Studio Tecnico-economico di fattibilità di filiera 101 Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa 102 Come valutare la convenienza economica della filiera 103

Indice

6. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO (segue) ..............................

Progettazione dell’impianto 108 Sovradimensionamento e numero caldaie da installare 109 Limiti di potenza 110 Trasporto ed alimentazione del combustibile 110 La progettazione del silo 111 La progettazione del locale caldaia 113 La lunghezza della rete di teleriscaldamento 113

7. FONTI DI FINANZIAMENTO .................................................................... 115

Il sistema ”aiuti e prestiti” della UE 115 Esecuzione e coordinamento delle politiche comuni 116 Organizzazione amministrativa 117

Le Direzioni Generali direttamente interessate ed i Programmi 117 Direzione Generale “Ambiente” 117 Direzione Generale “Energia e trasporti” 119 Direzione Generale “Politica Regionale” 126

Utilizzo dei Fondi Strutturali a livello Nazionale e Regionale 131 Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_nomenclatura 132 Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_cartina topografica 133 L’OBIETTIVO 1 134 L’OBIETTIVO 2 134 L’OBIETTIVO 3 135 Carta topografica zone ammissibili: Europa 136 Carta topografica zone ammissibili: Italia 137

Il Qcs Italia e le aree obiettivo: organizzazione, struttura e documenti di lavoro 138 I contenuti del QCS Italia (rif: allegato 117) 138 Identificazione ed organizzazione dei Programmi Operativi 140 Organizzazione dei Programmi Operativi 141

Programmi Operativi Nazionali e Programmi Operativi Regionali Ob.1: struttura 142 I sette Programmi Operativi Nazionali (P.O.N) 142

P.O.N. Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico P.O.N. La Scuola per lo Sviluppo 142

P.O.N. Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno 143

P.O.N. Sviluppo Locale 143

P.O.N. Trasporti 144

P.O.N. Pesca 145

P.O.N. Assistenza Tecnica ed Azioni di Sistema 145 I sette Programmi Operativi Regionali (P.O.R) 146

Indice

8. MODELLI E METODOLOGIE D’INTERVENTO ............................................. 148

Partecipare ad un bando comunitario nazionale o regionale 148 Gli elementi da considerare con attenzione in fase iniziale 148 Gli elementi da considerare con attenzione in fase di valutazione 149 Gli elementi da inserire nella presentazione della proposta 150 Check List di controllo dello schema di proposta 151 Quadro logico di progetto 154

9. LE FONTI DI INFORMAZIONE E APPROFONDIMENTO.............................. 156

Elenco completo degli allegati presenti su cd-rom 156

Bibliografia essenziale 170 Le tesi di Nicholas Georgescu-Roegen 170 Approfondimenti Tematici 171 Compendio delle Carte sottoscritte 174 Compendio dei documenti nazionali 175

Indirizzario WEB 176

e aree naturali protette, monumenti della natura tramandatici dai nostri padri, sono e devono essere qualcosa di vivo e vissuto: fonte di occasioni culturali e di sviluppo

economico nel segno della sostenibilità ambientale e volano per la creazione di opportunità sia in termini di salute dell’ambiente e dell’uomo che ne usufruisce sia in termini sociali ed economici.

La gestione delle risorse naturali va associata sempre più non solo ad aspetti di salvaguardia, ma anche alla valorizzazione di un sistema fondato su regole per lo sviluppo locale di tipo durevole, affinché in Italia la tutela ambientale diventi il metodo secondo cui ipotizzare qualsiasi forma di gestione sostenibile delle risorse ambientali.

Lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, nella dimensione nazionale come in quella locale, oltre a rispondere agli indirizzi dell’Unione Europea in materia energetica (libro bianco sull’energia e libro bianco sulle fonti rinnovabili), produce evidenti effetti positivi sia in campo ambientale –contribuendo al contenimento dei fenomeni d’inquinamento globali e locali, con particolare riferimento agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra stabiliti dal protocollo di Kyoto – sia al livello socio-economico dei sistemi locali.

Su questo piano, infatti, l’utilizzo delle energie rinnovabili, per le loro caratteristiche di ampia diffusione, può contribuire alla valorizzazione di risorse territoriali che spesso sono allocate in aree marginali con scarse prospettive di sviluppo economico e avviare sinergie per lo sviluppo integrato del territorio e per la creazione di nuovi posti di lavoro e di imprenditoria qualificata.

Le aree naturali protette costituiscono gli ambiti territoriali privilegiati nei quali sperimentare nuovi moduli per l’utilizzo razionale delle risorse naturali, con particolare riferimento a quelle rinnovabili, al fine di raggiungere un equilibrio armonico fra sviluppo di sistemi antropici e sistemi naturali.

E’ il momento di trasformare la coscienza dei problemi ambientali nella consapevolezza di poter vivere in un sistema ecosostenibile. Il ruolo delle aree naturali protette può essere quello di laboratorio di studio ed esperienze capace di dare testimonianza di un nuovo modello di vita e di utilizzo delle risorse del territorio.

Sono queste le premesse che hanno portato la Direzione per la conservazione della natura, nell’ambito delle proprie attività istituzionali volte a favorire lo sviluppo durevole delle aree sottoposte a tutela ambientale, a promuovere la realizzazione di linee guida per l’utilizzo delle fonti rinnovabili nelle aree protette, con particolare riguardo all’energia fotovoltaica e alla conversione energetica delle biomasse.

L

La scelta di queste due fonti non è casuale. L’energia solare, di cui il fotovoltaico rappresenta l’utilizzo energetico più diretto per i consumi elettrici, è la risorsa con le maggiori doti di disponibilità e di diffusione territoriale, il cui utilizzo ben si presta in tutte quelle situazioni di isolamento, particolarmente numerose nelle aree protette (rifugi, fattorie sparse, aree insulari), in cui maggiori sono i costi di un approvvigionamento energetico tradizionale e più pesanti gli impatti ambientali conseguenti.

D’altro canto, lo sfruttamento energetico delle biomasse, soprattutto di quelle vegetali, rappresenta una grande opportunità, nelle aree boscate e in quelle a forte caratterizzazione agricola (come lo sono quasi tutte le aree naturali protette), per l’avvio di un circuito virtuoso di conservazione-sfruttamento delle risorse naturali che leghi alla produzione energetica la manutenzione del bosco, il recupero degli scarti agricoli e metta in moto un’intera filiera di attività connesse e di occupazione.

Le linee guida così realizzate vogliono essere un sussidio concreto, uno strumento operativo di diffusione del know-how necessario non tanto all’attivazione della singola realizzazione quanto alla gestione complessiva di un programma di utilizzo di fonti energetiche in aree naturali protette.

Esse sono destinate in primo luogo agli Enti gestori delle aree protette, sia a livello direttivo sia a quello tecnico-amministrativo,chiamati a svolgere il ruolo decisivo di promozione - incentivazione - coordinamento di processi ampi che richiedono il coinvolgimento dei diversi attori del territorio: imprese, fruitori, operatori tecnici, agenzie formative ecc.

Un ruolo propositivo che le aree protette già da tempo svolgono in tanti campi, auspicando che – con l’aiuto di questi supporti – possa estendersi e rafforzarsi anche nel settore delle fonti energetiche rinnovabili.

Aldo Cosentino Direttore generale della Direzione per la conservazione della natura

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

Premessa

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

I

PREMESSA

Questo testo nasce dall’esigenza di fornire un

inquadramento unitario e a tutto campo in una materia

– quella del ricorso alle fonti energetiche rinnovabili -

che viene spesso affrontata e sviluppata con strumenti

di altissima qualità dal punto di vista tecnico, ma con

un approccio molto specialistico, che finisce per

offuscare o sottovalutare gli elementi del contesto

socio-culturale in cui si inserisce e gli ostacoli – ma anche le opportunità – che

esso genera al fine di promuovere il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili

all’interno delle aree naturali protette ricomprese nelle Regioni facenti parte dei

Programmi di finanziamento comunitario destinati alle aree Obiettivo 1.

Nell’ambito degli impegni assunti dal nostro paese nel quadro della Convenzione

sui cambiamenti climatici che ha portato alla sottoscrizione del protocollo di Kyoto,

il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sia direttamente che

attraverso una Convenzione quadro con Enea, l’Enel e il Ministero delle Attività

Produttive si sono adoperate, nel corso degli ultimi anni, per promuovere le fonti

energetiche alternative e per dare un impulso – anche attraverso un massiccio

ricorso a strumenti incentivanti – alla loro diffusione sul territorio nazionale.

Di questi sforzi le aree protette del paese costituiscono inevitabilmente il

destinatario privilegiato, in quanto un approccio dinamico al problema della

conservazione della natura concepisce la tutela del territorio non solo come un

vincolo che inibisce determinate destinazioni d’uso del suolo, ma anche e

soprattutto come un potente motore dello sviluppo locale, in forme che

rispondono ai dettami della sostenibilità ambientale e in qualche modo anticipano

– anche dal punto di vista tecnologico - le modalità di una riconversione ecologica

destinata a investire nel tempo tutte le forme della vita associata, su tutto il

territorio del pianeta.

Le aree naturali protette potranno diventare un laboratorio privilegiato in cui

sperimentare le soluzioni più avanzate di un percorso sostenibile di fuoriuscita

dagli inconvenienti indotti dallo sviluppo industriale e dai rischi planetari connessi

alla riproduzione dell’attuale modello di sviluppo: primo tra essi il riscaldamento

globale del pianeta (global warming) determinato dall’utilizzo incontrollato di

combustibili di origine fossile.

Le origini

di

questi testi

Premessa

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

II

Proprio per questo l’associazione tra aree protette e fonti energetiche rinnovabili

sembrerebbe quasi dato scontato: un processo iscritto nella natura stessa di

queste due entità. In realtà le cose non stanno affatto così. Per una serie di

fattori, che qui cercheremo di descrivere in termini generali, in Italia il ricorso a

fonti energetiche naturali nelle aree protette non ha finora compiuto – con poche

e lodevoli eccezioni - grandi passi avanti.

La necessità di proporre delle linee guida deriva dalla presa d’atto che le

caratteristiche dei territori - e in generale del paese – presentano una tale varietà

di situazioni da non consentire l’utilizzo di modelli tecnologici standardizzati

quanto piuttosto suggerire la riproduzione di modelli di intervento adattabili alla

varietà degli ambienti.

Nemmeno in un settore, come quello dell’utilizzo energetico della biomassa, che

potrebbe utilmente associare fattori strategici per la qualità dello sviluppo quali la

manutenzione del patrimonio boschivo, il risparmio energetico, la promozione di

impresa e dell’occupazione e la riduzione delle emissioni climalteranti. Il tutto in

ambienti, come quello delle aree protette, in cui la disponibilità di biomassa, e la

possibilità di valorizzare i suoli con una produzione aggiuntiva, sono, in molti casi,

un fattore costitutivo dell’area.

Lo stesso dicasi anche per altre fonti rinnovabili, come l’eolico, il solare termico e

il mini-hydro, che in questi testi non vengono trattati, ma che presentano

problemi analoghi: certo, anche di impatto ambientale, ma soprattutto legati alla

complessità dell’organizzazione, alla accettazione da parte del contesto

socioculturale di riferimento, all’impegno nella disseminazione delle relative

tecnologie.

L’occasione per la redazione di questi testi è stata una ricognizione sullo “stato

dell’arte” relativa alle due fonti di energia rinnovabile oggetto di questa analisi - le

biomasse e l’energia solare fotovoltaica - nelle aree naturali protette delle regioni

italiane dell’obiettivo 1, alla ricerca di casi esemplari da cui ricavare, o intorno a

cui costruire la formulazione di una buona pratica di intervento.

Certamente gli esempi di buona volontà, e anche i programmi ambiziosi non

mancano; ed estendendo l’attenzione anche alle aree protette nazionali esterne

alle regioni dell’obiettivo 1, non mancano gli esempi di buone pratiche ormai

consolidate.

Premessa

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

III

L’insieme dei testi è stato elaborato rispetto ad uno

specifico gruppo di destinatari delle informazioni

raccolte: il riferimento principale dei testi è l’Ente

Parco, sia nella sua veste di decisore che in quella più

propriamente tecnica. Ad esso si vogliono fornire non

già gli elementi esaustivi per la realizzazione di un

intervento ma piuttosto i parametri fondamentali per

valutarne la fattibilità e verificare un processo di ‘progettazione’ che quasi

certamente sarà esterno all’ente stesso.

Le informazioni vengono dunque fornite attraverso lo svolgersi di un percorso

logico di avvicinamento alla materia pur sapendo in anticipo che alcune delle

attività necessarie per la realizzazione degli impianti dovranno essere demandate

a tecnici e/o esperti; le linee guida potranno consentire agli addetti di seguire

percorsi logici e di programmare in maniera efficiente il susseguirsi ed il

coordinamento delle attività di progettazione-finanziamento-realizzazione nonché

di valutare e controllare la validità delle scelte strategiche intraprese.

Il documento che state sfogliando si compone di otto capitoli che cercano di dare

una panoramica del corpus di informazioni che sono necessarie per affrontare in

modo completo le problematiche connesse all’utilizzo dell’energia derivante dalla

conversione delle biomasse.

Oltre ai testi su supporto cartaceo è stato approntato un insieme corposo di

allegati di riferimento sia tecnici che normativi (nel formato su CD-ROM al testo

saranno via via collegati dei links che Vi permetteranno di accedere

immediatamente agli allegati di approfondimento).

Il primo capitolo: “Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette”

fornisce una panoramica dello stato dell’arte riferito ad una ricerca condotta

presso i Parchi e le aree naturali protette italiane – anche evidenziando le

problematiche di contesto collegate all’utilizzo delle fonti rinnovabili - ed alcuni

esempi di buone prassi in Paesi dell’Unione Europea.

Come

utilizzare

questi testi

Premessa

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

IV

Nel capitolo “Le biomasse” potrete reperire le principali informazioni sulle

differenti forme in cui si presenta la disponibilità di materiale – trattandosi di

impianti da prevedersi in aree naturali protette che si suppongono ricche di

superfici boscate – con particolare riguardo alla biomassa legnosa. Nella

medesima sezione potrete trovare alcuni cenni sulle modalità di utilizzo correnti.

“L’utilizzo delle biomasse a scopo energetico” Vi porterà ad approfondire le

problematiche connesse all’utilizzo della biomassa per la produzione di energia in

modo da poter individuare l’impianto più adatto per le Vostre esigenze.

La sezione dedicata al “Quadro normativo di riferimento” riporta una

panoramica del corpus normativo che regola l’utilizzo delle biomasse ma anche

delle energie alternative in genere; per economia d’uso tutti i riferimenti citati si

trovano per esteso in formato elettronico e collegati automaticamente attraverso

dei links alla copia di questo testo sul CD-ROM.

Per approfondire le caratteristiche tecnologiche del Vostro impianto è stato

predisposto il capitolo “Applicazione dell’energia prodotta da biomasse”

mentre per fornire uno schema di approccio alla strategia di intervento è stata

elaborata la sezione “Attività di progettazione dell’impianto”; questa parte Vi

consentirà di valutare la fattibilità dell’impianto ma anche di controllare la validità

e la coerenza delle proposte che Vi potranno pervenire da ditte e tecnici

specializzati.

Per elaborare una strategia efficace di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili

occorre elaborare modelli di intervento corredati dall’individuazione di strumenti

finanziari di accompagnamento alla realizzazione: il capitolo dedicato alle “Fonti

di finanziamento” presenta una panoramica delle opportunità finanziarie offerte

dalla legislazione comunitaria e italiana; anche in questo caso per economia d’uso

tutti i riferimenti citati si trovano per esteso in formato elettronico e collegati

automaticamente attraverso dei links alla copia di questo testo sul CD-ROM.

L’ultima sezione del capitolo: “Criteri di interpretazione di un bando” propone uno

schema semplificato di approccio alla risposta per bandi di finanziamento sia di

livello comunitario che nazionali sui P.O.R. e DOC.U.P. a valere per il periodo

2000-2006.

La sezione “Fonti di informazione e approfondimento” riporta, oltre all’elelnco

completo degli allegati disponibili in formato elettronico, alcuni testi principali di

orientamento e una serie di indirizzi per la navigazione tematica sul web.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

1

1. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI NELLE AREE PROTETTE

Da questa sezione del documento è possibile ricavare una panoramica sulla

situazione attuale italiana ed europea nei confronti dell’utilizzo delle fonti

energetiche rinnovabili, con particolare riferimento all’utilizzo delle biomasse;

capire quali sono gli orientamenti e considerare quello che altri organismi stanno

portando avanti, ricavare stimoli e idee per contribuire allo sviluppo di filiere

virtuose di intervento.

A partire da quella che dovrebbe essere la posizione di riferimento degli Enti nei

confronti delle politiche di sviluppo sostenibile, viene condotta una disamina dei

principali ostacoli che sinora hanno impedito ai sistemi di utilizzo delle fonti

energetiche rinnovabili di affermarsi sul mercato. Vengono poi esposti - sotto

forma di schede riassuntive – i risultati dell’inchiesta condotta all’interno dei parchi

e delle aree naturali protette italiane ed una serie di esempi di buone prassi

esemplificative.

L’innesco di processi virtuosi di uso delle risorse

rinnovabili all’interno delle aree protette può avvenire

grazie all’utilizzo di molteplici strumenti: dalle semplici

campagne di informazione, sensibilizzazione,

animazione dei referenti degli Enti a modelli più

raffinati di intervento che comprendano lo sviluppo di

“progetti esemplari” con un grado di flessibilità tale da

poter essere riprodotti con successo in contesti

analoghi.

La strategia adottata dal Ministero - in cui questa pubblicazione si inserisce –

prevede di utilizzare la figura dell’Ente responsabile come “promotore” di progetti

di impianti di utilizzo delle biomasse di scala media-piccola aventi caratteristiche

tali da poter essere agevolmente utilizzati dai soggetti privati operanti all’interno

del parco. In questo modo gli Enti Parco potranno acquisire esperienze e capacità

tali da assumere un ruolo attivo di promotori dello sviluppo sostenibile e sfruttare

al meglio i rapporti e le sinergie attivabili non solo con le aziende e gli imprenditori

presenti nel perimetro delle aree protette ma anche con i residenti attraverso

attività di informazione/animazione e consultino.

Lo sviluppo

sostenibile

nelle

aree naturali protette

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

2

Occorre infatti ricordare che sia il ricorso alle energie rinnovabili che il risparmio

energetico attraverso una maggiore efficienza degli utilizzi sono attività ad elevata

intensità di lavoro, sia in professionalità ad elevata qualificazione che in quelle di

carattere esecutivo, e particolarmente adatti ai processi di start-up e di creazione

di nuove imprese: soprattutto nei comparti della installazione e della

manutenzione delle attrezzature, nella diagnostica dei fabbisogni e delle

opportunità offerte da ogni singola localizzazione.

Per quanto riguarda in particolare le biomasse - che sono l’unica fonte rinnovabile

per la quale non basta la captazione, ma è necessario svilupparne la produzione a

monte – le ricadute riguardano soprattutto l’allargamento dello spettro del ruolo

multifunzionale delle attività agricole, con ricadute positive sia in termini di reddito

degli agricoltori che in termini di occupazione, promozione di impresa e creazione

di reddito nelle attività forestali, in quelle di recupero e trasporto dei sottoprodotti

agricoli, zootecnici e dell’industria agro-alimentare, oltre che nella messa a coltura

di terreni marginali con varietà dedicate a finalità energetiche.

Nelle aree di montagna o sottoposte comunque a processi tendenziali di

abbandono, un intenso ricorso alle biomasse come fonte energetica – e alle

produzioni complementari ad essa collegate– può fornire un contributo decisivo al

risanamento complessivo del territorio, alla valorizzazione di risorse e potenziali

inutilizzati e a invertire con ciò stesso la tendenza all’abbandono del territorio.

Rispetto alle loro potenzialità, l’utilizzo di fonti

energetiche rinnovabili nei parchi e nelle aree protette

dell’Italia, e in particolare l’utilizzo di biomasse, appare

decisamente ridotto; anche se negli ultimi tempi si è

registrato un aumento di interesse e di iniziative, grazie

soprattutto ai finanziamenti messi a disposizione dal

Ministero dell’Ambiente nell’ambito delle politiche di

promozione delle energie alternative previste dalla

delibera CIPE del 1999 che delinea la politica di attuazione nel nostro Paese degli

Accordi di Kyoto.

Gli ostacoli

alla

diffusione

delle fonti rinnovabili

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

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3

L’indagine che ha dato origine a questo studio è di per sé sufficiente a dimostrare,

in linea teorica, le ampie potenzialità di utilizzo offerte dalle due fonti rinnovabili

considerate – fotovoltaico e biomasse – per fare fronte a problematiche che sono

sì specifiche delle aree protette, ma che a loro volta rimandano a problemi di

carattere generale e che, proprio per questo, sono al tempo stesso in grado di

delineare in termini pratici la strada – o alcune strade – da percorrere per

raggiungere un modello di economia sostenibile per tutto il territorio nazionale,

che non dipenda più in forma esclusiva o prevalente dalle fonti energetiche di

origine fossile.

Da questo punto di vista le iniziative assunte dal Parco delle Dolomiti Bellunesi –

un’area protetta in cui turismo e attività produttive rivestono comunque

un’importanza determinante - che in forme e con soluzioni diverse rientrano tutte

in un programma di progressivo sganciamento dalle fonti energetiche di origine

fossile (il programma Parco Fossil-free), rappresentano senz’altro l’approccio più

avanzato di cui si disponga in Italia.

Ma dal lato opposto della penisola, e precisamente nel Parco dell’Aspromonte,

seppure, per ora, più nella forma di una dichiarazione di intenti e di alcuni atti

preliminari, che in quella di una gestione ordinaria del processo di transizione,

assistiamo, grazie all’intraprendenza degli organismi dirigenti del Parco e

all’assistenza tecnica ed economica fornita da organismi impegnati da anni nella

sperimentazione e nella diffusione delle fonti energetiche rinnovabili (soprattutto

di ISES e CIRPS), assistiamo allo sviluppo di un progetto di pari ambizione: si

tratta di produzione di idrogeno attraverso l’utilizzo di biomassa, di costruzione di

un centro per la distribuzione dell’idrogeno in tutta la parte più meridionale della

penisola, ai fini di una utilizzazione a 360 gradi di tutte le fonti rinnovabili,

comprese quelle, come l’energia eolica, solare termica e micro-hydro, di cui non ci

occupiamo in queste pagine.

La rassegna presentata qui di seguito, seppure necessariamente schematica e

incompleta, è di per sé sufficiente a delineare i principali ostacoli in cui si imbatte

la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e, quindi, a fornire validi spunti, sia

a livello di governo centrale, che a livello di amministrazioni locali, per individuare

le iniziative politiche che possono contribuire a rimuoverli.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

4

Cercheremo ora di delineare i problemi principali:

Al primo posto c’è sicuramente una insufficiente conoscenza delle

potenzialità offerte dalle fonti energetiche rinnovabili, sia in termini

tecnici – cioè, dal punto di vista della fattibilità degli impianti per

valorizzarli – sia in termini economici – cioè, dal punto di vista della loro

redditività, cioè del pay-back time degli investimenti necessari al loro

sfruttamento; ovvero delle facilitazioni e degli incentivi offerti al loro

utilizzo, sia dalle politiche nazionali e comunitarie che dai programmi

regionali: in particolare per quanto riguarda le regioni Obiettivo 1;

Questa conoscenza insufficiente – a cui si cerca in parte di ovviare con

questa pubblicazione – riguarda in generale, e con le dovute e lodevoli

eccezioni, sia il livello propriamente politico e/o decisionale, cioè gli

amministratori locali, il management dei parchi, ma anche i livelli alti

delle strutture amministrative locali, sia il livello propriamente tecnico:

cioè gli uffici tecnici delle strutture amministrative e gestionale coinvolte,

dove la presenza di personale competente – tutt’altro che rara – sembra

il più delle volte dovuta a interessi personali o culturali coltivati al di fuori

delle incombenze connesse al proprio ruolo, che il frutto di processi di

selezione, reclutamento, formazione e addestramento mirati;

Tutto ciò si traduce in una ridotta capacità progettuale degli enti a cui

dovrebbe far capo l’iniziativa di promuovere l’utilizzo di energie

rinnovabili, sia direttamente che attraverso programmi di informazione,

divulgazione e disseminazione tra le imprese e la popolazione del

territorio di riferimento.

Questi limiti sono tanto più rilevanti in quanto un programma organico di

valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili disponibili sul territorio,

che sappia anche cogliere le opportunità messe a disposizione dai

programmi di incentivazione del loro uso non può, in linea di massima,

fare capo ad un’unica professionalità, ma richiede il concorso di un’équipe

affiatata di esperti in campi tra loro molto diversi.

Non si sottolineerà mai abbastanza che nessuna delle fonti rinnovabili ha

in sé la possibilità di sostituire l’uso fortemente indifferenziato che oggi si

fa dell’energia di origine fossile; perché ciascuna delle fonti considerate è

adatta solo per una gamma limitata di utilizzi, mentre è fortemente

antieconomica – e spesso anche costosa in termini ambientali – se

utilizzata per usi per i quali non è adatta.

E tutte insieme assumono un significato strategico solo se abbinate a

programmi di risparmio energetico, che rappresenta tutt’ora la “riserva”

di energia alternativa alle fonti di origine fossile più ricca e promettente;

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

5

Ma accanto ai limiti creati dall’insufficienza delle competenze tecniche o

della cultura diffusa sulle potenzialità delle fonti rinnovabili, sono

numerosi anche gli ostacoli di altra natura, che richiedono un’attenzione e

un approccio specifico.

Un limite di “carattere estetico”

Il limite colpisce in questa fase soprattutto l’utilizzo delle fonti eoliche e dell’energia fotovoltaica, ma anche, in misura notevole, le centrali di potenza alimentate a biomassa, in quanto si ritiene che le relative installazioni, soprattutto a causa delle loro dimensioni necessariamente ampie – se si debbono o vogliono raggiungere potenze di una certa consistenza - abbiano impatti visivi o ambientali incompatibili con le caratteristiche di un’area protetta. Il problema naturalmente ha un fondamento reale e impone indubbiamente limiti di ordine dimensionale, ma soprattutto di design, alle installazioni. Purché la cultura conservazionista, che è all’origine dei vincoli imposti alle aree protette, non si trasformi in mero immobilismo.

Per fare un esempio, l’impatto visivo di una pala per la generazione di energia eolica non è sicuramente peggiore di quello dei tralicci delle linee ad alta tensione che attraversano non poche delle are protette italiane; ma soprattutto se atteggiamenti analoghi a quelli di chi oggi si oppone in linea di principio alla diffusione di impianti eolici in nome della salvaguardia del paesaggio fossero prevalsi anche in passato, non sarebbero mai nati paesaggi come quelli dell’Olanda o delle isole greche, dei quali i mulini a vento costituiscono uno degli elementi più caratteristici

Lo stesso vale per i tetti fotovoltaici. Certamente un loro inserimento armonioso e preventivo nelle strutture architettoniche a cui sono asserviti – come peraltro previsto da un apposito programma ampiamente finanziato dal Ministero dell’Ambiente – potrà ridurre drasticamente gli effetti meno gradevoli di un ricorso su ampia scala a questa tecnologia.

Ma è indubbio che la sua diffusione non potrà non avere conseguenze rilevanti sulle caratteristiche di molti edifici; né è detto che queste trasformazioni siano necessariamente tutte di segno negativo.

Le obiezioni di carattere estetico alle piccole centrali di potenza alimentate a biomasse si intrecciano con le obiezioni di carattere ambientale o sanitario che colpiscono qualsiasi impianto dove avvengano processi di combustione. Queste obiezioni sono spesso confortate dal fatto che il combustibile utilizzato negli impianti di potenza alimentati a biomasse è facilmente sostituibile con i rifiuti urbani e, quindi, permane nelle popolazioni il sospetto che dietro l’utilizzazione di una fonte energetica largamente disponibile e non adeguatamente utilizzata come le biomasse legnose si nascondano in realtà progetti di impianti, assai più lucrosi, ma anche assai più inquinanti, di incenerimento dei rifiuti.

Le amministrazioni pubbliche interessate dovrebbero quindi impegnarsi a fondo per mantenere ben distinte queste due tipologie di progetto, fornendo alle popolazioni coinvolte adeguate garanzie.

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Un limite di “carattere amministrativo”

Limitatamente alle aree protette, esso nasce dal fatto che spesso a promuovere le nuove iniziative è l’Ente Parco, ma le Amministrazioni competenti sono invece i Comuni riuniti nella Comunità del Parco, tra i quali non sempre è facile raggiungere un accordo, e alcuni dei quali possono dissentire dalle iniziative proposte, o manifestare una sostanziale inerzia nel portarle avanti – senza che l’Ente Parco o qualsiasi altro organismo possa esercitare nei loro confronti poteri sostitutivi - o addirittura frapporre veri e propri ostacoli o azioni ostruzionistiche.

Questa problematica - che nelle aree protette rispecchia spesso un conflitto più profondo ed esteso tra i compiti istituzionali dell’Ente Parco tesi a imporre e far rispettare i vincoli e l’interesse vero o presunto di una parte della popolazione coinvolta in questi vincoli a sviluppare attività economiche o di altro genere con essi incompatibili – non fa che riprodurre a livello locale una congerie di problemi che nascono dalla sovrapposizione e dai confini incerti delle competenze amministrative del nostro ordinamento istituzionale e che certamente rappresentano un forte ostacolo alla promozione dello sviluppo economico e sociale in tutti i campi.

Un limite di “complessità di filiera”

Il terzo ostacolo, che riguarda tutte le filiere delle fonti energetiche rinnovabili, ma in misura diversa, alcune più di altre, e le biomasse più di tutte le altre, nasce dalla complessità stessa della filiera che, per funzionare, ha bisogno di un funzionamento efficiente, ma anche di un dimensionamento adeguato, di tutti gli anelli della catena.

Per quanto riguarda le biomasse, essi sono rappresentati dalla attività di forestazione – e dai conseguenti programmi di impiego della manodopera addetta a questa attività, che vede sovrapporsi imprese private e attività demaniali, Corpo forestale, programmi antincendio, cooperative sociali, programmi di impiego di LSU, ecc. – a quelle di valorizzazione del teleriscaldamento - che richiede un interesse e un impegno attivo da parte di amministratori pubblici, amministratori di condomini, proprietari di abitazioni, piccole grandi imprese – passando attraverso alle attività dei commercianti e dei distributori di legname, agli installatori e manutentori di piccoli impianti diffusi, agli investitori e ai gestori di impianti di potenza, ai distributori di energia elettrica, ecc.

Costruire un progetto in questo settore – ma per le altre fonti rinnovabili i problemi sono forse meno complessi, ma certamente non assenti – significa coordinare e rinvenire delle convenienze specifiche per ciascuno di questi soggetti.

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Alle sezioni seguenti sono esposti i risultati di una breve rassegna effettuata su

tutti i Parchi Nazionali italiani e su alcune esperienze di avanguardia realizzate

all’estero, limitatamente all’utilizzo delle biomasse come fonte di energia

rinnovabile. Le schede sono relative ai parchi nazionali e non esaustive delle

esperienze nel territorio italiano (alcuni progetti esemplari sono stati ricompresi

nel capitolo dedicato alle esperienze europee)

In generale, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili

nelle aree protette italiane presenta un quadro

complessivo contrassegnato dal sottoutilizzo, sia

rispetto alle potenzialità offerte dal territorio e alle

esigenze proprie di ambienti particolarmente sensibili,

sia rispetto al ruolo “esemplare” di laboratorio della

sostenibilità ambientale, che costituisce una delle

missioni strategiche delle aree protette che ne

giustificano i vincoli ambientali imposti.

A parziale documentazione di questo assunto,

presentiamo qui i risultati di un’indagine relativa

all’utilizzo delle biomasse nei Parchi Nazionali italiani.

L’indagine è stata effettuata tramite colloqui con i direttori o – dietro indicazione di

questi – con i responsabili degli uffici tecnici degli Enti Parco.

Questa rassegna non ha la pretesa di essere esaustiva, ma è comunque sufficiente

a fornire un quadro di prima approssimazione allo “stato dell’arte” in questo

campo. Si segnala in particolare lo scarto tra l’interesse per il tema mostrato dalla

maggior parte dei tecnici intervistati, le idee progettuali segnalate e lo stato delle

realizzazioni effettivamente portate a compimento. Il che, se da un lato è un

indice delle difficoltà in cui si dibattono molti degli Enti contattati (mancanza di

una programmazione specifica, mancanza di personale con competenze

specialistiche, scarsità di risorse, ostacoli burocratici, rigidità e prevenzioni dei

proprietari dei boschi, sia pubblici che privati, ecc.), dall’altro lascia ben sperare

sulle potenzialità di un ricorso crescente alle fonti rinnovabili, utilizzate per

valorizzare e potenziare sia la qualità ambientale delle aree sottoposte a tutela,

sia il benessere, l’occupazione, il reddito e lo spirito imprenditoriale delle

popolazioni delle aree protette o ad esse contigue del nostro paese.

L’utilizzo

energetico

delle

biomasse

nei Parchi

Nazionali

italiani:

una rassegna

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1. Parco dell’Abruzzo-Lazio-Molise

Per quanto riguarda l’utilizzo delle biomasse come fonte energetica, l’Ente non ha avuto alcuna esperienza concreta pur avendo un Ufficio tecnico che disponeva di tutte le competenze necessarie.

La valorizzazione delle biomasse potrebbe essere sicuramente utile per alcune zone limitrofe al Parco, che si trovano a quote più basse, pur in presenza di alcune difficoltà provocate:

^ da una quota del perimetro del parco elevata (1.200 m. slm);

^ dalla difficile sostenibilità di un impianto di potenza alimenta a biomassa che (potrebbe comunque servire al massimo 5.000 persone di diversi Comuni);

^ dalle abitudini ormai consolidate degli abitanti di utilizzare liberamente il legname

^ dalla necessità – irrinunciabile - di conservare il più possibile il patrimonio boscato.

Le soluzioni più percorribili sembrano quindi essere quelle di piccoli impianti al servizio di singoli fabbricati anche privati.

2. Parco dell’Arcipelago Toscano

Per la costruzione di una nuova sede dell’Ente Parco, e per la realizzazione di alcuni edifici in fase di progettazione, è stata data ai progettisti l’indicazione di massima di prendere in considerazione l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili per le dotazioni impiantistiche.

L’Ente considera elemento essenziale per progettare tali interventi l’attivazione di adeguati partenariati. Per questo è necessario consolidare i rapporti con i sistemi amministrativi dei territori ricompresi o gravitanti sulle aree protette.

Ad oggi il livello di collaborazione raggiunto ha individuato un primo obiettivo nell’introduzione di mezzi di trasporto elettrici per la mobilità interna al Parco.

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3. Parco dell’Asinara

Per quanto riguarda le biomasse, l’Ente non dispone di competenze tecnico/professionali adeguate: mancanza peraltro giustificata dalla scarsità di materia prima – non sono presenti estese superfici boscate o attività agricole/zootecniche che possano essere considerate a tutti gli effetti dei fornitori di biomassa –che non permette di progettare nell’area uno sviluppo della filiera necessaria.

Bisogna inoltre considerare alcune pre-condizioni di contesto che rendono difficoltose le iniziative a carattere strategico, come il fatto che l’'Ente è giovane, essendo stato, infatti, istituito solo nel dicembre del 2002;

Non sono ancora state definite le linee guida relative alla programmazione strategica dell’area. C'è bisogno di dare una risposta ai servizi primari: per esempio, più ancora del riciclaggio, c'è il problema della raccolta dei rifiuti; più ancora che di mobilità sostenibile,di mobilità tout court.

4. Parco dei Monti Sibillini

L’opportunità di utilizzare le i biomasse della zona in campo energetico è stata presa in considerazione, ma le attività di manutenzione delle aree boschive sono state ritenute di dimensioni insufficienti a produrre una quantità adeguata di residui.

Gli alberi adulti vanno preservati e non si possono abbattere, i boschi cedui presenti – abbastanza estesi - sono quasi tutti sfruttati dai privati, che utilizzano per sé o vendono sul mercato gli scarti.

Sono stati peraltro analizzati i costi legati al trasporto e alla logistica che sono tali da scoraggiare l’installazione di centrali di potenza.

Per quanto riguarda le deiezioni animali, gli allevamenti zootecnici. peraltro presenti sui territori del Parco solo in certi periodi dell'anno, sono relativamente scarsi.

5. Parco del Vesuvio

L’unica possibilità di utilizzo di biomasse considerata al momento si basa su di uno studio per verificare e progettare il recupero nella produzione di compost di qualità per l’agricoltura.

Invece, l'utilizzo per la produzione di energia elettrica non è stato ancora preso in considerazione.

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6.1. Parco dello Stelvio (Provincia di Sondrio)

Non è stato realizzato alcun intervento per lo sfruttamento delle biomasse perché in prossimità del Parco sono già in funzione due centrali di potenza alimentate a biomassa, finanziate dalla Regione Lombardia (una a 2-3 Km; l'altra a circa 30 Km di distanza).

Gli impianti attuali sfruttano per il 98 per cento di scarti di segherie, molto diffuse in Provincia di Sondrio e nella vicina Svizzera; viene utilizzato anche del cascame del Parco (indicativamente per il restante 2 per cento), ma i costi di trasporto sono alti.

La centrale di Tirano utilizza anche scarti di cartiera.

Gli impianti vengono utilizzati soprattutto per fornire riscaldamento ai paesi vicini: sono infatti centrali di cogenerazione utilizzate per il teleriscaldamento nella stagione invernale. Producono anche produrre energia elettrica, ma l'uso maggiore che ne viene fatto per ora riguarda il riscaldamento e l'acqua sanitaria.

Entrambi gli impianti, inoltre, si forniscono di materia prima soprattutto dalla Svizzera con consistenti consumi di energie non rinnovabili necessarie per la logistica.

D’altra parte, i boschi della Valtellina sono stati tagliati in misura eccessiva nell’immediato dopoguerra e ad oggi devono ancora progredire, per cui gli scarti non garantirebbero sicuramente una fonte sufficiente di materiale per le centrali.

Infine, in Provincia di Sondrio è difficile raggiungere le aree boscate, mentre in Trentino l'accesso è più agevole e ci sono dei piani di assestamento forestale che consentono un maggior utilizzo di massa legnosa.

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6.2. Parco dello Stelvio (Trentino)

Per quanto riguarda le biomasse, è stato effettuato uno studio di fattibilità per due impianti/centrali in Val di Peio (612.000 Kwh/anno), e Val di Rabbi (1.027.000 Kwh/anno: i dati sono indicativi).

Il secondo impianto è di potenza notevolmente superiore perché c'è maggiore disponibilità di scarti legnosi e di deiezioni animali. La fonte principale è il letame, mentre i boschi vengono considerati solamente in seconda battuta. L’iniziativa nasce infatti dalla necessità di smaltire in modo ecologico il letame che inquina il terreno, ma anche per altre ragioni ecologiche , quali l’inquinamento dell’aria.

In Val di Peio è già in funzione un impianto di teleriscaldamento che serve circa dieci alberghi e cinque condomini, oltre al complesso delle Terme. In questo impianto è presente un sistema di integrazione con cippato.

In Val di Rabbi, l’impianto è vicino alle Terme di Rabbi e serve anch’esso per il riscaldamento degli alberghi.

L’iniziativa è stata presa dal Parco, che ha cercato un cofinanziamento di privati, ma ha incontrato molte difficoltà nel coinvolgere gli agricoltori. Per ottenere la loro partecipazione è infatti necessario che si organizzino in consorzio. Di fatto il Parco è stato costretto a fare tutto in mancanza di un partenariato efficiente.

6.3. Parco dello Stelvio (Alto Adige)

Il Parco - per convenzione - gestisce tre centri visita costruiti dalle amministrazioni dei Comuni di Prato allo Stelvio, Stelvio e Martello, che sono o saranno allacciati a impianti a biomassa dei rispettivi comuni; alimentati a legna o a liquame (nel caso di Prato): ovvero con biogas prodotto dalle deiezioni.

L’ impianto di Prato è gestito da una cooperativa di coltivatori diretti, che ha ricevuto 600 milioni di lire di cofinanziamento dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio.

Per la realizzazione degli altri due impianti a biomassa, il Parco è stato sollecitato dal Ministero dell’Ambiente a costituire dei partenariati per ottenere i finanziamenti per i Comuni di Martello e Stelvio; i Comuni prescelti sono quelli maggiormente impegnati nell’utilizzo di fonti rinnovabili.

La Provincia finanzia il 30 per cento dei costi per l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.

Tra i privati è molto diffuso l’utilizzo delle biomasse per alimentare impianti di riscaldamento domestici relativamente moderni.

Non ci sono e non sono previste centrali elettriche all’interno del perimetro del Parco.

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7. Parco delle Foreste Casentinesi

In generale, non sono state prese in considerazione le opportunità offerte dalla biomassa, che non viene valutata dalla Direzione una alternativa conveniente, malgrado sia stato proposto di lanciare un bando rivolto ai privati che hanno edifici nell'area del parco, per lo sfruttamento del legname come combustibile per il riscaldamento.

8. Parco del Pollino

Nell’area del Parco è presente una centrale, originariamente alimentata a gasolio. La società Terna, del gruppo ENEL, intende riconvertirla, parzialmente, a biomassa. L’Ente ha dato l'autorizzazione poiché l’impianto si trova in un’area adiacente al Parco.

I lavori sono stati approvati dalla Conferenza dei servizi all’inizio del 2003. La centrale, probabilmente, servirà una linea di collegamento da Laino Borgo, dove si trova l’impianto, a Rizziconi, in cui è in costruzione un’altra centrale non alimentata a biomassa.

9. Parco della Maddalena

Dell’utilizzo dell’energia da biomasse si è trattato al momento di progettare la riqualificazione di un’area sito di discarica. La scarsità sia di aree boscate che di allevamenti o grandi estensioni colturali non ha consentito di proseguire nello studio in quanto la fonte energetica considerata non è compatibile con le caratteristiche del contesto di riferimento.

10. Parco del Gargano

L’utilizzo di biomasse per uso energetico non è mai stato preso in considerazione, anche perché non sono ancora stati messi a puntogli strumenti di pianificazione dell’Ente; a breve sarà pronto il Piano del Parco che conterrà indicazioni più approfondite relative all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili in genere.

E’ stata valutata anche la possibilità di utilizzare lai biomassa per la produzione di compost, ma non è stato possibile reperire professionalità qualificate, anche esterne all’Ente, in grado di realizzare un progetto del genere.

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11. Parco del Cilento

Per quanto riguarda le biomasse, tra il 97 e il 99 un'azienda del Gruppo Marcegaglia aveva proposto un progetto per dare lavoro ai LSU. Il Gruppoi intendeva usare le biomasse disponibili del parco in cambio di una offerta occupazionale.

Il progetto non è stato realizzato in quanto i Comuni, che sono principali proprietari immobiliari delle aree boscate– si sono opposti all’iniziativa di utilizzo degli scarti boschivi e l’Ente Parco non è stato in grado di costruire un partenariato capace di rispondere alle esigenze del Gruppo, che di conseguenza ha ritirato l’offerta.

12. Parco del Gran Paradiso

L’Ente Parco sta convertendo alcune vecchie stufe ricollocate in fabbricati di sorveglianza (sedi di servizio, mediamente 6 metri x 6) via via che si guastano o invecchiano. Per ora i casi non sono molti e riguardano gli edifici dove c'è più personale.

In alcuni casi le nuove attrezzature integrano quelle esistenti, mentre in altri si usano solo le nuove stufe. Queste utilizzano pellets acquistati da una ditta vicina, un distributore di Cuorgné (TO), che lavora biomasse prodotte nell’area del Canavese.

Nel Parco sono abbastanza diffuse le stufe a legna, comprese quelle moderne (alimentate con pellets). La Regione Valle d'Aosta incentiva l’utilizzo di tutti i modelli di stufe a legna, comprese, ovviamente, quelle moderne.

In Valle d'Aosta ci sono diversi rivenditori, che fanno molta pubblicità – e, quindi, anche divulgazione – e che offrono anche l'assistenza tecnica. Questo, in generale, vale anche per tutta l’area montana del Piemonte.

Nel Parco le aree boscate coprono circa il 7-8 per cento del territorio. L’introduzione delle nuove stufe per il momento è sperimentale, solo in un secondo tempo è prevista una promozione/divulgazione maggiore. Inoltre, se l’idea avrà riscontro o successo, verranno prese in considerazione anche altre opportunità: per esempio, piccole centrali di potenza. La filiera va costruita nel tempo.

Le ragioni della scelta sono di ordine ecologico e pratico: le stufe a legna c'erano già. Di quelle nuove si deve ancora verificare il recupero economico, visto che queste attrezzature costano più delle stufe normali.

Il Parco dispone anche di due impianti a biodiesel per il riscaldamento di altrettante piccole unità. Il carburante viene acquistato da un distributore che opera in prossimità del Parco, a Rivarolo Canavese (TO), ma viene prodotto a Livorno.

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13. Parco delle Cinque Terre

Finora non è stato fatto nulla di concreto anche perché il Parco è nato solo da due anni. Tuttavia ha rapporti stretti e positivi con i Comuni; ha già approvato il Piano di sviluppo e ha in cantiere diverse iniziative: innanzitutto per l'utilizzo di (scarti forestali del settore agricolo per produrre compost; in seguito anche per il riscaldamento.

Questa iniziativa si inserisce nella strategia di recupero/riconversione di diversi terreni abbandonati, oltre che di pulizia degli stessi (Si intende coltivare vite, basilico, rucola, miele, piante officinali per cosmetici, etc.).

La proprietà è molto frantumata; tuttavia, il Parco è deciso a recuperare anche antichi rustici, insediamenti storici, chiesette, etc… inserendo in questo contesto progetti di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.

14. Parco dell’Aspromonte

Insieme all’ISES di Roma, con fondi della Provincia e propri, l’Ente Parco ha finanziato il progetto di un Centro di ricerca/laboratorio sullo sviluppo eco-sostenibile. Sempre con ISES, è stato realizzato un master per lo sviluppo delle fonti alternative

L’Ente sta inoltre partecipando a una ricerca - di cui il Parco è il centro di coordinamento - sull’utilizzo e la trasformazione delle biomasse per produrre idrogeno. Potrebbe diventare il punto di distribuzione dell'idrogeno per tutto il Mezzogiorno.

Il Parco ha attivato diversi finanziamenti, messi a disposizione dal Ministero dell’Ambiente, che verranno poi gestiti dal progetto. Questi riguardano:

teleriscaldamento per strutture da recuperare. Verranno utilizzate cooperative per gestire attività sia ricettive che di altro genere;

due progetti di impianti di generazione eolici (il Parco è socio al 50 per cento del Progetto Eolo 21; gli altri soci sono otto Comuni dell’area protetta, più una società di Roma selezionata con una procedura a evidenza pubblica). L’ostacolo maggiore è costituito dalla Regione, che ha bloccato l’installazione di impianti eolici, per cui è stato aperto un contenzioso;

una a caldaia a legno misto gasolio da 70 Kw per alimentare un Punto base del parco; il progetto esecutivo è già pronto. Costo: 55.000 euro.

un progetto per lo sviluppo di motori biodiesel.

Le ragioni della scelta delle energie rinnovabili riguardano sia l’opzione di uno sviluppo sostenibile per tutta l’area che la messa a punto di una politica promozionale.

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15. Parco della Maiella

Per quanto riguarda le biomasse, ci sono stati dei contatti con la Regione per mettere a punto delle idee progettuali, ma un intervento preciso non è stato ancora preso in considerazione.

16. Parco delle Dolomiti Bellunesi

Per quanto riguarda l’utilizzo energetico delle biomasse le iniziative intraprese sono le seguenti:

1. Una caldaia per un'attività di agriturismo, dato in appalto da un Comune. Riscalda e fornisce acqua calda a cucina e stanze. Poi c'è un caseificio che utilizza biomasse come combustibile, ma che non dispone di una caldaia adeguata.

Questo tipo di attrezzatura ha un costo di acquisto elevato, ma il ritorno nel periodo di gestione è garantito. Non è ancora stato fatto un calcolo preciso, perché si tratta di iniziative intraprese per ragioni di carattere ambientale più che economico. I fondi necessari sono stati ricavati dai ribassi d'asta del CIPE - Natur.

La nuova caldaia può essere alimentata sia con pellets che, come seconda opzione, con ceppi da 50 cm e 6-8 cm di diametro,. Il legname viene ricavato sia da boschi cedui che dalla pulizia di quelli vincolati. La superficie sfruttata varia a seconda del bosco. Il combustibile viene acquistato anche sul mercato.

2. Si intende replicare l’iniziativa su due altre strutture/foresterie:

una di dimensioni simili alla prima. Struttura ricettiva, ristorante e stanze (30 posti letto). Gestione in appalto a privati.

Una un po’ più piccola: 20 posti letto. Centro vacanze per scolaresche, nel contesto di promozione ambientale (funzione didattica)

3. Molte stufe a legna per piccoli edifici sono già funzionanti (sedi di servizio, sorveglianza del corpo forestale, ecc.).Si tratta di 10/15 fabbricati su cui sono stati installati anche dei pannelli fotovoltaici.

Non ci sono spazi per piccole centrali di potenza perché l’approvvigionamento è più difficile. Le strutture servite sono in alta montagna o in zone di difficile accesso.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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16. Parco delle Dolomiti Bellunesi (segue)

Nell’area del Parco e nei dintorni operano diversi fornitori di legname: ci sono numerosi boschi cedui, che nel 2002 hanno prodotto circa 17.000 quintali di legname. I privati utilizzano prevalentemente stufe tradizionali (modello altoatesino) in muratura, essendo queste molto diffuse come sistema integrativo del riscaldamento elettrico o a gasolio

Tutte le iniziative rientrano in un progetto Parco fossil-free (rif. Buone Pratiche in Europa), che ha usufruito dei finanziamenti stanziati dal Ministero dell’Ambiente e, qualche anno fa, con il programma ALTENER.

Il progetto ha individuato per ogni edificio la fonte energetica migliore, con l'obiettivo di eliminare completamente i combustibili fossili. Dove non è possibile verranno utilizzati dei generatori convenzionali a bio-diesel. Oggi, ogni nuovo intervento viene implementato sulla base del progetto e della sua filosofia.

Le ragioni sono sia ecologiche che di immagine. Ma contano anche molto le ragioni di ordine economico (con le biomasse si può fare tutto “in casa”), anche se non è stata fatta un’analisi costi benefici precisa.

D’altra parte, se si facesse l’analisi costi/benefici si vedrebbe che la costruzione di impianti ecologici ha impatti ambientali consistenti. Ma le strutture servite sono tutte in alta quota e, a volte, queste sono le uniche soluzioni praticabili.

Professionalità e mentalità (per esempio tra gli amministratori dei Comuni) sono cresciute sensibilmente dal 99 a oggi: un vero e proprio “grande balzo”. Ora i Comuni prendono iniziative anche in modo autonomo.

Il Parco ha sempre cercato di coinvolgere i Comuni e la Comunità Montana per creare sinergie. Per esempio, con il Comune di Belluno, per dare autonomia energetica a un ostello, si è fatto ricorso anche all’uso della geotermia (unita al fotovoltaico).

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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In tutti i paesi avanzati, tanto in Europa che nel

continente Nordamericano, il processo di

liberalizzazione in corso nel settore energetico,

unitamente ad un ricorso sempre più esteso all’utilizzo

delle energie rinnovabili e al perseguimento di una

maggiore efficienza degli impianti resa possibile

attraverso il teleriscaldamento (o altre modalità di

sfruttamento del calore), la riduzione delle distanze da coprire per garantire

l’approvvigionamento del combustibile e il vettoriamento dell’energia elettrica

prodotta hanno comportato una progressiva riduzione della taglia dei nuovi

impianti di generazione elettrica.

Si stima che negli Stati Uniti, al 1990, la taglia media dei nuovi impianti di

generazione elettrica è ritornata alle dimensioni che aveva nel 1940, dopo essere

invece cresciuta ininterrottamente per quasi tutta la seconda metà del secolo

scorso.

Lo stesso processo è in corso in molti paesi dell’Unione Europea, che si è

impegnata a raddoppiare l’utilizzo delle energie rinnovabili, portandolo dal 6 del

1995 al 12 per cento previsto per il 2012.

Si stima che l’80 per cento di questo incremento sarà coperto attraverso il ricorso

alle biomasse, il che comporta un aumento di tre volte del potenziale energetico

prodotto attraverso le biomasse e il raggiungimento da parte di questa fonte

energetica di un valore prossimo all’8,5 del fabbisogno energetico complessivo dei

paesi dell’Unione.

Parlare di produzione decentrata, di piccoli impianti e soprattutto di energie

rinnovabili significa dunque affrontare un tema che trova nei territori delle aree

protette, o comunque delle aree ad elevato valore paesaggistico, un ambito di

realizzazione privilegiato.

Qui di seguito forniamo solo alcuni esempi relativi all’utilizzazione su piccola scala,

in forme e/o con tecnologie altamente innovative, delle biomasse.

Buone prassi

in Europa:

una rassegna

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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Finlandia: la promozione dell’utilizzo diffuso

(fonte: Fondelf)

Un caso da manuale di un’azione di promozione dell’utilizzo sia diffuso che

centralizzato dei residui dell’attività forestale ci è offerta dal progetto “Promoting

the use of wood energy”, realizzato in Finlandia nel corso del 2001 dal gruppo

Fondelf con il cofinanziamento dell’Unione Europea attraverso il programma Recite

II.

Il progetto ha riguardato la regione di Kainuu, nel nord est della Finlandia: un’area

di circa 90.000 abitanti e 21.600 Km2, con otto comuni rurali e due centri abitati di

medie dimensioni, tra cui Kayaani, il capoluogo della regione, che conta 36.000

abitanti.

La regione possiede circa 2 milioni di ettari di terreno forestabile, di cui 1,664.000

ettari effettivamente forestali. Il 43% dell’area forestata è di proprietà privata; il

39,7% appartiene allo Stato e il 13,6% è di proprietà di gruppi imprenditoriali.

Complessivamente 89.800 ha di foresta sono soggetti a vincoli naturalistici (pari al

5,4 per cento dell’area forestata).

La regione conta complessivamente la presenza di 15.400 aziende agricole, in

massima parte impegnate in attività forestali (solo il 5 per cento pratica anche

forme di agricoltura commerciale), con una media di 55 ha di estensione per

azienda. Il territorio è soggetto a processi di abbandono: solo il 58 per cento dei

titolari di azienda vive ancora nei loro appezzamenti; il 17 per cento abita nella

regione, ma non nei propri appezzamenti, mentre il 25 per cento dei proprietari di

aree forestale abitano al di fuori dei relativi comuni.

L’obiettivo del progetto era incrementare l’utilizzo degli scarti dell’attività forestale

nella produzione energetica e accrescere la conoscenza delle opportunità offerte

dall’uso energetico delle biomasse. I beneficiari del progetto erano i proprietari di

aziende forestali della regione, imprese di differenti dimensioni impegnate nella

filiera energetica (e soprattutto nella produzione di cippato) e le amministrazioni

municipali della regione.

L’attività principale del progetto concerneva la sensibilizzazione della popolazione,

senza però trascurare le opportunità di utilizzo delle biomasse per il riscaldamento

di edifici pubblici e per la generazione elettrica da parte delle Amministrazioni

municipali.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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Il progetto, diretto a tre categorie di decisori – gli amministratori locali, i titolari di

aziende forestali e le imprese del settore, si è articolato in quattro azioni, relative,

rispettivamente a:

Informazione di base sulle risorse disponibili e sulle opportunità che esse rappresentavano.

Questa è stata realizzata attraverso un’analisi delle potenzialità della regione in termini di utilizzo energetico delle biomasse.

Valutando lo scarto non utilizzato dell’attività forestale della regione in una percentuale pari al 20-30 per cento del legname valorizzato, è stato stimata una produzione annua di mezzo milione di m3 (0,25 m3/ha), pari a 1,25 m3 di cippato, ovvero 1 teraWh di energia.

Le risorse disponibili sono risultate nettamente superiori al loro utilizzo effettivo nell’anno 2000 e, quindi, facilmente indirizzabili verso utilizzi addizionali;

Attività di promozione attraverso seminari, partecipazioni a fiere ed eventi dimostrativi.

Sono stati organizzati un seminario a valenza nazionale, con la partecipazione di 110 operatori; la partecipazione con stand, conferenze e dimostrazioni, a cinque fiere locali e una serie di eventi di animazione in mercati e durante festività pubbliche in altre tre occasioni

Attività di consulenza e di trasferimento di know-how.

Questa si è realizzata attraverso l’impegno di due esperti appartenenti alla rete nazionale di promozione dell’uso energetico delle biomasse che hanno effettuato circa 250 visite di consulenza ad altrettante aziende forestali, oltre a un numero imprecisato di visite in edifici pubblici e privati di Kainuu;

Dimostrazioni effettuate attraverso installazioni in loco e viaggi di studio ad altri impianti.

Il mezzo più efficace per promuovere l’utilizzo energetico delle biomasse è stata la visita guidata a installazioni già in funzione.

Molti titolari di aziende forestali utilizzavano già il legno come combustibile per il riscaldamento, ma in impianti tradizionali alimentati a ciocchi, mentre la visita ad impianti molto più efficienti, alimentati con cippato e pellets, li ha convinti a passare alla nuova tecnologia. Decisivo, da questo punto di vista, è il confronto dei costi tra la nuova e la vecchia tecnologia.

Questo vale sia per gli impianti tradizionali alimentati a legna che per quelli degli edifici urbani pubblici e privati alimentati con combustibili fossili, compresa la valutazione dell’opportunità di installare un impianto di cogenerazione – energia elettrica e teleriscaldamento – a livello locale.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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nelle zone ad obiettivo 1

20

Danimarca: una cooperativa di utenti

(fonte Legno energia n. 3; marzo 2003)

Un modello organizzativo che riveste un indubbio interesse e che potrebbe essere

riproposto in Italia per promuovere l’utilizzo di energie alternative – soprattutto da

biomasse in centri abitati situati in aree contigue ai parchi - è rappresentato

dall’impianto di cogenerazione con turbina a vapore di Assens, in Danimarca.

L’impianto attuale è nato dalla riconversione a biomasse di un impianto

precedente alimentato a carbone. Il combustibile era costituito in una prima fase

da mattonelle, poi sostituite – per rendere possibile l’alimentazione automatica

dell’impianto - con pellet ricavati da residui forestali, rifiuti organici e trucioli di

segheria, con una umidità media del 40%.

Si tratta di un impianto completamente automatizzato, in funzione per circa 8.000

ore anno, che di notte e durante i week-end funziona in telecontrollo.

E’ gestito da nove addetti, di cui quattro direttamente operanti sull’impianto, per

un impegno complessivo di non più di 8 ore/giorno tra tutti gli occupati.

Poiché il sistema è altamente automatizzato, anche l’approvvigionamento viene

effettuato affidando grosse responsabilità ai fornitori, con cui evidentemente esiste

un rapporto di fiducia. I fornitori scaricano il combustibile su una tramoggia e

prelevano due campioni di esso in sacchi sigillati, forniti di codice a barre, che

depositano alla bocca di un’apparecchiatura che ne effettua in automatico l’analisi

– soprattutto del grado di umidità del materiale – per determinare il prezzo da

corrispondere al fornitore e le modalità con cui inserire la fornitura analizzata

nell’alimentazione del forno, in modo da mantenerne costante il regime.

L’aspetto più interessante è dato dal fatto che l’impianto è gestito da una

cooperativa formata dagli utenti, che utilizzano il calore generato dalla centrale; si

tratta sia di strutture residenziali che di attività produttive. Gli abitanti serviti sono

circa 2.500. La gestione dell’impianto viene effettuata da una struttura di tipo

Onlus, senza scopo di lucro.

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Austria: un impianto modulare di cogenerazione

(fonte: Legno energia, n. 1 marzo 2003)

A Gussing, in una zona ad elevato valore naturalistico dell’Austria, è stato

introdotto un nuovo processo di massificazione della biomassa in un impianto di

cogenerazione.

L’imbianto è basato su un processo di combustione in letto fluido – in cui cioè il

combustibile viene tenuto in sospensione nella camera di combustione da un

flusso di aria e sabbia proveniente dal basso – a due zone.

La gassificazione viene effettuata mettendo il combustibile a contatto con il vapore

a temperatura molto elevata (850°C), in un processo che genera un gas con

elevato contenuto di idrogeno e praticamente privo di azoto, con un potere

calorifico di oltre 12.000 kJ/Nm2, che è circa il doppio di quello prodotto con

processi di combustione effettuati che ricavano l’ossigeno dall’aria.

Un altro vantaggio di questo processo è dato dal fatto che la qualità del gas

prodotto utilizzando il vapore è indipendente dal grado di umidità della biomassa

utilizzata. Inoltre, questo sistema equilibra automaticamente i processi di

combustione e di massificazione, consentendo un funzionamento costante senza

bisogno di eccessive regolazioni e aggiustamenti.

Il gas così prodotto viene successivamente raffreddato fino a una temperatura di

40°C: il calore rilasciato sia nel processo di gassificazione che in quello di

raffreddamento, e quello prodotto dal raffreddamento del generatore vengono

utilizzati per alimentare il sistema di teleriscaldamento. Il gas, una volta

raffreddato viene poi utilizzato nell’alimentazione un generatore di energia

elettrica alimentato da un motore specificamente studiato per ottenere la massima

efficienza da questo tipo di combustibile.

Un ulteriore vantaggio di questo impianto è la completa riutilizzabilità dei residui

ricavati dall’impianto di depurazione del gas, che infatti vengono reimmessi

nell’impianto di massificazione. In questo modo il rendimento energetico totale

dell’impianto (calore + elettricità) arriva all’85%.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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nelle zone ad obiettivo 1

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Questo impianto è stato realizzato nel quadro di un piano energetico messo a

punto dalle autorità locali all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo, insieme a un

programma integrato di sviluppo locale – che interessava tanto le fonti

energetiche rinnovabili quanto l’agricoltura, il turismo e le attività manifatturiere -

teso a rivitalizzare l’economia di tutto il territorio, che proprio in quegli anni stava

attraversando una profonda crisi.

Tra le risorse considerate per l’elaborazione del piano un peso particolare compete

alle biomasse ricavate dalla manutenzione dei boschi e dai sottoprodotti

dell’industria della lavorazione del legno, che fino ad allora non avevano trovato

una adeguata valorizzazione. E’ stato così elaborato un nuovo piano energetico a

lungo termine incentrato sulla valorizzazione della biomassa con lo scopo di

sostituire in misure elevata l’energia ricavata da fonti di origine fossile.

Questo piano, che si è andato attuando nel tempo attraverso numerose

realizzazioni, di cui l’impianto di gassificazione della biomassa rappresenta

soltanto l’ultima tappa, ha fatto Gussing un caso esemplare, tanto da assegnare

alla cittadina il ruolo di Centro Europeo per le Energie rinnovabili.

Tra le realizzazioni messe a punto nel quadro di questo piano vanno annoverate

una estesa rete di teleriscaldamento alimentata a biomasse e un impianto per la

produzione di biodiesel (Raps Methil Ester), nonché un netto miglioramento della

qualità dell’aria, riconducibile all’utilizzo dei nuovi combustibili: 96% di riduzione

delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e soloforosa (SO2); 83% di riduzione di

monossido di carbonio (CO) e 60 per cento di riduzione di idrocarburi incombusti.

L’impianto di teleriscaldamento è stato realizzato in due fasi: installazione di due

caldaie a biomassa della potenza di 3 e 5 MW; e, successivamente, la

realizzazione del gasogeno a biomassa per la produzione di energia elettrica. La

rete di teleriscaldamento comprende due circuiti della lunghezza di 14 chilometri,

serve circa 300 famiglie, più tutte le grandi utenze come scuole, asili, ospedali,

comprese alcune imprese industriali.

L’impianto di massificazione della biomassa e di generazione di energia elettrica

descritto è un modulo sperimentale da 100 kw di potenza, teso, una volta condotti

a termine i test di funzionamento, a garantire un decentramento della generazione

elettrica da biomassa, avvicinando ulteriormente il processo alle fonti naturali del

combustibile.

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Finalndia: la centrale a gas “fai da te” di Tersola

(fonte: Fondelf)

Un’altra applicazione di un impianto di cogenerazione – produzione di energia

elettrica e teleriscaldamento - basato sulla massificazione della biomassa e su

dispositivi in grado di separare il gas prodotto in due componenti, una pura, da

utilizzare in motori che alimentano un generatore di energia elettrica e l’altra, più

inquinante, da utilizzare solo in una caldaia - debitamente fornita di adeguati

impianti di trattamento dei fumi – destinata per la produzione di calore finalizzato

al teleriscaldamento è stata messa a punto nella cittadina di Tervola, in Finlandia.

In questo caso l’impianto costituisce la prima applicazione di un nuovo brevetto

messo a punto da un ingegnere impiegato presso il Centro-ricerche della città.

Prima di adottare la nuova tecnologia, il progetto è stato sottoposto ad una

verifica tecnica che ne ha evidenziato la maggiore efficienza rispetto agli impianti

similari con tecnologia tradizionale, e a una analisi di rischio, che ha evidenziato la

netta convenienza del nuovo brevetto.

A indurre il Consiglio comunale ad adottare la nuova soluzione, quando si è

trattato di convertire una stazione tradizionale di teleriscaldamento alimentata con

combustibili fossili in un nuovo impianto alimentato a biomassa è stata comunque

la constatazione del livello notevole di sub-fornitura a carattere locale comportato

dal nuovo progetto: non solo per quanto riguarda l’approvvigionamento di

combustibile, ma anche per quanto concerne una quota consistente di componenti

dell’impianto: dunque, energia rinnovabile abbinata a una soluzione di sostegno

allo sviluppo locale.

La componente principale dell’impianto è costituita da un generatore di gas che

consente di gassificare a 1200°C sia la biomassa di origine forestale che i rifiuti

urbani, permettendo di separare una componente di gas che contiene una

notevole componente di catrame, e che viene utilizzata in caldaia, dalla

componente pura, che viene utilizzata per alimentare il motore del generatore

elettrico (con recupero di calore utilizzato anch’esso dalla rete di

teleriscaldamento).

L’impianto, alimentato con segatura, trucioli e corteccia, è completamente

automatizzato e non richiede la presenza di personale. In caso di disfunzioni, invia

un segnale di allarme al telefono cellulare o al computer dell’addetto alla

manutenzione, che viene messo in grado di controllare a distanza i vari parametri

di esercizio.

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nelle zone ad obiettivo 1

24

Il sistema inoltre ha struttura modulare: possono essere montati e messi in

funzione separatamente il generatore di calore e il generatore elettrico, ed è

possibile aumentare progressivamente la potenza del generatore elettrico – che ha

un rendimento ottimale quando assorbe circa il 30 per cento della potenza

complessiva installata – da un minimo di 2 a un massimo di 15 MWe.

Un sistema del genere è particolarmente consigliato per il teleriscaldamento e il

fabbisogno di elettricità di piccoli centri che si trovano in prossimità di una fonte di

biomassa, consentendo così un vasto decentramento della produzione elettrica

con conseguente riduzione della dispersione e dei costi comportati dal suo

vettoriamento mediante linee ad alta tensione.

Per questo può fondarsi su un accordo di programma tra un piccolo comune e una

o più segherie che producono biomassa, ma può anche essere installato

autonomamente da un gruppo di imprese che attraverso la produzione di i

biomasse di scarto e l’assorbimento del calore e dell’elettricità prodotte per

alimentare macchinari e impianti di essiccazione e/o serre, possono portare ad

una chiusura pressoché totale dei rispettivi cicli di lavorazione.

Vercelli: un’applicazione industriale di una risorsa locale

(fonte Bois energie, n. 5, mars 2002)

L’impianto di Crova, in provincia di Vercelli, è stato concepito e progettato per

valorizzare una risorsa locale che altrimenti sarebbe stata in gran parte sprecata:

la lolla, cioè l’involucro che avvolge i chicchi di riso, largamente presente in

un’area agricola con una elevata produzione risicola e una elevata presenza di

risiere, impianti dove il riso viene lavorato liberandolo innanzitutto dalla lolla.

L’impianto di Crova è stato costruito accanto a una risiera che lo rifornisce di lolla

– anche se il fabbisogno di combustibile della centrale, che ammonta a ben 64mila

tonnellate/anno, non può venir coperto integralmente dagli scarti della risiera a

cui è abbinato, e cede a sua volta il calore prodotto (vapore a 450 °C e 45 bar, in

misura di 33 t/h) agli impianti di produzione di riso parboiled annessi alla risiera,

in un ciclo virtualmente chiuso.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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nelle zone ad obiettivo 1

25

Ma l’impianto alimenta anche un generatore elettrico con una potenza installata di

6 MWe, solo una parte dei quali viene utilizzata per uso interno e per alimentare

gli impianti della risiera, mentre ben 40mila GWh vengono ceduti alla rete

nazionale e beneficieranno entro breve degli incentivi connessi alla vendita di

certificati versi.

Anche i residui di processo (oltre 8mila tonnellate/anno di ceneri ricche di silice

amorfa, vengono vendute a imprese del settore siderurgico, che le utilizza come

isolante termico). Infine, le polveri generate dal trattamento dei fumi vengono

rimosse ed avviate ad un impianto di trattamento che provvede alla loro

inertizzazione.

L’impianto di Crova è un esempio di stretta integrazione tra la vocazione di

un’area nota in tutto il mondo per la qualità della sua produzione risicola ed il

recupero energetico di un sottoprodotto di lavorazione che altrimenti avrebbe

potuto costituire un problema aggiuntivo per gli equilibri ambientali della zona. Per

questo rappresenta un caso di studio esemplare che può servire da modello per il

recupero di molti altri sottoprodotti dell’agricoltura.

L’area “fossil free” del parco delle Dolomiti Bellunesi

(fonte: Bollettino della rete alpina, n. 8, luglio 2000)

Per la sua rilevanza merita senz’altro di essere annoverata tra le buone pratiche di

livello europeo il progetto di area fossil-free del Parco delle Dolomiti Bellunesi, vale

a dire il programma per liberare completamente l’area del Parco dall’impiego di

combustibili di origine fossile.

Questo progetto, cofinanziato dal Ministero dell’Ambiente, dovrà trasformare il

Parco in un vero e proprio laboratorio di sviluppo sostenibile. Esso prevede

l’utilizzo di tutte le fonti energetiche rinnovabili disponibili: dalle biomasse al

solare termico e fotovoltaico, dall’eolico al mini-idroelettrico. Poiché il territorio è

poco antropizzato (complessivamente i residenti veri e propri nell’area del Parco

sono solo 88) gli interventi possono essere anche limitati dal punto di vista

quantitativo, ma è fondamentale il valore divulgativo del progetto, che

trasformerà l’intera area in una mostra a cielo aperto. Per questo motivo gli

impianti dimostrativi verranno realizzati negli ambiti più frequentati dai turisti:

rifugi alpini, malghe, centri visita.

Le fonti energetiche rinnovabili nelle aree protette

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26

Installazioni particolari sono previste anche in Valle del Mis, che è rimasta isolata

dalla rete elettrica nazionale in seguito all’alluvione del 1966 e mai più riconnessa,

causa non ultima dello spopolamento della valle, anche se costituisce attualmente

una delle vie di accesso al Parco più frequentate.

Il progetto prevede l’elettrificazione dell’area con fonti energetiche rinnovabili,

utilizzando impianti microidraulici e fotovoltaici per l’alimentazione delle strutture

turistiche, veicoli elettrici per le esigenze di mobilità dei turisti, battelli elettrici per

la navigazione nel lago.

Le biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

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2. LE BIOMASSE

In questa sezione del documento potrete reperire le principali informazioni sulle

differenti forme in cui si presenta la disponibilità di materiale derivante dal

processo di fotosintesi clorofilliana nonché quelle più compatibili per l’utilizzo nelle

aree naturali protette. Nella medesima sezione potrete trovare alcuni cenni sulla

forma di energia che può essere prodotta e sui vantaggi che presenta rispetto ai

tradizionali combustibili fossili. Il capitolo si chiude con una rassegna dei

programmi di utilizzo futuro della biomassa sia al livello globale che per quanto

riguarda l’Italia e consente di avere una prima visione di insieme dell’ambito di

interesse.

S'intende per biomassa ogni sostanza organica

derivante direttamente o indirettamente dalla

fotosintesi clorofilliana. Mediante questo processo, le

piante assorbono dall'ambiente circostante anidride

carbonica (CO2) e acqua (H2O), che vengono

trasformate, con l'apporto dell'energia solare e di

sostanze nutrienti presenti nel terreno, in materiale

organico utile alla crescita della pianta.

In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2×1011 tonnellate di

carbonio all'anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di

tonnellate di petrolio, circa 10 volte l'attuale fabbisogno energetico mondiale.

Si tratta di materiali costituiti fondamentalmente da sei grandi categorie di

prodotti:

1. legname da taglio, proveniente da boschi cedui (ma in questo

caso la frazione utilizzata come fonte energetica si limita, al

massimo, alle sfrondature e ai prodotti dello scortecciamento, in

quanto il fusto ha per lo più una destinazione industriale) o da

coltivazioni di piante a rapida crescita;

Definizione

e

categorie

Le biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

28

2. sottoprodotti della manutenzione del bosco: alberi vecchi o

da sfoltire, rami secchi e sottobosco;

3. sottoprodotti di coltivazioni agricole, come potature, paglia,

steli di piante annuali, ecc.;

4. sottoprodotti di lavorazioni dell’industria agro-alimentare,

come sanse, lolle, residui della lavorazione della barbabietola ed

altre essenze zuccherine;

5. colture ad hoc di essenze finalizzate alla produzione

energetica, piante a rapida crescita (rotazione) o essenze

destinate alla produzione di biodiesel, che possono essere

prodotte in terreni marginali, non adatti alla produzione di colture

a maggiore valore aggiunto, o in terreni vincolati al set-aside,

nell’ambito delle misure di contenimento delle produzioni

eccedentarie definite in sede di PAC;

6. sottoprodotti della zootecnia: in particolare deiezioni e lettiere

che possono essere valorizzate attraverso la produzione di

biogas;

A queste sei categorie di biomasse alcuni aggiungono anche i rifiuti, che solo in

parte possono essere considerati materiali di origine organica, in quanto la

frazione dei rifiuti con maggiore potere calorifico è costituito dalle plastiche, che

sono un derivato della lavorazione di idrocarburi.

Le biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

29

L’unica componente dei rifiuti che può a pieno titolo essere assimilata alle

biomasse è il legno degli imballaggi (casse, cassette e pellet) che presenta

caratteristiche del tutto omogenee con il legname vergine ricavato dai boschi e

dalle colture arboree.

In linea di massima tutte le prime sei fonti di biomasse

– e senza escludere il legno degli imballaggi - sono

compatibili con i vincoli propri di un’area protetta,

anche se le risorse principali sono in genere riscontrate

– nell’ordine - nelle categorie:

1. sottoprodotti della manutenzione

forestale;

2. sottoprodotti di coltivazioni agricole;

3. sottoprodotti del legname da taglio.

Dalla lavorazione del legno si ottengono moltissimi derivati: cascami derivanti

dalla lavorazione dei tronchi: rami, fogliame, corteccia, intestature, ecc…; refili e

intestature derivanti dalla lavorazione delle tavole da segheria e dalle lavorazioni

successive come imballaggi, pallet, segatura, trucioli, imballaggi usati, pallet

usati, ecc.

Le ricerche agronomiche hanno inoltre individuato diverse specie culturali la cui

qualità fondamentale è quella di avere un bilancio energetico il più possibile

favorevole, caratterizzate cioè da elevata efficienza fotosintetica e basso costo

energetico, con limitata necessità di pratiche agronomiche, quali lavorazioni del

terreno, concimazioni, irrigazioni. Sono state così rivalutate anche alcune colture

che in passato erano considerate infestanti, come il cardo, la ginestra e la robinia,

in grado di crescere in condizioni estreme, in terreni aridi e improduttivi, e colture

tipiche della fascia subtropicale, come il sorgo zuccherino.

Biomasse

e

compatibilità

con le

aree protette

Le biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

30

Anche l’evoluzione delle tecnologie di meccanica agraria per la raccolta, lo

stoccaggio e il trasporto all’industria di trasformazione ha portato alla

realizzazione di sistemi per offrire un prodotto con caratteristiche uniformi e

risolvere i principali problemi delle colture zuccherine (facilmente fermentescibili)

e delle colture che producono biomassa con umidità superiore al 30%.

Problemi di conservazione presentano anche le specie poliennali come il pioppo, la

robinia e il salice, la cui raccolta viene effettuata ogni 2-3 anni, perché sono

costituite per il 50% da umidità. Sono state sviluppate tecniche di disidratazione

della biomassa nel campo o in cumuli coperti. Le colture energetiche inoltre

offrono la possibilità di diversificare le attuali produzioni agricole eccedentarie in

direzione di impieghi non alimentari.

Per quanto riguarda gli utilizzi energetici delle

biomasse, le destinazioni possibili sono molteplici e

rientrano grosso modo in tre categorie generali:

1. utilizzo diretto tramite combustione per la generazione di calore: Questo utilizzo, a sua volta, può avvenire: in forma diffusa, per alimentare impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda in abitazioni singole o complessi residenziali di piccole dimensioni; ovvero per alimentare impianti centralizzati di teleriscaldamento (ma questo avviene in genere in abbinamento con la generazione di energia elettrica) o per la generazione di vapore ad uso industriale o per il riscaldamento di impianti agricoli o zootecnici come serre o stalle;

2. utilizzo diretto per la generazione di energia elettrica da immettere in rete: Ove è possibile in impianti di co-generazione, che producono anche vapore per il teleriscaldamento o per usi industriali, agricoli o zootecnici. Oggi, in termini economici, la produzione in loco di energia elettrica mediate centrali di ridotta potenza (1-3 MWe), specialmente in zone isolate, è molto più vantaggiosa del trasporto via rete;

Prodotti

derivanti

dall’utilizzo

delle

Biomasse

Le biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

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3. utilizzo indiretto per generare altri combustibili attraverso processi biochimici: Quali la digestione anaerobica, la fermentazione alcolica, la digestione aerobica, o termochimica, quali massificazione, pirolisi, carbonizzazione, estrazione di oli vegetali: i primi sono particolarmente adatti per le biomasse ad elevata umidità; i secondi per i residui cellulosici e legnosi con umidità inferiore al 30%. I prodotti che ne risultano sono metano, etanolo, metanolo, oli vegetali che, attraverso processi di esterificazione, concorrono alla produzione di carburante biodiesel, o prodotti solidi carboniosi.

In termini generali – e con le dovute eccezioni – il legname e il materiale

proveniente dagli scarti delle attività agricole è meglio utilizzato in forma diretta,

come combustibile, sia sotto forma di ciocchi o di cippato (legname e frasche

triturati) che sotto forma di pellet (legname e frasche triturate e pressate, in modo

da conseguire una elevata densità e una maggiore maneggiabilità nella

alimentazione continua e uniforme degli impianti, grazie alle caratteristiche che lo

avvicinano a quelle di un fluido).

I sottoprodotti di origine zootecnica possono essere riutilizzati quasi

esclusivamente nella produzione di biogas: una percentuale di metano prossima al

50%, il resto essendo costituito da anidride carbonica e tracce di altre sostanze:

un prodotto del tutto simile a quello rilasciato dalle discariche o dai processi di

digestione anaerobica dei rifiuti in ambienti controllati (reattori). Ma la produzione

di biogas, con una quota variabile di sottoprodotti costituiti da oli combustibili

(fluidi) e combustibili solidi è ottenibile anche attraverso processi di pirolisi

(combustione controllata in carenza di ossigeno)

Le colture effettuate a scopo energetico e i sottoprodotti della lavorazione di

sostanze zuccherine o ad elevato contenuto di amidi sono utilizzate al meglio nella

produzione di metanolo e, attraverso la sua esterificazione, di combustibile

biologico (biodiesel) utilizzabile – da solo o in combinazione con combustibili

ricavati da idrocarburi - in motori tradizionali appositamente modificati.

Le biomasse

energia da conversionedi biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

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In tutti i casi l’utilizzo a scopo energetico delle biomasse genera dei sottoprodotti:

ceneri ad elevato contenuto di nutrienti (fosforo e potassio) per l’agricoltura o

residui solidi da sottoporre a compostaggio da utilizzare come ammendante

agricolo che devono rientrare nel bilancio energetico ed economico del ciclo

complessivo.

Al tempo stesso, l’utilizzo a fini energetici della biomassa legnosa entra in

competizione diretta con altri utilizzi industriali, in particolare la fabbricazione di

pannelli truciolati – settore che in Italia è particolarmente sviluppato e

tecnologicamente agguerrito – sicché la destinazione ultima del materiale deve

essere lasciata al mercato, garantendo comunque, attraverso contratti pluriennali,

la sicurezza dei rifornimenti agli impianti che se ne sono aggiudicati la fornitura.

In questa competizione gioca a favore degli impieghi energetici la vicinanza tra il

luogo di produzione e la sede di utilizzo: in particolare quando questo assume la

forma di un utilizzo diffuso, come nel caso degli impianti di riscaldamento

domestici.

In quanto risorsa energetica da utilizzarsi in un

contesto generale, la biomassa destinata alla

combustione in forma diretta – sia sotto forma di

ciocchi che di cippato o di pellet - si trova in

competizione diretta con i combustibili di origine

fossile. Sia in questo caso che nell’applicazione in area

protetta di valore naturalistico il confronto risulta

senz’altro favorevole alla biomassa:

dal punto di vista economico

come si può ricavare dalla tabella 1, che mette a confronto la biomassa

legnosa con i più comuni combustibili utilizzati per usi termici in base al

rispettivo potere calorico ed ai rispettivi costi

Biomasse

e

Combustibili

tradizionali

Le biomasse

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

33

dal punto di vista ambientale

perché, in termini di riscaldamento del pianeta (global warming) la

combustione di biomassa non contribuisce all’effetto serra, in quanto

l’anidride carbonica che viene emessa è pari a quella che è stata a suo tempo

sottratta all’atmosfera dai processi di fotosintesi che hanno generato la

biomassa stessa, e confluirebbe comunque nell’atmosfera attraverso i

processi di decomposizione spontanee della materia organica (mentre

l’anidride carbonica emessa dalla combustione degli idrocarburi si va invece

ad aggiungere a quella immessa in atmosfera dal ciclo naturale del carbonio);

inoltre la biomassa utilizzata a fini energetici richiede in tutti i casi una

movimentazione su distanze molto minori di quelle – planetarie – degli

idrocarburi, e una conseguente minore emissione di anidride carbonica

Per quanto riguarda poi l’ambiente a livello locale, la produzione di biomassa

attraverso la manutenzione del bosco o l’utilizzazione di terreni in dissesto

idrogeologico per attività forestali finalizzate alla produzione di energia permette

di conseguire importanti benefici anche in termini di arresto dell’erosione e del

degrado delle aree montane, arresto dei processi di inaridimento e di

desertificazione e creazione di habitat più adatti alla diffusione di specie animali.

Le biomasse

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

34

tabella 1: poteri calorifici/costi indicativi di combustibili Fossili e biomasse (fonte: Il sole a trecentosessantagradi, n. 10, novembre 2002, p. 5)

COMBUSTIBILI FOSSILI Potere calorifico netto

Costo €/kg

Litro eq. GPL (kg)

Costo €

Gasolio 11,7 0,990 0,62 0,61 Metano 13,5 0,720 0,54 0,39 GPL 12,8 1,097 0,57 0,62

BIOMASSA

Legna da ardere (25% umidità)

3,5 0,103 2,07 0,21

Legna da ardere (45% umidità)

2,4 0,077 3,02 0,23

Cippato faggio/quercia (25% umidità)

3,5 0,067 2,07 0,14

Cippato faggio/quercia (50% umidità)

2,1 0,057 3,43 0,19

Cippato pioppo (25% umidità)

3,3 0,052 2,17 0,11

Cippato pioppo (50% umidità)

1,9 0,036 3,72 0,13

Pellet di legno (max 10% umidità)

4,9 0,180 1,48 0,27

Le biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

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Le biomasse soddisfano circa il 15 per cento circa degli

usi energetici primari nel mondo, con 55 milioni di

TJ/anno, pari a circa 1.200 Mtep (milioni di tonnellate

di petrolio equivalenti)/anno). Questi consumi

presentano però forti disparità tra il nord e il sud del

pianeta.

Nel complesso i paesi in via di sviluppo ricavano quasi

il 40% della propria energia dalle biomasse (ma in

molti di essi l’utilizzo ammonta fino al 90 Per cento dei consumi energetici),

mentre i paesi industrializzati utilizzano le biomasse per coprire non più del 3 per

cento degli usi energetici primari (7 milioni di TJ/anno, pari a circa

150 Mtep/anno).

In Europa l’utilizzo di biomasse a scopo energetico ammonta a circa 65

Mtep/anno, pari al 3-4 per cento dei consumi primari. Consumi decisamente

superiori alla media si riscontrano in Svezia e Finlandia (17 e 18 per cento circa) e

in Austria (13 per cento).

I consumi percentuali dell’Italia sono invece decisamente inferiori alla media (pari

a circa il 2 per cento del fabbisogno complessivo).

Si stima comunque che un corretto sfruttamento delle biomasse in Europa

potrebbe offrire un potenziale prossimo a 135 Mtep/anno, pari al 10% del

consumo globale di energia: tre volte – quindi – quello attuale (Libro Bianco della

CE).

L’Europa ha attualmente un potenziale produttivo di oltre un milione di tonnellate

di biodiesel, con 21 impianti dedicati localizzati soprattutto in Francia, Italia,

Austria, Germania e Belgio.

Produzione

e

utilizzo

delle

Biomasse nel Mondo

Le biomasse

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

36

L’Italia possiede quasi 9 milioni di ettari superficie

forestale, alla quale vanno aggiunti siepi, boschetti e

coltivazioni arboree da legno presenti nelle pianure.

In Italia le biomasse disponibili per produrre energia

sono quasi esclusivamente costituite da legna da

ardere, residui agricoli agroindustriali e forestali e

rifiuti solidi urbani: sono scarsamente sviluppate, cioè,

le colture dedicate ad usi energetici.

La maggior parte dei boschi italiani è però di proprietà privata; e per questo molto

frammentata e poco curata. Anche la maggior parte dei boschi demaniali, in

mancanza di piani di riassetto forestale, o a causa di una loro insufficiente

attuazione, presentano condizioni di degrado che, oltre ad esporli a pericoli di

incendio e dissesto idrogeologico, ostacolano lo sfruttamento della biomassa

ricavabile anche dalla semplice manutenzione.

Il contenuto energetico delle risorse disponibili nel nostro paese è valutato in circa

66 milioni di tonnellate di sostanza secca, pari a 26-27 milioni di Mtep. La parte di

questa biomassa ricuperabile per fini energetici viene stimata in circa il 50% di

quella prodotta (dunque, circa 13 Mtep).

Un adeguato programma di rimboschimento e di

mantenimento delle foreste esistenti potrebbe rendere

disponibili nuove superfici boschive sfruttando una

parte dei 3 milioni di ha circa non destinati

all’agricoltura perché scarsamente produttivi, e dei

250.000 ha circa destinati al set-aside dalla Politica

agricola Comunitaria (PAC). Si tratta di suoli

prevalentemente situati nelle aree montane e nelle

regioni del centro-sud del paese.

Una stima ragionevole fa ammontare a un milione di ettari il territorio che

potrebbe essere destinato a riconversione a colture annuali o poliennali per la

produzione di biomassa da energia, con una produttività media stimata in 10

t/anno di biomassa per ha, per una produzione complessiva di circa 10 milioni di

tonnellate.

L’uso

energetico

delle

Biomasse

in Italia

I programmi

di

sviluppo

delle

Biomasse

Le biomasse

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

37

L’uso attuale di biomasse per la produzione di energia elettrica è comunque

limitato a circa il 14 per cento del potenziale complessivo. All 1999 erano in

funzione impianti che utilizzavano biomasse per una potenza di 22 MWe; una

frazione quasi insignificante rispetto ai 380 MWe selezionati con le procedure

previste dal Decreto 6/92 del Comitato Interministeriale Prezzi, il cosiddetto CIP6

(si trattava, però, in gran parte, di impianti finalizzati alla valorizzazione

energetica dei rifiuti).

La generazione di calore da legna e altre biomasse assimilabili per uso domestico

si aggira, secondo Enea, intorno ai 3-6 Mtep un contributo che potrebbe

sicuramente crescere.

Oltre al riscaldamento domestico, il settore in cui l’utilizzo di biomasse è

suscettibile di una maggiore penetrazione quello del teleriscaldamento nei centri

urbani.

In particolare, al 1999 erano in esercizio 41 sistemi di teleriscaldamento di piccola

taglia alimentati da biomassa legnosa in piccoli comuni dell’Italia settentrionale,

con una potenza installata di 55 MWt. Un’altra decina di impianti analoghi sono

attualmente in via di costruzione.

l Libro Bianco per le Fonti Rinnovabili (rif: allegato 1) dell’ENEA e il Programma

Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (rif: allegato 2) del Ministero per le

Politiche Agricole e Forestali situano in circa 10 Mtep/anno il contributo che le

biomasse potrebbero dare al fabbisogno nazionale entro il 2012 (Obiettivo

temporale del Protocollo di Kyoto (rif: allegato 3).

L'utilizzo delle biomassea scopo energetico

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

38

3. L’UTILIZZO DELLE BIOMASSE A SCOPO ENERGETICO

Questa sezione del documento è volta ad approfondire le problematiche connesse

all’utilizzo di questa fonte energetica in modo da poter individuare l’impianto più

adatto per le Vostre esigenze/possibilità: bisogna infatti decidere fin dalla fase

preliminare - avendo ben presente le condizioni del mercato - se orientarsi verso

la realizzazione di impianti di potenza centralizzati o verso la diffusione di impianti

di taglia medio-piccola dedicati all’uso domestico; in particolare nei confronti delle

biomasse è importante individuare anche i prodotti che verranno rilasciati al

termine del processo (non solo potenza calorifica ma anche oli, gas, residui per

compost, etc.).

In Italia l’offerta di energia termica ed elettrica e di

biocombustibili per autotrazione ricavati da biomasse è

sostanzialmente limitata da questi fattori:

l’insufficiente sviluppo della gestione e della manutenzione

forestale nonché la mancata valorizzazione dei suoli non utilizzabili per

colture alimentari a causa della loro scarsa produttività: questo problema

riguarda anche il territorio delle aree protette e va affrontato

contestualmente ai piani di riassetto forestale;

la scarsità di soggetti imprenditoriali disponibili ad impegnarsi

nella valorizzazione delle biomasse in impianti centralizzati di piccola

taglia per la produzione di energia elettrica e calore.

Questa situazione è in verità in via di cambiamento, in quanto negli ultimi

tempi le iniziative e le dichiarazioni di intenti si sono moltiplicate, anche

in vista della possibilità di ammortizzare il costo degli impianti con i

“certificati verdi” introdotti dal decreto Bersani in sostituzione degli

incentivi previsti dal precedente decreto – cosiddetto CIP6 - che avevano

attirato però l’attenzione degli investitori soprattutto verso il trattamento

dei rifiuti solidi urbani, da cui ci si riprometteva allora maggiori vantaggi

economici, anche a causa degli automatismi nei rifornimenti;

Le

strozzature

dell’offerta

L'utilizzo delle biomassea scopo energetico

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

39

la mancanza di una rete capillare di installatori e di

manutentori per sostenere la diffusione degli impianti termini

domestici (stufe e impianti di riscaldamento di piccole dimensioni)

che costituiscono invece – fino a saturazione del fabbisogno - la

forma di utilizzo più economica e più efficiente della biomassa

ricavata dalle gestioni forestali per tutti gli edifici che si trovano in

prossimità delle aree di produzione;

la diffusione ancora limitata di biocombustibili per

autotrazione, sia in termini di estensione dei suoli destinati a

colture dedicate, sia in termini di impianti di trasformazione, sia –

infine – in termini di consistenza delle flotte dotate di propulsori in

grado di utilizzarli; questo è un problema che, dal lato dell’offerta,

riguarda in misura marginale le aree protette, mentre riveste

un’importanza vitale dal lato della domanda, dal momento che dotare

il territorio di mezzi per il trasporto pubblico, di persone e di merci, a

basso impatto ambientale rappresenta un passo decisivo sulla strada

della tutela dell’ambiente e della sostenibilità dei sistemi di mobilità;

Tutti o quasi questi fattori dipendono in ultima analisi da una insufficiente

informazione sia sui vantaggi ambientali ed economici che si possono ricavare da

un ricorso intensivo alle biomasse come fonti energetiche, sia sui sistemi di

incentivazione economica e finanziaria che ne sostengono lo sviluppo, sia –

soprattutto – sulle opportunità occupazionali e imprenditoriali che una

riconversione ecologica anche parziale del sistema energetico comporta,

soprattutto a livello locale; a queste, peraltro, sono collegate opportunità di

carattere anche più “strategico” in termini di sviluppo locale, quali la promozione

di figure professionali ad elevato livello di specializzazione e il collegamento diretto

con centri di ricerca e di sperimentazione – sia nel campo dell’impiantistica che

della forestazione e delle colture specializzate – che lavorano sulle nuove

frontiere dello sviluppo sostenibile.

Per affrontare i problemi dell’appprovvigionamento di biomassa, ma anche quelli

connessi al suo trattamento e alla diffusione delle tecnologie e dell’impiantistica

connesse, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF) ha lanciato, nel

1988 il Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB) e

successivamente il Programma Biocombustibili (PROBIO) (rif: allegato 4) per la

promozione e la diffusione dei combustibili ricavati da risorse vegetali.

L'utilizzo delle biomassea scopo energetico

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

40

Sempre in tema di sostegno alla produzione di biomassa la Federlegno-Arredo ha

lanciato i l progetto “Restauro del Bosco” (rif: allegato 5) affidandone la gestione

all’Associazione Forestale Italiana; il programma ha lo scopo di fare manutenzione

di oltre 3,6 milioni di ettari di bosco ceduo (più del 43 per cento del totale dei

boschi) abbandonato e potrebbe portare a sviluppare convenienti sinergie con gli

Enti di gestione delle aree protette.

In Europa le imprese di dimensioni medio-grandi che

operano nel settore della generazione di energia

elettrica da biomasse sono oltre 200. In Italia gli

impianti di questo genere sono una decina, ma con

molti progetti nuovi in corso di messa a punto,

autorizzazione o costruzione. I principali produttori di

impianti sono costituiti da gruppi francesi ed austriaci.

Questi impianti, di taglie comprese tra uno e 20-30 MW elettrici o misti /termici ed

elettrici) richiedono circa 10.000 t/anno di biomassa legnosa per MWe di potenza.

10.000 t/anno di biomassa legnosa corrispondono mediamente alla produzione di

1.000 ha di bosco sottoposto a manutenzione e pulitura, ovvero a 300-350 ha di

bosco da taglio, con un giro di affari relativo alla produzione di biomassa di 6-

700.000 euro.

La movimentazione di 10.000 t/anno di legname richiede il passaggio di 6-7

camion al giorno per rifornire la centrale; e questo costituisce indubbiamente

l’impatto ambientale maggiore di questo tipo di centrali. Se la taglia dell’impianto

è al di sotto del MW di potenza, la movimentazione può essere effettuata anche

solo utilizzando i trattori ed i mezzi agricoli utilizzati all’interno delle aree boscate

o dagli agricoltori proprietari del bosco. Al di sopra di questa taglia il ricorso a

mezzi pesanti diventa però indispensabile.

La taglia ottimale di questi impianti è considerata in genere quella da 3MWe, se

l’impianto è adibito a produzione di energia elettrica, o, meglio, a cogenerazione

grazie all’allacciamento a reti di teleriscaldamento, mentre per gli impianti con

finalità solo termiche le dimensioni ottimali possono scendere anche fino a un solo

MWt o meno. Più l’impianto è piccolo, minori sono, a parità di contesto, i costi e

l’impatto ambientale del trasporto.

Gli

impianti di potenza

L'utilizzo delle biomassea scopo energetico

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

41

In un contesto di utilizzo sperimentale/esemplare di

impianti posti all’interno di aree protette, la diffusione

di impianti di piccola taglia per il riscaldamento di

uffici, centri di informazione e/o documentazione, spazi

didattici, rifugi ed in genere piccoli edifici isolati pare

quella auspicabile per arrivare – sul medio lungo

periodo - a soluzioni più complesse di interazione con i

produttori di biomassa.

Il mercato dei dispositivi di piccola potenza (10-50 kW) per riscaldamento

domestico è pari ad alcune decine di migliaia di unità all’anno.

Oggi la tecnologia delle stufe a fiamma inversa consente un rendimento prossimo

al 90 per cento, fortemente competitivo nei confronti delle tradizionali fonti

energetiche di origine minerale anche nei costi, oltre che nell’impatto ambientale.

Per gli impianti di riscaldamento o di produzione di acqua calda che superano la

soglia dell’abitazione unifamiliare (piccoli condomini, alberghi e ristoranti, uffici e

servizi), che possono essere proprio quelli in cui si trovano ad agire gli Enti di

gestione delle aree protette, è senz’altro opportuna la presenza di una fase

intermedia di lavorazione della biomassa legnosa: cioè la coppatura (o

macinazione di scaglie minute, chips) e la pellettizzazione, che permette di

inserire a monte delle caldaie dei dispositivi di alimentazione automatica. La

coppatura e in alcuni casi la pellettizzazione sono d’altronde indispensabile per

garantire l’alimentazione di tutti gli impianti di potenza.

Nel caso dell’utilizzo di sistemi analoghi all’interno delle aree protette sarà dunque

necessario prevedere attentamente le attività e le risorse necessarie per la

preparazione preventiva del materiale.

I produttori italiani sono numerosi (circa 150), ma in gran parte privi di reti di

distribuzione adeguate (e, quindi, anche di servizi di assistenza tecnica post

vendita), che costituisce un fattore essenziale di successo.

A complicare le cose, gli agenti di vendita di queste attrezzature sono per lo più

monomandatari: con la conseguenza di non riuscire sempre a soddisfare le

esigenze dei clienti, se il prodotto adatto non è presente nel loro listino; ovvero a

promuovere prodotti che non realizzano i target di efficienza resi possibili dallo

sviluppo delle tecnologie.

Gli impianti

per

uso domestico

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

42

4. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

La presente sezione riporta una panoramica del corpus normativo che regola

l’utilizzo delle biomasse ma anche delle energie alternative in genere in modo che

sia più agevole, una volta individuato in linea di massima l’impianto che verrà

installato, identificare le norme che ci consentano di intervenire con efficacia. In

apertura del capitolo sono inoltre citati i principali documenti di indirizzo disponibili

per avere un quadro complessivo dei principali obiettivi strategico-programmatici.

Per economia d’uso tutti i riferimenti citati si trovano per esteso in formato

elettronico e collegati automaticamente attraverso dei links alla copia di questo

testo nel formato su CD-ROM.

Occuparsi dell’utilizzo di fonti energetiche “alternative”

all’interno di contesti territoriali quali le aree protette,

caratterizzati da forti sensibilità nei confronti del

“problema ambiente”, implica la conoscenza e l’utilizzo

dei principali strumenti di orientamento sui temi della

sostenibilità dello sviluppo (rif: allegato 6).

In un contesto di mondializzazione dei traffici e dei sistemi economici, sviluppatasi

nel corso degli ultimi cinquanta anni, si è prodotta quasi contemporaneamente la

globalizzazione del problema ambiente. A partire dagli anni settanta sono stati

infatti prodotti una serie di documenti, conferenze e protocolli sulle tematiche

ambientali, che hanno prodotto il concetto di “sviluppo sostenibile” nell’accezione

che viene attualmente riconosciuta ed utilizzata universalmente.

Il momento di svolta può essere situato temporalmente alla pubblicazione degli

scritti dell’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (rif: allegato 7), che

per primo collega il tema dell’utilizzo delle risorse naturali alle teorie economiche.

Documenti di indirizzo

Il quadro normativodi riferimento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

43

Contemporaneamente vari istituti universitari intraprendono lo studio di modelli

matematici di simulazione degli effetti globali provocati dal trend di sviluppo

socio-economico mondiale sull’ambiente (in questo periodo lo sviluppo

dell’informatica consente infatti di lavorare con elaboratori più potenti e in grado

di interpolare serie sempre più complesse di dati). Il modello World III, elaborato

dal System Dynamics Group (rif: allegato 8) del MIT, pubblicato dal Club di Roma

nel 1970 diventa rapidamente il riferimento per tutta una serie di istituti di studi a

livello mondiale.

A partire dal 1972 - Conferenza delle Nazioni Unite a Stoccolma - le

problematiche mondiali legate all’utilizzo delle risorse ambientali vengono raccolte

e sviluppate attraverso le Nazioni Unite, che divengono il maggiore veicolo di

informazione ed elaborazione dei concetti chiave attraverso l’indizione di

conferenze, l’edizione di rapporti e di piani di azione che fornicono le principali

linee programmatiche fino ad oggi.

Il documento chiave in cui per la prima volta viene presentato il concetto di

“sviluppo sostenibile” sarà edito solo nel 1987 ed è quel documento che da quel

momento in poi sarà conosciuto con il nome di “rapporto Brundtland”

(rif: allegato 9).

La Commissione Brundtland definisce sviluppo sostenibile come:

uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza

compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni;

un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti,

l'orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in

armonia, ed accrescono le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle

aspirazioni e dei bisogni umani.

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

44

Questa potente dichiarazione significa che sostenibilità e sviluppo devono

procedere insieme:

sostenibilità come precondizione per la conservazione di uno sviluppo

duraturo, ricostituendo e sostituendo le risorse delle attuali e future

generazioni;

sviluppo come modo per superare la povertà, amministrando le risorse per

affermare, contemporaneamente:

i. equità sociale (all'interno delle singole comunità e nel rapporto tra

esse e gli individui);

ii. equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità

territoriali);

iii. equità intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità).

Due principi assumono, in particolare, un significato ed un ruolo trasversale:

quello inter-temporale e quello inter-regionale.

Il principio intertemporale

Si riferisce all'avvenire (o posterità), al presente ed al passato.

L'equità, come valore da realizzarsi fra generazioni, chiama la società ad

operare su una scala temporale diversa rispetto a quella correntemente usata

in economia. Per garantire lo sviluppo sostenibile si deve adottare una

programmazione di lungo termine al fine di prendere in considerazione

l'impatto sul benessere delle future generazioni.

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

45

Il principio inter-regionale

Si riferisce all'assenza di confini della dinamica ambientale.

Nessun paese può considerarsi separato dagli eventi generali della natura.

Oggi questo è vero anche nell'economia e nella società (globalizzazione dei

mercati, istituzioni, stili di vita, culture). Ogni cosa è connessa. Le diversità

sono mischiate. In questo ambito, locale e globale, sono importanti e

simultanei poiché "una comunità sostenibile vive in armonia con il proprio

ambiente locale e non danneggia ambienti a lei distanti ed altre comunità —

ora e nel futuro " (IUCN, UNEP, WWF, 1991).

A conclusione della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo -

riunita a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992 – prende forma la “dichiarazione

di Rio” (rif: allegato 10) con lo scopo di instaurare una nuova ed equa partnership

globale attraverso la creazione di nuovi livelli di cooperazione tra gli stati, i settori

chiave della società ed i popoli.

Di particolare interesse per i fini della presente pubblicazione sono i seguenti

enunciati:

principio 9

Gli Stati dovranno cooperare onde rafforzare le capacità istituzionali endogene

per lo sviluppo sostenibile, migliorando la comprensione scientifica mediante

scambi di conoscenze scientifiche e tecnologiche e facilitando la preparazione,

l'adattamento, la diffusione ed il trasferimento di tecnologie, comprese le

tecnologie nuove e innovative.

Principio 11

Gli Stati adotteranno misure legislative efficaci in materia ambientale. Gli

standard ecologici, gli obbiettivi e le priorità di gestione dell'ambiente dovranno

riflettere il contesto ambientale e di sviluppo nel quale si applicano. Gli standard

applicati da alcuni paesi possono essere inadeguati per altri paesi, in particolare

per i paesi in via di sviluppo, e imporre loro un costo economico e sociale

ingiustificato.

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

46

Al di là dei contenuti della Dichiarazione di Rio, il summit rimarrà nella storia per il

lancio del processo chiamato agenda 21 (il piano di lavoro per il 21° secolo) (rif:

allegato 11): un programma strategico su scala planetaria che, attraverso un

procedimento a cascata, si manifesta ormai alla scala delle municipalità attraverso

i progetti che lo Stato Italiano finanzia con le “agenda 21 locali”.

Il 16 marzo1998 viene aperto per l’adozione il protocollo di Kyoto sui

cambiamenti climatici, attualmente non ancora sottoscritto dai principali produttori

di sostanze volatili responsabili del cosiddetto “effetto serra”: gli Stati Uniti e

quindi potenzialmente nullo.

I documenti più importanti del dibattito attuale sono frutto degli ultimi summit

mondiali: Stoccolma (rif: allegato 12) e Johannesburg (rif: allegato 13) svoltasi a

settembre del 2002 e rivolti alle problematiche di attuazione del programma

Agenda 21.

A livello comunitario sono per lo più presenti

documenti derivanti da summit e incontri, variamente

adottati al livello dei singoli Stati Membri.

In particolare vanno segnalati tra i documenti

programmatici il libro bianco Energia per il futuro: le

fonti energetiche rinnovabili (rif: allegato 14), che

fornisce un quadro abbastanza esaustivo della situazione europea e il libro verde

Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico

(rif: allegato 15) in quanto preparatorio alla Guida europea all’Agenda 21 Locale –

La sostenibilità ambientale: linee guida per l’azione locale disponibile nella

traduzione italiana (rif: allegato 16).

Tra i documenti di indirizzo disponibili solo nelle versioni in lingua originale vanno

poi segnalati: il documento di lavoro della Commissione Consultation paper for the

preparation of e EU strategy for Sustainable development (rif: allegato 17), il

documento elaborato con il Club di Roma Towards a EU strategy for Sustainable

Development (rif: allegato 18).

Le Politiche

dell’Unione

Europea

Il quadro normativodi riferimento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

47

Da segnalare la comunicazione interpretativa della Commissione dedicata alla

gestione degli appalti pubblici: Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le

possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici

(rif: allegato 19).

Gli ultimi documenti disponibili in ordine di tempo sono un paper della Agenzia

Europea dell’Ambiente e una comunicazione della Commissione del marzo 2003

dal titolo Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali (rif: allegato 20)

dedicato all’impostazione strategica delle politiche di sviluppo sostenibile.

I documenti di indirizzo a livello nazionale trovano

riscontro nel PATTO PER L'ENERGIA E L'AMBIENTE (rif:

allegato 21) della IV Commissione Cnel e negli

ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL

MEZZOGIORNO 2000-2006 (Rapporto di sintesi

predisposto dal Comitato nazionale per i fondi

strutturali comunitari 2000-2006) (rif: allegato 22).

Per quanto riguarda la realizzazione delle politiche espresse nell’agenda 21 a

livello nazionale possiamo citare la Strategia Nazionale Ambientale per uno

Sviluppo Sostenibile (rif: allegato 23) e il Piano Nazionale per lo Sviluppo

sostenibile (rif: allegato 24) in attuazione dell'Agenda 21 del Ministero

dell’Ambiente; dal punto di vista pratico è consigliabile consultare la GUIDA ANPA

PER LE AGENDE 21 LOCALI (rif: allegato 25).

Per quanto riguarda le politiche nei confronti delle aree protette è utile consultare

il documento L’energia dei Parchi - PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da: Enel,

Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Legambiente e Ministero

dell’ambiente (rif: allegato 26).

Da citare inoltre il Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti

rinnovabili deliberato dal CIPE nel 1999 (rif: allegato 27).

La situazione

in Italia

Il quadro normativodi riferimento

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nelle zone ad obiettivo 1

48

Riguardo al tema dello sviluppo delle fonti energetiche

alternative e, in generale dello sviluppo sostenibile

rimangono validi il Protocollo di Kyoto e i Piani di

Azione per la realizzazione delle Agende 21:

Trattati, convenzioni e protocolli

Riguardo al tema dello sviluppo delle fonti energetiche alternative e, in

generale dello sviluppo sostenibile rimangono validi il protocollo di Kyoto

(rif: allegato 26)e i Piani di Azione per la realizzazione delle Agende 21 (rif:

allegato 27):

Protocollo di Montreal (rif: allegato 28) e Convenzione per la protezione della fascia di ozono (Vienna 1985 – Montreal 1987)

Dedicata alla protezione della salute e dell’ambiente

contro gli effetti risultanti dalle attività umane che

modificano lo strato di ozono atmosferico

Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) (rif: allegato 29), New York 9 maggio 1992 Unita al Protocollo di Kyoto (adottato l’11 dicembre 1997)

Dedicata alla modifica dello sviluppo economico in

senso sostenibile

Legislazione comunitaria:

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

49

La situazione più interessante al momento, considerate le sue implicazioni sulle

politiche nazionali è rappresentata dal panorama delle convenzioni internazionali

attive che coinvolgono l’Unione Europea, in particolare:

Convenzione sugli impatti ambientali in contesto transfrontaliero (Spoo-Finlandia 25 febbraio 1991) firmatari Europa e Nord America

Dedicata a incrementare la cooperazione

internazionale per la valutazione, mitigazione e il

monitoraggio degli impatti ambientali su scala

transfrontaliera

Convenzione sull’accesso alle informazioni e sulla partecipazione pubblica al processo decisionale, accesso alla giustizia in materia ambientale (Aarhus-Danimarca 25 giugno 1998) firmatari Europa e altri 39 paesi (attualmente non in funzione)

Dedicata a garantire il diritto di accesso e di giustizia

in materia ambientale

Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie (Bonn 23 giugno 1979) firmatari 66 paesi

Dedicata alla conservazione delle specie migratorie

attraverso i confini internazionali

Convenzione per la conservazione delle specie e degli habitats naturali europei (Berna 19 settembre 1979) Unione Europea – 40 firmatari

Dedicata alla conservazione della flora, della fauna e

degli habitats naturali, in particolar modo quelli che

necessitano dell’intervento di più Stati

contemporaneamente

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

50

Protocollo per le aree protette del Mediterraneo (Genova 23 marzo 1986) firmatari Europa-21 paesi

Dedicata all’ambiente marino, possono essere inclusi

tratti di costa indicati dai singoli Stati membri

V Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA): PROTOCOLLO ENERGIA (Salisburgo 1 novembre 1991) 8 Stati firmatari

Copre le aree: popolazione e cultura, pianificazione

regionale, prevenzione dall’inquinamento,

conservazione dei suoli, gestione delle acque,

conservazione della natura, foreste montane, attività

agricole montane, turismo e ricreazione, trasporti,

energia e gestione dei rifiuti

Protocollo per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento (Atene 17 maggio 1980) firmatari Europa – 21 Stati

Dedicata alla protezione dai disastri ecologici provocati

dalle attività di terraferma

Per quanto riguarda il diritto comunitario che interessa l’utilizzo delle energie

alternative, le principali fonti da citare sono:

la Proposta della Commissione COM (2000) 279 def. (rif: allegato 30)

Dedicata alla promozione dell’energia elettrica

prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato

interno dell’elettricità.

la Proposta di direttiva (G.U.C.E UE n. C 311 e del 31 ottobre 2000)

Dedicata alla promozione dell’energia elettrica

prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato

interno dell’elettricità.

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

51

la direttiva 2001/77/CE (G.U.C.E n. L283 del 27 ottobre 2001) (rif: allegato 31)

Dedicata alla promozione dell’energia elettrica

prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato

interno dell’elettricità.

la decisione n° 646/2000/CE (G.U.C.E. n° L 79 del 30-03-00) (rif: allegato 32) del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa di adozione del Programma ALTENER per promuovere le fonti energetiche rinnovabili nella Comunità.

Di seguito vengono fornite, sotto forma di elenco

sintetico, le principali normative di carattere nazionale

rivolte allo sviluppo dell’utilizzo delle fonti energetiche

rinnovabili elencate per data, Autorità emanante, n° e

data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e

argomenti trattati. Negli allegati verranno forniti i testi

per esteso.

Gli elementi fondamentali considerati saranno: testi di legge, decreti ministeriali,

comunicazioni, delibere. Tutti i testi completi sono consultabili all’interno degli

allegati semplicemente ciccando sui links segnalati.

Leggi

6-12-91

n. 394, "Legge Quadro sulle Aree Protette" e successive modifiche ed integrazioni. (rif: allegato 34)

09-01-91

GU n° 13 del 16-01-91

Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 35)

Fonti

normative di

carattere nazionale

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

52

Decreti Ministeriali

18-03-02

Ministero delle Attività Produttive

GU n° 91 del 18-04-02

Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2, e 3 dell’Art. 11 del DL 16 marzo 1999, n° 79 (rif: allegato 36)

21-12-01 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

GU n° 91 del 18-04-02

Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali protette (rif: allegato 37)

24-04-01 Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato

GU n° 117 del 22-05-01, suppl. ord. N° 125

Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’Art. 16 comma 4 del DL 23-05-00 n° 164 (rif: allegato 38)

11-11-99 Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato

GU n° 292 del 14-12-99

Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2 e 3 del DL 16-03-99 n° 79 (rif: allegato 39)

10-09-01 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

Finanziamenti a Enti pubblici per l'installazione di impianti solari termici per produzione di calore a bassa temperatura (rif: allegato 40)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

53

Delibere

24-02-00

Autorità per l’energia elettrica e il gas

GU n° 57 del 09-03-00

Adozione di disposizioni transitorie in materia di conto per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate di cui alla delibera n° 70/97 (rif: allegato 41)

08-06-99

Autorità per l’energia elettrica e il gas

GU n° 158 del 08-07-99

Delibera 81/99: aggiornamento dei prezzi di cessione dell’energia elettrica e dei contributi riconosciuti alla nuova energia prodotta da impianti utilizzanti fonti rinnovabili e assimilate ai sensi degli artt. 20, comma 1, e 22, comma 5, della Legge 9/91 (rif: allegato 42)

25-02-99

Autorità per l’energia elettrica e il gas

GU n° 139 del 16-06-99

Delibera 27/99: procedura per il controllo del rispetto della condizione di assimibilabilità a fonte rinnovabile ai fini del trattamento economico previsto dal provvedimento CIP n° 6/92 (rif: allegato 43)

06-08-99 Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE)

GU n° 253 del 27-10-99

Delibera 126/99: Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili (rif: allegato 44)

19-02-99 CIPE GU n° 114 del 18-05-99

Delibera 12/99: Ripartizione tra le Regioni e le Province Autonome dei fondi di cui agli artt. 8, 10 e 13 della L. 10/91 (rif: allegato 45)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

54

Comunicazioni

05-07-02 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

Bando GU n° 156 del 05-07-02

Bando per la realizzazione di progetti inerenti lo sviluppo delle fonti rinnovabili e della mobilità sostenibile nei parchi italiani (rif: allegato 46)

Provvedimenti specifici

05-02-98

Decreto Ministeriale

GU n° 72 del 16-04-98

Norme tecniche per il recupero di materia ed energia dai rifiuti non pericolosi, sottoposto a procedura semplificata (rif: allegato 47)

16-09-98 REGIONE ABRUZZO

BUR del 09-10-98 e GU n° 25 del 26-06-99

LEGGE REGIONALE N° 80: norme per la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e del risparmio energetico (rif: allegato 48)

3-04-1995 REGIONE ABRUZZO

LEGGE N. 28: << Norme concernenti la gestione delle foreste demaniali regionali >>. (rif: allegato 49)

Provvedimenti Regionali

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

55

Leggi Regionali

4-11-1986 REGIONE BASILICATA

LEGGE N. 23: norme per la tutela contro l' inquinamento atmosferico ed acustico. (rif: allegato 50)

19-04-1985 REGIONE CALABRIA

LEGGE N. 18: Ordinamento della formazione professionale in Calabria. (rif: allegato 51)

8-03-1985 REGIONE CAMPANIA

LEGGE N. 19: << Contributi regionali per il risparmio energetico e l'Incentivazione delle energie alternative nell'edilizia ed in agricoltura, industria ed artigianato >>. (rif: allegato 52)

23-10-1986 REGIONE EMILIA-ROMAGNA

LEGGE N. 34: partecipazione della regione Emilia – Romagna alla costituzione dell'associazione “ASSO - DIOIKEMA”. (rif: allegato 53)

16-05-1988 REGIONE EMILIA-ROMAGNA

LEGGE N. 19: ricerca e innovazione in agricoltura. (rif: allegato 54)

14-05-2002 REGIONE EMILIA-ROMAGNA

LEGGE N. 7: promozione del sistema regionale delle attivita' di ricerca industriale, innovazione e trasferimento tecnologico (rif: allegato 55)

19-02-1985 REGIONE LAZIO

LEGGE N. 16: Norme per la formazione e la gestione del programma regionale per l'energia e norme applicative della legge nazionale 29 maggio 1982, n. 308, concernente: << Norme sul contenimento dei consumi energetici, lo svilupppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi >>. (rif: allegato 56)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

56

Leggi Regionali (segue)

11-12-1986 REGIONE LAZIO

LEGGE N. 53: Disciplina regionale in materia di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915. (rif: allegato 57)

12-12-1987 REGIONE LAZIO

LEGGE N. 56: Disciplina dei servizi di sviluppo agricolo. (rif: allegato 58)

12-02-1988 REGIONE LAZIO

LEGGE N. 9: Organizzazione e funzionamento dei presidi multizonali di prevenzione. (rif: allegato 59)

19-04-1984 REGIONE LIGURIA

LEGGE N. 24: Interventi regionali in campo energetico. (rif: allegato 60)

12-03-1985 REGIONE LIGURIA

LEGGE N. 11: Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 24 marzo 1980, n. 20 e nuove norme a tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico. (rif: allegato 61)

24-08-1988 REGIONE LIGURIA

LEGGEN. 44: Modifiche alla legge regionale 19 aprile 1984 n. 24 << Interventi regionali in campo energetico >>. Nuove norme attuative della legge 29 maggio 1982 n. 308 sul contenimento dei consumi energetici. (rif: allegato 62)

8-11-1996 REGIONE LIGURIA

LEGGE N. 48: Interventi regionali nel campo delle energie alternative e del risparmio energetico. (rif: allegato 63)

21-06-1999 REGIONE LIGURIA

LEGGE N. 18: Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia (rif: allegato 64)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

57

Leggi Regionali (segue)

27-03-2000 REGIONE LIGURIA

LEGGE N. 29: modifiche della legge regionale 21 giugno 1999 n. 18 (adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modifiche ed integrazioni. (rif: allegato 65)

5-12-1981 REGIONE LOMBARDIA

LEGGE N. 68: assestamento e variazione al bilancio per l' esercizio finanziario 1981 e al bilancio pluriennale 1981- 1983 (rif: allegato 66)

14-08-1999 REGIONE LOMBARDIA

LEGGE N. 16: Istituzione Dell’agenzia Regionale Per La Protezione Dell’ambiente – ARPA (rif: allegato 67)

22-08-1988 REGIONE MARCHE

LEGGE N. 35: Riordino dell' Ente di Sviluppo Agricolo nelle Marche (ESAM). (rif: allegato 68)

31-10-2000 REGIONE MARCHE BUR n° 118 DEL 17-11-00

DELIBERA DI GIUNTA REG. N° 2257: Criteri per la ripartizione dei fondi disponibili sul capitolo 2228217 del bilancio di previsione 2000 per incentivare i progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e per l’installazione di pannelli solari termici. (rif: allegato 69)

2-05-1980 REGIONE PIEMONTE

LEGGE N. 33: Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12- 10- 1978, n. 63 << Interventi regionali in materia di Agricoltura e Foreste >> (rif: allegato 70)

11-05-1984 REGIONE PIEMONTE

LEGGE N. 24: Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/ 10/ 1978, n. 63 << Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste >>. (rif: allegato 71)

18-02-1987 REGIONE PUGLIA

LEGGE N. 7: << Disposizioni finanziarie per il triennio 1987/ 1989. (Legge finanziaria regionale) – Interventi straordinari per la tutela dell' ambiente e lo sviluppo delle attività produttive >>. (rif: allegato 72)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

58

Leggi Regionali (segue)

14-02-1997 REGIONE SARDEGNA

GU n° 43 del 25-10-97

DECRETO 20 DEL P.G.R.: Regolamento per l’applicazione nel territorio della Sardegna della L10/91, per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 73)

7-06-1989 REGIONE SARDEGNA

LEGGE N. 31: Norme per l' istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale. (rif: allegato 74)

27-12-2000 REGIONE VENETO

BUR del 29-12-00

LEGGE REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione elettrica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo di fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 75)

27-12-2000 REGIONE VENETO

GU 3° serie speciale n° 13 del 07-04-01

LEGGE REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione elettrica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo di fonti rinnovabili di energia (rif: allegato 76)

25-02-2000 REGIONE TOSCANA

BUR del 06-03-00 e GU n° 39 del 30-09-00

LEGGE REGIONALE N° 14: norme in materia di risorse energetiche (rif: allegato 77)

26-05-1998 REGIONE VALLE D’AOSTA

GU n° 42 del 31-10-98

LEGGE REGIONALE N° 43: modificazioni alla L.R. 20 agosto 1993 n° 62 (norme in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili) (rif: allegato 78)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

59

Provvedimenti specifici

13-04-2001

REGIONE LOMBARDIA

BUR n° 20 del 14-05-01

Circolare regionale n° 12: Recupero energetico da scarti di lavorazione del legno vergine (rif: allegato 79)

19-10-1992

REGIONE CALABRIA

LEGGE N. 20: Forestazione, difesa del suolo e foreste regionali in Calabria (rif: allegato 80)

19-11-2002

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA

LEGGE N. 30: Disposizioni in materia di energia (rif: allegato 81)

30-04-2003

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA

LEGGE N. 12: Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003. (rif: allegato 82)

2-03-1990 REGIONE

LAZIO

LEGGE N. 21: Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario 1989. (rif: allegato 83)

28-10-2002

REGIONE LAZIO

LEGGE N. 39: "Norme in materia di gestione delle risorse forestali”. (rif: allegato 84)

8-05-1985

REGIONE LIGURIA

LEGGE N. 39: Modifiche ed integrazioni della legge regionale 16 aprile 1984 n. 22 << Legge forestale regionale >>. (rif: allegato 85)

26-08-1986

REGIONE LOMBARDIA

LEGGE N. 43: Modifiche alla LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli uffici della Giunta regionale >>, istituzione del settore ai problemi dell' energia, ridefinizione delle Attribuzioni del servizio energia istituito con la LR 9 giugno 1981, n. 29 ed istituzione del nuovo servizio centrali elettriche (rif: allegato 86)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

60

Provvedimenti specifici (segue)

28-11-1986

REGIONE LOMBARDIA

LEGGE N. 58: Modifiche alla LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli uffici della Giunta regionale >>. Istituzione del Settore problemi dell' energia, ridefinizione delle attribuzioni del Servizio energia istituito con LR9 giugno 1981, n. 29 ed istituzione del nuovo servizio centrali elettriche. Abrogazione della LR 26 agosto 1986, n. 43. (rif: allegato 87)

12-01-2002

REGIONE LOMBARDIA

LEGGE N. 3: istituzione dell’ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste — ERSAF. (rif: allegato 88)

26-04-1990

REGIONE MARCHE

LEGGE N. 31: Procedure e norme di attuazione del piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti (rif: allegato 89)

30-05-1991

REGIONE MARCHE

LEGGE N. 13: Approvazione Bilancio di Previsione per l'anno 1991 e adozione del Bilancio Pluriennale per il triennio 1991/ 1993. (rif: allegato 90)

17-02-1992

REGIONE MARCHE

LEGGE N. 13: Norme attuative delle disposizioni contenute nella legge 9 gennaio 1991, n. 10 in materia di uso razionale dell' energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (rif: allegato 91)

22-12-1997

REGIONE MARCHE

LEGGE N. 73: Potenziamento dell' Agenzia regionale per le materie prime secondarie. (rif: allegato 92)

Il quadro normativodi riferimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

61

Provvedimenti specifici (segue)

30-11-1999

REGIONE MARCHE

LEGGE N. 32: Assestamento del Bilancio per l'anno 1999. (rif: allegato 93)

13-04-1995

REGIONE PIEMONTE

LEGGE N. 59: Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti (rif: allegato 94)

6-11-1992

REGIONE SARDEGNA

LEGGE N. 20: Disposizioni integrative e modificative alla legge regionale 28 aprile 1992, n. 6 - Legge finanziaria 1992. (rif: allegato 95)

5-08-1982

REGIONE SICILIA

LEGGE N. 98: Norme riguardanti gli enti economici regionali. (rif: allegato 96)

10-06-1993

REGIONE TOSCANA

LEGGE N. 37: Istituzione dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore agricolo forestale ( ARSIA). (rif: allegato 97)

14-02-2003

REGIONE TOSCANA

LEGGE N. 12: Progetto pilota relativo alla coltivazione, trasformazione e commercializzazione della canapa a scopi produttivi e ambientali. (rif: allegato 98)

2-05-2003

REGIONE VENETO

LEGGE N. 14: Interventi agro-forestali per la produzione di biomasse (rif: allegato 99)

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

62

5. APPLICAZIONI DELL’ENERGIA PRODOTTA

In questa sezione del documento – per sua natura di carattere tecnico – potrete

trovare gli elementi di base che vi consentiranno di approfondire il tipo di prodotto

che volete ottenere dall’utilizzo di biomasse a scopo energetico. Queste

informazioni Vi consentiranno di lavorare con più accuratezza nelle fasi della

progettazione del Vostro impianto e di definire meglio i risultati attesi

dall’intervento. Dopo una breve introduzione di carattere tecnico-scientifico

potrete infatti avere una rassegna dei processi e dei prodotti che si ottengono dal

trattamento dei vari tipi di biomassa.

Con bioenergia si intende qualsiasi forma di energia

utile ottenuta dai biocombustibili attraverso processi di

tipo termochimico o biochimico.

La biomassa, dopo il solare, rappresenta la più

consistente tra le fonti di energia rinnovabile anche se

esistono molteplici difficoltà di impiego dovute

all’ampiezza e all’articolazione delle fasi che

costituiscono le singole filiere.

La conversione è solo uno degli aspetti di un problema più vasto, che va

dall’ordinamento nel quale le biomasse si producono alle possibili utilizzazioni delle

energie producibili, secondo un circuito del tipo:

Introduzione

agli

elementi

tecnico/ scientifici

produzione raccolta conversione utilizzo

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

63

La Figura che segue riporta inoltre una schematizzazione dei vari tipi di biomasse.

Le tecnologie per ottenere energia dai vari tipi di biomasse sono naturalmente

diverse e diversi sono anche i prodotti energetici che si ottengono.

Ad esempio, se un materiale ha molto carbonio (C) e poca acqua (H2O), è adatto

per essere bruciato per ottenere calore o elettricità; se, viceversa, ha molto azoto

(N) ed è molto umido, può essere sottoposto ad un processo biochimico che

trasforma le molecole organiche in metano ed anidride carbonica.

Infine, combustibili liquidi adatti ad essere utilizzati nei motori a benzina o diesel

possono essere ottenuti a partire da particolari specie vegetali. Una

schematizzazione esemplificativa è riportata in Tabella 2.

biomassa

Residui Organici

Colture Energetiche

trasformazionetecnologica

agro-zootecniciforestali

vegetali alimentari

non alimentari

animali

vegetali

Terrestri Acquatiche

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

64

tabella 2:Tipici processi di conversione di biomasse in energia

tipo di biomasse processo di conversione

prodotto utilizzo

Materiali legnosi H2O ≤ 35% C/N < 30

Combustione Calore Riscaldamento Energia elettrica

Materiali legnosi H2O ≤ 35% C/N < 30

Pirolisi e gassificazione

Carbone Gas

Riscaldamento Energia meccanica Energia termica

Liquami zootecnici H2O > 35% 20 ≤ C/N ≤ 30

Digestione anaerobica

Biogas 60% metano

Riscaldamento Energia elettrica

Piante zuccherine (barbabietola, sorgo, ecc) 15 ≤ H2O ≤ 90% C/N qualunque

Fermentazione degli zuccheri in alcool etilico

Etanolo Motori a benzina

Piante oleaginose H2O > 35%

Esterificazione degli olii

Biodiesel Motori diesel

I processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti a

due categorie: processi biochimici e processi termochimici.

I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione

chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano

nella biomassa sotto particolari condizioni, e vengono impiegati per quelle

biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore

al 30-35%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche,

alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i

reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione,

ecc.), nonché la biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate.

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

65

I processi di conversione termochimica sono basati sull'azione del calore che

permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e

sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N

abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le

biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e

tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di

tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi,

ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.).

Tra le varie tecnologie di conversione energetica delle biomasse alcune possono

considerarsi giunte ad un livello di sviluppo tale da consentirne l’utilizzazione su

scala industriale, altre necessitano invece di ulteriore sperimentazione al fine di

aumentare i rendimenti e ridurre i costi di conversione energetica.

Le tecnologie attualmente disponibili sono sinteticamente esposte in Tabella 3.

tabella 3:Riepilogo dei processi di conversione energetica delle biomasse

Conversione biochimica Conversione termochimica digestione aerobica combustione diretta fermentazione alcoolica carbonizzazione pirolisi gassificazione

Oltre a questi processi ne va citato un altro di primaria importanza, non

classificabile né come biochimico, né come termochimico: l’estrazione e successiva

esterificazione di olii vegetali volta alla produzione del biodiesel.

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

66

Solitamente a monte di tutti i processi di conversione

sono necessari opportuni pretrattamenti del

materiale di base.

Questi possono comprendere lavaggio con acqua,

essiccazione con mezzi meccanici (pressatura) o

termici, riduzione in piccole dimensioni,

densificazione (produzione di pellets, cubetti o formelle), separazione delle fibre

(estrazione con solventi).

I prodotti finali, a seconda dell'impiego, debbono, a loro volta, essere trattati: per

separarli (ad es. dal substrato che non ha reagito, dai catalizzatori, dai

microrganismi, dai solventi), per purificarli e per concentrarli.

In Figura 1 alla pagina seguente viene illustrato in sintesi un ciclo completo di

produzione ed utilizzazione di biomasse vegetali.

Pretrattamenti

della biomassa

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

67

Figura 1:

ciclo di utilizzo delle biomasse

CO2, Radiazione Solare, H20

FOTOSINTESI

Produzioni:agricoleforestali

zootecniche

Fattorie energetiche

Fertilizzanti

Residui

Rifiuti

Prodotti Energetici

Cibo

Mangimi

Fibre

Essiccazione, Sminuzzamento, Idrolisi, Pellettazione, Separazione,

Steam Explosion

Termochimici

CombustionePirolisi

Gassificazione

Biochimici

DigestioneFermentazione

Combustibiligas, liquidi, solidi

Energia Elettricae

calore di processo

Chemicalsmaterie prime e fertilizzanti

Fabbisogni interni

Settore Residenziale,Commerciale,

Trasporti ed Industire

Sistemi Agricoli

BiomasseUtilizzabili

Pretrattamenti

Processi di conversione

Prodotti

Usi finali

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

68

Le due tecnologie attualmente mature per essere

impiegate a livello industriale e che si basano su

processi di conversione biochimica della biomassa

destinati alla produzione di energia sono la digestione

anaerobica e la fermentazione alcolica.

Altri processi biochimici come la digestione aerobica ed

il compostaggio, richiamati per completare il quadro, non sono in effetti destinati

alla produzione di energia.

Nell’ambito dei processi biochimici rientra anche la produzione di alcool etilico

biologico (bioetanolo) che può essere ottenuto tramite processi di fermentazione e

distillazione di materiali zuccherini, amidacei o lignocellulosici.

La digestione anaerobica

La digestione anaerobica – così detta perché avviene in assenza di ossigeno,

consiste nella demolizione, ad opera di particolari famiglie di micro-organismi, di

sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei sottoprodotti

di colture vegetali (mais, patate, pomodori, barbabietole, colture ortive) e nei

sottoprodotti di origine animale (deiezioni). Il rapporto C/N ottimale per

l’applicazione di questo processo è compreso tra 16 e 30.

I prodotti finali sono un gas combustibile con potere calorifico inferiore di 5.300-

5.800 kcal/Nm3, un residuo liquido chiarificato, ed un fango ispessito.

Il gas prodotto (biogas) è una miscela contenente il 65-70% di metano, il 30-35%

di anidride carbonica, tracce di acido solfidrico, piccole percentuali di H2, CO, e di

idrocarburi saturi. Il biogas viene raccolto, essiccato, compresso ed

immagazzinato e può essere utilizzato come combustibile per alimentare caldaie a

gas, per produrre calore o motori a combustione interna (adattati allo scopo a

partire da motori navali a basso numero di giri), per produrre energia elettrica.

Il surnatante (liquido chiarificato), può essere impiegato per la diluizione, se

necessaria, della sostanza organica in ingresso al digestore, per l'allestimento di

zone di lagunaggio adibite a colture energetiche, e per la fertirrigazione.

Processi di

conversione

biochimica

Applicazionidell'energia prodotta

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

69

Il fango, la parte ispessita del digerito, quasi inodore e stabilizzata (sia umida che

essiccata), può trovare impiego in agricoltura come fertilizzante.

Il processo di digestione avviene ad opera di una flora batterica di natura

anaerobica, che può cioè sussistere solo in ambiente privo di ossigeno.

In Figura 2 alla pagina seguente, proponiamo uno schema riassuntivo del

processo.

Applicazionidell'energia prodotta

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nelle zone ad obiettivo 1

70

Figura 2:

schema del processo biologico di

digestione anaerobica

sostanza organica

carboidratiproteine

lipidi

batteri idrolitici fermentativi

100%

acidi grassialcooli etc.

5%20%

batteri acetogenetici

batteri omoacetogenetici

ACETATO

75%

batteri metanigeni acetoclastici

batteri metanigeni acetoclastici

H2 + CO2

CH4 + H2O CH4 + H2O

72% 28%

52% 23%

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71

La digestione anaerobica è condotta in reattori (digestori), opportunamente

concepiti per evitare il contatto tra la massa liquida in essi contenuta e l'ossigeno

atmosferico. Si sviluppa in tre fasi successive (vedi Figura 2 pag precedente):

i. idrolisi della cellulosa, delle proteine, dei lipidi e degli zuccheri e degli

amminoacidi,

ii. fase acidogenica con formazione di acidi grassi in particolare di acido

acetico,

iii. metanizzazione del prodotto della seconda fase; questo stadio

metanogenico coinvolge una serie di metano-batteri, che completano

la trasformazione in metano ed anidride carbonica degli acidi grassi

(principalmente acetico), secondo la reazione CH3COOH → CH4+CO2.

Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati mediante residui ad

alto contenuto di umidità, quali le deiezioni animali, i reflui civili, i rifiuti alimentari

e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani.

Fermentazione alcolica

La fermentazione alcolica è un processo di tipo micro-aerofilo che opera la

trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in etanolo.

L’etanolo ha svariate applicazioni nell’industria alimentare ed in quella

farmaceutica. Nel campo dei combustibili per autotrazione, l’etanolo può essere

impiegato da solo come combustibile alternativo o miscelato ai carburanti

convenzionali, ad esempio nei motori a combustione interna di tipo “dual fuel”.

Tuttavia la destinazione più considerata per il bioetanolo è il suo utilizzo nella

sintesi dell’ETBE (etil-terbutil-etere), usato in miscela alle benzine come additivo

ossigenato ed antidetonante in sostituzione del piombo tetraetile o degli

idrocarburi aromatici.

Il bioetanolo può essere prodotto tramite processi di fermentazione e distillazione

di materiali zuccherini, amidacei o lignocellulosici.

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72

Le materie prime per la produzione di bioetanolo possono essere racchiuse nelle

seguenti classi:

Residui di coltivazioni agricole;

Residui di coltivazioni forestali;

Eccedenze agricole temporanee ed occasionali;

Residui di lavorazione delle industrie agrarie e

agro - alimentari;

Coltivazioni ad hoc;

Rifiuti urbani.

Per quanto riguarda le coltivazioni ad hoc, quelle più sperimentate e diffuse sono

la canna da zucchero, il grano, il mais. Ci sono poi altre colture, quali la bietola, il

sorgo zuccherino, il topinambur ed altre, che rimangono ancora in fase

sperimentale.

I processi per la produzione di etanolo da biomasse si differenziano a seconda del

tipo di materia prima utilizzata.

Secondo la loro natura, le materie prime possono essere classificate in tre

tipologie distinte:

Materiali zuccherini: sostanze ricche di saccarosio come la canna da

zucchero, la bietola, il sorgo zuccherino, taluni frutti, ecc;

Materiali amidacei: sostanze ricche di amido come il grano, il mais,

l’orzo, il sorgo da granella, la patata;

Materiali lignocellulosici: sostanze ricche di cellulosa come la paglia,

lo stocco del mais, gli scarti legnosi, ecc.

Il processo di produzione dell’etanolo a partire da questi materiali può essere

suddiviso in tre fasi principali: a) preparazione della soluzione zuccherina,

b) fermentazione, c) distillazione dell’etanolo.

Uno schema a blocchi che mostra la filiera di produzione del bioetanolo è riportato

nella seguente figura 3.

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73

Figura 3:

la filiera di produzione del Bioetanolo

Produzione di etanolo da materiali lignocellulosici

L’utilizzo di materiali lignocellulosici consentirebbe di ridurre l’incidenza della

materia prima sul costo totale della produzione di bioetanolo rispetto al 40% che

caratterizza materiali zuccherini o amidacei.

Tra i materiali più ricchi in cellulosa possiamo annoverare:

I residui di piante arboree ad alto fusto ed intere piante ottenute

attraverso cicli di forestazione rapida nei quali il contenuto in

cellulosa raggiunge il 50% in peso;

La frazione organica di residui solidi urbani (carta e cartoni da

imballaggio, giornali, ecc.);

I residui di produzione agroalimentare, quale paglia;

I residui di lavorazione dell’industria di trasformazione di prodotti

agricoli, quali sansa, gusci, polpe, ecc.

ColtureAmdacee

ColtureZuccherine

ResiduiSottoprodotti

EccedenzeTransitorie

Residui per caloredi processo

ETANOLO

Mangimi

ETBE

Isobutilene

Additivazionebenzine

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74

La conversione di biomasse cellulosiche in etanolo può avvenire secondo due

principali processi: SHF (Separate Hydrolysis and Fermentation) e SSF

(Simultaneous Saccharification and Fermentation), in cui i due processi di idrolisi e

fermentazione avvengono in fasi separate o simultanee. Nonostante numerosi

problemi, che la ricerca sta affrontando, la tecnica SSF sembra la più promettente

per ottenere un processo competitivo, che possa uscire dall’ambito puramente

sperimentale in cui è oggi confinato.

La fattibilità economica del processo sembra più che altro legata alla messa a

punto di processi in cui si abbiano co-prodotti ad elevato valore aggiunto (ad

esempio furfurale).

Esterificazione di oli vegetali

La transesterificazione degli oli vegetali effettuata con alcol metilico ed etilico

porta alla produzione del Biodiesel.

Gli oli raffinati non sono adatti ad essere utilizzati tal quali, soprattutto nei motori

Diesel veloci, a causa della loro elevata viscosità (70-80 cSt a 20°C contro i 4-7

cSt del gasolio). Il processo di transesterificazione (o esterificazione) ha, appunto,

lo scopo di migliorare questa caratteristica.

La Figura 4 e la Tabella 4 evidenziano rispettivamente la filiera di produzione del

Biodiesel e le proprietà chimico-fisiche dello stesso.

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75

tabella 4:Confronto delle proprietà chimico-fisiche del biodiesel con quelle di altre sostanze

Proprietà Estere

metilico Olio

vegetale Gasolio

invernale Densità (kg / m3)

884

916

830

Numero di cetano 49 ÷ 53 32 ÷ 36 48 ÷ 52 Potere calorifico inferiore (GJ / m3)

33

34

35

Viscosità a 20°C (centistokes)

7,5

4,2

Figura 4:

la filiera di produzione del Biodiesel: schema a blocchi

SemiOleosi

Oli vegetaliesausti

OlioEsterificato BIODIESEL

LubrificantiOli tecnici

100%Usi di nicchia

20 – 30% in gasolioUsi termici e autotrazione

< 5% in gasolioLubrificazione

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76

In merito alle applicazioni del biodiesel, esiste un’ampia casistica che si è evoluta

con modalità diverse da Paese a Paese a seconda del quadro normativo vigente.

Le più importanti, in termini di mercato, sono:

Come carburante per autotrazione;

Come additivo qualificante dei gasoli;

Come componente di miscele gasolio/biodiesel

(nel rapporto 70/30 o 80/20) impiegate come carburante

in flotte per il trasporto pubblico e privato;

Come combustibile per riscaldamento con un mercato.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale, caratteristiche distintive del biodiesel

sono, oltre all’assenza di zolfo e di composti aromatici, la riduzione del particolato

fine (PM10) e la riduzione dei gas a effetto serra, quantificabile nel risparmio di

2,5 tonnellate di anidride carbonica per ogni tonnellata di gasolio sostituita.

Il biodiesel presenta inoltre elevata biodegradabilità.

Le materie prime per la produzione di biodiesel sono, essenzialmente, di due

classi:

i. Oli provenienti da colture diffuse o da diffondere, possibilmente con

elevato tenore di acido oleico e/o acido erucico (ad es. olio di soia, di

colza, di girasole, di ricino, di cartamo, di crambe, ecc.);

ii. Oli vegetali esausti e/o altre materie grasse di scarto o di recupero.

Attualmente, la classe ii) di materie prime non è utilizzata se non a livello

sperimentale e gli oli vegetali prodotti provengono da colture di colza e girasole.

La scelta dell’olio vegetale da utilizzare dipende dal costo di produzione e dalla

disponibilità.

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77

Dal punto di vista strettamente chimico, tutti i processi

termochimici iniziano con la pirolisi: ad essa possono

seguire altre fasi, a seconda dei prodotti finali

desiderati. Durante la pirolisi, la olocellulosa e la

lignina, (i principali componenti dei materiali

lignocellulosici) danno origine a composti diversi.

La olocellulosa produce soprattutto sostanze volatili. Nella combustione diretta

esse, reagendo con l'ossigeno, sono bruciate completamente. Potrebbero essere,

però, estratte come gas o liquefatte.

La lignina produce principalmente carbone di legna, unitamente a sostanze

volatili. Il carbone può essere usato come tale, o ulteriormente trattato per

ottenere sostanze gassose.

I processi di conversione termochimica destinati alla produzione di energia da

biomasse che hanno maturità sufficiente per trovare applicazioni su larga scala

sono: la combustione diretta, la carbonizzazione, la pirolisi e la gassificazione.

Combustione diretta

La combustione diretta con aria o ossigeno è il più antico e più semplice mezzo

per lo sfruttamento energetico delle biomasse. Essa è stata, per molto tempo,

l'unico mezzo per produrre calore ad uso domestico ed industriale.

Oggi la combustione interessa non solo la legna, ma anche gli scarti forestali

(ramaglie, cortecce, etc), la paglia, i residui dell'industria del legno (segatura,

trucioli), dell'industria agroalimentare (bagasse, sanse, vinacce, gusci, noccioli,

ecc.), ed i rifiuti solidi urbani.

In maniera più o meno accentuata tutti questi materiali presentano caratteristiche

di dispersione nel territorio, di modesto valore unitario, di grandi volumi, e di

discontinuità nel tempo. Ciò pone problemi non facili (in termini economici) di

raccolta, di conservazione, di pretrattamento e di distribuzione (comuni, d'altra

parte, a tutte le tecnologie di conversione).

Processi di

conversione termochimica

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nelle zone ad obiettivo 1

78

La combustione di materie e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si

utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e

lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 35%.

Le materie prime utilizzabili a tale scopo sono:

Legname in tutte le sue forme;

Paglie di cereali;

Residui di raccolta di legumi secchi;

Residui di piante oleaginose (ricino, cartamo, ecc.);

Residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, ecc.);

Residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali;

Residui dell’industria agro – alimentare.

Il processo di combustione permette la trasformazione dell’energia chimica

intrinseca alla biomassa in energia termica, mediante una successione di reazioni

chimico-fisiche.

Quando la biomassa viene immessa in camera di combustione subisce inizialmente

un’essiccazione, quindi, man mano che la temperatura aumenta si succedono

processi di pirolisi, gassificazione e combustione.

Questi processi vengono condotti in apparecchiature (caldaie) e consentono la

generazione di calore, che viene recuperato mediante scambiatori di calore in cui

si trasferisce l’energia termica ad altri fluidi vettori, quali aria o acqua. La quantità

di energia termica fornita dalla biomassa è funzione del tipo utilizzato, della

quantità di ceneri e del contenuto di umidità.

Le caldaie a letto fluido rappresentano la tecnologia più

sofisticata e dispendiosa che sta ricevendo, però, notevoli

attenzioni, infatti essa permette il conseguimento di numerosi

vantaggi quali la riduzione degli inquinanti e l’elevato

rendimento di combustione.

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79

Carbonizzazione e pirolisi

Dal punto di vista chimico, la carbonizzazione e la pirolisi sono processi simili, che

si differenziano solo per l’intervallo di temperatura in cui vengono condotti. In

entrambi i casi si ha un fenomeno di decomposizione termochimica di materiali

organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore, in completa o minima

presenza di agenti ossidanti (aria, ossigeno).

La carbonizzazione si verifica a temperature inferiori a 400 – 500°C, la pirolisi a

temperature superiori (fino a un massimo di 800 – 900°C).

In realtà oggi i due processi si differenziano in modo sostanziale soprattutto per la

tecnologia utilizzata per condurli: la carbonizzazione è un processo abbastanza

rudimentale, la pirolisi viene condotta in impianti a volte anche estremamente

sofisticati.

La carbonizzazione consente la trasformazione delle molecole strutturate dei

prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale),

ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia

vegetale, per azione del calore nelle carbonaie, all’aperto, o in storte, che offrono

una maggior resa in carbone. La temperatura di processo si aggira tra i 400 ed i

500°C.

La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materie prime

organiche, ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra

400 e 800°C, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una

ridottissima quantità di ossigeno (in quest’ultimo caso il processo può essere

descritto come una parziale gassificazione).

I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi (olio di pirolisi o bio-olio), sia

solidi (carbone di legna), in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi

(pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione.

Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti

della pirolisi è la qualità di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello

sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas

sia con motori diesel.

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80

In prospettiva, anche con riferimento alle taglie degli impianti, i cicli combinati ad

olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia,

mentre motori a ciclo diesel, utilizzanti prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad

impianti di piccola potenzialità.

Come materia prima della pirolisi possono essere usate sostanze organiche con

bassa umidità (< 50%) ed un alto tenore di carbonio, riferito all'azoto presente

(C/N > 30). Tra queste il legno, la segatura, i trucioli, le foglie, la paglia, i residui

di potatura, i cascami derivanti dalla pulitura del bosco, altri residui vegetali, i

rifiuti solidi urbani e quelli industriali (gomma, plastica) a carattere organico.

La scelta del materiale da impiegare per l'alimentazione del reattore di pirolisi, è

legata al prodotto finale desiderato.

Qualora si voglia ottenere carbone di legna, è preferibile impiegare legno

proveniente da piante sempreverdi. Se, invece, si richiede alcool metilico o acido

acetico, si utilizzerà legno proveniente da piante a foglie caduche. Qualora, infine,

si effettui la gassificazione si può ricorrere a qualunque tipo di biomassa

Il materiale di alimentazione, ed in particolare la legna, deve essere sottoposto ad

un pretrattamento di essiccazione e di sminuzzamento. Per un buon rendimento, il

tasso di umidità non deve superare il 20%.

La pirolisi è un processo di decomposizione fisica e chimica dl materiali organici,

ottenuta riscaldando questi ultimi in assenza di aria. Nell'evolversi delle varie fasi

si ottengono prodotti diversi, a seconda delle temperature raggiunte.

Per valori sino a 400-500°C avviene la carbonizzazione, che origina carbone di

legna, una miscela di gas (condensabili ed incondensabili), e composti liquidi

(catrami, oli, ecc.), secondo la reazione:

2C42H66O28 → 3C16H10O2 + 28H2O + 5CO2 + 3CO + C28H32O9 + 7H2

legno carbone di legna

catramegas di legnocomposti dell'acido pirolignoso

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81

Durante la carbonizzazione la produzione del carbone di legna corrisponde al 30-

35% del materiale secco di partenza (il carbone di legna ha un contenuto di

carbonio compreso nel campo 75÷85%, ed un potere calorifico di circa 6.000 –

7.000 kcal/kg); la produzione di gas è pari al 15÷20% della sostanza secca; i

componenti liquidi rappresentano circa il 25%, e sono costituiti da catrami e

dall'acido pirolignoso.

Per temperature superiori a 600°C e sino a 900-1.000°C, si ha essenzialmente

una produzione di gas, composto da H2, CO, CO2 (quest'ultima in percentuali

sempre più basse), e da idrocarburi: il potere calorifico è circa 3.000 kcal/Nm3.

Il carbone di legna e le altre sostanze solide possono essere portate alla completa

gassificazione (con un piccolo scarto di ceneri) immettendo ossigeno od aria, in

presenza di una certa quantità di acqua.

Quando per la gassificazione si usa aria, il bilancio globale dei materiali può essere

così espresso: 1 kg di materia vegetale secca + 0,2 kg di acqua + 2 kg di aria

(composta da 0,4 kg di O2 + 1,6 kg di N2) = 3,1 kg di gas povero.

Il gas è composto essenzialmente da CO, H2 ed N2 (introdotto con l'aria), ed ha un

potere calorifico di 1100/1800 kcal/Nm3. Ricorrendo, invece, all'ossigeno si otterrà

un gas privo di N2, ed avente un potere calorifico di 3000 kcal/Nm3.

In questo caso, a parità di vegetale di partenza, la quantità di gas ottenuta è di

soli 1,5 kg, in quanto è assente l'azoto.

Il combustibile gassoso ottenuto è utilizzabile in motori a combustione interna o in

caldaie per la produzione di energia meccanica o termica ma anche in forni di

produzione, per esempio, di cementi o laterizi.

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82

Gassificazione

Il processo di gassificazione consiste nell'ossidazione incompleta di una sostanza

in ambiente ad elevata temperatura (900 - 1.000°C) per la produzione di un gas

combustibile (detto gas di gasogeno) di basso potere calorifico inferiore, variabile

tra i 4.000 kJ/Nm3, nel caso più diffuso dei gassificatori ad aria ed i 14.000

kJ/Nm3, nel caso dei gassificatori ad ossigeno. Valori intermedi (10.000 kJ/Nm3) si

ottengono nel caso di gassificatori a vapor d’acqua.

I problemi connessi a questa tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, si

incontrano a valle del processo di gassificazione e sono legati principalmente al

suo basso potere calorifico ed alle impurità presenti nel gas (polveri, catrami e

metalli pesanti). L’utilizzazione del gas di gasogeno quale vettore energetico pone

alcune limitazioni legate essenzialmente ai problemi connessi con il suo

immagazzinamento e trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di

volume. Ciò fa sì che risulti eccessivamente costoso il trasporto su lunghe

distanze.

Tali inconvenienti possono essere superati trasformando il gas in alcool metilico

(CH3OH), che può essere agevolmente utilizzato per l’azionamento di motori. Il

metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000

kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con

potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali.

Produzione di idrogeno da biomasse per via termochimica

Una tematica connessa ai processi di pirolisi e di gassificazione su cui la ricerca sta

puntando molto negli ultimi anni è la produzione di idrogeno a partire da

biomassa. Oltre al vantaggio legato alla produzione di un combustibile “pulito”

quale l’idrogeno, questa tecnologia consentirebbe di superare molti dei problemi di

qualità caratteristici dei prodotti dei processi di pirolisi e di gassificazione.

Attualmente, l’idrogeno è prodotto quasi esclusivamente a partire da fonti fossili

(gas naturale, idrocarburi C2-C5, gasolio, carbone).

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nelle zone ad obiettivo 1

83

Lo sviluppo delle tecnologie di gassificazione e pirolisi delle biomasse può rendere

possibile l’impiego di questa materia prima come fonte alternativa.

La combustione è naturalmente la più consolidata tra

le tecnologie per lo sfruttamento a fini energetici della

biomassa.

Il Potere Calorifico Inferiore (PCI) della biomassa, e

quindi la quantità di calore che è possibile sviluppare

nel processo di combustione, varia tra 2.500-4.500

kcal/kg in relazione al tipo di biomassa utilizzata, al contenuto di umidità presente

e alla quantità di ceneri.

Gli impianti che sfruttano la combustione di biomassa a scopi energetici possono

essere classificati in:

i. impianti per la produzione di energia termica

eventualmente in co-generazione, a partire da

combustibile solido (generalmente < 5-6 MWt);

ii. impianti per la produzione di energia elettrica

eventualmente in co-generazione a partire da

combustibile solido o liquido (2-15 MWe);

Gli impianti appartenenti alla prima categoria sono quelli che presentano, da un

punto di vista tecnico ed economico, le migliori prestazioni generali, anche in

termini di potenziale risparmio energetico.

Questa tipologia contempla sia impianti di piccolissima taglia riconducibili a stufe,

termocamini o termocucine il cui utilizzo e strettamente legato a piccole utenze di

tipo monofamiliare, sia caldaie a legna che a seconda della potenza possono

servire utenze di taglia medio piccola come piccoli complessi residenziali.

Salendo di taglia si passa ad impianti più complessi gestiti in modo totalmente

automatico che data la potenza sono spesso asserviti ad utenze più grandi sia di

tipo residenziale che non.

Tecnologie

per la

conversione

termochimica

Applicazionidell'energia prodotta

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nelle zone ad obiettivo 1

84

Con esclusione dei piccoli impianti ad uso strettamente domestico sopra descritti,

gli schemi impiantistici, per impianti inferiori a 0.5 MW, prevedono, in genere:

Combustione a fiamma inversa con alimentazione

manuale del combustibile;

Combustione di tipo convenzionale (o ancora a fiamma

inversa) con tramoggia di alimentazione e relativo

bruciatore automatico.

Per impianti superiori a 0.5 MW:

Accumulo di materiale ligno-cellulosico sminuzzato a tenori di

umidità molto variabili;

Prelevamento automatico del combustibile dall'accumulo o carico di

tramogge con mezzi gommati;

Introduzione del combustibile in caldaia in quantità dipendente dalla

temperatura dei fiumi e dell'acqua circolante nella caldaia stessa;

Introduzione di aria comburente per mantenere un prefissato tenore

di ossigeno nei fumi;

Sistema d'abbattimento del particolato con cicloni.

Le principali problematiche inerenti l'utilizzo di questi impianti sono così

riassumibili:

Approvvigionamento del combustibile in termini organizzativi;

Impegno economico richiesto dai sistemi di teleriscaldamento;

Gestione degli impianti e della vendita del calore.

Gli impianti descritti, oltre che per la produzione di calore, si prestano anche per la

generazione di elettricità in piccole taglie (circa pari al 15% della potenza termica)

utilizzando la tecnologia del ciclo Rankine.

La categoria di impianti del secondo tipo ha avuto una certa spinta a seguito delle

agevolazioni previste dalle Leggi 9 e 10/91 e dal provvedimento CIP 6/92.

Tuttavia non è ancora chiara l'effettiva penetrabilità di queste soluzioni

impiantistiche.

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nelle zone ad obiettivo 1

85

Le maggiori difficoltà derivano dai seguenti aspetti:

Problemi tecnologici che, sembra, interessino in pratica tutte le

soluzioni impiantistiche che mirano ad elevate rese in energia

elettrica;

Reperimento di biomassa a costi contenuti;

Bassa accettabilità da parte delle comunità;

Attuale scarsa stabilità del quadro normativo;

Difficoltà a trovare situazioni ove sia possibile, in termini di utenze,

la cogenerazione.

Molto sinteticamente, le principali tecnologie di combustione della biomassa

utilizzano le seguenti soluzioni impiantistiche:

Combustione a griglia (fissa o mobile);

Nella combustione a griglia si distinguono i sistemi a griglia

fissa che sono utilizzati per impianti di piccola taglia e i

sistemi a griglia mobile utilizzati soprattutto in contesto

industriale per la maggiore facilità di movimentazione,

rimescolamento del combustibile e rimozione delle ceneri.

Combustione in sospensione;

La combustione in sospensione è una tecnologia indicata nel

caso di utilizzo di biomasse leggere e polverulenti quali lolla di

riso, segatura, paglia, ecc..

La biomassa, inserita nella parte superiore del combustore,

brucia mentre cade sulla griglia sottostante.

Combustione a tamburo rotante;

La soluzione a tamburo rotante viene utilizzata nelle

applicazioni in cui il combustibile ha caratteristiche termo-

fisiche molto povere e contiene elevati carichi inquinanti.

Durante il processo, in conseguenza del rimescolamento

continuo della biomassa dovuto alla rotazione del tamburo, la

combustione avviene in maniera più completa con

conseguente diminuzione degli incombusti.

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nelle zone ad obiettivo 1

86

Combustione a doppio stadio;

La tecnologia a doppio stadio è quella in cui si verificano

preliminarmente la gassificazione e la pirolisi in una prima

camera.

La completa combustione dei prodotti gassificati avviene in

una seconda camera posta a valle che costituisce il corpo

principale di trasferimento dell'energia al fluido vettore.

Combustione a letto fluido.

Con il sistema a letto fluido possono essere trattati vari tipi di

biomassa, inclusi i materiali più "difficili" quali ligniti, torbe,

RSU e fanghi, anche in presenza di un forte gradiente di

umidità.

La camera di combustione è parzialmente riempita con un

materiale inerte (sabbia per esempio) che viene fluidificato

dall'aria comburente in modo da costituire un letto bollente

che viene recuperato e reimmesso in circolazione nella

camera di combustione.

I dispositivi di combustione presentano caratteristiche costruttive differenti a

seconda del loro impiego, come illustrato nella Figura 5 alla pagina seguente..

Applicazionidell'energia prodotta

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nelle zone ad obiettivo 1

87

Figura 5:

principali tipologie di impianti di combustione

Usi civili Tipo Utilizzo Tecnologia Rendimento

Termocucine a legna Monofamiliare Combustione diretta 70 – 75%

Termocamini a legna Monofamiliare Scambiatori ad acqua o aria

50%

Caldaie a legna Complessi residenziali Griglia fissa (20-300 kW) 60-80%

Agricoltura Tipo Utilizzo Tecnologia

Combustori per residui agricoli

Essicazione prodotti, riscaldamento

Griglia mobile

Industria Biomassa utilizzata Utilizzo Taglia Rendimento

Agricole, forestali, RSU Calore di processo 100 kW-30 MW Variabile

Agricole, forestali, RSU Energia elettrica 3 -10 MWe 25 – 30%

Agricole, forestali, RSU Piccola cogenerazione < 5 MW T: ≈ 55% E: ≈ 20%

Agricole, forestali, RSU Medio-alta cogenerazione

> 5 MW T: ≈ 57% E: ≈ 22%

Applicazionidell'energia prodotta

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nelle zone ad obiettivo 1

88

Tecnologie per la pirolisi

Tipicamente, il processo di pirolisi viene condotto a temperature comprese tra 400

e 800°C e porta alla produzione di sostanze liquide (olio di pirolisi, catrame),

solide (carbone, ceneri) e gassose (gas di pirolisi).

Questi prodotti possono avere svariati impieghi a seconda della natura della

materia prima utilizzata. Se si parte da biomasse (sostanze lignocellulosiche,

residui agro-industriali, ecc.) l’impiego principale è come combustibili per la

produzione di energia.

La resa complessiva e le proporzioni relative tra i vari prodotti dipendono da molti

parametri:

Caratteristiche della materia prima;

Temperatura finale di reazione;

Velocità di riscaldamento della biomassa;

Tempo di residenza del materiale alla temperatura di reazione;

Dimensione e forma della biomassa trattata;

Presenza di catalizzatori.

Le modalità più comuni di esecuzione del processo, schematicamente

rappresentate nella Tabella 5, sono:

la Carbonizzazione;

la Pirolisi convenzionale;

la Fast pirolisi;

la Flash pirolisi.

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89

tabella 5:Descrizione dei processi di pirolisi

Tipologia Temperatura (°C) Caratteristiche

Carbonizzazione 300 – 500 Recupera solo frazione solida (carbone)

Pirolisi convenzionale < 600 Tre frazioni in uguale proporzione

Fast pirolisi 500 – 650 Produzione al 70-80% di frazione liquida

Flash pirolisi > 700 Produzione di 80% di frazione liquida

Una pirolisi “lenta”, a basse temperature e elevata durata del processo, consente

di ottenere una quantità elevata di combustibile solido, mentre una pirolisi rapida

(flash pyrolysis) consente di rendere elevata la frazione liquida prodotta, che può

raggiungere il 70-80% della biomassa secca in ingresso.

La flash pyrolysis consiste in una esposizione della biomassa a temperature che si

aggirano intorno ai 500-650°C per tempi estremamente brevi (< 1 sec).

Il processo di pirolisi è stato sviluppato in una gran varietà di configurazioni

reattoristiche e impiantistiche, utilizzando soprattutto reattori a letto fluido con e

senza ricircolo.

Una tipica configurazione di impianto con reattore a letto fluido è riportata in

Figura 6 alla pagina seguente.

Applicazionidell'energia prodotta

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nelle zone ad obiettivo 1

90

Figura 6:

impianto di pirolisi con reattore a letto fluido

Il combustibile liquido prodotto ha un potere calorifico superiore pari a circa

4.200–4.500 kcal/kg con un contenuto d’acqua pari a circa il 25% in peso, che

non può essere eliminato, per la stabilità della fase liquida.

Quando è invece il gas ad essere il prodotto principale della pirolisi, si ottiene un

combustibile gassoso con potere calorifico generalmente maggiore

(3.500-4.500 kcal/Nm3) di quello ottenuto dal processo di gassificazione.

biomassa

Essiccatore

Macinatore

Alimentatore

REATTORE

calore per

essiccazione

gas

gas difludizzazione

gas ricilato

CICLONE

RAFFREDDAGGIOSTOCCAGGIO

bio-olioceneri

calore per la

pirolisi

Applicazionidell'energia prodotta

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91

La pirolisi è una tecnologia che non è ancora uscita completamente dalla fase

sperimentale/dimostrativa; tuttavia in molti paesi i progressi fatti sono tali da

lasciar pensare a un prossimo impiego su scala industriale.

Tecnologie per la gassificazione

Il processo di gassificazione (Figura 7) consiste nella trasformazione di un

combustibile solido o liquido, nel caso specifico della biomassa, in combustibile

gassoso, attraverso una decomposizione termica (ossidazione parziale) ad alta

temperatura.

Le reazioni che avvengono sono fortemente endotermiche. Il calore necessario

viene pertanto fornito da una combustione parziale del materiale,

preventivamente essiccato, con aria alimentata in quantità inferiore al valore

stechiometrico di combustione.

Le elevate temperature (700-900°C), la rapidità del riscaldamento delle particelle

di biomassa e la presenza di vapore acqueo favoriscono la produzione di composti

gassosi a scapito di quella dei vapori organici (catrami, peci).

Il gas prodotto è una miscela di CO, CH4, CO2, H2, H2O (vapore acqueo) e N2,

accompagnati da ceneri in sospensione e tracce di idrocarburi (C2H6). La

proporzione tra i vari componenti del gas varia notevolmente in funzione dei

diversi tipi di gassificatori, dei combustibili e del loro contenuto di umidità.

Applicazionidell'energia prodotta

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92

Il gas ottenuto ha comunque un basso o medio potere calorifico (da 1.000 a 2.500

kcal/Nm3). Si osservi che, sebbene normalmente il reagente ossidante utilizzato

sia l’aria, si può anche utilizzare ossigeno o aria arricchita di ossigeno. In tal caso,

si può ottenere un gas con un potere calorifico maggiore (da 2.500 a 3.500

kcal/Nm3) a causa della minore quantità di azoto (inerte) presente.

Il gas di gassificazione può essere utilizzato come combustibile in caldaie, motori a

combustione interna, turbine a gas.

Figura 7:

schema di impianto per la gassificazione

I dispositivi per la gassificazione (gassificatori o gasogeni) hanno le stesse

caratteristiche costruttive di quelli impiegati per la combustione a letto fisso o a

letto fluido e si differenziano soltanto per pochi particolari costruttivi e di processo.

Per gli impianti di taglia superiore ai 15 MWe, l’applicazione più conveniente di

questo processo è rappresentata da un ciclo combinato costituito da una turbina

alimentata da gas di gasogeno opportunamente depurato e da un’ulteriore turbina

alimentata dal vapore prodotto utilizzando i gas caldi in uscita dalla turbina a gas.

PreparazioneCombustibile Gassificatore

DepurazioneGas

CaldaiaVapore Camino

Turbina oMotore a Gas

Turbina a Vapore

Calore

Gas

Ceneri

Fumi

Vapore

Energia elettrica

DepurazioneFumi

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93

Un esempio molto evoluto di ciclo combinato è l’IGCC (Integrated Gasification

Combined Cycle) attraverso il quale è possibile ottenere elevatissimi rendimenti

elettrici (40-45%).

Le reali prospettive di diffusione dell’IGCC dove la situazione generale suggerisce

di privilegiare piuttosto la diffusione di impianti di piccola taglia.

Altra possibile configurazione, indirizzata a impianti della potenza di qualche MWe,

consiste nell’accoppiamento dei gasogeni a motori a combustione interna collegati

con elettrogeneratori (MCI).

Con questa soluzione è possibile associare ad un minor costo di investimento

unitario, una maggiore semplicità di esercizio, pur essendo allo stato attuale

necessari ulteriori sviluppi riguardanti l’automazione del processo, il miglioramento

della qualità del gas prodotto e l’affidabilità complessiva del sistema.

A seconda della pressione di esercizio i gassificatori si distinguono in due tipologie:

i. gassificatori atmosferici;

ii. gassificatori pressurizzati

Attività di progettazione dell'impianto

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94

6. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE DELL’IMPIANTO

Il presente capitolo illustra un percorso ideale di scelta di installazione di un

impianto a biomassa e delle sue caratteristiche, che segua alcune tappe

fondamentali quali:

uno Studio Preliminare che fornisca informazioni circa la disponibilità di

biomassa e sulle sue caratteristiche fisiche e biologiche;

uno Studio tecnico-economico di fattibilità di impianto che mostri la fattibilità

tecnica dell’impianto e la sua convenienza economica;

le varie fasi della Progettazione che definiscono nel dettaglio le caratteristiche

dell’impianto.

si illustrano i Contenuti fondamentali di ogni fase fornendo indicazioni tecniche

per lo sviluppo di ognuna e puntando l’attenzione sugli elementi cruciali.

Mentre nei capitoli precedenti si sono illustrate ampiamente le tipologie di

biomassa, i processi per la conversione energetica e le tecnologie relative, le

indicazioni contenute in questo capitolo sono rivolte in special modo agli impianti

che utilizzano biomasse lignocellulosiche all’interno di processi di combustione1.

Tale restrizione viene compiuta perché le biomasse lignocellulosiche sono presenti

un po’ ovunque e perché le tecnologie per la combustione sono piuttosto evolute e

disponibili per impianti sia grandi sia piccoli quindi adattabili alle diverse realtà dei

parchi italiani; viceversa impianti per pirolisi e gassificazione, che hanno senso

solo se piuttosto grandi non sono molto compatibili con l’ambito di un parco e con

l’esigenza dimostrativa degli impianti stessi.

1 Si intende che, mentre le indicazioni di carattere più tecnico sono correlate al tipo di biomassa e di tecnologia, il percorso di scelta può considerarsi analogo per tutti gli impianti a biomassa.

Attività di progettazione dell'impianto

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95

Il bacino di approvvigionamento

Il primo passo da compiere qualora si intenda avviare un’attività di produzione di

energia da biomassa è sicuramente lo studio della disponibilità quanti-qualitativa

della stessa biomassa per stabilire la sostenibilità dell’intervento.

Questo studio parte inevitabilmente dall’individuazione un ipotetico bacino di

approvvigionamento e dalla conseguente constatazione di quali tipologie di

materiale si hanno a disposizione all’interno della suddetta area.

Il criterio per individuare il potenziale bacino può essere vario, in linea generale i

principali fattori da analizzare sono:

la Presenza di utilizzazioni forestali;

la Presenza di attività produttive;

la Presenza di limiti amministrativi;

la Rete viaria;

i Costi di trasporto;

la Sostenibilità ambientale.

Le caratteristiche orografiche del territorio potenziale “fornitore” di materia prima

possono influire molto sulla grandezza del bacino di approvvigionamento. Il

trovarsi in pianura collina o montagna può comportare, ad esempio, l’avere a

disposizione una rete viaria molto diversa con differenti problematiche in merito

alle tipologie di mezzi di trasporto utilizzabili, di tempi e di costi legati a questa

operazione.

In un territorio montano le stesse caratteristiche fisiche del territorio possono

portare, in modo quasi obbligato, a fare coincidere i limiti fisici della valle con

quelli del bacino di approvvigionamento.

Studio

Preliminare

Attività di progettazione dell'impianto

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nelle zone ad obiettivo 1

96

La presenza o meno di una prassi consolidata di utilizzazioni forestali in un

determinato territorio è strettamente correlata ad una produzione di scarti di

lavorazione potenzialmente destinabili all’uso energetico, ne consegue che un

buon livello di utilizzazioni ed il relativo quantitativo di biomassa a disposizione

tendono a restringere il raggio dell’ipotetico bacino di approvvigionamento.

La contemporanea presenza di attività produttive di prima e/o seconda

lavorazione del legno, con i relativi quantitativi di scarti prodotti, concorre allo

stesso modo a mantenere contenuto l’ambito entro il quale approvvigionarsi.

Altro fattore decisivo potrebbe essere la presenza di limiti di proprietà o

amministrativi che identificano a priori la dimensione del bacino di raccolta

facendolo coincidere con i suddetti limiti.

In un’ottica di sostenibilità ambientale dell’intero progetto di filiera di produzione

di energia non ha comunque senso l’ipotesi di un bacino di approvvigionamento

allargato anche solo a livello regionale, nazionale ne tantomeno internazionale.

Qualora infatti ci sia una convenienza economica nell’approvvigionarsi di materia

prima su un territorio e/o mercato molto ampio, l’incidenza delle immissioni in

atmosfera legate al trasporto della biomassa combustibile all’impianto di

combustione, renderebbe vani i vantaggi in termini di emissioni derivanti dalla

produzione di energia da biomassa.

In tutti i casi occorrerà fare i conti con le quantità di biomassa necessarie

all’impianto oggetto di progettazione.

Lo stabilire ad esempio un raggio in km entro il quale muoversi può risultare

limitativo al contrario il non tenere conto della distanza entro cui approvvigionarsi

è senza dubbio sbagliato.

In linea di massima i criteri principali per la suddetta scelta sono la scelta della

soluzione “ambientalmente” più compatibile ed il costo massimo accettabile per il

trasporto della materia prima.

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97

Tipologie di biomassa disponibile

Stabilita l’area geografica di riferimento si proseguirà all’analisi delle tipologie di

biomassa lì disponibili.

Le tipologie di biomasse potenzialmente disponibili su di un territorio sono

essenzialmente:

Cippato da legno vergine derivante da utilizzazioni forestali;

Cippato da legno vergine derivante da tagli fitosanitari;

Cippato da legname recuperato dal lavori di manutenzione ordinaria

e straordinaria di alvei fluviali;

Cippato da residui di manutenzione di verde ornamentale;

Cippato da coltivazioni agro-forestali ad hoc;

Cippato da scarti di lavorazione primaria e secondaria del legno.

Il soggetto futuro gestore dell’impianto dovrà in seguito valutare il mix di

combustibile che ritiene più idoneo per l’alimentazione della centrale di

combustione.

A questo punto il compito del gestore dell’impianto dovrà essere quello di

individuare le diverse problematiche legate all’approvvigionamento e alla gestione

della biomassa di diversa fonte.

Le sopra elencate tipologie possono, ad esempio, essere disponibili con

tempistiche differenti durante l’arco dell’anno.

La produzione di scarti di origine forestale, ad esempio, è strettamente legata alle

tempistiche determinate a livello regionale per legge. Diversi sono i fattori

determinanti i periodi in cui è concesso di utilizzare i soprassuoli boschivi; lo sono

ad esempio la diversa tipologia di governo del bosco ossia ceduo o fustaia e

l’altitudine in cui si situano gli stessi popolamenti.

L’approvvigionamento di cippato derivante dai residui di manutenzione del verde

ornamentale, pur non sottostando a regolamenti o leggi, è legato alle normali

tempistiche derivanti dalla corretta applicazione di dettami agronomici oltre che

dalle modalità di raccolta e smaltimento differenti e tipiche di ogni realtà.

Attività di progettazione dell'impianto

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nelle zone ad obiettivo 1

98

Il cippato derivante da scarti delle attività di prima e seconda lavorazione del

legno, così come quello derivante dal recupero di imballaggi, non sarà soggetto a

tempistiche di tipo agronomico ma a tempistiche di cicli di produzione di manufatti

e/o semilavorati e di gestione logistica degli scarti.

L’analisi delle disponibilità delle diverse fonti dal punto di vista delle quantità e

delle tempistiche dovrà portare il gestore alla schematizzazione di un piano di

approvvigionamento necessario per la corretta gestione dell’impianto.

Nello stilare questo piano il gestore dovrà inoltre tenere conto delle problematiche

legate allo stoccaggio della biomassa recuperata.

Essendo il cippato soggetto a degrado per fermentazione non sarà infatti possibile

ipotizzare enormi accumuli di materiale.

Questo fatto riflettendosi sui quantitativi stivati avrà, a sua volta, dei risvolti sulla

gestione logistica delle necessarie aree di stoccaggio.

Come sopra accennato si intuisce che sono molteplici le problematiche legate al

mix di combustibile scelto per ogni realtà considerata. Il gestore dell’impianto

dovrà avere la capacità e l’accortezza di prendere in considerazione il maggior

numero di variabili possibile e individuare la giusta strategia d’azione che di volta

in volta si renderà necessaria.

Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa

Nella scelta del suddetto mix di combustibile adatto alla realtà impiantistica

oggetto di progettazione occorre valutare alcune caratteristiche fisiche e chimiche

della biomassa utilizzata.

Le caratteristiche principali dell’assortimento cippato sono:

le Dimensioni;

la Massa volumica apparente;

la Composizione;

l’Umidità;

il Potere calorifico inferiore e il Contenuto energetico.

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99

Per quanto riguarda le dimensioni è utile precisare che gli impianti utilizzanti

questo combustibile sono dotati di un sistema automatico di alimentazione dello

stesso.

L’uso di questo sistema comporta la necessità che il materiale abbia una

dimensione media di riferimento ed una omogeneità all’interno della fornitura.

La dimensione media del chip è di 20 x 20 x 40 mm; la presenza di chips di

dimensione e forma difformi potrebbe dare dei problemi al sistema di trasporto del

combustibile dalla zona di stoccaggio alla caldaia.

Diretta conseguenza della dimensione media delle particelle di cippato è la massa

volumica apparente dello stesso.

La massa volumica indica la massa dell’unità di volume apparente dei cippato

dove il volume è costituito da quello dei singoli chip e da gli spazi vuoti tra gli

stessi; l’unità di misura più diffusa è il kg/m3.

La massa volumica dipende, oltre che dalle dimensioni del chip anche dalla massa

volumica delle specie vegetali presenti (allegato 111 – allegato 112).

La composizione del cippato è definita dalle specie vegetali con le quali è stato

prodotto e la provenienza dello stesso.

L’umidità del legno è definita dal rapporto fra la quantità d’acqua contenuta in un

pezzo di legno ed il peso (anidro o umido) di quest’ultimo.

Quando si indica un valore di umidità si dovrebbe sempre nel contempo

specificare se il valore è riferito allo stato umido o allo stato anidro perché,

sebbene i due valori siano univocamente correlati tra loro, sono diversi (rif.

Allegato tecnico).

Quando ciò non è specificato, il valore di umidità è normalmente riferito allo stato

umido.

Il potere calorifico inferiore esprime la quantità di calore che si sviluppa con la

combustione completa di 1 kg di legno, considerando l’acqua allo stato di vapore a

100°C (cioè considerando la sola quota parte di calore effettivamente utilizzabile

nei normali impianti di riscaldamento).

Esso varia principalmente in funzione dell’umidità del legno e della specie

botanica.

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100

Il contenuto energetico esprime un concetto analogo ma è riferito all’unità di

volume invece che all’unità di peso.

Rispetto al potere calorifico inferiore, è più adatto al cippato perché è meno

variabile in funzione dell’umidità: per questo motivo, il cippato dovrebbe sempre

essere commercializzato per unità di volume invece che di peso.

In allegato inoltre si mettono a confronto alcuni valori di contenuto energetico e

potere calorifico inferiore. ed alcuni valori medi di massa volumica di diverse

specie legnose.

Dal punto di vista chimico occorre accertarsi della possibile presenza di sostanze

inquinanti nel legname di partenza utilizzato per la produzione del cippato.

A questo riguardo l’addetto all’approvvigionamento della biomassa dovrà

verificare, accertandosi delle caratteristiche e della provenienza della stessa, il

ricadere del materiale nelle categorie definite per legge, dei combustibili, dei rifiuti

non pericolosi o dei rifiuti pericolosi.

L’appartenenza ad una delle suddette categorie implica la possibilità di utilizzare la

biomassa in apposite tipologie impiantistiche.

In particolare dovranno essere tenuti in considerazione i parametri individuati e

descritti dalla vigente normativa sui rifiuti e sui biocombustibili.

La normativa oltre ad indicare i valori limite di concentrazione di alcune sostanze

chimiche e la metodologia per l’effettuazione dei controlli, indica le caratteristiche

impiantistiche necessarie per la conversione energetica delle diverse tipologie di

scarto.

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nelle zone ad obiettivo 1

101

Nel presente paragrafo si illustrano i passi

fondamentali da percorrere per lo studio di fattibilità di

una filiera legno-energia. Si propone lo studio di

fattibilità della filiera e non dell’impianto perché

l’analisi delle esperienze nel campo delle biomasse ha

mostrato che i fattori limitanti l’utilizzo delle biomasse

non sono tanto legati all’impianto vero e proprio

quanto a ciò che sta intorno.

In particolar modo si incontrano problemi legati all’approvvigionamento di materia

prima e alla gestione.

L’approvvigionamento – il cui obiettivo è avere la disponibilità continua di materia

prima - è reso difficoltoso, per citare brevemente le principali criticità, da:

il carattere labile delle biomasse, per cui in genere non è

possibile stoccare grosse quantità di biomassa

perché essa è soggetta a fenomeni che ne modificano le

caratteristiche, in modo più o meno veloce/grave a

seconda dei casi;

il fatto che, non essendo molto diffuso l’uso energetico

delle biomasse (almeno in Italia), in genere non esiste

un mercato delle stesse, di conseguenza la continuità

dell’approvvigionamento è assicurata solo tramite

un’attenta pianificazione e una buona conoscenza delle

risorse in senso lato (operatori, aziende, boschi, attività

agricole, ecc.)2.

La gestione di un impianto a biomassa è invece un elemento critico perchè è

generalmente meno banale di quella di un impianto alimentato con fonti

“tradizionali” (fossili) e richiede una maggiore conoscenza tecnica dell’impianto

stesso.

2 La modalità di approvvigionamento è in effetti una delle principali differenze tra le biomasse e le fonti energetiche cosiddette “tradizionali”. Per queste ultime il problema dell’approvvigionamento non esiste: la fonte energetica arriva direttamente all’utente (come nel caso del metano) oppure può essere messa a disposizione tramite una semplice telefonata (come nel caso del gasolio); insomma con una semplicità che per le biomasse attualmente è inimmaginabile.

Studio

Tecnico-

economico

di

fattibilità di filiera

Attività di progettazione dell'impianto

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nelle zone ad obiettivo 1

102

Parimenti, per quanto riguarda gli aspetti prettamente economici,

l’obiettivo/risultato dello studio di fattibilità deve essere non il costo dell’impianto

bensì il costo unitario del calore erogato dall’impianto, perché si tratta di un

valore che tiene conto di tutti gli elementi della filiera e permette di valutare la

convenienza economica dell’impianto stesso, requisito senza il quale l’impianto

rischia di avere vita breve.

Caratteristiche fisiche e biologiche della biomassa

Gli argomenti da indagare, e i dati da mettere in evidenza, nello studio di fattibilità

sono principalmente quelli elencati di seguito, e ciascuno di essi sarà più

ampiamente descritto in un paragrafo apposito.

Utenza

Lo studio deve individuare l’utenza, la distribuzione nel tempo dell’energia richiesta, stimare la

quantità di energia che l’impianto dovrà erogare, definire la potenza dell’impianto da installare.

Impianto

In base alle considerazioni precedenti, si deve formulare un’ipotesi di impianto che possieda

caratteristiche idonee al caso in esame, e stimare i costi di investimento.

Approvvigionamento

Lo studio di fattibilità deve affrontare il problema dell’approvvigionamento - quali fonti si prevede

di avere a disposizione, in che quantità e a quale prezzo – mettendo a confronto la disponibilità di

biomassa con il fabbisogno dell’impianto.

Gestione

È necessario evidenziare le modalità con le quali è opportuno provvedere alla gestione

dell’’impianto, in particolare quali soggetti possono/devono essere coinvolti, e stimare i costi di

gestione.

Esternalità positive

Lo studio deve mostrare i benefici che derivano dall’utilizzo della biomassa in quel determinato

contesto, se possibile non solo in modo descrittivo ma anche quantificandoli.

Attività di progettazione dell'impianto

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103

Come valutare la convenienza economica della filiera

I dati evidenziati devono essere collegati tra loro per dare un quadro d’insieme

della convenienza economica del progetto di filiera. Come si è già detto, il valore

numerico che fornisce tale indicazione è il costo di produzione unitario dell’energia

da biomassa.

Il modo con cui collegare i diversi valori, cioè quale formula matematica usare,

può variare a seconda dei casi e soprattutto a seconda della bontà dei dati che si

riescono ad ottenere.

Si propone qui un esempio di formula che utilizza dei valori rapportati all’anno:

E = (I+C+G–B)/a

dove:

E = costo di produzione unitario dell’energia (€/kWh)

I = costo annuo dell’impianto (€)

C = costo annuo del combustibile (€)

G = costo annuo della gestione (€)

B = benefici annui derivanti dall’uso di biomassa (€)

a = kWh erogati all’anno

Una volta ricavato il valore E esso può essere messo a confronto con l’analogo

costo dell’energia da fonti fossili o utilizzato per altre valutazioni nel processo

decisionale di scelta dell’installazione dell’impianto.

Attività di progettazione dell'impianto

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104

I benefici derivanti dall’uso di biomassa, che sono stati inclusi nella formula

proposta per completezza di ragionamento, sono monetizzabili con grande

difficoltà e con risultati comunque soggettivi ed aleatori.

È possibile d’altro canto tenere conto delle esternalità positive anche senza

includerle nel valore numerico, ma a posteriori: nel momento in cui si fa il

confronto tra il costo di produzione dell'energia da biomassa e dell'energia da fonti

fossili si deve porre l’attenzione sul fatto che i valori sono da considerarsi pari

quando il primo è “in una certa misura” superiore al secondo.

Utenza

Lo studio deve individuare l’utenza, cioè definire quali sono i soggetti e gli edifici che utilizzeranno l’energia prodotta dall’impianto.

Trattandosi di un impianto a biomassa, a differenza degli impianti a fonti fossili (e di altri impianti a fonti rinnovabili, ad esempio gli impianti solari), la tipologia di utenza deve essere valutata attentamente perché condiziona le scelte successive e in casi-limite addirittura blocca dal principio l’idea di realizzare un impianto.

Il principale requisito dell’utenza è la continuità nell’utilizzo di energia. Il motivo, che viene qui solo accennato, è legato alle caratteristiche intrinseche degli impianti a biomassa, che devono funzionare il più possibile a pieno regime e in modo continuo.

Tale continuità può realizzarsi in vari modi. Può trattarsi di uno o pochi grossi edifici che vengono utilizzati giornalmente o quasi, quali uffici del Parco, centri-visita, scuole, uffici pubblici, ecc. Oppure può trattarsi di tante piccole utenze singole (es. abitazioni) che si alternano nella richiesta di energia nei vari momenti della giornata.

Un’utenza molto discontinua, ad esempio locali utilizzati solo nei fine-settimana, è inadatta ad essere fornita di energia da biomassa.

Una volta identificata l’utenza si deve stimarne il fabbisogno energetico annuo, in base ai consumi degli anni precedenti o al numero di ore di esercizio all'anno.

Si deve infine indicare la potenza dell’impianto a biomassa da installare, che dovrà soddisfare – in tutto o in parte – il fabbisogno energetico di cui sopra.

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105

Impianto

L’impianto deve essere delineato nelle sue caratteristiche principali:

caldaia e sistema di alimentazione, che comprende:

sistema di estrazione de combustibile dal silo;

complesso di trasporto e alimentazione del combustibile alla caldaia;

generatore di calore (uno o più) a biomassa;

scambiatore funo/fluido termovettore;

impianto di depurazione dei fumi;

impianto di estrazione delle ceneri;

quadro elettrico di comando e accessori;

silo;

opere termoidrauliche ed elettriche di centrale;

locale caldaia;

rete di teleriscaldamento (eventuale);

opere di sottocentrale presso le utenze (eventuali).

Per stimare il costo dell’impianto si devono stimare i costi delle varie componenti, oltre naturalmente il costo della progettazione e direzione lavori, e gli oneri finanziari.

Il costo dell’impianto può essere abbassato da eventuali forme di sostegno pubblico all’utilizzo della biomassa.

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106

Approvvigionamento

In linea generale, la tipologia di biomassa e la quantità relativa sono già state individuate, nel percorso decisionale che si sta delineando, nello Studio Preliminare.

Lo studio di fattibilità deve approfondire l’argomento dettagliando le fonti di combustibile il più accuratamente possibile e fornendo, per ognuna, le seguenti informazioni:

percentuale di utilizzo;

contenuto energetico;

prezzo unitario.

Si sottolinea l’importanza, per i problemi già citati legati all’approvvigionamento, di prevedere già in questa fase un ventaglio di fonti sufficientemente ampio da garantire la continuità dell’approvvigionamento e consentire nel contempo di rimodulare le percentuali di utilizzo delle varie fonti in funzione delle variazioni dei prezzi di mercato delle fonti stesse.

Le fonti devono essere diverse come tipologia3 e come provenienza. Un esempio di mix di combustibile, riguardante il cippato, potrebbe essere il seguente:

50% di cippato da bosco prodotto direttamente;

10% di cippato proveniente da tagli di manutenzione delle fasce ripariali;

20% di cippato da bosco, acquistato tal quale;

20% di cippato da scarti di segheria, acquistato tal quale.

In base a questi dati e a quelli individuati precedentemente è inoltre necessario fare una stima del fabbisogno totale annuo di combustibile; si avrà di conseguenza anche quello di ogni fonte e il costo totale annuo del combustibile.

3 Un quadro delle varie tipologie di biomassa potenzialmente disponibili è stato fornito nel

capitolo “Le biomasse” del presente documento

Attività di progettazione dell'impianto

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

107

Gestione

Lo studio deve formulare ipotesi sui soggetti ai quali affidare le varie fasi della gestione.

Le figure operative che in linea teorica sono necessarie per la gestione di una filiera sono le seguenti:

manager di filiera;

responsabile dell’approvvigionamento;

addetto alla centrale;

terzo responsabile.

Il manager di filiera segue nella sua interezza prima il progetto poi la gestione della filiera/distretto e coordina gli altri soggetti coinvolti nella gestione; deve conoscere almeno in modo approssimativo tutti gli argomenti biomassa-energia.

Il responsabile dell’approvvigionamento deve far sì che il silo sia sempre carico e registrare i consumi di combustibile; deve conoscere le modalità di approvvigionamento diretto della biomassa ed avere conoscenze di mercato per la parte di combustibile da acquistare.

L’addetto alla centrale svolge i compiti di conduzione e manutenzione ordinaria della caldaia; deve avere una conoscenza tecnica dell’impianto.

Il terzo responsabile è una figura professionale prevista dalla legge per gli impianti termici superiori ad una certa potenza4.

Le professionalità descritte possono o meno, a seconda dei casi, coincidere con persone fisicamente diverse. Una singola persona potrebbe svolgere più ruoli a seconda della capacità professionale, delle dimensioni della filiera, o altre ragioni.

Lo studio di fattibilità deve stimare i costi di gestione sia per quanto il personale impiegato nella gestione dell’impianto sia per quanto riguarda gli altri costi: eventuali affitti, premi di assicurazione, consulenze, manutenzione straordinaria e riparazioni, spese vive, ecc.

4 È previsto per gli impianti di potenza superiore ai 350 kW dal D.P.R. 412/93, successivamente modificato dal D.P.R. 551/99.

Attività di progettazione dell'impianto

energia da conversionedi biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

108

Esternalità positive

Lo studio di fattibilità deve evidenziare i benefici derivanti dall’uso di biomassa a scopo energetico se possibile monetizzandoli, altrimenti in modo descrittivo; in ogni caso è necessario che lo studio evidenzi i benefici legati al contesto territoriale in esame.

Di seguito sono elencate le principali esternalità positive che in generale l’uso energetico della biomassa presenta; di volta in volta – in base appunto alle caratteristiche peculiari dell’area coinvolta dal progetto – potranno assumere un’importanza maggiore o minore ed essere eventualmente integrate da altre esternalità:

diminuzione dell’inquinamento atmosferico;

diminuzione dell’effetto serra;

aumento dell’occupazione;

maggiore sviluppo rurale e forestale;

corretta gestione dei rifiuti;

incentivo alla manutenzione del territorio.

Il presente paragrafo non si propone come una linea-

guida completa per la progettazione di un impianto a

biomassa perché, visto il carattere divulgativo del

lavoro, si potrebbero soltanto accennare tutti gli

argomenti: ciò sarebbe inutile sia per il progettista, in

quanto si tratterebbe di cose già conosciute, sia per l’ente parco, data l’esiguità

delle informazioni che si potrebbero fornire.

Si preferisce perciò focalizzare l’attenzione su alcuni elementi-chiave che l’analisi

delle esperienze ha mostrato essere più importanti; l’utente di questo capitolo è

più che mai l’ente parco che può utilizzare queste indicazioni per valutare

criticamente un progetto o portare un contributo su aspetti specifici.

Progettazione

dell’impianto

Attività di progettazione dell'impianto

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nelle zone ad obiettivo 1

109

Sovradimensionamento e numero caldaie da installare

Una caldaia a biomassa legnosa sovradimensionata viene sfruttata male e in

genere comporta maggiori problemi. D’altro canto una caldaia molto inferiore alle

esigenze non è sufficiente a soddisfare le richieste dell’utenza.

Poiché installando una sola caldaia a biomassa si corre il rischio di

sovradimensionarla o di non coprire la richiesta energetica è solitamente

conveniente installare due caldaie:

una caldaia a biomassa e una caldaia a fonti fossili;

oppure

due caldaie a biomassa.

La prima opzione è la più semplice da realizzare soprattutto se si tratta di

impianti di media taglia e in caso di sostituzione di impianto preesistente

(mantenendo la vecchia caldaia a fonti fossili).

Questo abbinamento implica generalmente che la caldaia a biomassa è attiva

soltanto durante la stagione di riscaldamento; l’altra caldaia serve a coprire le

punte di richiesta e per la produzione di acqua calda sanitaria durante l’estate.

La seconda opzione è quasi obbligata oltre una soglia di potenza, in quanto le

caldaie a biomassa legnosa arrivano normalmente fino intorno a 5 MW.

Un valore che permette in modo veloce e facile (quindi anche da parte di un

soggetto non esperto in materia) di intuire un eventuale sovradimensionamento è

il rapporto tra potenza installata e volume riscaldato, che – almeno nelle

condizioni climatiche italiane – non dovrebbe mai superare i 30 W/m3.

Attività di progettazione dell'impianto

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

110

In Allegatosi forniscono alcuni dati bibliografici di riferimento riguardo al

fabbisogno di potenza calorica per unità di volume installato.

Limiti di potenza

Esistono dei limiti di potenza superati i quali si cambia normativa di riferimento, in

particolare per quanto riguarda il limite massimo di emissioni consentite

(3 MW e 6 MW).

Il fatto di trovarsi in un ambito o nell’altro si ripercuote sui costi di investimento in

modo rilevante, perché la tecnologia che permette di rimanere al di sotto di una

certa soglia è diversa in un caso o nell’altro.

Da un punto di vista economico conviene perciò evitare di installare caldaie la cui

potenza sia di poco superiore ad una delle soglie massime, o modificando le

dimensioni dell’utenza o installando una seconda caldaia.

Trasporto ed alimentazione del combustibile

Per quanto riguarda il complesso di trasporto e alimentazione del combustibile alla

caldaia (ci si riferisce in questo caso agli impianti a cippato in particolare), vi sono

essenzialmente tre diverse tipologie talvolta combinate tra loro:

a coclea;

a nastro;

a spintore idraulico.

Per sistema di trasporto si intende quello che, dal silo, porta il combustibile in

prossimità della caldaia, fino ad un punto in cui il combustibile effettua un “salto”

e ricade più in basso: da qui il sistema di alimentazione lo immette nella camera

di combustione.

Attività di progettazione dell'impianto

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nelle zone ad obiettivo 1

111

La coclea è il sistema più diffuso e si adatta a varie situazioni. Non si adatta bene

a coprire grandi distanze: la singola coclea di notevole lunghezza tende ad avere

un “gioco” rispetto al proprio asse di rotazione, tanto più se il diametro è troppo

esiguo. Inoltre comporta in genere problemi in caso di utilizzo di combustibile non

omogeneo dal punto di vista della pezzatura.

Il nastro, rispetto alla coclea, permette di coprire maggiori distanze e differenze di

livello. Ha lo svantaggio di essere rumoroso e può presentare inconvenienti

qualora non sia stato progettato espressamente per il cippato.

Lo spintore ha il principale vantaggio di non essere vincolato ad una determinata

pezzatura di combustibile; mentre il principale svantaggio è il fatto di essere

vincolato ad una certa posizione rispetto alla caldaia.

La coclea può essere sia un sistema di trasporto sia di alimentazione; il nastro è

solo un sistema di trasporto mentre lo spintore è solo un sistema di alimentazione.

Quando siano presenti il nastro o lo spintore devono quindi per forza esservi più

tipologie abbinate tra loro.

Indipendentemente dal sistema utilizzato il percorso deve essere il più possibile

semplice e breve, il che comporta costi minori e, di solito, meno problemi.

La progettazione del silo

Il silo (comprendente il locale, il sistema di estrazione e l’apertura) è la parte

dell’impianto la cui progettazione influenza maggiormente il costo finale

dell’investimento (ASEB, 1995).

È evidente dunque l’importanza di una sua corretta progettazione, trattandosi di

un elemento sul quale è possibile effettuare delle economie.

Gli aspetti critici, in ordine di importanza, sono:

il dimensionamento;

la localizzazione;

il tipo di silo;

il tipo di aperture.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

112

Un corretto dimensionamento corrisponde al fatto che il silo non venga realizzato

troppo grande, per questioni di costo, e che nel contempo abbia una sufficiente

autonomia.

La scelta delle dimensioni del silo è anche legata alla presenza, nei pressi

dell’impianto, di un luogo per lo stoccaggio, che svincola in parte dai problemi

legati all’efficienza dei rifornimenti.

Per quanto riguarda la localizzazione del silo si devono rispettare le seguenti

regole:

la distanza tra il silo e la caldaia deve essere il più breve possibile;

il silo deve possibilmente essere inserito negli edifici progettati in modo da non aver bisogno di un accesso supplementare;

le aree circostanti il silo devono essere sufficientemente ampie da permettere le manovre e lo scarico del materiale nel silo da parte degli automezzi.

Per quanto riguarda il tipo di silo, le principali tipologie sono le seguenti:

strutture murarie costruite appositamente (di solito interrate);

silos prefabbricati (ferro, cls);

tettoie aperte.

I silos interrati sono più costosi ma semplificano le operazioni di riempimento del

silo stesso nonché il collegamento silo-generatore di calore.

Tra i silos prefabbricati esiste la soluzione dei containers predisposti per il

collegamento diretto all’impianto di alimentazione del generatore di calore.

I vantaggi principali sono i seguenti: costano meno e semplificano la fase

progettuale.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

113

Dal lato svantaggi, si evidenzia che l’approvvigionamento del combustibile è più

impegnativo perché di solito sono più piccoli.

Quando il silo è interrato è necessario scegliere tra aperture carrozzabili o non

carrozzabili: vanno fatte carrozzabili solo se è necessario, in funzione

principalmente dell'accessibilità. Infatti queste ultime comportano costi maggiori e

possono causare più facilmente problemi di infiltrazione d’acqua.

Le aperture non carrozzabili possono essere poste su una cornice di calcestruzzo

rialzata (ordine di grandezza di circa 20 cm).

La progettazione del locale caldaia

Durante la scelta delle caratteristiche del locale caldaia e del posizionamento della

caldaia stessa al suo interno, è consigliabile porre particolare attenzione a

prevedere sufficienti spazi di manovra per le ordinarie operazioni di

manutenzione e rimozione delle ceneri. Infatti un locale troppo piccolo e

soprattutto con una disposizione non idonea implica successivamente, per tutta la

vita dell’impianto, perdite di tempo che influiscono negativamente sui costi di

gestione.

La lunghezza della rete di teleriscaldamento

Nel caso si abbia a che fare con un teleriscaldamento, il dimensionamento della

caldaia è naturalmente collegato al costo della rete di distribuzione del calore.

Avendo individuato l’utenza, quindi anche la sua localizzazione, e la potenza da

installare, occorre valutare se la lunghezza della rete è in un rapporto ragionevole

con la potenza della caldaia.

Fonti di finanziamento

energia da conversionedi biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

114

La rete non deve essere “troppo lunga” rispetto alla potenza e all’energia erogata,

perché ciò sarebbe sconveniente dal punto di vista economico.

Una veloce quanto sommaria verifica, che consente almeno di verificare che

l’ordine di grandezza sia quello giusto, si può fare utilizzando il criterio secondo cui

deve esservi almeno 1 kW di potenza d’allacciamento per metro lineare di

condotta termica (lunghezza del canale).

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

115

7. FONTI DI FINANZIAMENTO

Per elaborare una strategia efficace di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili

occorre elaborare modelli di intervento corredati dall’individuazione di strumenti

finanziari di accompagnamento alla realizzazione; in merito il capitolo seguente

presenta:

un quadro delle strutture comunitarie che intervengono nella gestione

dei fondi strutturali utile per individuare i potenziali riferimenti cui

rivolgersi per ottenere informazioni e chiarimenti;

alcune carte illustrative delle zone di intervento dei finanziamenti attuati

con fondi comunitari per verificare immediatamente le possibilità di

inserimento in linee di finanziamento legate alla specificità del nostro

territorio di riferimento;

una panoramica delle opportunità finanziarie offerte dalla legislazione

comunitaria e italiana (sia a livello nazionale che regionale).

Anche in questo caso per economia d’uso tutti i riferimenti citati si trovano per

esteso in formato elettronico e collegati automaticamente attraverso dei links alla

copia di questo testo sul CD-ROM.

La Commissione Europea è l’Istituzione che

rappresenta l’interesse generale della Comunità. Suo

infatti è il compito di preparare l’adozione di nuovi

provvedimenti normativi, di sorvegliare sulla corretta

applicazione del diritto comunitario, di assicurare il

funzionamento e lo sviluppo delle politiche comunitarie

di propria competenza.

Il sistema

”aiuti e

prestiti”

della UE

Fonti di finanziamento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

116

In particolare la Commissione:

Propone i testi legislativi da presentare al Parlamento e al Consiglio

Garantisce l’esecuzione delle leggi europee, del bilancio e dei programmi adottati dal Parlamento e dal Consiglio sempre nel rispetto del principio della sussidiarietà

Vigila con la Corte di Giustizia sull’applicazione del diritto comunitario in quanto custode dei trattati

Negozia gli accordi internazionali principalmente in materia di commercio e cooperazione

Esecuzione e coordinamento delle politiche comuni

Alla Commissione spetta la gestione amministrativa dei servizi comunitari e degli

stanziamenti destinati agli interventi pubblici della Comunità nonché, in

collaborazione con le autorità interessate, dei quattro fondi strutturali comunitari

facenti capo alla Politica di Coesione Economica e Sociale:

i. Fondo europeo di orientamento e garanzia in agricoltura (FEAOG),

ii. Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR),

iii. Fondo sociale europeo (FSE)

iv. Strumento finanziario di orientamento della Pesca (SFOP)

La Commissione è poi l’ente erogatore degli strumenti finanziari relativi alle

politiche interne (ricerca e sviluppo, trasporti, formazione, istruzione, cultura).

La Commissione utilizza il proprio potere esecutivo anche per coordinare le

politiche comunitarie e negoziare accordi internazionali in materia di

scambi e di cooperazione.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

117

Organizzazione amministrativa

Con un organico di 15.000 persone, la Commissione rappresenta la più grande

istituzione dell'Unione europea. Recentemente la struttura della Commissione è

stata completamente rinnovata: le Direzioni Generali (DG), paragonabili ai nostri

Ministeri, sono aumentate da 24 a 36, con una suddivisione basata su aree di

competenza.

Ogni DG è presieduta da un direttore generale, che risponde direttamente al

commissario responsabile.

In un contesto di realizzazione di impianti per l’utilizzo

di fonti energetiche rinnovabili, i nostri principali

interlocutori a livello comunitario saranno

rappresentati – oltre che dalla Commissione – dai

responsabili di almeno tre Direzioni Generali:

Ambiente, Energia e trasporti, Politica regionale.

Direzione Generale “Ambiente”

All’Ambiente competono le attività in materia di ambiente, sicurezza nucleare e

protezione civile.

Commissario Responsabile: M. Wallström

Direttore Generale: J. Currie

Le Direzioni

Generali

direttamente

interessate

ed

i Programmi

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

118

Missione

Uno degli obiettivi dell’Unione europea è l'elaborazione e l'attuazione di una politica

comune a favore dell'ambiente. La Commissione propone una strategia

programmatica, attraverso l'adozione del Sesto Programma di azione a favore

dell'ambiente 2001-2010 “il nostro futuro – la nostra scelta” (rif: allegato 113).

Quattro aree necessitano, secondo il programma, di nuove energie e di interventi più

vigorosi, al fine di:

Contrastare il cambiamento climatico

Proteggere la natura, la flora e la fauna

Affrontare i legami fra ambiente e salute

Preservare le risorse naturali e migliorare la gestione dei rifiuti

Il Sesto Programma Quadro

Ambito di azione del programma:

gestione sostenibile delle risorse naturali;

lotta integrata contro l'inquinamento e azione preventiva nei confronti dei rifiuti;

riduzione del consumo energetico proveniente da fonti non rinnovabili;

migliore gestione della mobilità, grazie allo sviluppo di modi di trasporto efficaci e non inquinanti;

elaborazione di misure intese a migliorare la qualità dell'ambiente urbano;

miglioramento della salute e della sicurezza, specialmente in materia di gestione dei rischi industriali, di sicurezza nucleare e di protezione dalle radiazioni.

Il modesto obiettivo fissato per le fonti energetiche rinnovabili è il superamento entro

il 2010 di una quota di mercato del 7,5 %, rispetto al 5 % del 1995.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

119

Il Sesto Programma Quadro (segue)

Nonostante l’attiva promozione basata su una serie di programmi energetici comuni,

le fonti energetiche rinnovabili si sviluppano lentamente a causa dei costi elevati, delle

restrizioni operative (fonti estremamente localizzate oppure che richiedono molto

spazio) e delle difficoltà incontrate nel superare lo stadio di prova.

Il 95 % di questo tipo di energia è al momento di origine idraulica oppure è ricavato

dalla biomassa; altre soluzioni promosse dagli Stati membri includono i

biocombustibili (Francia e Finlandia), l’energia solare (Italia e Paesi Bassi), i rifiuti

della silvicoltura (Danimarca) e i parchi eolici (Grecia e Paesi Bassi).

Programmi e strumenti finanziari

Life-ambiente, natura, paesi terzi: il programma Life è destinato al finanziamento

di progetti innovativi nel campo dello sviluppo sostenibile, alla conservazione degli

habitat naturali e alla cooperazione con i paesi terzi in materia di politiche ambientali.

Programma SMAP: finanzia progetti a carattere ambientale attuati tra paesi delle due

sponde del Mediterraneo.

Stanziamenti destinati alle organizzazioni ambientaliste europee.

Direzione Generale “Energia e trasporti”

Detiene tutte le competenze in materia di sicurezza per quanto concerne

l’approvvigionamento energetico secondo il principio della sostenibilità ambientale

e di garanzia della competitività dei prezzi delle risorse.

Commissario Responsabile: L. de Palacio del Valle Lersundi

Direttore Generale: F. Lamoureux

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

120

Missione

La Direzione Generale Energia e Trasporti ha la duplice finalità di monitorare e coordinare le

politiche energetiche e, contemporaneamente, di definire una migliore e più efficiente

politica dei trasporti a livello europeo.

Gli ambiti di intervento in cui la DG opera per quanto riguarda l’energia sono:

i settori dei combustibili

petrolio e gas

l’energia nucleare

l’elettricità

le risorse rinnovabili di energia

Assicurare la compatibilità fra gli obiettivi della politica energetica e quella

ambientale è uno dei temi più dibattuti: è importante valutare l’impatto ambientale

dell’uso e della produzione di risorse naturali.

Programmi e strumenti finanziari

Le azioni nel contesto della politica energetica in Europa sono strettamente legate con le

azioni comunitarie nel campo di coesione economica e sociale (cfr. DG Politica Regionale).

Gli investimenti di questa politica sono finanziati dai fondi strutturali e dalla rete

transeuropea, così come dalla Banca Europea di Investimenti e dal Fondo europeo di

investimenti.

Le azioni nel contesto della politica energetica in Europa sono strettamente legate con le

azioni comunitarie nel campo di coesione economica e sociale (cfr. DG Politica Regionale).

Gli investimenti di questa politica sono finanziati dai fondi strutturali e dalla rete

transeuropea, così come dalla Banca Europea di Investimenti e dal Fondo europeo di

investimenti.

Nel settore dello sviluppo sostenibile e della tecnologia assicurare il rispetto per

l’ambiente è uno degli obiettivi più importanti della Commissione, che viene realizzato

provvedendo alla riduzione delle emissioni tossiche derivanti dalla produzione di energia e

garantendo la sicurezza strutturale e operativa delle installazioni nucleari.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

121

Programmi e strumenti finanziari (segue)

Le azioni nel contesto della politica energetica in Europa sono strettamente legate con le

azioni comunitarie nel campo di coesione economica e sociale (cfr. DG Politica Regionale).

Gli investimenti di questa politica sono finanziati dai fondi strutturali e dalla rete

transeuropea, così come dalla Banca Europea di Investimenti e dal Fondo europeo di

investimenti.

Nel settore dello sviluppo sostenibile e della tecnologia assicurare il rispetto per

l’ambiente è uno degli obiettivi più importanti della Commissione, che viene realizzato

provvedendo alla riduzione delle emissioni tossiche derivanti dalla produzione di energia e

garantendo la sicurezza strutturale e operativa delle installazioni nucleari.

Inoltre, viene condotta la promozione di un uso razionale ed efficiente delle risorse.

Per questo scopo sono stati messi a punto diversi programmi:

ALTENER, per la promozione delle energie rinnovabili; (rif: allegato 114)

CARNOT, per la ricerca; (rif: allegato 115).

ENERGIE, riguardante le energie rinnovabili e l’uso razionale delle risorse; (rif: allegato 116).

SAVE, sostegno non tecnologico per l’energia e il suo utilizzo, attraverso la diffusione di una cultura dell’energia fra i cittadini (rif: allegato 143)

Il programma ALTENER

Il programma Altener è stato avviato nel 1993 per conseguire la promozione dell’energia

rinnovabile.

Solo nel 1995 la competitività e la sicurezza nell’approvvigionamento si sono affiancati

all’aspetto ambientale in qualità di elementi chiave della politica energetica comune

dell’UE. La priorità attuale è garantire che i costi della produzione e del consumo di energia

si riflettano più fedelmente sui prezzi di mercato.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

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Il programma ALTENER (segue)

Il programma ALTENER sostituisce i precedenti Altener I e Altener II ed è finalizzato alla

promozione delle fonti energetiche rinnovabili nell'Unione europea. (Decisione n.

646/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2000)

Nell'ambito del programma quadro pluriennale di azioni nel settore dell'energia, la

decisione istituisce un programma pluriennale di sostegno delle fonti energetiche

rinnovabili avente i seguenti obiettivi:

creare le condizioni giuridiche, socioeconomiche e amministrative necessarie all'attuazione di un piano di azione comunitario per le fonti energetiche rinnovabili;

incoraggiare gli investimenti pubblici e privati nella produzione e nell'utilizzazione di energia da fonti rinnovabili.

ALTENER si iscrive nel quadro degli obiettivi globali della Comunità in materia energetica e

ambientale e precisamente:

a. limitazione delle emissioni di CO2;

b. aumento della quota delle fonti energetiche rinnovabili nel bilancio energetico al fine di realizzare nel 2010 l'obiettivo indicativo del 12 % del consumo energetico lordo della Comunità;

c. riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia;

d. sicurezza dell'approvvigionamento energetico;

e. sviluppo economico locale e regionale nonché coesione economica e sociale.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

123

Il programma ALTENER (segue)

La decisione della Commissione elenca i tipi di azione che possono beneficiare di un

sostegno finanziario nell'ambito del programma:

1. studi ed altre azioni, destinati ad attuare e completare altre misure

comunitarie e degli Stati membri adottate per sviluppare il potenziale

delle fonti energetiche rinnovabili;

2. azioni pilota di interesse comunitario volte a creare le infrastrutture

necessarie per lo sviluppo delle energie rinnovabili;

3. misure volte a sviluppare le strutture dell'informazione,

dell'insegnamento e della formazione; misure per promuovere lo

scambio di esperienze;

4. azioni mirate per favorire la diffusione sul mercato delle fonti

energetiche rinnovabili nonché del relativo know-how, al fine di

promuovere gli investimenti;

5. azioni di monitoraggio e valutazione volte da un lato a monitorare

l'attuazione del piano d'azione della Comunità per lo sviluppo delle fonti

energetiche rinnovabili e dall'altro a sostenere le iniziative adottate al

riguardo nonché valutarne gli effetti e il rapporto costi-efficacia.

Per questo programma è prevista una dotazione finanziaria di 77 milioni di €.

Secondo il tipo di azioni, la quota di finanziamento della Comunità può essere totale o

coprire fino al 50% un contributo pubblico e/o privato. Le condizioni e gli orientamenti per il

finanziamento delle azioni e misure previste dal programma ALTENER sono definiti

annualmente.

La Commissione è responsabile degli aspetti finanziari dell'esecuzione e dell'attuazione del

programma.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

124

Il programma CARNOT

Il programma CARNOT è stato creato al fine di promuovere le tecnologie pulite per i

combustibili solidi (carbone, lignite, torba, orimulsione, scisto bituminoso e frazione

pesante dei prodotti petroliferi, ecc.). Il programma si iscrveva nel contesto del programma

quadro nel settore dell'energia e comprende il periodo 1998 - 2002.

Il programma si poneva due obiettivi strettamente connessi:

1. promuovere l'uso di tecnologie pulite ed efficienti presso gli impianti

alimentati con combustibili solidi;

2. incoraggiare lo sviluppo di tecnologie pulite avanzate per i combustibili

solidi.

Nell'ambito del programma CARNOT sono state finanziate due categorie di azioni nel

settore dei combustibili solidi :

1. azioni per incoraggiare lo scambio di informazioni commerciali e

tecniche tra le attività nazionali, comunitarie e internazionali;

2. azioni per promuovere lo sfruttamento industriale delle tecnologie pulite

a scopi energetici, come ad esempio la produzione combinata di calore

e di energia elettrica, mediante una cooperazione industriale più

intensa.

Il programma prevedeva un importo di riferimento di 3 milioni di euro, di cui 1,2 milioni di

euro per il periodo 1998-1999. Il tasso di finanziamento comunitario per queste azioni era

compreso tra il 50 ed il 100 % del loro costo totale (per la prima categoria) e tra il 30 e il

50 % del loro costo totale (per la seconda categoria).

Attualmente gli obiettivi del programma CARNOT confluiscono nel più generale programma

quadro ”Ambiente 2010: il nostro futuro – la nostra scelta”.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

125

Il programma ENERGIA INTELLIGENTE PER L’EUROPA

A seguito del programma quadro Energia scaduto il 31 dicembre 2002, la Commissione

Europea aveva proposto un nuovo programma pluriennale di azioni nel settore dell'energia,

"Energia intelligente per l'Europa" (2003-2006). Con un bilancio di 215 milioni di €,

"Energia intelligente per l'Europa" attua la strategia descritta dal Libro verde sulla sicurezza

dell'approvvigionamento energetico e punta sulla promozione delle energie rinnovabili e sul

risparmio di energia.

La Commissione propone, nel quadro delle prospettive finanziarie in vigore, di assegnare al

programma un bilancio di 215 milioni di €. per il periodo 2003-2006.

Questo bilancio tiene conto degli orientamenti politici dell'Unione, in particolare della

strategia comunitaria di sviluppo sostenibile adottata dal Consiglio europeo di Göteborg nel

giugno 2001.

Il cofinanziamento sarà normalmente limitato al 50% del costo totale dei progetti, ma per

alcuni studi o misure, intrapresi unicamente su iniziativa della Commissione, è previsto un

finanziamento a concorrenza del 100%. Le azioni che possono beneficiare del sostegno

comunitario dovranno contribuire a controllare la dipendenza energetica dell'Unione e di

lottare contro il cambiamento climatico.

Il programma SAVE

Il programma Joule Thermie, varato nel 1990, ha promosso nuove ed efficienti tecniche

non inquinanti per l’uso razionale dell’energia, le fonti energetiche rinnovabili, i combustibili

solidi e gli idrocarburi.

Nel 1995, è stato convertito in un nuovo programma per l’energia non nucleare, mirato ad

attenuare il rovinoso impatto ambientale prodotto dal consumo eccessivo di energia e ad

assicurare la disponibilità di fonti energetiche rinnovabili ad un prezzo accettabile.

SAVE I è stato varato nel 1991 con l’obiettivo complementare di ridurre le emissioni di

CO2. Questo programma mira anche a migliorare la gestione dell’energia attraverso azioni a

livello locale e regionale ed a mettere a punto nuovi strumenti in grado di promuovere il

miglioramento dell’efficienza energetica. (Decisione 647/2000/CEE del Parlamento europeo

e del Consiglio, del 28 febbraio 2000)

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

126

Il programma SAVE (segue)

La decisione definisce le categorie di azioni che possono ottenere un finanziamento

nell'ambito del programma:

1. studi relativi all'efficienza energetica aventi come oggetto: l'introduzione di questo

criterio negli altri programmi comunitari, gli effetti del prezzo dell'energia, le

integrazioni necessarie alle misure comunitarie;

2. azioni pilota settoriali per accelerare gli investimenti e/o migliorare le abitudini di

consumo;

3. misure proposte dalla Commissione o da terzi per promuovere lo scambio di

esperienze;

4. controllo dei progressi di efficienza energetica e valutazione delle azioni avviate

nell'ambito di questo programma;

5. azioni specifiche mirate alla gestione energetica a livello regionale e urbano e al

miglioramento della coesione tra Stati membri e regioni.

Alcune azioni sono finanziate interamente dalla Comunità, altre sono finanziate solo in

parte con un tasso massimo di partecipazione comunitaria del 50% (azioni pilota,

misure proposte dai paesi terzi, azioni specifiche).

Direzione Generale “Politica Regionale”

Direzione Generale Politica Regionale

E’ competente per la politica di coesione economica e sociale finalizzata a ridurre

le disparità di sviluppo esistenti a livello regionale nell’UE, soprattutto mediante

l’uso del Fondo Europeo di sviluppo regionale e del Fondo di coesione.

Commissario responsabile: M. Barnier

Direttore Generale: G. Crauser

Fonti di finanziamento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

127

Missione

L'Unione Europea è caratterizzata da diversità che, se da una parte costituiscono la sua

ricchezza, dall’altra possono anche comportare delle difficoltà di tipo strutturale ed

economico.

La politica di coesione economica e sociale, che assorbe una buona percentuale del

bilancio comunitario (40,5%), rappresenta un modo di ridistribuire la ricchezza all’interno

dei paesi membri e risponde a un’esigenza di carattere generale: minori sono i divari,

maggiori sono i benefici per tutti. Per questo la coesione economica e sociale costituisce

una delle politiche prioritarie dell'UE, in quanto espressione di una solidarietà a livello

europeo e in quanto presupposto di efficienza economica e di competitività globale.

Infatti, la minore efficienza delle regioni più vulnerabili porta a una diminuzione della

domanda di prodotti europei, impedisce lo sviluppo economico, disturba la concorrenza nel

mercato unico e, in ultima analisi, riduce la competitività sul mercato mondiale e rallenta la

crescita globale dell’Unione.

La DG Politica Regionale è responsabile delle azioni comunitarie intese a ridurre il divario

di sviluppo socioeconomico tra le varie regioni dell'Unione Europea.

Le politiche e i programmi di questa Direzione perseguono l'obiettivo di promuovere un

elevato livello di occupazione, cercando di risolvere il problema della diversa capacità delle

regioni di attuare uno sviluppo sostenibile e le loro difficoltà ad adeguarsi alle nuove

condizioni del mercato del lavoro e della concorrenza a livello mondiale

Programmi e strumenti finanziari

Per attuare la politica di coesione economica e sociale, la DG Politica Regionale si serve

dell’azione di due importanti Fondi Strutturali: il Fondo europeo di sviluppo regionale

(FESR) e il Fondo di coesione.

Il FESR si occupa essenzialmente di assistere le regioni più povere incentivando gli

investimenti, le infrastrutture e le piccole imprese; il Fondo di coesione viene utilizzato

per facilitare l’accesso all’unione monetaria ed economica di paesi a forte ritardo di

sviluppo, i quali erano, sino al 1999, la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Irlanda.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

128

Programmi e strumenti finanziari (segue)

In collaborazione con le autorità competenti regionali e/o nazionali degli Stati membri, la

DG Politica regionale si serve dei due Fondi per cofinanziare programmi e progetti

finalizzati all'assistenza strutturale nelle regioni più svantaggiate dell'Unione, quali quelle

individuate nell’ambito dei territori Obiettivo 1 e Obiettivo 2.

Infine è compito di questa DG coordinare gli interventi previsti nelle nuove iniziative

comunitarie URBAN e INTERREG.

Linee di finanziamento diretto

Le politiche comunitarie e le attività ad esse correlate sono finanziate dai fondi

strutturali. Il documento “Agenda 2000” ha tracciato le linee guida per la riforma attuata

nel 1999.

Le risorse disponibili per il periodo 2000-2006 ammontano a 195 Miliardi di Euro.

Su iniziativa della Commissione, i Fondi possono finanziare, non oltre lo 0,40% della loro

dotazione annuale, anche azioni innovative a livello comunitario.

Tali azioni comprendono studi, progetti pilota e scambi di esperienze, intesi a elaborare

metodi e pratiche innovative per migliorare la qualità degli interventi nelle aree

obiettivo 1, 2 e 3.

Fonti di finanziamento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

129

I Programmi di Iniziativa Comunitaria

Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) viene creato per ridurre gli squilibri

economici e di sviluppo fra le regioni dei paesi comunitari.

L’azione del fondo, gestito dalla DG Politica Regionale, si rivolge in particolare ad alcuni

settori: l'ambiente produttivo, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la società

dell'informazione, la protezione e il miglioramento dell'ambiente, la parità tra uomini e

donne nel campo dell'occupazione, la cooperazione transnazionale, transfrontaliera e

interregionale nel settore dello sviluppo regionale (in particolare nell’ambito della specifica

iniziativa comunitaria Interreg).

I programmi di iniziativa comunitaria (P.I.C.) che si introducono nelle pagine seguenti

vanno inoltre sotto il nome di INTERREG, URBAN e LEADER + ed EQUAL

INTERREG III

Operante nell’ambito della cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale,

l’iniziativa Interreg III è di competenza della DG Politica regionale e prevede tre sezioni:

Interreg A: si occupa di cooperazione transfrontaliera, volta a promuovere lo sviluppo

regionale integrato di regioni frontaliere dell’Unione o di regioni appartenenti a uno Stato

membro, da una parte, e a un Paese terzo, dall’altra;

Interreg B: si interessa della cooperazione transnazionale tra autorità nazionali, regionali

e locali al fine di promuovere una maggiore integrazione territoriale tra le 11 macro regioni

europee limitrofe;

Interreg C: opera nella cooperazione interregionale destinata a migliorare l’efficacia delle

politiche e degli strumenti di sviluppo regionale e di coesione, attraverso la creazione di reti

e lo scambio di esperienze, tra regioni affini sul piano socio-economico.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

130

URBAN II

Mirato alla rivitalizzazione economica e sociale delle città, Urban II si propone due obiettivi

principali:

i. il sostegno a strategie innovatrici in materia di sviluppo economico e sociale;

ii. una migliore diffusione delle metodologie applicate con successo in tale settore.

LEADER +

Leader+ è l’iniziativa comunitaria che si occupa dello sviluppo rurale per il periodo 2000-

2006 ed è volta a promuovere l’attuazione di strategie integrate di alto profilo ai fini dello

sviluppo delle zone rurali.

L’iniziativa, gestita dalla DG Agricoltura, dà particolare risalto alla cooperazione e alla

costituzione di reti tra zone rurali e al ruolo propulsore dei partenariati a livello locale (i

Gruppi di Azione Locale).

La nuova iniziativa è applicabile a tutte le aree rurali della Comunità.

EQUAL

Equal si rivolge al settore della cooperazione transnazionale e promuove nuovi strumenti di

lotta contro ogni forma di discriminazione e diseguaglianza sul mercato del lavoro.

Equal si interessa anche dell’integrazione sociale e professionale di coloro che richiedono

asilo.

Le iniziative sono finanziate dal Fondo Sociale Europeo e sono organizzate dalla DG

Occupazione sulla base delle tematiche definite nel quadro della politica dell’occupazione.

Sono orientate all’uso di un approccio attivo e preventivo per la promozione delle pari

opportunità sul mercato del lavoro.

Fonti di finanziamento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

131

La ripartizione dei Fondi Strutturali a livello nazionale e

regionale avviene attraverso l’individuazione di aree

dette “obiettivo”:

l’obiettivo 1 corrisponde al livello NUTS 2

l’obiettivo 2 viene individuato sulla base del livello NUTS 3

l’Obiettivo 3 corrisponde al livello NUTS 1

La Nomenclatura delle Unità Territoriali Statistiche (NUTS) è stata elaborata

da Eurostat per fornire una scomposizione unica ed uniforme delle unità territoriali

per la compilazione di statistiche regionali per l'Unione europea. La NUTS è una

classificazione gerarchica a cinque livelli (tre livelli regionali e due livelli locali).

Attualmente:

78 territori di livello NUTS 1: i Länder tedeschi, le Regioni del Belgio, la

Danimarca, la Svezia, l'Irlanda, il Galles, la Scozia, le Zone di studio di

gestione del territorio (ZSGT) in Francia, e altre grandi entità regionali

altrove.

210 territori di livello NUTS 2: le Comunità autonome in Spagna, le

regioni e le DOM francesi, le province belghe e olandesi, le regioni

italiane, i Länder austriaci, le Regierungsbezirke tedesche, etc.

1093 territori di livello NUTS 3: le Nomoi in Grecia, le Maakunnat in

Finlandia, i Län in Svezia, le Kreise tedesche, i Dipartimenti francesi, le

provincie spagnole e italiane etc.

Utilizzo dei

Fondi

Strutturali

a livello

Nazionale

e Regionale

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

132

Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_nomenclatura

NUTS 1

NUTS 2

IT1 NORD OVEST

IT11 PIEMONTE

IT12 VALLE D'AOSTA

IT13 LIGURIA

IT2 LOMBARDIA

IT3 NORD EST

IT31 TRENTINO-ALTO ADIGE

IT32 VENETO

IT33 FRIULI-VENEZIA GIULIA

IT4 EMILIA-ROMAGNA

IT5 CENTRO (I)

IT51 TOSCANA

IT52 UMBRIA

IT53 MARCHE

IT6 LAZIO

IT7 ABRUZZO-MOLISE

IT71 ABRUZZO

IT72 MOLISE

IT8 CAMPANIA

IT9 SUD

IT91 PUGLIA

IT92 BASILICATA

IT93 CALABRIA

ITA SICILIA

ITB SARDEGNA

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

133

Livello NUTS 1: Le Macro Regioni_cartina topografica

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

134

L’OBIETTIVO 1

Il suo scopo è promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni a

ritardo di sviluppo.

Per il periodo 2000-2006, rientrano nell'Obiettivo 1:

le Regioni di livello NUTS II il cui prodotto interno lordo pro capite

(espresso in parità di potere di acquisto) è inferiore al 75% della media

comunitaria;

le Regioni ultraperiferiche (Dipartimenti francesi d'oltremare, le Azzorre,

Madeira e Isole Canarie);

le Zone rientranti nell'ex obiettivo 6 in quanto zone artiche scarsamente

popolate, appartenenti alla Finlandia e alla Svezia.

Per l’Italia sono comprese la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la

Sardegna e la Sicilia; il Molise rientra nel programma del sostegno transitorio.

L’OBIETTIVO 2

Il nuovo Obiettivo 2 sostituisce i vecchi Obiettivi 2 e 5b e contribuisce a favorire la

riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali, diverse

da quelle presenti nelle zone Obiettivo 1.

L'Obiettivo 2 riguarda le aree appartenenti al livello NUTS III, corrispondenti in

Italia alle Province: la lista è decisa in partenariato tra Commissione e Stato

membro ed è valida per 7 anni, con possibilità di modifica nel 2003.

Sono gli Stati membri a proporre alla Commissione un elenco di zone che

soddisfano tali criteri, fermo restando che è la Commissione a fissare un

massimale di popolazione riferito a ciascuno Stato membro, tenendo conto anche

della gravità dei problemi strutturali, valutata in base ai livelli della disoccupazione

totale e della disoccupazione di lunga durata al di fuori delle regioni Obiettivo 1.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

135

L’OBIETTIVO 3

L’Obiettivo 3 intende favorire l’adeguamento e l’ammodernamento delle

politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione ed è

previsto per le regioni che non rientrano nell’obiettivo 1; per l’Italia le regioni

selezionate sono quelle del Centro Nord.

L’Obiettivo 3 promuove quattro settori di intervento, complementari agli

orientamenti tracciati nel quadro della strategia europea per l’occupazione:

l’accompagnamento dei mutamenti economici e sociali;

la formazione e il perfezionamento permanenti;

una politica attiva di lotta contro la disoccupazione;

la lotta contro l’emarginazione sociale.

Il nuovo Obiettivo 3, che raggruppa i precedenti obiettivi 3 e 4, è principalmente

centrato sull’adeguamento e la modernizzazione delle politiche nazionali ed

europee dell’occupazione, dell’istruzione e della formazione professionale.

Pertanto l’obiettivo 3 serve da quadro di riferimento per l’insieme delle

azioni a favore delle risorse umane negli Stati membri.

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

136

Carta topografica zone ammissibili: Europa

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

137

Carta topografica zone ammissibili: Italia

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

138

Per le aree obiettivo 1 la Commissione definisce,

sulla base del Piano presentato dallo Stato membro

un QUADRO COMUNITARIO DI SOSTEGNO

(QCS) attuato da PROGRAMMI OPERATIVI

(PO).

Per le aree obiettivo 2 lo strumento direttore è un

DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE

(DOCUP) oppure un PROGRAMMA OPERATIVO

REGIONALE (POR)

Per le aree obiettivo 3 lo strumento direttore è un DOCUMENTO UNICO DI

PROGRAMMAZIONE (DOCUP) oppure un PROGRAMMA OPERATIVO

REGIONALE (POR)

Gli Stati Membri Presentano i PROGRAMMI OPERATIVI (P.O.) comprendenti:

un’analisi della situazione regionale relativa all’Obiettivo

l’analisi delle esigenze prioritarie

la strategia e le priorità di azione(ASSI)

il piano finanziario indicativo

Gli Stati Membri adottano i COMPLEMENTI DI PROGRAMMAZIONE

comprendenti:

le misure per l’attuazione della strategia

le azioni prioritarie previste

I contenuti del QCS Italia (rif: allegato 117)

Analisi della situazione di partenza

Considerazioni sull’economia del Mezzogiorno, punti di forza e di debolezza del Mezzogiorno

(analisi SWOT), risultati conseguiti nel periodo di programmazione 1994-1999.

Il Qcs Italia

e le

aree obiettivo:

organizzazione,

struttura e

documenti di

lavoro

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

139

Strategia di Sviluppo

Condizioni di elaborazione del piano di sviluppo regionale, processo di valutazione ex-ante,

coinvolgimento dei partner socio-economici e istituzionali, strategia di intervento ed

obiettivi del QCS, quantificazione degli obiettivi globali e incidenza sulle condizioni di

offerta, coerenza con le politiche nazionali di sviluppo economico e dell’occupazione,

coerenza con le priorità della Commissione, valutazione dell’impatto sulle politiche

comunitarie in materia di ambiente, occupazione e pari opportunità.

Assi Prioritari d’intervento

Per ciascun asse vengono specificati:

Analisi dei bisogni e delle potenzialità

Strategia di asse

Quantificazione degli obiettivi specifici

Linee di intervento

Criteri e indirizzi per l’attuazione

I singoli Assi:

Asse I – Risorse Naturali

Asse II – Risorse

Asse III – Risorse Umane

Asse IV – Sistemi Locali di Sviluppo

Asse V – Città

Asse VI – Reti e Nodi di Servizio

Inoltre il documento Programma Operativo individua ed approfondisce:

Orientamenti generali per gli interventi per l’agricoltura e lo sviluppo

rurale

Orientamenti generali per gli interventi nel settore della pesca

Progetti integrati

Risorse per l’assistenza tecnica

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

140

Piano finanziario

Tassi di partecipazione dei Fondi, organizzazione delle fonti di finanziamento e

coinvolgimento del settore privato, piano finanziario, addizionalità.

Identificazione ed organizzazione dei Programmi Operativi

I 7 Programmi Operativi Nazionali

Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta formazione (rif: allegato 118-1 e

118-2)

La Scuola per lo Sviluppo (rif: allegato 119)

Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno(rif: allegato 120-1 e 120-2)

Sviluppo (rif: allegato 121-1 e 121-2)

Trasporti (rif: allegato 122-1 e 122-2)

Pesca (rif: allegato 123)

Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema (rif: allegato 124-1 e 124-2)

I sette P.O.R. Italiani Aree Obiettivo 1

Basilicata (rif: allegato 125-1 e 125-2)

Calabria (rif: allegato 126-1 e 126-2)

Campania (rif: allegato 127-1 e 127-2)

Puglia (rif: allegato 128-1 e 128-2)

Sardegna (rif: allegato 129-1 e 129-2)

Sicilia (rif: allegato 130-1 e 130-2)

Molise (sostegno transitorio) (rif: allegato 131-1 e 131-2)

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

141

Condizioni di attuazione

Coordinamento degli interventi dei Fondi Strutturali a livello centrale e locale,

coinvolgimento dei partner socio-economici e istituzionali, organizzazione e trasparenza dei

flussi finanziari, meccanismi di attuazione: gestione, sorveglianza, monitoraggio,

valutazione e controllo, riteri per l’assegnazione della riserva di efficacia ed efficienza,

rispetto della normativa comunitaria.

Organizzazione dei Programmi Operativi

I documenti di programmazione vengono stesi attraverso i cosiddetti

“REGOLAMENTI ATTUATIVI” che fanno sì che i vari Programmi Operativi Nazionali,

Multiregionali e Regionali per le aree obiettivo 1, ed i Documenti Unici di

Programmazione per le aree obiettivo 2/3 conservino una medesima impostazione

generale dello schema letterario da utilizzarsi per la comunicazione delle

informazioni.

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

142

Per fornire un quadro generale delle informazioni

contenute nei documenti di programmazione sono stati

individuati e riportati i titoli degli ASSI PRIORITARI e

delle MISURE DI INTERVENTO

Sono state inoltre evidenziate le misure di interesse

per le azioni in campo ambientale mirate allo sviluppo

dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili; le

schede complete di misura sono riportate per esteso

negli allegati.

I sette Programmi Operativi Nazionali (P.O.N)

P.O.N. Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico P.O.N. La Scuola per lo Sviluppo

Asse I – Miglioramento della qualità dell’istruzione e sviluppo della società della

conoscenza e dell'informazione.

Misura 1: Adeguamento del sistema dell'Istruzione (FSE)

Misura 2: Nuove tecnologie per l’utilizzo e la valorizzazione delle metodologie didattiche (FESR)

Misura 3: Prevenzione della dispersione scolastica (FSE)

Misura 4: Infrastrutture per l'inclusione scolastica e l'integrazione sociale (FESR)

Misura 5: Formazione superiore (FSE)

Misura 6: Istruzione permanente (FSE)

Misura 7: Promozione di scelte scolastiche e formative mirate a migliorare l’accesso e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro (FSE)

Asse II – Assistenza Tecnica.

Misura 8: Interventi di assistenza tecnica, monitoraggio, controllo,

accompagnamento e valutazione (FSE)

Programmi

Operativi

Nazionali

e Programmi

Operativi

Regionali

Ob.1:

struttura

Fonti di finanziamento

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utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

143

P.O.N. Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno

Asse I - Sviluppo e adeguamento delle tecnologie dei sistemi informativi e di comunicazione per la sicurezza.

Misura I.1 – potenziamento delle tecnologie finalizzate alle comunicazioni di sicurezza

Misura I.2 – adeguamento del sistema di controllo tecnologico del territorio

Misura I.3 – tecnologie per la tutela delle risorse ambientali e culturali

Misura I.4 – potenziamento tecnologico del sistema informativo per la giustizia

Misura I.5 – risorse umane per la sicurezza

Asse II – Promozione e sostegno della legalità.

Misura II.1 – diffusione della legalità

Misura II.2 – sensibilizzazione

Misura II.3 - risorse umane per la diffusione della legalità

Asse III – Assistenza Tecnica (comprendente le attività di supporto, consulenza ed assistenza per l'attuazione del programma).

Misura III.1 – assistenza tecnica, valutazione indipendente, attività istruttorie e attuative

P.O.N. Sviluppo Locale

Asse IV – sviluppo dei sistemi locali

Misura 1 – legge 488/92 “industria”

Misura 2 - pacchetto integrato di agevolazioni – P.I.A.

Misura 3 - interventi di formazione per il P.I.A.

Misura 4 – assistenza tecnica

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

144

P.O.N. Trasporti

Asse I - Sviluppo del sistema a rete delle direttrici principali di collegamento del

Mezzogiorno

Misura I.1 – Miglioramento della rete e del servizio ferroviari attraverso il potenziamento, l’adeguamento, l’ammodernamento e la realizzazione delle linee

Misura I.2 - Miglioramento della rete e del servizio stradali attraverso il potenziamento, l’adeguamento, l’ammodernamento e la realizzazione della viabilità

Misura I. 3 – Potenziamento delle attrezzature finalizzate al miglioramento delle condizioni di sicurezza generale del servizio della navigazione

Misura I.4 – Sviluppo delle infrastrutture di supporto alla navigazione aerea e innovazione tecnologica

Asse II - Potenziamento delle connessioni fra le aree locali e le direttrici principali

Misura II. 1 - Miglioramento del servizio ferroviario attraverso il collegamento con le infrastrutture

Misura II. 2 - Miglioramento del servizio stradale attraverso il collegamento con le infrastrutture

Misura II. 3 – Realizzazione e adeguamento dei collegamenti passeggeri fra le aree metropolitane ed i nodi delle reti transeuropee

Asse III - Sviluppo delle infrastrutture nodali – Potenziamento e riqualificazione di

infrastrutture portuali a servizio dei traffici commerciali, dei collegamenti di cabotaggio e a breve raggio

Misura III.2 – Potenziamento delle infrastrutture aeroportuali Air side e Land side

Misura III.3 – Sviluppo delle infrastrutture nodali finalizzate all’intermodalità delle merci

Asse IV - Assistenza tecnica

Misura IV.1 – Assistenza Tecnica, Monitoraggio e Valutazione

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

145

P.O.N. Pesca

Asse IV – sviluppo dei sistemi locali

Misura 1 - Adeguamento dello sforzo di pesca

Misura 2 - Rinnovo e ammodernamento della flotta da pesca

P.O.N. Assistenza Tecnica ed Azioni di Sistema

Asse I - assistenza tecnica e coordinamento delle politiche di sviluppo regionale (FESR)

Misura I.1 - Azioni di preparazione, sorveglianza, monitoraggio, valutazione, controllo e assistenza

Misura I.2 - Azioni di assistenza tecnica e supporto operativo per l’organizzazione e la realizzazione delle attività di indirizzo, di coordinamento e orientamento delle Amministrazioni Centrali non titolari di PON ma con competenze “trasversali”, di attuazione e/o di coordinamento

Misura I.3 - Azioni per l’ampliamento, approfondimento ed integrazione della conoscenza economico statistica del territorio

Misura I.4 - Azioni di Comunicazione, informazione e pubblicità

Asse II - formazione della pubblica amministrazione ed azioni di sistema per le politiche per l’inserimento al lavoro e l’adeguamento del sistema formativo (FSE)

Misura II.1 – Azioni di sistema per le politiche per l’inserimento al lavoro, l’adeguamento del sistema formativo e la valorizzazione degli italiani all’estero

Misura II. 2 - Sviluppo ed adeguamento delle strutture e del persona le impegnati, con funzioni diverse, nelle attività di programmazione, coordinamento, gestione, sorveglianza e controllo dei programmi dei Fondi Strutturali

Fonti di finanziamento

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nelle zone ad obiettivo 1

146

I sette Programmi Operativi Regionali (P.O.R)

I Programmi Operativi Regionali (DOCUP in alcuni casi) sono basati sulla

medesima struttura per Assi prioritari; le differenze tra le regioni emergono dalla

suddivisione per Misure di intervento; in questa sezione del documento viene

riportata la sola struttura principale, negli allegati è possibile reperire l’intero

elenco delle misure e il testo completo delle misure riguardanti l’energia e l’utilizzo

di fonti rinnovabili.

I P.O.R sono sempre strutturati secondo i seguenti assi:

ASSE I – risorse naturali

ASSE II – risorse culturali

ASSE III – risorse umane

ASSE IV – sistemi locali di sviluppo

ASSE V – città

ASSE VI – reti e nodi di servizio

ASSE VII - assistenza tecnica

Per quanto riguarda le aree obiettivo 2 ed i documenti di programmazione per

l’obiettivo 3, sono stati inseriti:

I DOCUP OBIETTIVO 2

Allegato 132 Abruzzo

Allegato 133 Emilia Romagna

Allegato 134 Lazio

Allegato 135 Liguria

Allegato 136 Lombardia

Allegato 137 Marche

Allegato 138 Piemonte

Allegato 139 Toscana

Allegato 140 Trentino Alto Adige

Allegato 141 Veneto

Allegato 142 Umbria

I POR OBIETTIVO 3

Allegato 144 Abruzzo

Allegato 145 Emilia Romagna

Allegato 146 Friuli Venezia Giulia

Allegato 147 Lazio

Allegato 148 Liguria

Allegato 149 Lombardia

Allegato 150 Marche

Allegato 151 Piemonte

Allegato 152 Toscana

Allegato 153 Trentino Alto Adige (153-1 e 153-2)

Allegato 154 Veneto

Allegato 155 Umbria

Allegato 156 Valle d’Aosta

Fonti di finanziamento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

147

Il capitolo successivo propone uno schema semplificato di approccio alla risposta

per bandi di finanziamento sia di livello comunitario che nazionali sui P.O.R. e

DOC.U.P. a valere per il periodo 2000-2006.

Da tempo ormai l’Unione Europea ha sviluppato delle metodologie standard per il

finanziamento di iniziative di svariato genere; attraverso il naturale processo di

diffusione delle buone prassi di intervento (l’uso sempre più generalizzato delle

tecniche del cosiddetto Programme Cycle Management o PCM, delle metodologie

di analisi SWOT, etc. ne sono la riprova più evidente) anche al livello nazionale e

regionale si vanno sempre più consolidando degli strumenti di individuazione e di

selezione dei beneficiari dei finanziamenti che presuppongono degli approcci

unificati.

Al di là degli elementi specifici da considerarsi sulla base dei formulari e degli

interventi previsti, alcuni elementi di base e precondizioni vanno sempre analizzati

in via preliminare e sono stati sintetizzati nelle pagine seguenti.

Modelli e metodologie d'intervento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

148

8. MODELLI E METODOLOGIE D’INTERVENTO

La pubblicazione del bando (Call for Proposal)

rappresenta il momento concreto di apertura della

possibilità di presentare una Proposta.

Il testo contiene gli estremi che caratterizzano la

tipologia di proposte che possono essere accettate ed il

tipo di programma di riferimento.

Gli elementi da considerare con attenzione in fase iniziale

Budget: sia come espressione del limite superiore di finanziabilità di un

singolo progetto sia come quota percentuale finanziabile.

Durata: tempo massimo entro il quale il progetto deve essere

realizzato.

Territorio: le aree verso le quali sono diretti i finanziamenti.

Partenariato: sia la tipologia dei partners (per es. Imprese private o

Pubbliche Amministrazioni) che devono essere coinvolti come parte

attiva del progetto, sia l'origine dei partners che partecipano al progetto

(per es.: provenienti da due o più paesi membri)

Estremi della proposta: che identificano il problema per il quale viene

richiesta una soluzione mediante proposte.

Sono poi sempre presenti alcuni vincoli formali che devono essere rispettati, quale

ad es. la data limite di presentazione della Proposta

Partecipare

ad un bando

comunitario

nazionale o regionale

Modelli e metodologie d'intervento

energia da conversionedi biomasse

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nelle zone ad obiettivo 1

149

Gli elementi da considerare con attenzione in fase di valutazione

La valutazione del costo di presentazione di una proposta è di difficile

quantificazione; dipende da una molteplicità di fattori e soprattutto dall’esperienza

conseguita nel formulare progetti.

Bisogna considerare che è quasi impossibile che una proposta venga formulata da

una sola persona; escluso alcuni limitati casi (o scelte di tipo strategico), la sola

stesura fisica e preparazione formale richiede sempre vari giorni di lavoro.

Le maggiori difficoltà (e quindi costi maggiori) derivano dall'inesperienza nel

formulare proposte, per cui le fasi iniziali di progettazione sono quelle più onerose

– sempre che non si decida di affidarsi a strutture esterne all’ente.

ll successo può essere facilitato dalla partecipazione ad attività preliminari ed

informative che le varie Autorità organizzano regolarmente nell'ambito dei singoli

programmi allo scopo di fornire informazioni "ufficiose" relative alle chiamate.

Parteciparvi può essere vantaggioso soprattutto nella ricerca di partner, ma

significa dedicare risorse alla valutazione/preparazione preliminare delle proposte.

L’attuazione di ciascuna misura viene poi affidata ad un responsabile interno

all’ente che è sempre opportuno contattare per avere chiarimenti e informazioni

aggiuntive e integrative rispetto ai testi (rif: allegato 157 elenco dei responsabili di

misura).

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nelle zone ad obiettivo 1

150

Gli elementi da inserire nella presentazione della proposta

Problem Context: il contesto del problema.

Problem Statements: uno o più effetti concreti che devono essere rimossi o

attenuati.

Problem Bodies: le entità che riceverebbero un beneficio dalla soluzione

al problema, che consentono di individuare

rispettivamente;

i. beneficiari (Beneficiaries)

ii. benefici (Benefits)

Problem Evidence: informazioni a supporto oggettivo della necessità di risolvere

il problema.

ATTENZIONE

i. i bandi non sono strutturati sempre nello stesso modo

ii. la maggior parte delle informazioni sono disperse nel testo completo

del bando

iii. alcune informazioni (o riferimenti ad esse) si trovano solo negli Info

Packages (documenti informativi) reperibili a parte

Modelli e metodologie d'intervento

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151

Check List di controllo dello schema di proposta

Una buona proposta contiene sempre i seguenti elementi:

Contesto:

i. Descrizione chiara del contesto di proposizione/scenario del proponente;

ii. Fattori importanti di politica pubblica (macroeconomici, politici);

iii. Fattori utili per la comprensione dei problemi affrontati (potenziali, limitazioni, questioni demografiche, di genere, etc.);

iv. Risorse finanziarie, umane, infrastrutturali;

v. Analisi della fattibilità;

vi. Analisi dell’aderenza.

Beneficiari

i. Chi trarrà beneficio dal progetto?

ii. Come?

iii. Quali sono gli interessi dei gruppi destinatari?

iv. Ci sono altri gruppi interessati dal progetto?

Problemi da Affrontare

i. Quali ne sono le cause?

ii. Evidenziare il legame causa-effetto;

iii. Dimostrare che i beneficiari giudicano importante la soluzione dei problemi affrontati dal progetto;

iv. Dimostrare che il progetto è coerente con altre azioni passate, presenti o future, svolte dallo stesso gruppo o da altri che affrontano la stessa questione.

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152

Obiettivi generali e scopo

i. Quali sono gli obiettivi del settore ai quali il progetto vuole contribuire?

ii. Importanza e Valenza del progetto per il settore.

Risultati ed Attività

Cosa si intende realizzare di particolare?

Portata ed innovazione

i. Presentare realizzazioni/benefici:

i.i. Precisi;

i.ii. Sostenibili;

i.iii. Misurabili;

i.iv. Coerenti con gli obiettivi generali.

ii. In generale dimostrare la coerenza tra dimensione del progetto e dimensione del contesto di proposizione;

iii. Descrivere e dimostrare la dimensione innovativa del progetto.

Previsioni, rischi e grado di flessibilita

A quali risultati concreti e quantificabili porterà il progetto?;

i. materiali

ii. immateriali

Attenzione a non confondere le attività con i risultati dell’attività stessa: per es. l’attività di formazione da come risultato la competenza, la formazione non sarà mai risultato di un’attività, ma un’attività essa stessa.

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153

Modalita’ di attuazione

i. Descrivere le attività che dovranno essere intraprese per raggiungere i risultati;

ii. Cosa è necessario fare;

iii. Chi dovrà farlo.

Bilancio economico-finanziario

i. Analisi delle spese e delle entrate;

ii. Analizzare le entrate in base alla fonte;

iii. Verificare l’ammissibilità delle spese;

iv. Indicare dettagli sufficienti per una valutazione del costo-efficacia;

v. Indicare le classi di costo (p.es. i diversi tipi di lavoro) e le loro quantità.

Sostenibilità, verifiche e diffusione dei risultati

i. Spiegare dettagliatamente come i benefici apportati dal progetto che continueranno a persistere anche dopo la fase finanziata

ii. Indicare le azioni di diffusione dei risultati che verranno intraprese (mainstreaming orizzontale, verticale, di genere)

iii. Specificare gli indicatori dei risultati del progetto come vengono misurati e come verranno raccolti i dati

Partners e modalità di funzionamento del partenariato

La descrizione precisa dei componenti il partenariato, l’attribuzione precisa dei compiti all’interno del gruppo, le regole per il funzionamento dello stesso sia dal punto di formale che operativo, le regole che sottintendono ai processi decisionali, la definizione delle attività di PS e della scansione temporale delle stesse.

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154

Quadro logico di progetto

(esempio utilizzabile in fase di elaborazione progettuale)

Per individuare sin dalle fasi preliminari di progettazione la fattibilità

dell’intervento e l’entità degli sforzi logistici e finanziari necessari per il suo

completamento, uno strumento utile di analisi è fornito dalla matrice detta del

“quadro logico” (conosciuto anche come “logical framework”).

Nella pagina seguente ne viene fornito un esempio su cui andare a sovrapporre i

dati del contesto di progetto specifico.

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155

Logical framework di progetto

1 logica 2 indicatori 3 fonti di verifica 4 condizioni

dell’intervento

Obiettivi generali

Obiettivi socio-economici di sviluppo come definiti a livello di politica o di programma.

Una definizione qualitativa e una specificazione quantitativa tramite opportuni indicatori.

Dove e in quale forma saranno reperite le informazioni per assegnare dei valori agli indicatori della colonna precedente.

Fattori esterni (fuori dal controllo diretto dell’intervento) essenziali per il raggiungimento di: Obiettivo generale.

Obiettivo specifico

Obiettivo specifico dell’intervento che si desidera conseguire, “uno e uno solo”

Una definizione qualitativa e una specificazione quantitativa tramite opportuni indicatori.

Dove e in quale forma saranno reperite le informazioni per assegnare dei valori agli indicatori della colonna precedente.

Fattori esterni essenziali per il raggiungimento di: Obiettivo specifico.

Risultati attesi

Beni e servizi che generano benefici e che insieme concorrono al raggiungimento dell’Obiettivo Specifico.

Una definizione qualitativa e una specificazione quantitativa tramite opportuni indicatori.

Dove e in quale forma saranno reperite le informazioni per assegnare dei valori agli indicatori della colonna precedente.

Fattori esterni essenziali per il raggiungimento di: Risultati attesi.

Attività

Azioni eseguite durante la realizzazione dell’intervento, per il raggiungimento dei singoli risultati.

Risorse

Fisiche e non fisiche necessarie per eseguire ciascuna attività.

Costi

Fonte di finanziamento per la mobilitazione delle risorse stimate come necessarie.

Fattori esterni essenziali per il completamento di: Attività.

Precondizioni

Devono essere soddisfatte prima che abbia inizio la realizzazione del progetto.

Le fonti di informazionee approfondimento

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156

9. LE FONTI DI INFORMAZIONE E APPROFONDIMENTO

La presente sezione riporta alcuni dei principali testi di orientamento ed una serie

di indirizzi per la navigazione tematica sul web. Si considerano entrambi i supporti

informativi utili per incominciare la trattazione dell’argomento e come punto di

partenza per l’approfondimento di argomenti specifico-tecnici.

I testi sono stati numerati in ordine sequenziale

rispetto al richiamo corrispondente di testo inserito

nella versione in formato elettronico

allegato 1. Libro Bianco per le Fonti Rinnovabili dell’ENEA

allegato 2. Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse

(PNERB) del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali

allegato 3. Protocollo di Kyoto

allegato 4. Programma Biocombustibili (PROBIO)

allegato 5. Federlegno-Arredo progetto “Restauro del Bosco”

allegato 6. della sostenibilità dello sviluppo.

allegato 7. dell’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen

allegato 8. Il modello World III, elaborato dal System Dynamics Group del

MIT,

allegato 9. di “rapporto Brundtland”.

allegato 10. “dichiarazione di Rio”

allegato 11. chiamato agenda 21

Elenco

completo

degli allegati

presenti su cd-rom

Le fonti di informazionee approfondimento

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157

allegato 12. summit mondiali: Stoccolma

allegato 13. Johannesburg

allegato 14. libro bianco Energia per il futuro:

le fonti energetiche rinnovabili-UE

allegato 15. libro verde Verso una strategia europea di sicurezza

dell’approvvigionamento energetico

allegato 16. alla Guida europea all’Agenda 21 Locale

allegato 17. Consultation paper for the preparation of e EU strategy for

Sustainable development

allegato 18. Towards a EU strategy for Sustainable Development

allegato 19. Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di

integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti

pubblici.

allegato 20. comunicazione della Commissione del marzo 2003 dal titolo

Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali

allegato 21. PATTO PER L'ENERGIA E L'AMBIENTE della IV Commissione Cnel

allegato 22. ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL

MEZZOGIORNO 2000-2006

allegato 23. Strategia Nazionale Ambientale per uno Sviluppo Sostenibile

allegato 24. Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile in attuazione

dell'Agenda 21 del Ministero dell’Ambiente

allegato 25. GUIDA ANPA PER LE AGENDE 21 LOCALI.

allegato 26. L’energia dei Parchi - PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da:

Enel, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali,

Legambiente e Ministero dell’ambiente

allegato 27. Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti

rinnovabili deliberato dal CIPE nel 1999.

allegato 28. Protocollo di Montreal Convenzione per la protezione della fascia

di ozono (Vienna 1985 – Montreal 1987)

Le fonti di informazionee approfondimento

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158

allegato 29. Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti

climatici (UNFCCC) - New York 9 maggio 1992

allegato 30. la Proposta della Commissione COM (2000) 279 def e la

Proposta di direttiva (G.U.C.E UE n. C 311 e del 31 ottobre

2000)

allegato 31. la direttiva 2001/77/CE (G.U.C.E n. L283 del 27 ottobre 2001

allegato 32. la decisione n° 646/2000/CE (G.U.C.E. n° L 79 del 30-03-00)

del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa di adozione del

allegato 33. Programma ALTENER

NORMATIVA ITALIANA

allegato 34. 6 dicembre 1991 n. 394, "Legge Quadro sulle Aree Protette" e

successive modifiche ed integrazioni.

allegato 35. 09-01-91 GU n° 13 del 16-01-91 Legge 10-91 Norme per

l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso

razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle

fonti rinnovabili di energia.

allegato 36. 18-03-02 Ministero delle Attività Produttive GU n° 91 del 18-04-

02 Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia

elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1,2, e 3 dell’Art. 11

del DL 16 marzo 1999, n° 79

allegato 37. 21-12-01 Ministero dell’Ambiente GU n° 91 del 18-04-02

Programma di diffusione delle fonti energetiche rinnovabili,

efficienza energetica e mobilità sostenibile nelle aree naturali

protette

Le fonti di informazionee approfondimento

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159

allegato 38. 24-04-01 Ministero dell’Industria, del Commercio e

dell’Artigianato GU n° 117 del 22-05-01, suppl. ord. N° 125

Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio

energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’Art. 16

comma 4 del DL 23-05-00 n° 164

allegato 39. 11-11-99 Ministero dell’Industria, del Commercio e

dell’Artigianato GU n° 292 del 14-12-99 Direttive per

l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti

rinnovabili di cui ai commi 1,2 e 3 del DL 16-03-99 n° 79

allegato 40. 10-09-01 Ministero dell’Ambiente Finanziamenti a Enti pubblici

per l'installazione di impianti solari termici per produzione di

calore a bassa temperatura

allegato 41. 24-02-00 Autorità per l’energia elettrica e il gas GU n° 57 del

09-03-00 Adozione di disposizioni transitorie in materia di conto

per nuovi impianti da fonti rinnovabili e assimilate di cui alla

delibera n° 70/97

allegato 42. 08-06-99 Autorità per l’energia elettrica e il gas GU n° 158 del

08-07-99 Delibera 81/99: aggiornamento dei prezzi di cessione

dell’energia elettrica e dei contributi riconosciuti alla nuova

energia prodotta da impianti utilizzanti fonti rinnovabili e

assimilate ai sensi degli artt. 20, comma 1, e 22, comma 5,

della Legge 9/91

allegato 43. 25-02-99 Autorità per l’energia elettrica e il gas GU n° 139 del

16-06-99 Delibera 27/99: procedura per il controllo del rispetto

della condizione di assimibilabilità a fonte rinnovabile ai fini del

trattamento economico previsto dal provvedimento CIP n° 6/92

allegato 44. 06-08-99 Comitato interministeriale per la programmazione

economica (CIPE) GU n° 253

del 27-10-99 Delibera 126/99: Libro bianco per la

valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili

allegato 45. 19-02-99 CIPE GU n° 114 del 18-05-99 Delibera 12/99:

Ripartizione tra le Regioni e le Province Autonome dei fondi di

cui agli artt. 8, 10 e 13 della L. 10/91

Le fonti di informazionee approfondimento

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nelle zone ad obiettivo 1

160

allegato 46. 05-07-02 Ministero dell’Ambiente Bando GU n° 156 del 05-07-

02 Bando per la realizzazione di progetti inerenti lo sviluppo

delle fonti rinnovabili e della mobilità sostenibile nei parchi

italiani

allegato 47. 05-02-98 Decreto Ministeriale GU n° 72 del 16-04-98 Norme

tecniche per il recupero di materia ed energia dai rifiuti non

pericolosi, sottoposto a procedura semplificata

NORMATIVA REGIONALE

allegato 48. 16-09-98 Regione Abruzzo BUR DEL 09-10-98 GU n° 25 del 26-

06-99 LEGGE REGIONALE N° 80: norme per la promozione e lo

sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e del risparmio

energetico

allegato 49. 3-04-1995 REGIONE ABRUZZO LEGGE N. 28: << Norme

concernenti la gestione delle foreste demaniali regionali >>.

allegato 50. 4-11-1986 REGIONE BASILICATA LEGGE N. 23: norme per la

tutela contro l' inquinamento atmosferico ed acustico

allegato 51. 19-04-1985 REGIONE CALABRIA LEGGE N. 18: Ordinamento

della formazione professionale in Calabria.

allegato 52. 8-03-1985 REGIONE CAMPANIA LEGGE N. 19: << Contributi

regionali per il risparmio energetico e l'Incentivazione delle

energie alternative nell'edilizia ed in agricoltura, industria

ed artigianato >>.

allegato 53. 23-10-1986 REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE N. 34:

partecipazione della regione Emilia – Romagna alla costituzione

dell'associazione “ASSO - DIOIKEMA”

allegato 54. 16-05-1988 REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE N. 19: ricerca e

innovazione in agricoltura

Le fonti di informazionee approfondimento

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nelle zone ad obiettivo 1

161

allegato 55. 14-05-2002 REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE N. 7:

promozione del sistema regionale delle attivita' di ricerca

industriale, innovazione e trasferimento tecnologico

allegato 56. 19-02-1985 REGIONE LAZIO LEGGE N. 16: Norme per la

formazione e la gestione del programma regionale per l'energia

e norme applicative della legge nazionale 29 maggio 1982, n.

308, concernente: << Norme sul contenimento dei consumi

energetici, lo svilupppo delle fonti rinnovabili di energia e

l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili

diversi dagli idrocarburi >>

allegato 57. 11-12-1986 REGIONE LAZIO LEGGE N. 53: Disciplina regionale

in materia di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915

allegato 58. 12-12-1987 REGIONE LAZIO LEGGE N. 56: Disciplina dei servizi

di sviluppo agricolo

allegato 59. 12-02-1988 REGIONE LAZIO LEGGE N. 9: Organizzazione e

funzionamento dei presidi multizonali di prevenzione

allegato 60. 19-04-1984 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 24: Interventi

regionali in campo energetico

allegato 61. 12-03-1985 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 11: Modifiche ed

integrazioni alla legge regionale 24 marzo 1980, n. 20 e nuove

norme a tutela dell'ambiente dall'inquinamento atmosferico

allegato 62. 24-08-1988 REGIONE LIGURIALEGGE N. 44: Modifiche alla

legge regionale 19 aprile 1984 n. 24 << Interventi regionali in

campo energetico >>. Nuove norme attuative della legge 29

maggio 1982 n. 308 sul contenimento dei consumi energetici

allegato 63. 8-11-1996 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 48: Interventi regionali

nel campo delle energie alternative e del risparmio energetico

allegato 64. 21-06-1999 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 18: Adeguamento

delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in

materia di ambiente, difesa del suolo ed energia

Le fonti di informazionee approfondimento

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nelle zone ad obiettivo 1

162

allegato 65. 27-03-2000 REGIONE LIGURIALEGGE N. 29: modifiche della

legge regionale 21 giugno 1999 n. 18 (adeguamento delle

discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia

di ambiente, difesa del suolo ed energia) e successive modifiche

ed integrazioni

allegato 66. 5-12-1981 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 68: assestamento e

variazione al bilancio per l' esercizio finanziario 1981 e al

bilancio pluriennale 1981- 1983

allegato 67. 14-08-1999 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 16: Istituzione

Dell’agenzia Regionale Per La Protezione Dell’ambiente – ARPA

allegato 68. 22-08-1988 REGIONE MARCHE LEGGE N. 35: Riordino dell' Ente

di Sviluppo Agricolo nelle Marche (ESAM).

allegato 69. 31-10-00 REGIONE MARCHE BUR n° 118 del 17-11-00

DELIBERA DI GIUNTA REG. N° 2257: Criteri per la ripartizione

dei fondi disponibili sul capitolo 2228217 del bilancio di

previsione 2000 per incentivare i progetti per la produzione di

energia da fonti rinnovabili e per l’installazione di pannelli solari

termici

allegato 70. 2-05-1980 REGIONE PIEMONTE LEGGE N. 33: Modificazioni ed

integrazioni alla legge regionale 12- 10- 1978, n. 63 <<

Interventi regionali in materia di Agricoltura e Foreste >>

allegato 71. 11-05-1984 REGIONE PIEMONTE LEGGE N. 24: Ulteriori

modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/ 10/ 1978,

n. 63 << Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste

>>

allegato 72. 18-02-1987 REGIONE PUGLIA LEGGE N. 7: << Disposizioni

finanziarie per il triennio 1987/ 1989. (Legge finanziaria

regionale) – Interventi straordinari per la tutela dell' ambiente e

lo sviluppo delle attività produttive >>

Le fonti di informazionee approfondimento

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nelle zone ad obiettivo 1

163

allegato 73. 14-02-97 REGIONE SARDEGNA GU n° 43 del 25-10-97DECRETO

20 DEL P.G.R.: Regolamento per l’applicazione nel territorio

della Sardegna della L10/91, per l’attuazione del piano

energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di

risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di

energia

allegato 74. 7-06-1989 REGIONE SARDEGNA LEGGE N. 31: Norme per l'

istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei

monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza

naturalistica ed ambientale

allegato 75. 27-12-00 REGIONE VENETO BUR del 29-12-00 LEGGE

REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione elettrica

regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo

di fonti rinnovabili di energia

allegato 76. 27-12-00 REGIONE VENETO GU 3a serie speciale n° 13 del 07-

04-01 LEGGE REGIONALE N° 25: Norme per la pianificazione

elettrica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo

sviluppo di fonti rinnovabili di energia

allegato 77. 25-02-00 REGIONE TOSCANA BUR del 06-03-00 GU n° 39 del

30-09-00 LEGGE REGIONALE N° 14: norme in materia di risorse

energetiche

allegato 78. 26-05-98 REGIONE VALLE D’AOSTA GU n° 42 del 31-10-98

LEGGE REGIONALE N° 43: modificazioni alla L.R. 20 agosto

1993 n° 62 (norme in materia di uso razionale dell’energia, di

risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili)

Le fonti di informazionee approfondimento

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164

PROVVEDIMENTI SPECIFICI

allegato 79. 13-04-2001 REGIONE LOMBARDIA BUR n° 20 DEL 14-05-01

Circolare regionale n° 12: Recupero energetico da scarti di

lavorazione del legno vergine

allegato 80. 19-10-1992 REGIONE CALABRIA LEGGE N. 20: Forestazione,

difesa del suolo e foreste regionali in Calabria

allegato 81. 19-11-2002 REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA LEGGE N. 30:

Disposizioni in materia di energia

allegato 82. 30-04-2003 REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA LEGGE N. 12:

Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003

allegato 83. 2-03-1990 REGIONE LAZIO LEGGE N. 21: Assestamento del

bilancio di previsione della Regione Lazio per l'anno finanziario

1989

allegato 84. 28-10-2002 REGIONE LAZIO LEGGE N. 39: "Norme in materia

di gestione delle risorse forestali”

allegato 85. 8-05-1985 REGIONE LIGURIA LEGGE N. 39: Modifiche ed

integrazioni della legge regionale 16 aprile 1984 n. 22 <<

Legge forestale regionale >>

allegato 86. 26-08-1986 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 43: Modifiche alla

LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli

uffici della Giunta regionale >>, istituzione del settore ai

problemi dell' energia, ridefinizione delle Attribuzioni del

servizio energia istituito con la LR 9 giugno 1981, n. 29 ed

istituzione del nuovo servizio centrali elettriche

allegato 87. 28-11-1986 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 58: Modifiche alla

LR 1 agosto 1979, n. 42 << Ordinamento dei servizi e degli

uffici della Giunta regionale >>. Istituzione del Settore problemi

dell' energia, ridefinizione delle attribuzioni del Servizio energia

istituito con LR9 giugno 1981, n. 29 ed istituzione del nuovo

servizio centrali elettriche. Abrogazione della LR 26 agosto

1986, n. 43

Le fonti di informazionee approfondimento

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nelle zone ad obiettivo 1

165

allegato 88. 12-01-2002 REGIONE LOMBARDIA LEGGE N. 3: ISTITUZIONE

DELL’ENTE REGIONALE PER I SERVIZI ALL’AGRICOLTURA E

ALLE FORESTE — ERSAF

allegato 89. 26-04-1990 REGIONE MARCHE LEGGE N. 31: Procedure e

norme di attuazione del piano regionale di organizzazione dei

servizi di smaltimento dei rifiuti

allegato 90. 30-05-1991 REGIONE MARCHE LEGGE N. 13: Approvazione

Bilancio di Previsione per l'anno 1991 e adozione del Bilancio

Pluriennale per il triennio 1991/ 1993

allegato 91. 17-02-1992 REGIONE MARCHELEGGE N. 13: Norme attuative

delle disposizioni contenute nella legge 9 gennaio 1991, n. 10 in

materia di uso razionale dell' energia, di risparmio energetico e

di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia

allegato 92. 22-12-1997 REGIONE MARCHE LEGGE N. 73: Potenziamento

dell' Agenzia regionale per le materie prime secondarie

allegato 93. 30-11-1999 REGIONE MARCHE LEGGE N. 32: Assestamento del

Bilancio per l'anno 1999

allegato 94. 13-04-1995 REGIONE PIEMONTE LEGGE N. 59: Norme per la

riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti

allegato 95. 6-11-1992 REGIONE SARDEGNA LEGGE N. 20: Disposizioni

integrative e modificative alla legge regionale 28 aprile 1992, n.

6 - Legge finanziaria 1992

allegato 96. 5-08-1982 REGIONE SICILIA LEGGE N. 98: Norme riguardanti

gli enti economici regionali

allegato 97. 10-06-1993 REGIONE TOSCANA LEGGE N. 37: Istituzione

dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore

agricolo forestale ( ARSIA)

allegato 98. 14-02-2003 REGIONE TOSCANA LEGGE N. 12: Progetto pilota

relativo alla coltivazione, trasformazione e commercializzazione

della canapa a scopi produttivi e ambientali

allegato 99. 2-05-2003 REGIONE VENETO LEGGE N. 14: INTERVENTI AGRO-

FORESTALI PER LA PRODUZIONE DI BIOMASSE

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

166

CARTE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

allegato 100. Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per un modello

urbano sostenibile) 1994

allegato 101. Carta di Valencia (Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente)

1995

allegato 102. Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione (1996)

allegato 103. Risoluzione di Goteborg (1997)

allegato 104. La Carta di Ferrara (1999)

CARTE PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE

allegato 105. Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite sull’ambiente

1972

allegato 106. Carta di Belgrado 1975

allegato 107. Dichiarazione di Tbilisi 1977

allegato 108. Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo 1992

allegato 109. Dichiarazione di Salonicco 1997

allegato 110. Carta di Fiuggi 1997

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

167

ALLEGATI TECNICI

allegato 111. ALLEGATO TECNICO DELLA MASSA VOLUMICA si mettono a

confronto alcuni valori di contenuto energetico e potere

calorifico inferiore. ed alcuni valori medi di massa volumica di

diverse specie legnose

allegato 112. ALLEGATO TECNICO DELLA MASSA VOLUMICA si forniscono

alcuni dati bibliografici di riferimento riguardo al fabbisogno di

potenza calorica per unità di volume installato

PROGRAMMI DI FINANZIAMENTO EUROPEI

allegato 113. Sesto Programma di azione a favore dell'ambiente 2001-2010

“il nostro futuro – la nostra scelta”

allegato 114. PROGRAMMA ALTENER, per la promozione delle energie

rinnovabili

allegato 115. PROGRAMMA CARNOT, per la ricerca

allegato 116. PROGRAMMA ENERGIE, riguardante le energie rinnovabili e l’uso

razionale delle risorse

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

168

PROGRAMMI DI FINANZIAMENTO ITALIANI

allegato 117. I CONTENUTI DEL QCS ITALIA

allegato 118. P.O.N Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta formazione

allegato 119. P.O.N La Scuola per lo Sviluppo

allegato 120. P.O.N Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno

allegato 121. P.O.N Sviluppo

allegato 122. P.O.N Trasporti

allegato 123. P.O.N Pesca

allegato 124. P.O.N Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema

I P.O.R OBIETTIVO 1

allegato 125. Basilicata

allegato 126. Calabria

allegato 127. Campania

allegato 128. Puglia

allegato 129. Sardegna

allegato 130. Sicilia

allegato 131. Molise (sostegno transitorio)

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

169

I DOCUP OBIETTIVO 2

allegato 132. Abruzzo

allegato 133. Emilia Romagna

allegato 134. Lazio

allegato 135. Liguria

allegato 136. Lombardia

allegato 137. Marche

allegato 138. Piemonte

allegato 139. Toscana

allegato 140. Trentino Alto Adige

allegato 141. Veneto

allegato 142. Umbria

allegato 143. PROGRAMMA SAVE, sostegno non tecnologico per l’energia e il

suo utilizzo, attraverso la diffusione di una cultura dell’energia

fra i cittadini. (Decisione 647/2000/CEE del Parlamento europeo

e del Consiglio, del 28 febbraio 2000

I POR OBIETTIVO 3

allegato 144. Abruzzo

allegato 145. Emilia Romagna

allegato 146. Friuli Venezia

Giulia

allegato 147. Lazio

allegato 148. Liguria

allegato 149. Lombardia

allegato 150. Marche

allegato 151. Piemonte

allegato 152. Toscana

allegato 153. Trentino Alto Adige

allegato 154. Veneto

allegato 155. Umbria

allegato 156. Valle d’Aosta

allegato 157. ELENCO DEI RESPONSABILI DI MISURA

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

170

ALLEGATI AL DOCUMENTO DI PRESENTAZIONE GENERALE

allegato 158. OPPORTUNITA’ OCCUPAZIONALI

allegato 159. PRINCIPI DI SOSTENIBILITA’

allegato 160. LA VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ AMBIENTALE

I documenti citati, per quanti disponibili, sono stati

inseriti per esteso all’interno degli allegati.

Le tesi di Nicholas Georgescu-Roegen

The entropy law and the economic process

Cambridge, Harvard University Press

Analisi economica e processo economico

Firenze, Sansoni, 1973 (raccolta di saggi scritti tra il 1960 ed il 1971)

Energia e miti economici

Torino, Boringhieri, 1976 e 1982 traduzione parziale, con aggiunte, di Energy and Economic Myths. Istitutional and analytical economic essays, New York, Pergamon, 1976 (nuova edizione di parte di tali saggi, con aggiunte e con lo stesso titolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1998)

Bibliografia

essenziale

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

171

Approfondimenti Tematici

I limiti dello sviluppo- rapporto del System Dynamics Group, MIT, per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità

Milano, Mondadori, 1970

Report of the united nations conference on the human environmnet

Stoccolma, UNEP, 1972

Il futuro di noi tutti. Rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo

(World Commission on Environment and Development – WCED sotto la guida di M. Brundtland), Milano, Bompiani, 1988)

Rio declaration

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

Agenda 21

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

World Summit on Sustainable Development (WSSD)– Plan of Implementation

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

Report of the World Summit on Sustainable Development (WSSD)

(disponibile sul sito web Johannesburg summit insieme con tutti i documenti preparatori)

Carta Di Aalborg: Carta Delle Città Europee Per Un Modello Urbano Sostenibile

(Approvato dai partecipanti alla Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi ad Aalborg, Danimarca il 27 maggio 1994)

Il Piano d’Azione di Lisbona: dalla Carta all’Azione

Seconda Conferenza Europea sulle città sostenibili, Lisbona, Ottobre 1996.

LIBRO BIANCO: Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili

Commissione Europea, Brussels, 1996

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

172

Approfondimenti Tematici (segue)

Dichiarazione di Siviglia

(adottata il 23 gennaio 1999 dai partecipanti alla Conferenza Euromediterranea delle città sostenibili svoltasi a Siviglia, Spagna)

Posizione della CIPRA per un futuro energetico sostenibile nelle Alpi

(Riunione della Presidenza della CIPRA-International) Schaan, Vaduz, 6 febbraio 1999)

Guida europea all’Agenda 21 Locale – La sostenibilità ambientale: linee guida per l’azione locale

Edizione italiana: Stefano Pareglio, Università degli Studi di Milano ,Isabel Litografia, Gessate (MI) Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Milano, 1999

Appello di Hannover delle autorità locali alle soglie del 21° secolo

(Versione ufficiale tradotta da quella inglese dell’11 Febbraio 2000 dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane; disponibile sul sito web)

LIBRO VERDE: Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico

Commissione Europea, Brussels 2000

Consultation paper for the preparation of e EU strategy for Sustainable development

Commission Working paper, Brussels, 27.3.2001

Towards a EU strategy for sustainable development

Brussels May 2, 2001,The Club of Rome, Brussels-EU Chapter

Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici

Comunicazione Interpretativa Della Commissione Europea, Bruxelles, 4.7.2001

Energia e ambiente nell’Unione Europea

European Environment Agency (EEA Agenzia Europea per l’Ambiente), AEA Copenaghen, 2002

Dichiarazione di Chambéry

Dichiarazione sulle aree protette delle montagne europee i cui rappresentanti si sono riuniti in occasione della Conferenza " Aree protette delle montagne d’Europa " - Chambéry, 13-16 novembre 2002 (disponibile sul sito web Federparchi

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

173

Approfondimenti Tematici (segue)

Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali

Comunicazione Della Commissione Europea, Bruxelles, 25.3.2003

AA.VV., 1995 – La progettazione di impianti automatici di combustione a legna. Programma d’impulso PACER - Energie rinnovabili. Ufficio federale dei problemi congiunturali, Berna, CH.

AA.VV., 1997 - Atti del seminario “Approvvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno” - 10-11/2/1997. a cura di Vittorio Bosser-Peverelli e Marco Corgnati. Regione Piemonte, Assessorato Economia Montana e Foreste e Assessorato Agricoltura.

ASEB, 1995 – Possibilités d’économie dans les projets de chaffage automatiques au bois – Une approche statistique. ASEB (Association suisse pour l’énergie du bois), Zürich, CH

ASEL, 1997 – Vademecum energia dal legno. ASEL (Associazione svizzera per l’energia dal legno), Zurigo, CH

Dimensionnement du chaffage centrale au bois (Fiche tecnique). Ufficio federale dell’energia, 2000 – OFCL/EDMZ, Berna, CH

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

174

Compendio delle Carte sottoscritte (disponibili in allegato nella versione integrale)

Carte per lo sviluppo sostenibile:

Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per un modello urbano sostenibile) 1994 (allegato 100)

Carta di Valencia (Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente) 1995 (allegato 101)

Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione 1996 (allegato 102)

Risoluzione di Goteborg 1997 (allegato 103)

La Carta di Ferrara 1999 (allegato 104)

Carte per l’educazione ambientale

Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite sull’ambiente 1972 (allegato 105)

Carta di Belgrado 1975 (allegato 106)

Dichiarazione di Tbilisi 1977 (allegato 107)

Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo 1992 (allegato 108)

Dichiarazione di Salonicco 1997 (allegato 109)

Carta di Fiuggi 1997 (allegato 110)

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

175

Compendio dei documenti nazionali

(disponibili in allegato nella versione integrale)

Strategia Nazionale Ambientale per uno Sviluppo Sostenibile

Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21

GUIDA ANPA PER LE AGENDE 21 LOCALI – manuale di utilizzo

ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO 2000-2006

Rapporto di sintesi predisposto dal Comitato nazionale per i fondi strutturali comunitari 2000-2006

Patto per l'energia e l'ambiente

Cnel - Iv Commissione, Gruppo Di Lavoro Ambiente E Territorio, Ministero Dell'industria, Ministero Dell'ambiente, Ministero Della Ricerca Scientifica, Conf. Presidenti Delle Regioni, Enea

L’energia dei Parchi

PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da: Enel, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Legambiente E Ministero dell’ambiente

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

176

L’elenco di siti a seguire non è sicuramente esaustivo

ripetto le potenzialità offerte dalla rete delle reti; è

comunque una buona base di partenza per una serie di

esplorazioni delle tematiche affrontate dalle linee guida e

porta agevolmente ai siti istituzionali italiani collegati.

Ciascun sito viene presentato secondo l’uso migliore che se ne possa fare.

Server EUROPA (fonti normative e di finanziamento, programmi operativi dei fondi strutturali e progetti di intervento diretto) www.europa.eu.int DG_Ambiente_Home Page (programmi e documenti di indirizzo sulle tematiche ambientali) www.europa.eu.int/comm/dgs/environment/index_it.htm VI Programma_Ambiente (sito ufficiale del programma, bandi e informazioni) http://www.europa.eu.int/comm/environment/newprg/index.htm FUNDING OPPORTUNITIES (tutte le opportunità di finanziamento attraverso la programmazione comunitaria) http://www.europa.eu.int/comm/environment/funding/intro_en.htm LIFE_Home Page (sito ufficiale del programma, bandi e informazioni) http://www.europa.eu.int/comm/life/home.htm LIFE-PROJECT DATABSE (raccolta dati di progetti in corso e di buone prassi consolidate) http://www.europa.eu.int/comm/life/cgi/life_frame.pl?prog=ENV LEGISLAZIONE_1 (legislazione comunitaria per indice analitico) http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/lif/ind/it_analytical_index_15.html LEGISLAZIONE_2 (servizio eur_lex) (servizio informativo legislazione comunitaria) http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/index.html GAZZETTA UFFICIALE UE http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/oj/index-list.html INFOREGIO_POLITICA REGIONALE (fonti normative e di finanziamento, programmi operativi dei fondi strutturali e progetti di intervento diretto) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm

Indirizzario

WEB

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

177

Progetti Pilota URBAN (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/urban2/index_it.htm Sviluppo Rurale LEADER (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://www.rural-europe.aeidl.be Iniziativa Comunitaria INTERREG (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/interreg3/index_it.htm FESR_azioni innovative per lo sviluppo regionale (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://europa.eu.int/comm/regional_policy/innovation/index_it.htm CORDIS_Servizio Comunitario per la Ricerca e lo Sviluppo http://www.cordis.lu/it/home.html V° PROGRAMMA QUADRO_Energia_Ambiente_Sviluppo Sostenibile (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://www.cordis.lu/fp5/home.html AGENZIA EUROPEA per l’AMBIENTE (programmi di intervento, bandi, collegamenti con i siti dedicati) http://www.eea.eu.int/

I principali siti istituzionali italiani

Governo Italiano www.governo.it Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio www.minambiente.it Ministero delle Attività Produttive www.mincomes.it Ministero degli affari esteri www.esteri.it Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali www.welfare.gov.it Ministero degli Affari Esteri www.esteri.it

Le fonti di informazionee approfondimento

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

178

Ministero delle Comunicazioni www.comunicazioni.it Ministero dell’Economia e delle Finanze www.tesoro.it Ministero dell’Interno www.mininterno.it Ministero per i Beni e le Attività Culturali www.beniculturali.it Ministero della Giustizia www.giustizia.it Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti www.infrastrutturetrasporti.it Ministero della Salute www.ministerosalute.it Ministero delle Politiche Agricole e Forestali www.politicheagricole.it Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca www.murst.it Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie www.innovazione.gov.it Consiglio di Stato-Giustizia Amministrativa www.giustizia-amministrativa.it Il Portale Nazionale del Cittadino www.italia.gov.it Camera dei Deuputati www.camera.it Senato della Repubblica www.senato.it Parlamento Italiano www.parlamento.it Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana www.gazzettaufficiale.it

Bibliografia essenziale

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

Le tesi di Nicholas Georgescu-Roegen

The entropy law and the economic process

Cambridge, Harvard University Press

Analisi economica e processo economico

Firenze, Sansoni, 1973 (raccolta di saggi scritti tra il 1960 ed il 1971)

Energia e miti economici

Torino, Boringhieri, 1976 e 1982 traduzione parziale, con aggiunte, di Energy and Economic Myths. Istitutional and analytical economic essays, New York, Pergamon, 1976 (nuova edizione di parte di tali saggi, con aggiunte e con lo stesso titolo, Torino, Bollati Boringhieri, 1998)

Approfondimenti Tematici

I limiti dello sviluppo- rapporto del System Dynamics Group, MIT, per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità

Milano, Mondadori, 1970

Report of the united nations conference on the human environmnet

Stoccolma, UNEP, 1972

Il futuro di noi tutti. Rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo

(World Commission on Environment and Development – WCED sotto la guida di M. Brundtland), Milano, Bompiani, 1988)

Rio declaration

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

Agenda 21

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

World Summit on Sustainable Development (WSSD)– Plan of Implementation

(disponibile sul sito web delle Nazioni Unite)

Report of the World Summit on Sustainable Development (WSSD)

(disponibile sul sito web Johannesburg summit insieme con tutti i documenti preparatori)

Bibliografia essenziale

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

Approfondimenti Tematici (segue)

Carta Di Aalborg: Carta Delle Città Europee Per Un Modello Urbano Sostenibile

(Approvato dai partecipanti alla Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi ad Aalborg, Danimarca il 27 maggio 1994)

Il Piano d’Azione di Lisbona: dalla Carta all’Azione

Seconda Conferenza Europea sulle città sostenibili, Lisbona, Ottobre 1996.

LIBRO BIANCO: Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili

Commissione Europea, Brussels, 1996

Dichiarazione di Siviglia

(adottata il 23 gennaio 1999 dai partecipanti alla Conferenza Euromediterranea delle città sostenibili svoltasi a Siviglia, Spagna)

Posizione della CIPRA per un futuro energetico sostenibile nelle Alpi

(Riunione della Presidenza della CIPRA-International) Schaan, Vaduz, 6 febbraio 1999)

Guida europea all’Agenda 21 Locale – La sostenibilità ambientale: linee guida per l’azione locale

Edizione italiana: Stefano Pareglio, Università degli Studi di Milano ,Isabel Litografia, Gessate (MI) Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Milano, 1999

Appello di Hannover delle autorità locali alle soglie del 21° secolo

(Versione ufficiale tradotta da quella inglese dell’11 Febbraio 2000 dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane; disponibile sul sito web)

LIBRO VERDE: Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico

Commissione Europea, Brussels 2000

Consultation paper for the preparation of e EU strategy for Sustainable development

Commission Working paper, Brussels, 27.3.2001

Towards a EU strategy for sustainable development

Brussels May 2, 2001,The Club of Rome, Brussels-EU Chapter

Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici

Comunicazione Interpretativa Della Commissione Europea, Bruxelles, 4.7.2001

Energia e ambiente nell’Unione Europea

European Environment Agency (EEA Agenzia Europea per l’Ambiente), AEA Copenaghen, 2002

Bibliografia essenziale

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

Approfondimenti Tematici (segue)

Dichiarazione di Chambéry

Dichiarazione sulle aree protette delle montagne europee i cui rappresentanti si sono riuniti in occasione della Conferenza " Aree protette delle montagne d’Europa " - Chambéry, 13-16 novembre 2002 (disponibile sul sito web Federparchi

Verso un piano d'azione per le tecnologie ambientali

Comunicazione Della Commissione Europea, Bruxelles, 25.3.2003

AA.VV., 1995 – La progettazione di impianti automatici di combustione a legna. Programma d’impulso PACER - Energie rinnovabili. Ufficio federale dei problemi congiunturali, Berna, CH.

AA.VV., 1997 - Atti del seminario “Approvvigionamento e gestione degli impianti termici alimentati a cippato di legno” - 10-11/2/1997. a cura di Vittorio Bosser-Peverelli e Marco Corgnati. Regione Piemonte, Assessorato Economia Montana e Foreste e Assessorato Agricoltura.

ASEB, 1995 – Possibilités d’économie dans les projets de chaffage automatiques au bois – Une approche statistique. ASEB (Association suisse pour l’énergie du bois), Zürich, CH

ASEL, 1997 – Vademecum energia dal legno. ASEL (Associazione svizzera per l’energia dal legno), Zurigo, CH

Dimensionnement du chaffage centrale au bois (Fiche tecnique). Ufficio federale dell’energia, 2000 – OFCL/EDMZ, Berna, CH

Compendio delle Carte sottoscritte (disponibili in allegato nella versione integrale)

Carte per lo sviluppo sostenibile:

Carta di Aalborg (Carta delle Città Europee per un modello urbano sostenibile) 1994 (allegato 100)

Carta di Valencia (Carta delle Regioni Europee per l'Ambiente) 1995 (allegato 101)

Piano d'Azione di Lisbona: dalla Carta all'Azione 1996 (allegato 102)

Risoluzione di Goteborg 1997 (allegato 103)

La Carta di Ferrara 1999 (allegato 104)

Bibliografia essenziale

energia da conversionedi biomasse

utilizzo dellefonti energetiche rinnovabilinelle aree naturali protette

nelle zone ad obiettivo 1

Compendio delle Carte sottoscritte (disponibili in allegato nella versione integrale) (segue)

Carte per l’educazione ambientale

Dichiarazione di Stoccolma delle Nazioni Unite sull’ambiente 1972 (allegato 105)

Carta di Belgrado 1975 (allegato 106)

Dichiarazione di Tbilisi 1977 (allegato 107)

Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo 1992 (allegato 108)

Dichiarazione di Salonicco 1997 (allegato 109)

Carta di Fiuggi 1997 (allegato 110)

Compendio dei documenti nazionali

(disponibili in allegato nella versione integrale)

Strategia Nazionale Ambientale per uno Sviluppo Sostenibile

Piano Nazionale per lo Sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21

GUIDA ANPA PER LE AGENDE 21 LOCALI – manuale di utilizzo

ORIENTAMENTI PER IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO 2000-2006

Rapporto di sintesi predisposto dal Comitato nazionale per i fondi strutturali comunitari 2000-2006

Patto per l'energia e l'ambiente

Cnel - Iv Commissione, Gruppo Di Lavoro Ambiente E Territorio, Ministero Dell'industria, Ministero Dell'ambiente, Ministero Della Ricerca Scientifica, Conf. Presidenti Delle Regioni, Enea

L’energia dei Parchi

PROTOCOLLO D’INTESA Promosso da: Enel, Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali, Legambiente E Ministero dell’ambiente