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Sezione centrale di controllo sulla gestione
delle Amministrazioni dello Stato
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“La riscossione dei canoni nelle concessioni del demanio
marittimo”
Il Magistrato istruttore:
Cons.dott.Paolo Santomauro
I N D I C E
Sintesi Pag. 1
1. Oggetto e disciplina delle concessioni. “ “ 3
1.1 Demanio marittimo “ “ 3
1.2 I beni del demanio marittimo “ “ 4
1.3 Principi ed istituti normativi “ “ 8
2. Competenze gestionali. “ “ 12
2.1 Riparto delle competenze gestionali tra Stato e Regioni “ “ 13
2.2 Esclusioni dalla competenza regionale “ “ 18
3. I canoni di concessione. “ “ 21
3.1 Profili gestionali e dominicali “ “ 21
3.2 Natura dei canoni “ “ 23
4. Riscossioni: importi, vigilanza e controlli. “ “ 24
4.1 Importi dei canoni “ “ 25
4.2 Procedura di riscossione “ “ 33
4.3 Poteri di indirizzo, vigilanza e controllo “ “ 35
4.4 Agenzia del demanio “ “ 38
4.5 Il sistema informativo del demanio marittimo “ “ 41
4.6 Registrazione degli atti “ “ 45
5. Riscossioni: entrate, stime e consuntivi. “ “ 46
5.1 Previsioni e consuntivi di bilancio “ “ 47
5.2 La situazione dal 2007. Fattori di criticità “ “ 57
6. Conclusioni. “ “ 61
1
Sintesi.
Dall’indagine svolta è emerso in particolare che:
• gli introiti dello Stato derivanti dalle concessioni demaniali marittime (nel 2007,
circa 82 milioni di euro di versamenti), la cui gestione compete, a seguito di una
lunga e complessa evoluzione, non più soltanto allo Stato, ma prevalentemente
alle Regioni ed ai Comuni dalle stesse delegati, sono stati sempre molto inferiori
alle previsioni di bilancio, con l’eccezione del 2000. Il rilevante divario tra le
previsioni di entrata e le somme accertate e riscosse è imputabile alle carenze
gestionali nello svolgimento dell’attività amministrativa necessaria per realizzare i
fini stabiliti dalle leggi in materia nonché ad una costante tendenza a sovrastimare
le capacità e possibilità di incasso, malgrado la mancanza di certezze circa l’entità
dell’impatto atteso, in termini di aumenti delle riscossioni, dalle norme sugli
importi dei canoni e sui criteri della loro determinazione;
• i residui attivi, cioè le somme accertate, ma non riscosse e/o non incassate, sono
risultati di elevata entità alla fine di tutti gli esercizi considerati (dal 2000 in poi),
raggiungendo alla fine dell’esercizio 2007 l’importo di quasi 67,9 milioni, a
conferma delle difficoltà di realizzo delle riscossioni;
• la lotta contro l’inadempimento dell’obbligo di pagare i canoni (e contro gli
abusivismi) e le conseguenti riscossioni coattive, attraverso le iscrizioni a ruolo e la
successiva procedura esecutiva, hanno dato un esito piuttosto incerto e quanto
mai deludente in termini di incassi;
• una responsabilità più diretta per quanto sopra rilevato va riferita, a livello
centrale, all’Agenzia del demanio, in quanto competente a proporre le previsioni di
entrata, ad indicare alle sue filiali sul territorio l’interpretazione ritenuta più
corretta delle norme relative ai calcoli dei canoni e a controllare la riscossione ed il
versamento dei medesimi. Tuttavia, ciò non può far escludere anche una
responsabilità dei Ministeri per altri aspetti competenti e comunque vigilanti
2
sull’attività dell’Agenzia del demanio e sui risultati dalla stessa conseguiti (il
Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero per le infrastrutture e trasporti
e la stessa Presidenza del Consiglio nella sua funzione di coordinamento generale)
né può far sottovalutare il comportamento di Regioni e Comuni, non sempre
funzionale a pretendere e ad ottenere l’assolvimento degli obblighi di legge.
Sulla base di quanto rilevato, è stata quindi richiamata l’attenzione sulle
esigenze, problematiche e possibili interventi di seguito indicati:
• un maggior coordinamento delle attività dei diversi soggetti coinvolti sia nella
stesura, interpretazione e applicazione delle norme che nell’attività di previsione,
accertamento e riscossione, con particolare riferimento, a livello locale, ai rapporti
con Regioni e Comuni;
• un eventuale intervento legislativo di interpretazione autentica, o una nuova
circolare, nel settore delle concessioni con finalità turistico-ricreative, nonché
l’ipotesi di prevedere, nell’ottica del funzionamento di una riforma in senso
federalista, una partecipazione agli introiti di spettanza dello Stato a favore delle
Regioni (e Comuni delegati) in considerazione delle loro competenze gestionali;
• una scelta condivisa e definitiva sul futuro del Servizio informativo del demanio
marittimo (S.I.D.) o su possibili soluzioni allo stesso alternative in grado di
assicurare la necessaria, adeguata conoscenza dell’ utilizzo delle aree del demanio
marittimo;
• l’adozione, nella registrazione degli atti relativi ai beni demaniali, di una
classificazione specifica delle concessioni del demanio marittimo come mezzo
ulteriore della loro individuazione;
• una verifica dell’attualità ed esigibilità dei residui attivi e delle cause del mancato
versamento di importi da tempo riscossi;
• una maggiore efficacia ed efficienza delle riscossioni coattive;
• una riflessione sul contenuto dei rapporti contrattuali tra il Ministero dell’economia
e le finanze e l’Agenzia del demanio.
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1. Oggetto e disciplina delle concessioni.
Le concessioni di cui trattasi riguardano una speciale categoria di beni, i beni
demaniali, e, nell’ambito di questi, i beni del demanio marittimo.
1.1. Demanio marittimo.
Il demanio marittimo è costituito da alcune tipologie di beni, di origine
naturale, che, in relazione alle loro intrinseche caratteristiche, non possono non
appartenere allo Stato ed essere qualificati demaniali (demanio necessario). Essi sono
individuati nel libro terzo del codice civile, dedicato alla proprietà, agli articoli 822 e
seguenti, e in altre norme integrative, in particolare del codice della navigazione
(articolo 28 e seguenti).
Prima di procedere all’elencazione e definizione dei beni del demanio
marittimo, è utile rammentare che sui concetti e nozioni di bene, demanio, diritto ed
uso “pubblico” si è formata, anche in relazione alla evoluzione normativa, e
costituzionale, una ragguardevole elaborazione dottrinale e giurisprudenziale di cui
non è certo possibile, né pertinente, trattare specificamente in questa sede, ma che
non può essere ignorata del tutto.
In questa ottica, è sufficiente rammentare soltanto che, nella concezione
codicistica, qualunque bene idoneo ad essere oggetto di diritti è una “cosa” (v. art.
810 c.c.), avente dunque una sua “materialità”; che, tra i beni di proprietà dello
Stato–persona, quelli demaniali si qualificano per essere naturalmente, di per sé, atti
a servire all’uso di ciascuno e di tutti coloro che soggiornano nello Stato (uso
pubblico); che la tutela di questi beni, proprio per le suddette caratteristiche, spetta
all’autorità amministrativa.
Tali concezioni sono da tempo, però, oggetto di una riflessione, ritenendosi
diffusamente che l’assetto dei beni pubblici stabilito e descritto dal legislatore del 1942
non sia più attuale, anche a seguito del progresso tecnologico, e che le tipologie dei
4
beni all’epoca indicate come pubblici debbano essere riviste, anche sotto l’aspetto
della demanialità, ed aggiornate 1.
1.2. I beni del demanio marittimo.
I beni del demanio marittimo sono elencati all’art. 28 del codice della
navigazione (pubblicato con R.D. 3 marzo 1942, n. 327, in vigore dal 21 aprile 1942)
a conferma ed integrazione dell’art. 822, primo comma, del codice civile (R.D. 16
marzo 1942, n. 262, parimenti in vigore dal 21 aprile 1942). Ne fanno parte:
a) il lido, la spiaggia, i porti e le rade (idem nel citato art. 822 c.c.);
b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o
salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col
mare;
c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.
Ai sensi del successivo art. 29 del codice della navigazione sono “pertinenze”
del demanio marittimo, e perciò sono comprese negli atti e rapporti giuridici che
hanno per oggetto la cosa principale, se non è diversamente disposto (art. 818 c.c.),
le “costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato che esistono entro i limiti del
demanio marittimo e del mare territoriale”. Da tener presente, poi, che le opere non
1 Sulla base delle suesposte considerazioni, è stata istituita, con decreto del Ministro della giustizia del 21.06.2007, una apposita Commissione, presieduta dal Prof. Stefano Rodotà, con l’incarico di elaborare uno schema di legge delega contenente i principi ed i criteri direttivi per una possibile riforma delle norme del codice civile in materia di beni pubblici, che ha concluso i suoi lavori ad inizio 2008. Pur se, al momento, non vi è stato alcun seguito sul piano legislativo, anche in relazione alla di poco successiva fine della legislatura con lo scioglimento anticipato delle Camere (elezioni del 13 e 14 aprile 2008), è interessante notare che nei principi e criteri suggeriti dalla Commissione, oltre alla previsione che anche le cose immateriali possano essere “beni”, oggetto di diritti, figura la proposta di una distinzione di tutti i beni in tre categorie: beni “comuni” (nozione nuova, riferita alle cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona, di cui possono essere titolari anche soggetti privati, ma normalmente persone giuridiche pubbliche, e che sono individuabili, con estensioni, tra i beni dell’attuale demanio pubblico); beni “pubblici” e beni “privati”, con la conseguenza che ne verrebbe totalmente modificata la struttura costruita nel codice. Conviene qui far cenno particolare soltanto alla proposta della categoria dei “beni pubblici” in quanto prevista in sostituzione dell’attuale regime della demanialità e della patrimonialità. I beni pubblici, cioè quelli appartenenti a persone giuridiche pubbliche, sono nello schema articolati in tre tipologie: 1) beni ad “appartenenza pubblica necessaria”, in quanto soddisfacenti interessi generali fondamentali,
e perciò inalienabili ed inusucapibili, tra i quali dovrebbero rientrare, tra l’altro, i beni dell’odierno demanio marittimo;
2) beni pubblici “sociali”, inusucapibili, in quanto caratterizzati da un vincolo di destinazione pubblica, come scuole, ospedali, case dell’edilizia residenziale pubblica;
3) beni pubblici “fruttiferi” (tutti gli altri beni di proprietà pubblica), previsti come alienabili e gestibili dalle persone giuridiche pubbliche con strumenti di diritto privato.
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amovibili costruite sulla zona demaniale dal concessionario restano acquisite allo Stato
quando venga a cessare la concessione, ai sensi dell’art. 49 del codice della
navigazione (v. oltre).
Circa il regime giuridico, va ricordato che i beni del demanio marittimo sono:
- inalienabili (qualunque atto di trasferimento sarebbe nullo per l’impossibilità
dell’oggetto);
- inusucapibili (in quanto il possesso delle cose di cui non si può acquistare la
proprietà è senza effetto, a norma dell’art. 1145, c. 1, c. c.);
- imprescrittibili (dato che agli stessi non si applicano le norme della prescrizione)
ed inespropriabili, fino a quando non ne venga pronunciata la sdemanializzazione
(v. art. 4 del D.P.R. 327/2001).
Eventuali diritti di godimento a privati sui beni demaniali (v. art. 823 c.c.)
possono essere attribuiti solo con atti amministrativi di concessione e, se questa è
utilizzata a scopo lucrativo, non a titolo gratuito.
Venendo ora ad una sintetica esposizione esplicativa delle norme di cui sopra,
va anzitutto evidenziato che non è indicata dalla legge la definizione dei beni del
demanio marittimo, ma che essa è ricavabile in via interpretativa in base alla
giurisprudenza e alla dottrina 2.
La elencazione dell’art. 28 del codice della navigazione è da considerarsi
tassativa, quanto meno per “tipi” di beni, se non in assoluto; è pacifico, comunque,che
la disciplina dettata dalla legge per i beni demaniali si estende, in quanto compatibile,
anche al “mare territoriale” e, inoltre, che fa parte del demanio marittimo, pur se non
esplicitamente indicato nell’art. 28, “l’arenile”, che è quell’ area, contigua in senso
espansivo rispetto alla spiaggia, conseguente, come relitto del mare, al ritirarsi delle
acque nel corso dei secoli e che è idonea, potenzialmente, per la realizzazione dei
2 Le posizioni della giurisprudenza riguardo ai beni di cui trattasi sono riportate, tra l’altro, in “Il demanio
marittimo. Rassegna sistematica della giurisprudenza” Giuffrè 1999 e, riassuntivamente, anche per quanto concerne la dottrina, nelle più recenti “Note sul demanio marittimo”, in Rivista giuridica dell’ambiente, Giuffrè 2006.
6
pubblici usi del mare (Cass. civ. Sez. I, 6.5.1980 n. 2995).
Circa i beni indicati dal codice, è utile osservare che, in base alla dottrina e
alla giurisprudenza, il “lido” del mare è la zona di riva che si estende all’interno fino al
limite massimo delle mareggiate ordinarie, escluse quindi quelle dei momenti di
tempesta (v. Cass., Sez. un., 2.5.1962, n. 849); che la “spiaggia” è quella parte di
terra che risulta dal naturale ritirarsi del mare, ma che non può essere una volta per
tutte determinata, in quanto non possiede confini certi, bensì mutevoli, in relazione
all’avanzarsi e al ritirarsi delle acque; che i “porti” e le “rade”, spazi di mare prossimi
al porto,3 sono quelle strutture permanentemente utilizzate per il riparo e l’approdo
delle navi; che le “lagune” sono specchi d’acqua stagnanti separati dal mare (lagune
“morte”) ovvero con esso comunicanti (lagune “vive”); che i “canali utilizzabili ad uso
pubblico marittimo” sono quelli che servono al ricovero di imbarcazioni ed alle
operazioni di carico e scarico di merci e passeggeri.
Stante la particolarità del regime giuridico è di essenziale importanza stabilire
se e da quando inizi e cessi la demanialità marittima.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza assolutamente prevalenti, l’acquisto
della qualità di bene demaniale non dipende da un atto giuridico di destinazione, in
quanto la demanialità, come si è visto, è derivante dalla sua stessa natura intrinseca:
perciò, un bene appartiene al demanio marittimo se rientra tra i tipi e categorie
previsti dal citato art. 28 e se, come circostanza di fatto, accertabile, in caso di
contestazioni, dal giudice ordinario, sia adibito ad usi attinenti alla navigazione e sia
idoneo a soddisfare bisogni collettivi. Eventuali atti formali dell’amministrazione,
compreso il provvedimento conclusivo del procedimento di delimitazione di zone del
3 La nozione di “porto”, che diversamente dagli altri beni del demanio necessario esiste solo in quanto
dotato di opere e di strutture di funzionamento, non è definita neanche nella normativa generale sui porti, legge 84/1994, né nel D.P.R. 2.12.1997 n. 509 che definisce solo la categoria dei porti “turistici” (art. 2), nonché, distinguendoli, degli “approdi turistici” e dei “punti di ormeggio” per la nautica da diporto. E’ da sottolineare che, stante il chiaro disposto dei codici civile e della navigazione, i porti, anche se turistici e pur se costruiti da privati concessionari, sono sin dalla realizzazione ipso iure beni demaniali, così come i beni (mare e spiaggia) sui quali insistono. Si fa qui riferimento alle strutture fondamentali che caratterizzano un porto, come dighe, moli e banchine, mentre opere ulteriori, come magazzini, negozi e simili, sono di proprietà privata del concessionario-costruttore, ma, in quanto rientranti tra le “pertinenze demaniali”, sono destinate a restare acquisite allo Stato al termine della concessione, ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione.
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demanio marittimo disciplinato dall’art. 32 del codice della navigazione, hanno
dunque, secondo questa impostazione, carattere solo dichiarativo o ricognitivo, non
costitutivo, della demanialità, in quanto qualifica giuridica preesistente a tali atti.
A proposito della cessazione della demanialità (sdemanializzazione) si hanno
divergenti opinioni circa l’ammissibilità o meno della sdemanializzazione tacita e, in
caso di atto dell’amministrazione, circa la natura dichiarativa o costitutiva dell’atto
medesimo.
Premesso che la sdemanializzazione significa che il bene passa dalla proprietà
pubblica alla proprietà privata dello Stato, l’importanza dell’avvenuta cessazione o
meno della demanialità è assolutamente rilevante per i diritti e le attività possibili, sia
da parte del proprietario che dei terzi. In particolare, il possesso del bene, non più
demaniale, da parte di un privato, può dar luogo all’usucapione.
Senza entrare eccessivamente in dettaglio, può affermarsi che nella dottrina
prevale la tesi della ammissibilità della sdemanializzazione tacita, che si verificherebbe
quando il bene abbia perduto le caratteristiche naturali che lo facevano qualificare
demaniale e siano venute meno le sue possibilità di destinazione ad usi pubblici del
mare. Questa evenienza, quale risultato di una situazione oggettiva, non di una
valutazione discrezionale, potrebbe essere riconosciuta da un atto
dell’amministrazione, di natura pertanto dichiarativa, ma altresì derivare da
comportamenti dell’amministrazione incompatibili con la volontà di destinare ancora il
bene ai precedenti usi pubblici.
L’orientamento tradizionale della giurisprudenza è invece tendente ad
escludere la sdemanializzazione tacita, soprattutto alla luce dell’art. 35 del codice della
navigazione, secondo cui qualora zone demaniali non siano più ritenute utilizzabili per
pubblici usi del mare esse “sono escluse dal demanio marittimo con decreto del
Ministro”, provvedimento che, secondo questo orientamento, si considera perciò di
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natura costitutiva 4.
Va da sé che per ovviare a situazioni di incertezza sul passaggio o meno del
bene al patrimonio dello Stato, gli eventuali interessati (ad esempio ad un acquisto del
bene) potrebbero essere indotti ad attivare un procedimento finalizzato all’emanazione
del decreto di cessazione della demanialità di cui al citato art. 35.
1.3. Principi ed istituti normativi.
I beni che fanno parte del demanio pubblico non possono formare oggetto di
diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano
(art. 823 c. c.). Premesso questo principio, l’Amministrazione, compatibilmente con le
esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivi, di
beni demaniali marittimi e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di
tempo (art. 36 cod. nav.). Al fine di ottenere il godimento in forma differenziata e
particolare dei beni suddetti, è dunque necessario per il privato il rilascio di un
provvedimento di attribuzione (concessione) dell’autorità pubblica, che deve essere di
forma e significato espliciti, “non essendo sufficiente un comportamento tacito,
omissivo, tollerante, o concludente” della stessa 5.
Le concessioni demaniali marittime, fermi restando i capisaldi normativi dei
codici del 1942, sono state interessate da una notevole evoluzione e da importanti
innovazioni legislative, anzitutto, come si dirà, in materia di competenze
amministrative e gestionali (trasferimento a Regioni ed enti locali) e nei criteri di
determinazione dei canoni concessori. Nello stesso tempo, l’istituto concessorio ha
avuto un grande sviluppo.
4 Vi è stato tuttavia nella giurisprudenza un periodo di allontanamento dalla suesposta opinione
tradizionale. La Cassazione ebbe infatti ad affermare, nel 1966 (v. Cass. civ., Sez. II, 26 febbraio 1966, n. 1480 ) che “la sdemanializzazione di un bene può essere anche tacita, senza l’adempimento delle formalità previste dalla legge, ma a tal fine occorrono atti univoci e concludenti, incompatibili con la volontà della pubblica amministrazione di conservare la destinazione del bene all’uso pubblico, e circostanze così significative da rendere non configurabile un’ipotesi diversa dalla definitiva rinuncia , da parte della P.A., al ripristino della pubblica funzione del bene stesso.” Diversamente dal decreto di sdemanializzazione di cui all’art. 35 del codice della navigazione, ricordato nel testo, si ritiene invece, in prevalenza , che l’atto che indichi il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato previsto dal codice civile, all’art. 829, abbia natura semplicemente dichiarativa della sdemanializzazione.
5 Cfr.,tra l’altro, T.A.R. Liguria, 4.11.1996, n. 477.
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Da un punto di vista generale, infatti, si è andata affermando una concezione
dinamica dei beni demaniali, che ha portato a farli considerare, piuttosto che dal
punto di vista statico della tutela della loro conservazione, da quello delle opportunità
del loro utilizzo e gestione, beninteso per il raggiungimento di obiettivi, di pertinenza
statale, di interesse collettivo. Una siffatta evoluzione ha riguardato in modo rilevante
il demanio marittimo, ormai soprattutto considerato come “strumento” da valorizzare,
alla luce delle sue elevate potenzialità nello sviluppo economico, come fonte di
benessere della popolazione e come oggetto, anche per questa ragione, di doverosa
preservazione ambientale, paesaggistica, biologica.
In questo nuovo contesto, l’istituto della concessione, da evento eccezionale,
stante l’assoluta preminenza dei valori della proprietà e dell’uso pubblico, è diventato
invece del tutto “normale”, in conseguenza delle utilizzazioni sempre più numerose e
diversificate consentite a favore dei concessionari privati, ma in grado di risolversi in
un vantaggio per la collettività. In particolare, si è grandemente diffuso il rilascio di
concessioni su beni del demanio marittimo per scopi turististico-balneari e per la
nautica, venendosi ad assecondare, in tal modo, una evidente corrispondente
vocazione delle nostre coste. La legge stessa, d’altronde, ha direttamente disposto che
la concessione dei beni demaniali marittimi possa essere rilasciata, oltre che per
servizi pubblici e attività portuali e produttive, per l’esercizio di tutta una serie di
elencate attività, tra le quali spiccano proprio quelle aventi finalità turistico-ricreative
(v. art. 01 della legge 4 dicembre 1993, n. 494, di conversione, con modificazioni, del
D.L. 5.10.1993, n. 400).
Ma se si può effettivamente affermare che le utilizzazioni e la fruibilità dei
beni sono ormai considerati il loro tratto saliente, più degli aspetti della proprietà
pubblica e della demanialità, tale qualità resta comunque tuttora determinante per il
relativo regime giuridico in quanto il bene deve sempre essere idoneo, in concreto,
alla fruizione della generalità e proprio in virtù delle attività ed opere poste in essere
dal concessionario: da qui l’importanza della regolamentazione, discrezionale, prevista
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dell’autorità concedente e dalla compatibilità, da questa garantibile e controllabile, tra
uso pubblico ed uso privato.
Il procedimento amministrativo di concessione resta disciplinato dal codice
della navigazione (art. 36 e segg.) e dal relativo regolamento di esecuzione (D.P.R.
15.2.1952, n. 328, art. 5 e segg.) come modificati, in particolare, dal D.L. n.
400/1993 convertito nella L. n. 494/1993.
Al riguardo conviene porre in evidenza i seguenti principi, in quanto
maggiormente significativi, in merito alla istruttoria, rilascio, contenuto e durata della
concessione:
- la scelta del concessionario è sempre discrezionale, anche in presenza di criteri di
preferenza tra più richiedenti6;
- nell’istruttoria delle richieste di concessione di maggior rilievo, viene garantito il
diritto di eventuali altri interessati e deve essere assicurata la concorrenza delle
offerte secondo le regole dell’evidenza pubblica7;
6 In caso di concorso di più domande, la legge indica criteri di preferenza generali, cioè per qualunque concessione (art. 37, comma 1 cod. nav.), consistenti nell’ offerta di maggiori garanzie di proficua utilizzazione, quali possono desumersi dall’adeguatezza della capacità economico-aziendale e dall’affidabiltà finanziaria degli aspiranti (v. Cons. Stato, sez. VI, 5.6.1986, n. 396 e 26.9.1996, n. 1265), e nell’uso rispondente ad un più rilevante interesse pubblico, “a giudizio dell’amministrazione”. Il che conferma che la scelta è di tipo discrezionale, ma significa anche che l’amministrazione deve comunque procedere ad una valutazione comparativa e dare un’idonea motivazione di tale scelta (v. TAR Emilia-Romagna – Parma, 10.6.1998, n. 334). Criteri di preferenza speciali sono poi indicati per le richieste di concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative (art. 37, comma 2), a vantaggio di quelle che importino “attrezzature non fisse e completamente amovibili” (ciò che comporta un accertamento tecnico-materiale) e, in sede di rinnovo, a favore del precedente concessionario, che è dunque titolare del c.d. “diritto di insistenza”. Tale diritto è peraltro anch’esso apprezzabile dall’amministrazione nell’ambito della sua valutazione complessiva, nel senso che non può far determinare da solo la scelta tra più concorrenti né obbligare l’amministrazione a decidere comunque di rilasciare una nuova concessione, al precedente concessionario o ad altri (v. TAR Sicilia-Catania, 1.6.1994,n. 1115; Cons. Stato, sez. VI, n. 354 del 24.4.1995 e sez. V, n. 725 del 7.2.2000). In altri termini, il diritto di insistenza del precedente concessionario costituisce soltanto un criterio sussidiario nella concessione dei beni del demanio marittimo, che può essere utilizzato solo qualora nel giudizio di comparazione gli aspiranti a diventare nuovi concessionari non offrano condizioni migliori (v. TAR Sardegna 22.2.1996, n 312). Quando non ricorrano le ragioni di preferenza precedentemente indicate, che sono da intendersi in maniera tassativa, si procede a licitazione privata (art. 37, comma 3).
7 In caso di concessioni di particolare importanza per l’entità e lo scopo, la domanda di concessione deve essere pubblicata nell’albo del comune dove è situato il bene ed inserita per estratto nel foglio degli annunci legali della provincia, affinché gli interessati possano presentare osservazioni o reclami od opposizione, rispettando precisi termini (perentori: v. Cons. Stato, sez. VI, 26.9.1996,n. 1265) e condizioni, ai sensi dell’art. 18 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione. In mancanza, il rilascio della concessione è illegittimo (v. TAR Friuli-Venezia Giulia, 17.10.1994 n. 355). Le norme appena ricordate necessitano ora di un’interpretazione più moderna, alla luce degli obblighi comunitari, dovendosi ritenere, secondo la prevalente giurisprudenza, che le concessioni di aree demaniali marittime rilasciate per finalità imprenditoriali debbano essere sottoposte ai principi di evidenza pubblica (v. TAR Lazio Latina 8.9.2006 n. 610; TAR Liguria Genova, sez. I, 7.11.2005, n. 1437).
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- il concessionario acquista facoltà assimilabili a quelle proprie dei diritti reali di
godimento su cosa altrui8;
- le concessioni possono essere rilasciate con licenza ovvero nel caso di concessioni-
contratto, che richiedono l’atto pubblico, con “atto formale” 9;
- la concessioni hanno durata temporanea10;
L’affidamento dei beni demaniali suscettibili di uno sfruttamento economico deve dunque essere sempre preceduto dal confronto concorrenziale, anche nel caso in cui non vi sia un’espressa prescrizione normativa, e le regole dell’evidenza pubblica, già desumibili dai menzionati art. 37 del codice della navigazione e art. 18 del regolamento di esecuzione, devono essere interpretate in conformità dei principi comunitari (v. TAR Campania Napoli, sez. VII, 31.10.2007 n. 10326).
8 Si chiarisce, anche con l’ausilio della giurisprudenza, che nella concessione si è in presenza di un atto unilaterale (v. Cons. Stato, sez. VI, 18.1.1977 n. 23) amministrativo, non negoziale (v. Cons. Stato, sez. V, 3.10.1977 n. 1103), che conferisce al concessionario facoltà proprie di diritti soggettivi assimilabili ai diritti reali di godimento su cose altrui, sia pure con le peculiarità derivanti dall’interesse pubblico. Ne consegue che, con le autorizzazioni e/o salvi i limiti previsti dalla legge, il carattere pubblicistico della concessione non osta alla costituzione tra privati di rapporti giuridici relativi alla concessione stessa (v. Cass. civ., sez.II, 11.6.1975n. 2308) e che il suddetto diritto di godimento può essere oggetto di trasferimento tra privati, con efficacia peraltro solo tra i medesimi, salve le successive determinazioni dell’amministrazione (v. Cass., sez. un. 14.7.1981, n. 4952 e Cass, sez. I, 29.5.1982, n. 3324). In questo quadro vanno inserite le disposizioni che consentono al concessionario, con la necessaria autorizzazione, di costituire ipoteca sulle opere da lui costruite sui beni demaniali (art. 41 cod. nav.), dei quali diventano “pertinenze” (v. art. 29), e quelle che ammettono il subingresso nella concessione (art. 46 cod. nav.). Si può verificare il subingresso, sempre previa autorizzazione, o per semplice richiesta da parte del concessionario della propria sostituzione (art. 46, comma 1), ovvero per subentro nel godimento della concessione da parte degli eredi del concessionario deceduto, ma in tal caso con la necessaria conferma dell’amministrazione (comma 3), ovvero a seguito di vendita o di aggiudicazione forzata di opere o impianti costruiti dal concessionario (comma 2).
9 Con riferimento alla durata della concessione, si distinguono le concessioni per licenza, con durata non superiore a sei anni e che non importino impianti di difficile rimozione, (art. 8 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione), per le quali è previsto un procedimento semplificato (v. tra l’altro artt. 6 e 19/3 del regolamento) e le concessioni-contratto, da farsi per atto pubblico, con durata superiore o che importino impianti di difficile rimozione, che devono essere approvate dall’autorità amministrativa (art. 9). Nelle concessioni per licenza l’atto conclusivo del procedimento è il solo a costituire e regolare il rapporto concessorio per cui la volontà del privato, e della stessa amministrazione, assumono valenza esclusivamente endoprocedimentale; nelle concessioni per licenza ricorre dunque l’ipotesi del provvedimento unilaterale ad effetti bilaterali (v. Corte conti, sez. controllo Stato, 3.10 1996, n. 138). Le concessioni-contratto sono invece costituite da due atti distinti, il provvedimento amministrativo di approvazione della concessione ed il negozio privato (v. Cass. civ., sez. I, 12.12.1977, n. 5400), ma l’atto convenzionale privato resta sempre connesso e subordinato all’atto autoritativo di concessione, del quale costituisce mera attuazione (v. Cass. civ. sez. un., 13.3.1972 n. 728), in quanto la concessione-contratto di un bene demaniale, fino a che non intervenga l’approvazione, non è idonea a far sorgere in favore del concessionario il diritto all’uso particolare del bene (Cass. civ., sez. II, 14.7.1976 n. 2707). Va precisato che l’approvazione comporta una valutazione sia di legittimità che di convenienza amministrativa e che, in caso di diniego, ciò che conta è che lo stesso appaia adeguatamente e congruamente motivato in relazione alle ragioni di pubblico interesse che lo giustificano (v. Cons. Stato, sez. VI, 1.12.1986 n. 884).
10 La concessione, considerata la natura del bene sul quale viene rilasciata, deve essere necessariamente temporanea (art. 36 cod. nav.) e, una volta scaduto il termine, si intende cessata di diritto senza che occorra alcuna diffida o costituzione in mora (art. 25 reg. esec. cod. nav.). La scadenza del termine ha dunque un effetto risolutivo automatico, che comporta l’estinzione della concessione e l’obbligo del concessionario di rilasciare l’immobile, senza la necessità di una tempestiva rituale disdetta oppure di un formale provvedimento di revoca. D’altra parte, in tema di concessione di beni pubblici l’ordinamento non contempla la fattispecie del silenzio-assenso o del rinnovo tacito, per cui se manca un’espressa determinazione dell’amministrazione l’occupazione del bene è da ritenersi senza titolo. Ne consegue altresì che una nuova concessione deve essere sempre assentita con l’osservanza delle procedure prescritte ed è totalmente autonoma rispetto ad una eventuale precedente (v. Corte conti, sez. contr. Stato, n. 135 del 3.12.1994).
12
- oltre che per scadenza del termine, le concessioni possono cessare per revoca,
rinunzia, estinzione e decadenza 11;
- la cessazione della concessione comporta la devoluzione allo Stato, senza compensi
o rimborsi, delle opere non amovibili costruite sulla zona demaniale (art. 49 codice
della navigazione)12.
2. Competenze gestionali.
L’esercizio delle funzioni di gestione amministrativa delle concessioni
demaniali marittime, originariamente attribuite esclusivamente allo Stato, è passato
progressivamente alle Regioni e agli enti locali, con l’eccezione di talune competenze
rimaste tuttora all’Amministrazione centrale.
11 In ordine alla revoca, prima della scadenza del termine, la regola generale, stabilita dall’art. 42 del codice della navigazione, è che tutte le concessioni sono revocabili “a giudizio discrezionale dell’amministrazione” e che la revoca non dà diritto a indennizzo. Tuttavia, le concessioni di durata superiore al sessennio o che comunque importino impianti di difficile sgombero sono revocabili solo per “specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altri motivi di pubblico interesse”. Da tener presente che la regola dell’assenza di indennizzo subisce un’ eccezione quando la concessione abbia dato luogo ad una costruzione di opere stabili (v. art. 42, commi 4 e 5). La rinunzia è in facoltà del concessionario in caso di revoca parziale, in alternativa ad un’adeguata riduzione del canone, e quando l’utilizzazione della concessione sia resa impossibile in parte, in conseguenza di opere costruite per fini di pubblico interesse dallo Stato o da altri enti pubblici (v. art. 44). La concessione si estingue se la sua utilizzazione è resa totalmente impossibile a seguito delle opere di cui al suddetto articolo 44 o a seguito di cause naturali che modifichino, con tale determinante conseguenza negativa sull’utilizzazione, la consistenza dei beni demaniali oggetto della concessione (v. art. 45) La decadenza può essere dichiarata dall’amministrazione, con carattere sanzionatorio, per i diversi motivi di inadempienza indicati dall’art. 47, tra i quali l’omesso pagamento del canone, ma deve essere prima fissato un termine entro il quale l’interessato può presentare le sue deduzioni, anche in considerazione del fatto che al concessionario decaduto non spetta alcun rimborso per opere eseguite né per spese sostenute. La potestà dell’amministrazione di dichiarare la decadenza della concessione tutte le volte che lo esigano, in rapporto al bene, ragioni di pubblico interesse, si colloca perciò in un ambito di valutazione discrezionale, la cui ampiezza è testimoniata dal disposto dell’art. 47 (v. TAR Sardegna, 18.9.1985, n. 408).
12 La devoluzione delle opere non amovibili costruite sulla zona demaniale si sostanzia, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, nel loro incameramento da parte dello Stato, a norma dell’art. 49 del codice della navigazione. Ciò avviene senza alcun compenso o rimborso e salva la facoltà dell’amministrazione di ordinare la demolizione di dette opere, con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato, o, se l’ordine non viene eseguito, di provvedervi d’ufficio a spese dell’ex concessionario. L’effetto devolutivo si verifica in tutti i casi di cessazione della concessione e quindi anche nel caso di suo rinnovo (v. Cons. Stato, sez. VI, 27.4.1955, n. 367). Valgono in merito le norme del codice civile sul diritto di superficie, in base al quale colui che costruisce acquista la proprietà superficiaria a titolo originario, ma con l’avvertenza che si tratta qui di un diritto (reale) di durata temporanea, della stessa durata della concessione del bene demaniale su cui insistono le opere che vi siano state costruite. E’ dunque conforme al principio stabilito dall’art. 953 del codice civile, quando la costituzione del diritto è a tempo determinato, che, alla cessazione della concessione, si verifichi l’accessione delle costruzioni a favore del proprietario del bene su cui sono state edificate, nella fattispecie lo Stato (v. Cass. civ. sez. un., 13.2.1977, n. 1324).
13
2.1. Riparto delle competenze gestionali tra Stato e Regioni.
Fino al DPR n. 616 del 24.7.1977 (art. 59), di attuazione della delega di cui
all’art. 1 della legge 22.7.1975 n. 382 , la gestione del demanio marittimo, ed in
particolare la materia delle concessioni, è stata esclusivamente di competenza dello
Stato (parallelamente alla proprietà dei beni). A partire dal suddetto decreto del 1977,
con successive disposizioni legislative e provvedimenti, si è verificato un progressivo
venir meno delle competenze gestionali dello Stato, a favore delle Regioni e,
sussidiariamente, degli enti locali. Si è trattato di un processo lungo e complesso,
caratterizzato da molteplici difficoltà interpretative ed applicative, non ancora del tutto
superate, e dall’intervento della Corte Costituzionale, chiamata più volte a
pronunciarsi in merito alle competenze in occasione di conflitti di attribuzione Stato –
Regioni, nonché, in sede consultiva, del Consiglio di Stato e, ai fini del controllo, di
questa stessa Corte dei conti.
Verranno ora ricordate le tappe principali della suddetta evoluzione13 con
l’intento di focalizzare l’attenzione soprattutto sull’individuazione delle competenze
rimaste allo Stato o comunque non trasferite alle Regioni e sulla decorrenza, anche dal
punto di vista attuativo, del suddetto trasferimento.
Come si è accennato, in un primo tempo è stata prevista la delega alle
Regioni delle funzioni amministrative attinenti soltanto a specifiche finalità, in alcuni
13 Una esposizione molto dettagliata di questa evoluzione non è richiesta dal tema dell’indagine e
risulterebbe del tutto ripetitiva delle numerose ricostruzioni effettuate, tra l’altro, anche nelle sentenze, in particolare della Corte Costituzionale, che vengono ricordate nel testo. Pertanto, si è ritenuto utile soffermarsi sul percorso normativo in questione solo sinteticamente e citare, qui di seguito, in ordine cronologico, le norme cui si deve fare riferimento: DPR 24.7.1977 n. 616, art. 59 (delega alle Regioni delle funzioni amministrative relative alla gestione del demanio marittimo per finalità turistico-ricreative); L. 31.12.1982 n. 979, art. 41; L. 28.1.1984 n. 84 (riordino della legislazione in materia portuale con, tra l’altro, l’ istituzione delle Autorità portuali); D.L. 5.10.1993, n. 400, art. 6, conv. in L. 4.12.1993 n. 494 (effettività della decorrenza della delega alle Regioni delle suddette funzioni amministrative); D.L. 21.10 1996 n. 535, conv. in L. 23.12.1996, n. 647 (termine ultimo per la effettività della decorrenza della delega al 31.12.1995); DPCM 21.12.1995 (individuazione delle aree escluse dalla delega delle competenze di cui sopra alle Regioni), pubblicato sul s. o. della G.U. n. 136 del 12.6.1996; L. 15.3.1997 n. 59 (c.d. legge Bassanini) art. 1 (deleghe al Governo) e art. 20 (nautica da diporto); D.P.R. 2.12.1997, n. 509 ( approvazione del regolamento in materia di concessioni per la nautica da diporto); D. Lgs. 31.3.1998, n. 112, di attuazione del capo I della legge n. 59/1997, artt. 104 e 105 (conferimento generale alle Regioni e agli enti locali delle funzioni amministrative sul demanio marittimo, salvo eccezioni); D. Lgs. 30.3.1999 n. 96; L. cost. 3/2001 (riparto delle competenze quale risultante ai sensi del nuovo titolo V, parte seconda, della Costituzione).
14
settori, ed escluse comunque talune aree restate di competenza statale. Tale delega,
benché disposta nel 1977, con il DPR n. 616/1977, è restata però di fatto inoperante
fino al 1996.
In un secondo tempo, a seguito del D.Lgs. n. 112/1998, è stato stabilito il
conferimento generale alle Regioni, salvo talune eccezioni, delle funzioni
amministrative concernenti il demanio marittimo: con effetti di significato e di
contenuto ben più ampio, quindi, di quelli derivanti da una limitata delega per
specifiche attività.
In merito alle funzioni in un primo tempo delegate, si rammenta che in base
all’art. 59 del DPR n. 616/1977 furono delegate alle Regioni le funzioni amministrative
“sul litorale marittimo e sulle aree immediatamente prospicienti”, cioè anche sul mare
adiacente alle coste, quando l’utilizzazione prevista avesse finalità “turistiche e
ricreative” ed escludendo dalla delega le funzioni, da esercitarsi da parte di organi
dello Stato, in materia di “navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia
doganale”.
La delega non riguardava, inoltre, i porti e le aree “di preminente interesse
nazionale in relazione alla sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione
marittima”, che avrebbero dovuto essere identificati, entro il 31.12.1978, con DPCM,
previo parere delle Regioni interessate.
Non essendo stato ancora emanato quest’ultimo decreto, nel 1993, con il D.L.
n. 400/1993, convertito, con modificazioni, nella legge n. 494/1993, si stabilì, all’art.
6, che qualora il Governo non avesse provveduto ad emanare il DCPM entro un anno –
termine, però, progressivamente rinviato al 31.12.1995 con una serie di decreti legge
non convertiti, ma i cui effetti furono fatti salvi dalla legge n. 647/1996 – le funzioni
amministrative delegate, tra le quali il rilascio ed il rinnovo delle concessioni,
avrebbero dovuto essere comunque esercitate dalle Regioni. E’ il caso di mettere in
rilievo che la definitività della delega alle Regioni è stata sancita nel 1993, con il
decreto legge e la relativa legge di conversione citati, insieme ad importanti
15
innovazioni per la determinazione dei canoni (v. oltre) e alla indicazione di tutta una
serie di attività e di servizi oggetto di possibili concessioni, consentendo allo
strumento amministrativo della concessione quella dinamicità di cui si è detto.
Il DPCM delimitativo della delega in questione fu infine emanato, sentite le
Regioni interessate, con data 21.12.1995, con il titolo di “Identificazione delle aree
demaniali marittime escluse dalla delega alle Regioni ai sensi dell’art. 59 del D.P.R. 24
luglio 1977, n. 616”.
E’ da sottolineare che prima di tale DPCM, durante tutto il lungo periodo dal
1977 al 1996, la delega alle Regioni non ha potuto essere operativa, stante
l’orientamento prevalente, anche giurisprudenziale, che ne subordinava l’effettività
alla individuazione dei porti e delle aree da escludere dalla delega stessa. Nel corso di
questo quasi ventennale arco temporale, le autorità marittime statali hanno pertanto
continuato ad esercitare le funzioni amministrative che erano state delegate alle
Regioni (v. L. n. 979/1982, art. 41). Nel 1996, divenuta finalmente operativa la
delega, l’apporto degli organi statali non è peraltro venuto meno in quanto è stata
prevista, in virtù del D.L. n. 535/1996, la possibilità che, per l’esercizio delle funzioni
delegate, le Regioni potessero avvalersi delle Capitanerie di porto e degli uffici
dipendenti.
Venendo ora al conferimento diretto di funzioni, si ricorda che nel 1998, con il
D.Lgs. n. 112/1998, in attuazione della delega di cui alla legge n. 59/1997, è stato
stabilito il conferimento generale alle Regioni, salvo eccezioni, delle funzioni
amministrative attinenti al demanio marittimo. A norma dell’art. 105, comma 2,
lettera l) del suddetto D.Lgs., sono state infatti attribuite alle Regioni e agli enti locali
le funzioni, purché non attribuite alle Autorità portuali, relative al rilascio delle
concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per tutte le
finalità “diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia”, e quindi non per
le sole finalità turistiche e ricreative che erano state previste dalla delega del 1977.
Sintetizzando, sono restate escluse dal trasferimento generale alle Regioni,
16
oltre alle funzioni attribuite alle Autorità portuali ai sensi della legge n. 84/1994,14
quelle da esercitarsi (v. art. 9 L. 16.3.2001 n. 88) “nei porti finalizzati alla difesa
militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e
nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il
DPCM 21 dicembre 1995”, di cui prima si è riferito. Il conferimento delle funzioni
amministrative alle Regioni “nei porti di rilevanza economica regionale ed
interregionale”, è stato disposto a decorrere dal 1° gennaio 2002.
Il D.Lsg. 112/1998 ha peraltro stabilito, all’art. 7, che la decorrenza
dell’esercizio delle funzioni conferite alle Regioni (e agli enti locali) dovesse avvenire
subordinatamente all’emanazione di una serie di DPCM relativi alla individuazione e al
trasferimento, dallo Stato, di risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative.
Emanati poi tali decreti attuativi, ed in base ad un accordo in sede di Conferenza
Stato-Regioni in materia di mobilità del personale, la concreta operatività del
trasferimento delle funzioni attribuite alle Regioni, e da queste ai Comuni, è stata
infine resa possibile a decorrere dal 1.7.2001. Con la medesima decorrenza sono state
disdette le convenzioni che avevano consentito alle Regioni di avvalersi
transitoriamente delle Capitanerie di porto 15.
L’ambito di applicazione e la effettiva decorrenza dell’esercizio delle funzioni
regionali di queste disposizioni del 1998 e successive hanno però dato luogo ad
interpretazioni contrastanti da parte dell’Amministrazione statale e da parte delle
Regioni, originate, al fine di giustificare la tesi di una sorta di perdurante sospensione
del trasferimento, dalla non ancora avvenuta completa individuazione delle aree
demaniali restate alla competenza dello Stato, in particolare in materia di porti e con
14 Le Autorità portuali sono enti pubblici non economici istituiti dalla legge n. 84/1994, aventi personalità
giuridica pubblica, sottoposti alla vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Organi di tali enti sono: il Presidente; il Comitato portuale; il Segretario generale; il Collegio dei revisori dei conti. Il Presidente ed il Collegio dei revisori dei conti sono di nomina governativa. Le Autorità portuali sono 25: Ancona, Augusta, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Manfredonia, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Olbia – Golfo Aranci, Palermo, Piombino, Ravenna, Salerno, Savona, Taranto, Trapani, Trieste, Venezia.
15 Quanto sopra fu comunicato alle Regioni a statuto ordinario con lettera circolare del Ministero dei trasporti e della navigazione DEM2A-0482 del 26.2.2001.
17
riferimento alla loro “rilevanza economica”. Tali divergenze sono state oggetto di
parere da parte del Consiglio di Stato e di sentenze della Corte Costituzionale,
risultate tutte favorevoli al punto di vista regionale, nell’ affermare l’ormai avvenuto
passaggio delle competenze16.
Nelle aree e sui beni demaniali marittimi per i quali è stato disposto il
trasferimento delle competenze alle Regioni, sono passate a queste ultime, o ai
Comuni, laddove è stato previsto,17 una serie di funzioni del cui contento ed
estensione è opportuno far cenno.
In primo luogo, spetta alla Regione il rilascio ed il rinnovo delle concessioni,
che fanno così capo, dopo il trasferimento, ad un unico centro di imputazione (la
Regione), qualunque sia la durata ed il carattere formale (licenza o atto pubblico) del
provvedimento, mentre prima, a seconda del tipo e durata dell’atto, vi era una
diversità di competenza tra più organi dello Stato (Capo compartimento; Direttore
marittimo; Ministro). Sono pure spettanti alle Regioni tutte quelle competenze di
16 Il Consiglio di Stato, rispondendo ad un quesito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si è
pronunciato per la perentorietà del termine del 1.1.2002 relativamente ai porti, e quindi per il trasferimento da tale data delle competenze in materia di concessioni demaniali marittime alle Regioni, e ciò anche in assenza di una individuazione dei porti da qualificare di rilevanza economica regionale ed interregionale. Tale parere è stato formulato a proposito anche dei porti turistici, disciplinati dalla legge n. 84/1994, in quanto strutture da far rientrare, per il Consiglio di Stato, nelle competenze regionali già per il fatto di far parte della materia del turismo, ai sensi del titolo V, parte seconda, della Costituzione. Il Consiglio di Stato ha peraltro precisato che l’amministrazione, in caso di ritenuta rilevanza nazionale di un porto, potrebbe sempre attivarsi, auspicabilmente d’intesa con la Regione, per far escludere dalle competenze regionali le concessioni demaniali marittime relative a tale porto, in quanto ritenuto, appunto, di rilevanza nazionale (Cons. Stato, sez. II, n. 767/2002). La Corte Costituzionale in varie sentenze favorevoli alle Regioni in conflitti di attribuzione (v., in particolare, le sentenze nn. 322/2000, 89 e 90/2006, 255 e 344/2007) ha affermato che la individuazione dei porti e delle aree effettuata dal DPCM del 21.12.1995 (emanato in vigenza della delega, parziale, di funzioni alle Regioni di cui al DPR n. 616/1977) non può “cristallizzare nel tempo” le aree da escludere dalla competenza regionale, e da mantenere perciò a quella statale, in relazione al loro preminente interesse nazionale, e che a tale DCPM della fine del 1995 non può attribuirsi “efficacia legislativa”, anche se è stato richiamato da norme statali successive. Ciò posto, la Corte ha precisato che il nuovo assetto delle competenze recato dalla legge costituzionale n. 3/2001 impedisce che possa attribuirsi attuale valenza, ai fini del riparto delle funzioni amministrative, all’inserimento dei porti turistici nel ricordato DCPM 21.12.1995, considerato che la materia “turismo” è ora di competenza legislativa residuale, e dunque piena, delle Regioni, con attribuzione delle funzioni amministrative agli enti territoriali minori, secondo i criteri indicati dall’art. 118 della Costituzione. Quanto sopra, ha aggiunto la Corte, senza escludere che lo Stato possa procedere, con la necessaria partecipazione della Regione interessata, per far riconoscere taluni porti turistici come di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale sì da giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato, anziché della Regione.
17 La maggior parte delle Regioni ha attuato con rapidità il trasferimento dell’ esercizio delle competenze in materia di demanio marittimo ai Comuni, in aderenza al disposto dell’art. 42 del D.Lgs. 30.3.1999, n. 96. La Regione Sardegna ha mantenuto le competenze gestorie. La Regione Calabria, nel 2007, ha provveduto al trasferimento delle competenze ai Comuni. La Regione Friuli Venezia Giulia ha trasferito le competenze solo ad alcuni Comuni. In Sicilia il demanio marittimo è di proprietà della Regione stessa ad esclusione degli ambiti portuali gestiti dalle Autorità portuali di cui alla l. n. 84/1994.
18
carattere autorizzatorio connesse alla funzione concessoria, previste dal codice della
navigazione e dal regolamento di esecuzione, come il consenso all’anticipata
occupazione di zone demaniali, previa cauzione, e all’esecuzione di lavori (art. 38);
alla costituzione d’ipoteca sulle opere costruite dal concessionario (art. 41);
all’affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione (art. 45 bis);
all’esecuzione di nuove opere (art. 55).
In conseguenza del trasferimento, compete inoltre alla Regione (o all’ente
locale) la regolamentazione e la disciplina delle modalità dell’esercizio delle attività
relative all’uso del bene, per quanto concerne pulizie, igiene, tutela sanitaria, orari,
ecc. ed intervenire, in sede di autotutela, nei casi in cui ciò era prima demandato alle
Autorità marittime.
2.2. Esclusioni dalla competenza regionale.
A causa dei limiti, prima posti in evidenza, della attuale valenza del DPCM del
21.12.1995 e della non intervenuta definitiva individuazione dei porti a seconda della
“rilevanza economica” e dell’interesse nazionale, mancano ancora tutte le condizioni
per pervenire alla completa e sicura identificazione dei porti e delle aree demaniali
mantenuti alla competenza dello Stato, in quanto esclusi dal conferimento generale
alle Regioni. Resta perciò ulteriormente confermata l’esigenza di una positiva
conclusione delle intese Stato - Regioni da tempo in corso per la revisione complessiva
del suddetto DPCM.
In questa situazione, ed anche per far fronte a necessità di concreta
amministrazione, il Ministero dei trasporti, Direzione generale dei porti, ha ritenuto
opportuno effettuare, in una lettera-circolare agli organi marittimi periferici del 17
aprile 2008 (citata in nota 18), una interpretazione sistematica del panorama
normativo vigente, da cui risulta che devono essere mantenute allo Stato le funzioni
amministrative in materia di demanio solo nelle sottoelencate tipologie di porti ed
19
aree, che sono qui integralmente riportate:
a) porti rientranti nella giurisdizione territoriale delle Autorità portuali;
b) porti militari, per intero o in parte, per tali intendendosi anche le aree portuali
destinate unicamente alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nonché gli
specchi acquei collegati funzionalmente con i suddetti porti ed aree, non
permanentemente sottesi agli usi pubblici;
c) aree e specchi acquei, interni ai porti, nonché opere, ivi insistenti, destinate ai
compiti di difesa e di sicurezza dello Stato perseguiti dalle Forze armate, dal
Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, dalle Forze dell’Ordine, dai
Vigili del Fuoco, ovvero oggetto di consegna per i medesimi compiti;
d) aree e specchi acquei, interni ai porti, nonché opere, ivi insistenti, destinate alla
realizzazione del sistema VTS (denominazione di un sistema di traffico marittimo)
ed alla sicurezza della navigazione in genere;
e) porti non rientranti nella giurisdizione territoriale delle Autorità portuali, ma
ascritti alla competenza statale in quanto movimentano un volume di prodotti
petroliferi e combustibili pari o superiore a cinquecentomila tonnellate per anno,
dovendo per tale ragione essere considerati prevalentemente destinati
all’approvvigionamento di energia18.
Resta, inoltre, impregiudicata, sempre secondo la ricostruzione ministeriale,
la competenza statale nelle seguenti zone del demanio marittimo e del mare
18 In base alle conclusioni cui è pervenuto il Ministero dei trasporti (nota della Direzione generale dei porti,
div. IV n. M TRA/DINFR/4520 Class. A. 2. 47 del 17. 4. 2008), il permanere della competenza statale è limitata ai seguenti porti: 1) porto di Ancona e porto di Falconara; 2) porto di Bari, porto di Barletta e porto di Monopoli; 3) porto di Brindisi; 4) porto di Civitavecchia, porto di Fiumicino e porto di Gaeta; 5) porto di Genova; 6) Porto di Gioia Tauro, porto di Corigliano Calabro, porto di Taureana di Palmi e porto vecchio e nuovo di Crotone; 7) porto di La Spezia; 8) porto di Livorno; 9) porto di Manfredonia; 10) porto di Marina di Carrara; 11) porto di Napoli e porto di Castellammare di Stabia; 12) porto di Piombino, porto di Portoferraio e porto di Rio Marina; 13) porto di Ravenna; 14) porto di Salerno; 15) porto di Savona e porto di Vado Ligure; 16) porto di Taranto; 17) porto di Venezia; 18) porto di Ortona; 19) porto di Chioggia; 20) porto di Pesaro; 21) porto di Pescara; 22) porto di Reggio Calabria; 23) porto di San Benedetto del Tronto; 24) porto di Vibo Valentia; 25) porto di Villa San Giovanni. Nei sottoelencati porti non totalmente militari, ma classificati “anche” come militari, la competenza statale, ad avviso del Ministero, sembrerebbe essere assorbita in quella delle locali Autorità portuali: 1) Livorno; 2) Gaeta; 3) La Spezia; 4) Napoli; 5) Taranto; 6) Ancona; 7) Venezia; 8) Brindisi; 9) Ravenna.
20
territoriale:
a) aree demaniali marittime, specchi acquei e opere in consegna ai soggetti
istituzionali ai sensi degli articoli 34 del codice della navigazione e 36 del
regolamento per l’esecuzione del codice ( che riguardano la destinazione di zone
demaniali marittime ad altri usi pubblici, rispetto a quelli della concessione,
nell’interesse di altre amministrazioni);
b) aree demaniali marittime, specchi acquei e opere funzionali
all’approvvigionamento di energia;
c) aree demaniali marittime, specchi acquei e opere destinate alla realizzazione del
sistema VTS ed alla sicurezza della navigazione in genere, nonché di impiego
diretto da parte del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, quale
organo periferico del Ministero delle infrastrutture e trasporti.
Conclusivamente,19 una volta completamente definito il processo di
conferimento a favore delle Regioni e degli enti locali, le competenze sugli atti
concessori, saranno delineate e ripartite tra Stato e Regioni secondo il prospetto che
segue, redatto dal Ministero:
19 Va segnalato che nella attuale fase di non conclusa sicura identificazione delle aree mantenute alla
competenza dello Stato si sono anche posti problemi di amministrazione per la prosecuzione o meno delle istruttorie concessorie in corso. Va pure ricordato che di fronte a provvedimenti relativi a concessioni demaniali assunti dall’ amministrazione statale e sottoposti alla registrazione della Corte dei conti, si è presentato, per la Corte, il problema del riconoscimento o meno della legittimità di tali atti dal punto di vista della competenza. In un caso di concessioni da parte di autorità marittime statali in area demaniale marittima della Sardegna approvate nel 2006, in assenza, ancora, del trasferimento dei beni e delle risorse necessari per il concreto esercizio delle funzioni da parte di tale Regione a statuto speciale (trasferimento di risorse prescritto dall’ art . 2/2 del D.Lgs. 17. 4. 2001, n. 234), la Corte dei conti ha ritenuto legittimi i suddetti provvedimenti di concessione adottati da parte dell’amministrazione statale, e non dalla Regione, titolare delle funzioni, considerando “ ragionevole” assicurare nella materia la continuità dell’azione amministrativa in atto svolta “in via transitoria” dal Ministero dei trasporti nel settore della portualità (Corte conti, Sez. controllo legittimità atti, deliberazione n. 14/2006/P del 30.11.2006).
21
Tabella A
Uso della concessione Durata Titolo
concessorio Fonti normative
Autorità competente
Approvvigionamento di fonti energetiche. Concessioni nell'ambito portuale e nelle zone sottratte alla delega di cui all’art. 59 dei D.P.R. n. 616/1977.
Oltre i 15 anni Atto formale Cod. nav. - D.Lgs. n. 112/1998
Ministero – Direttore generale dei porti
Approvvigionamento di fonti energetiche. Concessioni nell'ambito portuale e nelle zone sottratte alla delega di cui all'art. 59, del D.P.R. n.616/1977.
Fino a 15 anni Atto formale Cod. nav. - D.Lgs. n. 112/1998
Direttore marittimo
Approvvigionamento dì fonti energetiche. Concessioni nell'ambito portuale e nelle zone sottratte alla delega di cui all'art. 59 del D.P.R. n. 616/1977.
Fino a 6 anni per uso turistico-ricreativo.
Fino a 4 anni per tutti gli altri usi.
Licenza Cod. nav. - D.Lgs. n. 112/1998
Capo compartimento marittimo
Turistico-ricreativo. Nautica da diporto. Porti regionali e interregionali. Utilizzazioni diverse dalle precedenti.
Minimo 4 anni
Atto formale o licenza in funzione della tipologia delle opere
Cod- nav. - art. 59 D.P.R. n. 616/77. D.Lgs. n.112/1998
Regione/Comune
Tutti Tutte Atto formale licenza
Legge n. 84/94 Autorità portuale
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e trasporti.
3. I canoni di concessione.
I canoni di concessione, che costituiscono una obbligazione a carico del
concessionario, sono ora qui esaminati dal punto di vista del fondamento della loro
spettanza allo Stato e della loro natura.
3.1. Profili gestionali e dominicali.
Mentre la gestione del demanio marittimo spetta allo Stato e alle Autonomie
22
regionali e comunali (oltre che alle Autorità portuali), secondo la ripartizione delle
competenze amministrative di cui si è detto, la proprietà dei beni resta attribuzione
unicamente dello Stato, in relazione alle caratteristiche della demanialità. Questa
differenziazione si concreta, secondo l’impostazione data dalla Corte costituzionale,
nella distinzione tra funzioni gestionali e funzioni dominicali, le prime non più di
esclusiva pertinenza dello Stato, a differenza delle seconde.
Di conseguenza, e facendo riferimento alla giurisprudenza costituzionale,
deve affermarsi che se non vi è dubbio che compete alle amministrazioni regionali o
comunali l’esercizio del potere concessorio (o autorizzatorio) sull’utilizzazione del
bene, “diverse conclusioni valgono invece circa il profilo riguardante la potestà di
imposizione e riscossione del canone demaniale, che segue la titolarità dominicale del
bene e non quella delle funzioni amministrative”: spettano dunque allo Stato, secondo
il principio indicato dalla Corte, “la determinazione e la percezione del canone di
concessione” 20.
Non è inutile sottolineare che le suddette conclusioni non sono state oggetto
di riconsiderazione, né avrebbero potuto esserlo, dopo il progressivo ampliamento
delle funzioni di gestione del demanio marittimo trasferite, dal 1998, alle Regioni né a
seguito della nuova formulazione, nel 2001, del titolo V, parte seconda della
Costituzione (artt. 114, 117, 118). La Corte costituzionale ha infatti ribadito che il
conferimento alle Regioni, benché molto esteso, “certamente non equivale al
conferimento di tutte le funzioni amministrative riferentesi al demanio marittimo” e
che non è ammissibile da parte della Regione una pretesa di funzioni “invocando la
titoralità del bene cui ineriscono” 21.
20 V. sentenza della Corte costituzionale n. 343 del 1995 pronunciata su due conflitti (unificati) di
attribuzione promossi dalla Regione Sardegna per affermare la sua competenza ad adottare provvedimenti concessori per l’attività di pesca e per l’esecuzione di opere connesse anche su aree del demanio marittimo statale, ma altresì “a determinare e percepire il relativo canone”; pretesa, quest’ultima, che è stata disattesa dalla Corte.
21 V. sentenza della Corte costituzionale n. 0150/2003 che ha dichiarato inammissibile un conflitto di attribuzioni promosso dalla Regione Molise per farsi riconoscere competente ad adottare tutti i provvedimenti inerenti all’amministrazione del demanio marittimo, ivi compresi quelli di pagamento per abusiva occupazione e rilascio degli immobili. Ciò stava a significare, secondo la pronuncia di inammissibilità della Corte, che “il reale oggetto della controversia che si era voluto promuovere era
23
Dalla distinzione tra profili gestionali e dominicali consegue altresì che la
gestione di competenze amministrative da parte di enti diversi dallo Stato non può
essere in grado di incidere sul bene come oggetto della proprietà dello Stato.
Pertanto, non possono rientrare nella gestione conferita ai suddetti enti le attività ed i
provvedimenti che attengono o che comunque influiscono sulla estensione fisica del
bene, come la delimitazione di alcune zone del demanio marittimo (art. 32 del codice
della navigazione), ovvero il suo ampliamento con l’acquisizione di zone adiacenti di
proprietà privata (art. 33), nonché la stessa possibile esclusione dal demanio, e quindi
la sdemanializzazione (art. 35), che comporta il passaggio del bene dal demanio al
patrimonio disponibile. Attiene ovviamente ai profili dominicali anche l’incameramento
da parte dello Stato delle opere non amovibili costruite dal concessionario sulla zona
demaniale, per effetto della devoluzione prevista, alla cessazione della concessione, ai
sensi dell’art. 49 del codice della navigazione, nonché la decisione di far abbattere
costruzioni ed innovazioni abusive (art. 54) e di consentire l’esecuzione di opere in
prossimità del demanio (art. 55).
I profili dominicali relativi alla determinazione e riscossione dei canoni e agli
aspetti di cui si è testé fatta menzione sono quindi affidati alla cura, al monitoraggio,
alla vigilanza e al controllo dei competenti organi dello Stato, Ministeri ed Agenzie
(Ministeri delle infrastrutture e trasporti e dell’economia e finanze; Agenzia del
demanio, come sarà più oltre specificato).
3.2. Natura dei canoni.
I canoni delle concessioni demaniali marittime presentano caratteri che
possono avvicinarli ai tributi, o alle tasse, o ad altre indistinte ipotesi di prestazioni
patrimoniali imposte, e perciò ne è discussa la natura giuridica. Non interessa entrare
costituito dalla rivendica della titolarità del demanio”, che, per essere presa in considerazione, avrebbe dovuto essere fondata non su di un conflitto di attribuzioni, come è avvenuto, ma sulla contestazione della legittimità della disposizione legislativa “a monte”dell’ art. 822, comma 1 del codice civile, relativa all’appartenenza allo Stato dei beni del demanio marittimo.
24
nel merito di tale questione per cui basterà far presente che una qualche assimilazione
ai tributi può ricavarsi dal fatto che l’importo del canone viene ormai determinato
sempre meno con valutazioni discrezionali, ma in base a criteri e parametri stabiliti
dalla legge, come superficie, tipo di costruzioni, valore di mercato (v. oltre), e che la
sua riscossione coattiva viene perseguita con procedure analoghe a quelle dei debiti
tributari (iscrizioni a ruolo; intervento del concessionario pubblico della riscossione).
Diversamente dalle imposte, però, il canone non è dovuto e calcolato in relazione alla
capacità contributiva del concessionario o alle manifestazioni di tale sua capacità,
essendo invece una sorta di corrispettivo richiestogli, latu sensu sinallagmaticamente,
per l’uso particolare di un bene di proprietà collettiva, ciò che lo fa avvicinare per certi
versi alla tassa. La tassa, tuttavia, si paga alla Pubblica amministrazione a fronte del
beneficio ottenuto, come singolo, dalla prestazione di un servizio pubblico dalla stessa
erogato; prestazione che non sussiste affatto, invece, nelle concessioni demaniali
marittime, il cui “corrispettivo”, inoltre, compete sempre allo Stato, anche se non è lo
Stato ad aver rilasciato la concessione, ma, molto più spesso, la Regione o il
Comune22.
Da notare, infine, che nel bilancio dello Stato i canoni demaniali marittimi
sono inseriti nel Titolo II delle entrate, quelle extratributarie.
4. Riscossioni: importi, vigilanza e controlli.
Le entrate attese dalla riscossione dei proventi spettanti all’erario per l’uso del
demanio marittimo dipendono da vari fattori: anzitutto dall’importo dei canoni, dai
criteri della loro quantificazione e dal funzionamento delle procedure di riscossione,
ma anche dall’adeguato esercizio dei poteri di indirizzo, di vigilanza e di controllo in
ordine all’interpretazione ed applicazione delle disposizioni vigenti e dalle capacità e
22 Con l’occasione, si evidenzia che la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, che compete agli
enti locali, in forza di legge, ma che non è connessa ad alcun provvedimento di concessione, come invece accade per l’occupazione di aree demaniali marittime di cui si sta parlando e dal quale trae origine l’obbligazione del canone, viene considerata un’ imposta (v., tra l’altro, Cass. civ,sez. I, 8.7.1998 n. 666 e Cons. St., sez. V, 6.4.1998, n. 425).
25
possibilità di avere una effettiva conoscenza delle situazioni riguardanti l’utilizzazione
dei beni.
4.1 Importo dei canoni.
Le concessioni sono rilasciate per una vasta gamma di finalità ed usi, nel
presupposto che l’intervento del concessionario possa apportare maggiore utilità al
bene in relazione alle esigenze della collettività.
Dal punto di vista delle entrate erariali, le concessioni danno diritto al
proprietario-Stato di percepire un canone, oltre che di incamerare le pertinenze
eventualmente costruite sul demanio al termine della concessione (art. 49 cod.
navigazione).
Il canone viene indicato nell’atto di concessione (art. 19 del regolamento di
esecuzione del codice della navigazione) e viene quindi stabilito, dall’ amministrazione
concedente, in base alle prescrizioni legislative e regolamentari vigenti (art. 16,
comma 2 del suddetto regolamento). Secondo l’impostazione risalente all’entrata in
vigore del citato regolamento (art. 16, comma 4), il canone dovrebbe essere
determinato in relazione all’estensione dell’area della concessione, allo scopo della
medesima e ai profitti potenziali del concessionario.
In considerazione dei possibili scopi, le misure ed i criteri di determinazione
del canone sono diversi a seconda del tipo e della finalità della concessione23 e quindi
esistono più “gruppi” di canoni. Tra le tipologie di concessioni, e relativi canoni, quelli
per le attività turistico - ricreative hanno particolarmente richiamato, soprattutto negli
23 Ad esempio, si hanno concessioni rilasciate per: porti turistici; usi industriali; depositi costieri; ricerche
petrolifere; pesca ed acquicoltura; cantieristica; uso abitativo; attività turistico-ricreativa. Il legislatore ha peraltro ritenuto opportuno specificare, nel 1993, che la concessione può essere rilasciata, “oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per le seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.” (art. 01/1 D.L. n. 400/1993 come convertito, con modificazioni, nella L. n. 494/1993).
26
ultimi anni, l’attenzione del legislatore (v. oltre)24.
L’evoluzione dei criteri di determinazione dei canoni è stata caratterizzata da
una serie di “tappe”. Nel primo periodo, durato fino al 1989, il canone è stato
quantificato caso per caso con valutazioni di tipo discrezionale, facenti capo alle
Autorità marittime, alle Intendenze di finanza e agli Uffici tecnico erariali, in modo da
tener conto, in particolare, della utilità economica che poteva esser tratta dalla
concessione. La procedura era piuttosto lunga e complessa, tanto che spesso venivano
applicati canoni provvisori, salvo conguaglio 25.
Con la legge 5.5.1989 n. 160, (art. 10), di conversione, con modificazioni, del
D.L. 4.3.1989 n. 77, e con il decreto interministeriale di attuazione (D.I. del
19.7.1989), il criterio della discrezionalità fu nella sostanza abbandonato e sostituito
dall’applicazione di elementi di quantificazione oggettiva, come l’estensione delle
superfici, le volumetrie delle pertinenze, la natura, di facile o difficile rimozione, delle
eventuali costruzioni. La procedura fu così snellita e semplificata, ma la diversità della
valenza economica delle varie concessioni risultò messa in secondo piano.
Dopo poco, tuttavia, furono nuovamente modificati i criteri e le misure dei
canoni, in quanto con la legge n. 165 del 26.6.1990 (art. 12, comma 6), di
conversione, con modificazioni, del D.L. 27.4.1990 n. 90, venne stabilito, dal 1990, un
adeguamento degli importi, per portarli ad un livello superiore da due a quattro volte
di quelli del 1988, tenendo conto non solo delle caratteristiche oggettive, ma altresì
“delle capacità reddituali dei beni dati in concessione” e rinviando la concreta
attuazione degli aumenti ad un decreto interministeriale del Ministro della marina
24 Per le attività turistico–ricreative, e la nautica da diporto, ci si riferisce alle nuove regole introdotte dalla
legge finanziaria per il 2007 (L. 27.12.2006 n. 296, art. 1 commi 250-257). Per la situazione precedente, al D.M. trasporti e navigazione n. 342 del 5.8.1998, in attuazione dell’ art. 03/1 della L. 4.12.1993 n. 494, e, per la nautica da di diporto, al D.M. trasporti e navigazione n. 343 del 30.7.1998. Per la pesca, acquicoltura e cantieristica al D.I. trasporti e navigazione, tesoro e finanze, n. 595 del 15.11.1995, in attuazione dell’art. 03/2 della L. n. 494/1993. Per le altre tipologie (industriale ecc.) al D.I. 19.7.1989, che era stato emanato per stabilire il regime generale per le concessioni.
25 Il perno di questa disciplina si ritrova, oltre che nel regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione, approvato con il DPR 15.2.1952 n. 328, nella legge 21.12.1961 n. 1501, concernente l’adeguamento dei canoni rispetto all’ultima disciplina all’epoca vigente, risalente alla legge 21.1.1948, n. 8. La legge n. 1501/1961, dispose, tra l’altro, che “l’Amministrazione è tenuta a graduare gli aumenti dei canoni minimi sulla base dell’utilità economica che i concessionari traggono dalla concessione”(art. 2, comma 2).
27
mercantile, di concerto con quelli delle finanze e del tesoro.
Ma anche questa disciplina, contrassegnata da varie difficoltà di applicazione,
ebbe ben presto a cessare. Il decreto interministeriale di attuazione, che era stato
emanato in data 18.10.1990, fu infatti annullato dal TAR del Lazio, sez. III, n.
1456/1992, del 5.11.1992, in conseguenza dell’accoglimento di un ricorso di un
concessionario contro gli aumenti 26.
Fu quindi introdotta una nuova normativa, a decorrere dal 1.1.1994, con il già
ricordato D.L. n. 400/1993, come convertito, con modificazioni, nella L. n. 494/1993.
Il relativo regolamento attuativo per le concessioni turistico-ricreative fu peraltro
emanato dal Ministro dei trasporti e della navigazione solo dopo più di cinque anni
(D.M. n. 342 del 5.8.1998) 27.
Con tali provvedimenti la determinazione dei canoni con finalità turistico–
ricreative fu differenziata in base alla diversa “valenza turistica” del territorio
nazionale costiero (alta, media, minore) e, nell’ambito di aree della medesima valenza
turistica, con l’applicazione di importi a mq., indicati in apposite tabelle, diversi a
seconda delle caratteristiche della concessione, e cioè se rilasciata per l’uso di aree
scoperte o meno, e/o con impianti di facile o difficile rimozione e/o con pertinenze;
per gli specchi d’acqua, fu applicato il criterio dei canoni decrescenti con l’aumento
della distanza dalla costa. Con le suddette disposizioni si cercò di conciliare e
combinare i diversi criteri dell’estensione delle aree, del tipo dei manufatti costruiti e
della potenziale redditività delle concessioni.
La individuazione della valenza turistica delle singole aree fu rimessa alle
26 Il decreto fu considerato illegittimo in quanto non era stato previamente sottoposto né al parere del
Consiglio di Stato né inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri. 27 Il ritardo nell’adozione del regolamento attuativo della legge n. 494/1993 fu stigmatizzato dalla Corte
dei conti in sede di controllo successivo sulla gestione del Ministero dei trasporti e della navigazione (deliberazione n. 77/98). Nella relazione approvata con tale deliberazione n. 77/98, la Corte denunciò la situazione di grave incertezza determinata nel settore dal ritardo del regolamento attuativo ed il fatto che erano state applicate dal Ministero in via provvisoria le misure previgenti dei canoni. I canoni comunque versati per le concessioni demaniali marittime furono peraltro poi resi definitivi dalla legge 27.12.1997 n. 449, che stabilì la decorrenza delle nuove misure dal 1.1.1998 (art. 10). La Corte dei conti si è pronunciata criticamente nei confronti dell’ azione del Ministero in altre occasioni, come verrà detto più oltre (v. nota 43).
28
decisioni delle Regioni territorialmente competenti (DM n. 342/1998 art. 6) la gran
maggioranza delle quali, peraltro, evitò di deliberare in merito. Per tutte, infine, fu
applicato il calcolo, meno oneroso, della valenza “minore”.
La normativa sopraricordata, pur essendo stata oggetto, dal 2003, di progetti
legislativi di riforma (v. oltre), è invece restata in vigore, nella sostanza, fino al
31.12.2006, allorché è stata modificata, con decorrenza 1.1.2007, dalla legge
finanziaria 2007 (legge 27.12.2006, n. 296, art. 1, commi 251-257). Essa, comunque,
ha avuto un’ applicazione travagliata e controversa, a causa, secondo le valutazioni
del Ministero dei trasporti, di una serie di ragioni che “hanno reso difficile mantenere
sotto controllo la corrispondenza tra l’azione amministrativa e l’attività di
determinazione e riscossione dei canoni”. Il Ministero - la cui azione non è peraltro
certo andata esente da critiche, come si è detto (v. note 27 e 43) - ha individuato tali
difficoltà, in particolare, nella complessità della disciplina da applicare, in quanto
derivante dalla successione di una serie di disposizioni legislative e regolamentari, ma
altresì nelle non semplici problematiche, di cui si è già fatto cenno, connesse al
trasferimento, prima per delega e poi per diretto conferimento, alle Regioni, e da
queste ai Comuni, delle competenze amministrative in materia di gestione del
demanio marittimo 28.
Prima dell’intervento con la legge n. 296/2006, legge finanziaria per il 2007,
art. 1, commi 250 – 257, il Governo progettò una riforma dei criteri e delle misure dei
canoni stabiliti per le concessioni turistico-ricreative con i provvedimenti del 1993 e
1998 con l’obiettivo di realizzare un loro adeguamento. Ne dispose quindi la
rivalutazione del 300% dal 1.1.2004 (D.L. 30.9.2003 n. 269, art. 32, commi 21,22 e
23, come convertito con modificazioni nella L. 24.11.2003 n. 326) qualora non fosse
stato emanato un decreto interministeriale atto ad assicurare entrate erariali ulteriori
di almeno 140 milioni annui. Tale provvedimento avrebbe dovuto essere emanato
28 Le suesposte valutazioni ministeriali sono contenute in una nota informativa trasmessa a questa Corte,
come documentazione alla presente indagine, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, direzione generale dei porti, prot. M TRA/DINFR/ 8330 del 29.5.2008.
29
entro il 30.6.2004 (L. 24.12.2003 n. 350, art. 2, comma 53), termine poi prorogato al
30.10.2004 (D.L. 12.7.2004 n. 168, art. 5, comma 2-quinquies, convertito con
modificazioni nella L. 30.7.2004 n. 191). Non essendo stato emanato il decreto
interministeriale entro questa data, il Governo rinviò, progressivamente, l’entrata in
vigore degli aumenti del 300%: prima al 15.12.2004 (D.L. 9.11.2004 n. 266, art. 16,
come convertito con modificazioni nella L. 27.12.2004, n. 306), poi al 31.10.2005
(D.L. 30.6.2005 n. 115, art. 14-quinquies, convertito con modificazioni in L.
17.8.2005 n. 168), successivamente al 15.12.2005 (D.L. 30.9.2005, n. 203, art. 3-
ter, come convertito con modificazioni nella L. 2.12.2005 n. 248), quindi al
31.10.2006 ( D.L. 7.6.2006 n. 206, art. 2/1, come convertito con modificazioni in L.
17.7.2006 n. 234) e infine al 31.12.2006 (D.L. 3.10.2006 n. 262, art. 2, comma 69,
convertito con modificazioni nella L. 24.11.2006 n. 286).
La tormentata vicenda dell’aumento del 300% delle tabelle di cui al D.M. n.
342 del 1998, che avrebbe dovuto scattare dal 1.1.2004, ma che non entrò mai
effettivamente in vigore, ebbe termine con la finanziaria per il 2007 (L. 27.12.2006, n.
296, art. 1, comma 251) avendo questa disposto, contestualmente all’introduzione di
una nuova disciplina, l’applicazione per gli anni 2004, 2005 e 2006 delle precedenti
misure stabilite nel 1993 ai sensi della legge n. 494/1993 29.
29 L’accidentato percorso dei progetti ed interventi legislativi per gli anni 2004, 2005 e 2006 è stato
ricostruito nel testo, sommariamente, per dar conto degli originari intendimenti del Governo, del successivo loro mancato perseguimento e delle decisioni poi assunte, ma con decorrenza dal 2007. In merito all’interpretazione di queste ultime decisioni, è utile rammentare che l’Agenzia del demanio ha inteso chiarire, con lettera circolare n. 2007/7162/DAO del 21.2.2007, che i nuovi criteri di calcolo previsti dalla finanziaria per il 2007 decorrono dal 1° gennaio 2007 e che “ a partire da tale data sono abrogati i previgenti criteri di determinazione del canone e le connesse disposizioni. Pertanto, fino al 1° gennaio 2007, e in particolare per gli anni 2004, 2005 e 2006 continuano a vigere i canoni tabellari di cui alla legge 494/1993 e ai successivi decreti del Ministro trasporti n. 342 e 343 del 1998.” (Si tratta dei D.M. relativi, rispettivamente, alle concessioni turistico-ricreative e alla nautica da diporto). A proposito del progettato decreto interministeriale per i canoni 2004, 2005 e 2006, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, nella memoria del 28.5.2008 citata nella precedente nota n. 22, ha ricordato che era stato predisposto uno schema di decreto con le finanze che rivalutava le tabelle dei canoni di circa il 250% per ottenere un gettito supplementare dell’importo desiderato di 140 milioni, ma che le proposte dello schema non ebbero successo in sede di Conferenza unificata con le Regioni (17.6.2004) le quali auspicavano piuttosto, in particolare, una devoluzione a loro favore di una quota degli introiti. Il suddetto Ministero ha pure ricordato la risoluzione n. 8-00088 approvata in data 17.6.2004 dalla Commissione finanze della Camera, che impegnava il Governo ad assumere una serie di iniziative in materia (tra l’altro, per contrastare l’evasione del versamento dei canoni; per riformarne i criteri di calcolo; per costituire un gruppo tecnico di confronto tra le Amministrazioni statali interessate e le Regioni; per far progredire il funzionamento del Sistema informativo del demanio; per far devolvere una quota dei canoni alle Regioni) e che il Consiglio dei ministri deliberò in data 22.6.2004 la costituzione al
30
Occorre dunque soffermarsi, negli aspetti principali, sulla disciplina introdotta
dal 1.1.2007, con legge e senza la previsione di decreti attuativi, com’era stato invece
prescritto in passato, per le concessioni con finalità turistico-ricreative nonché per
quelle della nautica da diporto (L. n. 296/2006, art. 1, comma 252).
Sono stati mantenuti il criterio della suddivisione delle aree costiere a seconda
della loro “valenza turistica”, con identificazione da farsi da parte della Regione, ed il
criterio della applicazione di tabelle di canoni a mq. che sono stati differenziati tra:
aree scoperte; aree con opere amovibili o di facile rimozione; aree sulle quali insistono
opere inamovibili o di difficile rimozione; specchi acquei. E’ stata eliminata la categoria
della valenza turistica minore, ma è restata la differenziazione tra aree di categoria A
e B, rispettivamente di alta e normale valenza turistica, con l’applicazione degli
importi di canone previsti per la categoria B (valenza turistica normale) in caso di
mancata identificazione della categoria da parte della Regione. Questa è stata in un
certo senso incentivata alla classificazione di categoria A (alta valenza turistica), ove
ne ricorrano le condizioni, con la devoluzione a suo favore del 10% dei maggiori
introiti derivanti dalle concessioni su beni di tale categoria. Ma, non avendo alcuna
Regione attribuito ad aree delle sue coste la categoria A, per tutte si applicano i criteri
delle aree di valenza turistica normale.
Ha costituito una novità di rilievo la previsione del canone “commisurato al
valore di mercato”, da applicarsi alle concessioni comprensive di “strutture permanenti
costituenti pertinenze demaniali marittime (cioè costruzioni ed opere sui beni
demaniali, ai sensi dell’art. 29 del codice della navigazione) destinate ad attività
commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi”, in un importo da
calcolarsi secondo speciali, del tutto nuove prescrizioni dell’art. 1, comma 251, lettera
riguardo di un “tavolo tecnico” (Ministeri trasporti ed economia e finanze, Agenzia demanio, Regioni) i cui lavori furono tuttavia pregiudicati dalla mancanza di dati relativi alle concessioni rispondenti a requisiti di certezza, completezza e precisione. Il Ministero ha anzi esplicitamente sottolineato che “dai lavori del suddetto tavolo è emerso che non era sostanzialmente possibile stabilire quanto lo Stato incassa annualmente dalle concessioni”.
31
b), 2.1) della legge n. 296/2006 30.
Si comprende facilmente come l’attuazione di questa disciplina richieda
l’attività, la collaborazione ed il riscontro da parte di tutti i soggetti interessati
(concedente, concessionario, Agenzie del demanio e del territorio).
Sono stati inoltre previsti canoni agevolati e ridotti per ipotesi più limitate
rispetto al passato ma è stata anche introdotta una importante estensione agevolativa
ed una significativa innovazione. Circa le riduzioni, sono restate quelle per le
concessioni ad enti pubblici o privati per fini di beneficenza o per altri fini di pubblico
interesse e a società sportive dilettantistiche affiliate alle Federazioni sportive
nazionali. L’estensione agevolativa ha riguardato la riduzione del canone per le
concessioni ad “imprese turistico-ricettive all’aria aperta”, ad esempio campeggi.
L’innovazione è consistita nella sostituzione della precedente possibilità di ottenere
una riduzione del canone consentendo l’accesso gratuito all’arenile e la gratuità dei
servizi generali con l’obbligo, invece, di consentire il libero e gratuito accesso e
transito per il raggiungimento della battigia antistante, anche al fine della balneazione,
ciò che ha avuto particolare risonanza mediatica.
Come si è detto, la finanziaria 2007 ha disposto l’applicazione dei medesimi
criteri di quantificazione dei canoni per le concessioni con finalità turistico-ricreative
anche alle strutture dedicate alla nautica da diporto (porti turistici, approdi turistici,
punti di ormeggio), con l’abrogazione dell’art. 10, comma 4 della legge 27.12.1997 n.
449. Valgono dunque pure per queste strutture, tra l’altro, la distinzione tra opere
amovibili e non e la quantificazione del canone commisurata ai valori di mercato delle
pertinenze oggetto di sfruttamento commerciale.
Altri aspetti di rilevante novità hanno riguardato la possibilità di concessioni di
durata fino a venti anni ed i criteri del calcolo degli indennizzi dovuti per le occupazioni
30 Il valore di mercato viene desunto dalla media dei valori minimi e massimi mensili indicati per attività
similari nella zona dall’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) redatto dall’Agenzia del territorio. Il canone annuo si ottiene moltiplicando il suddetto valore medio per un coefficiente (6,5) tale da far tenere conto della stagionalità dell’utilizzo e dei lavori straordinari a carico del concessionario, e riducendo il risultato come sopra ottenuto di percentuali, da applicarsi per scaglioni progressivi, della superficie del manufatto.
32
ed utilizzazioni irregolari, sempre ai sensi della legge n. 296/2006 (art. 1, comma 253,
per quanto concerne la durata della concessione, e art. 1, comma 257 per gli
indennizzi, quest’ultimo di interpretazione ed integrazione dell’art. 8 del decreto legge
n. 400/1993 come convertito nella legge n. 494/1993). E’ stata infatti distinta dalla
fattispecie della mera occupazione di beni demaniali marittimi e relative pertinenze
avvenuta senza titolo o in difformità dal titolo - che continua ad essere sanzionata con
una maggiorazione, rispettivamente, del duecento e del cento per cento del canone
(nella nuova misura in vigore dal 2007) – quella dell’occupazione consistente nella
realizzazione di “opere inamovibili” sine titulo o incompatibili con il titolo abilitativo
(edilizio o demaniale), nel qual caso, considerato più grave della mera occupazione,
l’indennizzo è commisurato ai valori di mercato delle opere abusive, ferma restando
l’applicazione delle altre misure sanzionatorie vigenti, ivi compreso il ripristino dello
stato dei luoghi.
Nulla è stato modificato circa l’aggiornamento annuale dei canoni come
previsto dalla legislazione del 1993 (art. 04, comma 1 della legge n. 494/1993 di
conversione, con modificazioni, del D.L. 400/1993), che continua ad essere disposto31
con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti (originariamente della marina
mercantile) sulla base della media degli indici determinati dall’Istat per i prezzi al
consumo per le famiglie di operai ed impiegati e per i corrispondenti valori per il
mercato all’ingrosso. La decorrenza di tali aggiornamenti, ritenuta operante non dal
1998, ma sin dal 1994, secondo l’interpretazione dell’Agenzia del demanio, non è
31 L’aggiornamento annuale si è applicato anche per la misura minima del canone, secondo quanto indicato
dalla Corte dei conti, sezione di controllo, con deliberazione n. 153/1997. Il canone “ minimo” è stato introdotto con l’art. 9 del decreto del Ministro della marina mercantile, di concerto con il Ministro delle finanze, del 19.7.1989 ed è stato confermato, per le concessioni con finalità turistico-ricreative, dall’art. 3, comma 2 del D.M. 342 /1998. Con la sostituzione di questa normativa con la disciplina introdotta dalla legge finanziaria 2007 è sorto il dubbio circa la permanenza dell’obbligo di far riferimento al canone minimo. Di conseguenza, con l’ applicazione generalizzata, dal 1.1.2007, dei nuovi importi, che risultano in molti casi inferiori ai precedenti canoni minimi, non sarebbe stato escluso il rischio di un effetto complessivo di minori introiti. L’Agenzia del demanio, rispondendo a quesiti delle Regioni Toscana e Veneto (prot. 2007/7162/DAO del 21.2.2007), ha fatto presente al riguardo che “non risulta, allo stato, che nessuna successiva disposizione abbia disciplinato diversamente la materia”. Il canone “ricognitorio” è invece quello che viene fissato per il “mero riconoscimento del carattere demaniale dei beni” nelle concessioni rilasciate ad enti pubblici o privati per fini di beneficenza o per altri fini di pubblico interesse, cioè senza trarre alcun lucro o provento dalle loro attività, ai sensi dell’art. 39 del codice della navigazione e dell’art. 37 del regolamento per l’esecuzione del codice.
33
stata da ultimo condivisa a livello dell’Avvocatura generale dello Stato e delle
competenti Commissioni parlamentari (v. paragrafo 5.2).
4.2. Procedure di riscossione.
Fino al 31.12.1997 i titolari delle concessioni dovevano versare i canoni
presso gli Uffici locali del registro, che, attraverso queste operazioni di incasso,
potevano disporre ed utilizzare a fini di controllo e di monitoraggio i dati relativi alle
riscossioni effettuate, che venivano quindi inseriti in una procedura informatizzata e
resi così disponibili per le Amministrazioni competenti (trasporti e finanze).
Dal 1.1.1998, con l’abolizione dei servizi autonomi di cassa dipendenti dal
Dipartimento delle entrate, stabilita dal D. Lgs.vo 9.7.1997, n. 237, e successive
integrazioni, la riscossione di varie tipologie di entrate, tra i quali i canoni derivanti
dalla utilizzazione di beni del demanio e le somme dovute per l’utilizzazione senza
titolo (art. 2), è stata affidata al concessionario del servizio di riscossione dei tributi e
agli istituti di credito, secondo le modalità di cui agli artt. 6, 7 e 8 del DM 28.12.1998
(art. 4/1), nonché all’ Ente poste (art. 4/2). Ai concessionari del servizio è stato fatto
obbligo di trasmettere in tempi molto ravvicinati i dati relativi ad ogni operazione di
riscossione e di versamento alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato e alle casse
degli enti destinatari (art. 4/4).
I modelli e le modalità di riscossione sono stati oggetto delle disposizioni di un
decreto dirigenziale del 9.12.1997 e di successivi provvedimenti. E’ da menzionare che
al titolare della concessione demaniale è stato prescritto di effettuare il versamento
con il modello F23, per la cui compilazione sono state date indicazioni con decreto
dirigenziale del 17.12.1998, modificato da un decreto direttoriale dell’Agenzia delle
entrate del 14.11.2001 (G.U. n. 269 del 19.11.2001), ovvero con il modello F24,
come ha ribadito, da ultimo, l’Agenzia del demanio nella “circolare” (v. oltre, al
paragrafo 4.3) relativa alla nuova disciplina di cui alla legge finanziaria per il 2007.
34
Nella precedente circolare n. 2002/12939, emanata congiuntamente
dall’Agenzia del demanio e dal Ministero delle infrastrutture e trasporti in data
11.6.2002 (v. nota n. 35), è stata tra l’altro fatta presente la esigenza di indicare il
codice tributo 842 T, per far attribuire gli incassi, di canoni ed indennizzi, ai pertinenti
capitoli del bilancio, e di effettuare il pagamento presso gli uffici postali, gli istituti di
credito ed i concessionari della riscossione. Fu sin da allora messo in rilievo, inoltre, il
ruolo dell’ente concedente anche per la tutela degli interessi dominicali, in quanto
tenuto a comunicare all’interessato l’importo del canone e dell’indennizzo ed a
calcolarlo secondo le prescrizioni di legge e delle circolari al riguardo emanate.
Ai fini della documentazione dei versamenti fu pure suggerito di inserire nella
concessione demaniale una clausola concernente l’obbligo del concessionario di
trasmettere all’ente copia del modello attestante l’avvenuto pagamento. Nei casi di
mancato pagamento, infatti, una documentata informativa dell’ente concedente può
consentire alle filiali dell’Agenzia del demanio di avviare la riscossione coattiva dei
canoni, in quanto crediti certi, liquidi ed esigibili, con la procedura di riscossione
mediante ruolo (v. nota n. 54).
Va specificato, con l’occasione, che in caso di mancato pagamento non dei
canoni, ma degli indennizzi per le occupazioni abusive, questi crediti possono essere
iscritti a ruolo per la riscossione coattiva, a cura dell’Agenzia del demanio, solo dopo
un esito di condanna con sentenza definitiva da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria
(v. parere del Consiglio di Stato n. 694 del 25.5.1999)32. Naturalmente, oltre a
recuperare il credito, occorre altresì assumere, in via di autotutela, le iniziative
occorrenti ad ottenere il rilascio del bene.
32 Il Consiglio di Stato, nel citato parere al Ministero delle finanze, ha escluso la possibilità
dell’Amministrazione di intervenire con strumenti di autotutela, cioè senza l’intermediazione di soggetti terzi, per l’immediato recupero dei crediti da indennizzi (che sono inclusi tra le entrate riscuotibili mediante ruolo ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c del D.Lgs. 9.7.1997 n. 37), in quanto derivanti da vicende che, se pur collegate all’uso dei beni demaniali, che consentono di agire unilateralmente in via autoritativa ai sensi dell’art. 823 c. c., si sostanziano in definitiva in controversie attinenti soltanto a pretese di tipo esclusivamente patrimoniale. Per questi rapporti, qualificabili come “paritetici”, anche l’Amministrazione deve perciò, ad avviso del Consiglio di Stato, avvalersi dei mezzi ordinari di tutela apprestati dall’ordinamento. Resta confermato il principio che l’iscrizione a ruolo, prodromica della riscossione coattiva delle entrate dello Stato, può avvenire soltanto in presenza di un titolo che, nei modi di legge, abbia acquisito il carattere di titolo certo, liquido ed esigibile.
35
Anche per le questioni attinenti agli indennizzi e al loro calcolo corretto, è
chiara l’importanza della conoscenza del fenomeno, e quindi del funzionamento di
efficaci sistemi informativi, e la migliore collaborazione dei e tra gli enti coinvolti.
4.3 Poteri di indirizzo, vigilanza e controllo.
L’importanza dei poteri di indirizzo, vigilanza e controllo rileva sia dal punto di
vista delle esigenze gestionali, sia da quello, che qui ora specificamente interessa,
della cura degli aspetti dominicali e, in questo ambito, ai fini dell’incasso delle entrate
di spettanza dell’erario (canoni ed indennizzi, oltre all’imposta di registro sugli atti di
concessione).
Al livello dell’amministrazione centrale, i suddetti poteri competono, dopo i
numerosi processi di riorganizzazione, agli attuali Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti e Ministero dell’economia e delle finanze nonché all’Agenzia del demanio -
sulla quale converrà più oltre soffermarsi - che è quella direttamente coinvolta, in
materia di demanio marittimo, tra le quattro agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio
e demanio), istituite e sottoposte alla vigilanza del Ministro dell’economia e finanze
nell’ambito della riorganizzazione del Mef, ai sensi dell’art. 57 e segg. del D.Lgs. n.
300/1999.
La ripartizione dei compiti di sorveglianza e controllo tra l’amministrazione
centrale e le amministrazioni locali risulta esattamente sintetizzata nella “circolare”
dell’Agenzia del demanio del 21 febbraio 2007, di cui appresso si farà menzione, come
segue:
a) l’Agenzia del demanio accerta il corretto utilizzo dei beni dello Stato a tutela degli
aspetti dominicali e vigila sulla corretta riscossione dei canoni e degli indennizzi;
b) gli enti territoriali – che hanno ormai normalmente provveduto a deliberare in
ordine alla pianificazione delle aree costiere - esercitano i poteri di vigilanza e
controllo connessi alle loro competenze gestorie, le attività di polizia
36
amministrativa nonché quelle di prevenzione e repressione degli abusi edilizi;
c) le Capitanerie di porto svolgono funzioni di polizia marittima ed intervengono nei
procedimenti concessori e nella gestione delle aree restate alla competenza dello
Stato, e, comunque, ove occorra, a tutela dell’integrità della proprietà statale.
Quanto sopra premesso, va ora evidenziato che le ricordate disposizioni della
legge finanziaria per il 2007 in materia di canoni per le concessioni turistico-ricreative
e per la nautica da diporto hanno dato luogo all’emanazione di direttive applicative da
parte dell’Agenzia del demanio nonché, per aspetti minori e conseguenziali, di circolari
da parte del Ministero dei trasporti, ma altresì che dette disposizioni e relative circolari
hanno determinato vari dubbi interpretativi, anche nell’ambito di organi dello stesso
Governo che ha preparato e sottoposto la legge all’approvazione del Parlamento.
Si tratta di aspetti sui quali è interessante richiamare l’attenzione per una
certa loro “atipicità” e perché ulteriormente dimostrativi della frammentazione dei
poteri e delle competenze e, in un quadro non del tutto completamente chiaro della
loro ripartizione, della necessità di azioni coordinate tra i vari soggetti coinvolti.
Gli elementi al riguardo più significativi possono trarsi dalle seguenti
circostanze e considerazioni:
- la legge 27.12.2006 n. 296, finanziaria 2007, (art. 1, commi 250-256) non ha
previsto la necessità di alcun ulteriore provvedimento attuativo ad hoc (di solito si
faceva ricorso ad un decreto ministeriale o interministeriale);
- l’interpretazione delle nuove norme è stata effettuata in un documento esplicativo,
avente le finalità proprie di una circolare, contenente direttive operative sulla
quantificazione ed applicazione dei canoni, elaborato dall’Agenzia del demanio ed
inviato, come “atto di indirizzo” alle sue filiali (prot. 2007/7162/DAO del 21.2.2007:
v. anche più oltre, in nota n. 35). Documento formalmente “a carattere unicamente
interno”, ma che l’Agenzia, con un’altra nota, ha inteso portare a conoscenza dei
Ministeri dei trasporti e dell’economia e finanze, dell’Associazione nazionale comuni
italiani (ANCI) e degli Assessorati competenti di talune Regioni, “considerato che
37
all’attuazione delle norme concorrono, per le rispettive competenze, anche codeste
amministrazioni” (prot. 2007/9801 del 9.3.2007);
- la correttezza dell’interpretazione data dall’Agenzia del demanio alle sue filiali, e da
queste pertanto applicata nel controllo delle singole realtà concessorie, è stata
messa in dubbio dalla Vice Presidenza del Consiglio dei Ministri, con lettere del
26.3.2007 e 12.4.2007, in taluni punti (riguardanti, tra l’altro, l’individuazione delle
strutture costituenti pertinenze demaniali marittime; il carattere commerciale o
meno di dette pertinenze; i coefficienti di abbattimento per scaglioni nel calcolo del
canone), ma è stata invece avvalorata dal Ministero dell’economia e delle finanze,
Ufficio legislativo-finanze, con una apposita lettera diretta all’Agenzia (prot. n. 3-
8894 del 29.5.2007, in cui è stata tra l’altro ricostruita la vicenda delle citate
difformità interpretative);
- altri dubbi interpretativi sono stati sollevati dal Ministero dei trasporti, con note
all’Agenzia del demanio, sia prima che dopo l’emanazione della “circolare”
dell’Agenzia33. Il suddetto Dicastero, tuttavia, pur sottolineando di non essere stato
in alcun modo coinvolto nella elaborazione della disciplina introdotta dalla
finanziaria 2007 e di aver sollevato varie perplessità interpretative, ha ritenuto,
infine, di dover comunque dar corso all’applicazione, dal 1.1.2007, delle nuove
disposizioni secondo le indicazioni della direttiva dell’Agenzia del demanio, e quindi
per tutte le concessioni, sia rilasciate con licenza che, nelle concessioni-contratto,
con ”atto formale”, ed anche se già perfezionate ed aventi decorrenza anteriore al
2007. Punto questo molto delicato, avendo l’Agenzia del demanio fatto così
prevalere una tesi sicuramente non pacifica, da cui consegue peraltro un vantaggio
di entrata dato che un introito rinnovato viene ad applicarsi all’intera platea dei
concessionari. Da altri, certamente tra i concessionari, si ritiene invece che i nuovi
33 Si tratta delle nota n. MINFTRA/DINFR/509 del 15.1.2007, con la quale il Ministero segnalò, tra l’altro,
all’Agenzia del demanio l’opportunità di emanare una circolare esplicativa ed interpretativa, come è poi avvenuto, e, dopo l’emanazione della circolare, delle note n. MINFTRA/DINFR/3856 del 17.4.2007 e n. M TRA/DINFR/5193 del 18.5.2007.
38
criteri possano applicarsi soltanto alle concessioni rilasciate ex novo dal 2007, o al
massimo a quelle post 1998, quando entrarono in vigore le precedenti disposizioni
di cui alla legge n. 494/1993 34.
- nuovi dubbi sulle interpretazioni indicate dall’Agenzia del demanio sono stati però
più recentemente espressi dall’Avvocatura generale dello Stato e dalle competenti
Commissioni parlamentari, che hanno impegnato il Governo a far modificare
l’applicazione delle norme della finanziaria 2007 in senso, presumibilmente, in
definitiva, meno oneroso per i concessionari (v. paragrafo 5.2 e nota n. 50).
4.4. Agenzia del demanio.
L’attiva presenza dell’Agenzia del demanio sui temi più significativi
concernenti l’applicazione delle disposizioni in materia di concessioni demaniali
marittime è iniziata negli anni 2000 , coevamente, in pratica, all’effettivo passaggio
(1.7.2001) delle funzioni di gestione amministrativa alle Regioni, e ai Comuni, ai sensi
del D. Lgs. n. 112/1998. Che l’Agenzia sia diventata, in merito, un determinante
punto di riferimento è chiaramente verificabile ove si guardi alle direttive-circolari
dalla stessa elaborate e trasmesse, prima, nel 2002, in prosecuzione ed integrazione
di circolari precedentemente emanate dal Ministero dei trasporti e poi, nel 2007, come
si è visto, per indicare, direttamente, l’interpretazione delle nuove disposizioni sui
canoni introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 35.
34 Nella nota n. M. TRA/DINFR/8155 del 9.8.2007 il Ministero per le infrastrutture e trasporti ha motivato la
sua decisione di dar corso alle nuove disposizioni come “interpretate” dall’Agenzia del demanio anche “in attesa che gli evidenziati problemi possano trovare soluzione sul piano amministrativo, ovvero con l’urgente adozione di eventuali correttivi sul piano normativo”.
35 Prima della nascita ed operatività dell’Agenzia del demanio le direttive agli organi statali competenti e alle Regioni in materia di calcolo e applicazione dei canoni, ai sensi della legge n. 494/1993, di altre attività gestorie, nonché di funzionamento ed implementazione del Sistema informativo del demanio marittimo (S.I.D.), sono state emanate dal Ministero dei trasporti con le circolari n. 77 del 17.12.1998, n. 94 del 5.4.2000, n. 112 del 25.1.2001, n. 117 del 13.3.2001 e n. 120 del 24.5.2001, queste ultime precedute dalla nota DEM2A-0482 del 26.2.2001, con la quale si precisò che a partire dal 1.7.2001 erano ormai concretamente esercitabili da parte delle Regioni tutte le funzioni amministrative delegate dall’art. 59 del DPR 616/1977 e alle stesse conferite dal c.d. pacchetto Bassanini di cui alla legge n. 59/1997 e al D.Lgs. n. 112/1998. Per quanto riguarda l’intervento, successivo, dell’Agenzia del demanio, sono da ricordare la circolare n. 2002/12939 dell’11.6.2002, a firma congiunta del direttore dell’Agenzia e del dirigente generale responsabile al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, diretta anche alle Regioni e ai Comuni costieri, e, dopo la finanziaria per il 2007, la circolare, già citata e commentata nel
39
Per metterne a fuoco il ruolo nel settore che qui interessa, è opportuno
ricordare che l’Agenzia del demanio, trasformata in ente pubblico economico (art. 1
D.Lgs. n. 173/2003), con il compito di amministrare i beni immobili dello Stato
razionalizzandone e valorizzandone l’uso (v. art. 65 D. Lgs. 300/1999), stipula con il
Ministero un contratto, denominato contratto di servizi, di durata triennale, allo scopo
di regolare l’esercizio delle prestazioni dovute in base ai compiti attribuitile dalla legge
e dallo statuto e per determinare l’entità e le modalità di corresponsione dei relativi
corrispettivi, in rapporto ai risultati. Per l’esercizio 2008, lo stanziamento è previsto
nel capitolo 3901, di cui alla missione 29.1.1.2.
La valutazione dei risultati conseguiti dall’Agenzia, tra i quali quelli derivanti
dal controllo della riscossione delle entrate connesse all’uso dei beni demaniali
marittimi, e la quantificazione dei corrispettivi alla stessa dovuti è rimessa al Ministero
dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Ufficio agenzie ed enti della
fiscalità, che prepara al riguardo appositi documenti di monitoraggio, sulla base dei
quali si procede infine al pagamento (v. nota n. 55).
Se non vi è dubbio sulla responsabilità dell’Agenzia del demanio in ordine al
controllo delle riscossioni e alla verifica della corretta adozione dei nuovi criteri di
calcolo dei canoni, va detto, però, che nei contatti con questa Sezione di controllo è
stata una sua costante preoccupazione sottolineare, di fronte alla diversità dei profili e
delle titolarità delle competenze, ad esiti non soddisfacenti delle riscossioni rispetto
alle previsioni e a risultati del tutto deludenti nei casi di riscossioni coattive (v. oltre
paragrafo 5.1), la necessità e quindi l’auspicio di un intervento coordinato e
programmato tra i soggetti coinvolti, ma anzitutto della collaborazione con e degli enti
locali, gestori delle concessioni. Secondo l’Agenzia, che ha sottolineato la mancanza di
qualunque norma sul coordinamento del controllo della riscossione (ciò che appare
particolarmente grave stante la grande frammentazione delle competenze), dipende
testo, n. 2007/7162/DAO del 21.2.2007 diretta alle filiali dell’Agenzia, ma trasmessa poi, in data 9.3.2007, a tutti i soggetti coinvolti, organi dello Stato, Regioni e Comuni costieri.
40
infatti soltanto dagli enti gestori l’accertamento dei canoni dovuti, la comunicazione
degli avvenuti pagamenti, la segnalazione di inadempimenti, necessaria per far
attivare le iscrizioni a ruolo dei debiti non saldati e, in generale, la disponibilità di
informazioni puntuali sulle concessioni in essere. Da qui l’esigenza di una condivisione
dei dati in possesso di ciascuno, la rilevanza della completa fruibilità del Sistema
informativo del demanio (v. oltre paragrafo 4.5) da parte di tutti i soggetti coinvolti e
comunque della piena disponibilità delle suddette informazioni, che consentirebbe di
organizzare, sempre secondo l’Agenzia, un sistema di controllo automatizzato delle
riscossioni relative al demanio marittimo (codice tributo 842 T), come è già avvenuto
per quelle concernenti gli utilizzi dei beni patrimoniali (codice tributo 811 T) e del
demanio storico artistico (codice tributo 834 T). L’Agenzia del demanio ha in pratica
ammesso le difficoltà di perseguire una azione amministrativa improntata a principi di
economicità, efficienza e trasparenza, ma richiamando tuttavia l’attenzione, in ordine
alle responsabilità, specialmente sulla questione dei difetti di coordinamento e di
informazione e sul fatto di non essere titolare di alcun tipo di strumento
sanzionatorio36.
L’attività di vigilanza viene programmata ad inizio d’anno dalle filiali
dell’Agenzia, sulla base dei dati conoscitivi più utili per le finalità dei controlli e di linee
guida impartite a livello centrale di direzione operativa. In particolare, vengono
annualmente programmate, di concerto con gli enti gestori e le Capitanerie di porto,
una serie di “ispezioni demaniali”.
Al riguardo, si è appreso che nel 2007 sono state effettuate n. 1.447 ispezioni
e che quasi tutte (n. 1406) hanno dato risultato “positivo”, nel senso di aver portato
all’accertamento di irregolarità e di difformi o inesistenti applicazioni delle norme
vigenti. Questi risultati hanno in particolare riguardato: la concreta adozione delle
nuove tariffe; la riscossione di canoni ed indennizzi; la verifica delle superfici delle
36 Sulle difficoltà della sua azione, nonché sul limitato ruolo che a suo avviso può svolgere nello
smaltimento dei residui attivi e nelle riscossioni coattive (v. successivi par. 5.2 e 6), l’Agenzia ha particolarmente insistito nella nota trasmessa a questa Sezione prot. 2008/41428/DA in data 30.9.2008.
41
pertinenze e del tipo di opere costruite; l’individuazione dei manufatti che allo spirare
della concessione devono essere incamerati dallo Stato; l’accertamento di abusivismi
per assenza di titolo o per incompatibilità con il titolo abilitativo 37.
Da quanto si è detto è indubbio che le attività di indirizzo, vigilanza e controllo
dirette a far introitare dallo Stato quanto dovuto per l’uso del demanio marittimo
(canoni di concessione ed indennizzi) richiedono, ed anzi presuppongono, la migliore
conoscenza possibile della situazione territoriale dei beni demaniali e dei fatti ed atti
concernenti il loro utilizzo.
Quanto sopra comporta la necessità di uno specifico riferimento al Sistema
informativo del demanio marittimo (S.I.D.) e di un cenno sulla registrazione degli atti
di concessione e sull’imposta di registro, quale possibile “fonte” di conoscenza della
situazione delle concessioni e dei relativi canoni.
4.5. Il Sistema informativo del demanio marittimo.
L’art. 104 del D.Lsg. n. 112/1998, di conferimento alle Regioni e agli enti
locali di funzioni e compiti amministrativi, in attuazione del capo I della legge n.
59/1997, ha previsto, tra le funzioni mantenute allo Stato, alla lettera qq), come
modificata dall’art. 11 del D.Lsg. n. 443/1999, anche quelle riguardanti “il sistema
informativo del demanio marittimo, la cui gestione è regolata mediante protocolli
d’intesa (con le Regioni) ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 281/1997”.
Storia, scopi, funzionalità e prospettive del S.I.D. consentono di rendersi
conto delle problematiche relative all’esigenza di conoscere lo stato effettivo delle aree
e della loro utilizzazione e gestione, ciò che costituisce, come è ancora da sottolineare,
il presupposto per rendere più efficiente il controllo e la vigilanza della situazione del
37 Trattasi di notizie e dati comunicati a questa Sezione dall’Agenzia del demanio con nota n.
2008/23876/DA del 22.6.2008.
42
demanio marittimo, compresa quella della riscossione dei canoni 38.
Il sistema è stato avviato nel 1993 a cura dell’allora Ministero della marina
mercantile, ora delle infrastrutture e trasporti, con la finalità di consentire una efficace
gestione dei beni del demanio marittimo attraverso la precisa individuazione del loro
reale stato, fisico, amministrativo e d’uso, grazie alla realizzazione, per l’intero
territorio costiero nazionale (circa 7500 Km.), di una cartografia catastale aggiornata
e revisionata.
In relazione a queste finalità, il suddetto Ministero concordò, in un protocollo
d’intesa con l’allora Ministero delle finanze, la costituzione, nel 1994, di un Gruppo
operativo di lavoro (G.O.L.) per curare gli aspetti di comune interesse necessari alla
realizzazione del S.I.D., relativi, in particolare, ai dati catastali, alla esatta
localizzazione ed individuazione dei beni ed al loro utilizzo. A seguito delle ricordate
riorganizzazioni, successivamente intervenute a livello ministeriale, e della riforma del
Ministero delle finanze, con la costituzione delle agenzie fiscali (D.Lsg. n. 300/1999,
articoli 61-72), fanno ora parte del G.O.L. il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, l’Agenzia del territorio e l’Agenzia del demanio.
I sistemi informativi di cui si sono dotati Il Ministero e l’Agenzia del territorio,
ciascuno per l’esercizio delle proprie funzioni, sono stati già posti in condizioni di
collegamento e coordinamento con la creazione di una struttura finalizzata allo
scambio reciproco delle informazioni catastali e territoriali, mentre un analogo sistema
di interscambio tra il S.I.D. del Ministero delle infrastrutture e trasporti ed il sistema
informativo dell’Agenzia del demanio è allo studio39.
38 Quanto esposto nel testo in ordine al S.I.D. è stato anche desunto dal sito internet del Ministero dei
trasporti nonché dalla circolare congiunta del Ministero, dell’Agenzia del demanio e dell’Agenzia del territorio prot. n. M TRA/DINFR 2592 del 4.3.2008, concernente “Modalità operative per la generazione dei dati di aggiornamento/allineamento dei sistemi informativi dell’Agenzia del territorio, dell’Agenzia del demanio e del Ministero dei trasporti” e, per gli sviluppi più recenti del sistema, dalla nota informativa prot. M TRA/DINFR/ 8330 del 29.5.2008 trasmessa a questa Sezione centrale di controllo dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
39 In questa logica di cooperazione e di coordinamento si inserisce la circolare congiunta del 4.3.2008 citata nella precedente nota, diretta a tutti gli uffici periferici del Ministero e delle due Agenzie, ma altresì alle Regioni e ai Comuni costieri, che è stata elaborata con lo scopo di fornire le prime indicazioni in merito alle procedure per l’utilizzo condiviso del sistema informativo di interscambio a tutti i soggetti a vario titolo interessati nella gestione del demanio marittimo. Con la stessa circolare sono state poi
43
L’implementazione e lo sviluppo del S.I.D. è restato dunque di competenza
dello Stato, ma collocandosi esso in un quadro di funzioni gestionali affidate, sullo
stesso territorio, non più solo allo Stato, ma anzi, prevalentemente, a soggetti diversi
(Regioni, Comuni, nonché Autorità portuali), dovrebbe poter servire a generare,
aggiornare e controllare i dati di provenienza e di interesse di tutti i suddetti soggetti.
Sono infatti presenti nel sistema: i dati territoriali di origine catastale (comune, foglio,
particella, classe, intestatario ecc.); i dati demaniali relativi ai procedimenti
amministrativi (estremi dell’atto concessorio, uso, categoria, scopi, ecc.); i dati
anagrafici dei concessionari ed i dati quantitativi relativi ai versamenti dei canoni.
Con la realizzazione di una nuova cartografia, avvenuta anche per via
aerofotogrammetrica, e per effetto delle citate operazioni di censimento dei beni, su
base catastale, della loro precisa localizzazione, delle relative concessioni e degli abusi
individuati, è stato possibile effettuare una documentata ricostruzione della linea di
separazione tra il demanio marittimo e le altre proprietà, che viene denominata
“dividente demaniale”, la cui determinante importanza ai fini della gestione e tutela
dei beni demaniali è del tutto evidente.
Sono state così rilevate, tra l’altro, le variazioni della attuale linea di costa,
che sono state causate, rispetto alla costa risultante dalle mappe catastali prima
vigenti, da fenomeni di erosione o di ripascimento, ciò che dovrebbe consentire,
quindi, di far riconoscere nuove aree demanializzate. Sono state accertate, inoltre,
opere di abusivismo edilizio a cavallo della “dividente demaniale” e verificato, infine,
un andamento della dividente spesso non più rispondente allo stato del suo utilizzo. Le
fornite indicazioni operative, di interesse del Ministero (funzioni gestorie e di vigilanza), dell’Agenzia del territorio (aspetti catastali) e dell’Agenzia del demanio (aspetti dominicali) concernenti le procedure da osservare, anche ai fini dell’ inserimento dei dati nel sistema informativo, per: 1) l’accatastamento dei fabbricati realizzati, su richiesta del concessionario, sul demanio marittimo; 2) agevolare, dal punto di vista identificativo e catastale, le operazioni per il calcolo e l’applicazione dell’ICI sui fabbricati costituenti pertinenze demaniali marittime (art. 29 e 49 cod. nav.); 3) la demolizione o acquisizione delle opere realizzate sul demanio nei casi di revoca, decadenza, o scadenza della concessione; 3.1) la demolizione o acquisizione delle opere realizzate (ed accatastate) sul demanio marittimo da altre pubbliche amministrazioni su aree temporaneamente destinate ad altri usi di pubblico interesse (art. 34 cod. nav. e art. 36 reg. esecuz.); 4) le sdemanializzazioni, demanializzazioni e delimitazioni delle aree; 5) le variazioni di tipo soggettivo od oggettivo dei beni (da riportare in catasto) e la generazione dei dati di aggiornamento per l’acquisizione nel S.I.D.
44
nuove situazioni dovrebbero pertanto comportare, secondo la valutazione ministeriale,
possibilità di incremento della proprietà pubblica ed ulteriori entrate per le casse
erariali 40.
Per quanto riguarda le prospettive della diffusione del S.I.D., il giudizio del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è orientato ad ottimismo, sulla base del
risultato raggiunto in termini di costante espansione del numero degli utenti41.
Non altrettanto ottimistico appare, invece, il giudizio dell’Agenzia del demanio
né quello del Mef – Dipartimento finanze, Direzione Agenzie ed enti della fiscalità (v.
oltre, paragrafo 5.2 e nota n. 51). Tale Direzione ha ricordato che l’ex Dipartimento
delle politiche fiscali, con lettera SV. 8789 del 10.10.2007, segnalò negativamente
all’allora Vice Ministro Visco, tra gli esiti della vigilanza dal Dipartimento esercitata nel
2006/2007, che l’Agenzia del demanio avesse accesso al S.I.D. “soltanto in
consultazione e tramite una sola postazione di lavoro”, stigmatizzando, comunque,
l’assenza di disposizioni normative che obblighino Regioni e Comuni a trasmettere
all’Agenzia le informazioni sulla gestione del rapporto concessorio e la mancanza di
efficaci sistemi informativi che garantiscano il corretto flusso di tali informazioni al fine
del controllo dei versamenti effettuati dai concessionari.
40 Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella memoria trasmessa a questa Sezione centrale di
controllo con data 29.5.2008 (v. precedente nota n. 38) ha evidenziato che attraverso l’attività di rilevamento del demanio marittimo condotta dal Ministero è stato possibile accertare un incremento di tale demanio, derivante da variazioni della dividente demaniale e della linea di costa, che è stata valutata, secondo una stima prodotta dall’allora Ministero delle finanze, pari a circa 37 milioni di mq. Per quanto attiene, in particolare, ai fabbricati insistenti sul demanio marittimo intestati a privati o non censiti al catasto, è stato riferito che sono stati consuntivati, al termine di un primo progetto che ha interessato 5.711 Km di costa, circa 7 milioni di mq. Nella stessa memoria è stato altresì fatto presente che l’attuazione di un progetto di “riordino” della dividente demaniale, già avviato, consentirebbe di produrre nuove entrate. Queste, derivanti dalle sdemanializzazioni di beni che hanno già oggettivamente perso le caratteristiche morfologiche di demanialità, dagli indennizzi per occupazioni abusive, dai canoni concessori, da I.C.I., I.R.P.E.F. e TARSU ammonterebbero, sempre secondo la stima del Ministero delle finanze prima ricordata, a circa 5 miliardi di euro.
41 Nella memoria del 29.5.2008 già citata, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fatto presente che “a seguito delle convenzioni sottoscritte con la Regione Siciliana, con tutte le Autorità portuali, degli accordi procedimentali a suo tempo sottoscritti con le Regioni costiere, delle intese successivamente raggiunte con la Regione Puglia, delle richieste direttamente pervenute da numerosi Comuni costieri di differenti Regioni nonché degli impegni assunti nell’ambito dei protocolli di intesa sottoscritti da questo Ministero con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l’Agenzia del demanio, con il Nucleo speciale entrate della Guardia di finanza, con il Magistrato alle acque di Venezia, risultano connessi, o in fase di connessione, al momento, 206 utenti istituzionali che, insieme ai 1481 utenti privati già registrati, definiscono un totale di 1687 utenze le quali, sulla base di recenti rilevazioni, eseguono già una media di oltre 31.000 transazioni al mese.” Con una successiva memoria del 21.11.2008 (v. nota n. 54), il Ministero ha aggiornato i dati di cui sopra, precisando che il Sistema è utilizzato da 353 utenti istituzionali, che sono stati registrati circa 2.000 utenti privati e che le Amministrazioni utenti hanno inserito “in modalità di aggiornamento” oltre 7000 pratiche.
45
4.5. Registrazione degli atti.
La registrazione degli atti viene qui considerata come possibile fonte di
conoscenza della situazione concessoria e dei relativi canoni.
La materia è disciplinata dal DPR 26.4.1986, n. 131, di approvazione del t.u.
delle disposizioni concernenti l’imposta del registro, di cui si richiamano le norme di
diretto interesse.
Ai sensi del combinato disposto dell’art. 45 del DPR e dell’art. 5/2 della tariffa
allo stesso allegata, l’imposta per la registrazione degli atti relativi alle “concessioni su
beni demaniali” si applica nella misura del 2% del canone (base imponibile) e
costituisce un obbligo di pagamento a carico del concessionario (art. 57/7), che si
assolve tramite compilazione del modello F23, codice tributo 109T. Si tratta di una
registrazione in termine fisso (a meno che l’ imposta non risulti inferiore a 168 euro,
nel qual caso l’atto è soggetto a registrazione solo in caso d’uso, ai sensi dell’art. 2
della tariffa) che va richiesta obbligatoriamente da tutti i pubblici ufficiali, compresi
quindi i funzionari degli enti locali, “per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati”
(art. 10, 1, b).
E’ il caso di evidenziare che l’aliquota del 2% si applica a qualunque tipo di
concessione sui beni demaniali e che, pertanto, le norme non prescrivono alcun
elemento di diversificazione riferibile specificamente alle concessioni demaniali
marittime. In questa situazione, si è ritenuto di non prevedere, tra le varie codifiche di
identificazione di atti e tributi disposte in sede di Anagrafe tributaria, un codice
identificativo riferito soltanto alle concessioni del demanio marittimo, cui viene infatti
attribuito il più generale “codice negozio 1001: concessione di uso eccezionale di bene
demaniale”.
Di conseguenza, pur potendosi risalire, dai dati in possesso dell’Anagrafe
tributaria, al numero degli atti concessori sottoposti a registrazione del 2% nei vari
uffici locali dell’Agenzia delle entrate e, sulla base delle imposte così percepite, anche
46
all’entità dei canoni di tali atti, non è tuttavia possibile anche desumerne, con
attendibilità, numero e valore delle sole concessioni demaniali marittime, in quanto
non separatamente individuabili 42.
In altri termini, la dimensione ed il valore del fenomeno concessorio sul
demanio marittimo e dei relativi canoni non sono conoscibili e quantificabili, se non
per grandi linee ed approssimativamente, partendo dall’obbligatorietà della
registrazione degli atti. Tali elementi di conoscenza dovrebbero invece poter essere
forniti tramite il S.I.D.
5. Riscossioni: entrate, stime e consuntivi.
Le riscossioni andranno adesso esaminate dai punti di vista delle previsioni e
dei consuntivi di bilancio; per la competenza e per i residui, rispetto all’accertamento
ed ai versamenti.
Va ancora ricordato che l’erario riscuote per l’uso del demanio marittimo oltre
ai canoni concessori, gli indennizzi per le occupazioni ed opere abusive (e, per la
registrazione degli atti di concessione, l’imposta di registro).
Come si è detto al precedente paragrafo 4.1, l’indennizzo va da due a tre
volte il canone dovuto (in caso, rispettivamente, di occupazioni in difformità dal titolo
concessorio e di mancanza assoluta di titolo) ed è invece commisurato ai valori di
mercato delle opere costruite ove siano state realizzate abusivamente costruzioni non
amovibili.
Al riguardo interessa far ora rilevare che per la prima volta, nel bilancio di
previsione del 2007, è stato inserito un apposito capitolo di entrata (cap. 2607) per
tali indennizzi, distinto dal capitolo 2612, art. 4, nel quale, fino al bilancio dello Stato
del 2006, erano iscritti tutti i “proventi dei beni del demanio marittimo”, cioè sia
42 Gli elementi di informazione sui dati relativi agli atti registrati di concessioni demaniali marittime sono
stati desunti, su richiesta di questa Sezione, da una nota dell’Agenzia delle entrate (prot. n. 2008/102389 in data 30.6.2008).
47
canoni che indennizzi.
I capitoli 2602/4 e 2607 sono classificati in bilancio nelle Unità previsionale di base:
• 1.2.8, fino all’esercizio finanziario 2007
• 2.1.3.2, dall’esercizio 2008.
Fino al 2007 Dal 2008 CDR TIT UN2 TIT NAT PROV ATT
1 2 8 (Economia e Finanze) Politiche fiscali. Entrate extra tributarie. Proventi del demanio
2 1 3 2 Extra tributarie. Entrate ricorrenti. Redditi da capitale. Proventi del demanio
5.1 Previsioni e consuntivi di bilancio.
Si ricorda che la riscossione è quella fase del procedimento di acquisizione
delle entrate che segue l’accertamento e che si conclude con il versamento; che le
riscossioni ed i versamenti nel corso dell’esercizio possono riguardare sia le entrate
accertate nell’anno (di competenza) che negli anni precedenti (residui) e che gli
scostamenti tra le previsioni di entrata indicate in bilancio ed i consuntivi sono
rilevabili dal Rendiconto generale dello Stato come approvato, previa la parificazione
della Corte dei conti, con legge del Parlamento (un semestre dopo la conclusione
dell’esercizio). E’ inoltre utile tener presente che l’accertamento di un credito può e
deve essere iscritto in bilancio quando, in base ad un titolo giuridico legittimante,
l’Amministrazione accerti la persona del debitore e l’ammontare del debito (v. art. 222
del Regolamento di contabilità generale dello Stato). Gli accertamenti delle entrate di
cui trattasi derivano dagli importi indicati negli atti concessori (licenze o atti formali),
per quanto riguarda i canoni, ovvero dalle determinazioni degli indennizzi per i casi di
abusivismo.
Si passa ora ad illustrare e commentare i dati di bilancio concernenti le
entrate del demanio marittimo. La tabella n. 1 che segue riassume i dati relativi al
cap. 2612 art. 4 per il periodo 2000-2004, consentendo il collegamento, senza
soluzione di continuità, con i dati esposti in precedenti deliberazioni di questa Sezione
48
in materia di acquisizione dei proventi del demanio marittimo.
Nelle tabelle successive alla prima si illustreranno i dati concernenti i più vicini
anni 2003-2007, tratti dal sistema informativo RGS - Corte dei conti, onde evidenziare
l’andamento delle riscossioni e dei versamenti, rispetto alle previsioni di entrata, e dei
residui 43.
Tabella n. 1
Entrate 2000-2004 Cap 2612 – art. 4:Proventi dei beni del demanio marittimo
2000 2001 2002 2003 2004
Previsioni definitive di competenza
50.096.319,21 81.006.264,62 61.974.828,00 61.974.828,00 70.000.000,00
Previsioni definitive di cassa
50.096.319,21 81.006.264,62 61.974.828,00 61.974.828,00 70.000.000,00
Accertamenti 59.006.180,08 51.462.720,58 48.541.872,90 56.571.873,16 59.519.957,99
Versamenti totali 54.193.232,73 49.624.741,40 46.886.079,83 54.701.211,72 57.132.500,47
Residui finali al 31.12 71.927.081,93 71.340.311,37 67.010.109,69 70.888.296,58 67.620.148,44
Resti da riscuotere 60.999.274,57 58.820.593,77 53.025.519,63 53.633.148,56 47.669.657,70
Resti da versare 10.927.807,34 12.519.717,58 13.984.594,06 17.255.148,02 19.950.490,74
Fonte: sistema informativo RGS – Corte dei conti.
Fonte: sistema informativo RGS – Corte dei conti.
43 Con l’illustrazione e commento dei dati di bilancio concernenti le entrate del demanio marittimo, si
riprende il metodo di indagine già utilizzato da questa Corte, Sezione di controllo, nella relazione, approvata con delibera n. 12/2001/G, sulle “attività e gestioni svolte dal Ministero dei trasporti e della navigazione in materia di acquisizione dei proventi del demanio marittimo nonché sui profili organizzativi, procedimentali e di redditività”, che fece seguito alla relazione, approvata con deliberazione n. 35/99, sempre in sede di controllo, sulla “gestione relativa al demanio marittimo per gli anni 1996 e 1997 della Direzione generale del demanio marittimo e dei porti e del Comando generale della Capitaneria di porto”. Vari temi della presente indagine sono stati quindi affrontati dalla Corte dei conti in sede di controllo sulla gestione in due relazioni nell’ultimo decennio (1999 e 2001), in entrambe delle quali non sono stati espressi giudizi e valutazioni positivi sull’operato dell’amministrazione. Nella relazione del 1999 (v. conclusioni a pag. 43 e 44) furono denunciati carenze di efficienza e di economicità, diffusi ritardi nell’adozione di un complesso di regolamenti necessari per l’attuazione di norme legislative in materia di ristrutturazione dell’organizzazione ministeriale (accorpamento dei Ministeri dei trasporti e della marina mercantile) e la non più rinviabile esigenza di introdurre semplificazioni dei procedimenti amministrativi e maggiore celerità nel conseguimento dei risultati. E ciò tenuto conto, in particolare “dell’interesse dell’erario a vedere implementata l’entrata derivante dai canoni di concessione, nonché del rilevante profilo socio-economico connesso all’utilizzo del patrimonio in argomento”. Alla seconda relazione, del 2001, si farà ancora riferimento nel prosieguo del presente lavoro considerato che le criticità allora emerse non appaiono, per molti aspetti, essere state superate.
49
Con l’ausilio delle successive tabelle si intende richiamare l’attenzione su
particolarità e/o anomalie riscontrate nei conti del quinquennio in esame.
Tabella n. 3 (previsioni, accertamenti e riscossioni)
Entrate Cap 2612 – art. 4:Proventi dei beni del demanio marittimo
Tipologia 2003 2004 2005 2006 2007
Previsioni iniz. competenza 61.974.828,00 70.000.000,00 70.000.000,00 210.000.000,00 223.000.000,00
Previs. definit. competenza 61.974.828,00 70.000.000,00 350.000.000,00 210.000.000,00 215.000.000,00
Accertamenti 56.571.873,16 59.519.957,99 52.168.625,17 65.455.034,18 87.186.863,89
Riscossioni competenza 56.561.513,85 59.493.524,64 52.168.625,17 65.447.707,09 85.455.875,09
Osservando i dati esposti in tabella, per gli esercizi appena sopra richiamati, le previsioni di entrate sono
dunque risultate, a consuntivo, sovrastimate, ad eccezione di quelle dell’anno 2000. In particolare nel 2001, il divario
tra previsioni e risultati è stato ragguardevole (gli accertamenti ed i versamenti sono risultati inferiori alle rispettive
previsioni per gli importi, nell’ordine, di 29,5 milioni di euro, e di 31,8 milioni di euro).
Dal punto di vista dei residui, se da un lato le somme rimaste da riscuotere mostrano un andamento
sostanzialmente decrescente, i resti da versare indicano a partire dal 2000 una crescita costante.
La successiva tabella n. 2, redatta negli importi desunti dal sistema informativo RGS - Corte dei conti,
illustra l’andamento dei dati relativi al cap. 2612 art. 4 nel quinquennio 2003-2007.
Tabella n. 2 (riepilogativa)
Entrate 2003-2007 Cap 2612 – art. 4:Proventi dei beni del demanio marittimo
2003 2004 2005 2006 2007 Variaz. % 2007-2003
Previsioni defin.compet. A 61.974.828,00 70.000.000,00
350.000.000,00 210.000.000,00
215.000.000,00 246,92
Accertamenti B 56.571.873,16 59.519.957,99 52.168.625,17 65.455.034,18 87.186.863,89 54,12
Da riscuotere residui C 53.622.789,25 47.643.224,35 41.547.439,92 40.445.154,90 40.849.489,85 -23,82
Da versare residui D 14.593.222,76 16.949.252,56 18.945.888,63 20.870.708,53 21.802.641,42 49,40
Da riscuotere competenza E 10.359,31 26.433,35 0 7.327,09 1.730.988,80 16.609,50
Da versare competenza F 2.661.925,26 3.001.238,18 2.547.494,13 1.571.676,50 3.492.306,00 31,19
Riscossioni residui G 15.394.845,89 17.589.466,57 19.884.413,58 21.541.099,79 22.425.438,12 45,67
Versamenti residui H 801.623,13 640.214,01 938.524,95 670.391,26 622.796,70 -22,31
Versamenti competenza I 53.899.588,59 56.492.286,46 49.621.131,04 63.876.030,59 81.963.569,09 52,07
Riscossioni competenza L 56.561.513,85 59.493.524,64 52.168.625,17 65.447.707,09 85.455.875,09 51,08
Riscossioni totali M 71.956.359,74 77.082.991,21 72.053.038,75 86.988.806,88
107.881.313,21 49,93
Versamenti totali N 54.701.211,72 57.132.500,47 50.559.655,99 64.546.421,85 82.586.365,79 50,98
50
Fonte: sistema informativo RGS – Corte dei conti.
Guardando la tab. n. 3 risulta evidente che le cifre delle previsioni definitive di
entrata di competenza sono state caratterizzate da rilevanti incrementi nel triennio
2005-2007, ma che non sono stati seguiti affatto, però, da corrispondenti andamenti
negli accertamenti e nelle riscossioni.
Ricostruendo le ragioni del loro andamento, si fa notare che:
- le previsioni di entrata degli esercizi 2003 e 2004 sono state determinate in
conseguenza di una ipotizzata lievitazione del gettito degli anni a ciascuno di essi
precedenti. Per quanto concerne il 2004, è da tener presente che le previsioni
definitive, cioè assestate, hanno continuato ad indicare un gettito (di 70 milioni)
senza aggiungervi l’incremento di 140 milioni che avrebbe dovuto scattare, previa e
a seguito dell’emanazione di apposita normativa, proprio da quell’anno (v.
paragrafo 4.1);
- le previsioni del 2005 e 2006 sono state invece calcolate in base agli aumenti di
incasso dei suddetti 140 milioni annui che il Governo si era posto come obiettivo, a
decorrere dal precedente 2004, con le disposizioni della legge finanziaria per il
2004 e successive, di cui si è dato conto, ma che non sono mai andate in vigore (v.
paragrafo 4.1). Va chiarito che le previsioni definitive di entrata per il 2005 hanno
raggiunto la elevata somma di 350 milioni perché quantificate in modo da tener
conto, con un incremento di gettito di 280 milioni (140 X 2), anche degli aumenti
dei 140 milioni programmati dal precedente 2004, ma che non erano stati inseriti,
come si è visto, nelle previsioni di entrata di questo anno;
- le previsioni del 2007 sono state indicate in 215 milioni come effetto dei più
consistenti introiti attesi, per 145 milioni aggiuntivi rispetto ai 70 del 2004, dai
nuovi canoni stabiliti dalla legge finanziaria per il 2007.
La suddetta ricostruzione pone evidenti interrogativi sul piano dell’
attendibilità dei criteri delle previsioni di entrata effettuate per quegli anni, non tanto
51
perché basate su ipotesi di normative di incerta adozione (e poi definitivamente
abbandonate dalla finanziaria per il 2007: i 140 milioni in più del 2004, 2005 e 2006),
ma perché comunque sempre superiori, e di molto nel 2007, alle realizzazioni di
gettito.
Circa gli accertamenti, un loro confronto con le previsioni definitive di
competenza ha senso, per gli anni 2005 e 2006, solo depurando le previsioni di
entrata di quegli anni degli ipotizzati incrementi, rispettivamente di 280 e 140 milioni,
di cui si è detto e, pertanto, considerandole dello stesso importo di 70 milioni del
precedente 2004. Il che significa una previsione di entrate identica di 70 milioni, senza
lievitazione alcuna, nel triennio 2004-2006, e senza quindi apparenti collegamenti con
le variazioni negli accertamenti intervenute invece in quegli stessi anni.
Fatta questa premessa, devesi osservare che gli accertamenti (v. seguente
tabella n. 4) mostrano un andamento crescente nel corso degli anni, interrotto però
dall’eccezione di un non lieve decremento nel 2005, unico anno nel quale, inoltre,
tutte le somme accertate risultano riscosse, anche se non interamente versate (da
riscuotere competenza = 0; da versare competenza = oltre 2,5 milioni).
Per gli anni 2003-2007, comunque, l’ammontare degli accertamenti è quasi
coincidente con il totale delle somme riscosse (nel 2005 è addirittura coincidente) non
evidenziando più, in tal modo, talune anomalie registrate in passato ed a suo tempo
rilevate da questa Corte, ma avvalorando tuttavia l’ipotesi che gli importi degli
accertamenti non siano stati desunti dall’insieme dei canoni e degli indennizzi dovuti in
base ai dati della gestione delle aree demaniali marittime, ma siano invece stati
ricostruiti a tavolino in un percorso “a ritroso” 44.
Le somme da versare, rispetto al riscosso dell’anno, rappresentano per il 2003 il
44 La ricordata indagine di questa Corte del 2001 sul controllo della gestione del Ministero dei trasporti e
navigazione segnalò varie anomalie dal raffronto tra previsioni di entrata e accertamenti nel quinquennio 1995-1999 (pagg. 20-23), tra le quali si citano l’invarianza delle previsioni del triennio 1995-1997, nonostante l’aumento degli accertamenti, e la sottostima delle previsioni rispetto agli accertamenti nel 1996 e 1997. Va pure segnalato che la Relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2006 (Volume I, pag. 121) e quella per l’esercizio 2007 (Volume I, pag. 95) misero in rilievo, tra l’altro, la probabilità di avvenute ricostruzioni a tavolino degli accertamenti.
52
4,70%, per il 2004 il 5,04%, per il 2005 il 4,88%, per il 2006 il 2,40% e per il 2007 il
4,08%.
Tabella n. 4 (riscossioni e versamenti di competenza)
CAP. 2612 – Art. 4
Tipologia 2003 2004 2005 2006 2007
Accertamenti 56.571.873,16 59.519.957,99 52.168.625,17 65.455.034,18 87.186.863,89
Riscossioni competenza 56.561.513,85 59.493.524,64 52.168.625,17 65.447.707,09 85.455.875,09
Versamenti competenza 53.899.588,59 56.492.286,46 49.621.131,04 63.876.030,59 81.963.569,09
Da riscuotere competenza 10.359,31 26.433,35 0,00 7.327,09 1.730.988,80
Da versare competenza 2.661.925,26 3.001.238,18 2.547.494,13 1.571.676,50 3.492.306,00
Fonte: sistema informativo RGS – Corte dei conti.
Necessita di un approfondimento la situazione delle riscossioni coattive e dei
residui attivi.
Le riscossioni coattive, che vengono avviate con l’iscrizione a ruolo da parte
dell’Agenzia del demanio, hanno dato senz’altro un esito molto deludente, come
devesi desumere dai dati forniti dall’Agenzia del demanio in una memoria del
30.9.2008, citata in nota 36, pur se relativi al solo triennio 2006-2008 (e per il 2006
concernenti sia i canoni che gli indennizzi). L’Agenzia ha infatti riferito di aver iscritto a
ruolo 169 “partite” riconducibili al suddetto triennio 2006-2008, per un valore
complessivo pari a circa 2.090.000 € ed un corrispondente riscosso di soltanto 17.000
€; cifre, queste, veramente molto modeste.
La situazione dei residui attivi viene sintetizzata, per il periodo 2003 – 2007,
nella sottostante tabella n. 5, da porre in relazione con i dati della precedente tabella
n. 4.
Tabella n. 5 (residui)
53
CAP. 2612 – Art. 4
Tipologia 2003 2004 2005 2006 2007
Variaz. % 2007-2003
Residui al 31 dicembre 70.888.296,58 67.620.148,44 63.040.822,68 62.894.867,02 67.875.426,07 -4,25
Residui iniziali 67.010.109,69 70.888.296,58 67.620.148,44 63.040.822,68 62.894.867,02 -6,14
Riscossioni residui 15.394.845,89 17.589.466,57 19.884.413,58 21.541.099,79 22.425.438,12 +45,67
Da versare residui 14.593.222,76 16.949.252,56 18.945.888,63 20.870.708,53 21.802.641,42 +49,40
Fonte: sistema informativo RGS – Corte dei conti.
In termini di totali, i residui iniziali, sempre molto elevati (si va, in ordine
decrescente, dai circa 71 milioni del 2004 ai circa 63 del 2007), risultano essere stati
ridotti, sia pure di poco, alla fine dell’esercizio, negli anni 2004, 2005 e 2006 (non nel
2007).
L’esposizione dei dati mostra un progressivo miglioramento nelle riscossioni
residui nel periodo in esame, ma questo risultato positivo risulta fortemente sminuito,
se non contraddetto, se si guarda alle somme da versare residui, che sono aumentate
di quasi il 50% nel quinquennio 2003 – 2007. In ordine all’entità delle somme da
versare residui, va notato che sono state registrate, nelle singole annualità, cifre
appena di poco inferiori alle riscossioni residui (il 94,79% nel 2003, il 96,36% nel
2004, il 95,28% nel 2005, il 96,88% nel 2006 ed il 97,22% nel 2007).
Visto che la situazione globale dei residui è data dalla somma dei residui da
riscuotere e dei residui da versare, se ne deve concludere che la massa dei residui
resta annualmente molto elevata, che lo smaltimento dei residui procede a rilento e
che quindi l’importo complessivo risultante al termine dell’ultimo anno consuntivato,
cioè al 31.12.2007 (circa 67,9 milioni), dovrebbe essere costituito, in larga misura, da
residui di vecchia formazione, dei quali andrebbe verificata l’attualità e l’esigibilità.
Con l’occasione, si ricorda che il problema della classificazione dei resti per grado di
esigibilità per le entrate extratributarie è stato messo in evidenza dalla Corte dei conti
anche nelle Relazioni sul Rendiconto generale dello Stato, da ultimo nelle Relazioni per
l’esercizio finanziario 2006 (volume I, pag. 139) e 2007 (Volume I, pag. 95).
54
Riguardo alle somme riferite ai versamenti ancora da effettuare (sia da
versare residui, particolarmente elevate, come si è visto, che da versare competenza),
è lecito pensare che vi possano essere state inefficienze nella vigilanza
sull’effettuazione dei versamenti con riferimento alle riscossioni, tanto più censurabili
considerando che dovrebbe trattarsi, almeno in prevalenza, di crediti fondati su
provvedimenti di concessione e perciò liquidi ed esigibili e di più agevole acquisizione.
Altra possibile spiegazione può rinvenirsi nelle modalità di riscossione tramite il
modello F23 – con versamenti diretti del concessionario per la riscossione – e
nell’esistenza di decreti autorizzativi di tolleranze nei tempi di versamento. E tutto ciò
a prescindere dai possibili difetti di coordinamento tra le amministrazioni che
intervengono nella formazione del bilancio e nella comunicazione dei dati delle somme
da riscuotere e di quelle versate.
Non va dimenticato che fino al 2006 compreso le somme di bilancio del
capitolo dell’entrata n. 2612 art. 4 sono state riferite a tutti i proventi del demanio
marittimo, inclusi perciò quelli degli indennizzi, ma senza poter distinguere con
precisione gli importi degli uni e degli altri. Infatti, per quanto consta, le
amministrazioni del settore non sono mai state in grado di indicare separatamente,
con garanzie di attendibilità, le cifre dei canoni e degli indennizzi.
D’altronde, non vi sarebbe una vera garanzia di attendibilità nella
quantificazione delle entrate provenienti dagli indennizzi qualora la parte delle somme
del capitolo n. 2612 art. 4 dei bilanci fino al 2006 da riferirsi agli stessi fosse ricavata
dalle cifre del nuovo capitolo di entrata n. 2607 istituito, soltanto per gli indennizzi,
nel 2007, poiché tali cifre (v. tabella n. 6) lasciano ampio spazio alle perplessità: le
previsioni di entrata di competenza degli indennizzi sono infatti precipitate da 225
milioni iniziali a 40 milioni nelle previsioni definitive e il versato di competenza, pari al
riscosso e accertato, non è arrivato neanche a 2 milioni.
Tabella n. 6
55
Anno 2007 – Cap. 2607: Entrate derivanti dalla regolarizzazione di occupazioni sul
demanio marittimo.
Previs. iniziali competenza
previs. definit. competenza accertato
riscosso competenza
versamenti competenza
225.100.000,00 40.000.000,00 1.992.654,85 1.992.654,85 1.992.654,85
Fonte: sistema informativo RGS – Corte dei conti.
Non è inutile desumere dalle cifre della tabella che, malgrado la stima degli
indennizzi dovuti al fenomeno di abusivismo sia di un rilevante importo (v. previsioni
di entrata), i crediti diventati effettivamente riscuotibili, e riscossi, sono poi risultati di
gran lunga inferiori.
Parrebbe quindi essere stato assai scarso l’effetto delle misure sanzionatorie
(demolizioni ed indennizzi) volte a combattere l’abusivismo sul demanio marittimo 45.
E’ a questo punto opportuno un approfondimento degli importi di bilancio
relativi all’accertamento e alle riscossioni avuto riguardo al tipo di concessione (licenza
o atto formale), alle finalità (turistico-ricreative od altre), alla distribuzione sul
territorio.
Alla luce di un’informativa del Ministero delle infrastrutture e trasporti46,
partita dai dati del 2000 - 2001 del S.I.D. e riferita in particolare al 2003 (anno nel
quale risultavano al Ministero indicati dalla Ragioneria generale dello Stato introiti di
45 In ordine alla determinazione degli indennizzi e alla riscossione degli stessi, già la relazione di questa
Corte sull’indagine del 2001 aveva denunciato (v. pagg. 28-30), oltre alla carenza di un adeguato coordinamento tra organi competenti a quantificare gli indennizzi ed organi incaricati di riscuoterli, la mancanza di accettabili informazioni sull’ammontare degli indennizzi accertati e su quelli realmente riscossi, in via ordinaria e attraverso i procedimenti di riscossione coattiva. Erano state auspicate, inoltre, opportune iniziative atte a prevenire il verificarsi del fenomeno dell’abusivismo, a provvedere al suo contenimento e a procedere al recupero di aree “già fortemente compromesse”. A proposito dell’abusivismo edilizio in generale, da una lettera dell’Agenzia del territorio all’Agenzia del demanio prot. n. 55742 del 28.7.2008, trasmessa a questa Sezione dal Mef, Direzione agenzie ed enti della fiscalità, si è appreso, a seguito di un’attività di fotoidentificazione degli immobili non dichiarati in circa il 60% del territorio nazionale, che esistono ben circa 2 milioni di fabbricati sconosciuti al catasto.
46 Si tratta della memoria M TRA/DINFR/8330 del 29.5.2008 (pag. 11 e seguenti) già ricordata nelle note 38,40 e 41. Il Ministero, elaborando una serie di dati censiti dal S.I.D., ha ritenuto attendibile una proiezione per il 2003, 2004 e 2005, sintetizzando i risultati della quale si arriva ad un introito totale dei canoni intorno ai 35 milioni, per oltre l’80% relativi a concessioni turistico-ricreative, per un totale di concessioni di circa 23.000, di cui poco meno di 19.000 turistico-ricreative. Sulla base dei dati del S.I.D., il Ministero ha pure effettuato una stima aggiornata al maggio 2008 del numero delle concessioni rilasciate, con licenza fino a sei anni, dalle Capitanerie di porto e dei relativi canoni. Si notino le differenze tra le suddette proiezioni e stime degli introiti effettuate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed i dati di bilancio riferiti a quegli stessi anni inseriti nelle tabelle, che dimostrano ulteriormente un’assoluta incertezza sulle reali dimensioni degli incassi statali e quindi sulle relative previsioni di entrata.
56
euro 56.786.903, pressoché equivalenti a quelli di accertamento a consuntivo di cui
alla tabella n. 2) è da tener presente, tra l’altro, che gli incassi, anche degli anni
successivi al 2003:
- non sono soltanto derivati dai canoni, poiché, come si è visto, hanno incluso anche
quanto versato dagli occupanti abusivi;
- hanno riguardato anche settori diversi dal turistico - ricreativo;
- non hanno potuto essere correttamente disaggregati per Regione in quanto il dato
è stato riferito al domicilio fiscale del contribuente (es. in Lombardia) e non legato
alla collocazione geografica del bene.
Ma è da sottolineare, più in generale, che ad avviso del Ministero:
- non è sostanzialmente possibile stabilire quanto lo Stato incassa annualmente dalle
concessioni (come già riferito in nota n. 29);
- lo Stato non dispone di dati analitici sulla consistenza del gettito annuo derivante
dai canoni delle concessioni demaniali marittime per i vari usi, degli indennizzi,
nonché dei conguagli 47;
- resta del tutto aperto il problema, “per certi versi ancora più critico”, del controllo
della puntualità e della correttezza dei versamenti, a vario titolo dovuti allo Stato,
da parte dei concessionari.
5.2. La situazione dal 2007. Fattori di criticità.
Con la nuova disciplina introdotta, a decorrere dal 2007, dalla legge n.
296/2006 (finanziaria per il 2007) non sono certo venuti meno difetti, carenze ed
anomalie che hanno inciso, ed incidono, negativamente sul livello delle entrate e sul
loro controllo.
Per il 2007 (nonché per il 2008, il cui rendiconto potrà tuttavia essere
esaminato, parificato ed approvato solo a metà 2009) la più rilevante differenza con
47 Il Ministero ha precisato, nella sua memoria del 29.5.2008, di ritenere che l’utilizzo sistematico del
S.I.D. consentirebbe di colmare questa lacuna, come avrebbe dimostrato il comportamento in questo senso tenuto dalla Regione Puglia nel 2006. Ad avviso del Ministero, l’utilizzo sistematico del S.I.D. dovrebbe man mano essere seguito anche dai Comuni cui i poteri concessori sono stati trasferiti dalla Regione.
57
gli anni precedenti consiste nell’indicazione di previsioni di entrata non più basate su
ipotesi di normative ancora da definire, finalizzate ad incrementare gli incassi, poi non
concretizzatesi, ma, come si è detto, sulla stima dei maggiori introiti attesi da nuove
disposizioni effettivamente approvate ed entrate in vigore, che sono stati calcolati per
il 2007 in 145 milioni (di conseguenza:70 milioni di entrata “storica” + 145 = 215 di
previsione complessiva). Ma, nonostante il riferimento a queste novità reali, le
previsioni del 2007 effettuate dal MEF in conformità delle stime dell’Agenzia del
demanio, sono state, come si è visto, molto superiori all’accertato e riscosso, facendo
così confermare il giudizio di inattendibilità già riferibile agli anni precedenti.
Richiesta di spiegazioni al riguardo, l’Agenzia48 ha indicato tre fattori di
criticità che hanno agito in senso contrario a quanto ipotizzato in sede di previsione
delle entrate per l’esercizio 2007, e precisamente che:
a) molti enti locali non hanno sotto controllo la situazione concessoria riguardante il
demanio marittimo;
b) alcune Regioni, e più specificamente l’Emilia Romagna e la Puglia, hanno
“formalmente comunicato agli organi competenti” di non voler procedere alla
“piena” attuazione della nuova normativa in vigore;
c) numerosi concessionari non hanno inteso pagare quanto richiesto dall’ente
gestore impugnando tali atti nelle sedi legali competenti, con effetti negativi sul
livello delle riscossioni conseguite.
A sostegno di quanto fatto presente dall’Agenzia del demanio va rammentato
48 Le informazioni e le valutazioni di cui trattasi sono state portate a conoscenza di questa Sezione
dall’Agenzia del demanio con lettera prot. 2008/31132/ DA del 24.7.2008. Malgrado i problemi e le criticità degli anni 2007 e 2008, l’Agenzia ha comunque espresso la convinzione di ritenere “assolutamente fisiologico” un periodo di assestamento per una normativa, come quella della finanziaria per il 2007, piuttosto articolata e di impatto certamente rilevante. Al riguardo, giova anche ricordare il parere dell’ Ufficio agenzie ed enti della fiscalità del Mef che con memoria 2457/2008/DF/DAF dell’ 11.8.2008 ha riferito a questa Sezione sui compiti dal medesimo esercitati in materia di pianificazione degli obiettivi dell’azione dell’Agenzia del demanio, di riscontro dei risultati e di controllo e monitoraggio dei servizi svolti dall’ente secondo il contratto. In tale memoria l’Ufficio ha anch’esso richiamato l’attenzione sulle “criticità” incontrate dall’Agenzia del demanio, ma ha concluso esprimendo l’avviso che sia il processo di previsione delle entrate, sia la gestione delle riscossioni, sia il contrasto all’abusivismo “possano migliorare attraverso una maggiore integrazione e razionalizzazione dei sistemi e delle procedure attualmente utilizzati dai vari enti responsabili (Mef, Agenzia del demanio, Ministero infrastrutture e trasporti, enti locali e agenti della riscossione)”.
58
che la stessa ha rilevato che soltanto il 49% dei Comuni costieri si è uniformato alle
prescrizioni della finanziaria per il 2007 e può ricordarsi che nessuna Regione, anche
quelle con coste e spiagge di riconosciuta, eccezionale attrattiva, ha deliberato l’alta
valenza turistica. Inoltre, un peso non certo trascurabile sull’an, quantum e quando
degli introiti hanno, o potrebbero avere, in effetti, le contestazioni dei concessionari in
sede legale49.
Ai suddetti fattori di criticità, l’Agenzia ha inteso aggiungere anche “la scarsa
propensione degli enti gestori ad utilizzare tutte le leve coercitive che il quadro
normativo mette a disposizione per garantire il recupero di quanto effettivamente
dovuto”, come la decadenza della concessione quando vi sia l’omissione del
pagamento del canone, e l’atteggiamento di netto contrasto tenuto, in particolare sulla
stampa, dalle associazioni di categoria dei concessionari, che, secondo l’Agenzia,
avrebbero rappresentato una situazione non effettivamente corrispondente alle reali
motivazioni ed entità degli incrementi dei canoni stabiliti nel settore della balneazione.
Ad integrazione di quanto sopra, va poi rammentato che l’interpretazione e la
conseguente applicazione delle norme del nuovo calcolo dei canoni indicate dalla
Agenzia (v. paragrafo 4.3) hanno determinato sin dall’inizio varie opposizioni, ma,
soprattutto, va segnalato che forti riserve sono state espresse nel 2008, dopo poco
più di un anno dall’entrata in vigore, anche ai massimi livelli istituzionali. Ciò si deduce
dal fatto che identiche risoluzioni sono state approvate, sia alla Camera che al Senato,
per far modificare talune delle suddette interpretazioni, e specialmente dall’impegno
che, con l’approvazione delle risoluzioni, è stato assunto dal Governo affinché gli enti
gestori applichino l’aggiornamento Istat dei canoni a decorrere dal 1.1.1998, in
49 Appare particolarmente interessante segnalare che la magistratura ordinaria, in una recente pronuncia,
dopo essersi dichiarata competete ad intervenire in materia di determinazione di canoni concessori in quanto non calcolati con criteri discrezionali, nel qual caso vi sarebbe la competenza del giudice amministrativo, ha disposto, in sede cautelare, con ordinanza, la sospensione di provvedimenti comunali con i quali sono stati quantificati a carico dei concessionari dei canoni per pertinenze demaniali. Il magistrato ha rilevato che le opere costruite non possono considerarsi pertinenze non essendo ancora scaduta la concessione e quindi non essendo avvenuto il passaggio alla proprietà dello Stato (ordin. n. 396/08 del 23.6.2008 del Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia; convenuti il Comune di Roma e l’Agenzia del demanio).
59
conformità del parere n. 35670 del 17.3.2008 espresso dall’Avvocatura generale dello
Stato su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, anziché dal più lontano
1.1.1994, come è stato ritenuto invece dall’Agenzia del demanio (v. precedente
paragrafo 4.3)50.
Verosimilmente per l’insieme delle ragioni di cui sopra, l’Agenzia del demanio
ha ridotto le previsioni di entrata per il 2008 rispetto a quelle indicate in precedenza.
Ha comunque molto insistito sulle carenze di coordinamento e delle necessarie
informazioni da parte degli enti gestori (v. paragrafo 4.4 e nota n. 36) per spiegare le
difficoltà, a suo parere perciò oggettive, di formulare stime da poter considerare
sostanzialmente attendibili. Le entrate dai canoni del capitolo n. 2612, articolo 4 sono
state stimate, ad agosto 2008, in 120 milioni, in termini di competenza, e in 90 milioni
in termini di cassa, di importi molto inferiori, dunque, agli iniziali 215 milioni. Secondo
dati della Banca d’Italia aggiornati al 23.10.2008, i versamenti 2008 di competenza
ammontano a 83,4 milioni e quelli dei residui a 1,65 milioni.
Le entrate di competenza del capitolo 2607, riguardante gli indennizzi per la
regolarizzazione delle occupazioni abusive, sono state ora anch’esse ridimensionate a
140 milioni, rispetto ai ben superiori 470 precedenti 51. Secondo dati della Banca
d’Italia aggiornati al 22.10.2008 i versamenti 2008 di competenza risultano di 1,89
milioni e quelli dei residui 4,83 milioni.
50 Si tratta della risoluzione n. 7-00019 dell’on.le Soglia approvata dalla VI Commissione finanze della
Camera dei deputati in data 30.7.2008 e della risoluzione G/949/4/5 del sen. Piscitelli approvata dalla V Commissione bilancio del Senato nella stessa data. Il Governo è stato impegnato dalle citate risoluzioni anche a non far applicare le nuove norme sulla determinazione dei canoni ai rapporti concessori che erano già in corso alla data del 1.1.2007, come invece ha ritenuto l’Agenzia del demanio (v. paragrafo 4.3), e a far precisare la definizione delle pertinenze “commerciali” ai fini dei nuovi importi dei canoni per questi casi stabiliti dalla finanziaria per il 2007.
51 Tanto è stato comunicato dall’Agenzia al MEF, Direzione Agenzie ed Enti della fiscalità, con nota 2008/34938/VD-PCS del 4.8.2008. Sulla questione degli indennizzi (che non riguarda direttamente l’oggetto della presente indagine) l’Agenzia del demanio ha sottolineato, nella memoria del 24.7.2008 citata in nota n. 48, che, malgrado i sempre più numerosi accertamenti di abusivismi, frutto di una vigilanza più efficiente ed estesa, le riscossioni continuano a ridursi a somme del tutto marginali e che sussistono in materia di accertamento e di perseguimento degli abusi notevoli difficoltà a causa della molteplicità degli attori coinvolti nella procedura e della mancanza di una completa e certa conoscenza della dividente demaniale, che – ha rilevato l’Agenzia - richiede l’espletamento di operazioni sul campo condotte da una molteplicità di amministrazioni in contraddittorio con i privati interessati. Tali affermazioni sulla insoddisfacente definizione della dividente demaniale appaiono peraltro in contraddizione con quanto invece è stato sostenuto dal Ministero delle infrastrutture circa i postivi risultati conseguiti per questo aspetto dal progresso del Sistema informativo del demanio (v. paragrafo 4.5) che, ad avviso della Agenzia, potrà dispiegare tutte le sue potenzialità soltanto quando il suo aggiornamento risulterà completo.
60
E’ interessante far notare, a questo punto, che per assicurare concretezza al
suo operato e per perseguire il comportamento omissivo delle Regioni e degli enti
locali nella mancata applicazione delle nuove normative e quindi nel mancato introito
delle maggiori entrate attese dai nuovi canoni, l’Agenzia del demanio ha prefigurato il
possibile profilarsi di danni erariali da imputarsi al persistere di tali comportamenti
degli amministratori regionali, ricordando alle Regioni di essere obbligata a segnalare
alle Procure regionali della Corte dei conti tali danni e responsabilità e facendo rilevare
che le mancate denunce possono comportare una sua propria separata
responsabilità52.
52 Di questa situazione l’Agenzia ha trasmesso un’apposita informativa alla Procura generale della Corte dei
conti con memoria n. 2008/1634/DAO-CO/BD (all. 6) in data 11.1.2008, facendo riferimento, in particolare, alla “nota interpretativa in materia di denunce di danno erariale ai Procuratori regionali” redatta ed inviata a tutti i possibili organi interessati (compresi i Presidenti regionali e degli enti pubblici) dal Procuratore generale con lettera n. PG 9434/2007P del 2.8.2007 in ordine agli adempimenti cui devono provvedere amministratori e funzionari pubblici per la denuncia di fatti che possono dar luogo a responsabilità per danni causati alla finanza pubblica. In tale nota si è tra l’altro precisato che l’art. 1, comma 3, della legge n. 20/1994 chiama a rispondere del danno erariale anche coloro che, per aver omesso o ritardato la denuncia, abbiano determinato la prescrizione del relativo diritto al risarcimento. In merito alle possibili responsabilità amministrative, si rammenta che detta responsabilità è stata ravvisata anche nell’ aver ritardato la disponibilità da parte dell’erario delle somme riscosse ma non versate tempestivamente (v. sentenza n. 666/2008 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio). Una responsabilità per danno erariale è stata affermata, e condannata, altresì per non aver fatto assumere dalla Regione le scelte relative alla valenza turistica da attribuire alle zone oggetto di concessioni turistico-ricreative, necessarie per rideterminare in aumento la misura economica dei canoni ai sensi della legge n. 494/1993 e del DM n. 342/1998 (v. sentenza n. 515/2008 della stessa Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio).
61
6. Conclusioni.
Dopo una illustrazione dei principi ed istituti normativi che regolano le
concessioni del demanio marittimo (paragrafo 1), la presente relazione ha anzitutto
posto in evidenza che l’ordinamento attuale del settore deriva da una lunga e
complessa evoluzione in materia di competenze gestionali, iniziata con il DPR n.
616/1977 e conclusasi, dal punto di vista dell’effettiva operatività, solo nel 2001-
2002.
A seguito di tale processo evolutivo, avvenuto attraverso una serie di
successive disposizioni di legge e decreti attuativi e caratterizzato da incertezze e
conflitti applicativi, non del tutto venuti meno, è attualmente vigente una ripartizione
delle competenze di gestione tra lo Stato, che mantiene, in proporzione, attribuzioni
residuali, le Regioni, e, sussidiariamente, i Comuni (paragrafo 2; v. in particolare la
tabella A al paragrafo 2.2).
La spettanza degli introiti delle concessioni ed occupazioni del demanio
marittimo prescinde però dalla suddetta ripartizione in quanto è attribuita unicamente
allo Stato, nella sua qualità di proprietario dei beni, come in più occasioni ha ribadito
la Corte costituzionale (paragrafo 3.1; note n. 16, 20 e 21).
Va precisato, tuttavia, che lo Stato non ha diritti sui proventi delle concessioni
rilasciate e gestite dalle Autorità portuali (paragrafo 2.1; nota n. 14), valutati
(Relazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla attività delle Autorità
portuali 2006) in oltre 115 milioni complessivi nel 2006, e di Regioni a statuto
speciale, come la Sicilia, cui compete la proprietà dei beni del demanio marittimo.
Questo sistema, basato sulla separazione tra la titolarità delle responsabilità
gestionali ed amministrative e la titolarità dei proventi pubblici di tali attività, che dà
luogo ad una sorta di “federalismo monco”, è fonte, com’è emerso dall’indagine, di
difficoltà ed inconvenienti e porta anzi a porsi l’interrogativo, di ordine generale, sulla
stessa possibilità di un suo soddisfacente funzionamento. Nasce da questa
62
considerazione, oltre all’esigenza della massima collaborazione tra organi ed enti di
centro e di periferia, l’eventualità di valutare l’ipotesi di una partecipazione ai proventi
delle concessioni e dell’uso del demanio marittimo a favore delle Regioni costiere (e
dei Comuni delegati), con riferimento alla possibile attuazione di un modello di
federalismo particolarmente attento al problema della ripartizione di responsabilità e
risorse.
Gli importi riscuotibili sono di consistenza ed incassabilità molto diversa in
relazione alle prescrizioni di differenti regimi concessori, a seconda delle finalità delle
concessioni. Vi sono, dunque, vari “gruppi” di canoni (per usi industriali, cantieristici,
di approvvigionamento energetico, pesca, acquicoltura, turismo, balneazione ecc.:
paragrafo 4.1; note n. 23 e 24), ma il settore di gran lunga più considerato dal
legislatore e di maggior rilievo, tenuto conto del numero e valore economico delle
concessioni (circa l’80% del totale, v. nota n. 46), è quello turistico - ricreativo e della
navigazione da diporto, oggetto delle ultime, innovative disposizioni sui criteri e
misure dei canoni di cui alla legge n. 296/2006, finanziaria per il 2007 (paragrafo
4.1).
La presenza di efficienti ed efficaci poteri di vigilanza e di controllo sulla
gestione delle concessioni e nell’attività di riscossione è di ovvia importanza per la
migliore realizzazione degli obiettivi voluti dal legislatore ed ai fini dell’introito dei
canoni (nonché degli indennizzi, argomento, questo, non rientrante però nell’indagine,
e perciò trattato soltanto per rapidi cenni, ma di assoluto rilievo stante la dimensione
dell’abusivismo). Sotto i profili della vigilanza e controllo vanno dunque valutati i
risultati conseguiti dai soggetti competenti e coinvolti, che sono, a livello centrale, i
Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e finanze e l’Agenzia del
demanio (paragrafi 4.3 e 4.4).
Analogamente, è evidente l’importanza, per avere contezza ed effettive
capacità di controllo della situazione concessoria, della disponibilità di sicure e precise
informazioni sulle vicende delle concessioni, sulle loro caratteristiche e sulla
63
quantificazione e versamento dei canoni. Si pone in questo quadro l’interrogativo sulla
attuale o non lontana adeguatezza del funzionamento del Sistema Informativo del
Demanio (S.I.D.), struttura implementata e gestita dal Ministero delle infrastrutture e
trasporti sin dal 1993 (paragrafo 4.5).
Tenendo presenti le esigenze di una soddisfacente organizzazione ed
amministrazione, nel contesto ed alla luce dei problemi e necessità gestionali di cui si
è fatto cenno, deve a questo punto affermarsi che dall’indagine sono emersi carenze
operative e risultati deludenti, giustificando perciò la formulazione dei rilievi che
vengono appresso indicati e di giudizi non sempre positivi, così come era accaduto, sia
pure non dagli stessi punti di vista, in precedenti indagini di questa Corte nel 1999 e
nel 2001 (v. in particolare paragrafo 5.1, nota n. 43).
Le Amministrazioni interessate, nelle persone della Dott.ssa Rosa Russo
(Dirigente generale del Ministero dell’economia e finanze, Dipartimento finanze,
Direzione Agenzie ed Enti della fiscalità), del Dott. Luigi D’Attoma (Dirigente dello
stesso Ministero, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), del Dott. Cosimo
Caliendo (Direttore generale del Ministero delle infrastrutture e trasporti, Direzione
generale dei porti), dell’Ing. Paolo Maranca (Direttore dell’area operativa dell’Agenzia
del demanio) e del Dott. Felice Schipani (Dirigente dell’Agenzia delle entrate), hanno
rappresentato nell’adunanza pubblica del 2 dicembre 2008 dei Collegi I e II di questa
Sezione, ai quali è stato deferito l’ esame della presente relazione, talune esigenze e
considerazioni, di cui si dà conto in questo paragrafo.
A) Un primo tipo di rilievi concerne l’incertezza delle stesse Amministrazioni
direttamente competenti sulle reali dimensioni dei crediti dello Stato derivanti dai
canoni (e dagli indennizzi) e l’aleatorietà, nell’an e nel quantum, del possibile
recupero di crediti di più vecchia data. Ciò è desumibile da quanto osservato a
proposito dei preventivi e consuntivi di bilancio (paragrafo 5.1) e dalle seguenti
evidenze:
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- le previsioni (di competenza, di cassa, iniziali, definitive) delle entrate del
bilancio dello Stato relative ai proventi dei beni del demanio marittimo di cui al
capitolo 2612, art. 4 del periodo 2000-2007, ed in particolare degli anni 2003-
2007, sono sempre state, salvo che nel 2000, di importo superiore, anche di
molto, rispetto alle somme degli accertamenti, riscossioni e versamenti del
consuntivo (v. tab. 1, 2, 3 e 4). Si è dunque trattato di previsioni sovrastimate,
che sarebbero state determinate, secondo il Ministero dell’economia e della
finanze, talvolta dalla valutazione di un trend più favorevole nell’andamento
degli incassi (2001); altre volte (2005, 2206) dall’attesa di aumenti dei canoni,
poi non disposti, rispetto ad un introito “storico” di 70 milioni (2004), peraltro
anch’esso sovrastimato, e, da ultimo (2007), da stime dei maggiori introiti
conseguibili a seguito della nuova normativa introdotta con la finanziaria 2007
particolarmente ottimistiche, come in sostanza ha ammesso la stessa Agenzia
del demanio.53
E’ inevitabile sottolineare che la vicenda dei mancati aumenti riferiti agli anni
2004, 2005 e 2006 (al 300% ovvero, in alternativa, con un incremento annuo
di 140 milioni) continuamente disposti, sospesi ed infine definitivamente esclusi
in coincidenza con l’entrata in vigore dei nuovi criteri e misure a decorrere dal
2007, rivelatisi però di gettito di non poco inferiore al preventivato, è indicativa
di una politica dei canoni nel settore turistico – ricreativo e della nautica da
diporto oltremodo oscillante ed in ogni caso tale da non portare alcun
incremento per le casse dell’erario negli anni 2004, 2005 e 2006 e da far
realizzare nel 2007 introiti non solo non compensativi, su base annua, dei
53 Su questo punto si fa riferimento alla nota n. 0096903 della RGS-Ispettorato generale del bilancio,
trasmessa a questa Corte in data 5.8.2008, nonché a quanto rilevato nell’adunanza pubblica del 2.12.2008 dall’Ing. Maranca dell’Agenzia del demanio, che, dopo aver precisato che le previsioni di entrata dal 2007 sono state formulate con un certo coefficiente “di sicurezza” rispetto agli incassi del 2004, ha sottolineato le difficoltà incontrate dall’Agenzia nella applicazione dei nuovi importi dei canoni, che hanno originato forti contrasti ed un elevato contenzioso sulle somme dovute dai concessionari. Va qui anche ricordata la considerazione, di ordine generale, svolta dall’Agenzia del demanio sulla mancanza di informazioni precise e dettagliate come causa degli errori di stima nelle previsioni di entrata (paragrafi 4.4 e 5.2).
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mancati incassi originariamente prefigurati dal 2004 in poi, ma assai più ridotti
rispetto a quelli che erano stati ipotizzati per quegli anni;
- i dati degli accertamenti sono risultati coincidenti, o quasi, con quelli delle
riscossioni (v. tab. 4) facendo ritenere che siano stati ricostruiti a tavolino, a
“ritroso” da quelli delle riscossioni e dei versamenti, piuttosto che essere stati
desunti dai dati della gestione delle concessioni, ciò che avrebbe potuto farli
considerare effettivamente utilizzabili ai fini della valutazione del gettito
conseguibile e poi concretamente conseguito;
- i residui attivi sono stati costantemente molto elevati nel periodo osservato
2003-2007 (alla fine dell’esercizio 2007 circa 67,9 milioni di euro, v. tab. 5).
Mentre l’Agenzia del demanio ha fatto presente, nella memoria ricordata in
nota n. 36, di non disporre di alcun strumento che consenta di esaminare nel
dettaglio il formarsi di tali residui e di non essere in grado di fornire valutazioni
in merito alle prospettive della loro riscossione e smaltimento, il Ministero
dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello
Stato ha comunicato (v. nota n. 53) di ritenere doversi trattare di somme
riferite, almeno in buona parte, a vecchi ed ormai inesigibili crediti, il cui
smaltimento, ed il conseguente recupero di entrate, dovrebbero perciò risultare
piuttosto improbabili. La necessità di intervenire per rendere più attuali le
somme dei residui attivi, anzitutto in base alla esigibilità, è stata esplicitamente
confermata dalla RGS (Dott. D’Attoma) nell’adunanza pubblica del 2.12.2008,
con l’assicurazione dell’avvio di una verifica attenta e capillare sulle singole
contabilità dove sono individuabili i residui.
Devesi aggiungere che l’indicazione di versamenti ancora da effettuare rispetto
alle corrispondenti riscossioni (v. tab. 4 e 5) appare dimostrativa di disfunzioni
a danno di tempestivi incassi degli importi riscossi, oltre a non essere stata
chiaramente spiegata (v. paragrafo 5.1). Al riguardo, va segnalato che nella
suddetta adunanza pubblica la RGS ha formulato anche l’ipotesi, da verificare,
66
di somme rimaste da regolare contabilmente e/o dell’emissione di buoni di
sgravio.
- la commistione delle entrate dei canoni con quelle degli indennizzi per
occupazioni abusive in un unico indistinto capitolo dell’entrata fino al 2007 non
permette di distinguere i dati, e quindi anche gli incassi, degli uni dagli altri,
almeno fino al suddetto anno.
B) Un secondo tipo di rilievi, che concorrono a spiegare le inesattezze e la scarsa
accuratezza dei dati previsionali, riguarda la non ancora soddisfatta esigenza di
procedure, strumenti e/o sistemi atti a consentire una sicura e completa
conoscenza del fenomeno concessorio sul demanio marittimo e delle sue vicende,
dell’entità dei canoni (ed indennizzi) dovuti e degli adempimenti conseguenti. Su
questo punto, si è in particolare evidenziato che:
- l’entità dei proventi derivanti dalle concessioni del demanio marittimo non è
attendibilmente ricavabile dalle registrazioni degli atti concessori, in quanto
indistintamente riferite a tutte le concessioni demaniali (paragrafo 4.6);
- non sussiste identità di opinioni sulla funzionalità, validità e generale
accettazione dell’utilizzo del Sistema informativo del demanio (S.I.D.),
considerato che le valutazioni sostanzialmente ottimistiche sul progresso di
efficacia del sistema espresse dal Ministero per le infrastrutture (paragrafo 4.5
e nota n. 41), che se ne occupa dal 1993, non sono sembrate, almeno al
momento, del tutto condivise dall’Agenzia del demanio e dal Mef, Dipartimento
finanze (paragrafo 4.4 e nota 51).
Sulla questione del S.I.D. si sono ulteriormente soffermati, nell’adunanza del
2.12.2008, i rappresentanti dei due suddetti Ministeri.
Il Dottor Caliendo, facendo anche riferimento ad una memoria trasmessa dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in relazione all’esame della presente
67
relazione54, ha tra l’altro ricordato l’importanza di iniziative delle Regioni dirette ad
indurre tutti gli enti locali delegati all’utilizzo generale del Sistema informativo e
l’intendimento del Ministero di giungere alla realizzazione di un progetto integrato
di riordino della dividente demaniale. Il Dottor Caliendo ha peraltro sottolineato la
necessità di un potenziamento delle infrastrutture del Sistema nonché
dell’assistenza e della formazione per gli utenti istituzionali e quindi di risorse ed
investimenti ulteriori, precisando che ciò è stato portato all’attenzione del Ministro.
La Dott.ssa Russo, premessa l’utilità di un apposito sistema informativo per il
demanio marittimo anche in un settore, come quello di cui trattasi, caratterizzato
da una articolazione di competenze, e perciò alimentabile da più soggetti, ha
particolarmente insistito sull’esigenza di un’evoluzione del S.I.D. affinché possa
diventare una struttura interattiva di produzione degli atti di concessione, con il
superamento, in tal modo, di una concezione, riduttiva, di strumento soltanto o
prevalentemente finalizzato all’informazione e all’archivio. Il S.I.D. dovrebbe
dunque poter fungere da punto di gestione per tutti i soggetti interessati,
compresi Regioni e Comuni, giovandosi di ogni possibile sinergia, anche tra le
Agenzie fiscali, ma altresì della disponibilità, inevitabilmente, di adeguate risorse
finanziarie. A tal scopo dovrebbe rivelarsi opportuna, ad avviso della Dott.ssa
Russo, una risistemazione normativa, in senso rafforzativo, del suddetto Sistema.
C) Un terzo ordine di rilievi concerne il comportamento non sempre funzionale alla
realizzazione delle riscossioni da parte dei soggetti coinvolti, allorché non vi sia un
adempimento spontaneo, e la incerta individuazione ed efficacia dei possibili
correttivi (paragrafo 5.2). Infatti:
- come segnalato dall’Agenzia del demanio, talune Regioni hanno rifiutato di
applicare, o di fatto non applicano, le condizioni più onerose per i concessionari
54 Nota prot. M TRA/PORTI 12810 del 21.11.2008 nella quale il Ministero ha comunicato, tra l’altro, che, a
partire da giugno 2008, il S.I.D. è in uso presso tutte le filiali costiere dell’ Agenzia del demanio; che il sistema ha incontrato un crescente interesse anche da parte delle utenze istituzionali (Regioni e Comuni) e, inoltre, che progredisce il processo di realizzazione del sistema di interscambio tra S.I.D. ed i sistemi informativi delle Agenzie fiscali.
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desumibili dalla finanziaria 2007, senza che siano previste in tali casi sanzioni
dirette a carico degli enti. Inoltre, sempre secondo l’Agenzia, i Comuni non
attivano tutti i mezzi disponibili (come la decadenza della concessione) contro
gli inadempienti. In presenza di tali situazioni, l’Agenzia si è intanto
determinata a richiamare l’attenzione sulla possibilità, ed anzi sulla doverosità,
di una sua denuncia alla Procura della Corte dei conti per far valere una
responsabilità amministrativa per danno erariale a carico di quegli
amministratori che non avessero tenuto i comportamenti più idonei per far
incassare dallo Stato quanto dovuto in base alle norme in vigore (v. nota n.
52);
- l’Agenzia del demanio ha inteso sottolineare che anche l’avvio e ed il miglior
esito delle riscossioni coattive richiedono una costante attenzione da parte degli
enti gestori ed il coordinamento tra questi e la stessa Agenzia 55. Tuttavia, pur
tenendo conto di quanto sopra, devesi comunque rilevare che, come si è detto,
le riscossioni coattive hanno dato un risultato quanto mai deludente dal punto
di vista degli introiti realizzati e/o realizzabili (v. paragrafo 5.1).
D)Un quarto ordine di rilievi, che assume un carattere di valutazione complessiva,
riguarda una sorta di asserita “impotenza” a non poter più di tanto modificare in
meglio la situazione con le norme e gli strumenti attuali. Si fa qui riferimento a
quanto ha insistentemente osservato soprattutto l’Agenzia del demanio a proposito
delle carenze di coordinamento e di collaborazione con gli enti gestori (paragrafi
4.4 e 5.2) nonché, come sopra evidenziato, alle difficoltà di formulare previsioni di
55 Fermo restando il riconoscimento della sua competenza a promuovere le riscossioni coattive, l’Agenzia
del demanio ha tenuto a ricordare, nella memoria del 30.9.2008 citata in nota n. 36, di potersi attivare con le iscrizioni a ruolo solo a seguito di una specifica segnalazione dell’ ente gestore, e dopo due solleciti al pagamento da parte dell’ente (ai sensi della circolare prot. 12939 dell’11.6.2002 emanata congiuntamente con il Ministero infrastrutture e trasporti). L’Agenzia ha quindi precisato che dell’iscrizione a ruolo viene data comunicazione alla RGS e all’Agenzia delle entrate e che quest’ultima interessa poi la società Equitalia per il seguito della riscossione, ma ha tenuto ad evidenziare di non ricevere comunicazioni di ritorno, ciò che non le consente di verificare quali partite risultino definitivamente esigibili ovvero quali siano evase. Il Dott. Schipani, dell’Agenzia delle entrate, ha peraltro fatto notare, nell’adunanza pubblica del 2.12.2008, che la sua Agenzia, mettendo a disposizione i dati del proprio sistema informativo, dovrebbe consentire all’ Agenzia del demanio di poter ottenere il “ritorno” delle informazioni di cui sopra.
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entrata veramente attendibili, alla probabile inesigibilità di molta parte dei residui
attivi e alla modestia dei risultati delle riscossioni coattive. Tutto ciò induce
peraltro ad una riflessione sul “rendimento” della vigente organizzazione come
funzionante a livello centrale, ministeriale e delle agenzie fiscali, nel settore del
demanio marittimo, in particolare ove si faccia riferimento al contratto di servizi
stipulato dal Ministero dell’economia e delle finanze e dall’Agenzia del demanio (v.
paragrafo 4.4), considerando, da un lato, le azioni e gli obiettivi da perseguire in
base al contratto, e, dall’altro, i risultati ottenuti dall’Agenzia ed i compensi
conseguentemente alla stessa liquidati previo controllo del Dipartimento delle
finanze 56.
Non è inutile aggiungere, infine, un ulteriore ordine di rilievi, tratto dalle
vicende dell’elaborazione, dell’interpretazione e dell’applicazione delle norme sui nuovi
criteri e misure di calcolo dei canoni demaniali marittimi per finalità turistico-
ricreative e per la nautica da diporto introdotti con la legge finanziaria 2007. E’ infatti
venuto alla luce un certo disaccordo tra l’Agenzia del demanio, i Dicasteri competenti
nel settore e la Presidenza del Consiglio al momento della stessa redazione di tale
normativa; dubbi, su punti importanti, sono stati poi avanzati, rispetto alla
interpretazione ed applicazione indicate dalla Agenzia del demanio dalla Presidenza del
Consiglio, in base ad un parere dell’Avvocatura generale dello Stato, all’uopo
interpellata, oltre che a livello di Commissioni parlamentari, di Regioni ed associazioni
56 Nel contratto 2008-2010 si dice tra l’altro che i corrispettivi sono calcolati anche “a misura”, cioè in
base ai risultati, e che sono liquidati in tranches (art. 7/1 e 10/1) e che “il Ministero vigila sull’osservanza degli obblighi derivanti dal contratto a carico dell’Agenzia” (art. 9/1). Circa i contenuti del contratto è da segnalare inoltre, in particolare, che: a) nel documento “II Piano dell’Agenzia e le azioni per il 2007” del dicembre 2006, nelle “azioni sul demanio marittimo e sulle concessioni in essere“ sono stati indicati obiettivi di entrate di + 153 milioni derivanti dal controllo della riscossione e dalla applicazione dei nuovi canoni dal 2007 e +225,1 milioni dalla regolarizzazione degli abusivismi (pag. 16), ma che questi importi sono stati però poi ridimensionati, come si è detto al paragrafo 5.2; b) nell’allegato D del contratto di servizi 2008-2010 sono stati indicati tutta una lunga e articolata serie di azioni ed obiettivi che avrebbero dovuto portare ai risultati attesi di cui sopra, ma che, almeno in parte, non sono stati realizzati. Al riguardo si citano le parti del contratto concernenti: le azioni da attuare ai fini della conoscenza della situazione del demanio marittimo, le attività di vigilanza degli utilizzi di detto demanio, la verifica dei beni del demanio portuale e gli obiettivi della messa a reddito, della corretta applicazione dei canoni, della determinazione degli indennizzi, della crescita ulteriore del controllo della riscossione, compresa l’assicurazione sull’eventuale iscrizione a ruolo per il recupero delle somme accertate e non riscosse (pagg. 18-22). Si segnala altresì che il controllo dell’Ufficio agenzie ed enti della fiscalità sull’attività svolta nel 2007 dall’Agenzia del demanio è desumibile dal documento “Monitoraggio anno 2007” (v. in particolare pagg. 4 e 54).
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di categoria (paragrafi 4.3 e 5.2).
Considerato che il consenso sul significato e le finalità delle norme costituisce
un fattore non secondario dell’adempimento spontaneo delle prescrizioni, con i rilievi
in parola si intende far notare che un possibile effetto negativo sui pagamenti dei
canoni, e quindi sulle riscossioni, può anche essere imputato, a monte, ad un
inadeguato coordinamento tra i competenti organi ed enti, prima e dopo
l’approvazione delle disposizioni alla cui elaborazione gli stessi dovrebbero o
avrebbero dovuto contribuire. D’altronde, è ovvio che le incertezze interpretative e le
difficoltà applicative rendono più probabile le contestazioni in sede legale ed il
riconoscimento da parte del giudice delle ragioni dei ricorrenti, con conseguente
sospensione, riduzione o rigetto delle richieste di pagamento.
Tenuto conto delle valutazioni e dei rilievi formulati, si invita a considerare
l’opportunità di:
a) assumere ogni iniziativa, da parte di ciascuno degli organi ed enti competenti,
nelle sedi e con le modalità ritenute dagli stessi più opportune, affinché si realizzi
il necessario coordinamento tra le attività dei diversi soggetti coinvolti e, per
quanto riguarda in particolare gli accertamenti e le riscossioni, tra gli organi
centrali e Regioni e Comuni;
b) prospettare l’ipotesi di un intervento legislativo, eventualmente di
interpretazione autentica, o di altro strumento normativo, o di una nuova
circolare, allo scopo di risolvere i non pochi dubbi applicativi della disciplina del
settore turistico-ricreativo e per ridurre il contenzioso legale. Si segnala inoltre
all’attenzione anche l’ipotesi di riservare una partecipazione sugli incassi erariali
dei canoni ed indennizzi a favore di Regioni (e Comuni delegati): sia come
incentivo ad un loro maggior impegno ai fini delle riscossioni che nell’ottica di un
più efficace funzionamento di una riforma in senso federalista;
c) scegliere, e quindi attuare, un indirizzo preciso e condiviso al fine di rendere
generalmente fruibile il Sistema informativo del demanio marittimo (S.I.D.)
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ovvero, in caso di impossibilità o di inopportunità, per soddisfare per altra via e/o
con altri strumenti l’esigenza di miglioramento nell’informazione e nel controllo e
vigilanza delle concessioni;
d) adottare una classificazione specifica delle concessioni del demanio marittimo
nella registrazione degli atti relativi ai beni demaniali, come mezzo ulteriore della
loro individuazione;57
e) verificare l’attualità ed esigibilità dei residui attivi in base alle possibilità e
probabilità di effettiva riscossione dei crediti ed individuare le cause del mancato
versamento di importi da tempo riscossi;
f) approfondire il tema della scarsa efficacia ed efficienza delle riscossioni coattive e
dei possibili correttivi e, in generale, della lotta alle evasioni dei pagamenti (e
agli abusivismi);
g) procedere ad una riflessione sul contenuto dei rapporti contrattuali tra il
Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia del demanio, con riferimento
ai contratti di servizi stipulati e da stipularsi.
57 Nell’adunanza pubblica del 2 dicembre 2008 il Dott. Schipani, dell’Agenzia delle entrate, nel rilevare che la revisione delle codifiche volta a far ad individuare separatamente gli atti di concessione del demanio marittimo è senz’altro possibile, ha precisato che la sua Agenzia – che non ha prima ricevuto segnalazioni di provvedere in tal senso, in particolare dall’Agenzia del demanio - ha comunque preso nota che, come è stato evidenziato dall’indagine, trattasi di un’iniziativa da realizzare.