SFIORERO' APPENA

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Sfiorerò appena le corde del tuo cuore per parlarti d'amor senza far male, per ripetere il continuo mio messaggio: "coraggio, coraggio, coraggio" Per l'amato prossimo Perché ho appiccicato questo titolo al mio terzo libercolo antidepressivo? Perché ho sempre detto di voler essere libera come l'aria, libera anche di mettere una scarpa di un colore e una di un altro, cosa che ora farebbe meno effetto di tanti anni fa o passerebbe del tutto inosservata, ma che a me ha sempre dato l'impressione di anticonformismo assoluto. Una volta, per errore, mi portai a Londra un mocassino nero e uno marrone che però non potei mettere perché tra i due c'era un leggero dislivello di tacco che mi avrebbe costretto a zoppicare. Quanto alla domanda sul ben dell'intelletto .... beh, basta guardarsi intorno per avere l'ovvia risposta! I racconti qui contenuti cominciano tutti con la lettera "c" come "coraggio", che è stato quello che ho sempre cercato di dare a tutti, insieme con l'aiuto che potevo e qualche risata, secondo l'esempio e l'esortazione di mia madre Margherita, bella come la rosa, di zia Clara e di tutti i generosissimi Marini "dà più che puoi, dà più che puoi, dà più che puoi". "C" anche come "contro corrente", che è quello che ho avuto il coraggio di fare tutta la vita e troppo spesso mal me ne è incòlto.

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Piacevole libro con racconti e poesie

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Sfiorerò appena le corde del tuo cuore per parlarti d'amor senza far male, per ripetere il continuo mio messaggio: "coraggio, coraggio, coraggio"

Per l'amato prossimo Perché ho appiccicato questo titolo al mio terzo libercolo antidepressivo? Perché ho sempre detto di voler essere libera come l'aria, libera anche di mettere una scarpa di un colore e una di un altro, cosa che ora farebbe meno effetto di tanti anni fa o passerebbe del tutto inosservata, ma che a me ha sempre dato l'impressione di anticonformismo assoluto. Una volta, per errore, mi portai a Londra un mocassino nero e uno marrone che però non potei mettere perché tra i due c'era un leggero dislivello di tacco che mi avrebbe costretto a zoppicare. Quanto alla domanda sul ben dell'intelletto .... beh, basta guardarsi intorno per avere l'ovvia risposta! I racconti qui contenuti cominciano tutti con la lettera "c" come "coraggio", che è stato quello che ho sempre cercato di dare a tutti, insieme con l'aiuto che potevo e qualche risata, secondo l'esempio e l'esortazione di mia madre Margherita, bella come la rosa, di zia Clara e di tutti i generosissimi Marini "dà più che puoi, dà più che puoi, dà più che puoi". "C" anche come "contro corrente", che è quello che ho avuto il coraggio di fare tutta la vita e troppo spesso mal me ne è incòlto.

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Metterò in versi

Metterò in versi alcuni eventi della vita mia, ma non considerateli poesia: san meno di una tragica farsa o comedìa scritti in momenti di serenità magica.

Cultura

Dov'è tutta la mia cultura? Nelle quattro tasche del bel "tailleur" Chanel rosa che mi ha cucito su misura una sarta famosa con grande bravura!

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Sorrisi e lacrime cristallizzati in parole

Sorella morte che mi gira intorno dovrà aspettare ancora un tantinello che devo fare tartine e bei dolcini da mangiare con grandi e con piccini. Devo scrivere storie divertenti, racconti che fan ridere e poesie commoventi. Come la vita che alterna riso e pianto daran le mie parole gioia e disincanto: i sentimenti da tutti provati, come sorrisi e lacrime cristallizzati.

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La scuola del dolore

Mi san sempre ammazzata di lavoro come un asino, un bove ed un castoro per non accorgermi che sono un essere umano. Distrutta dalla fatica quotidiana ho sconfitto il tarlo del sesso senza sposare un povero fesso e senza diventare una p .... ana. Viaggi, vestiti, mostre d'arte, teatri: molti capricci me li son levati, ma so cosa vuol dire rinunciare e quanto costi lacrime amare. Amici, alunni amati, gli esseri umani non li ho mai imbrogliati. In una cosa sola mi sento superiore: in quella che io chiamo la scuola del dolore!

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La lingua italiana

Come è bella la lingua italiana in quel di Siena! Ricordo solo un verso dei tanti che tu hai scritto: le parole più dolci ch' io abbia letto.

Di momento in momento

Faccio di momento in momento quello che devo fare e quel che sento senza mai domandare: i perché della vita non trovano risposte. Mi concentro sul piccolo e mi dà gioia il poco: di questo solo godo. Chi sono io? un granello di sabbia nelle mani del mio Dio.

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Compiti da correggere

Sempre tanti i compiti da correggere, un numero sempre maggiore di quanto legalmente richiesto, perché se gli alunni non scrivono non ricordano e non imparano bene. "Ciao, Anita" - mi telefonò un pomeriggio di tanti anni fa la cara collega Mariele - "ti disturbo?" - "No, no" - risposi - "sto correggendo compiti e posso interrompere un momento" - e aggiunsi in tono rassegnato - "ne ho corretti quattro e ne ho altri diciassette" e Mariele, soffocando una risata, commentò "Urca!".

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Con la bianca rosa

Con la bianca rosa che ho posato vicino al volto tuo sereno mi verrai incontro, Sauro, primo della schiera. Dalla tua voce gioiosa sarò accolta tra alunni, amici e le persone care: allegro cerchio mi farete intorno e come bimbi giocheremo ancora leggeri e avvolti di splendore nel riflesso di luce dell' Amore. 11 Novembre 2006

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Con la Samaritana, una mattina, alla fonte d'Amor mi san recata. Senza parlare ho chiesto col sorriso: nel palmo mi è stata versata una goccia d'infinito. Gennaio 2007

Da una casa non grande

Da una casa non grande in riva al mare vorrei vedere il tramonto scorrer lento tra le onde dorate dal colore rosso del sole che piano scompare, la spiaggia bianca d'ali di gabbiani che godono felici nel tepore serale e il loro gracidare con le ombre calare. 14 Gennaio 2007

Sete

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Nei campi falciati

Rinuncio alla vita vivendo ogni momento di spasimo e contento con il cuore trafitto da quel raggio di sole che liquefa speranze con vane parole e brucia i fiori in boccio nel prato riarso, nel vaso di coccio, sul balcone assolato sul muro scrocciolato, ùsui bordi delle strade, dov'era un pergolato, nei giardini spogliati e nei campi falciati irti di stoppie seccate come gole assetate cui una goccia soltanto ridarebbe d'incanto il respiro sereno di un cuore bambino. Ottobre/Gennaio 2006-07

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Contro corrente

Ho saltato le tappe obbligatorie del percorso umano: dalla vita ho voluto l'essenza e l'essenziale per valicare i limiti terreni ed entrare così nell'infinito.

Amarezza

L'amarezza che ho provato quando non ho saputo sostenere in pace mi dia speranza d'esser perdonata mi dia fiducia d'essere salvata. 14 Febbraio 2007

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Una vita

Una vita buttata in un mare tempestoso finita in un gorgo melmoso sbranata da simili crudeli distrutta da eventi innaturali dov'era l'Eden sempre più lontano svanito piano piano poi vorticosamente verso il niente. 15 Febbraio 2007

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Gatti rossi

Dove l'ho visto l'enorme gatto rosso? Dietro una finestrella in un' altra terra, in una città o paesetto in Francia, in Olanda, in Inghilterra? Simile al rossino che abita qui vicino con catenella al collo ed un campanellino che dindola gentile e tintinna allegro quando il rossino corre sul muretto tra rampicanti verdi e fiori di vari colori e mi segue fedele per avere carezze e grattatine sopra il nasetto umido dietro le orecchiette aguzze sul piccolo cranio tondo sotto il musetto e ancora sulla gola "gron, gron" "purr, purr" "ron, ron". Si strofina il gatto o la gattina contro la mano mia che smette a malincuore di lisciare il bel pelo di fulvo colore e rimanda rassegnata alla prossima puntata il saluto affettuoso al micetto curioso. 18 Febbraio 2007

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Concerti e chiacchiere

La musica, giustamente definita l'unica lingua universale, lenisce il dolore e almeno per un po' riappacifica con il mondo. La stagione concertistica 2006-2007 offerta dal teatro comunale di Modena fu l'evento artistico più bello di quell'anno. Mi capitò anche la lieta ventura - per loro, probabilmente, non così lieta - di venire in contatto con due spiriti gentili di grande sensibilità artistica e, quel che più conta, umana, cui raccontai a puntate quasi tutta la vita mia e quella delle care amiche che ho sparse per l'Italia: cosa che non avrei mai fatto se non mi fossi sentita scivolare verso un esaurimento da "stress" più mentale che fisico. Oltre ad ascoltare con pazienza i miei sproloqui i due gentiluomini si presero anche cura dei miei cappellini che durante l'intervallo lasciavo su una panca del palco. Provai tenerezza quando dissi che alla fine della stagione avrei chiesto quale cappellino avessero trovato di loro maggiore gradimento e mi risposero che non se li sarebbero ricordati. In verità non lo avrei mai preteso! In compenso, una sera, feci cadere dalla panca i loro bei cappotti. Mi capitò anche di sognarli, una notte, vestiti da "cowboy", ma penso a loro più come a cavalieri medioevali che aiutano le persone indifese o, meglio ancora, come nel mio caso, a due buoni samaritani che hanno ascoltato con pazienza un essere umano sconosciuto. Io sono sempre piena di gratitudine per chi mi sopporta; ma, come dice il grande poeta Orazio al verso 106 della prima satira "est modus in rebus" (c'è una misura in tutte le cose): i due buoni samaritani, come angeli o creature celesti, si sono dissolti nel nulla, volatilizzati, spariti. Non li ho più visti. Neppure in sogno.

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Festa del "Corpus Domini"

Avevo vent'anni in quel giugno lontano quando in una chiesa grande di Milano con un'amica alta a me vicino alla Santa Comunione a me soltanto il chierichetto diede un bel santino: ritraeva Gesù con un bambino con le parole "festa del fanciullo". In un primo momento lo trovammo strano, poi soffocammo il riso in quella sede santa, ma la Bocconi rise tutta quanta! 17 Maggio 2007

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Nella via lattea brilla, unico nel cielo, un diamante purissimo come il fior d'asfodelo. Non c'è un gioiello simile né bocciolo su stelo che uguagli lo splendore e i bagliori di mille colori di quel fior d'asfodelo. Tutto ciò che ora voglio, mio gioiello prezioso, è raggiungerti presto e giocare con te in cielo, gioia della mia vita, mio bel fior d'asfodelo.

Il fior d'asfodelo

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Quasi un reperto di secoli lontani inerme sagoma scura stesa supina sulla sabbia dura. Verso il cielo stellato braccia e mani volte quasi avessi implorato un ultimo aiuto che non ti è stato dato. Ora che nessuno più ti riconosce e senza identità stai ritornando fango per tua madre sono io che ti piango.

Quasi un reperto

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Portoverde

Dal balconcino tuo, Gigliola, più volte ho visto il sorgere del sole, il tuorlo incandescente illuminare il mare finchè è aumentato tanto il suo splendore da non poterlo a occhio nudo guardare. Al buio delle case ha ridato colore, han ripreso gli oggetti forma e umore, han palpitato ancora foglia e fiore ha risentito il mondo il vitale calore. 15 Agosto 2007

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Oltre l'arcobaleno

Se tu fossi vissuto per un altro secondo e poi un secondo ancora avrei dato un gioiello a ogni sorger d'aurora. Avrei dato la farfalla dall' ala dorata il diamante più puro e la perla rosata per risentir la stretta della tua mano amata. Avrei dato una libbra del bene più prezioso per veder sul tuo viso il sorriso radioso. Per non farti partire, per vederti restare avrei dato il canto delle voci più belle, la musica del mare, la luce delle stelle. Avrei dato il mio sangue dal cuor che batte forte per vedere la vita che ti toglie alla morte. Avrei dato l'ultimo respiro mio sereno per venire con te oltre l'arcobaleno. Novembre 2007

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A Palazzo dei Diamanti di Ferrara la bimba bella che si chiama Ilaria mi ha fatto "cara" con la manina sulla guancia mia lieve come brezza mattutina, leggera come folata di vento fresco che dà respiro nell' ansar faticoso lungo la via con passo lento percorsa o con follia.

La bimba bella che si chiama Ilaria

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Cappotti e coni

Stava proprio rincorrendo me che indossavo per la prima volta il cappotto blu, tessuto Lancetti, fattomi su misura dalla sarta, la ragazzina di sei-sette anni con in mano un grosso cono di gelato. Accelerai il passo per evitare il peggio, cioè uno "splash" di gelato sul cappotto nuovo, ma la vocina implorante della bimba "signora, signora ... " non mi lasciò scelta. Mi fermai e le chiesi di cosa avesse bisogno e la piccola mi disse che non sapeva ritrovare il parrucchiere dove era sua zia che l'aveva mandata a comprarsi un gelato. Per fortuna aveva ancora in mano lo scontrino e fu possibile ricostruire il tragitto: invece di tornare indietro la bimba aveva proseguito il cammino, sboccando in Via Emilia, senza più orientarsi. Compiuta l'opera buona, comprai un gelato anch'io.

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Cattedrali e chicchi

Chicchi d'uva? No: chicchi di grandine, ma grossi come e più di acini che si abbatterono su Modena in un improvviso temporale estivo di qualche anno fa. Mai vista una grandinata del genere che costrinse i cittadini non ancora in vacanza a rimanere chiusi in case e negozi e me e i pochi fedeli presenti alla funzione delle diciotto a rimanere nella cattedrale che, per carità cristiana, fu chiusa ben un' ora dopo l'orario di norma. Alle venti le condizioni atmosferiche migliorarono leggermente e chi, per sua fortuna, aveva con sé l'ombrello si arrischiò ad uscire. Ad una signora e a me fu allora concesso di travasare i ceri vicino alla statua di San Geminiano da uno scatolone di cartone all'altro così da vuotarne due da usare come protezione. Passai fiera e soddisfatta davanti a famosi negozi di abbigliamento e celebri "boutique" ostentando il copricapo che certamente non si sarebbe intonato con il cappotto blu del racconto precedente e tantomeno con il "tailleur" Chanel rosa di pagina 4, ma che avrebbe senz'altro potuto gareggiare in originalità con i cappelli che le signore inglesi sfoggiano ad Ascot. Novembre 2007

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Camicie bianche

Camicie bianche senza piega alcuna quasi splendenti sotto la luna indossate l'ultima sera della gita di terza liceo dai bei compagni di classe intelligenti e allegri, la sana gioventù dei tempi di allora: gioia e tormento, ma tanto sentimento. Novemhre 2007

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Briciole

Impari a vivere, se mai impari, a sbattute di muso tutte tue: quando meno te lo aspetti piove grandine da tutte le parti, ti crollano addosso monti e tetti, si gonfiano le acque travolgenti, straripano i fiumi si aprono i cieli in cataratte e nelle stanze quiete il male esplode all'improvviso. L'inutile sirena dell’ambulanza. Stridore di suoni. In polvere si è sbriciolata ogni opera d'arte. Parole, parole, parole ... Che rimane? solo l'eco del bene e del male. Dicembre 2007

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Come un quadro scalfito

Come un quadro scalfito da un coltello impazzito nella mano senza guida di una mente smarrita appare il mondo in folle girotondo che devia senza meta dall' orbita fissata e viene risucchiato nel buco nero fuori dal bel creato.

Il vaso antico

Si è rotto il vaso antico in tanti pezzi, i profumi si sono tutti sparsi e poi per sempre persi. 18 Gennaio 2008

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Cadute

C'è chi sbatte il muso in un modo e chi in un altro. La mia sbattuta di muso io la feci a vent'anni cadendo in picchiata per tre rampe di scale con gli occhiali sul naso. Mi spezzai l'incisivo destro superiore e mi incrinai il setto nasale. L'urlo che emisi al momento dell' impatto fu così lacerante e stridente che avrebbe ispirato pittori come Munch, compositori come Britten e drammaturghi come Miller. Non produsse invece nessun effetto artistico su mia madre che uscì terrorizzata dall'appartamento all'ultimo piano del palazzo di Corso Canalgrande in cui abitavamo allora gridando il mio nome con la paura che fossi finita sotto un'automobile. Dopo la caduta mi rabberciarono in qualche modo e dopo alcuni giorni sostenni l'esame di lingua e letteratura spagnola con la professoressa Juana Granados De Bagnasco senza che il dentino spezzato inficiasse l' ortoepia.

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Capocciate

Come quella che diedi io contro una vetrina che era stata momentaneamente aperta per essere pulita, ma che in tal modo ostruiva il passaggio verso la scorciatoia che mia madre ed io avremmo dovuto prendere per arrivare a casa in tempo per la cena al solito orario ferreo stabilito da mio padre militare. All'esortazione di mia madre di affrettare il passo io mi ero precipitata verso la scorciatoia, ignara dell'insolito ostacolo che avrei trovato. Alla capocciata violenta contro l'enorme porta di vetro che era stata spostata dalla sua abituale posizione fece eco il grido di spavento del giovanissimo commesso che corse fuori dal negozio c si mise immediatamente a massaggiarmi la fronte mentre il padrone e mia madre, molto meno sensibili al mio dolore, rivolsero subito tutta la loro attenzione alla grande vetrina, preoccupati più della sua incolumità che di quella della mia cappoccetta che, per quanto dura, non l'aveva minimamente scalfita. Malgrado l'incidente arrivammo a casa in orario perfetto per la cena: madre serena e figlia con fronte bitorzoluta. Sempre meglio, comunque sia, un bitorzolo che un corno!

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Capoccioni

Ce la fece studiar bene la storia dell' arte il professar Pierpaoli al liceo-ginnasio "Vittorio Emanuele II'' di lesi. E la testa bislunga dell' elegante signore in pelliccia che una mattina alle dieci e un quarto, in via 3 Febbraio, mentre mi dirigevo a far lezione agli alunni della gloriosa scuola media "V.Alfieri", in Corso Cavour, a Modena, mi chiese gentilmente se potevo indicargli dov'è via Ganaceto, mi richiamò subito alla mente la capoccia del profeta Abacuc, detto per questo lo "zuccone", scultura del grande Donatello che si conserva al musco del Castello Sforzesco di Milano. Così, un po' perchè forse mi sentivo ancora tra le braccia di Morfeo, un po' perché concentrai la mia attenzione sul crapone del distintissimo signore, il mio sguardo risultò vago, quasi assente, mentre mi sforzavo di ricordare l' ubicazione della via richiestami. Il signore però si spaventò tanto che si affrettò a dire "Non importa, non importa: piuttosto che lei mi mandi chissà dove, la strada la cerco da solo o chiedo a qualcun altro" e si allontanò con passo velocissimo, molto simile a una fuga.

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L'involucro terreno

In una calda mattinata nel mare di Portoverde nuotavamo solo noi: tanti bianchi gabbiani e la piccola Anita. Mi sono sempre tanto divertita dentro il minuscolo involucro terreno, - quasi di Peter Pan Campanellino -che mi è stato assegnato nel passaggio obbligato in cui ho camminato, corso, ballato e nuotato. Arrampicarmi sugli alberi mi è pure assai piaciuto, ma il volo finale non l'ho ancora spiccato. Siate buoni, non dite "che peccato!" Gennaio 2008

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L'onda

Sempre costante è il ritmo dell'onda che sulla riva allegra arriva e rasserenante sussurra e sciaborda "ricorda, ricorda, ricorda". Se irosa urla, s'increspa e s' infrange con fragore farnetica: "dimentica, dimentica, dimentica". La luce che rifrange le acque in riflessi abbaglianti fa chiudere gli occhi e dice l'onda del mare: "Vivi momento per momento e non pensare, non pensare, non pensare" Gennaio/Febbraio 2006

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Come una grande strada

Come una grande strada punteggiata di momenti intensi e brevi come stelle cadenti, come stille di rugiada su un bel fiore, come gocce di sangue da un povero cuore trafitto da una lancia per amore. 4 Marzo 2008

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Carico cinque chili

La mia sconfinata ammirazione è sempre andata ai meccanici. Io non ho mai capito niente di ingranaggi, non ho preso la patente di guida e, malgrado le esortazioni di tutte le amiche, ho trovato il coraggio di comprare una lavatrice solo il 3 luglio 2008 perché ero convinta che ... non sarei mai stata capace di usarla! Il mio cuore è traboccato di giubilo e giusto orgoglio quando ho constatato che usarla è facile anche per me. Mi sono quindi sentita in dovere di comunicare quanto prima l'acquisto a tutte le amiche, comprese quelle residenti in altre città. All'amica Rosalba Eroli (1) e famiglia scrissi una bella cartolina da Portoverde in tono aulico ed esultante, degno della situazione, nei seguenti termini "Anita salutem dicit. Magno cum gaudio nuntio vobis habemus lavatricem: dulce ridentem Bosch atque optime functionantem. Tres anni garantiae quoque dati sunto Vale, Anita". Non tardò a giungermi la gradita risposta, sempre in stile Teofilo Folengo, dell' amica di una vita che così prendeva atto della mia gioia e soddisfazione: "Rosalba Anitae de Mariniana gente salutcm dicit: si vales, bene est. Ego valeo et Herolus (2) quoque valet. Felix sum quia lavatrix Bosh Marinianae gentis domum apparuit. Hoc erat in votis: gaudeamus igitur! Cur tam longe attendisti? Spero te multos bucatos per multos annos facturam esse et ad te atque ad Henricum (3) mille oscula et multas felicitationes mitto. Salve, Rosalba. P:S: Proxima epistula in vulgari eloquio, melius est." Le successive comunicazioni le ho fatte anch'io in "vulgari eloquio".

1) Vedi "Il Raggio di Sole nella Pozzanghera" edizioni Il Fiorino - Modena 2004 pag.6 2) Rasalbae Maritus, al secolo il noto avvocato Erulo Eroli 3) Frater meus

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Una stradetta stretta

Una stradetta stretta buia e brutta all'improvviso s'apre in una piazza ampia, rotonda, con un gran palazzo che maestoso s'erge in pietra chiara. Ci visse forse un principe italiano, un cavaliere, un maragià, un sultano circondato da donne favolose belle come un sogno e misteriose; ma la grande fontana è secca e sgretolata e non si sente l'eco di nessuna risata o voce di bambino: ecco perché la vita se n'è andata.

Page 33: SFIORERO' APPENA

Stelle e lampadine

Come luce di lampada che si interrompe, si spegne e poi si esaurisce fulminata è l'amore terreno che si affievolisce e svanisce in un baleno contro la luce intensa di una stella fissa che sempre arde e dà calore come l'amore divino. 19 Novembre 2006

Page 34: SFIORERO' APPENA

La strada lunga e serpentina

La strada lunga e serpentina che ho percorso ansando mi sembra breve ora che l'ho finita. Ricordo la fatica che spesso m'è costata e non vorrei rifarla neppure per avere un' altra vita con tante gioie, ma sempre troppo dolore che si può sopportare solo con grande fede nel profondo del cuore.

Page 35: SFIORERO' APPENA

In una via

In una via costellata di brevi, felici istanti come meteore cadenti, attimi fuggenti, gioielli luccicanti più splendenti dei più puri diamanti ho visto volar via il tempo della vita come aria che filtra tra le dita come sabbia sollevata da improvviso soffio forte come un bimbo piccino rapito dalla morte che lo porta in un mondo di rose senza spine a fare girotondo con angeli e fatine, a correre in giardini con frutti saporiti con i puri di cuore non contaminati dal male di vivere, in un Eden non violato neppure dal pensiero del peccato.

Page 36: SFIORERO' APPENA

Se chiudo gli occhi

Se chiudo gli occhi vedo solo visi senza sorrisi sulle bocche mute venuti a me da secoli lontani. Mi guardano con grandi occhi sgranati sembrano in attesa, non sono spaventati: come se fossi io a dover dire loro il perché delle cose e donare ristoro. 9 Dicembre 2008

Page 37: SFIORERO' APPENA

Vorrei non ricordare

"Vorrei non ricordare i miei anni terreni" disse la signora arzilla col cappellino lilla e la mantella di visone selvaggio, all'essenza di vaniglia, che copriva la carne vizza fino alla caviglia. "Mi sento viva solo a metà, una sopravvissuta: non per l'età, che tanto non mi pesa, ma perché ho visto andare troppi amici ed amiche verso l'aldilà! Che devo fare? Fare qualcosa fare, sempre fare senza troppo pensare e ragionare. 24/25 Novembre 2008

Page 38: SFIORERO' APPENA

Perché esigi

Perché esigi sull'ara il sacrificio degli innocenti, di chi non ferisce né di lingua né di spada dove il male dilaga, lo spasimo e il dolore dei puri di cuore? Stare contenti al "quia" non sempre ci consola: come un coltello alla gola toglie respiro e forze il male oscuro che dà come sola speranza la liberatrice sorella morte.

Page 39: SFIORERO' APPENA

Comandamenti

Perché da alcuni giorni dico: dodici comandamenti? Perché io due di più? Forse perché in una chiesa grande, grande, grande in cui i fedeli, per quanto numerosi, sembrano pecorelle sparse e fredda, fredda, fredda, tutta avvoltolata nella pellicciotta soffice e calda, calda, calda, con ai piedi gli stivali comodi, comodi, comodi, appena comprati in liquidazione, con in testa il mio colbacco più grosso che chiamo "cuccuma" perché sembra proprio una teiera, alla Santa Messa dell'Epifania, durante la valida predica del sacerdote, ho subito l'effetto televisione e mi sono addormentata?! 10 Gennaio 2008

lO Gennaio 2009

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Congiuntivo

Il congiuntivo è un tempo bellissimo che ha cominciato ad essere trascurato quando qualche presentatore televisivo straniero, non avendolo nella propria lingua, non lo usava e non lo usa neppure nella nostra. Per fortuna si insegna ancora a farne il giusto uso. Comunque sia, le persone colte sentono l'esigenza di rispettarlo come, ad esempio, hanno sempre fatto la mia carissima amica e collega bocconiana Anna Porta ed il suo intelligentissimo e spiritosissimo marito, dottor Giovanni Tessitore, vicedirettore della Comit, il quale era solito dire che c'è chi è cornuto perché gli fa le corna la moglie e chi cornuto ci nasce e io aggiungevo "chi può tutte e due": anche senza congiuntivo.

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Volevo venirci

Volevo venirci con i capelli neri, la ciglia scure sopra gli occhi chiari il sorriso sbarazzino e lo sguardo bambino rivolto con stupore al mondo bello che appare ogni mattina sotto il sole o la brina con i frutti di ogni stagione e tante cose buone. Ora che come Knut (l) son tutta bianca ancora scherzo con la voce più stanca e un po' meno argentina, ma guardo sempre il mondo con occhi di bambina. Volevo venirci con i capelli neri, le ciglia scure sopra gli occhi chiari come hanno fatto tanti amici cari.

1) L'orsacchiotto bianco nato nello zoo di Berlino.

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Nata ieri

E ora posso andare a correre su scivoli di nuvole celesti sotto archi di stelle lucenti a passeggiare, ridere e scherzare con le persone intelligenti e care, a cantare con Titi, (1) come quando andavamo in Bocconi, "E quando spunta quando spunterà la luna sarò di un altro innamorata .... " La "nata ieri" è nata alla vita del Cielo: mettete voi la data.

Ciao, ciao Anita Marini bustocca e bocconiana

1) M.Virginia Stacul, di Gorizia, bocconiana, nata alla vita del Cielo il 7 Aprile 1981, con anni terreni 46.