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1156 PARTE XVI Malattie infettive Capitolo 180 Stafilococco James K. Todd Gli stafilococchi sono batteri Gram-positivi aerobi e molto resi- stenti che crescono a coppie e gruppi, ubiquitari come flora nor- male negli esseri umani e presenti su fomiti e nella polvere. Essi sono resistenti al calore e all’essiccamento e possono essere ritro- vati in ambienti non biologici anche settimane e mesi dopo la con- taminazione. I ceppi sono classificati come Staphylococcus aureus se sono coagulasi-positivi oppure come una delle molte specie di stafilococchi coagulasi-negativi (S. epidermidis, S. saprophyticus, S. haemolyticus). Lo S. aureus produce spesso un pigmento giallo o arancione e una -emolisi in agar-sangue, mentre lo S. epider- midis produce un pigmento bianco con risultati emolitici variabili, anche se la conferma definitiva di specie richiede ulteriori test. Lo S. aureus possiede molti fattori di virulenza che mediano diverse infezioni di grado severo, mentre gli stafilococchi coagulasi-nega- tivi tendono a essere meno patogeni a meno che sia presente un corpo estraneo intracorporeo (catetere intravascolare). 180.1 • STAPHYLOCOCCUS AUREUS Lo S. aureus è la causa più comune di infezione piogena della cute e dei tessuti molli, provoca impetigine, foruncoli, cellulite, ascessi, linfoadenite, paronichie, onfalite e infezioni di ferite. La batterie- mia (primitiva e secondaria) è comune e può essere associata a diverse malattie, come osteomielite, artrite suppurativa, ascesso profondo, polmonite, empiema, endocardite, piomiosite, pericar- dite e raramente meningite, oppure esserne la causa. Certi ceppi di S. aureus causano malattie mediate da tossine come avvelena- mento da cibo, scarlattina stafilococcica, scalded skin syndrome e sindrome dello shock tossico (Toxic Shock Syndrome, TSS). EZIOLOGIA. La malattia stafilococcica può derivare sia da inva- sione tissutale sia da un danno causato da diverse tossine ed enzimi prodotti dal microrganismo. I ceppi di S. aureus possono essere identificati in base ai fattori di virulenza che producono e classicamente classificati in base alla tipizzazione per gruppi di batteriofagi (gruppi I-IV, vari) o mediante tecniche molecolari. L’adesione dello S. aureus alle cellule mucosali è mediata dall’acido teicoico della parete cellulare; l’esposizione alla sot- tomucosa o ad aree sottocutanee aumenta l’adesione a fibrino- geno, fibronectina, collagene e altre proteine. Differenti ceppi di S. aureus producono molti fattori di virulenza diversi (Tab. 180-1), che hanno uno o più di 4 ruoli diversi: proteggono il microrganismo dalle difese dell’ospite, localizzano l’infezione, causano danno tissutale locale e agiscono da tossine alterando tessuti non infetti. La maggior parte dei ceppi di S. aureus possiede fattori che proteggono il microrganismo dalle difese dell’ospite. Molti sta- filococchi producono una capsula polisaccaridica non rigida, o slime-layer, che può interferire con l’opsonofagocitosi. La pro- duzione di coagulasi e/o fattore di raggruppamento differenzia lo S. aureus dallo S. epidermidis e altri stafilococchi coagulasi- negativi. Il fattore di raggruppamento interagisce con il fibrino- geno per formare grandi ammassi di microrganismi, interferendo con una fagocitosi efficace. La coagulasi provoca la coagulazione del plasma interagendo con il fibrinogeno; ciò può avere un ruo- lo importante nella localizzazione dell’infezione (formazione di ascessi). La proteina A, presente in molti ceppi di S. aureus ma non nello S. epidermidis, reagisce specificamente con le immuno- globuline G1 (IgG1), IgG2 e IgG4. Essa è localizzata sullo strato più esterno della parete cellulare e può assorbire le immunoglo- buline sieriche, prevenendo l’azione opsonizzante degli anticorpi antibatterici e inibendo in questo modo la fagocitosi. Altri enzimi elaborati dagli stafilococchi comprendono la catalasi (inattiva il perossido di idrogeno favorendo la sopravvivenza intracellulare), la penicillinasi o -lattamasi (inattiva la penicillina a livello mole- colare) e la lipasi (associata alle infezioni cutanee). La leucocidina di Panton-Valentine (PVL), prodotta da molti ceppi correnti di S. aureus e associata a malattia cutanea invasiva, si combina con i fosfolipidi della membrana della cellula leucocitaria e causa un aumento della permeabilità, lo stravaso di proteine e la morte finale di neutrofili e macrofagi. Molti ceppi di S. aureus producono sostanze che causano di- struzione locale dei tessuti. Sono state identificate diverse emolisi- ne immunologicamente distinte: l’-tossina agisce sulle membra- Sezione 4 — Infezioni da batteri Gram-positivi TABELLA 180-1. Fattori di virulenza dello Staphylococcus aureus acquisito in comunità FATTORE DI VIRULENZA CARATTERISTICHE SINDROME CLINICA DETERMINANTI DI RESISTENZA SCCmec tipo IV Resistenza alla meticillina SCC476 Resistenza all’acido fusidico ADERENZA Proteina collagene-adesina (CNA) Maggiore aderenza ai tessuti dell’ospite FE, PN, artrite, osteomielite COLONIZZAZIONE Batteriocina dello SA (bsa) Competizione intraspecie e interspecie FE Sconosciuta Maggiore tolleranza al cloruro di sodio FE SUPERANTIGENI Enterotossine Attivazione delle cellule T FE, PN, malattia TSS-simile Enterotossina stafilococcica A (sea, sak) Enterotossina stafilococcica B Enterotossina stafilococcica C (sec4) Enterotossina stafilococcica G (seg2) Enterotossina stafilococcica H Superantigene estremamente potente Enterotossina stafilococcica K (sek2) Enterotossina stafilococcica L (sel2) Enterotossina stafilococcica O2 (seo2) ESOTOSSINE Esotossina stafilococcica T (set16-26) Possibile difesa contro l’immunità TOSSINE FORMANTI PORI PVL (LukSPV+LukPFV) Necrosi, edema FE, PN LukE+LukD Distruzione dei microvilli intestinali Diarrea postantibiotica LukEv+LukDv Necrosi FE -emolisina Necrosi, stravaso vascolare, shock FE, PN, impetigine bollosa TOSSINE ESFOLIATIVE Tossina esfoliativa A Tossina esfoliativa B FE, foruncolosi epidemica; PN, polmonite necrotizzante; SA, Staphylococcus aureus; TSS, sindrome dello shock tossico. Da Zetola N, Francis JS, Nuermberger EL, Bishai WR: Community-acquired methicillin-resistant Staphylococcus aureus: An emerging threat. Lancet Infect Dis 2005; 5: 275-286.

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1156 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

Capitolo 180 ■ Stafi lococco

James K. Todd

Gli stafi lococchi sono batteri Gram-positivi aerobi e molto resi-stenti che crescono a coppie e gruppi, ubiquitari come fl ora nor-male negli esseri umani e presenti su fomiti e nella polvere. Essi sono resistenti al calore e all’essiccamento e possono essere ritro-vati in ambienti non biologici anche settimane e mesi dopo la con-taminazione. I ceppi sono classifi cati come Staphylococcus aureus se sono coagulasi-positivi oppure come una delle molte specie di stafi lococchi coagulasi-negativi (S. epidermidis, S. saprophyticus, S. haemolyticus). Lo S. aureus produce spesso un pigmento giallo o arancione e una �-emolisi in agar-sangue, mentre lo S. epider-midis produce un pigmento bianco con risultati emolitici variabili, anche se la conferma defi nitiva di specie richiede ulteriori test. Lo S. aureus possiede molti fattori di virulenza che mediano diverse infezioni di grado severo, mentre gli stafi lococchi coagulasi-nega-tivi tendono a essere meno patogeni a meno che sia presente un corpo estraneo intracorporeo (catetere intravascolare).

180.1 • STAPHYLOCOCCUS AUREUS Lo S. aureus è la causa più comune di infezione piogena della cute e dei tessuti molli, provoca impetigine, foruncoli, cellulite, ascessi, linfoadenite, paronichie, onfalite e infezioni di ferite. La batterie-mia (primitiva e secondaria) è comune e può essere associata a diverse malattie, come osteomielite, artrite suppurativa, ascesso profondo, polmonite, empiema, endocardite, piomiosite, pericar-dite e raramente meningite, oppure esserne la causa. Certi ceppi di S. aureus causano malattie mediate da tossine come avvelena-mento da cibo, scarlattina stafi lococcica, scalded skin syndrome e sindrome dello shock tossico (Toxic Shock Syndrome, TSS).

EZIOLOGIA. La malattia stafi lococcica può derivare sia da inva-sione tissutale sia da un danno causato da diverse tossine ed enzimi prodotti dal microrganismo. I ceppi di S. aureus possono essere identifi cati in base ai fattori di virulenza che producono e classicamente classifi cati in base alla tipizzazione per gruppi di batteriofagi (gruppi I-IV, vari) o mediante tecniche molecolari.

L’adesione dello S. aureus alle cellule mucosali è mediata dall’acido teicoico della parete cellulare; l’esposizione alla sot-tomucosa o ad aree sottocutanee aumenta l’adesione a fi brino-geno, fi bronectina, collagene e altre proteine. Differenti ceppi di S. aureus producono molti fattori di virulenza diversi (Tab. 180-1), che hanno uno o più di 4 ruoli diversi: proteggono il microrganismo dalle difese dell’ospite, localizzano l’infezione, causano danno tissutale locale e agiscono da tossine alterando tessuti non infetti.

La maggior parte dei ceppi di S. aureus possiede fattori che proteggono il microrganismo dalle difese dell’ospite. Molti sta-fi lococchi producono una capsula polisaccaridica non rigida, o slime-layer, che può interferire con l’opsonofagocitosi. La pro-duzione di coagulasi e/o fattore di raggruppamento differenzia lo S. aureus dallo S. epidermidis e altri stafi lococchi coagulasi-negativi. Il fattore di raggruppamento interagisce con il fi brino-geno per formare grandi ammassi di microrganismi, interferendo con una fagocitosi effi cace. La coagulasi provoca la coagulazione del plasma interagendo con il fi brinogeno; ciò può avere un ruo-lo importante nella localizzazione dell’infezione (formazione di ascessi). La proteina A, presente in molti ceppi di S. aureus ma

non nello S. epidermidis, reagisce specifi camente con le immuno-globuline G1 (IgG1), IgG2 e IgG4. Essa è localizzata sullo strato più esterno della parete cellulare e può assorbire le immunoglo-buline sieriche, prevenendo l’azione opsonizzante degli anticorpi antibatterici e inibendo in questo modo la fagocitosi. Altri enzimi elaborati dagli stafi lococchi comprendono la catalasi (inattiva il perossido di idrogeno favorendo la sopravvivenza intracellulare), la penicillinasi o �-lattamasi (inattiva la penicillina a livello mole-colare) e la lipasi (associata alle infezioni cutanee). La leucocidina di Panton-Valentine (PVL), prodotta da molti ceppi correnti di S. aureus e associata a malattia cutanea invasiva, si combina con i fosfolipidi della membrana della cellula leucocitaria e causa un aumento della permeabilità, lo stravaso di proteine e la morte fi nale di neutrofi li e macrofagi.

Molti ceppi di S. aureus producono sostanze che causano di-struzione locale dei tessuti. Sono state identifi cate diverse emolisi-ne immunologicamente distinte: l’�-tossina agisce sulle membra-

Sezione 4 — Infezioni da batteri Gram-positivi

TABELLA 180-1. Fattori di virulenza dello Staphylococcus aureus acquisito in comunità

FATTORE DI VIRULENZA CARATTERISTICHE SINDROME CLINICA

DETERMINANTI DI RESISTENZA

SCCmec tipo IV Resistenza alla meticillina

SCC476 Resistenza all’acido fusidico

ADERENZA

Proteina collagene-adesina (CNA) Maggiore aderenza ai tessuti dell’ospite

FE, PN, artrite, osteomielite

COLONIZZAZIONE

Batteriocina dello SA (bsa) Competizione intraspecie e interspecie

FE

Sconosciuta Maggiore tolleranza al cloruro di sodio

FE

SUPERANTIGENI

Enterotossine Attivazione delle cellule T FE, PN, malattia TSS-simile

Enterotossina stafi lococcica A (sea, sak)

Enterotossina stafi lococcica B

Enterotossina stafi lococcica C (sec4)

Enterotossina stafi lococcica G (seg2)

Enterotossina stafi lococcica H Superantigene estremamente potente

Enterotossina stafi lococcica K (sek2)

Enterotossina stafi lococcica L (sel2)

Enterotossina stafi lococcica O2 (seo2)

ESOTOSSINE

Esotossina stafi lococcica T (set16-26) Possibile difesa contro l’immunità

TOSSINE FORMANTI PORI

PVL (LukSPV+LukPFV) Necrosi, edema FE, PN

LukE+LukD Distruzione dei microvilli intestinali Diarrea postantibiotica

LukEv+LukDv Necrosi FE

�-emolisina Necrosi, stravaso vascolare, shock FE, PN, impetigine bollosa

TOSSINE ESFOLIATIVE

Tossina esfoliativa A

Tossina esfoliativa B

FE, foruncolosi epidemica; PN, polmonite necrotizzante; SA, Staphylococcus aureus; TSS, sindrome dello shock tossico.Da Zetola N, Francis JS, Nuermberger EL, Bishai WR: Community-acquired methicillin-resistant Staphylococcus aureus: An

emerging threat. Lancet Infect Dis 2005; 5: 275-286.

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respiratorio possono predisporre a infezione batterica secondaria da stafi lococchi.

PATOGENESI. Lo sviluppo di malattia stafi lococcica è correlato alla resistenza dell’ospite all’infezione e alla virulenza del micror-ganismo (Fig. 180-1). Cute e membrane mucose intatte fungono da barriera all’invasione degli stafi lococchi. Lesioni delle barriere mucocutanee prodotte da traumi, interventi chirurgici, superfi ci estranee (suture, shunt, cateteri intravascolari) e ustioni aumen-tano il rischio di infezione.

I lattanti possono acquisire per via transplacentare un’immu-nità umorale tipo-specifi ca nei confronti degli stafi lococchi. I bambini più grandi e gli adulti sviluppano anticorpi contro gli stafi lococchi in seguito a colonizzazione o infezioni minori. È stato dimostrato che gli anticorpi acquisiti dopo vaccinazione con materiale capsulare di S. aureus riducono temporaneamente le infezioni successive nei pazienti in dialisi. Gli anticorpi contro le varie tossine di S. aureus sembrano essere protettivi contro le forme patologiche mediate da tossine specifi che, ma non neces-sariamente contro le infezioni locali o disseminate da S. aureus dovute agli stessi microrganismi.

I difetti acquisiti o congeniti della chemiotassi (sindromi di Giobbe, Chédiak-Higashi, Wiskott-Aldrich), i difetti della fago-citosi e del killing (neutropenia, malattia granulomatosa cronica) e i difetti dell’immunità umorale (anticorpi necessari per l’op-sonizzazione) aumentano il rischio di infezioni stafi lococciche. È stata documentata una ridotta mobilizzazione dei leucociti polimorfonucleati nei bambini con chetoacidosi diabetica e negli individui sani dopo ingestione di alcol. I pazienti con infezione da HIV presentano neutrofi li che hanno un difetto della capacità di eliminare lo S. aureus in vitro. I pazienti devono essere valutati per difetti immunitari associati a infezioni ricorrenti, specialmen-te quelli caratterizzati da disfunzione dei neutrofi li.

MANIFESTAZIONI CLINICHE . I segni e i sintomi variano con la sede dell’infezione che, anche se più frequentemente localizzata a livel-lo cutaneo, può interessare qualsiasi tessuto. Stati patologici di severità variabile derivano generalmente da suppurazione locale, disseminazione sistemica con infezione metastatica o dagli effetti sistemici della produzione di tossine. Anche se il nasofaringe e la cute di molte persone possono essere colonizzati dallo S. aureus, la malattia dovuta a questo microrganismo è relativamente infre-quente. Le lesioni, specialmente quelle cutanee, sono considerevol-mente più frequenti nelle persone di basso status socio-economico e particolarmente negli abitanti in climi tropicali.

Neonato. Lo Staphylococcus è un’importante causa di infezioni neonatali (vedi Capitolo 109).

ne cellulari e causa necrosi tissutale, danneggia i leucociti umani e provoca aggregazione delle piastrine e spasmo delle cellule muscolari lisce; la �-emolisina degrada la sfi ngomielina, causan-do emolisi degli eritrociti; la �-emolisina altera la membrana con un’azione simile a quella di un detergente.

Molti ceppi di S. aureus liberano una o più esotossine. Le esfo-liatine A e B sono proteine sierologicamente distinte che produ-cono complicanze dermatologiche localizzate (impetigine bollosa) o generalizzate (scalded skin syndrome, scarlattina stafi lococcica) (vedi Capitolo 658). Le esfoliatine producono esfoliazione cuta-nea separando i desmosomi e alterando la matrice intracellulare dello strato granuloso.

La maggior parte dei ceppi di S. aureus elabora una o più en-terotossine stafi lococciche (tipi A, B, C1, C2, D, E). L’ingestione di enterotossina A o B preformata è associata a intossicazione alimentare con vomito e diarrea e, in alcuni casi, con grave ipotensione. A partire dai 10 anni di età, quasi tutti gli individui hanno anticorpi contro almeno una enterotossina.

La tossina della sindrome dello shock settico-1 ( TSST-1) è associata alla TSS correlata alle mestruazioni e alle infezioni stafi lococciche focali. La TSST-1 induce la produzione di inter-leuchina-1 e fattore di necrosi tumorale, con ipotensione, febbre e interessamento multisistemico. Anche l’enterotossina A e l’ente-rotossina B possono essere associate a TSS non mestruale.

EPIDEMIOLOGIA. La maggior parte dei neonati è colonizzata entro la prima settimana di vita; il 20-30% degli individui normali è portatore in un determinato momento di almeno un ceppo di S. aureus nella parte anteriore delle narici.

I microrganismi possono essere trasmessi dal naso alla cute, dove la colonizzazione sembra essere più transitoria. Si verifi ca uno stato di portatore persistente a livello ombelicale, vaginale e perianale.

Gli individui con intensa colonizzazione nasale (quelli con sintomi respiratori acuti non stafi lococcici) sono disseminatori particolarmente effi caci. L’inoculazione dello S. aureus si verifi ca generalmente per autoinoculazione o contatto diretto con le mani di altri individui colonizzati. Il lavaggio delle mani tra un paziente e l’altro è essenziale per ridurre la diffusione nosocomiale degli stafi lococchi. La diffusione attraverso fomiti è rara.

Alla colonizzazione può far seguito la malattia invasiva. La terapia antibiotica con un farmaco al quale lo S. aureus è resi-stente favorisce la colonizzazione e lo sviluppo d’infezione. Altri fattori che aumentano la probabilità d’infezione comprendono ferite, malattie cutanee, shunt ventricoloperitoneali, cateterismo intravenoso o intratecale, trattamento corticosteroideo, malnu-trizione, acidosi e azotemia. Anche le infezioni virali del tratto

Figura 180-1. Relazione dei fattori di virulenza con le malattie associate a Staphylococcus aureus.

Ceppi multipli

Sindrome delloshock tossico

Intossicazionealimentare

Scalded skinsindrome

Batteriemia Infezionefocale

Infezionedisseminata

CoagulasiFattoredi raggruppamentoProteina A

ForuncoliAscessoSinusite

TSST-1 Enterotossina Esfoliazione

Staphylococcus aureus

Ceppi che causanomalattia localizzata

Ceppi che produconotossine

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1158 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

e procedure neurochirurgiche (craniotomia, shunt del liquido cerebrospinale) e meno frequentemente a endocardite, focolai parameningei (ascesso epidurale o cerebrale), diabete mellito o neoplasia maligna. Il profi lo liquorale della meningite da S. aureus è indistinguibile da quello di altre cause batteriche di meningite.

Cuore. L’endocardite infettiva (vedi Capitolo 437) può far segui-to a batteriemia stafi lococcica. Lo S. aureus è una causa comune di endocardite acuta su valvole native. Successivamente, possono verifi carsi perforazione di valvole cardiache, ascessi miocardici, insuffi cienza cardiaca, disturbi della conduzione, emopericardio acuto, pericardite purulenta e morte improvvisa.

Rene. Lo S. aureus è una causa comune di ascesso renale e perirenale (vedi Capitolo 539) di solito di origine ematogena. L’infezione del tratto urinario da S. aureus è infrequente.

Sindrome dello shock tossico. Lo S. aureus è la causa principale di TSS (vedi Capitolo 180.2).

Tratto intestinale. L’enterocolite stafi lococcica può fare raramen-te seguito a una crescita eccessiva della normale fl ora intestinale di stafi lococchi. Anche se infrequente, ciò può fare seguito a una terapia con antibiotici ad ampio spettro. La diarrea è associata a sangue e muco. La peritonite associata allo S. aureus nei pazienti sottoposti a dialisi peritoneale ambulatoriale a lungo termine di solito coinvolge il tunnel del catetere. La rimozione del catetere è necessaria per la guarigione microbiologica.

L’intossicazione alimentare (vedi Capitolo 337) può essere cau-sata dall’ingestione di enterotossine preformate prodotte dagli stafi lococchi in alimenti contaminati. Circa 2-7 ore dopo l’in-gestione della tossina inizia improvvisamente un vomito severo. Può verifi carsi diarrea acquosa, ma la febbre è assente o di bassa entità. I sintomi raramente persistono più di 12-24 ore. Raramen-te, possono verifi carsi shock e morte.

DIAGNOSI . La diagnosi di infezione stafi lococcica dipende dall’iso-lamento dei microrganismi da siti non permissivi come aspirati da aree di cellulite, cavità ascessuali, sangue o altri siti di infe-zione. L’isolamento dal naso o dalla cute non implica necessa-riamente un rapporto causale, in quanto questi possono essere siti normalmente colonizzati. A causa dell’aumentata prevalenza dell’MRSA , dell’aumentata severità delle infezioni stafi lococciche e del fatto che la batteriemia non è universalmente presente anche nelle infezioni stafi lococciche severe, è di solito importante otte-nere una coltura non permissiva di qualsiasi potenziale focolaio d’infezione e anche un’emocoltura. I microrganismi possono es-sere facilmente coltivati in mezzi di coltura liquidi e solidi. Dopo l’isolamento, l’identifi cazione viene posta in base alla colorazione di Gram e alla reattività per coagulasi, fattore di raggruppamento e proteina A. Nei casi severi devono essere valutati i pattern di sensibilità agli antibiotici. La diagnosi di intossicazione alimen-tare da stafi lococco si basa sui riscontri epidemiologici e clinici. Gli alimenti sospettati di contaminazione devono essere messi in coltura ed esaminati per le enterotossine.

Diagnosi differenziale. Le lesioni cutanee da S. aureus e quella da streptococchi di gruppo A possono essere indistinguibili; le prime di solito si espandono lentamente, mentre le seconde hanno una maggiore tendenza a diffondersi con rapidità. La polmonite stafi lococcica può essere sospettata sulla base della radiografi a del torace, che può evidenziare pneumatoceli, piopneumotorace o ascessi polmonari (Fig. 180-2). Lesioni fl uttuanti di cute e tessuti molli possono essere causate anche da molti altri microrgani-smi tra cui il Mycobacterium tuberculosis, micobatteri atipici, la Bartonella henselae (malattia da graffi o di gatto), la Francisella tularensis e diversi miceti.

TRATTAMENTO. La sola terapia antibiotica è raramente effi cace negli individui con ascessi non drenati o con corpi estranei infetti. Le raccolte loculate di materiale purulento devono essere incise e drenate. I corpi estranei devono, se possibile, essere rimossi. La terapia deve sempre iniziare con un antibiotico compatibile con i pattern locali di sensibilità degli stafi lococchi e con la severità dell’infezione. Penicillina o amoxicillina non sono appropriate in quanto più del 90% di tutti gli stafi lococchi isolati, indipenden-

Cute. Lo Staphylococcus è una causa importante di infezio-ni piogeniche della cute, tra cui impetigine contagiosa, ectima, impetigine bollosa, follicoline, idrosoadenite, foruncoli, ascessi sottocutanei, staphylococcal scalded skin syndrome, e una sin-drome somigliante al rash della scarlattina. Inoltre, un’infezione può complicare le ferite o verifi carsi come sovrainfezione di altre malattie cutanee non infettive (eczema). La foruncolosi ricorrente è una patologia da causa sconosciuta associata a ripetuti episodi di piodermite in un periodo che può durare da mesi ad anni. Con lo S. aureus meticillino-resistente (MRSA) si possono osservare ascessi ricorrenti di cute e tessuti molli. Inoltre, lo Staphylococcus è una causa importante di infezioni cutanee nosocomiali (vedi Capitolo 171).

Tratto respiratorio. Le infezioni delle vie aeree superiori da S. aureus sono rare, considerando la frequenza con la quale questa area (particolarmente la parte anteriore delle narici) è colonizza-ta. L’otite media (vedi Capitolo 641) e la sinusite (vedi Capitolo 377) causate dallo S. aureus sono rare. La sinusite stafi lococcica è relativamente frequente nei bambini con fi brosi cistica o con di-fetti della funzione leucocitaria. La parotite suppurativa è un’in-fezione rara, ma lo S. aureus è una causa comune. Una tracheite membranosa che complica una croup virale può infettarsi con lo S. aureus ma anche con altri microrganismi. I pazienti tipicamen-te presentano febbre elevata, leucocitosi, evidenza di ostruzione severa delle vie aeree superiori o una sindrome simile allo shock tossico. La laringoscopia diretta o la broncoscopia evidenziano un’epiglottide normale con stenosi ipoglottica e secrezioni dense e purulente all’interno della trachea. Il trattamento richiede anti-biotici e un attento trattamento delle vie aeree.

La polmonite (vedi Capitolo 397) da S. aureus può essere primitiva (ematogena) o secondaria a un’infezione virale come l’infl uenza. La polmonite ematogena può essere secondaria a em-bolia settica, endocardite destra o alla presenza di strumenti in-travascolari. La polmonite da inalazione è causata da alterazioni della clearance mucociliare, disfunzione leucocitaria o aderenza batterica iniziata da un’infezione virale. Sono più frequenti febbre elevata, dolore addominale, tachipnea, dispnea e broncopolmo-nite localizzata o diffusa o malattia lobare. Lo S. aureus spesso causa una polmonite necrotizzante; si sviluppano frequentemente empiema, pneumatocele, piopneumotorace e fi stole broncopleu-riche. La polmonite stafi lococcica causa occasionalmente una malattia interstiziale diffusa caratterizzata da dispnea estrema, tachipnea e cianosi. La tosse può essere non produttiva. Lo S. aureus è un importante patogeno per la polmonite in pazienti con fi brosi cistica (vedi Capitolo 400).

Sepsi. La batteriemia e la sepsi stafi lococcica (vedi Capitolo 176) possono essere primitive o associate a infezione localizzata. L’esordio può essere acuto e segnato da nausea, vomito, mialgia, febbre e brividi. I microrganismi possono successivamente localiz-zarsi in qualsiasi sede (di solito un singolo focolaio profondo) ma si trovano specialmente a livello cardiaco, valvolare, polmonare, articolare e osseo. In alcuni casi, specialmente nei giovani maschi adolescenti, si osserva una malattia stafi lococcica disseminata, caratterizzata da febbre, batteriemia persistente nonostante gli antibiotici e interessamento focale di due o più sedi tissutali separate (cute, osso, articolazioni, rene, polmone, fegato, cuore). Devono essere escluse endocardite e trombofl ebite settica.

Muscolo. Ascessi stafi loccici localizzati nel muscolo associati ad aumento degli enzimi muscolari ma senza setticemia costi-tuiscono una piomiosite. Questa patologia è stata riportata più frequentemente nelle aree tropicali; si osserva anche negli Stati Uniti in bambini altrimenti sani. Ascessi multipli si verifi cano nel 30-40% dei casi. I sintomi prodromici possono comprende-re corizza, faringite, diarrea o un trauma pregresso nella sede dell’ascesso. Sono fondamentali il drenaggio chirurgico e una terapia antibiotica appropriata.

Ossa e articolazioni. Lo S. aureus è la causa più comune di osteomielite e artrite suppurativa nei bambini (vedi Capitoli 683 e 684).

Sistema nervoso centrale. La meningite (vedi Capitolo 603.1) da S. aureus non è comune; è associata a trauma cranico penetrante

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dell’osteo mielite stafi lococcica (vedi Capitolo 683), della menin-gite (vedi Capitolo 603.1) e dell’endocardite (vedi Capitolo 437) è discusso nei rispettivi capitoli.

L’MRSA è un importante patogeno nosocomiale e acquisito in comunità. I ceppi di MRSA acquisiti in comunità sono comuni negli Stati Uniti, anche nei bambini senza fattori di rischio pre-esistenti. La resistenza alle penicilline semisintetiche è correlata a una nuova proteina legante la penicillina (PB2A) che è relativa-mente insensibile agli antibiotici contenenti un anello �-lattami-co. I ceppi di MRSA sembrano essere virulenti come le contro-parti sensibili alla meticillina. La vancomicina (40-60 mg/kg/die suddivisi ogni 6 ore ev) può essere utilizzata come trattamento iniziale nei soggetti allergici alla penicillina e in quelli con sospette infezioni severe da S. aureus. Devono essere monitorati i livelli

temente dall’origine, è resistente alla penicillina. Per le infezioni severe è indicato il trattamento parenterale, almeno all’inizio, fi no al controllo dei sintomi. Le infezioni stafi lococciche severe, con o senza ascessi, tendono a persistere e recidivare, con la necessità di una terapia prolungata.

Gli antibiotici utilizzati, come anche la dose, la via di som-ministrazione e la durata del trattamento dipendono dal sito d’infezione, dalla risposta del paziente al trattamento e dalla sensibilità dei microrganismi isolati dal sangue o dai siti locali d’infezione. Nella maggior parte dei pazienti con infezione stafi -lococcica severa, il trattamento ev è raccomandato fi no a quando il paziente è rimasto afebbrile per 72 ore e sono scomparsi gli altri segni d’infezione. La terapia orale viene proseguita per un totale di 3 settimane, più a lungo in casi selezionati. Il trattamento

Figura 180-2. Formazione di pneumatocele. Da A a C, Questo bambino, 5 anni di età, con polmonite stafi lococcica, ha dimostrato inizialmente consolidamento dei lobi inferiori e del lobo medio di destra (A). B, Sette giorni dopo, sono state osservate aree radiotrasparenti multiple in seguito allo sviluppo di pneumatoceli. C, Due settimane dopo è evidente una signifi cativa risoluzione con un pneumato-cele dalle pareti piuttosto spesse che persiste nel lobo medio di destra associato a un signifi cativo ispessimento pleurico residuo. (Da Kuhn JP, Slovis TL, Haller JO: Caffey’s Pediatric Diagnostic Imaging, 10th ed, Vol 1. Philadelphia, Mosby, 2004, pp 1003-1004.)

A B

C

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1160 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

trattate inizialmente con vancomicina e meticillina, nafcillina o oxacillina ev fi no all’isolamento del microrganismo causale e alla determinazione della sua sensibilità. Nelle infezioni severe (endocardite) possono essere aggiunte sinergicamente rifampicina o gentamicina.

In tutte queste infezioni può essere prescritto un trattamento orale per completare il ciclo di trattamento dopo un periodo ini-ziale di terapia parenterale e una volta determinata la sensibilità agli antibiotici. Nonostante la sensibilità in vitro dello S. aureus alla ciprofl oxacina e ad altri chinolonici, questi agenti non devo-no essere utilizzati nelle infezioni stafi lococciche severe in quanto il loro uso non è stato associato costantemente a elevati tassi di guarigione e i chinolonici non sono raccomandati per l’uso nei

sierici di vancomicina, con picchi di concentrazione di 20-40 �g/mL. L’MRSA è resistente anche a cefalosporine e imipenem, ma può essere sensibile ai chinolonici. Linezolid, daptomicina, qui-nupristina-dalfopristina, vancomicina con linezolid e gentamicina e vancomicina con trimetoprim-sulfametoxazolo possono essere effi caci nelle infezioni severe da S. aureus altamente resistenti agli altri antibiotici (Tab. 180-2).

Sono stati riportati rari ceppi con resistenza intermedia alla van-comicina, sottolineando la necessità di restringere la prescrizione di antibiotici non necessari e l’importanza dell’isolamento del mi-crorganismo causale e dell’antibiogramma nelle infezioni severe.

Le infezioni stafi lococciche severe (setticemia, endocardite, in-fezioni dell’SNC, sindrome dello shock tossico) devono essere

TABELLA 180-2. Agenti antimicrobici parenterali per il trattamento della batteriemia e di altre infezioni severe da Staphylococcus aureus

SENSIBILITÀ AGENTI ANTIMICROBICI COMMENTI

I. Terapia empirica iniziale (microrganismo di sensibilità sconosciuta)

Farmaci di scelta: Vancomicina + nafcillina o oxacillina ± gentamicina Per le infezioni potenzialmente fatali (cioè setticemia, endocardite, infezione del SNC); si possono sostituire con linezolid se il paziente ha ricevuto diversi cicli di vancomicina

Nafcillina o oxacillina* Per le infezioni non potenzialmente fatali senza segni di sepsi (per es. infezioni cutanee, cellulite, osteomielite, pioartrite) quando i tassi di colonizzazione da parte dell’MRSA nella comunità sono bassi

Clindamicina Per le infezioni non potenzialmente fatali senza segni di sepsi quando I tassi di colonizzazione da parte dell’MRSA nella comunità sono importanti e la prevalenza di resistenza alla clindamina è bassa

Vancomicina Per le infezioni non potenzialmente fatali acquisite in ospedale

II. S. aureus meticillino-sensibile, penicillino-resistente (MSSA)

Farmaci di scelta: Nafcillina o oxacillina*†

Alternative: Cefazolina*

Clindamicina

Vancomicina Soltanto per i pazienti allergici a penicilline e cefalosporine

Ampicillina + sulbactam

III. MRSA (MIC dell’oxacillina, �4 mg/mL)

A. Associate a strutture sanitarie (multiresistenza)

Farmaci di scelta: Vancomicina ± gentamicina o ± rifampicina†

Alternative: risultati dell’antibiogramma disponibili prima dell’uso di farmaci alternativi

Trimetoprim-sulfametoxazolo

Linezolid‡

Quinupristina-dalfopristina‡

Fluorochinolonici Non raccomandati per soggetti con meno di 18 anni di età o come monoterapia

B. Comunità (non multiresistenza)

Farmaci di scelta: Vancomicina ± gentamicina (o ± rifampicina†) Per le infezioni potenzialmente fatali

Clindamicina (se il ceppo è sensibile) Per polmonite, artrite settica, osteomielite, infezioni di cute o tessuti molli

Trimetoprim-sulfametoxazolo Per le infezioni di cute o tessuti molli

Alternativa: Vancomicina†

IV. S. aureus con sensibilità intermedia alla vancomicina (MIC, �4 mig/mL e �16 mg/mL)†

Farmaci di scelta: La terapia ottimale non è nota Dipende dai risultati dell’antibiogramma

Linezolid‡

Daptomicina§

Quinupristina-dalfopristina‡

Alternative: Vancomicina + linezolid ± gentamicina

Vancomicina + trimetoprim-sulfametoxazolo†

SNC, sistema nervoso centrale; MRSA, S. aureus meticillino-resistente; MIC, concentrazione inibitoria minima.* I pazienti allergici a penicillina e cefalosporine devono ricevere vancomicina come terapia iniziale per le infezioni severe. † Uno degli agenti aggiuntivi, gentamicina o rifampicina, deve essere aggiunto allo schema terapeutico per le infezioni potenzialmente fatali come l’endocardite o le infezioni del SNC, o le infezioni con un ceppo di S. aureus con resistenza intermedia alla vancomicina.

Deve essere preso in considerazione il consulto con un infettivologo per determinare quale agente utilizzare e la durata del suo utilizzo.‡ Linezolid e quinupristina-dalfopristina sono 2 agenti con attività in vitro ed effi cacia negli adulti con microrganismi Gram-positivi multiresistenti, tra cui S. aureus. Dal momento che l’esperienza con questi farmaci nei bambini è limitata, prima del loro uso deve

essere preso in considerazione il consulto con un infettivologo.§ La daptomicina è attiva in vitro contro i microrganismi Gram-positivi multiresistenti, tra cui S. aureus, ma non è stata utilizzata nei bambini. La daptomicina è approvata dalla FDA soltanto per il trattamento delle infezioni cutanee e delle strutture cutanee

complicate nei pazienti con 18 o più anni di età.Da American Academy of Pediatrics: Red Book: 2006 Report of the Committee on Infectious Diseases, 27th ed. Elk Grove Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2006, pp 605-606.

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EZIOLOGIA. La TSS è causata da ceppi di S. aureus produttori di TSST-1 che possono colonizzare la vagina o causare focolai di infezione stafi lococcica.

EPIDEMIOLOGIA. Molti casi si verifi cano in donne mestruate di 15-25 anni di età che fanno uso di tamponi o altri mezzi vaginali (diaframma, spugne contraccettive). La TSS si verifi ca anche nei bambini, nelle donne non mestruate e negli uomini. La TSS non mestruale si è verifi cata con l’infezione da S. aureus dei tamponi nasali o di infezioni come infezioni di ferite, sinusite, tracheite, polmonite, empiema, ascessi, ustioni, osteomielite e batteriemia primitiva. Senza terapia antibiotica, la TSS mestruale ha un tasso di recidiva del 30%, con i casi secondari che si verifi cano entro 3 mesi dal primo episodio e hanno una minore severità. Il tasso di mortalità globale è del 3%.

PATOGENESI. La maggior parte dei ceppi di S. aureus isolati da casi confermati appartiene al gruppo fagico I e produce diverse tossine extracellulari. La principale tossina associata alla TSS è TSST-1, che provoca una perdita massiva di liquidi dallo spazio intravascolare direttamente o in seguito alla produzione di in-terleuchina 1 e fattore di necrosi tumorale. Ceppi negativi per TSST-1 sono stati isolati da pazienti con TSS, suggerendo che altre tossine (primariamente le enterotossine) abbiano un ruolo nella TSS (specialmente non mestruale). Gli studi epidemiologici e in vitro suggeriscono che queste tossine sono selettivamente prodotte in un ambiente clinico consistente in un pH neutro, una Pco2 elevata e una Po2 “aerobica” che sono le condizioni che si osservano nella vagina con l’uso dei tamponi durante le mestruazioni. Questo può spiegare perché il 90% degli adulti presenta anticorpi anti-TSST-1 senza un’anamnesi di TSS clinica; ciò signifi ca che essi sono stati colonizzati da un microrganismo produttore di tossina in un sito (narici anteriori) dove l’esposizio-ne a una tossina inattiva o poco attiva è risultata in una risposta immunitaria senza malattia. I fattori di rischio per una malattia sintomatica richiedono un ospite non immune colonizzato da un microrganismo produttore di tossina, che è esposto a condizioni di crescita focale (mestruazioni più uso di tampone o ascesso), che inducono la produzione di tossina.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. La diagnosi di TSS si basa sulle ma-nifestazioni cliniche (Tab. 180-3). L’esordio è improvviso, con febbre elevata, vomito e diarrea, ed è accompagnato da farin-godinia, cefalea e mialgie. Un rash eritemato-maculoso diffuso (scarlattiniforme o simile a un’ustione) compare entro 24 ore e può essere associato a iperemia della faringe, della congiuntiva e delle membrane mucose vaginali. È comune una lingua a fragola. I sintomi spesso comprendono alterazioni del livello

pazienti più giovani di 18 anni. Il trimetoprim-sulfametoxazolo può essere un antibiotico orale effi cace sia per lo S. aureus meti-cillino-sensibile (MSSA ) sia per l’MRSA.

La dicloxacillina 50-100 mg/kg/die suddivisi in 4 somministra-zioni per os) e la cefalexina (25-100 mg/kg/die suddivisi in 3-4 somministrazioni per os) sono ben assorbite per os ed effi caci per l’MSSA. È effi cace anche l’amoxicillina-clavulanato (40-80 mg/kg/die suddivisi in 3 somministrazioni per os). La clindamici-na (30-40 mg/kg/die suddivisi in 3-4 somministrazioni per os) si è dimostrata effi cace per il trattamento di infezioni cutanee, dei tessuti molli, ossee e articolari da ceppi di S. aureus sensibile. La clindamicina è batteriostatica e non deve essere usata per il trat-tamento di endocardite, ascessi cerebrali o meningite da S. aureus. Molti esperti aggiungono la clindamicina (inibisce la sintesi pro-teica) nelle patologie da S. aureus mediate da tossine per inibire la produzione di tossine. La durata della terapia orale dipende dalla risposta in base ai riscontri clinici, radiografi ci e laboratoristici.

Le infezioni cutanee e dei tessuti molli e le infezioni minori delle vie aeree superiori spesso possono essere trattate con la terapia orale e il solo drenaggio o con breve ciclo iniziale di antibiotici per via parenterale, seguiti da una terapia per os.

PROGNOSI . La setticemia stafi lococcica non trattata è associata a un tasso di mortalità �80%. Il tasso di mortalità si è ridotto signifi cativamente con un trattamento antibiotico appropriato. La polmonite stafi lococcica può essere fatale a qualsiasi età, ma un’elevata morbilità e un’elevata mortalità sono più probabili nei lattanti o nei bambini in cui la terapia è stata ritardata. La prognosi può essere infl uenzata anche da numerosi fattori relativi all’ospite, tra cui stato nutrizionale, competenza immunologica e presenza o assenza di altre malattie debilitanti. Nella maggior parte dei casi in cui si forma un ascesso è necessario il drenaggio chirurgico.

PREVENZIONE . L’infezione stafi lococcica si trasmette primaria-mente per contatto diretto. Una meticolosa attenzione alle tecni-che di lavaggio delle mani è la misura più effi cace per prevenire la diffusione di stafi lococchi da un individuo all’altro (vedi Ca-pitolo 171). È raccomandato l’uso di un detergente contenente iodio, clorexidina o esaclorofene. In ospedale o in altre istitu-zioni, tutte le persone con infezioni stafi lococciche acute devono essere isolate fi no a quando siano state trattate adeguatamente. Negli ospedali deve essere messa in atto una costante sorveglian-za per le infezioni stafi lococciche nosocomiali. Quando viene isolato un MRSA, lo stretto isolamento dei pazienti affetti si è dimostrato la misura più effi cace per la prevenzione della diffu-sione nosocomiale dell’infezione. Successivamente, le misure di controllo devono essere dirette verso l’identifi cazione di nuovi isolati e lo stretto isolamento dei nuovi pazienti colonizzati o infetti. Può anche essere necessario identifi care il personale ospedaliero colonizzato ed eradicare lo stato di portatore negli individui affetti.

I pazienti con foruncolosi stafi lococcica ricorrente possono essere trattati con lavaggi con esaclorofene e un’appropriata te-rapia antibiotica e mupirocina nasale per prevenire le recidive. L’intossicazione alimentare (vedi Capitolo 337) può essere pre-venuta escludendo gli individui con infezioni stafi lococciche della cute dalla preparazione e dalla manipolazione degli alimenti. Gli alimenti preparati devono essere consumati immediatamente o appropriatamente refrigerati per prevenire la moltiplicazione degli stafi lococchi dai quali gli alimenti possono essere stati con-taminati.

180.2 • SINDROME DELLO SHOCK SETTICO La TSS è una malattia acuta multisistemica caratterizzata da febbre elevata, ipotensione, vomito, diarrea, mialgie, anomalie neurologiche non focali, iperemia congiuntivale, lingua a fragola e un rash eritematoso con successiva desquamazione delle mani e dei piedi.

TABELLA 180-3. Criteri diagnostici per la sindrome da shock tossico da stafilococco

CRITERI MAGGIORI (TUTTI NECESSARI)Febbre acuta; temperatura �38,8 °CIpotensione (ortostatica, shock, al di sotto dei valori appropriati per l’età)Rash (eritrodermia con desquamazione tardiva)

CRITERI MINORI (ALMENO 3)Infi ammazione delle membrane mucoseVomito, diarreaAnomalie epaticheAnomalie renaliAnomalie muscolariAnomalie del sistema nervoso centraleTrombocitopenia

CRITERI DI ESCLUSIONEAssenza di un’altra spiegazioneEmoculture negative (eccetto occasionalmente per S. aureus)

Da Kuhn JP, Slovis TL, Haller JO: Caffrey’s Pediatric Diagnostic Imaging, 10th ed, Vol 2. Philadelphia, Mosby, 2004, pp 1003-1004.

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1162 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

(endocardite) e articolazioni protesiche (artrite). I CONS sono una causa comune di infezione neonatale nosocomiale. Lo S. haemolyticus, un’altra specie di CONS, è un’importante causa di infezioni invasive e può sviluppare resistenza a vancomicina e teicoplanina.

EPIDEMIOLOGIA. I CONS sono normali abitatori di cute, gola, bocca, vagina e uretra degli esseri umani. Lo S. epidermidis è la specie più comune e persistente, rappresentando il 65-90% degli stafi lococchi presenti su cute e membrane mucose. La coloniz-zazione, talvolta con ceppi acquisiti dal personale ospedaliero, precede l’infezione; in alternativa, l’inoculazione diretta durante un intervento chirurgico può iniziare l’infezione di shunt liquo-rali, valvole protesiche o linee vascolari intracorporee. Ai fi ni epidemiologici, i CONS possono essere identifi cati sulla base delle metodiche molecolari per il DNA.

PATOGENESI. I CONS producono un biofi lm protettivo esopoli-saccaridico, o slime-layer, che circonda il microrganismo e può favorire l’adesione alle superfi ci estranee, resistere alla fagocitosi e impedire la penetrazione degli antibiotici.

MANIFESTAZIONI CLINICHE. La bassa virulenza dei CONS di solito richiede la presenza di un altro fattore, come una compromis-sione immunitaria o un corpo estraneo, per lo sviluppo della malattia clinica.

Batteriemia. I CONS, in particolare lo S. epidermidis, sono la causa più comune di batteriemia nosocomiale, di solito in associazione con cateteri vascolari centrali. Nei neonati, la bat-teriemia da CONS, con o senza catetere venoso centrale, può manifestarsi come apnea, bradicardia, instabilità della temperatu-ra, distensione addominale, ematochezia, meningite in assenza di pleiocitosi del liquor, ascessi cutanei e persistenza di emocolture positive per almeno 2 settimane nonostante una terapia antibio-tica adeguata.

La batteriemia da CONS in pazienti con trapianto di midol-lo osseo e neoplasia maligna (leucemia, linfoma) è associata a neutropenia, accesso venoso centrale (cateteri di Hickman o di Broviac) e colonizzazione gastrointestinale. Nella maggior parte dei casi, la batteriemia da CONS è torpida e non è di solito as-sociata a shock settico fulminante.

Endocardite. L’infezione delle valvole cardiache native o della parete striale destra secondaria a una trombosi infetta all’estre-mità di una linea centrale può causare un’endocardite. Lo S. epidermidis e altri CONS possono raramente causare un’en-docardite torpida subacuta delle valvole native in pazienti in precedenza normali senza la presenza di un catetere venoso centrale. I CONS sono una causa comune di endocardite delle valvole protesiche, presumibilmente a causa di inoculazione al momento di un intervento chirurgico. L’infezione dell’anello di sutura valvolare, con formazione di ascessi e dissezione, causa disfunzione valvolare, deiscenza, aritmie od ostruzione valvolare (vedi Capitolo 437).

Infezione di catetere venoso centrale. Un catetere venoso centrale può infettarsi attraverso il sito di uscita e il tunnel sottocutaneo, che fornisce un accesso diretto al sistema circolatorio. Lo S. epi-dermidis è il CONS più comune, in parte a causa del suo elevato tasso di colonizzazione cutanea. La sepsi da linea centrale si manifesta di solito con febbre e leucocitosi; possono essere pre-senti dolorabilità ed eritema a livello del sito di uscita o lungo il tunnel sottocutaneo. La trombosi del catetere può complicare la sepsi da linea centrale.

Shunt liquorali. I CONS, introdotti al momento dell’intervento, sono i patogeni più comunemente associati a meningite da shunt liquorali. La maggior parte (70-80%) delle infezioni si verifi ca entro 2 mesi dall’intervento e si manifesta con segni di irritazione meningea, febbre, aumento della pressione intracranica (cefalea) e peritonite dovuta alla posizione intra-addominale dell’estremità distale dello shunt.

Infezioni delle vie urinarie. I CONS causano infezioni asinto-matiche delle vie urinarie in pazienti ospedalizzati con cateteri

di coscienza, oliguria e ipotensione, che nei casi severi può progredire a shock e coagulazione intravascolare disseminata. Le complicanze, tra cui sindrome da distress respiratorio acuto, disfunzione del miocardio e insuffi cienza renale, sono commisu-rati al grado di shock. La guarigione avviene entro 7-10 giorni ed è associata a desquamazione, particolarmente dei palmi delle mani e delle piante dei piedi; dopo 1-2 mesi è stata osservata anche caduta dei capelli e delle unghie. Molti casi di apparente scarlattina possono essere causati da ceppi di S. aureus produt-tori di TSST-1.

DIAGNOSI. Non vi è un test di laboratorio specifi co; test selettivi appropriati rivelano l’interessamento di diversi sistemi d’organo, tra cui i sistemi epatico, renale, muscolare, gastrointestinale, car-diopolmonare e nervoso centrale. La cultura batterica del foco-laio associato (vagina, ascesso) prima della somministrazione di antibiotici di solito permette l’isolamento dello S. aureus, anche se questo non è un elemento necessario per la defi nizione.

Diagnosi differenziale. Lo streptococco di gruppo A può provo-care una malattia simile alla TSS, denominata TSS streptococcica (vedi Capitolo 182), che è spesso associata a sepsi streptococcica severa o a infezione streptococcica focale come cellulite o pol-monite. La malattia di Kawasaki somiglia strettamente alla TSS da un punto di vista clinico, ma di solito non è così severa o rapidamente progressiva. Entrambe sono associate a febbre che non risponde agli antibiotici, iperemia delle membrane mucose e a un rash eritematoso con successiva desquamazione. Tuttavia, molti degli aspetti clinici della TSS sono di solito assenti o rari nella malattia di Kawasaki, tra cui le mialgie diffuse, vomito, dolore addominale, diarrea, azotemia, ipotensione, sindrome da distress respiratorio acuto e shock (vedi Capitolo 165). La ma-lattia di Kawasaki si presenta tipicamente in bambini con meno di 5 anni di età. Devono inoltre essere presi in considerazione nella diagnosi differenziale scarlattina, febbre maculosa delle Montagne Rocciose, leptospirosi, necrolisi epidermo-tossica e morbillo.

TRATTAMENTO. È raccomandata, dopo l’esecuzione delle colture appropriate, la somministrazione parenterale di un antibiotico antistafi lococcico resistente alla �-lattamasi (nafcillina o una ce-falosporina di 1a generazione) o vancomicina nelle aree in cui l’MRSA è comune. L’aggiunta di clindamicina nei casi severi o non responsivi può interrompere la produzione di tossina. Il drenaggio della vagina, rimuovendo il tampone ritenuto nella TSS mestruale, e dei focolai infetti nella TSS non mestruale è impor-tante per un trattamento effi cace. La terapia antistafi lococcica può inoltre ridurre il rischio di recidiva nella TSS mestruale.

La reidratazione deve essere aggressiva allo scopo di prevenire o trattare ipotensione, insuffi cienza renale e collasso cardiovasco-lare. Possono essere necessari agenti inotropi per il trattamento dello shock; corticosteroidi e immunoglobuline ev possono essere utili nei casi più severi.

PREVENZIONE. Il basso rischio di contrarre una TSS (1-2 ca-si/100 000 donne mestruate) può essere ulteriormente ridotto evitando l’uso dei tamponi o utilizzandoli in modo intermittente durante ogni periodo mestruale. Se durante la mestruazione com-paiono una febbre, un rash o anche vertigini, il tampone deve essere rimosso immediatamente e occorre rivolgersi al medico.

180.3 • STAFILOCOCCHI COAGULASI-NEGATIVI Lo S. epidermidis è solo una delle molte specie note di stafi lo-cocchi coagulasi-negativi ( CONS) che infettano o colonizzano gli esseri umani. In origine considerati batteri commensali non virulenti, i CONS sono ora noti come causa di infezioni in pazienti con strumenti medici intracorporei, tra cui cateteri in-travenosi, shunt e innesti per emodialisi, shunt liquorali (menin-gite), cateteri per dialisi peritoneale (peritonite), cavi ed elettrodi di pacemaker (infezione locale), valvole cardiache protesiche

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DIAGNOSI. Dal momento che lo S. epidermidis è un comune saprofi ta cutaneo e può contaminare le emocolture raccolte in modo inadeguato, la diagnosi differenziale tra batteriemia e con-taminazione è spesso diffi cile. Una vera batteriemia deve essere sospettata se le emocolture crescono rapidamente (entro 24 ore), se �2 emocolture sono positive per lo stesso CONS, se il sangue venoso periferico ha una conta quantitativa di colonie simile a quella ottenuta da un catetere venoso centrale e se sono presenti segni e sintomi clinici e di laboratorio compatibili con una sepsi da CONS che successivamente si risolvono con una terapia ade-guata. Nessuna emocoltura positiva per CONS in un neonato o in un paziente con catetere intravascolare deve essere considerata contaminata senza un’accurata valutazione dei criteri menzionati in precedenza e senza l’esame del paziente. In questi pazienti, prima di iniziare una terapia antibiotica su basi presuntive, è sempre prudente eseguire 2 emocolture separate per facilitare la successiva interpretazione se viene isolato un CONS.

TRATTAMENTO. La maggior parte dei ceppi di CONS è resistente alla meticillina. La vancomicina è il farmaco di scelta per i ceppi resistenti alla meticillina. L’aggiunta di rifampicina o gentami-cina alla vancomicina può aumentare l’effi cacia antimicrobica. In molti casi di infezioni da CONS associate a corpi estranei, il catetere, la valvola o lo shunt devono essere rimossi per ottenere la guarigione. Le valvole cardiache protesiche e gli shunt liquo-rali di solito devono essere rimossi per un trattamento adeguato dell’infezione.

La terapia antibiotica somministrata attraverso un catetere venoso centrale infetto (attraverso ogni lume) può curare effi -cacemente la sepsi da CONS da linea centrale. Se il catetere o il serbatoio non sono più necessari, devono essere rimossi. Sfor-tunatamente, ciò non sempre è possibile a causa delle necessità terapeutiche della malattia di base (alimentazione nella sindrome dell’intestino corto, chemioterapia per le neoplasie maligne). Un ciclo di vancomicina ev è indicato come tentativo di conservare l’uso della linea centrale.

La peritonite da S. epidermidis in pazienti ambulatoriali in dialisi peritoneale continua è un’altra infezione che può essere trattata con antibiotici intravenosi o intraperitoneali senza ri-muovere il catetere della dialisi. Se il microrganismo è resistente alla meticillina, la vancomicina a una dose corretta per la funzio-ne renale costituisce una terapia appropriata.

PROGNOSI. La maggior parte degli episodi di batteriemia da CONS risponde con successo agli antibiotici e alla rimozione di qualsiasi corpo estraneo presente. Una prognosi sfavorevole è associata a neoplasie maligne, neutropenia e infezioni di valvole cardiache native o protesiche. I CONS aumentano i tassi di mor-bilità, di durata dell’ospedalizzazione e di mortalità nei pazienti con malattie soggiacenti complicate.

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1164 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

prolungati (da 45 giorni a 6 mesi). Lo stato di portatore non induce costantemente un’immunità locale o sistemica suffi ciente a prevenire la successiva riacquisizione dello stesso sierotipo. La prevalenza dei portatori di pneumococco raggiunge il picco nei primi 1-2 anni di vita e declina gradualmente nei periodi succes-sivi. Lo stato di portatore è più frequente nelle istituzioni e in inverno, mentre è meno frequente in estate. Lo stato di portatore nasofaringeo è comune nei bambini più piccoli che frequentano una comunità con tassi del 21-59% nelle stime di prevalenza trasversale e del 65% negli studi longitudinali. Dal momento dell’autorizzazione dei vaccini coniugati antipneumococcici ep-tavalenti (7 Valent Pneumococcal Conjugate Vaccines, PCV7), la prevalenza dello stato di portatore è declinata e si è verifi cato uno shift verso un aumento dello stato di portatore o di infezioni con sierotipi non vaccinali (Fig. 181-1).

Lo S. pneumoniae è la causa più frequente di batteriemia, pol-monite batterica e otite media, e la seconda causa più comune di meningite nei bambini. La ridotta capacità dei bambini 2 anni di età di produrre anticorpi contro gli antigeni polisaccaridici in-dipendenti dalle cellule T e l’elevata prevalenza di colonizzazione possono spiegare l’aumento della suscettibilità alle infezioni da pneumococco e la ridotta effi cacia dei vaccini polisaccaridici. I maschi sono più comunemente affetti delle femmine. I bambini nativi americani e africani americani hanno tassi di malattia invasiva da 2 a 10 volte più elevati di quelli degli altri bambini. Altri gruppi ad alto rischio sono elencati nella Tabella 181-1. Prima dell’introduzione del PCV negli schemi vaccinali di routine per l’infanzia, i tassi di malattia pneumococcica invasiva negli Stati Uniti erano massimi a 6-11 mesi di età, con tassi di attacco di �540/100 000 nei bambini sani prima dell’uso universale del PCV7. Dopo l’introduzione del PCV, i tassi di infezione si sono fortemente ridotti sia nei bambini ad alto rischio sia nei bambini sani. Per esempio nel Tennessee, il picco è sceso da 232/100 000 prima della vaccinazione di routine con PCV7 a 46/100 000 nei bambini 2 anni di età dopo l’introduzione del PCV7, mentre la percentuale di ceppi resistenti alla penicillina responsabili di malattia invasiva si è ridotta dal 59,8% al 30,4%. Gli studi sullo stato di portatore sia dei sierotipi vaccinici sia di pneumococchi resistenti alla penicillina hanno evidenziato riduzioni simili.

La malattia pneumococcica si verifi ca spontaneamente, ma può essere diffusa da persona a persona con la trasmissione delle

Capitolo 181 ■ Streptococcus

pneumoniae (pneumococco)

Jon S. Abramson e Gary D. Overturf

Lo Streptococcus pneumoniae, o pneumococco, colonizza fre-quentemente il tratto respiratorio superiore e può causare in-fezioni delle vie respiratorie superiori (otite media, sinusite) o una malattia invasiva (polmonite, batteriemia, meningite). Lo S. pneumoniae è una causa comune di polmonite e otiti batte-riche acquisite in comunità. Con la vaccinazione universale con i vaccini coniugati per l’Haemophilus infl uenzae di tipo b, lo S. pneumoniae è divenuto la seconda causa più comune di menin-gite batterica nei bambini e la causa più comune di meningite negli adulti. L’impatto di questo microrganismo è ulteriormente aumentato dall’emergenza mondiale di ceppi resistenti alla peni-cillina e multiresistenti. L’introduzione nel 2000 della raccoman-dazione universale di somministrare a tutti i bambini il vaccino coniugato eptavalente antipneumococcico ha sostanzialmente modifi cato l’epidemiologia di questo microrganismo, riducendo i portatori a livello nasofaringeo, causando uno shift dei sierotipi, riducendo la resistenza agli antibiotici degli pneumococchi causa dell’infezione e riducendo l’incidenza di malattia pneumococcica nei bambini vaccinati e forse negli adulti non vaccinati.

EZIOLOGIA. Lo S. pneumoniae è un diplococco Gram-positivo con capsula polisaccaridica e a forma lanceolata, che si presenta occasionalmente anche sotto forma di cocchi singoli o di catene. Sono stati identifi cati circa 90 sierotipi in base ai polisaccaridi capsulari tipo-specifi ci. Gli antisieri contro alcuni polisaccaridi pneumococcici cross-reagiscono con altri tipi di pneumococchi defi nendo i sierogruppi (6A e 6B), o con altri batteri (Escherichia coli, streptococco di gruppo B, H. infl uenzae di tipo b). I ceppi lisci o incapsulati causano le infezioni più severe negli esseri umani. I polisaccaridi capsulari impediscono la fagocitosi. La virulenza è correlata in parte alle dimensioni capsulari, ma tipi di pneumococchi con capsule delle stesse dimensioni possono presentare un’ampia variabilità della virulenza.

Nei mezzi di coltura solidi, lo S. pneumoniae forma colonie non pigmentate e non ombelicate circondate da una zona di emolisi incompleta (�). Lo S. pneumoniae è solubile nella bile (desossico-lato 10%) e sensibile all’optochina. Lo S. pneumoniae è stretta-mente correlato ai gruppi viridans dello Streptococcus mitis, che si sovrappongono fenotipicamente agli pneumococchi. La defi ni-zione convenzionale di laboratorio degli pneumococchi continua a basarsi sulla sensibilità alla bile e/o all’optochina, anche se vi è molta confusione tra pneumococchi e �-streptococchi. Le capsule degli pneumococchi possono essere visualizzate al microscopio e tipizzate esponendo i microrganismi ad antisieri tipo-specifi ci che si combinano con il loro polisaccaride capsulare unico e specifi co, rendendo rifrangente la capsula ( reazione di Quellung). Anticorpi specifi ci contro i polisaccaridi capsulari conferiscono protezione all’ospite, favorendo opsonizzazione e fagocitosi. La sostanza C, un antigene della parete cellulare correlato alla specie pneumococ-cica più che a uno specifi co sierotipo, consiste in un acido teicoico contenente fosfocolina e galattosamina-6-fosfato. La sostanza C precipita con una �-globulina, la proteina C-reattiva, che attiva il complemento promuovendo la fagocitosi.

EPIDEMIOLOGIA. La maggior parte degli individui sani è portatrice di vari ceppi di S. pneumoniae nelle vie aeree superiori e �90% dei bambini da 6 mesi a 5 anni di età sono portatori in un deter-minato momento di S. pneumoniae nel nasofaringe. Durante gli ultimi 4 decenni, i sierotipi 4, 6B, 9V, 14, 18C, 19F e 23F hanno costituito la maggior parte degli isolati invasivi nei bambini negli Stati Uniti e in altri Paesi sviluppati. Di questi, i sierotipi 6B, 9V, 14 e 19F hanno frequentemente una ridotta sensibilità alla pe-nicillina. Un singolo sierotipo di solito viene portato per periodi

Figura 181-1. Numero di isolati da sierogruppi di Streptococcus pneumoniae compresi nel vaccino coniugato anti-pneumococcico eptavalente (PCV7 [Prev-nar; Wyeth Lederle Vaccines]) e da sierogruppi non compresi nello stesso vac-cino isolati in bambini ricoverati presso il Primary Children’s Medical Center (Salt Lake City, UT), per anno. (Da Byington CL, Samore MH, Stoddard GJ, et al: Temporal trends of invasive disease due to Streptococcus pneumoniae among children in the intermountain west: Emergence of nonvaccine sero-groups. Clin Infect Dis 2005; 41:21-29.)

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Capitolo 181 ■ Streptococcus pneumoniae (pneumococco) ■ 1165

lo S. pneumoniae. L’aumento della frequenza di malattia pneu-mococcica nei pazienti asplenici è correlata sia a un defi cit di opsonizzazione degli pneumococchi sia all’assenza di clearance da parte della milza dei batteri circolanti. La malattia pneumo-coccica invasiva è da 30 a 100 volte più prevalente nei bambini con malattia a cellule falciformi e con altre emoglobinopatie e nei bambini con asplenia congenita o chirurgica. Il rischio è maggiore nei bambini 2 anni di età, poiché la produzione di anticorpi nei confronti della maggior parte dei sierotipi è scarsa. I bambini con malattia a cellule falciformi hanno un defi cit della via della properdina indipendente dagli anticorpi (alternativa) di attivazione del complemento, oltre ad avere un’asplenia funzio-nale. Entrambe le vie contribuiscono all’opsonofagocitosi degli pneumococchi, sia indipendente dagli anticorpi, sia dipendente da essi. Con l’avanzare dell’età (per es. �5 anni), i bambini con malattia a cellule falciformi producono anticorpi anticapsulari, aumentando così l’opsonofagocitosi dipendente dagli anticorpi e riducendo grandemente, ma non eliminando, il rischio di malattia pneumococcica severa. Anche l’effi cacia della fagocitosi è diminu-ita nei pazienti con sindromi da immunodefi cienza B- e T-cellulare (agammaglobulinemia, immunodefi cienza severa combinata) o con perdita di immunoglobuline (sindrome nefrosica), e ciò è largamente determinato da un defi cit di anticorpi anticapsulari opsonizzanti. Queste osservazioni suggeriscono che l’opsoniz-zazione degli pneumococchi dipende dalla via alternativa del complemento nei soggetti con defi cit anticorpale e che la gua-rigione dalla malattia pneumococcica dipende dallo sviluppo di anticorpi anticapsulari che agiscono da opsonine, promuovendo la fagocitosi e il killing degli pneumococchi. Anche i bambini con infezione da HIV presentano un aumento del tasso di infezione invasiva da pneumococco simile o superiore a quello dei bambini con malattia a cellule falciformi. Nei polmoni e in altri tessuti corporei, la diffusione dell’infezione è facilitata dalle proprietà antifagocitarie della capsula pneumococcica. I liquidi di superfi -cie delle vie respiratorie contengono soltanto piccole quantità di immunoglobuline G (IgG) e mancano di complemento. Durante un’infi ammazione è presente un infl usso limitato di IgG, comple-mento e neutrofi li. Può verifi carsi la fagocitosi dei batteri da parte dei neutrofi li, ma il siero umano normale può non opsonizzare gli pneumococchi con mancata facilitazione della fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari.

MANIFESTAZIONI CLINICHE . I segni e sintomi di infezione pneumo-coccica sono correlati alla sede anatomica della malattia. Le più comuni sindromi cliniche comprendono polmonite (Fig. 181-2) (vedi Capitolo 397), otite media (vedi Capitolo 641), sinusite (vedi Capitolo 377), batteriemia occulta nei lattanti e nei bambini più piccoli (vedi Capitolo 175) e sepsi (vedi capitolo 176). Prima dell’uso di routine del PCV7, gli pneumococchi causavano �80% delle batteriemie nei bambini da 2 a 36 mesi di età con febbre senza un’origine identifi cabile (batteriemia occulta). Sono possi-bili ascessi pneumococcici delle vie aeree superiori (vedi Capitolo 379), laringotracheobronchite e peritonite (vedi Capitolo 38), ma sono rari, con l’eccezione della peritonite primitiva nei bambini con ascite e sindrome nefrosica. Si possono verifi care complicanze locali dell’infezione, con empiema, pericardite, mastoidite, asces-so epidurale o meningite. Gli pneumococchi colonizzanti possono diffondersi attraverso la tuba di Eustachio causando otite me-dia, e l’aspirazione di secrezioni infette delle vie aeree superiori può causare una polmonite. È stata descritta una congiuntivite epidemica causata da pneumococchi non capsulati o capsulati. La batteriemia può essere seguita da meningite (vedi Capitolo 603.1), osteomielite (vedi Capitolo 685), artrite suppurativa (vedi Capitolo 686), endocardite (vedi Capitolo 437) e, raramente, ascesso cerebrale (vedi Capitolo 604).

Possono verifi carsi anche una sindrome uremico-emolitica (ve-di Capitolo 484.4) e una coagulazione intravascolare disseminata come complicanze rare delle infezioni pneumococciche.

DIAGNOSI. La diagnosi di infezione pneumococcica è stabilita in base all’isolamento dello S. pneumoniae dal sito di infezione o

goccioline respiratorie. La frequenza e la severità della malattia pneumococcica sono aumentate nei pazienti con malattia a cellule falciformi, asplenia, defi cit dell’immunità umorale (B-cellulare) e mediata dal complemento, infezione da HIV, mutazioni della chi-nasi associata al recettore dell’interleuchina 1 (IRAK-4), alcune neoplasie maligne (leucemia, linfoma), malattie cardiache, pol-monari e renali croniche (particolarmente la sindrome nefrosica), impianti cocleari (vedi Capitolo 636) e le sindromi con perdita di liquor (vedi Tab. 181-1).

PATOGENESI. I meccanismi di difesa non specifi ci, compresa la presenza di altri batteri nel nasofaringe, possono limitare la mol-tiplicazione degli pneumococchi. L’aspirazione di secrezioni con-tenenti pneumococchi è ostacolata dal rifl esso epiglottico e dalle ciglia dell’epitelio respiratorio che muovono il muco infetto verso la faringe. Allo stesso modo, il normale fl usso ciliare del fl uido dall’orecchio medio attraverso la tuba di Esutachio e dai seni paranasali nel nasofaringe previene di solito le infezioni dovute alla fl ora nasofaringea, comprese quelle da pneumococco. L’in-terferenza con questi normali meccanismi di clearance da parte di allergie, infezioni virali o sostanze irritanti (per esempio il fumo) può consentire la colonizzazione e la successiva infezione da parte di questi microrganismi di siti altrimenti sterili. L’uso di impianti cocleari per il trattamento dell’ipoacusia è associato a un aumen-to del rischio di meningite pneumococcica (vedi Capitolo 636).

Gli pneumococchi virulenti sono intrinsecamente resistenti alla fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari. La malattia pneumo-coccica è frequentemente facilitata dalle infezioni virali delle vie respiratorie, che possono produrre danno delle mucose, riducono l’attività dell’epitelio ciliato e deprimono la funzione dei macrofa-gi e dei neutrofi li alveolari. Le secrezioni respiratorie e l’essudato alveolare possono impedire la fagocitosi. Nei tessuti, gli pneumo-cocchi si moltiplicano e si diffondono attraverso i linfatici o la circolazione sanguigna (batteriemia) o, meno comunemente, per estensione diretta da un sito locale di infezione (seni paranasali). La severità della malattia è correlata alla virulenza a e al numero dei microrganismi che causano batteriemia e all’integrità delle difese specifi che dell’ospite. Una prognosi sfavorevole è correlata a un numero molto elevato di pneumococchi e ad elevate con-centrazioni di polisaccaride capsulare nel circolo e nel liquido cerebrospinale.

Il defi cit di diverse componenti del complemento è associato a infezioni piogeniche ricorrenti, comprese quelle causate dal-

TABELLA 181-1. Bambini a rischio elevato o moderato di infezione pneumococcica invasiva

Rischio elevato (incidenza di malattia pneumococcica invasiva �150 casi/100 000 individui per anno)Bambini con:

Malattia a cellule falciformi, asplenia congenita o acquisita o disfunzione splenica• Infezione da virus dell’immunodefi cienza umana• Impianti cocleari•

Rischio elevato presunto (dati insuffi cienti per calcolare i tassi)Bambini con:

Immunodefi cienza congenita; alcuni defi cit B-(umorali) o T-cellulari, defi cit del complemento • (particolarmente C1, C2, C3 e C4), o patologie della fagocitosi (esclusa la malattia granulomatosa cronica)Cardiopatia cronica (particolarmente le cardiopatie congenite e l’insuffi cienza cardiaca)• Pneumopatia cronica (compreso l’asma trattato con terapia corticosteroidea orale ad alto dosaggio)• Perdite di liquor da malformazione congenita, frattura cranica o procedure neurologiche• Insuffi cienza renale cronica, compresa la sindrome nefrosica• Malattie associate a terapia immunosoppressiva o radioterapia (compresi neoplasie maligne, leucemie, • linfomi e morbo di Hodgkin) e al trapianto di organi solidiDiabete mellito•

Rischio moderato (incidenza di malattia pneumococcica invasiva �20 casi/100 000 individui per anno)

Tutti i bambini di 24-35 mesi di età• I bambini di 36-59 mesi di età che frequentano comunità (nido e scuola materna)• I bambini neri di 36-59 mesi di età e quelli di origine nativa americana o nativa dell’Alaska•

Da American Academy of Pediatrics: Red Book: 2006 Report of the Committee on Infectious Diseases, 27th ed. Elk Grove Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2006, p 527.

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1166 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

standard e alla colorazione di Gram dei diversi fl uidi. La leuco-citosi spesso è marcata, con una conta leucocitaria totale spesso �15 000/mm3, anche se i casi severi (compresa la meningite) pos-sono presentare una conta leucocitaria ridotta con spostamento a sinistra della formula.

TRATTAMENTO. Prima dell’emergenza di microrganismi non sensi-bili alla penicillina, quest’ultima costituiva il trattamento di scelta per una sospetta infezione pneumococcica. Negli ultimi decenni è aumentata l’incidenza di resistenza intermedia ed elevata alla penicillina e di multiresistenza (penicillina, tetraciclina, cloram-fenicolo, rifampicina, eritromicina, sulfamidici, clindamicina). In Nord America, fi no al 50% degli isolati da siti corporei sterili non è sensibile alla penicillina G e un numero sostanziale di que-sti isolati è altamente resistente. Ceppi multiresistenti sono stati identifi cati negli Stati Uniti e nel resto del mondo. La resistenza agli antibiotici è presente più spesso nei sierogruppi pneumococ-cici 6, 9, 14, 19 e 23. Questi sierotipi sono contenuti nel vaccino pneumococcico coniugato e l’uso del vaccino sembra avere dimi-nuito l’incidenza globale di pneumococchi non sensibili. Tuttavia, alcuni sierotipi possono andare incontro a uno switch capsulare (passaggio da un sierotipo a un altro), che può essere associato allo sviluppo di resistenza antibiotica.

La resistenza degli pneumococchi è defi nita in base alla con-centrazione inibitoria minima (Minimal Inhibitory Concentration, MIC ) come resistenza intermedia alla penicillina, con una MIC di 0,1-1 �g/L, o come resistenza di grado elevato alla penicillina, con una MIC �2 �g/L. Alcuni microrganismi resistenti alla penicillina possono essere resistenti alle cefalosporine ad ampio spettro, come il ceftriaxone o la cefi xima. In caso di meningite, la resistenza in-termedia è defi nita come una MIC di 1 �g/mL, e senza meningite come una MIC di 2 �g/mL; la resistenza di grado elevato è defi -nita come una MIC di 2 �g/mL in caso di meningite e come una MIC di 4 �g/mL senza meningite. Alcuni isolati possono essere multiresistenti, compresa la resistenza a eritromicina, clindamici-na, tetraciclina, trimetoprim-sulfametoxazolo e cloramfenicolo. In studi USA, il 15-30% degli isolati appare resistente all’eritromi-cina e il 10% alla clindamicina. Nei casi in cui lo pneumococco è resistente all’eritromicina ma sensibile alla clindamicina deve essere eseguito un D-test per determinare se può essere indotta resistenza alla clindamicina. Se il D-test è positivo, non si deve usare clindamicina per il trattamento. Più del 30% degli pneu-mococchi è resistente al trimetoprim-sulfametoxazolo. Tutti gli isolati da bambini con infezioni severe devono essere testati per la sensibilità agli antibiotici. Un test di screening per la sensibilità alla penicillina può essere eseguito con un test di diffusione su disco con 1 �g di oxacillina, ma il metodo preferibile è l’utilizzo di un E-test o la determinazione di una MIC mediante un test di diluizione microtitolata, per misurare la sensibilità alla penicillina a causa della maggiore specifi cità. Molti ceppi resistenti alla peni-cillina sono resistenti anche alle cefalosporine ad ampio spettro. Fino ad ora non è stata riportata resistenza alla vancomicina, ma sono stati riportati pneumococchi che tollerano la vancomicina, che vengono uccisi più lentamente e che possono essere associati a un esito clinico più sfavorevole.

Il trattamento empirico delle infezioni pneumococciche deve es-sere basato sulla conoscenza dei pattern di sensibilità in comunità specifi che. La penicillina G (o l’ampicillina) è il farmaco di scelta per i ceppi sensibili alla penicillina. Sono raccomandate la peni-cillina V orale (50-100 mg/kg/die suddivisi ogni 6-8 ore per os) per le infezioni minori, la penicillina G ev (200 000-250 000 U/kg/die suddivise ogni 4-6 ore ev) per la batteriemia o la polmonite, e la penicillina G ev (300 000 U/kg/die suddivise ogni 4-6 ore ev) per la meningite. Per le infezioni severe (per esempio meningite) da ceppi con resistenza intermedia alla penicillina e per tutte le infezioni da ceppi con elevata resistenza alla penicillina, la vanco-micina (60 mg/kg/die suddivisi ogni 6 ore ev) è il trattamento di scelta fi no a quando sono noti i risultati dell’antibiogramma. La rifampicina (20 mg/kg/die suddivisi ogni 12 ore per os) può essere aggiunta nei casi severi o che non rispondono alla terapia. La resistenza alle cefalosporine di 3a generazione, come cefotaxima

dal sangue. Anche se gli pneumococchi possono essere ritrovati nel naso o nella gola di pazienti con otite media, polmonite, set-ticemia o meningite, essi possono non essere in relazione causale con la malattia e quindi le colture nasofaringee non sono utili per la diagnosi. Nei bambini con polmonite, meningite, artrite, osteomielite, peritonite, pericardite o lesioni cutanee gangrenose deve essere eseguita un’emocoltura. In seguito all’implementa-zione della vaccinazione universale con PCV7, vi è stata una sostanziale riduzione dell’incidenza di batteriemia occulta, ma occorre eseguire un’emocoltura nei pazienti con tossicità clinica o leucocitosi signifi cativa.

Gli pneumococchi possono essere identifi cati nei fl uidi corporei come diplococchi Gram-positivi a forma lanceolata. Nelle fasi precoci della meningite pneumococcica, possono essere osservati molti batteri in un liquido cerebrospinale relativamente acellula-re. Con gli attuali sistemi emocolturali a monitoraggio continuo, il tempo medio per l’isolamento degli pneumococchi è di 14-15 ore e raramente �24 ore. I test di agglutinazione su lattice per lo pneumococco nelle urine o in altri siti corporei hanno l’incon-veniente di una scarsa sensibilità e aggiungono poco alle colture

Figura 181-2. Polmonite batterica: polmonite “con aspetto rotondo” (S. pneu-moniae) in una bambina di 11 mesi con un’anamnesi di 2 giorni di tosse e pic-chi febbrili. Era presente leucocitosi con spostamento a sinistra della formula. A, La proiezione antero-posteriore evidenzia un’area rotonda e nodulare di consolidamento nel lobo medio destro. B, Alla proiezione laterale, il nodulo presente nel lobo medio destro ha un aspetto vagamente triangolare. Queste polmoniti “con aspetto rotondo” sono di solito causate da uno dei comuni patogeni batterici e vengono più comunemente localizzate nel segmento supe-riore di un lobo inferiore. È possibile la confusione con una lesione metasta-tica, ma gli aspetti clinici sono quelli della polmonite. Un importante indizio radiografi co è che il consolidamento appare tipicamente rotondo in proiezione anteroposteriore, un aspetto che non persiste in proiezione laterale (dove l’in-fi ltrato appare triangolare). (Da Hilton SVW, Edwards DK [editors]: Practical Pediatric Radiology, 3rd ed. Philadelphia, Elsevier, 2006, p 329.)

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Capitolo 181 ■ Streptococcus pneumoniae (pneumococco) ■ 1167

Anche la vaccinazione con vaccini pneumococcici può prevenire la malattia pneumococcica causata da sierotipi non vaccinali sie-rotipicamente correlati a un ceppo vaccinale (6A e 6B). Tuttavia, dal momento che i vaccini attuali non eliminano tutte le infezioni pneumococciche invasive, la profi lassi con penicillina è racco-mandata nei bambini ad alto rischio di malattia pneumococcica invasiva, compresi i bambini con asplenia o malattia a cellule falciformi. La penicillina V potassica (125 mg 2 volte al giorno per os nei bambini 3 anni di età; 250 mg 2 volte al giorno per os nei bambini �3 anni di età) riduce sostanzialmente l’incidenza di sepsi pneumococcica nei bambini con malattia a cellule falci-formi. Anche un’iniezione una volta al mese di benzatina peni-cillina G im (600 000 U ogni 3-4 settimane im nei bambini 27 kg; 1 200 000 U ogni 3-4 settimane im per bambini �27 kg) può costituire un’adeguata profi lassi. L’eritromicina può essere utiliz-zata nei bambini con allergia alla penicillina, ma la sua effi cacia non è provata. A causa dell’aumento del rischio di infezione da ceppi non sensibili alla penicillina, alcuni esperti raccomandano di sostituirla con amoxicillina-acido clavulanico ad alte dosi, trime-toprim-sulfametoxazolo o cefuroxima-axetil, ma sono disponibili pochi dati basati sull’evidenza per sostenere tali raccomandazioni. La profi lassi nella malattia a cellule falciformi è stata interrotta con sicurezza dopo il 5° compleanno nei bambini che hanno ricevuto tutte le dosi raccomandate di vaccino pneumococcico e che non hanno avuto una malattia pneumococcica invasiva. La profi lassi viene spesso somministrata per almeno 2 anni dopo la splenectomia o fi no ai 5 anni di età. L’effi cacia nei bambini �5 anni di età e negli adolescenti non è provata. Se si fa uso di una profi lassi antibiotica per os, occorre una rigorosa compliance. Considerata la rapida emergenza di pneumococchi resistenti alla penicillina, specialmente nei bambini trattati con terapia a basso dosaggio a lungo termine, non si può contare sulla profi lassi per la prevenzione della malattia. I bambini ad alto rischio con febbre devono essere rapidamente valutati e trattati indipendentemente dalla storia vaccinale o dalla profi lassi con penicillina.

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e ceftriaxone, è comune nei ceppi resistenti alla penicillina e sono stati riportati casi di fallimento terapeutico nel trattamento della meningite. Tuttavia, per molti microrganismi con resistenza in-termedia, la cefotaxima (225-300 mg/kg/die suddivisi ogni 8 ore ev) o il ceftriaxone (100 mg/kg/die suddivisi ogni 12-24 ore ev) possono essere aggiunti alla vancomicina o sostituirla, a seconda dei risultati dell’antibiogramma.

Per le infezioni invasive al di fuori del sistema nervoso cen-trale (polmonite lobare con o senza batteriemia), cefotaxima e ceftriaxone ad alte dosi sono di solito effi caci, anche per quelle infezioni causate da ceppi con resistenza intermedia o resistenti alle cefalosporine. Per i ceppi sensibili, clindamicina, eritromicina (o i macrolidi correlati, come azitromicina o claritromicina), ce-falosporine, trimetoprim-sulfametoxazolo e cloramfenicolo (negli Stati Uniti disponibile soltanto in formulazione per uso parente-rale) possono essere un’alternativa effi cace, a seconda della sede di infezione (la clindamicina è spesso effi cace per le infezioni penumococciche diverse dalla meningite), negli individui aller-gici alla penicillina. Dosi più elevate di amoxicillina-clavulanato (80-90 mg di amoxicillina/kg/die suddivisi ogni 8 ore per os), con rapporto amoxicillina/clavulanato modifi cato per consentire un dosaggio di amoxicillina più elevato si sono dimostrate effi caci nel trattamento dell’otite media da ceppi resistenti.

PROGNOSI. La prognosi dipende dall’integrità delle difese dell’ospite, dalla virulenza e dal numero dei microrganismi infet-tanti, dall’età dell’ospite, dalla sede e dall’estensione dell’infezio-ne, dall’inizio tempestivo e dall’adeguatezza del trattamento.

PREVENZIONE. La risposta immunologica e l’effi cacia successive alla somministrazione dei vaccini pneumococcici polisaccaridici non sono prevedibili nei bambini 2 anni di età. Due vaccini pneumococcici autorizzati contengono polisaccaride purifi cato di 23 sierotipi pneumococcici (PPV23) responsabili di �95% dei casi di malattia invasiva. L’effi cacia clinica di questi vaccini è controversa e gli studi hanno dato risultati contrastanti. Gli antigeni polisaccaridici 6A, 14, 19F e 23F sono frequentemente causa di malattia nell’infanzia e sono scarsamente immunogeni nei bambini 5 anni di età.

Al contrario, i vaccini pneumococcici polisaccaridici coniugati a varie proteine (polisaccaride pneumococcico eptavalente co-niugato a CRM197) suscita risposte anticorpali “protettive” nel 90% dei bambini vaccinati con questi vaccini a 2, 4 e 6 mesi di età, e risposte molto pronunciate (memoria immunologica) dopo dosi booster somministrate a 12-15 mesi. Inoltre, i vaccini poli-saccaridici coniugati con proteine riducono lo stato di portatore nasofaringeo dei sierotipi vaccinali fi no al 60-70%. Il vaccino ep-tavalente attualmente disponibile ( PCV7) contiene polisaccaridi capsulari coniugati dei sierotipi 4, 6B, 9V, 14, 19F, 23F e 18C. In trial di effi cacia condotti negli Stati Uniti, la vaccinazione dei lattanti con questo vaccino ha ridotto le infezioni invasive di �93% e le polmoniti lobari di �73%. La sua somministrazione è stata associata a una diminuzione del 6-7% dell’otite media, ma a una maggiore riduzione delle complicanze dell’otite media come l’inserimento di tubi timpanostomici. Gli eventi avversi dopo somministrazione di PCV7 comprendono edema ed eritema locale e un tasso leggermente aumentato di febbre, quando viene utilizzato in associazione con altri vaccini dell’infanzia.

La vaccinazione con PCV7 è raccomandata in tutti i bambini con un calendario di 4 dosi somministrate a 2, 4, 6 e 12-15 mesi di età. I bambini ad alto rischio �2 anni di età (vedi Tab. 181-1), come quelli con asplenia, malattia a cellule falciformi, alcuni tipi di immunodefi cienza (defi cit anticorpali), infezione da HIV o malattie epatiche, cardiache o renali croniche (compresa la sindrome nefrosica), possono trarre benefi cio anche dal PPV23 somministrato dopo 2 anni di età e dopo un priming con le dosi previste di PCV7. Dopo la vaccinazione iniziale, una singola dose supplementare di PPV23 può essere utilizzata 3 anni dopo la 1a dose nei bambini 10 anni di età al momento della rivaccinazio-ne, oppure può essere usata 5 anni dopo la 1a dose nei bambini con 10 anni o più di età al momento della rivaccinazione.

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1168 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

gruppo A, inoltre, possono essere distinti dagli altri gruppi in base a differenze nella sensibilità alla bacitracina. Un disco contenente 0,04 U di bacitracina inibisce la crescita della maggior parte dei ceppi di gruppo A, mentre altri gruppi sono generalmente resi-stenti a questo antibiotico. Lo SGA può essere suddiviso in più di 100 sierotipi sulla base dell’antigene della proteina M, localizzato sulla superfi cie cellulare e nelle fi mbrie che protrudono dal mar-gine esterno della cellula batterica. La tipizzazione M si è basata soprattutto sulla tipizzazione sierologica della proteina M di su-perfi cie, utilizzando i sieri policlonali disponibili. Tuttavia, spesso è diffi cile identifi care le proteine M in questo modo; un approccio molecolare alla tipizzazione M degli SGA con la reazione a catena polimerasica si basa sulla sequenziazione del gene emm dello SGA che codifi ca la proteina M. Più di 180 tipi distinti di proteina M sono stati identifi cati con la tipizzazione del gene emm e si è tro-vata una buona correlazione tra i sierotipi noti e i tipi emm.

La sierotipizzazione M si è dimostrata utile per gli studi epi-demiologici; certe malattie da SGA tendono a essere associate a certi tipi M. I tipi 1, 12, 28, 3, 4, 2 e 6 (in questo ordine) sono le cause più comuni di faringite streptococcica non complicata negli Stati Uniti. I tipi M comunemente associati a faringite raramente causano infezioni cutanee e i tipi M comunemente associati a in-fezioni cutanee raramente causano faringite. Pochi ceppi faringei (tipo M 12) sono stati associati a glomerulonefrite, ma molti più ceppi cutanei (tipi M 49, 55, 57 e 60) sono considerati nefrito-geni. Pochi sierotipi faringei, ma nessun sierotipo cutaneo, sono stati associati a febbre reumatica acuta. Il potenziale reumatoge-no non dipende solamente dal sierotipo, ma è una caratteristica di ceppi specifi ci all’interno di diversi sierotipi.

EPIDEMIOLOGIA . Gli esseri umani sono serbatoi naturali di SGA. Questi batteri sono molto contagiosi e possono causare malattia in individui normali di tutte le età che non possiedono un’immu-nità tipo-specifi ca contro il particolare sierotipo interessato. Nei neonati la malattia non è frequente, probabilmente a causa degli anticorpi materni. L’incidenza di infezioni faringee è più elevata nei bambini da 3 a 15 anni di età, specialmente nei bambini più piccoli in età scolare. Queste infezioni sono particolarmente comuni nelle regioni settentrionali degli Stati Uniti, specialmente in inverno e all’inizio della primavera. I bambini con faringite acuta non trat-tata diffondono lo SGA attraverso le goccioline aeree di saliva e le secrezioni nasali. La trasmissione è favorita dai contatti ravvicina-ti; pertanto, scuole, caserme e abitazioni sono ambienti importanti per la diffusione. Il periodo di incubazione della faringite è di solito 2-5 giorni. Lo SGA può essere un importante patogeno delle vie respiratorie superiori e può causare epidemie nell’ambito di asili nido e scuole materne. Gli alimenti contenenti SGA provocano occasionalmente epidemie esplosive di faringotonsillite. I bambini divengono di solito non infettivi dopo 24 ore dall’inizio di una terapia antibiotica appropriata. I portatori cronici di SGA a livello faringeo raramente trasmettono ad altri il microrganismo.

La piodermite streptococcica ( impetigine) si verifi ca più fre-quentemente durante l’estate nei climi temperati, o durante tutto l’anno nei climi più caldi, quando la cute è esposta ad abrasioni ed è maggiore la probabilità di morsi di insetti (vedi Capitolo 664). La colonizzazione della cute integra da parte dello SGA di solito precede lo sviluppo di impetigine. Dal momento che lo SGA non penetra nella cute integra, l’impetigine si sviluppa a livello di lesioni aperte (punture di insetto, ferite traumatiche, ustioni). Anche se i sierotipi dell’impetigine possono colonizzare la faringe, la diffusione avviene dalla cute di un soggetto alla cute di un altro soggetto e non attraverso le vie respiratorie. Unghie e regione perianale possono ospitare lo SGA e avere un ruolo importante nel disseminare l’impetigine. Casi multipli di impetigine e farin-gite hanno una maggiore probabilità di verifi carsi in bambini che vivono in ambienti affollati e in circostanze igieniche scadenti.

L’incidenza di infezioni invasive severe da SGA, tra cui batteri-emia, sindrome dello shock tossico streptococcico e fascite necro-tizzante, è aumentata nello scorso decennio. L’incidenza appare più elevata nei soggetti molto giovani e nei più anziani. La varicella è il fattore di rischio più comune nei bambini. Altri fattori di rischio

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Capitolo 182 ■ Streptococco di gruppo A

Michael A. Gerber

Lo streptococco di gruppo A (SGA), noto anche come Strepto-coccus pyogenes, è una causa comune di infezioni delle vie respi-ratorie superiori (faringite) e della cute (impetigine, piodermite) nei bambini e una causa meno comune di cellulite perianale, vaginite, setticemia, polmonite, endocardite, pericardite, osteo-mielite, artrite suppurativa, miosite, cellulite e onfalite. Questi microrganismi causano anche entità cliniche distinte (scarlattina ed erisipela), come anche sindrome dello shock settico e fascite necrotizzante. Lo SGA è anche la causa di due complicanze non suppurative potenzialmente severe: febbre reumatica (vedi Capitoli 182.1 e 438) e glomerulonefrite acuta (vedi Capitolo 512.1).

EZIOLOGIA . Gli streptococchi di gruppo A sono batteri Gram-po-sitivi di forma ovoidale (cocchi) che tendono a crescere in catene. Essi sono in linea di massima classifi cati in base alle loro reazioni rispetto agli eritrociti di mammiferi. La zona di emolisi completa che circonda le colonie cresciute su agar-sangue distingue le specie �-emolitiche (emolisi completa) dalle specie �-emolitiche (emolisi verde o parziale) e dalle specie (non emolitiche). Gli strepto-cocchi �-emolitici possono essere suddivisi in gruppi in base a un polisaccaride gruppo-specifi co ( carboidrato C di Lancefi eld) localizzato sulla parete cellulare. Sono stati identifi cati più di 20 gruppi sierologici, designati con le lettere da A a V. Il raggruppa-mento con il metodo Lancefi eld per gruppi sierologici è preciso, ma gli streptococchi di gruppo A possono essere identifi cati più rapidamente con varie procedure di agglutinazione e coagglu-tinazione su lattice o con metodi immunoenzimatici. I ceppi di

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Capitolo 182 ■ Streptococco di gruppo A ■ 1169

essere coinvolte nella patogenesi della malattia invasiva da SGA, compresa la sindrome da shock settico streptococcica .

Il ruolo della maggior parte delle altre tossine e degli altri enzimi streptococcici nella malattia umana deve ancora essere chiarito. Molte di queste sostanze extracellulari sono antigeniche e stimolano la produzione di anticorpi dopo un’infezione. Tutta-via, questi anticorpi non hanno alcuna relazione con l’immunità. La loro determinazione è utile per dimostrare un’infezione strep-tococcica recente. Il test per gli anticorpi antistreptolisina O è ben standardizzato ed è la misura anticorpale più utilizzata. Dal momento che la risposta immunitaria agli antigeni extracellulari è variabile tra gli individui come anche con il sito dell’infezione, è talvolta necessario misurare altri anticorpi antistreptococcici, come quelli anti-desossiribonucleasi (anti-DNasi).

MANIFESTAZIONI CLINICHE . Le infezioni più comuni causate dallo SGA interessano le vie respiratorie, la cute e i tessuti molli.

Infezioni delle vie respiratorie . Lo SGA è una causa importante di faringite acuta (vedi Capitolo 378) e di polmonite (vedi Ca-pitolo 397).

Scarlattina. La scarlattina è un’infezione delle vie aeree supe-riori associata a un rash caratteristico e causata da un’infezione da SGA produttore di esotossina pirogena (tossina eritrogenica) in individui sprovvisti di anticorpi antitossina. Attualmente è meno frequente e meno virulenta che in passato, ma l’incidenza è ciclica, a seconda della prevalenza di ceppi produttori di tossina e dello stato immunitario della popolazione. Modalità di trasmis-sione, distribuzione per età e altri aspetti epidemiologici sono del tutto simili a quelli della faringite da SGA.

Il rash compare entro 24-48 ore dall’esordio dei sintomi, an-che se può essere già presente tra i primi segni della malattia (Fig. 182-1A). Il rash spesso inizia intorno al collo e si diffonde al tronco e alle estremità. È un’eruzione eritematosa diffusa,

comprendono diabete mellito, infezione da HIV, uso intravenoso di droghe e cardiopatie o pneumopatie croniche. La porta di ingres-so è sconosciuta in almeno il 50% dei casi di infezione invasiva severa da SGA; si ritiene che nella maggior parte dei casi la porta di ingresso siano la cute o una membrana mucosa. La faringite da SGA è raramente seguita da malattia invasiva severa.

PATOGENESI . La virulenza dello SGA dipende primariamente dal-la proteina M e i ceppi ricchi di proteina M resistono alla fagoci-tosi nel sangue umano fresco, a differenza dei ceppi M-negativi. Gli SGA isolati dai portatori cronici a livello della faringe con-tengono poca proteina M o non ne contengono affatto e sono relativamente non virulenti. L’antigene della proteina M stimola la produzione di anticorpi protettivi. Questi anticorpi sono tipo-specifi ci. Essi sono protettivi nei confronti delle infezioni causate da un tipo M omologo, ma non conferiscono immunità contro altri tipi M. Pertanto, infezioni multiple da SGA attribuibili a diversi tipi M sono comuni durante l’infanzia e l’adolescenza. A partire dalla vita adulta, gli individui sono probabilmente immuni rispetto a molti dei comuni tipi M presenti nell’ambiente, ma a causa del grande numero di sierotipi è dubbio che venga mai raggiunta un’immunità totale.

Lo SGA produce un’ampia varietà di enzimi e tossine, comprese tossine eritrogeniche (note come esotossine pirogene streptococci-che). Le esotossine pirogene streptococciche A, B e C sono respon-sabili del rash della scarlattina e sono elaborate dagli streptococchi infettati da un particolare batteriofago. Queste esotossine stimola-no la formazione di anticorpi specifi ci antitossine che forniscono immunità contro il rash scarlattiniforme, ma non contro altre infe-zioni streptococciche. Poiché lo SGA può produrre tre diverse eso-tossine pirogene causa di rash (A, B o C), è possibile un secondo attacco di scarlattina. Le esotossine pirogene streptococciche A, B e C, come anche altre esotossine recentemente scoperte, sembrano

Figura 182-1. Scarlattina. A, Rash eritematoso puntiforme (2° giorno). B, Lingua a fragola patinata e biancastra (1° giorno). C, Lingua a fragola rossa (3° gior-no). (Per gentile concessione del Dott. Franklin H. Top, Professor and Head of the Department of Hygiene and Preventive Medicine, State University of Iowa, College of Medicine, Iowa City, IA; and Parke, Davis & Company’s Therapeutic Notes.) (Da Gershon AA, Hotez PJ, Katz SL: Krugman’s Infectious Diseases of Children, 11th ed. Philadelphia, Mosby, 2004, tavola 53.)

A

B

C

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1170 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

Dermatite perianale. La dermatite perianale, denominata an-che malattia streptococcica perianale , è un’entità clinica distinta caratterizzata da un eritema perianale ben demarcato associato a prurito anale, defecazione dolorosa e feci striate di sangue. L’esame obiettivo rivela un eritema perianale piano, di colore da rosa a rosso sangue vivo, a margini netti, che si estende per circa 2 cm dall’ano. L’eritema può coinvolgere anche vulva e vagina. Le lesioni possono essere molto dolenti e, particolarmente quando sono croniche, possono fi ssurarsi e sanguinare. Sintomi sistemici e febbre non sono frequenti.

Vaginite. Lo SGA è una causa comune di vaginite nelle ragazze prepuberi (vedi Capitolo 549). Le pazienti presentano di soli-to secrezioni sierose con eritema e irritazione marcati dell’area vulvare, accompagnate da fastidio alla minzione e durante il cammino.

Malattia invasiva severa. L’infezione invasiva da SGA è defi nita in base all’isolamento dello SGA da un sito corporeo normalmen-te sterile e comprende 3 sindromi cliniche che si sovrappongono. La 1a è la sindrome dello shock tossico da SGA, che si differenzia da altri tipi di infezioni invasive da SGA per la presenza di shock e di insuffi cienza d’organo multipla già nella fase precoce dell’in-fezione (Tab. 182-1). La 2a è la fascite necrotizzante da SGA, ca-ratterizzata da necrosi locale estesa dei tessuti molli sottocutanei e della cute. La 3a è costituita dal gruppo di infezioni focali e si-stemiche che non soddisfano i criteri per la sindrome dello shock tossico o per la fascite necrotizzante e comprendono batteriemia senza focolaio identifi cato, meningite, polmonite, peritonite, sepsi puerperale, osteomielite, artrite suppurativa, miosite e infezioni di ferite chirurgiche.

I meccanismi patogeni responsabili delle infezioni invasive se-vere da SGA, compresa la sindrome dello shock tossico e la fa-scite necrotizzante, non sono ancora stati completamente defi niti, ma è stata suggerita un’associazione con le esotossine pirogene streptococciche. Le tre esotossine pirogene originarie (A, B, C), le esotossine pirogene streptococciche scoperte recentemente e po-tenziali altre tossine, ancora non identifi cate, prodotte dallo SGA, agiscono come superantigeni stimolando un’intensa attivazione e proliferazione dei linfociti T e dei macrofagi con la conseguente produzione di grandi quantità di citochine. Queste citochine so-no in grado di produrre shock e danno tissutale e sono ritenute responsabili di molte delle manifestazioni cliniche delle infezioni invasive severe da SGA.

DIAGNOSI . Prima di decidere se eseguire o meno un test microbio-logico su un paziente che si presenta con faringite acuta, occorre prendere in considerazione gli aspetti clinici ed epidemiologici. È utile un’anamnesi di stretto contatto con un caso ben docu-mentato da faringite da SGA, come anche la consapevolezza di un’elevata prevalenza di infezioni da SGA nella comunità. Gli esami devono di solito essere eseguiti su pazienti con faringi-te acuta le cui caratteristiche cliniche ed epidemiologiche non suggeriscono un’eziologia da SGA. Tuttavia, i segni e sintomi di faringite streptococcica e non streptococcica si sovrappongono così ampiamente da non rendere possibile la necessaria precisione diagnostica su una base puramente clinica. La diagnosi clinica di

fi nemente papulosa, che produce una tipica colorazione rosso brillante della cute che impallidisce alla pressione. È spesso più intenso lungo i solchi dei gomiti, delle ascelle e dell’inguine. La cute ha un caratteristico aspetto a pelle d’oca ed è ruvida al tatto. Il viso di solito è risparmiato, anche se le guance possono essere eritematose mentre l’area periorale è pallida. Dopo 3-4 giorni, il rash comincia a regredire ed è seguito da desquamazione, prima a livello del viso, poi verso il basso, assomigliando spesso a quello che si osserva dopo un’ustione solare di grado lieve. Una desquamazione ad ampi lembi si osserva occasionalmente intorno ai margini liberi delle unghie e a livello dei palmi delle mani e delle piante dei piedi. L’esame della faringe di un paziente con scarlattina rivela essenzialmente gli stessi aspetti della faringite da SGA. La lingua è inoltre patinata e le papille sono aumentate di volume (Fig. 182-1B). Dopo la desquamazione, le papille arros-sate appaiono sporgenti, dando alla lingua un aspetto a fragola (Fig. 182-1C).

La tipica scarlattina non è diffi cile da diagnosticare; tuttavia, le forme più lievi con segni e sintomi faringei non chiari possono essere confuse con esantemi virali, con la malattia di Kawasaki o con eruzioni cutanee da farmaci. Le infezioni stafi lococciche sono occasionalmente associate a un rash scarlattiniforme. È utile un’anamnesi di esposizione recente a un’infezione da SGA. In caso di incertezza, l’identifi cazione dello SGA nella faringe conferma la diagnosi.

Impetigine. L’impetigine (o piodermite) è tradizionalmente clas-sifi cata in due forme cliniche: bollosa e non bollosa (vedi Capitolo 664). L’impetigine non bollosa, la forma più comune, è un’infe-zione superfi ciale della cute che compare dapprima come una le-sione cutanea papulovescicolosa discreta circondata da un alone eritematoso localizzato. Le vescicole divengono rapidamente pu-rulente e rivestite da croste spesse e confl uenti di colore ambrato che danno alla cute affetta un aspetto simile a quello di un’esco-riazione. Le lesioni possono presentarsi in qualunque sede, ma sono più comuni sul viso e sugli arti. Se non trattata, l’impetigine bollosa rappresenta una patologia lieve ma cronica, diffonden-dosi spesso ad altre parti del corpo, anche se occasionalmente è autolimitata. È comune una linfoadenite regionale. L’impetigine non bollosa non è generalmente accompagnata da febbre o altri sintomi o segni sistemici. Escoriazioni impetiginizzate intorno alle narici si osservano con le infezioni attive da SGA del nasofaringe. Tuttavia, l’impetigine non è solitamente associata a un’evidente infezione streptococcica delle vie respiratorie superiori.

L’impetigine bollosa è meno comune e si verifi ca più spesso nei neonati e nei bambini più piccoli. È caratterizzata da bolle trasparenti fl accide di solito 3 cm di diametro su una cute in precedenza non traumatizzata. La distribuzione usuale coinvol-ge viso, natiche, tronco e perineo. Anche se lo Staphylococcus aureus è stato tradizionalmente accettato come unico patogeno responsabile di impetigine bollosa, una certa confusione riguarda i microrganismi responsabili di impetigine non bollosa. Nella maggior parte degli episodi di impetigine non bollosa vengono isolati lo SGA o lo S. aureus, o una combinazione di questi due microrganismi. Studi meno recenti suggerivano che lo SGA era l’agente causale nella maggior parte dei casi di impetigine non bollosa e che lo S. aureus era solo un patogeno secondario. Tut-tavia, studi più recenti hanno dimostrato la recente emergenza dello S. aureus come agente causale nella maggior parte dei casi impetigine non bollosa. La coltura delle lesioni è l’unico modo per distinguere l’impetigine non bollosa causata dallo S. aureus da quella causata dallo SGA.

Erisipela. L’erisipela è un’infezione acuta da SGA relativamente rara, che interessa gli strati cutanei profondi e il tessuto connetti-vo sottostante. La cute dell’area affetta è edematosa, eritematosa e molto dolente. Possono essere presenti bolle superfi ciali. Il se-gno più caratteristico è il bordo nettamente defi nito e leggermente rilevato. A volte, si osservano strie linfangitiche rossastre che si estendono dai margini della lesione. L’esordio è improvviso e sono spesso presenti segni e sintomi di infezione sistemica, come febbre elevata. Le colture ottenute dall’area di infi ammazione mediante agoaspirato spesso rivelano l’agente causale.

TABELLA 182-1. Defi nizione di sindrome dello shock tossico da streptococcoCriteri clinici Ipotensione + 2 o più dei seguenti: Insuffi cienza renale Coagulopatia Interessamento epatico Sindrome del distress respiratorio dell’adulto Rash eritematomaculoso generalizzato Necrosi dei tessuti molliCaso defi nito Criteri clinici + isolamento di uno SGA da un sito normalmente sterileCaso probabile Criteri clinici + isolamento di uno SGA da un sito non sterile

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Capitolo 182 ■ Streptococco di gruppo A ■ 1171

gli streptococchi �-emolitici di gruppo C e G (vedi Capitolo 184) possono causare una faringite acuta nei bambini. L’Arca-nobacterium haemolyticum è una causa rara di faringite acuta, particolarmente negli adolescenti. La Neisseria gonorrhoeae può occasionalmente causare una faringite acuta negli adolescenti sessualmente attivi. Altri batteri come la Francisella tularensis e la Yersinia enterocolitica come anche infezioni miste da batteri ana-erobi (angina di Vincent) sono raramente causa di faringite acuta. La Chlamydia pneumoniae e il Mycoplasma pneumoniae sono stati implicati come causa di faringite acuta, particolarmente negli adulti. Il Corynebacterium diphtheriae (vedi Capitolo 186) può causare faringite, anche se raramente a causa della vaccinazione universale. Anche se altri batteri come lo Staphylococcus aureus, l’Haemophilus infl uenzae e lo Streptococcus pneumoniae sono frequentemente isolati nella faringe di bambini con faringite acu-ta, il loro ruolo eziologico nella faringite non è stato stabilito.

La faringite da SGA è l’unica causa comune di faringite acuta per la quale è certamente indicata la terapia antibiotica. Pertanto, di fronte a un paziente con faringite acuta, la decisione clinica che normalmente deve essere presa è se la faringite è attribuibile allo SGA.

TRATTAMENTO . La terapia antibiotica nei pazienti con faringite da SGA può prevenire la febbre reumatica acuta, abbreviare il decorso clinico della malattia, ridurre la trasmissione dell’infezio-ne ad altri e prevenire le complicanze suppurative. Nel paziente con classica scarlattina, la terapia antibiotica deve essere iniziata immediatamente, ma nella grande maggioranza di pazienti che si presentano con segni e sintomi meno suggestivi, il trattamento dovrebbe essere rimandato fi no a quando sia disponibile una con-ferma batteriologica, sia da coltura tradizionale sia da test rapido. I test rapidi per la ricerca dell’antigene, a causa della loro elevata specifi cità, hanno reso possibile iniziare immediatamente la tera-pia antibiotica in presenza di un risultato positivo del test.

Lo SGA è squisitamente sensibile alla penicillina e non sono mai stati osservati ceppi resistenti. Pertanto, la penicillina è il farmaco di scelta (eccetto nei pazienti allergici alla penicillina) per le infezioni faringee e anche per le complicanze suppurative. È raccomandato il trattamento con penicillina V orale (250 mg/dose da 2 a 3 volte al giorno per �27 kg e 500 mg/dose da 2 a 3 volte al giorno per �27 kg per 10 giorni, ma deve essere pro-seguito per 10 giorni completi anche se in 3-4 giorni si verifi ca un miglioramento sintomatologico. La penicillina V (fenossietil-penicillina) è preferibile alla penicillina G in quanto può essere somministrata indipendentemente dai pasti. Il problema princi-pale con tutte le forme di terapia orale è il rischio che il farmaco venga sospeso prima del completamento del ciclo di 10 giorni. Pertanto, quando si prescrive un trattamento orale, occorre sot-tolineare la necessità di completare il ciclo totale di terapia. Se i genitori sembrano poco propensi a seguire la terapia orale a causa di disorganizzazione familiare, diffi coltà di comprensione o altri motivi, il trattamento più effi cace e spesso più pratico è la terapia parenterale con una singola iniezione intramuscolare di benzatina penicillina G (600 000 UI per �27 kg, 1-2 milioni UI per �27 kg, im). Gli svantaggi comprendono il bruciore intorno al sito di iniezione, che può durare per diversi giorni, e la possibilità di iniettare il farmaco in nervi o vasi sanguigni se l’iniezione non viene eseguita correttamente. La reazione locale è minore quando la benzatina penicillina è combinata in un’unica iniezione con procaina penicillina G, anche se sono necessarie precauzioni per essere certi di somministrare una quantità corretta di benzatina penicillina G.

In alcuni studi, fi no al 20% di pazienti trattati con un ciclo completo di penicillina ha continuato a essere portatore di SGA. Le cause di questo fallimento microbiologico non sono note. Per i pazienti trattati con penicillina orale, la spiegazione è sempre stata una scarsa compliance. È probabile che molti fallimenti della terapia con penicillina si verifi chino in bambini che sono semplicemente portatori dello SGA. Pertanto, non è raccomanda-ta l’esecuzione di routine di una coltura faringea in pazienti asin-tomatici che hanno completato un ciclo terapeutico completo.

faringite da SGA non può essere posta con certezza neppure dal medico più esperto ed è necessaria una conferma batteriologica.

La coltura di un tampone faringeo su piastra di agar-sangue di pecora resta la procedura standard per la documentazione della presenza dello SG nel tratto respiratorio superiore e per la conferma della diagnosi clinica di faringite streptococcica acuta. Se eseguito correttamente, un singolo tampone faringeo coltiva-to su piastra di agar-sangue ha una sensibilità del 90-95% per l’identifi cazione della presenza dello SGA nella faringe.

Lo svantaggio di coltivare un tampone faringeo su piastra di agar-sangue è il ritardo (una notte o più) dei risultati. Sono stati sviluppati test rapidi per la ricerca dell’antigene allo scopo di diagnosticare lo SGA direttamente sul tampone faringeo. Anche se questi test rapidi sono più costosi della coltura su agar-sangue, il loro vantaggio rispetto alla procedura tradizionale è la velocità con la quale sono disponibili i risultati. La diagnosi e il tratta-mento rapidi dei pazienti con faringite streptococcica può ridurre il rischio di diffusione dello SGA, permettendo al paziente di ritornare prima a scuola o al lavoro, e può ridurre la morbilità acuta di questa malattia.

La grande maggioranza dei test rapidi per la ricerca dell’an-tigene attualmente disponibili ha un’eccellente specifi cità �95% se confrontata con le colture su piastra di agar-sangue. Risultati falsi positivi non sono frequenti e quindi le decisioni terapeutiche possono essere prese con fi ducia basandosi sul risultato positivo del test. Sfortunatamente, la sensibilità della maggior parte di questi test è dell’80-90%, ed eventualmente anche minore, ri-spetto alla coltura su piastra di agar-sangue. Tuttavia, di fronte a dati contrastanti, i medici che scelgono di usare qualsiasi tipo di test rapido per la ricerca dell’antigene nei bambini e negli adole-scenti senza il supporto di una coltura nei casi risultati negativi al test rapido dovrebbero farlo dopo aver confermato che nel loro contesto il test rapido è confrontabile come sensibilità alla coltura tradizionale.

L’infezione da SGA può essere diagnosticata anche retrospet-tivamente sulla base di un titolo anticorpale antistreptococcico elevato o in aumento. Il dosaggio dell’antistreptolisina O è il test più utilizzato. Dal momento che la streptolisina è prodotta anche dagli streptococchi di gruppo C e G, il test non è specifi co per l’infezione da streptococco di gruppo A. La risposta dell’an-tistreptolisina O può essere debole nei pazienti con impetigine da streptococco ed è utile se questa condizione è limitata. Al contrario, la risposta anti-Dnasi B è presente sia dopo infezione cutanea che dopo faringite. Di solito si defi nisce un aumento signifi cativo del titolo anticorpale un aumento del titolo di due o più incrementi di diluizione tra campioni della fase acuta e della fase di convalescenza, indipendentemente dall’entità attuale del titolo anticorpale. L’interpretazione a scopi clinici di un singolo titolo anticorpale può essere diffi cile e occorre prendere in consi-derazione diversi fattori. I titoli anticorpali riportati da differenti laboratori possono variare. Inoltre, i limiti superiori dell’interval-lo di normalità sono più alti nei bambini che negli adulti e questi valori, anche per gli stessi gruppi d’età, sono più elevati in certe popolazioni che in altre. I valori riportati dai laboratori per i limi-ti superiori dell’intervallo di normalità sono stati frequentemente determinati su sieri di adulti; questi valori sono spesso troppo bassi per essere usati per una popolazione pediatrica.

Diagnosi differenziale. I virus sono la causa più comune di faringite acuta nel bambino. I virus respiratori, come il virus infl uenzale, il virus parainfl uenzale, i rinovirus, i coronavirus, gli adenovirus e il virus respiratorio sinciziale sono cause frequenti di faringite acuta. Altre cause virali di faringite acuta comprendono coxsackievirus, echovirus e virus herpes simplex (HSV). Il virus di Epstein-Barr (EBV) è una causa frequente di faringite acuta spesso accompagnata da altri segni e sintomi clinici di mono-nucleosi infettiva (per esempio, splenomegalia, linfoadenopatia generalizzata). Infezioni sistemiche da altri agenti virali, compresi Cytomegalovirus, virus della rosolia e virus del morbillo, possono essere associati a faringite acuta.

Lo SGA è la causa più comune di faringite batterica e com-prende il 15-30% dei casi di faringite acuta nei bambini. Anche

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1172 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

streptococco richiedono la somministrazione rapida e aggressiva di liquidi, il trattamento dell’insuffi cienza cardiaca o respirato-ria, se presente, e il trattamento anticipatorio dell’insuffi cienza d’organo multipla. Dati limitati suggeriscono che le -globuline ev possono essere effi caci nel trattamento della sindrome dello shock tossico da streptococco. Le immunoglobuline ev devono essere riservate a quei pazienti che non rispondono ad altre mi-sure terapeutiche.

COMPLICANZE . Le complicanze suppurative da diffusione dello SGA alle strutture anatomiche adiacenti erano molto comuni prima dell’era antibiotica. Linfadenite cervicale, ascesso periton-sillare, ascesso retrofaringeo, otite media, mastoidite e sinusite si verifi cano ancora in bambini in cui la malattia primitiva non è stata diagnosticata o in cui il trattamento della faringite è stato inadeguato. Può raramente verifi carsi una polmonite da SGA.

La febbre reumatica acuta (vedi Capitolo 182.1) e la glome-rulonefrite acuta post-streptococcica (vedi Capitolo 512.1) sono entrambe sequele non suppurative delle infezioni da SGA che si verifi cano dopo un periodo asintomatico di latenza. Sono entram-be caratterizzate da lesioni a distanza dal sito dell’infezione da SGA. Tuttavia, la febbre reumatica acuta e la glomerulonefrite acuta differiscono per le manifestazioni cliniche e la potenziale morbilità. Inoltre, la glomerulonefrite acuta può verifi carsi dopo un’infezione da SGA sia del tratto respiratorio superiore, sia della cute, ma la febbre reumatica acuta può verifi carsi soltanto dopo un’infezione del tratto respiratorio superiore.

Artrite reattiva post-streptococcica. Il termine “artrite reattiva post-streptococcica” è stato usato per descrivere una sindrome caratterizzata dall’esordio di artrite acuta dopo un episodio di faringite da SGA in un paziente i cui sintomi non soddisfano altri-menti i criteri di Jones per la diagnosi di febbre reumatica acuta. Esiste ancora un considerevole dibattito se questa entità rappre-senti una sindrome distinta o sia una manifestazione di febbre reumatica acuta. Anche se l’artrite reattiva post-streptococcica di solito interessa le grandi articolazioni, a differenza dell’artrite della febbre reumatica acuta, può interessare piccole articolazioni periferiche come anche lo scheletro assiale e tipicamente non è migrante. Il periodo latente tra l’episodio pregresso di faringite da SGA e la comparsa di artrite reattiva post-streptococcica è molto più breve (di solito 10 giorni) rispetto a quello tipico della febbre reumatica acuta. Al contrario dell’artrite della febbre reumatica acuta, l’artrite reattiva post-streptococcica non rispon-de in maniera signifi cativa alla terapia con acido acetilsalicilico o altri FANS. Anche se uno SGA è stato isolato in non più di metà dei pazienti con artrite reattiva post-streptococcica in cui è stata eseguita una coltura faringea, tutti i pazienti hanno l’evidenza sierologica di una recente infezione da SGA. Una piccola per-centuale di pazienti con artrite reattiva post-streptococcica può progredire fi no a sviluppare una valvulopatia. Pertanto, questi pazienti devono essere accuratamente tenuti sotto controllo per diversi mesi per l’eventuale successiva comparsa di una cardite. Alcuni clinici somministrano una profi lassi secondaria a questi pazienti per un periodo fi no a un anno. Se non si osserva una cardite, la profi lassi può quindi essere sospesa. Se viene diagno-sticata una cardite, si considera il paziente come se fosse stato affetto da febbre reumatica acuta e occorre proseguire con la profi lassi secondaria.

Patologie neuropsichiatriche autoimmuni pediatriche associate a Streptococcus pyogenes ( PANDAS). L’acronimo PANDAS (Pedia-tric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders Associated with S. pyogenes) è stato utilizzato per descrivere un gruppo di pa-tologie neuropsichiatriche (particolarmente patologie ossessivo-compulsive, patologie con tic e sindrome di Tourette) per i quali è stata suggerita una possibile relazione con le infezioni da SGA (vedi Capitolo 23). È stato dimostrato che i pazienti con corea di Sydenham (una manifestazione della febbre reumatica acuta) hanno frequentemente sintomi ossessivo-compulsivi e che un sot-togruppo di pazienti con patologie ossessivo-compulsive e patolo-gie con tic hanno una corea ed esacerbazioni acute dopo infezioni da SGA. Pertanto, è stato proposto che questo sottogruppo di

L’eritromicina (eritromicina estolato 20-40 mg/kg/die suddivisi in 2-4 dosi per os, oppure eritromicina etilsuccinato 40 mg/kg/die suddivisi in 2-4 dosi per os) per 10 giorni è il farmaco di scelta per i pazienti allergici alla penicillina. Anche se negli Stati Uniti sono stati occasionalmente osservati SGA resistenti all’eritromi-cina, la resistenza all’eritromicina rappresenta un problema in altri Paesi, come Giappone e Finlandia. Ricercatori di Pittsburgh hanno riportato che il 48% degli isolati di SGA raccolti in una singola scuola elementare e il 38% degli isolati ottenuti in modo randomizzato nella comunità erano resistenti all’eritromicina. Uno studio prospettico multicentrico basato sulla comunità degli isolati faringei di SGA ritrovati in bambini di 3-18 anni di età durante 3 successive stagioni di malattie respiratorie ha dimostra-to che il tasso di resistenza all’eritromicina dello SGA faringeo negli Stati Uniti era 5% e si manteneva stabile. Anche se questi risultati sono rassicuranti, i medici devono conoscere i tassi locali di resistenza.

Un ciclo di 10 giorni di una cefalosporina orale a spettro ristretto è un’alternativa accettabile per i pazienti allergici alla penicillina. Tuttavia, poiché fi no al 15% dei pazienti allergici alla penicillina è allergico anche alle cefalosporine, queste non dovrebbero essere somministrate a pazienti con un’ipersensibi-lità di tipo immediato alla penicillina. Il costo aggiuntivo delle cefalosporine e il loro spettro più ampio di attività antibatterica rispetto alla penicillina ne precludono l’uso di routine nei pazienti con faringite da SGA non allergici alla penicillina. Sulfamidici e tetracicline non sono indicati per il trattamento delle infezioni da SGA.

La maggior parte degli antibiotici orali deve essere sommini-strata per i convenzionali 10 giorni allo scopo di ottenere tassi massimali di eradicazione dello SGA a livello faringeo, ma è stato riportato che certi farmaci più recenti consentono tassi di guari-gione clinica e batteriologica simili se vengono somministrati per 5 giorni o meno. Tuttavia, non sono disponibili risultati defi nitivi di studi completi per consentire una valutazione fi nale di questi cicli più brevi di antibioticoterapia orale. Pertanto, allo stato attuale, essi non possono essere raccomandati. Inoltre, questi antibiotici hanno uno spettro molto più ampio della penicillina e, anche se somministrati per cicli brevi, sono più costosi. Studi preliminari hanno dimostrato che la terapia con amoxicillina una volta al giorno è effi cace nel trattamento della faringite da SGA. Se confermata da altri studi, la terapia con amoxicillina una volta al giorno, a causa del basso costo e dello spettro relativamente ristretto, potrebbe divenire una terapia alternativa per il tratta-mento della faringite da SGA.

La terapia antibiotica in un paziente con impetigine non bol-losa può prevenire l’estensione locale delle lesioni, la diffusione a focolai infettivi distanti e la trasmissione ad altri dell’infezio-ne. Tuttavia, la capacità della terapia antibiotica di prevenire la glomerulonefrite post-streptococcica non è stata dimostrata. I pazienti con poche lesioni isolate e superfi ciali e senza segni e sintomi sistemici possono essere trattati con antibiotici topici. La mupirocina è un agente sicuro ed effi cace che è divenuto il trat-tamento topico di scelta. Se sono presenti lesioni diffuse o segni e sintomi sistemici, la terapia orale con un farmaco �-lattamasi resistente (dicloxacillina, cefalexina) può fornire una copertura sia per lo SGA sia per lo S. aureus. Tuttavia, con la rapida emer-genza dello S. aureus resistente all’oxacillina in molte comunità, occorre prendere in considerazione l’uso della clindamicina o del trimetoprim-sulfametoxazolo come terapia di prima linea.

Considerazioni teoriche e dati sperimentali suggeriscono che la clindamicina ev sia un farmaco più effi cace per il trattamento delle infezioni da SGA invasive severe rispetto alla penicillina ev. Tuttavia, dal momento che una piccola percentuale degli isolati di SGA negli Stati Uniti è resistente a tale farmaco, la clindamicina deve essere usata per queste infezioni in associazione alla penicil-lina fi no a quando è stata stabilita la sensibilità alla clindamicina. Se si sospetta una fascite necrotizzante, è necessaria un’immediata esplorazione chirurgica o un’immediata biopsia per identifi care un’infezione dei tessuti molli profondi che deve essere sbrigliata immediatamente. I pazienti con sindrome dello shock tossico da

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Capitolo 182 ■ Streptococco di gruppo A ■ 1173

titoli anticorpali sono di solito considerevolmente più elevati di quelli che si osservano nei pazienti con infezioni da SGA senza febbre reumatica acuta. Epidemie di faringite da SGA in comu-nità chiuse, come i collegi scolastici o le basi militari, possono essere seguite da epidemie di febbre reumatica acuta. Una terapia antibiotica che elimina lo SGA dalla faringe previene anche gli episodi iniziali di febbre reumatica acuta e la profi lassi continua a lungo termine che previene la faringite da SGA previene anche le recidive di febbre reumatica acuta.

Non tutti i sierotipi di SGA possono causare febbre reumatica. Quando alcuni ceppi (tipo M 4) erano presenti in una popolazio-ne molto suscettibile alla febbre reumatica, non si sono osservate recidive di febbre reumatica. Al contrario, episodi di faringite da altri sierotipi prevalenti nella stessa popolazione erano associati a frequenti recidive. Il concetto di reumatogenicità è ulteriormente supportato dall’osservazione che, anche se dei sierotipi di SGA frequentemente associati a infezioni cutanee sono spesso isolati dalle vie aeree superiori, essi raramente causano recidive di feb-bre reumatica in individui con un’anamnesi di febbre reumatica. Inoltre, certi sierotipi di SGA (tipi M 1, 3, 5, 6, 18, 24) sono più frequentemente isolati in pazienti con febbre reumatica acuta rispetto ad altri sierotipi.

EPIDEMIOLOGIA. In alcuni Paesi in via di sviluppo, l’incidenza annuale di febbre reumatica acuta è attualmente di 282/100 000 abitanti. In tutto il mondo, la cardiopatia reumatica rimane la forma più comune di cardiopatia acquisita in tutti i gruppi di età, comprendendo anche il 50% di tutte le malattie cardiovascolari e almeno il 50% di tutti i ricoveri per cardiopatia nei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, sono evidenti rilevanti differenze nell’inci-denza della febbre reumatica acuta e della cardiopatia reumatica in differenti gruppi etnici nello stesso Paese; molte di queste differenze, ma non tutte, sembrano essere correlate a differenze delle condizioni socio-economiche.

Negli Stati Uniti, all’inizio del XX secolo, la febbre reumatica era la causa principale di morte nei bambini e negli adolescenti, con tassi di incidenza annuale di 100-200/100 000 abitanti. Inol-tre, la cardiopatia reumatica era la causa principale di cardiopatia negli adulti 40 anni di età. In quel periodo, almeno 1/4 dei posti letto ospedalieri negli Stati Uniti era occupato da pazienti con febbre reumatica acuta o con complicanze della febbre reumatica acuta. A partire dagli anni ’40, l’incidenza annuale di febbre reu-matica acuta si è ridotta a 50/100 000 e nei 4 decenni successivi il declino dell’incidenza è rapidamente accelerato. A partire dai primi anni ’80, l’incidenza annuale in alcune aree degli Stati Uniti si è ridotta a 0,5/100 000 abitanti. Questo netto declino dell’inci-denza della febbre reumatica acuta è stato osservato anche in altri Paesi industrializzati. La spiegazione di questo drammatico decli-no dell’incidenza della febbre reumatica acuta e della cardiopatia reumatica negli Stati Uniti e in altri Paesi industrializzati non è chiara. Storicamente, la febbre reumatica acuta è stata associata alla povertà, in particolare nelle aree urbane. Gran parte del declino dell’incidenza della febbre reumatica acuta nei Paesi indu-strializzati durante l’era preantibiotica può probabilmente essere attribuita al miglioramento delle condizioni di vita. Diversi studi hanno suggerito che, tra le varie manifestazioni della povertà, l’affollamento, che contribuisce alla diffusione delle infezioni da SGA, è quella più strettamente associata all’incidenza di febbre reumatica acuta. Il declino dell’incidenza di febbre reumatica acuta nei Paesi industrializzati nei 4 decenni passati è anche attribuibile, in misura variabile, alla maggiore disponibilità di cure mediche e all’ampio uso di antibiotici. La terapia antibiotica della faringite da SGA è stata importante nella prevenzione degli attacchi iniziali e, particolarmente, delle recidive della malattia. Inoltre, il declino può essere attribuito, almeno in parte, a uno shift dei ceppi di SGA prevalenti da ceppi reumatogeni a ceppi non reumatogeni.

Nel 1985 iniziò una drammatica epidemia di febbre reumatica acuta nell’area di Salt Lake City e dalla fi ne del 1989 furono riportati 198 casi. Altre epidemie furono riportate tra il 1984 e il 1988 a Columbus e Akron (Ohio), Pittsburgh (Pennsylvania)

pazienti produca anticorpi autoimmuni in risposta all’infezione da SGA che cross-reagiscono con il tessuto cerebrale, simili a quelli della risposta autoimmune ritenuta responsabile delle ma-nifestazioni della corea di Sydenham. È stato inoltre suggerito che la profi lassi secondaria che previene le recidive di corea di Sydenham potrebbe essere effi cace nel prevenire le recidive delle patologie ossessivo-compulsive e delle patologie con tic in questi pazienti. A causa del meccanismo autoimmune proposto, è stato anche suggerito che questi pazienti possano trarre benefi cio da una terapia immunoregolatoria come lo scambio di plasma o la terapia con immunoglobuline ev. La possibilità che i PANDAS possano rappresentare un’estensione dello spettro della febbre reumatica acuta è interessante, ma ancora non provata. La profi -lassi per la prevenzione dei PANDAS e la terapia immunoregola-toria per il trattamento dei PANDAS sono in corso di studio ma attualmente non sono raccomandate (vedi Capitolo 23).

PROGNOSI . La prognosi della faringite da SGA trattata appropria-tamente è eccellente e la guarigione completa è la regola. Quando la terapia viene iniziata entro 9 giorni dall’esordio si previene la febbre reumatica acuta. Tuttavia, non vi sono evidenze che la glomerulonefrite poststreptococcica acuta possa essere prevenuta una volta verifi catasi una faringite o una piodermite causate da un ceppo nefritogeno di SGA. In rari casi, particolarmente nei neonati o nei bambini la cui risposta all’infezione è compromessa, si possono verifi care una polmonite e una setticemia fulminanti e anche la morte nonostante una terapia adeguata.

PREVENZIONE . L’unica indicazione specifi ca all’uso a lungo ter-mine degli antibiotici per la prevenzione delle infezioni da SGA è per i pazienti con un’anamnesi di febbre reumatica acuta o cardiopatia reumatica. La profi lassi di massa non è generalmente possibile eccetto che per ridurre il numero di infezioni durante le epidemie di impetigine e per controllare le epidemie di faringite nelle popolazioni militari e nelle scuole. Dal momento che la ca-pacità degli antibiotici di prevenire l’infezione da SGA è limitata, un vaccino anti-streptococcico offre la possibilità di un approccio più effi cace. È stato prodotto un vaccino utilizzando una proteina di fusione ricombinante contenente frammenti N-terminali da 6 tipi M di SGA di rilevanza clinica ed epidemiologica. Un trial di fase I di questo vaccino ha dimostrato che il vaccino parenterale con adiuvante a base di alluminio era ben tollerato, non induceva anticorpi cross-reattivi contro tessuti umani e stimolava l’attività battericida quando somministrato con un ciclo vaccinale di 3 dosi ad adulti sani. È stato messo a punto un vaccino simile contenente peptidi N-terminali di 26 tipi M e attualmente è in fase di valu-tazione clinica negli adulti. Un altro approccio è stato quello di identifi care un epitopo conservato nella regione c-ripetuta della proteina M che induce la produzione di anticorpi opsonizzanti. Il batterio commensale orale Streptococcus gordonii è stato valuta-to negli esseri umani come vettore mucosale per l’espressione di questo frammento di proteina M conservato. Questo vaccino non è ancora stato oggetto di trial clinici. Diversi antigeni di proteine non M conservati si sono dimostrati promettenti come immuno-geni protettivi in studi preclinici tra cui C5a peptidasi, tossoidi derivati da esotossine pirogene streptococciche e carboidrati di SGA. Tuttavia, nessuno di questi antigeni è stato valutato negli esseri umani.

182.1 • FEBBRE REUMATICA

EZIOLOGIA. Esistono numerose evidenze che supportano il legame tra infezioni delle vie aeree superiori da SGA, febbre reumatica acuta e cardiopatia reumatica. Almeno i 2/3 dei pazienti con un episodio acuto di febbre reumatica hanno un’anamnesi di infe-zione delle vie respiratorie superiori diverse settimane prima e il picco d’età e l’incidenza stagionale della febbre reumatica acuta sono in stretto parallelismo con quelle delle infezioni da SGA. I pazienti con febbre reumatica acuta quasi sempre presentano un’evidenza sierologica di un’infezione recente da SGA. I loro

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1174 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

MANIFESTAZIONI CLINICHE E DIAGNOSI . Poiché nessuna caratteri-stica clinica o di laboratorio è patognomonica di febbre reuma-tica acuta, T. Duckett-Jones propose nel 1944 delle linee guida come ausilio diagnostico e per limitare le diagnosi inappropriate. I criteri di Jones, rivisti nel 1992 dall’American Heart Association (Tab. 182-2), sono intesi soltanto per la diagnosi dell’attacco iniziale di febbre reumatica acuta e non per le recidive. Esistono 5 criteri maggiori e 4 criteri minori nonché la condizione assoluta dell’evidenza di un’infezione recente da SGA (microbiologica o sierologica). La diagnosi di febbre reumatica acuta può essere sta-bilita con i criteri di Jones quando un paziente soddisfa 2 criteri maggiori o un criterio maggiore e 2 minori, oltre alla condizione assoluta. Anche con una stretta applicazione dei criteri di Jones, la febbre reumatica acuta può essere sottodiagnosticata o, al contrario, diagnosticata in eccesso. Esistono 3 circostanze in cui la diagnosi di febbre reumatica acuta può essere posta senza una stretta aderenza ai criteri di Jones. La corea può essere l’unica manifestazione di febbre reumatica acuta. Allo stesso modo una cardite torpida o non acuta può essere l’unica manifestazione in pazienti giunti all’attenzione del medico mesi dopo l’esordio della febbre reumatica acuta. Infi ne, anche se la maggior parte dei pazienti con recidive di febbre reumatica acuta soddisfa i criteri di Jones, alcuni possono non soddisfarli.

Manifestazioni maggiori. Esistono 5 criteri maggiori. La presen-za di 2 criteri maggiori con l’evidenza microbiologica o sierologi-ca di un’infezione recente da SGA soddisfa i criteri di Jones.

POLIARTRITE MIGRANTE. Un’artrite si verifi ca nel 75% dei pazienti con febbre reumatica acuta e interessa tipicamente le grandi articolazioni, particolarmente ginocchio, caviglia, polso e gomito. L’interessamento della colonna vertebrale, delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi o delle anche non è frequente. Le articolazioni reumatiche sono generalmente calde, eritemato-se, tumefatte e tipicamente dolenti; anche la frizione contro le coperte è dolorosa. Il dolore può comparire per primo e apparire sproporzionato rispetto ai segni e ai sintomi. L’interessamen-to articolare è di natura tipicamente migrante; un’articolazione con infi ammazione severa può ritornare alla normalità entro 1-3 giorni senza trattamento mentre subentra l’interessamento di una o più articolazioni diverse. Un’artrite severa può persistere per diverse settimane nei pazienti non trattati. L’artrite monoartico-lare è insolita a meno che non sia stata iniziata prematuramente una terapia antinfi ammatoria, eliminando la progressione della poliartrite migrante. Se si sospetta una febbre reumatica acuta in un bambino con febbre e artrite, spesso è utile sospendere i salicilati e attendere la progressione dell’artrite migrante. Una risposta molto evidente a dosi anche piccole di salicilati è un altro aspetto caratteristico dell’artrite e l’assenza di tale rispo-sta deve suggerire una diagnosi alternativa. L’artrite reumatica è tipicamente non deformante. Nella febbre reumatica acuta si osservano di solito nel liquido sinoviale 10 000-100 000 leucociti/

Nashville e Memphis (Tennessee), New York, Kansas City (MO), Dallas (Texas) e tra le reclute del San Diego Naval Training Cen-ter in California e del Fort Leonard Wood Army Training Base (Missouri). Le evidenze suggeriscono che questa ripresa della feb-bre reumatica è stata focale e non diffusa in tutta la nazione.

Certi sierogruppi reumatogeni (tipi 1, 3, 5, 6 e 18) isolati non frequentemente negli anni ’70 e nei primi anni ’80 sono drammaticamente riapparsi durante queste epidemie focali. La comparsa di questi ceppi reumatogeni in determinate comunità è stata probabilmente un determinante maggiore di queste epide-mie di febbre reumatica acuta. Un’altra proprietà dello SGA che è stata associata alla reumatogenicità è la formazione di colonie altamente mucoidi. I ceppi mucoidi di SGA sono stati isolati solo raramente dalle colture faringee negli anni recenti. Tuttavia, durante queste epidemie focali di febbre reumatica acuta, ceppi mucoidi di SGA sono stati comunemente isolati nei pazienti, nel membri delle famiglie e nei membri della comunità locale.

Oltre alle specifi che caratteristiche dello SGA infettante, il ri-schio che un particolare individuo sviluppi una febbre reumatica acuta dipende anche da diversi fattori dell’ospite. L’incidenza sia di attacchi iniziali, sia di recidive di febbre reumatica raggiunge il picco nei bambini di 5-15 anni di età, il periodo a maggiore rischio di faringite da SGA. I pazienti che hanno avuto un at-tacco di febbre reumatica acuta tendono ad avere recidive le cui caratteristiche cliniche tendono a essere simili a quelle dell’attacco iniziale. Inoltre, sembra esservi una predisposizione genetica alla febbre reumatica acuta. Studi su gemelli hanno evidenziato un più elevato tasso di concordanza per la febbre reumatica acuta tra gemelli monozigoti che tra gemelli dizigoti. Alcuni Autori hanno inoltre dimostrato un’associazione tra la presenza sia di marker HLA (Human Leukocyte Antigen) specifi ci sia di un alloantigene B-cellulare specifi co (D8/17) e la suscettibilità a febbre reumatica acuta. Tuttavia, altri Autori non hanno potuto confermare tale associazione.

PATOGENESI. Il legame patogenetico tra l’infezione da SGA delle vie aeree superiori e un attacco di febbre reumatica acuta, carat-terizzato da interessamento di organi e tessuti a distanza dalla faringe, non è ancora chiaro. Uno dei principali ostacoli alla com-prensione della patogenesi della febbre reumatica acuta e della cardiopatia reumatica è stata l’impossibilità di stabilire un mo-dello animale. Sono state proposte diverse teorie sulla patogenesi della febbre reumatica acuta e della cardiopatia reumatica, ma soltanto due sono degne di essere prese in seria considerazione: la teoria della citotossicità e la teoria immunologica.

La teoria della citotossicità suggerisce che una tossina del-lo SGA potrebbe essere coinvolta nella patogenesi della febbre reumatica acuta e della cardiopatia reumatica. Lo SGA produce diversi enzimi citotossici per le cellule cardiache dei mammiferi, come la streptolisina O, che ha un effetto citotossico diretto sulle cellule di mammiferi in colture tissutali. Gran parte dei sostenitori della teoria della citotossicità si è concentrata su questo enzima. Tuttavia, uno dei principali problemi con l’ipotesi della cito-tossicità è la sua incapacità di spiegare il periodo di latenza tra faringite da SGA ed esordio della febbre reumatica acuta.

È stata suggerita una patogenesi immunomediata per la febbre reumatica acuta e la cardiopatia reumatica in base alla somi-glianza clinica della febbre reumatica acuta con altre malattie causate da processi immunopatogeni e dal periodo di latenza tra infezione da SGA e febbre reumatica acuta. Supportano questa ipotesi l’antigenicità di un gran numero di prodotti e costituen-ti dello SGA, come anche la cross-reattività immunologica tra componenti dello SGA e tessuti dei mammiferi. Comuni deter-minanti antigenici sono condivisi da certe componenti dello SGA (proteina M, membrana protoplastica, carboidrati della parete cellulare del gruppo A, ialuronato capsulare) e tessuti specifi ci di mammiferi (per es. cuore, cervello, articolazioni). Per esempio certe proteine M (M1, M5, M6 e M19) condividono epitopi con la tropomiosina e la miosina umane. È stato inoltre proposto il coinvolgimento di superantigeni dello SGA come le esotossine pirogene nella patogenesi della febbre reumatica acuta.

TABELLA 182-2. Linee guida per la diagnosi di attacco iniziale di febbre reumatica (Criteri di Jones, aggiornamento del 1992)MANIFESTAZIONI MAGGIORI*

MANIFESTAZIONI MINORI EVIDENZA CHE SUPPORTA UNA PREGRESSA INFEZIONE DA STREPTOCOCCO DI GRUPPO A

CarditePoliartrite

Eritema marginatoNoduli sottocutanei

Corea

Aspetti clinici: ArtralgiaFebbre

Aspetti di laboratorio: Aumento dei reattanti

della fase acuta: VESProteina C-reattiva

Coltura della faringe o test breve positivi

Titolo anticorpali antistreptococcico aumentato o in ascesa

*La presenza di 2 criteri maggiori o di un criterio maggiore e 2 minori indica un’elevata probabilità di febbre reumatica acuta se supportata dall’evidenza di una pregressa infezione da streptococco di gruppo A.

Da Jones criteria, updated 1992. JAMA 1992;268:2069-2073. Copyright American Medical Association.

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Capitolo 182 ■ Streptococco di gruppo A ■ 1175

dei muscoli delle mani quando si stringono le dita dell’esami-natore), (2) atteggiamento a cucchiaio e pronazione delle mani quando le braccia del paziente sono estese, (3) rapidi movimenti wormiani della lingua quando questa viene protrusa dalle lab-bra e (4) esame della scrittura per valutare i movimenti fi ni. La diagnosi si basa sui segni e sintomi clinici con il supporto degli anticorpi antistreptococcici. Tuttavia, nei pazienti con un lungo periodo di latenza dall’infezione streptococcica iniziale, i livelli anticorpali possono essere ritornati a valori normali. Anche se la malattia acuta è molto disturbante, la corea raramente, se mai, causa sequele neurologiche permanenti.

ERITEMA MARGINATO. L’eritema marginato è un raro (3% dei pazienti con febbre reumatica acuta) ma caratteristico rash della febbre reumatica acuta. Esso consiste in lesioni macu-lose, eritematose e serpiginose con l’area centrale più chiara; le lesioni non sono pruriginose (Fig. 182-2). Si presenta soprattutto su tronco ed estremità, ma non in viso, e può essere accentuato dal riscaldamento della cute.

NODULI SOTTOCUTANEI . I noduli sottocutanei sono una manifestazione rara (�1% dei pazienti con febbre reumatica acuta) e consistono in noduli di consistenza dura di circa 1 cm di diametro lungo le superfi ci estensorie dei tendini in prossimità di prominenze ossee. Esiste una correlazione tra la presenza di questi noduli e una cardiopatia signifi cativa.

Manifestazioni minori. Le 2 manifestazioni cliniche minori sono le artralgie (in assenza di poliartrite come criterio maggiore) e la febbre (temperature tipicamente �38,8 °C che si manifesta-no precocemente nel corso della malattia). Le 2 manifestazioni laboratoristiche minori sono l’aumento dei reattanti della fase acuta (proteina C-reattiva, VES) e l’aumento dell’intervallo PR all’elettrocardiogramma (blocco di 1° grado). Tuttavia, un inter-vallo PR prolungato da solo non costituisce evidenza di cardite né è predittivo di sequele cardiache a lungo termine.

Infezione recente da streptococco di gruppo A. Una condizione assoluta per la diagnosi di febbre reumatica acuta è l’evidenza di un’infezione da SGA recente. La febbre reumatica acuta ti-picamente si presenta 2-4 settimane dopo un episodio acuto di faringite da SGA in un momento in cui i segni e i sintomi cli-nici di faringite non sono più presenti e quando solo il 10-20% delle colture della faringe o dei test brevi è positivo. Un terzo dei pazienti non ha alcuna anamnesi di una pregressa faringite. Pertanto, l’evidenza di una pregressa infezione da SGA si basa solitamente sull’aumento dei titoli anticorpali antistreptococcici nel siero o sul loro andamento ascendente. È stato introdotto un test di agglutinazione su vetrino (Streptozyme) che dovrebbe identifi care anticorpi contro 5 diversi antigeni dello SGA. Anche se questo test è rapido, relativamente semplice da eseguire e ampiamente disponibile, è meno standardizzato e meno riprodu-cibile di altri test e non deve essere usato come test diagnostico per l’evidenza di una pregressa infezione da SGA. Se viene mi-surato soltanto un singolo anticorpo (di solito antistreptolisina O ), soltanto l’80-85% dei pazienti con febbre reumatica acuta presenta un titolo elevato; tuttavia, il 95-100% ha un aumento se si misurano 3 diversi anticorpi (antistreptolisina O, anti-DNasi B, anti-ialuronidasi). Pertanto, quando si sospetta clinicamente una febbre reumatica acuta, si deve eseguire la ricerca di diversi anticorpi. Eccetto che per i pazienti con corea, i segni e i sintomi di febbre reumatica acuta coincidono generalmente con il picco delle risposte anticorpali antistreptococciche. La maggior parte dei pazienti con corea presenta un aumento degli anticorpi nei confronti di uno o più antigeni dello SGA, anche se questi an-ticorpi possono essere in calo. La diagnosi di febbre reumatica acuta non dovrebbe essere posta in pazienti con titoli anticorpali antistreptococcici elevati o in ascesa che non soddisfano il criteri di Jones, in quanto le variazioni dei titoli anticorpali possono essere una coincidenza. Ciò è particolarmente vero nei bambini in età scolare, molti dei quali hanno una piodermite da SGA in estate e una faringite da SGA non correlata in inverno e nei mesi primaverili.

Diagnosi differenziale . La diagnosi differenziale della febbre reu-matica comprende molte malattie infettive e anche non infettive

mm3 con una predominanza di neutrofi li, circa 4 g/dL di proteine, un glucosio normale; il liquido sinoviale, inoltre, forma un buon coagulo di mucina. Frequentemente, l’artrite è la manifestazione più precoce della febbre reumatica acuta e può essere correlata temporalmente con il picco del titolo anticorpale antistreptococ-cico. Esiste un’evidente relazione inversa tra severità dell’artrite e severità dell’interessamento cardiaco.

CARDITE . La cardite e la cardiopatia reumatica cronica che ne risulta sono le manifestazioni più severe della febbre reumatica acuta e comprendono essenzialmente tutta la morbilità e tutta la mortalità associate. La cardite reumatica è caratterizzata da pancardite, con infi ammazione attiva di miocardio, pericardio ed endocardio (vedi Capitolo 438). L’interessamento cardiaco nella febbre reumatica acuta varia in severità da una pancardite essu-dativa fulminante e potenzialmente fatale a un interessamento cardiaco lieve e transitorio. L’endocardite (valvulite), che si ma-nifesta con uno o più soffi cardiaci, è un aspetto universale della cardite reumatica, mentre la presenza di pericardite o miocardite è variabile. La miocardite e/o la pericardite senza evidenza di endocardite sono raramente dovute a una cardiopatia reumatica. La maggior parte dei casi consiste in una valvulopatia mitralica isolata o in una malattia valvolare aortica e mitralica associate. L’interessamento valvolare aortico isolato o l’interessamento delle valvole del lato destro sono rari. Una malattia severa e a lungo termine è correlata interamente alla valvulopatia come conse-guenza di un singolo attacco o di attacchi ricorrenti di febbre reumatica acuta. L’insuffi cienza valvolare è caratteristica sia della fase acuta sia della fase di convalescenza della febbre reumatica acuta, mentre la stenosi valvolare di solito appare diversi anni dopo o anche decenni dopo la malattia acuta. Nei Paesi in via di sviluppo, tuttavia, in cui la febbre reumatica acuta si verifi ca in età meno avanzata, una stenosi mitralica e una stenosi aortica in seguito a una febbre reumatica acuta possono svilupparsi prima rispetto ai Paesi industrializzati e possono presentarsi anche nei bambini più piccoli.

La cardite reumatica acuta di solito si presenta sotto forma di tachicardia e soffi cardiaci, con o senza evidenza di interessamen-to miocardico o pericardico. Una cardite reumatica da moderata a severa può risultare in una cardiomegalia e in un’insuffi cienza cardiaca congestizia con epatomegalia ed edema polmonare e periferico. I segni ecocardiografi ci comprendono versamento pe-ricardico, riduzione della contrattilità ventricolare e insuffi cienza mitralica e/o aortica. L’insuffi cienza mitralica è caratterizzata da un soffi o apicale olosistolico intenso irradiato all’ascella. Nei pazienti con insuffi cienza mitralica signifi cativa, questa può es-sere associata a un soffi o apicale medio-diastolico da stenosi mitralica relativa. L’insuffi cienza aortica è caratterizzata da un soffi o diastolico intenso e in decrescendo udibile sul margine sternale sinistro superiore. La dimostrazione ecocardiografi ca di insuffi cienza mitralica senza evidenza auscultatoria non soddisfa i criteri di Jones per la cardite (vedi Capitolo 438).

La cardite si verifi ca nel 50-60% di tutti i casi di febbre reuma-tica acuta. Attacchi ricorrenti di febbre reumatica acuta in pazien-ti che hanno avuto una cardite in seguito all’attacco iniziale sono associati a tassi elevati di cardite. La principale conseguenza della cardite reumatica acuta è la valvulopatia cronica progressiva, in particolare la stenosi valvolare, che può richiedere la sostituzione della valvola interessata e predispone all’endocardite infettiva.

COREA. La corea di Sydenham si verifi ca nel 10-15% circa dei pazienti con febbre reumatica acuta e di solito si presenta come un disordine comportamentale neurologico isolato e frequente-mente subdolo. Sono caratteristici labilità emotiva, disturbi della coordinazione, scarso rendimento scolastico, movimenti incon-trollati e smorfi e facciali, esacerbati dallo stress e che scompaiono con il sonno. La corea occasionalmente è unilaterale. Il periodo di latenza dall’infezione acuta da SGA alla corea è di solito più lungo di quello dell’artrite o della cardite e può consistere in diversi mesi. L’esordio può essere insidioso, con sintomi presenti per diversi mesi prima della diagnosi. Le manovre cliniche per elicitare i movimenti caratteristici della corea comprendono (1) dimostrazione della “ presa della lattaia” (contrazioni irregolari

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1176 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

lupus eritematoso sistemico e vari tipi di encefalite. Queste altre malattie sono di solito identifi cate in base all’anamnesi, agli esami di laboratorio e ai riscontri clinici.

TRATTAMENTO. Tutti i pazienti con febbre reumatica acuta devo-no essere posti a riposo e monitorati attentamente per la com-parsa della cardite. Essi possono riprendere la deambulazione non appena i segni dell’infi ammazione acuta sono scomparsi. Tuttavia, i pazienti con cardite richiedono un riposo a letto mag-giormente prolungato.

Terapia antibiotica. Una volta stabilita la diagnosi di febbre reumatica acuta e indipendentemente dai risultati della coltura faringea, il paziente deve ricevere penicillina o eritromicina per os per 10 giorni, oppure una singola iniezione im di benzatina penicillina per eradicare lo SGA dalle vie respiratorie superiori.

(Tab. 182-3). Quando un bambino si presenta con un’artrite, occorre considerare una collagenopatia vascolare. In particolare, occorre differenziare l’artrite reumatoide dalla febbre reumatica acuta. I bambini con artrite reumatoide tendono a essere più giovani e di solito hanno un minore dolore articolare relati-vamente agli altri sintomi clinici rispetto a quelli con febbre reumatica acuta. Picchi febbrili, linfoadenopatia e splenomegalia sono più suggestivi di artrite reumatoide che di febbre reumatica acuta. Anche la risposta alla terapia con salicilati è molto meno evidente con l’artrite reumatoide che con la febbre reumatica acuta. Il lupus eritematoso sistemico può di solito essere distinto dalla febbre reumatica acuta sulla base della presenza di anti-corpi antinucleo nel lupus eritematoso sistemico. Devono essere considerate anche altre cause di artrite, come l’artrite gonococ-cica, le neoplasie maligne, la malattia da siero, la malattia di Lyme, la malattia a cellule falciformi e l’artrite reattiva correlata a infezioni gastrointestinali (per esempio Shigella, Salmonella, Yersinia). Quando la cardite è la sola manifestazione maggiore di una sospetta febbre reumatica acuta, devono essere prese in considerazione anche una miocardite o una pericardite virale, la malattia di Kawasaki e l’endocardite infettiva. I pazienti con endocardite infettiva possono presentarsi con manifestazioni sia articolari, sia cardiache. Questi pazienti possono essere di solito distinti da quelli con febbre reumatica acuta in base all’emocol-tura e alla presenza di segni e sintomi associati (per es. ematuria, splenomegalia, emorragie a “freccia” o lineari). In generale, l’as-senza di evidenze auscultatorie di un soffi o cardiaco signifi cativo esclude la diagnosi di cardite reumatica acuta. Quando la corea è la sola manifestazione maggiore di una sospetta febbre reumatica acuta, occorre escludere corea di Huntington, malattia di Wilson,

Figura 182-2. Margini eritematosi policiclici dell’eritema margi-nato in un bambino febbrile affetto da febbre reumatica acuta. (Da Schachner LA, Hansen RC [editors]: Pediatric Dermatology, 3rd ed. Philadelphia, Mosby, 2003, p 808.)

TABELLA 182-3. Diagnosi differenziale della febbre reumatica acuta

ARTRITE CARDITE COREA

Artrite reumatoide Miocardite virale Corea di HuntingtonArtrite reattiva (per es. Shigella, Salmonella, Yersinia) Pericardite virale Malattia di Wilson Malattia da siero Endocardite infettiva Lupus eritematoso sistemicoMalattia a cellule falciformi Malattia di Kawasaki Paralisi cerebraleNeoplasie maligne Cardiopatia congenita TicLupus eritematoso sistemico Prolasso della valvola mitrale Iperattività Malattia di Lyme (Borrelia burgdorferi) Soffi innocenti Infezione gonococcica (Neisseria gonorrhoeae)

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Capitolo 182 ■ Streptococco di gruppo A ■ 1177

cardite con le recidive. Al contrario, è probabile che i pazienti con cardite durante l’episodio iniziale abbiano una cardite con le recidive, e il rischio di danno cardiaco permanente aumenta a ogni recidiva. I pazienti che hanno avuto una febbre reumatica acuta sono suscettibili ad attacchi ricorrenti dopo reinfezione da SGA delle vie respiratorie superiori. Pertanto, questi pazienti necessitano di una chemioprofi lassi continua a lungo termine.

Prima della disponibilità della profi lassi antibiotica, il 75% dei pazienti che aveva avuto un episodio iniziale di febbre reumatica acuta aveva una o più recidive nel corso della vita. Tali recidive erano una causa maggiore di morbilità e mortalità. Il rischio di recidiva è più elevato subito dopo l’episodio iniziale e diminuisce con il tempo. Il 20% circa dei pazienti che si presenta con una corea “pura” e al quale non viene somministrata una profi lassi secondaria sviluppa una cardiopatia reumatica entro 20 anni. Pertanto, i pazienti con corea, anche in assenza di altre manife-stazioni di febbre reumatica, richiedono una profi lassi antibiotica a lungo termine.

PREVENZIONE. La prevenzione degli episodi iniziali e ricorrenti di febbre reumatica acuta dipende dal controllo delle infezioni da SGA delle vie respiratorie superiori. La prevenzione degli attac-chi iniziali (prevenzione primaria) dipende dall’identifi cazione e dall’eradicazione dello SGA che produce gli episodi di faringite acuta. Gli individui che hanno già presentato un attacco di febbre reumatica acuta sono particolarmente suscettibili alle recidive di febbre reumatica in seguito a qualsiasi successiva infezione da SGA delle vie respiratorie superiori, sintomatica o meno. Pertan-to, questi pazienti devono ricevere una profi lassi antibiotica con-tinua per la prevenzione delle recidive (prevenzione secondaria).

Prevenzione primaria. Un’appropriata terapia antibiotica inizia-ta entro 9 giorni dall’esordio dei sintomi di una faringite acuta da SGA è altamente effi cace nella prevenzione del primo attacco di febbre reumatica acuta successivo a tale episodio. Tuttavia, circa 1/3 dei pazienti con febbre reumatica acuta non ricorda un pregresso episodio di faringite.

Prevenzione secondaria. La prevenzione secondaria ha lo scopo di prevenire la faringite acuta da SGA nei pazienti a sostanziale ri-schio di febbre reumatica acuta ricorrente. La prevenzione secon-daria richiede una profi lassi antibiotica continua, che dovrebbe iniziare non appena posta la diagnosi di febbre reumatica acuta e subito dopo aver completato un ciclo completo di terapia anti-biotica. Poiché i pazienti che hanno avuto una cardite in seguito all’episodio iniziale di febbre reumatica acuta hanno un rischio relativamente elevato di cardite con le recidive e quindi di subire un ulteriore danno cardiaco, essi devono essere sottoposti a pro-fi lassi antibiotica fi no all’età adulta e forse per tutta la vita.

I pazienti che non hanno avuto una cardite in seguito all’episo-dio iniziale di febbre reumatica acuta hanno un rischio relativa-mente basso di cardite in seguito alle recidive. In questi pazienti può essere interrotta la profi lassi antibiotica subito dopo i 20 anni di età e dopo che sono passati almeno 5 anni dall’ultimo episodio di febbre reumatica acuta. La decisione di interrompere la profi lassi antibiotica deve essere presa solo dopo avere preso attentamente in considerazione rischi e benefi ci potenziali oltre che i fattori epidemiologici come il rischio di esposizione a infe-zioni da SGA.

Lo schema terapeutico di scelta per la prevenzione seconda-ria è una singola iniezione im di benzatina penicillina G (1,2 milioni UI) ogni 4 settimane (Tab. 182-4). In certi pazienti ad alto rischio e in certe aree del mondo in cui l’incidenza di febbre reumatica è particolarmente elevata, può essere necessario l’uso della benzatina penicillina G ogni 3 settimane, in quanto i livel-li di penicillina possono diminuire a livelli solo marginalmente effi caci dopo 3 settimane. Nei pazienti collaboranti può essere utilizzata la profi lassi antibiotica continua per os. La penicillina V somministrata 2 volte al giorno e la sulfadiazina 1 volta al gior-no sono ugualmente effi caci in questi pazienti. Nel paziente che eccezionalmente è allergico sia alla penicillina, sia ai sulfamidici, può essere usata l’eritromicina 2 volte al giorno. La durata della profi lassi secondaria è mostrata nella Tabella 182-5.

Dopo questo ciclo iniziale di terapia antibiotica, il paziente deve iniziare una profi lassi antibiotica a lungo termine.

Terapia antinfi ammatoria. Tutti gli agenti antinfi ammatori (per es. salicilati e corticosteroidi) non devono essere somministrati se artralgie o artrite atipica sono l’unica manifestazione clinica di una presunta febbre reumatica acuta. Il trattamento prematuro con uno di questi farmaci può interferire con lo sviluppo della caratteristica poliartrite migrante e quindi impedire la diagnosi di febbre reumatica acuta. Agenti come il paracetamolo possono essere utilizzati per il controllo del dolore e della febbre quan-do il paziente è in osservazione per segni più defi niti di febbre reumatica acuta o per l’evidenza di un’altra malattia. I pazienti con tipica poliartrite migrante e quelli con cardite senza cardio-megalia o insuffi cienza cardiaca congestizia devono essere trattati con salicilati per os. La dose usuale di acido acetilsalicilico è 100 mg/kg/die in 4 dosi suddivise per os per 3-5 giorni, seguiti da 75 mg/kg/die in 4 dosi suddivise per os per 4 settimane. La determi-nazione del livello sierico di salicilato non è necessario a meno che l’artrite non risponda o che compaiano segni di tossicità da salicilati (tinnito, iperventilazione). Non vi sono evidenze che i FANS siano più effi caci dei salicilati.

I pazienti con cardite e cardiomegalia o insuffi cienza cardiaca congestizia devono essere trattati con corticosteroidi. La dose usuale di prednisone è di 2 mg/kg/die in 4 dosi suddivise per 2-3 settimane seguite da una riduzione graduale della dose di 5 g/24 ore ogni 2-3 giorni. All’inizio della riduzione della dose di pred-nisone, l’aspirina deve essere iniziata alla dose di 75 mg/kg/die in 4 dosi suddivise per 6 settimane. La terapia di supporto per i pazienti con cardite da severa a moderata comprende digossina, restrizione di liquidi e sale, diuretici e ossigeno. La tossicità car-diaca della digossina aumenta in caso di miocardite.

La fi ne della terapia antinfi ammatoria può essere seguita dal-la ricomparsa delle manifestazioni cliniche o delle anomalie di laboratorio. È preferibile non trattare questi “rebound” a meno che le manifestazioni cliniche siano severe; in questi casi occorre riprendere i salicilati o i corticosteroidi.

Corea di Sydenham. Dal momento che la corea si presenta spesso come manifestazione isolata dopo la risoluzione della fase acu-ta della malattia, gli agenti antinfi ammatori non sono di solito indicati. I sedativi possono essere utili nelle fasi precoci della corea; il fenobarbital (16-32 mg ogni 6-8 ore per os) è il far-maco di scelta. Se il fenobarbital è ineffi cace, occorre utilizzare aloperidolo (0,01-0,03 mg/kg/24 ore suddivisi in 2 dosi per os) o clorpromazina (0,5 mg/kg ogni 4-6 ore per os).

COMPLICANZE. L’artrite e la corea della febbre reumatica acuta si risolvono completamente senza sequele. Pertanto, le sequele a lungo termine della febbre reumatica sono di solito limitate al cuore (vedi Capitolo 438).

I pazienti con valvulopatia secondaria a febbre reumatica acuta hanno un maggiore rischio di sviluppare un’endocardite infettiva durante episodi di batteriemia transitoria. Gli schemi terapeutici antibiotici usati per la prevenzione delle ricorrenze di febbre reu-matica acuta sono inadeguati per la protezione contro l’endocar-dite infettiva. Devono essere seguite le attuali raccomandazioni dell’American Heart Association sulla profi lassi dell’endocardite infettiva (vedi Capitolo 437). I pazienti con valvulopatia reuma-tica residua non sempre necessitano di profi lassi dell’endocardite. Deve essere sottolineata l’importanza di una buona igiene dentale per la prevenzione dell’endocardite infettiva. I pazienti che hanno avuto la febbre reumatica ma che non hanno evidenze di valvulo-patia residua non necessitano di profi lassi dell’endocardite.

PROGNOSI. La prognosi dei pazienti con febbre reumatica acu-ta dipende dalle manifestazioni cliniche presenti al momento dell’episodio iniziale, dalla severità dell’episodio iniziale e dalla presenza di recidive. Il 70% dei pazienti con cardite durante l’episodio iniziale di febbre reumatica acuta guarisce senza car-diopatia residua; più è severo l’interessamento cardiaco iniziale, maggiore è il rischio di cardiopatia residua. È improbabile che i pazienti senza cardite durante l’episodio iniziale abbiano una

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1178 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

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Capitolo 183 ■ Streptococco di gruppo B

Catherine S. Lachenauer e Michael R.

Wessels

Lo streptococco di gruppo B o Streptococcus agalactiae (SGB) è stato una causa maggiore di sepsi negli Stati Uniti a partire dagli anni ’60. Anche se i progressi delle strategie di prevenzione hanno portato a un recente declino dell’incidenza di malattia neonatale, lo SGB rimane un patogeno maggiore per neonati, donne gravide e adulti immunocompromessi.

EZIOLOGIA . Gli streptococchi di gruppo B sono cocchi Gram-positivi anaerobi facoltativi che formano catene o diplococchi in brodo di coltura e piccole colonie grigio-bianche in mezzi di coltura solidi. Lo SGB è identifi cabile attraverso la distribuzione dell’antigene del carboidrato del gruppo B di Lancefi eld per mez-zo di tecniche di agglutinazione su lattice ampiamente utilizzate in laboratorio. L’identifi cazione presuntiva può essere stabilita sulla base di una ristretta zona di �-emolisi su agar-sangue, della re-sistenza a bacitracina e trimetoprim-sufametoxazolo, all’assenza di idrolisi dell’esculina biliare e all’elaborazione di fattore cAMP (adenosina monofosfato ciclica, una proteina extracellulare che in presenza della tossina � dello Staphylococcus aureus produce una zona di emolisi su agar-sangue di pecora). I singoli ceppi di SGB sono classifi cati sierologicamente in base alla presenza di uno dei polisaccaridi capsulari strutturalmente distinti che rap-presentano importanti fattori di virulenza e stimolatori dell’im-munità anticorpale. Sono stati identifi cati 9 tipi di SGB: Ia, Ib, II, III, IV, V, VI, VII e VIII.

Streptococco di gruppo A

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TABELLA 182-4. Chemioprofi lassi per le recidive di febbre reumatica acuta

FARMACO DOSE VIA DI SOMMINISTRAZIONE

Benzatina penicillina G 1,2 milioni U, ogni 4 settimane* imOppure Penicillina V 250 mg, 2 volte al giorno per osOppure Sulfadiazina o sulfi sossazolo 0,5 g, una volta al giorno per per os pazienti �27 kg 1 g, una volta al giorno per pazienti �27 kg

PAZIENTI ALLERGICI ALLA PENICILLINA E AI SULFAMIDICI

Eritromicina 250 mg, 2 volte al giorno per os

* Nelle situazioni ad alto rischio, è raccomandata la somministrazione ogni 3 settimane.Da The American Academy of Pediatrics: Red Book: 2006 Report of the Committee on Infectious Diseases, 27th ed. Elk Grove

Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2006, p 620.

TABELLA 182-2. Durata della profi lassi nei pazienti che hanno avuto una febbre reumatica acuta: raccomandazioni dell’American Heart AssociationCATEGORIA DURATA

Febbre reumatica senza cardite 5 anni o fi no a 21 anni di età, delle 2 possibilità il periodo più prolungato

Febbre reumatica con cardite ma senza cardiopatia residua (assenza di valvulopatia*)

10 anni o fi no all’età adulta, delle 2 possibilità, il periodo più prolungato

Febbre reumatica con cardite e cardiopatia residua (valvulopatia persistente*)

Almeno 10 anni dall’ultimo episodio e almeno fi no ai 40 anni di età; in alcuni casi profi lassi per tutta la vita

*Evidenza clinica o elettrocardiografi ca.Da The American Academy of Pediatrics: Red Book: 2006 Report of the Committee on Infectious Diseases, 27th ed. Elk Grove

Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2006, p 619.

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Capitolo 183 ■ Streptococco di gruppo B ■ 1179

soggiacenti come diabete mellito, cirrosi o neoplasie maligne, lo SGB può causare infezioni severe come batteriemia, infezioni di cute e tessuti molli, endocardite, polmonite e meningite. Nell’era della chemioprofi lassi materna, le infezioni da SGB maggiormente invasive si verifi cano in adulti diversi dalle donne gravide.

I sierotipi più comunemente associati a malattia neonatale da SGB sono i tipi Ia, III, V, Ib e II. I ceppi del sierotipo III sono isolati anche nell’80-90% dei casi di malattia tardiva e di me-ningite associata a malattia precoce o tardiva. La distribuzione per sierotipi dei ceppi colonizzanti e invasivi delle donne gravide è simile a quella dei neonati infetti. In Giappone, i sierotipi VI e VIII sono stati riportati come comuni sierotipi colonizzanti ma-terni, e diversi studi riportano che i ceppi di tipo VIII possono causare una malattia neonatale indistinguibile da quella causata da altri sierotipi.

PATOGENESI . Un rischio maggiore di sviluppo di infezione da SGB neonatale precoce è la colonizzazione vaginale o rettale materna da parte dello SGB. I neonati acquisiscono lo SGB durante il pas-saggio attraverso il canale del parto o, in alcuni casi, attraverso un’infezione ascendente. Può verifi carsi un’aspirazione fetale di li-quido amniotico infetto. L’incidenza di infezione precoce da SGB aumenta con la durata della rottura delle membrane. Un’infezio-ne può verifi carsi anche attraverso membrane apparentemente intatte. In caso di infezione tardiva, lo SGB può essere trasmesso verticalmente o acquisito successivamente da fonti materne o non materne.

Diversi fattori batterici sono implicati nella fi siopatologia della malattia invasiva da SGB. Tra questi, è preminente il polisaccaride capsulare tipo-specifi co. I ceppi associati a malattia invasiva negli esseri umani elaborano una maggior quantità di polisaccaride capsulare rispetto agli isolati colonizzanti. Tutti i polisaccaridi capsulari di SGB sono polimeri a elevato peso molecolare; tutti contengono una corta catena laterale che termina con acido N-acetilneuraminico (acido sialico). Gli studi sullo SGB di tipo III evidenziano come la componente acido sialico del polisaccaride capsulare prevenga l’attivazione della via alternativa del comple-mento in assenza di anticorpi tipo-specifi ci. Pertanto, il polisaccari-de capsulare sembra esercitare un effetto di virulenza proteggendo il microrganismo dall’opsonofagocitosi nell’ospite non immune. Inoltre, la presenza di attributi di virulenza tipo-specifi ca sono sug-geriti dal fatto che i ceppi di tipo III sono implicati nella maggior parte dei casi di malattia neonatale tardiva da SGB e di meningite. I ceppi di tipo III sono captati dalle cellule endoteliali cerebrali in modo più effi ciente in vitro rispetto a ceppi di altri sierotipi, anche se studi con ceppi mutanti acapsulari dimostrano che non è la capsula in sé a facilitare l’invasione cellulare. Altri fattori putativi di virulenza del SGB comprendono le proteine di superfi cie dello SGB che possono avere un ruolo nell’adesione alle cellule ospiti, la peptidasi C5a, ritenuta in grado di inibire il reclutamento delle cellule polimorfonucleate nei siti di infezione, la �-emolisina, che è stata associata a danno cellulare in studi in vitro, e la ialuronidasi, considerata un fattore di diffusione nei tessuti dell’ospite.

Le madri colonizzate da SGB di tipo III che avevano partorito un neonato sano avevano livelli più elevati di anticorpi specifi ci antipolisaccaride capsulare rispetto alle madri di neonati che avevano sviluppato malattia invasiva. Inoltre, esiste un’elevata correlazione per gli anticorpi anti-SGB di tipo III in sieri appaiati madre-fi glio. Queste osservazioni indicano che il trasferimento transplacentare di anticorpi materni ha un ruolo critico nell’im-munità neonatale verso lo SGB. Un’immunità ottimale verso lo SGB richiede inoltre un sistema del complemento intatto. La via classica del complemento è un’importante componente dell’im-munità verso lo SGB in assenza di anticorpi specifi ci; l’opsono-fagocitosi anticorpo-mediata può anche procedere attraverso la via alternativa del complemento. Questi e altri risultati indicano che gli anticorpi anti-capsulari possono superare la prevenzione della deposizione di C3 sulla superfi cie batterica da parte della componente acido sialico della capsula di tipo III.

Le fasi precise tra la colonizzazione da parte dello SGB e la malattia invasiva rimangono non chiare. Gli studi in vitro che

EPIDEMIOLOGIA . Lo SGB è emerso come patogeno neonatale im-portante nei tardi anni ’60. Nei 2 decenni successivi, l’incidenza di malattia neonatale da SGB è rimasta abbastanza costante, interessando 1-5,4/1000 bambini nati vivi negli Stati Uniti. Sono stati osservati 2 pattern di malattia: malattia a esordio precoce, che si presenta a meno di 7 giorni di vita, e malattia a esordio tardivo, che si presenta a 7 giorni di età o successivamente. Negli anni ’90, la diffusione della chemioprofi lassi materna ha portato a una rilevante diminuzione del 65% dell’incidenza della malattia neonatale precoce da SGB negli Stati Uniti, da 1,7/1000 nati vivi a 0,6/1000 nati vivi, mentre l’incidenza della malattia tardiva è rimasta essenzialmente stabile a circa 0,4/1000 (Fig. 183-1). In altri Paesi sviluppati, i tassi di malattia da SGB neonatale sono simili a quelli degli Stati Uniti prima dell’uso della chemiopro-fi lassi per lo SGB. Nei Paesi in via di sviluppo, lo SGB non è una causa maggiore di sepsi neonatale, anche se la prevalenza di colonizzazione vaginale materna da SGB (un fattore di rischio maggiore per la malattia neonatale) nelle donne dei Paesi in via di sviluppo è simile a quella riportata nelle donne degli Stati Uniti. L’incidenza di malattia neonatale da SGB è più elevata nei bam-bini prematuri e di basso peso alla nascita, anche se la maggior parte dei casi si verifi ca in bambini a termine.

La colonizzazione di adulti sani da parte dello SGB è comune. Una colonizzazione vaginale o rettale si verifi ca anche nel 30% circa delle donne gravide ed è l’usuale fonte di trasmissione al neonato. In assenza di chemioprofi lassi materna, il 50% circa dei bambini nati da donne colonizzate viene a sua volta colonizzato e l’1-2% di questi bambini sviluppa una malattia invasiva. Una colonizzazione materna severa aumenta il rischio di colonizzazio-ne del bambino e di sviluppo di malattia precoce. Altri fattori di rischio per malattia precoce comprendono una rottura prolunga-ta delle membrane, la febbre intrapartum, la prematuranza, una batteriuria materna durante la gravidanza o un parto precedente con il neonato che ha sviluppato una malattia da SGB. I fattori di rischio per la malattia tardiva sono meno ben defi niti. Mentre la malattia tardiva può avere una trasmissione verticale, è stata descritta anche la trasmissione orizzontale in nursery o in altri contesti comunitari.

Lo SGB è inoltre una causa importante di malattia invasiva negli adulti. Lo SGB può causare infezioni delle vie urinarie, bat-teriemia, endometrite, corioamnionite e infezione delle ferite in donne gravide e partorienti. Negli adulti con condizioni mediche

Figura 183-1. Incidenza di malattia invasiva precoce e tardiva da streptococco di gruppo B in 3 aree di sorveglianza attiva (California, Georgia e Tennessee), dal 1989 al 2000, e attività di prevenzione della malattia da streptococco di gruppo B. Le frecce indicano le date in cui si sono verifi cate le attività di prevenzione. ACOG, American College of Obstetricians and Gynecologists; AAP, American Academy of Pediatrics. (Adattato da Centers for Disease Control and Prevention: Early-onset group B streptococcal disease-United States, 1998-1999. MMWR 2000;49:793–796; e Schrag SJ, Zywicki S, Farley MM, et al: Group B streptococcal disease in the era of intrapartum antibiotic prophylaxis. N Engl J Med 2000;342:15-20.)

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Linee guida

del consensus

Esordio precoceEsordio tardivo

Costituzione

dell’Associazione

per lo streptococco

di gruppo B

Primi

statement

di ACOG

e AAP

Pubblicazione

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del CDC

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1180 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

forma di batteriemia (45-60%) e meningite (25-35%). Sono state riportate infezioni focali di ossa e articolazioni, cute e tessuti molli, vie urinarie o polmoni, nel 20% circa dei pazienti con malattia tardiva. Cellulite e adenite sono spesso localizzate nelle regioni sottomandibolari o parotidee. Al contrario della malattia precoce, le complicanze ostetriche non sono fattori di rischio per lo svilup-po di malattia tardiva da SGB. I neonati con malattia tardiva sono spesso meno compromessi alla presentazione rispetto ai neonati con malattia precoce e la malattia è spesso meno fulminante. La malattia invasiva da SGB nei bambini dopo la primissima infanzia è infrequente. In uno studio di sorveglianza eseguito in più stati negli anni ’90, il 2% di tutti i casi di malattia invasiva da SGB è stato identifi cato in bambini da 90 giorni a 14 anni. Due delle sindromi più comuni associate a malattia da SGB dell’infanzia oltre la primissima infanzia erano la batteriemia e l’endocardite. L’infezione da HIV deve essere presa in considerazione nei bambi-ni con malattia invasiva da SGB oltre il periodo neonatale.

DIAGNOSI . Un problema diagnostico fondamentale è la distin-zione tra sindrome da distress respiratorio e infezione invasiva neonatale da SGB nei neonati pretermine, in quanto le due pato-logie condividono gli aspetti clinici e radiografi ci. Apnea severa, esordio precoce dello shock, anomalie della conta leucocitaria periferica e una maggiore compliance polmonare possono essere più probabili nei neonati con malattia da SGB. Altri patogeni neonatali, tra cui l’Escherichia coli e la Listeria monocytoge-nes, possono causare una malattia clinicamente indistinguibile da quella causata da SGB.

La diagnosi di malattia invasiva da SGB viene stabilita in base all’isolamento e all’identifi cazione del microrganismo da un sito normalmente sterile, come sangue, urina o liquido cerebrospina-le. L’isolamento dello SGB da aspirati gastrici o tracheali o da cute o mucose indica una colonizzazione e non è diagnostico di malattia invasiva. Il liquido cerebrospinale deve essere esaminato in tutti i neonati con sospetta sepsi, in quanto i segni specifi ci del SNC sono spesso assenti in presenza di meningite, specialmente nella malattia precoce. Sono disponibili metodi d’identifi cazione dell’antigene che fanno uso di antisieri specifi ci per il polisacca-ride di gruppo B, come l’agglutinazione su particelle di lattice, per l’esame di urina, sangue e liquido cerebrospinale, ma questi test sono meno sensibili della coltura. Inoltre, l’antigene viene spesso identifi cato in campioni di urine raccolti con sacchetti in neonati altrimenti sani che hanno una colonizzazione da SGB del retto o del perineo.

INDAGINI DI LABORATORIO. Sono frequentemente presenti ano-malie della conta leucocitaria periferica, compreso un aumento o una diminuzione della conta assoluta dei neutrofi li, una conta elevata di forme con bande, un aumento del rapporto tra forme con bande e neutrofi li totali, o leucopenia. L’aumento della pro-teina C-reattiva è stato studiato come potenziale marker precoce di sepsi da SGB ma non è affi dabile. Gli aspetti alla radiografi a toracica sono spesso indistinguibili da quelli della sindrome da distress respiratorio e possono comprendere aspetti reticologra-nulari, infi ltrati focali, opacizzazione generalizzata, versamento pleurico o aumento della trama interstiziale.

TRATTAMENTO . La penicillina G è il trattamento di scelta dell’infe-zione da SGB confermata. La terapia empirica iniziale della sepsi neonatale deve comprendere l’ampicillina e un aminoglicoside (o cefotaxima), sia per la necessità di un’ampia copertura mentre è in corso l’identifi cazione del microrganismo, sia per l’attività battericida sinergica. La terapia può essere completata con la sola penicillina, una volta identifi cato con sicurezza lo SGB e avutasi una buona risposta clinica. Specialmente in caso di meningite, sono raccomandate dosi elevate di penicillina (450 000-500 000 UI/kg/die) o ampicillina (300-400 mg/kg/die) a causa della con-centrazione inibitoria media relativamente elevata della penicil-lina per lo SGB e anche del potenziale elevato inoculo iniziale a livello di liquido cerebrospinale. La durata della terapia varia in base al sito di infezione (Tab. 183-2) e deve essere guidata dalle

dimostrano l’entrata dello SGB nell’epitelio alveolare e nelle cel-lule endoteliali dei vasi polmonari suggeriscono che lo SGB può entrare in circolo a partire dall’invasione degli spazi alveolari, forse in seguito all’aspirazione intrapartum di liquido amnioti-co infetto. La �-emolisina/citolisina può facilitare l’entrata dello SGB in circolo dopo inoculazione nei polmoni. Tuttavia, i ceppi di SGB altamente incapsulati entrano con diffi coltà nelle cellule eucariotiche in vitro rispetto ai microrganismi senza capsula, pur essendo associati a virulenza clinicamente e in modelli sperimen-tali d’infezione.

Lo SGB induce il rilascio di citochine proinfi ammatorie. L’an-tigene di gruppo B e la componente peptidoglicano della parete cellulare dello SGB sono potenti induttori del rilascio del fattore di necrosi tumorale alfa in vitro, mentre non lo è il polisaccaride capsulare di tipo III purifi cato. Anche se la capsula ha un ruolo centrale nella virulenza attraverso l’evitamento della clearance immunitaria, la capsula non contribuisce direttamente al rilascio di citochine e alla risultante risposta infi ammatoria.

È stato sequenziato il genoma completo dei ceppi di SGB di tipo III, V e Ia e vi sono attualmente progetti di sequenziazione di ceppi di altri sierotipi, sottolineando un approccio genomico a una migliore conoscenza dello SGB. L’analisi di queste sequenze dimostra che lo SGB è strettamente correlato allo Streptococcus pyogenes e allo Streptococcus pneumoniae. Molti geni noti e pu-tativi di virulenza dello SGB sono raggruppati in isole di patoge-nicità che contengono anche elementi genetici mobili, suggerendo che l’acquisizione interspecie di materiale genetico ha un ruolo importante nella diversità genetica.

MANIFESTAZIONI CLINICHE . Sono distinguibili 2 sindromi di ma-lattia neonatale da SGB sulla base dell’età alla presentazione, delle caratteristiche epidemiologiche e degli aspetti clinici (Tab. 183-1). La malattia neonatale precoce da SGB si presenta entro i primi 7 giorni di vita ed è spesso associata a complicanze oste-triche materne, tra cui corioamnionite, rottura prolungata delle membrane e travaglio prematuro. I neonati possono apparire am-malati al momento del parto e la maggior parte di essi si ammala entro le prime 24 ore dalla nascita. L’infezione in utero può risul-tare in aborto settico. Le manifestazioni più comuni di malattia precoce da SGB sono sepsi (50%), polmonite (30%) e meningite (15%). La batteriemia asintomatica è infrequente ma può verifi -carsi. Nei pazienti sintomatici possono essere presenti segni non specifi ci come ipotermia o febbre, irritabilità, letargia, apnea e bradicardia. I sintomi respiratori sono rilevanti indipendente-mente dalla presenza di una polmonite e comprendono cianosi, apnea, tachipnea, respiro rumoroso, alitamento delle pinne nasali e retrazioni inspiratorie. Può seguire un decorso fulminante con anomalie emodinamiche, tra cui tachicardia, acidosi e shock. Può svilupparsi una persistenza della respirazione fetale. Clinicamente e radiografi camente, la polmonite associata a malattia precoce da SGB è diffi cile da distinguere dalla sindrome da distress respi-ratorio (vedi Capitolo 101.4). I pazienti con meningite spesso si presentano con segni e sintomi non specifi ci, come descritto per la sepsi o la polmonite, con assenza iniziale di segni più specifi ci di interessamento del sistema nervoso centrale.

La malattia neonatale tardiva da SGB si presenta a 7 giorni o dopo 7 giorni di vita e si manifesta più comunemente sotto

TABELLA 183-1. Caratteristiche della malattia precoce e tardiva da SGB

MALATTIA PRECOCE MALATTIA TARDIVAEtà all’esordio 0-6 giorni 7-90 giorniAumento del rischio dopo Sì No complicanze ostetricheComuni manifestazioni cliniche Sepsi, polmonite, meningite Batteriemia, meningite, altre infezioni focaliSierotipi comuni Ia, III, V, IIb Predomina il IIITasso di mortalità 4,7% 2,8%

Adattato da Schrag SJ, Zywicki S, Farley MM, et al: Group B streptococcal disease in the era of intrapartum antibiotic prophylaxis. N Engl J Med 2000;342:15-20.

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Capitolo 183 ■ Streptococco di gruppo B ■ 1181

periventricolare e ritardo severo dello sviluppo nei neonati pre-maturi, anche in assenza di meningite. L’esito delle infezioni focali da SGB esterne al SNC, come le infezioni di ossa o tessuti molli, è generalmente favorevole. Negli anni ’90, i tassi di mortalità associati a malattia neonatale precoce e tardiva da SGB erano ri-spettivamente del 4,7% e del 2,8%. La mortalità è più elevata nei neonati prematuri; uno studio ha riportato un tasso di mortalità del 30% in neonati la cui età gestazionale era 33 settimane e del 2% in neonati la cui età gestazionale era di 37 settimane o più. Il tasso di mortalità in bambini da 3 a 14 anni era del 9% e in adulti diversi dalle donne gravide dell’11,5%.

PREVENZIONE . La morbilità e la mortalità persistenti da malattia perinatale da SGB, nonostante i progressi delle cure neonatali, hanno stimolato le ricerche sulle modalità di prevenzione. Sono stati studiati due approcci fondamentali alla prevenzione dello SGB: (1) eliminazione della colonizzazione della madre o del neo-nato (chemioprofi lassi) e (2) induzione di un’immunità protettiva (immunoprofi lassi).

Chemioprofi lassi. La somministrazione di antibiotici alle donne gravide prima dell’esordio del travaglio non eradica in modo affi dabile la colonizzazione materna da SGB e non è un effi cace mezzo di prevenzione della malattia neonatale da SGB. L’eradi-cazione della colonizzazione neonatale è ottenibile con la som-ministrazione di antibiotici alla madre durante il travaglio (Fig. 183-2). I neonati nati da donne con colonizzazione da SGB con travaglio prematuro o rottura prolungata delle membrane alle quali è stata somministrata una profi lassi intrapartum avevano un rischio sostanzialmente inferiore di colonizzazione da SGB (9% vs 51%) e di malattia precoce (0% vs 6%) rispetto ai neonati di donne non trattate. Nel gruppo di trattamento era diminuita anche la malattia febbrile materna postpartum.

Le linee guida per la chemioprofi lassi specifi cano la sommini-strazione di antibiotici intrapartum alle donne identifi cate come ad alto rischio in base a criteri basati sulla coltura o sui fattori di rischio. Queste linee guida sono state riviste nel 2002 dopo che i dati epidemiologici avevano indicato il superiore effetto protettivo dell’approccio basato sulla coltura nella prevenzione della malattia neonatale da SGB (vedi Fig. 183-2). In base alle raccomandazioni attuali, le colture vaginale e rettale per lo scre-

circostanze cliniche. I pazienti quasi a termine con malattia severa e con insuffi cienza respiratoria sono stati trattati effi cacemente con ossigenazione con membrana extracorporea (vedi Capitolo 101.8).

In caso di meningite da SGB, alcuni esperti raccomandano un ulteriore esame del liquor a 24-48 ore per determinare se sia stata ottenuta la sterilità. Una persistenza della crescita dello SGB può indicare un focolaio intracranico non sospettato o una dose di antibiotico insuffi ciente. Per la malattia neonatale da SGB ricorrente è stata suggerita la terapia antibiotica standard seguita da tentativo di eradicare la colonizzazione mucosa da parte dello SGB. Questa indicazione si basa sui risultati di diversi studi che evidenziano come gli isolati invasivi da episodi ricorrenti siano spesso identici tra loro e ai ceppi colonizzanti del neonato affetto. A questo scopo è stata più spesso usata la rifampicina, ma uno studio dimostra che l’eradicazione della colonizzazione da SGB nei neonati non è ottenuta in modo affi dabile con questo antibio-tico. Il trattamento ottimale di questa situazione non frequente rimane poco chiaro.

PROGNOSI . Gli studi degli anni ’70 e ’80 hanno dimostrato che fi no al 30% dei bambini sopravvissuti a meningite da SGB aveva gravi sequele neurologiche a lungo termine, tra cui ritardo dello sviluppo, quadriplegia spastica, microcefalia, sindrome convulsi-va, cecità corticale o sordità; complicanze neurologiche meno se-vere possono essere presenti in altri sopravviventi. Dalla malattia da SGB e dallo shock associato possono derivare leucomalacia

TABELLA 183-2. Durata raccomandata della terapia delle manifestazioni della malattia da SGBTRATTAMENTO DURATA

Batteriemia senza focolaio 10 giorniMeningite 2-3 settimaneVentricolite 4 settimaneOsteomielite 4 settimane

Adattata da The American Academy of Pediatrics: Group B streptococcal infections. In Pickering LK (editor): Red Book: 2000 Report of the Committee on Infectious Diseases, 25th ed. Elk Grove Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2000, pp 537-544.

Vaginal and rectal GBS cultures at 35–37 weeks’Gestation for ALL pregnant women1

IAP NOT INDICATED

• Previous pregnancy with a positive GBS screening culture(unless a culture also was positive during the currentpregnancy or previous infant with invasive GBS disease)

• Planned cesarean delivery performed in the absenceof labor or membrane rupture (regardless of GBSculture status)

• Negative vaginal and rectal GBS screening culture inlate gestation, regardless of intrapartum risk factors

1 Eccezioni: donne con batteriuria da SGB nel corso della gravidanza attuale o donne con neonato precedente con malattia invasiva da SGB.2 Se si sospetta una corioamnionite, la profilassi intrapartum per lo SGB deve essere sostituita da una terapia antibiotica ad ampio spettroche comprenda un farmaco attivo nei confronti dello SGB.

Culture vaginale e rettale per SGB a 35-37 settimanedi gestazione per tutte le donne gravide1

PROFILASSI ANTIBIOTICA INTRAPARTUMNON INDICATA

• Gravidanza precedente con cultura di screening positivaper lo SGB (a meno che sia positiva anche una colturadurante la gravidanza attuale o vi sia stato un precedenteneonato con malattia invasiva da SGB)

• Parto cesareo pianificato eseguito in assenza di travaglioo di rottura delle membrane (indipendentementedalla situazione della cultura per lo SGB)

• Culture vaginale e rettale di screening per lo SGB negativedurante la gravidanza, indipendentemente dai fattoridi rischio intrapartum

INDICAZIONE ALLA PROFILASSI ANTIBIOTICAINTRAPARTUM

• Precedente neonato con malattia invasiva da SGB

• Batteriuria da SGB nel corso della gravidanza attuale

• Cultura di screening positiva per lo SGB nel corsodella gravidanza attuale (a meno dell’esecuzionedi un parto cesareo pianificato in assenza di travaglioo rottura delle membrane)

• Situazione rispetto allo SGB non nota e qualsiasidelle condizioni seguenti:

• Parto < 37a settimana di gestazione• Rottura delle membrane ≥18 ore• Febbre intrapartum (temperatura ≥38 °C)2

Figura 183-2. Indicazioni alla profi lassi antibiotica intrapartum per la prevenzione della malattia precoce da streptococco di gruppo B (SGB) per mezzo di una strategia di screening colturale prenatale universale a 35-37 settimane di gestazione per tutte le donne. (Da The American Academy of Pediatrics: Red Book: 2006 Report of the Committee on Infectious Diseases, 27th ed. Elk Grove Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2006, p 624.)

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1182 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

Una signifi cativa preoccupazione rispetto alla profi lassi intra-partum materna è rappresentata dal fatto che l’uso su larga scala di antibiotici nelle donne partorienti potrebbe portare nei neonati a un aumento dei tassi di resistenza agli antibiotici o di infezioni da microrganismi diversi dallo SGB. Fino ad ora non è stato identifi cato alcun ceppo di SGB con resistenza alla penicillina, e l’aumento dell’incidenza delle infezioni neonatali precoci non da SGB è stato osservato solo nei neonati prematuri, di peso alla na-scita basso o molto basso, in cui possono avere un ruolo fattori di rischio diversi dalla chemioprofi lassi materna. Attualmente, il so-stanziale declino della malattia neonatale precoce da SGB depone a favore della continuazione della chemioprofi lassi intrapartum su larga scala, ma è necessario continuare la sorveglianza. La penicil-lina rimane l’antibiotico preferito per la chemioprofi lassi, a causa dello spettro ristretto e della sensibilità universale alla penicillina degli isolati di SGB. A causa di recenti studi che indicavano una frequente resistenza dello SGB all’eritromicina (fi no al 25%) e alla clindamicina (fi no al 15%), occorre usare la cefazolina nella maggior parte dei casi di chemioprofi lassi intrapartum nelle donne intolleranti alla penicillina. Nelle donne allergiche alla penicillina ad alto rischio di anafi lassi occorre usare clindamicina o eritro-micina, se si dimostra la sensibilità degli isolati. Occorre usare la vancomicina se gli isolati sono resistenti a clindamicina ed eritro-micina o se la sensibilità a questi antibiotici è sconosciuta.

Una limitazione della strategia di chemioprofi lassi materna è che è improbabile che l’uso di antibiotici intrapartum abbia

ening dello SGB devono essere eseguite in tutte le donne gravide alla 35-37a settimana di gestazione. Qualsiasi donna con una coltura prenatale di screening positiva, una batteriuria durante la gravidanza o un altro neonato con malattia invasiva da SGB deve ricevere antibiotici intrapartum. Anche le donne la cui situazione rispetto alla coltura non è nota (coltura non eseguita, incompleta o risultati sconosciuti) e che partoriscono prematuramente (37 settimane di gestazione) o che hanno una prolungata rottura delle membrane (�18 ore) o febbre intrapartum (�38 °C) devono ricevere la chemioprofi lassi intrapartum. Se si sospetta un’amnio-nite, occorre sostituire la profi lassi per lo SGB con una terapia antibiotica ad ampio spettro che comprenda un antibiotico nei confronti dello SGB. La profi lassi intrapartum di routine non è raccomandata per le donne con colonizzazione da SGB sottoposte a parto cesareo pianifi cato che non hanno iniziato il travaglio o che hanno avuto la rottura delle membrane.

Queste linee guida suggeriscono anche un approccio al tratta-mento dei bambini nati da madri che hanno ricevuto la chemio-profi lassi intrapartum (Fig. 183-3). I dati di un grande studio epidemiologico indicano che la somministrazione di antibiotici intrapartum alla madre non cambia lo spettro clinico né ritarda l’esordio dei segni clinici nei neonati che hanno sviluppato la ma-lattia da SGB nonostante la profi lassi materna. Pertanto, le linee guida dei CDC riservano una completa valutazione diagnostica a quei bambini che appaiono clinicamente ammalati o hanno madri con sospetta corioamnonite.

Figura 183-3. Trattamento empirico di un neonato la cui madre ha ricevuto la profi lassi antibiotica intrapartum per la prevenzione della malattia precoce da streptococco di gruppo B o in caso di sospetta corioamnionite. Questo algoritmo non è uno schema esclusivo di trattamento. Variazioni che incorporano circostanze individuali o preferenze istituzionali possono essere appropriate. (Da the American Academy of Pediatrics: Red Book: 2006 Report of the Committee on Infectious Diseases, 27th ed. Elk Grove Village, IL, American Academy of Pediatrics, 2006, p 624.)

Signs of neonatal sepsis?

Maternal IAP for GBS?

Gestational age 35 weeks?

Duration of IAP before delivery 4hours?5

No evaluationNo therapy

Observe 48 hours6

Full diagnostic evaluation2

Empiric therapy

3

Limited evaluation4

Observe 48 hoursIf sepsis is suspected, full diagnostic

evaluation2

and empiric therapy3

1 Comprende un emocromo completo con formula, emoculture e radiografia del torace se sono presenti anomalie respiratorie;deve essere eseguita una puntura lombare, se possibile.

2 La durata della terapia varia in base ai risultati dell’emocultura, delle caratteristiche del liquido cerebrospinale (se eseguitala puntura lombare) e al decorso clinico del bambino. Se i risultati di laboratorio e il decorso clinico non indicano un’infezionebatterica, la durata può essere anche di sole 48 ore.

3 Emocromo con formula ed emoculture.4 Si applica soltanto a penicillina o cefazolina e presuppone le dosi raccomandate.5 Un neonato che appare in buone condizioni nato a ≥38 settimane di gestazione e la cui madre ha ricevuto ≥4 ore di profilassi

antibiotica intrapartum prima del parto può essere dimesso dopo 24 ore se altri criteri di dimissione sono stati soddisfattie se sarà presente una persona in grado di seguire completamente le istruzioni per l’osservazione a domicilio. Se una qualsiasidi queste condzioni non è soddisfatta, il neonato deve essere osservato in ospedale per almeno 48 ore e fino al raggiungimentodei criteri per la dimissione.

No

No

No

Sì Sì

Profilassi antibiotica intrapartummaterna per SGB?

Segni di sepsi neonatale?

Antibiotici alla madre per sospettacoriamnionite?

Età gestazionale <35 settimane?

Durata della profilassi antibioticaintrapartum prima del parto <4 ore?4

Nessuna valutazioneNessuna terapia

Osservare ≥48 ore5

Valutazione diagnostica completa1

Terapia empirica2

Valutazione limitata3

Osservare ≥48 oreSe si sospetta una sepsi,

valutazione diagnostica completa1

e terapia empirica2

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Capitolo 184 ■ Streptococchi non gruppo A o B ■ 1183

Yow MD, Mason EO, Leeds LJ, et al: Ampicillin prevents intrapartum tran-smission of group B streptococcus. JAMA 1979;241:1245–1247.

Zaleznik DF, Rench MA, Hillier S, et al: Invasive disease due to group B streptococcus in pregnant women and neonates from diverse population groups. Clin Infect Dis 2000;30:276–281.

Capitolo 184 ■ Streptococchi non gruppo

A o B Michael A. Gerber

Il genere Streptococcus comprende �30 specie. Lo Streptococcus pneumoniae (vedi Capitolo 181), lo streptococco di gruppo A (vedi Capitolo 182), e lo streptococco di gruppo B (vedi Capito-lo 183) sono i più comuni responsabili di infezioni streptococci-che umane. Gli streptococchi �-emolitici dei gruppi di Lancefi eld da C a H e da K a V e gli streptococchi �-emolitici che non possono essere classifi cati nell’ambito di un gruppo di Lancefi eld ( streptococchi viridans) colonizzano comunemente le superfi ci corporee integre (faringe, cute, tratto gastrointestinale, tratto ge-nitourinario) e causano anche infezioni negli esseri umani (Tab. 184-1). Degli streptococchi �-emolitici non gruppo A, quelli di gruppo C e G sono la causa più frequente di malattia umana. Gli enterococchi erano un tempo classifi cati tra gli streptococchi di gruppo D ma costituiscono ora un genere separato, Enterococcus (vedi Capitolo 185).

Lo streptococco di gruppo C è una causa molto più comu-ne di infezione negli animali che negli esseri umani. Gli esseri umani con infezione da parte di questo microrganismo hanno spesso avuto un contatto con un animale. Sia lo streptococco di gruppo C sia quello di gruppo G possono spesso fare parte della normale fl ora umana di nasofaringe, cute e tratto genitale. Lo streptococco di gruppo C può essere coltivato dall’ombelico di neonati asintomatici e da culture vaginali puerperali di routine. Anche lo streptococco di gruppo G può essere coltivato dal tratto gastrointestinale. A causa della ridotta virulenza degli strepto-cocchi di gruppo C e di gruppo G, la maggior parte degli esseri umani infettati da uno di questi microrganismi ha anche qualche patologia medica soggiacente (diabete mellito, neoplasie maligne, abuso alcolico, immunosoppressione).

Gli aspetti clinici della faringite da streptococco sia di gruppo C sia di gruppo G sono simili a quelli della faringite da streptococco di gruppo A con febbre, faringodinia da lieve a moderata, essuda-to faringeo e linfoadenite cervicale. Lo streptococco di gruppo C è una causa relativamente comune di faringite acuta negli studenti di college e negli adulti che pervengono a un pronto soccorso. Oltre alla faringite endemica, lo streptococco di gruppo C può causare una faringite epidemica trasmessa per via alimentare dopo ingestione di prodotti contaminati, come latte vaccino non pastorizzato. Sono state descritte anche epidemie familiari e sco-lastiche di faringite da streptococco di gruppo C. Lo streptococco di gruppo C è stato riportato come causa infrequente di diverse altre infezioni, tra cui infezioni di cute e tessuti molli, artrite set-tica, osteomielite, polmonite, endocardite infettiva, batteriemia e setticemia, meningite, epiglottide, pericardite, infezioni delle vie urinarie e sinusite. Lo streptococco di gruppo C è stato anche associato a casi epidemici e non epidemici di sepsi puerperale ed endometrite; vi può essere un’associazione tra streptococco di gruppo C e artrite reattiva, come anche una sindrome simile allo shock tossico.

Anche se vi sono state diverse epidemie ben documentate di fa-ringite da streptococco di gruppo G trasmessa per via alimentare, il ruolo eziologico dello streptococco di gruppo G nella faringite endemica acuta resta non chiaro. È stata descritta una vasta epidemia respiratoria comunitaria di faringite da streptococco di gruppo G in una popolazione pediatrica in cui lo streptococco di gruppo G è stato isolato in 56 su 222 (25%) bambini conse-

un impatto sulla malattia neonatale tardiva, sugli aborti o sulla natimortalità attribuibili allo SGB o sulla malattia da SGB negli adulti.

Vaccinazione materna. Studi sugli esseri umani dimostrano che il trasferimento transplacentare di anticorpi materni acquisiti natu-ralmente al polisaccaride capsulare dello SGB protegge i neonati dall’infezione invasiva da SGB e che ha luogo un effi ciente passag-gio transplacentare di anticorpi anti-SGB indotti da un vaccino. Sono stati prodotti per uso negli esseri umani vaccini coniugati composti da polisaccaridi capsulari dello SGB accoppiati a protei-ne trasportatrici. Nei primi trial clinici i vaccini anti SGB coniugati sono stati ben tollerati e inducevano livelli di anticorpi funzionali ben al di sopra del range considerato protettivo in più del 90% dei soggetti vaccinati. Un nuovo vaccino contenente polisaccaride di tipo III accoppiato con tossoide tetanico è stato somministra-to con sicurezza a donne gravide e ha stimolato buoni livelli di anticorpi tipo-specifi ci funzionalmente attivi che sono passati effi cacemente ai loro neonati. La somministrazione di un vaccino proteina-polisaccaride multivalente prima o durante la gravidanza deve portare al passaggio transplacentare di anticorpi indotti dal vaccino che proteggono il feto e il neonato contro l’infezione da parte di diversi sierotipi di SGB. Tale vaccino eliminerebbe la ne-cessità di complesse e impegnative colture durante la gravidanza, permetterebbe di superare i diversi rischi associati alla profi lassi antibiotica su larga scala e avrebbe probabilmente un impatto sulla malattia sia precoce, sia tardiva. La chemioprofi lassi intra-partum probabilmente rimarrebbe un aspetto importante della prevenzione, particolarmente per le donne per cui non è possibile l’opportunità della vaccinazione per lo SGB e per i neonati nati così precocemente da non avere livelli di antibiotici acquisiti attra-verso la placenta abbastanza elevati da essere protettivi.

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1184 ■ PARTE XVI ■ Malattie infettive

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Capitolo 185 ■ Enterococcus

David B. Haslam

Gli enterococchi, da tempo noti come patogeni in popolazioni selezionate, negli ultimi 2 decenni sono divenuti una causa co-mune e particolarmente problematica di infezione nosocomiale. Questi microrganismi, dapprima classifi cati con lo Streptococcus bovis e lo Streptococcus equinus come streptococchi di gruppo D di Lancefi eld, sono ora inseriti in un genere separato e sono noti per la loro frequente resistenza agli antibiotici.

EZIOLOGIA. Gli enterococchi sono batteri anaerobi facoltativi, catalasi-negativi e Gram-positivi che crescono a coppie o in brevi catene. La maggior parte è non emolitica (sono chiamati anche -emolitici) in agar-sangue di pecora, anche se alcuni isolati han-no un’attività �- o �-emolitica. Gli enterococchi sono distinti dalla maggior parte degli streptococchi raggruppabili secondo Lancefi eld in base alla loro capacità di crescere nella bile e di idrolisare l’esculina. Gli enterococchi sono in grado di crescere in una soluzione di NaCl al 6,5% e di idrolisare la L-pirronidil-�-naftilamide (PYR), caratteristiche utilizzate dai laboratori per distinguere gli enterococchi dagli streptococchi di gruppo D. L’identifi cazione a livello di specie è possibile in base a pattern differenti di fermentazioni dei carboidrati.

EPIDEMIOLOGIA. Gli enterococchi sono abitatori normali del trat-to gastrointestinale degli esseri umani e degli animali. Anche le secrezioni orali e la placca dentaria, le vie aeree superiori, la cute e la vagina possono essere colonizzate da Enterococcus. L’Ente-rococcus faecalis è il microrganismo predominante, e la coloniz-zazione si verifi ca comunemente nella 1a settimana di vita. In età adulta, la colonizzazione da E. faecalis è pressoché ubiquitaria. La colonizzazione da Enterococcus faecium è meno costante, anche se il 25% circa degli adulti ospita il microrganismo.

cutivi con faringite acuta osservati presso un centro pediatrico privato. I risultati dell’analisi del DNA (fi ngerprinting) degli iso-lati di streptococco di gruppo G hanno suggerito che il 75% di questi apparteneva allo stesso ceppo. I pazienti con faringite da streptococco di gruppo G erano simili a quelli con faringite da streptococco di gruppo A rispetto agli aspetti clinici, alla risposta del titolo di antistreptolisina O e alla risposta clinica alla terapia antibiotica. Questi risultati hanno suggerito che la terapia anti-biotica può avere un impatto sul decorso clinico della faringite da streptococco di gruppo G.

Lo streptococco di gruppo G è stato riportato come una causa infrequente di sepsi puerperale e di un’infezione neonatale clinica-mente simile alla malattia da streptococco di gruppo B a esordio precoce. Altre infezioni occasionalmente causate dallo streptococ-co di gruppo G comprendono batteriemia, endocardite, artrite settica, osteomielite, polmonite, erisipela e altre infezioni di cute e tessuti molli, e meningite. Lo streptococco di gruppo G è stato associato a una sindrome simile allo shock settico.

La febbre reumatica acuta non è stata descritta come com-plicanza della faringite sia da streptococco di gruppo C sia di gruppo G. Vi sono stati studi che hanno tentato di legare la glo-merulonefrite alla faringite da streptococco di gruppo G; l’eviden-za è aneddotica e non è stata stabilita una relazione causale. La glomerulonefrite acuta è stata riportata come complicanza della faringite da streptococco di gruppo C; è estremamente infrequen-te. Pertanto, la ragione primaria per identifi care lo streptococco di gruppo G o di gruppo C come agenti eziologici della faringite acuta è quella di iniziare la terapia antibiotica che può ridurre l’impatto clinico della malattia. Attualmente non vi sono evidenze convincenti da studi controllati di una risposta clinica alla terapia antibiotica in pazienti con faringite acuta e streptococco di grup-po C o G isolato dalle loro vie respiratorie superiori.

La penicillina è l’antibiotico di scelta per il trattamento delle infezioni dovute a infezioni streptococciche sia di gruppo C sia di gruppo G. La faringite di solito è trattata in modo simile alle infezioni delle vie respiratorie superiori da streptococco di gruppo A, mentre le infezioni più severe richiedono la terapia parenterale.

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TABELLA 184-1. Relazione tra streptococchi isolati in base all’emolisi e ai gruppi di Lancefield e siti di colonizzazione e patologia

STREPTOCOCCO DI GRUPPO A (S. PYOGENES )

STREPTOCOCCO DI GRUPPO B (S. AGALACTIAE )

ALTRI STREPTOCOCCHI �-EMOLITICI

STREPTOCOCCHI VIRIDANS

Emolisi � � � �

Gruppo di Lancefi eld A B C-H,K-V

Specie o ceppi Tipi M (�180) Sierotipi (Ia, Ib, II, III, IV, V, VI, VII e VIII) S. bovis

S. mitis

S. mutans

S. sanguinis

Molti altri

Flora normale Faringe, cute, ano Tratti gastrointestinale e genitourinario Faringe, cute e tratti gastrointestinale Faringe, naso, cute e tratto genitourinarioe genitourinario

Comuni malattie umane Faringite, tonsillite, erisipela, impetigine, setticemia, infezioni di ferite, fascite necrotizzante, cellulite, meningite, polmonite, scarlattina, sindrome simile allo shock settico, febbre reumatica, glomerulonefrite acuta

Sepsi puerperale, corioamnionite, endocardite, sepsi neonatale, meningite, osteomielite, polmonite

Infezioni di ferite, sepsi puerperale, cellulite, sinusite, endocardite, ascesso cerebrale, sepsi, infezioni nosocomiali, infezioni opportuniste

Endocardite, infezioni da morso umano �, emolisi parziale; �, emolisi completa; , assenza di emolisi (non emolitico)

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