Sette Notti - Jorge Luis Borges

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  • Le sette notti cui allude il titolo diquesto libro sono quelle durante lequali Borges tenne altrettanteconferenze al teatro Coliseo di BuenosAires nel 1977. Conferenze che hannosuscitato vivace interesse, ben oltre iconfini dellAmerica latina, ancheperch dedicate a luoghi classici aiquali variamente e ripetutamenterinviano le opere e la poetica delloscrittore argentino: la DivinaCommedia, lIncubo, le Mille e unaNotte, il Buddhismo, la Kabbal, laPoesia come atto di percezione escoperta del reale, e infine la Cecit(in questultimo caso prendendolavvio dalla modesta cecitpersonale dellautore per poi

  • investire la questione del rapporto tracecit e letteratura, da Milton aJoyce).

    Nel 1979 Borges accett diraccogliere in questo volume leconferenze, a condizione che glipermettessero di rivedereintegralmente i testi. Da anni noto,quasi proverbiale, lo scrupolo colquale Borges solito correggere ipropri scritti: a tale puntigliosaverifica sono stati sottoposti anchequesti, dilatati oltre la stesuraoriginaria. Ora Sette notti da una parteripercorre le tematiche e i simbolismida sempre presenti nelloperadellautore (lo specchio, il sogno, laKabbal, il labirinto...) e dallaltra

  • presenta una serie di letture penetrantie personalissime dei capolavoriletterari che egli non ha cessato diinterrogare (da Dante a Shakespeare,dalla Bibbia a Cervantes).

    Ricco di acute osservazioni critichee stimolanti digressioni, questo libro,destinato a un ampio pubblico,contiene in nuce i presupposti teoricidellintera opera di Borges, che infattiha commentato: Non male: mi pareche sui temi che mi hanno tantoossessionato, questo sia il miotestamento.

    Jorge Luis Borges, poeta, narratore

  • e saggista argentino, nato a BuenosAires nel 1899. Tra le sue maggioriopere tradotte in italiano, leditoreFeltrinelli ha pubblicato Aleph e Altreinquisizioni.

    In prima di copertina: William

    Blake, Los e il Sole, incisioneper Jerusalem (rifinita con acquarello epenna).

  • Conversione a cura di Natjus

  • I fatti e le idee

    Saggi e Biografie

    Critica letteraria

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  • Jorge Luis Borges

    Sette notti

  • Titolo dellopera originale:Siete noches 1980, Fondo de Cultura

    EconomicaAvenida de la Universidad 975,

    Mexico 12, D.F. Traduzione dallo spagnolo di Mirka Eugenia Moras Prima edizione italiana: marzo

    1983Copyright by Giangiacomo

  • Feltrinelli Editore Milano

  • Indice PrimaLa Divina Commedia Seconda L incubo TerzaLe mille e una notte QuartaIl buddismo

  • QuintaLa poesia SestaLa cabala SettimaLa cecit Conclusione

  • Sette notti

  • Prima. La DivinaCommedia

    Signore, Signori, Paul Claudel ha scritto in una pagina

    indegna di Paul Claudel che glispettacoli che ci attendono oltre la mortedel corpo non assomiglierannocertamente a quelli che mostra Dantenellinferno, nel Purgatorio e nelParadiso. Questa curiosa osservazione

  • di Claudel, in un articolo per altroammirevole, si pu commentare in duemodi.

    Innanzitutto in questa osservazionevediamo una prova della forza del testodi Dante: una volta letto il poema ementre lo leggiamo siamo portati apensare che egli si immaginasse laltromondo esattamente come lo presenta.Inevitabilmente crediamo che Dante siimmaginasse che, una volta morto, sisarebbe imbattuto nella montagnacapovolta dellinferno o nelle terrazzedel Purgatorio o nei cieli concentrici delParadiso. Inoltre, che avrebbe parlatocon le ombre (ombre dellAntichitclassica) e che alcune avrebberoconversato con lui in italiano, in terzine.

  • Il che evidentemente assurdo.Losservazione di Claudel corrispondenon a quello che pensano i lettori(perch razionalmente si renderebberoconto dellassurdit), ma a quello chesentono e a quello che pu allontanarlidal piacere, dallintenso piacere dellalettura dellopera.

    Per confutarla, le prove abbondano.Una la dichiarazione che si attribuisceal figlio di Dante. Disse che suo padre siera proposto di mostrare la vita deipeccatori nella visione dellinferno, lavita dei penitenti nella visione delPurgatorio e la vita dei giusti nellavisione del Paradiso. La sua non era unalettura letterale. Per di pi abbiamo latestimonianza di Dante in una epistola

  • indirizzata a Can Grande della Scala.Lepistola stata considerata

    apocrifa, ma comunque non pu esseremolto posteriore a Dante e, anche se lofosse, fededegna della sua epoca. Vi siafferma che la Commedia pu essereletta in quattro modi. Di questi quattromodi, uno quello letterale; un altro quello allegorico. Secondo questultimo,Dante sarebbe il simbolo delluomo,Beatrice della fede, Virgilio dellaragione.

    Lidea di un testo suscettibile diletture multiple tipica del Medioevo,questo Medioevo tanto calunniato ecomplesso che ci ha dato larchitetturagotica, le saghe islandesi e la filosofiascolastica in cui tutto viene messo in

  • discussione. Che ci ha dato, soprattutto,la Commedia che continuiamo a leggeree che continua a stupirci, che dureroltre la nostra vita, molto pi in l dellenostre veglie, e che sar arricchita daogni futura generazione di lettori.

    Qui mi sembra utile ricordare ScotoEriugena, il quale disse che la Scrittura un testo che racchiude infinitisignificati e che si pu paragonare alpiumaggio cangiante del pavone.

    I cabalisti ebrei sostenevano che laScrittura stata scritta per ognuno deifedeli, il che non incredibile sepensiamo che lautore del testo elautore dei lettori il medesimo: Dio.Dante non aveva motivo di supporre chequello che ci mostra corrispondesse a

  • una immagine reale del mondo dellamorte. Non si d una cosa simile e Dantenon poteva pensarla.

    Credo, tuttavia, nella convenienza diquesta ingenua idea, che cio stiamoleggendo un racconto veridico. Serve alasciarci prendere dalla lettura. Di meposso dire che sono un lettore edonista;mai ho letto un libro sol perch eraantico. Ho letto libri per lemozioneestatica che mi offrono e ho trascurato icommenti e le critiche. Quando lessi perla prima volta la Commedia, mi lasciaiprendere dalla lettura. Ho letto laCommedia come ho letto altri libri menofamosi. Voglio confidarvi, dato chesiamo tra amici e dato che non stoparlando con tutti voi ma con ognuno di

  • voi, la storia del mio personale rapportocon la Commedia.

    Tutto ebbe inizio poco prima delladittatura. Ero impiegato in unabiblioteca del barrio de Almagro.Abitavo in Las Heras y Pueyrredn,dovevo percorrere in lenti e solitaritranvai il lungo tratto che da questoquartiere settentrionale va fino aAlmagro sud, a una biblioteca situatanellAvenida La Plata y Carlos Calvo. Ilcaso (a parte che il caso non esiste, equello che chiamiamo caso non che lanostra ignoranza della complessameccanica della causalit) mi feceimbattere in tre volumetti nella libreriaMitchell, oggi scomparsa, che mi suscitatanti ricordi. Questi tre volumi (avrei

  • dovuto portarne uno oggi comeportafortuna) erano lInferno, ilPurgatorio e il Paradiso, tradotti ininglese da Carlyle, non da ThomasCarlyle, di cui parler dopo. Erano librimolto maneggevoli, editi da Dent.Stavano comodamente in tasca. Su unapagina cera il testo italiano e a fronte iltesto inglese, una traduzione letterale.Escogitai questo modus operandi: primaleggevo un versetto, una terzina, in prosainglese; poi leggevo lo stesso versetto,la medesima terzina, in italiano;continuavo cos fino alla fine del canto.Quindi leggevo tutto il canto in inglese epoi in italiano. A questa prima letturacompresi che le traduzioni non possonosurrogare il testo originale, anche se la

  • traduzione pu essere un mezzo e unostimolo per accostare il lettorealloriginale; soprattutto per lospagnolo. Mi pare che Cervantes, inqualche parte del Chisciotte, dica checon due ottavi di lingua toscana si pucapire lAriosto.

    Bene, questi due ottavi di linguatoscana me li diede la somiglianzafraterna dellitaliano con lo spagnolo;Gi allora osservai che i versi,soprattutto i grandi versi di Dante, vannoal di l del loro significato. Il verso ,tra le tante cose, unintonazione,unaccentuazione che molte volte intraducibile. Lo notai fin dallinizio.Quando giunsi al sommo del ParadisoTerrestre, quando giunsi al Paradiso

  • deserto, l, nel momento in cui Danteviene abbandonato da Virgilio e si trovasolo e lo chiama, in quel momento sentiidi poter leggere il testo direttamente initaliano e solo di tanto in tanto guardareil testo inglese. Lessi cos i tre volumi inquei lenti viaggi in tranvai. In seguitoavrei letto altre edizioni.

    Ho letto molte volte la Commedia.La verit che non so litaliano, nonconosco altro italiano che quello che miha insegnato Dante e quello che pi tardimi insegn lAriosto quando lessi ilFurioso. E poi quello pi facile, senzadubbio, di Benedetto Croce. Ho lettoquasi tutti i libri di Croce e non sempresono daccordo con lui, per sento il suofascino. Il fascino , come disse

  • Stevenson, una delle qualit essenzialiche deve avere uno scrittore. Se non vfascino, tutto il resto inutile.

    Ho letto molte volte la Commedia,in diverse edizioni, riuscendo a gustarnei commenti. Fra tutti, due mi sonorimasti impressi in modo particolare:quello di Attilio Momigliano e quello diGrabher. Ricordo anche quello di UgoSteiner.

    Leggevo tutte le edizioni che trovavoe mi divertivo con i diversi commenti ele diverse interpretazioni di questoperamolteplice. Mi resi conto che nelleedizioni pi vecchie predominava ilcommento teologico; in quelle delsecolo diciannovesimo, il commentostorico e attualmente quello estetico, che

  • mette in rilievo il vario ritmo di ogniverso, una delle massime virt di Dante.

    Si paragonato Milton a Dante,Milton per ha una sola musica: ciche in inglese si chiama stile sublime.Questa musica sempre la stessa, di ldalle emozioni dei personaggi. Invece inDante, come in Shakespeare, la musicasegue le emozioni. Lintonazione elaccentuazione sono determinanti, ognifrase deve essere ed letta ad alta voce.

    Dico ad alta voce perch quandoleggiamo versi veramente stupendi,realmente buoni, siamo portati a farloappunto ad alta voce. Un buon verso nonpermette che lo si legga a voce bassa oin silenzio. Se lo possiamo fare, non un buon verso: il verso esige la

  • declamazione. Il verso ci ricorda che fuunarte orale prima di essere unartescritta, ci ricorda che fu un canto.

    Ci sono due testimonianze che loconfermano. Una quella di Omero, odei Greci che chiamiamo Omero, chedice nellOdissea: gli di tessonosventure per gli uomini affinch legenerazioni future abbiano qualcosa dacantare. Laltra, molto posteriore, diMallarm e ripete ci che disse Omerosia pure con minore eleganza: toutaboutit en un livre, tutto finisce in unlibro. Le differenze qui sono due; iGreci parlano di generazioni checantano, Mallarm parla di un oggetto,di una cosa tra le cose, un libro. Malidea la stessa, lidea che noi siamo

  • fatti per larte, siamo fatti per lamemoria, siamo fatti per la poesia oprobabilmente siamo fatti per loblio.Ma qualche cosa rimane e questoqualche cosa la storia o la poesia, chein sostanza non sono diverse.

    Carlyle e altri critici hannoosservato che lintensit lacaratteristica pi importante in Dante. Ese pensiamo ai cento canti del poemasembra veramente un miracolo chequesta intensit non venga meno, trannein alcuni punti del Paradiso che per ilpoeta furono luce e per noi sono ombra.Non ricordo un esempio analogo in altroscrittore, forse solo nel Macbeth diShakespeare, che comincia con le trestreghe o tre parche o tre sorelle fatali e

  • continua poi fino alla morte delleroesenza che in nessun momento lintensitvenga meno.

    Voglio ricordare un altroparticolare: la delicatezza di Dante.Pensiamo sempre alloscuro esentenzioso poema fiorentino e cidimentichiamo che unopera piena didelizie, di diletti, di tenerezze. Questetenerezze sono parte della tramadellopera. Per esempio, Dante avrletto in qualche libro di geometria che ilcubo il pi stabile dei solidi. unosservazione ovvia che non ha nientedi poetico e senza dubbio Dante la usacome una metafora delluomo che devesopportare la sventura ben tetragono aicolpi di ventura; luomo un buon

  • tetragono, un cubo, e questo veramentestraordinario.

    Ricordo pure la curiosa metaforadella freccia. Dante vuole farci sentirela velocit della freccia che lascialarco e fa centro. A noi dice che siinchioda nel centro e che esce dallarcoe che lascia la corda; inverte il principioe la fine per mostrare con quantarapidit avvengono queste cose.

    C un verso che ho sempre inmente. quello del primo canto delPurgatorio che si riferisce alla mattina,quellincredibile mattina sulla montagnadel Purgatorio, al Polo Sud. Dante, che uscito dalla sozzura, dalla tristezza edallorrore dellInferno, dice dolcecolor doriental zaffiro. Il verso

  • impone lentezza alla voce. Si deve direoriental.

    dolce color doriental zaffiroche saccoglieva nel sereno

    aspettodel mezzo puro infino al primo

    giro.

    Vorrei soffermarmi sul curiosomeccanismo di questo verso, anche se laparola meccanismo troppo dura perquello che intendo dire. Dante descriveil cielo orientale, descrive laurora eparagona il colore dellaurora a quellodello zaffiro. E lo paragona a uno zaffiroche chiama zaffiro orientale, zaffirodOriente. In dolce color dorientalzaffiro si ha un gioco di specchi,

  • giacch lOriente si manifesta nel coloredello zaffiro e lo zaffiro uno zaffiroorientale. Cio, uno zaffiro cheraccoglie in s la ricchezza della parolaorientale; pieno, diciamolo, delleMille e una notte che Dante nonconobbe ma che senza dubbio in quelverso echeggiano.

    Ricorder anche il famoso versofinale del quinto canto dellInferno: ecaddi come corpo morto cade. Perchla caduta rimbomba? La cadutarimbomba per lallitterazione caddi-cade.

    Tutta la Commedia piena dipreziosit di questo genere. Ma ci chelalimenta il suo essere narrativa.Quando ero giovane si disprezzava la

  • forma narrativa e la si definivaaneddotica e si dimenticava che lapoesia inizia come narrativa, che nelleradici della poesia c lepica e lepica il genere poetico originario, narrativo.Nellepica c il tempo, nellepica c ilprima, ladesso, il poi; tutto questo sitrova nella poesia.

    Consiglierei al lettore di dimenticarele dispute tra guelfi e ghibellini, didimenticare la scolastica e didimenticare anche le allusionimitologiche e i versi di Virgilio cheDante ripete, a volte addiritturamigliorandoli, per eccellenti che sianogi in latino. Conviene, almenoallinizio, attenersi al racconto. Credoche nessuno possa sottrarvisi.

  • Entriamo poi nel racconto, e cientriamo in modo quasi magico mentreai giorni nostri, quando si raccontaqualcosa di soprannaturale, si tratta diuno scrittore incredulo che si rivolge alettori increduli e deve quindi prepararlial soprannaturale. Dante non ne habisogno: Nel mezzo del cammin dinostra vita / mi ritrovai per una selvaoscura. Vale a dire, a trentacinque annimi trovai nel mezzo di una selvaoscura, che pu essere una selvaallegorica ma nella cui realt crediamo:a trentacinque anni, perch la Bibbiaassegna agli uomini saggi let disettantanni. Si sa che poi tutto miseraapparenza, bleak, come si direbbe ininglese, tutto tristezza, inquietudine. Di

  • modo che, quando Dante scrive nelmezzo del cammin di nostra vita, non fadella vaga retorica: ci sta dicendo ladata esatta della visione, trentacinqueanni.

    Non credo che Dante fosse unvisionario. La visione breve. impossibile una visione cos lunga comequella della Commedia. La visione fuvolontaria: dobbiamo abbandonarci eleggerla, con fede poetica. Coleridgediceva che la fede poetica unasospensione volontaria dellincredulit.Se assistiamo a una rappresentazioneteatrale sappiamo che sulla scena cisono uomini in costume che ripetono leparole di Shakespeare, di Ibsen o diPirandello che sono state messe loro in

  • bocca. Ma noi non li sentiamo incostume; in questuomo mascherato chemonologa adagio nelle anticamere dellavendetta vediamo realmente il principedi Danimarca, Amleto; ciabbandoniamo. Al cinema, ilprocedimento ancora pi curioso,perch vediamo non gi dei personaggiin costume ma fotografie di personaggiin costume e senza dubbio a tale finzionecontinuiamo a credere per lintera duratadella proiezione.

    Nel caso di Dante, tutto cosvivido che arriviamo a supporre che eglicredette nellaltro mondo di cui ci parla,allo stesso modo in cui pot crederenella geografia geocentrica onellastronomia geocentrica e non in

  • altre astronomie.Conosciamo Dante profondamente

    grazie a un fatto rilevato da PaulGroussac: che la Commedia scritta inprima persona. Questo non un meroartificio grammaticale, non implica soloun vidi al posto di un videro o di unfu. Vuol dire molto di pi, vuol direche Dante uno dei personaggi dellaCommedia. Secondo Groussac, fu unatrovata, una novit. Bisogna ricordareche, prima di Dante, SantAgostinoaveva scritto le Confessioni. Ma questeconfessioni, appunto in virt della lorosplendida retorica, non sono cos vicinea noi come lo Dante, poich la retoricasplendida dello scrittore africano siinterpone tra quello che egli vuole dire e

  • quello che noi percepiamo.Il caso di una retorica che

    interferisce disgraziatamentefrequente. La retorica dovrebbe essereun ponte, un cammino; a volte invece una muraglia, un ostacolo. Come si puosservare in illustri scrittori comeSeneca, Quevedo, Milton o Lugones, neiquali, senza eccezione, le parole siergono come un velo tra loro e noi.

    Dante lo conosciamo piintimamente che i suoi contemporanei.Direi quasi che lo conosciamo come loconobbe Virgilio, che fu un suo sogno,un sogno di Dante. Indubbiamente, pi diquanto lo pot conoscere BeatricePortinari; indubbiamente pi di ognialtro. Egli si pone e resta al centro

  • dellazione. Ogni cosa vista attraversodi lui, non solo, ma egli ne ancheparte. E ci non sempre va daccordocon quello che scrive, del che di solitoci si dimentica.

    Vediamo Dante discendereallInferno; e deve discendervi nonperch sia stato un codardo ma perchdiscendervi necessario per farcicredere nellInferno. Dante disceso, hapaura, si fa delle idee sulle cose chevede. Queste idee le conosciamo non daquello che dice ma grazie alla strutturapoetica, allintonazione, alla cadenzadel suo linguaggio.

    C poi laltro personaggio. In veritnella Commedia ce ne sono tre, ma oraparler del secondo. Virgilio. Dante

  • riuscito a darci due immagini diVirgilio: una, quella che ce ne dl'Eneide o che ce ne danno leGeorgiche; laltra, limmagine piintima che ci lascia la poesia, la poesiaimprontata a pietas di Dante.

    Uno dei temi della letteratura, comeuno dei temi della realt, lamicizia. Iodirei che lamicizia la passione di noiargentini. Ci sono molte amicizie nellaletteratura, che tutta tramata diamicizie. Possiamo ricordarne qualcuna.Perch non pensare a Chisciotte eSancho o meglio ad Alonso Quijano eSancho; perch per Sancho AlonsoQuijano Alonso Ouijano, e solo allafine Don Chisciotte? Perch nonpensare a Fierro e Cruz, i nostri due

  • gauchos che si perdono alla frontiera?Perch non pensare al vecchio bovaro ea Fabio Caceres? Lamicizia un temacomune, ma solitamente gli scrittoriricorrono al contrasto tra due amici. Hodimenticato altri due amici illustri, Kime il lama, che figurano anchessi incontrasto.

    Nel caso di Dante, il procedimento pi sottile. Non esattamente uncontrasto, nonostante latteggiamentofiliale: Dante finisce con lessere unfiglio di Virgilio e allo stesso tempo aVirgilio superiore perch si reputasalvo. Crede che meriter la grazia o diaverla meritata, perch gli stata data lavisione. Allopposto, fin dalliniziodellInferno, sa che Virgilio unanima

  • perduta, un reprobo; quando Virgilio glidice che non potr accompagnarlo pi inl del Purgatorio, sente che il poetalatino sar per sempre un abitante delterribile nobile castello dove stannole grandi ombre dei grandi mortidellAntichit, quelli che per ignoranzaineluttabile non conobbero la parola diCristo. In questo stesso momento Dantedice: Tu, duca; tu, signore; tu,maestro... Per nascondere questomomento, Dante lo saluta con stupendeparole e dice del lungo studio e delgrande amore che gli hanno fatto cercareil suo libro; tra i due sempre si manterrquesto rapporto. La figuraessenzialmente triste di Virgilio, che sadi essere condannato a vivere per

  • sempre nel nobile castello colmodellassenza di Dio. A Dante, invece,Dio sar permesso di vederlo, gli sarpermesso di comprendere luniverso.

    Ci sono, dunque, questi duepersonaggi. Poi ci sono centinaia,migliaia, una moltitudine di personaggi,di quelli che si detto che sonoepisodici, e che io definireiugualmente eterni.

    Un romanzo contemporaneo richiedecinquecento o seicento pagine per farciconoscere qualcuno, ammesso che lo siconosca. A Dante basta un solomomento. E in quel solo momento ilpersonaggio definito per sempre.Dante cerca il momento centraleinconsciamente. Io ho voluto fare la

  • stessa cosa in molti racconti e questascoperta, che nel Medioevo lascoperta di Dante, di presentare unmomento come compendio di una vita,mi ha sempre affascinato. In Dante cisono personaggi che vivono quanto ilvolger di poche terzine, e senza dubbiola loro vita eterna. Vivono in unaparola, in un atto, non oltre questo; sonoparte di un canto, ma questa parte eterna. Continuano a vivere, a rinnovarsinella memoria e nellimmaginazionedegli uomini.

    Ha detto Carlyle che in Dante visono due qualit. In realt ve ne sono dipi ma due sono essenziali: la tenerezzae il rigore (ammesso che la tenerezza eil rigore non si contrappongano, non

  • siano opposti). Da un lato c latenerezza umana di Dante, quella cheShakespeare chiamerebbe the milk ofhuman kindness, il latte della bontumana. Dallaltro c la consapevolezzache siamo abitanti di un mondo severo,che un ordine c. Questo ordinecorrisponde allAltro, al terzointerlocutore.

    Ricorderemo due esempi. Prendiamolepisodio pi conosciuto dellinferno,quello del canto quinto, di Paolo eFrancesca. Non ho la pretesa diriassumere ci che Dante ha detto sarebbe irriverente da parte mia dire inaltre parole quello che ha detto nel suoitaliano per sempre; voglio soloricordare le circostanze.

  • Dante e Virgilio arrivano al secondocerchio (se ben ricordo) e l vedono uncapannello di anime e sentono il lezzodel peccato, il lezzo del castigo. Ci sonocircostanze fisiche disgustose. Peresempio Minosse che si avvinghia lacoda per indicare a quale cerchio idannati devono scendere. Il che deliberatamente ripugnante, perch noto che nulla di gradevole pu esserciallinferno. Quando giungono al cerchionel quale i lussuriosi scontano la propriapena, trovano nomi grandi e illustri.Dico nomi grandi perch Dante,cominciando a scrivere il canto, non eraancora giunto alla perfezione della suaarte, cio che i personaggi fosseroqualcosa di pi di puri nomi. Senza

  • dubbio questo gli servi per descrivereil nobile castello.

    Vediamo i grandi poetidellAntichit. Tra questi c Omero,con la spada in mano. Scambiano paroleche non conviene ripetere. preferibileil silenzio, perch questo si addice alpudore immenso dei condannati alLimbo, che mai vedranno il volto diDio. Quando giungiamo al quinto canto,Dante ha fatto la sua grande scoperta: lapossibilit di un dialogo con le animedei morti ed egli, Dante, li sentir e ligiudicher a modo suo. No, anzi, non ligiudicher: sa di non essere il Giudice,sa che il Giudice lAltro, un terzointerlocutore, la Divinit.

    Bene: l ci sono Omero, Platone,

  • altri grandi uomini illustri. Dante nevede due che non conosce, meno illustrie che appartengono al mondocontemporaneo: Paolo e Francesca. Sacome sono morti i due adulteri, lichiama ed essi accorrono. Dante ci dice:Quali colombe dal disio chiamate.Siamo di fronte a due reprobi, e Dante liparagona a due colombe chiamate daldesiderio, perch la sensualit deveessere la parte essenziale della scena. Siavvicinano a lui e Francesca, che lunica a parlare (Paolo non pu farlo),lo ringrazia di averli chiamati e dicequeste patetiche parole: Se fosse amicoil Re delluniverso [dice Redelluniverso non potendo dire Dioessendo questo nome interdetto

  • allInferno e in Purgatorio] / noipregheremmo lui per la tua pace,poich tu hai piet dei nostri mali.

    Francesca racconta la sua storia e lofa due volte. La prima, la racconta condiscrezione, pur sottolineando di essereancora innamorata di Paolo. Ilpentimento vietato allInferno, sa diaver peccato e segue fedele il suopeccato, dal che le viene una grandezzaeroica. Sarebbe terribile se si pentisse,se si lamentasse di quanto avvenuto.Francesca sa che il castigo giusto, loaccetta e continua ad amare Paolo.

    Dante ha una curiosit. Amorcondusse noi ad una morte: Paolo eFrancesca sono stati assassinati insieme.A Dante non interessa ladulterio, non

  • gli interessa come i due amanti furonoscoperti e giustiziati: gli interessaqualcosa di pi intimo, come siaccorsero di essere innamorati, come siinnamorarono, come giunse il tempo deidolci sospiri. Pone la domanda.

    Allontanandomi un attimo da quantosto dicendo, voglio ricordare una strofa,forse la migliore strofa di LeopoldoLugones, ispirata senza dubbio dal cantoquinto dellInferno. la prima quartinadi Alma venturosa, uno dei sonetti diLas horas doradas, del 1922:

    Al promediar la tarde de aqueldia,

    Quando iba mi habitual adisa darte,

  • Fue una vaga congoja dedejarte

    Lo que me hizo saber que tequeria.1

    Un poeta minore avrebbe detto cheluomo sente una grande tristezza nellasciare la sua donna, e avrebbe dettoche si vedevano raramente. Invece, qui,quando venivo il mio abituale saluto adarti un verso goffo ma questo non haimportanza; perch dire un abitualesaluto fa capire che gli amanti sivedevano frequentemente e poi fu unavaga pena di lasciarti / quello che mifece capir lamore mio.

    Il tema essenzialmente quello delquinto canto: due persone che scoprono

  • di essere innamorate e non lo sapevano. quanto Dante vuole sapere, vuole chegli racconti come avvenne. E Francescagli racconta che un giorno, per diletto,erano intenti a leggere Lancillotto ecome lamore lo faceva soffrire. Eranosoli e non avevano alcun sospetto. Diche cosa non sospettavano? Nonsospettavano di essere innamorati.Stavano leggendo un episodio de Lamatire de Bretagne, uno di quei libriche cantavano dei britanni in Franciadopo linvasione sassone. Libri chealimentarono la pazzia di Alonso Qui-jano e che rivelarono a Paolo eFrancesca il loro amore colpevole.Francesca spiega che a voltearrossivano ma che vi fu un momento,

  • quando leggemmo il disiato riso, sucui Ginevra fu baciata da cotantoamante, questi, che mai sia da meseparato, la bocca mi baci, tuttotremante.

    C dellaltro che Dante non dice, eche aleggia in tutto lepisodio e forse necostituisce la forza. Con infinita piet,Dante ci rivela il destino dei due amanti,e sentiamo che egli invidia questodestino. Paolo e Francesca sonoallInferno, egli si salver, ma loro sisono amati ed egli non riuscito adavere lamore della donna che ama,Beatrice. In ci vi anche dellapresunzione, che Dante deve sentirecome qualcosa di terribile, perch da lei ormai lontano. Invece questi due

  • reprobi sono uniti, non possono parlarsi,girano nellaer perso senza speranzaalcuna, senza neppure, ci dice Dante, lasperanza che le loro sofferenze cessino,ma restano uniti. Francesca dice noi:parla per tutti e due, un altro modoquesto di stare uniti. Sono uniti perleternit, condividono lInferno e ciagli occhi di Dante deve essere stato unaspecie di Paradiso.

    Lemozione, sappiamo, sopraffDante, che cade come un corpo morto.

    Ognuno si definisce per sempre in unsolo istante della sua vita, il momento incui luomo si incontra per sempre con sestesso. Si detto che Dante crudelecon Francesca, nel condannarla. Maquesto ignorare il Terzo Personaggio.

  • Il giudizio di Dio non sempre coincidecol sentimento di Dante. Chi noncomprende la Commedia dice che Dantela scrisse per vendicarsi dei suoi nemicie premiare i suoi amici. Niente di pifalso. Nietzsche disse falsissimamenteche Dante la iena che versifica tra letombe. La iena che versifica unacontraddizione; daltra parte, Dante nonsi compiace del dolore. Sa che ci sonopeccati imperdonabili, capitali. Per ognipeccato sceglie una persona che lo hacommesso, la quale quanto al resto puessere ammirevole o adorabile.Francesca e Paolo sono soltantolussuriosi. Non hanno altri peccati, mauno basta a condannarli.

    Lidea di Dio come indecifrabile

  • un concetto che abbiamo gi incontratoin un altro dei libri essenzialidellumanit. Nel Libro di Giobbericorderete come Giobbe condanni Dio,come i suoi amici lo giustifichino ecome alla fine Dio parli dal turbine erifiuti ugualmente chi lo giustifica e chilo accusa.

    Dio va al di l di ogni giudizioumano e per aiutarci a comprenderlo siserve di due esempi straordinari: quellodella balena e quello dellelefante.Cerca questi mostri per dimostrare chenon sono meno mostruosi per noi delLeviatano e del Behemot (nome pluraleche in ebraico indica parecchi animali).Dio va al di l di tutti i giudizi umani elo dichiara Egli stesso nel Libro di

  • Giobbe. Gli uomini si umiliano davantia Lui perch hanno osato giudicarlo,giustificarlo. Non lo precisa. Comedirebbe Nietzsche, Dio al di l delbene e del male. unaltra dimensione.

    Se Dante avesse sempre coincisocon il Dio che immagina, avremmoavuto un Dio falso, semplicemente unacopia di Dante. Invece Dante deveaccettare questo Dio, come deveaccettare che Beatrice non labbiaamato, che Firenze sia una citt infame,come dovr accettare il suo esilio e lasua morte a Ravenna. Deve accettare ilmale del mondo e allo stesso tempodeve adorare questo Dio che gli inintelligibile.

    Un solo personaggio manca nella

  • Commedia, e non poteva figurarvi,essendo stato troppo umano. Questopersonaggio Ges. Egli non apparenella Commedia come appare neiVangeli: lumano Ges dei Vangeli nonpu essere la Seconda Persona dellaTrinit che la Commedia richiede.

    Voglio arrivare, infine, al secondoepisodio che per me il pi alto dellaCommedia. Si trova nel cantoventiseiesimo. lepisodio di Ulisse.Scrissi una volta un articolo intitolatoL'enigma di Ulisse. Lo pubblicai, poi lopersi e ora tento di ricostruirlo. Credoche questo sia il pi enigmatico degliepisodi della Commedia e forse il piintenso, anche se molto difficile,trattandosi di vette, sapere qual la pi

  • alta, e la Commedia fatta di vette.Se ho scelto la Commedia per questa

    prima conferenza perch sono un uomodi lettere e credo che lapice dellaletteratura e delle letterature sia laCommedia. Questo non implica checondivida la sua teologia n che siadaccordo con la sua mitologia. Viritroviamo la mitologia cristiana equella pagana mescolate. Ma non sitratta di questo. Bens del fatto chenessun libro mi ha mai dato emozioniestetiche cos intense. E io sono unlettore, ripeto, edonista; nei libri cercoemozioni.

    La Commedia un libro che tuttidobbiamo leggere. Non farlo privarcidel miglior dono che la letteratura pu

  • offrirci, arrenderci a un singolareascetismo. Perch negarci la felicit dileggere la Commedia? E poi non si trattadi una lettura difficile. Difficile ciche sta dietro la lettura: le opinioni, lediscussioni; ma il libro in s un librocristallino. C il personaggio centrale,Dante, che forse il personaggio pivivido della letteratura e ci sono gli altripersonaggi. Ma torniamo allepisodio diUlisse.

    Giungono a una bolgia, credolottava del cerchio dei fraudolenti. C,allinizio, uninvettiva contro Firenze, dicui si dice che batte le ali per cielo eper terra e che il suo nome si spande perlinferno. Poi salgono dal basso moltefiamme e dentro queste fiamme si

  • celano le anime dei fraudolenti: sononascoste perch agirono celando. Lefiamme avanzano e Dante sta per cadere.Lo sostiene Virgilio, la parola diVirgilio. Parlano di chi sta dentro lefiamme e Virgilio fa il nome di duegrandi: Ulisse e Diomede. Sono quiperch tramarono insieme lostratagemma del cavallo di Troia chepermise ai Greci di entrare nella cittassediata.

    Ulisse e Diomede sono l e Dantevuole conoscerli. Esprime a Virgilio ildesiderio di parlare con queste dueantiche e illustri ombre, con questigrandi e preclari eroi dellAntichit.Virgilio lo accontenta ma gli chiede dilasciar parlare lui, trattandosi di due

  • Greci superbi. meglio che Dante nonparli. Ci stato commentato in diversimodi. Torquato Tasso credeva cheVirgilio volesse farsi passare perOmero. Sospetto del tutto assurdo eindegno di Virgilio, perch Virgiliocant Ulisse e Diomede, e se Dante liconobbe fu perch Virgilio glieli fececonoscere. Possiamo eliminare leipotesi che Dante sarebbe statodisprezzato per essere discendente diE n e a o per essere un barbaro,spregevole ad occhi greci. Virgilio,come Diomede e Ulisse, sono un sognodi Dante. Dante li sta sognando, ma lisogna con una tale intensit, in modocos vivido da indurlo a pensare chequesti personaggi sognati (che non hanno

  • altra voce se non quella che egli d loro,che non hanno altra forma se non quellache egli presta loro) possanodisprezzarlo, lui che non niente, chenon ha ancora scritto la Commedia.

    Dante entrato nel gioco, come vientriamo noi: Dante anche sedottodalla Commedia. Pensa: questi sonoeroi luminosi dellAntichit e io sononiente, un povero uomo. Perchdovrebbero prestargli attenzione? AlloraVirgilio chiede loro di raccontare comemorirono, e parla la voce dellinvisibileUlisse. Ulisse non ha volto, dentro unafiamma.

    E qui perveniamo al fattoprodigioso, a una leggenda creata daDante, una leggenda superiore a quanto

  • contenuto nellOdissea e nellEneide, oa quanto si trover in un altro libro incui appare Ulisse, un libro che si intitolaSimbad il Marinaio, nelle Mille e unanotte.

    La leggenda fu suggerita a Dante davari fatti. Prima di tutto, dalla credenzache la citt di Lisbona fosse statafondata da Ulisse e che esistessero leIsole della Felicit nellAtlantico. ICelti credevano che lAtlantico fossepopolato di paesi fantastici: peresempio, di unisola solcata da un fiumeche taglia il firmamento e che pieno dipesci e di navi che non si rovescianosulla terra; per esempio, di unisola difuoco rotante; per esempio, di unisolasulla quale veltri di bronzo inseguono

  • cervi dargento. Di tutto questo Dantedoveva avere qualche notizia;limportante quel che fece di questeleggende. Diede vita a qualcosa diveramente nobile.

    Ulisse lascia Penelope, chiama isuoi compagni e, sebbene siano ormaivecchi e stanchi, avendo condiviso conlui infiniti pericoli, propone loro unanobile impresa, oltrepassare le ColonnedErcole, solcare loceano e conoscerelemisfero australe, che allora sicredeva fosse un emisfero dacqua; nonsi sapeva che l non vera nessuno. Diceloro che sono uomini, non bruti; chesono nati per essere coraggiosi, persapere; che sono nati per conoscere eper comprendere. Essi lo seguono e

  • mettono ali al folle volo... curioso che questa metafora si

    trovi anche nell Odissea, che Dante nonpot conoscere. Dunque costoroprendono il mare e si lasciano dietroCeuta e Siviglia, entrano nel vastooceano e dirigono la prua a sinistra. Asinistra, sulla sinistra nella Commediasignifica il male. Per salire in Purgatoriosi va a destra; per scendere allinferno,a sinistra. Come dire, il lato sinistroha un senso duplice: due parole in una.Poi Dante ci dice: Tutte le stelle gidellaltro polo / vedea la notte, laltropolo, cio il nostro emisfero, quelloaustrale, carico di stelle. (Un grandepoeta irlandese, Yeats, parla distarladen sky, di cielo carico di

  • stelle, alludendo allemisfero boreale,il che falso perch in quel cielo, inconfronto al nostro, ci sono pochestelle.)

    Navigano per cinque mesi e poi, allafine, scorgono la terra. Ci che vedono una montagna scura per la distanza, unamontagna pi alta di tutte quelle cheavessero mai visto. Ulisse dice che lagioia si tramut in pianto, perch dallaterra prese a soffiare un vento vorticosoe la nave affond. La montagna quelladel Purgatorio, e lo si vede nel cantosuccessivo. Dante crede (o simula dicrederlo per ragioni poetiche) che ilPurgatorio sia agli antipodi della citt diGerusalemme.

    Bene, arriviamo a questo terribile

  • momento e ci chiediamo perch Ulissesia stato cos punito. Evidentemente nonper lo stratagemma del cavallo, dato cheil momento culminante della sua vita,quello raccontato a Dante e quello che raccontato a noi, un altro: limpresanobile, audace di voler conoscere ilproibito, limpossibile. Ci chiediamoperch questo canto abbia tanta forza.Prima di rispondere, vorrei ricordare unfatto che non stato sinora messo inevidenza, che io sappia.

    quello di un altro grande libro, ungrande poema del nostro tempo, MobyDick di Herman Melville, checertamente conobbe la Commedia nellatraduzione di Longfellow. Conosciamolimpresa insensata del capitano Achab,

  • mutilato, che vuole vendicarsi dellaBalena Bianca. Finalmente la incontra ela balena lo affonda, e il grande romanzoconcorda esattamente nel finale colcanto di Dante: il mare si chiude su diloro. Melville qui deve aver avutopresente la Commedia, anche sepreferisco pensare che labbia letta,assimilata a tal punto da poterladimenticare nella sua letteralit; che laCommedia debba aver fatto parte di luie che egli abbia poi riscoperto quel cheaveva letto molto tempo prima, ma lastoria la stessa. Solo che Achab non mosso da un impeto nobile ma da undesiderio di vendetta. Ulisse inveceagisce come il pi grande degli uomini.E inoltre invoca una ragione giusta, che

  • ha relazione con lintelligenza, e vienepunito.

    A che cosa deve il suo peso tragicoquesto episodio? Credo che vi sia unaspiegazione, lunica valida, questa:Dante sent che Ulisse, in qualche modo,era lui. Non so se lo percep in manieracosciente ma poco importa. In unaterzina della Commedia dice che anessuno concesso di conoscere qualisiano i giudizi della Provvidenza. Nonpossiamo anticipare il giudizio dellaProvvidenza, nessuno pu sapere chisar dannato e chi salvato. Ma egliaveva osato anticipare, in modo poetico,questo giudizio. Ci mostra i dannati e glieletti. Doveva sapere che nel far ciavrebbe corso un pericolo: non poteva

  • ignorare che stava anticipandolinsondabile provvidenza di Dio.

    Per questo il personaggio di Ulisseha la forza che ha, perch Ulisse lospecchio di Dante, perch Dante sentche forse meritava questo castigo. vero che egli aveva scritto il poema, manel dubbio egli stava infrangendo lemisteriose leggi della notte, di Dio,della Divinit.

    Sono giunto alla fine. Vogliosolamente sottolineare che nessuno ha ildiritto di privarsi di questa felicit, laCommedia; di privarsi di leggerla inmodo ingenuo. Solo in seguito verrannoi commenti, il desiderio di sapere chesignificato hanno le allusionimitologiche, di vedere come Dante

  • prese un grande verso di Virgilio e,forse, lo miglior traducendolo.Allinizio si deve leggere il libro con laconfidenza di un bambino, abbandonarsiad esso; e allora ci accompagner pertutta la vita. Per quanto mi riguarda, miha accompagnato per tanti anni e so cheappena lo aprir, domani, scorger coseche non ho visto sino ad ora. So chequesto libro andr oltre la mia veglia ele nostre veglie.

    Note

    1 Al dimezzar il pomeriggio di quelgiorno / Quando venivo il mio abituale

  • saluto a darti, / Fu una vaga pena dilasciarti / Quello che mi fece capirlamore mio.

  • Seconda. L'incubo Signore, Signori, I sogni sono il genere; lincubo, la

    specie. Parler dei sogni e, poi, degliincubi.

    In questi giorni stavo rileggendo deilibri di psicologia. E mi sono sentitosingolarmente defraudato. In tutti siparlava dei simboli o degli argomentidei sogni (giustificher pi avanti questaparola) e non si parlava di ci che io

  • desideravo, del meraviglioso, dellostrano fatto di sognare.

    Cos, in un libro di psicologia cheapprezzo molto, The Mind of Man, diGustav Spiller, si diceva che i sognicorrispondono al gradino pi bassodellattivit mentale cosa chepersonalmente ritengo errata e siparlava delle incongruenze, delleillogicit delle fiabe dei sogni. Voglioricordare Groussac e il suo ammirevolestudio (magari potessi ricordarlo eripeterlo qui) Entre sueos. Groussac,alla fine di questo studio contenuto nellasua opera El viaje intellectual, credonel secondo volume, dice che meraviglioso il fatto che ogni mattina cisi svegli giudiziosi o, quanto meno,

  • abbastanza giudiziosi dopo esserepassati attraverso le zone dombra e ilabirinti dei sogni.

    Lanalisi dei sogni presenta unaparticolare difficolt. Non possiamoanalizzare i sogni direttamente.Possiamo parlare del ricordo che deisogni abbiamo. Ed possibile che ilricordo non corrisponda perfettamente alsogno. Un grande scrittore del secolodiciottesimo, Sir Thomas Browne, eraconvinto che il ricordo dei nostri sognifosse pi povero della splendida realt.Altri, invece, credono che riferendone limiglioriamo: se pensiamo che il sognosia unopera di finzione (e io credo chelo sia) possibile che si continui adaffabulare durante il risveglio e anche

  • quando lo raccontiamo. Mi viene inmente il libro di Dunne, An Experimentwith Time. Non sono daccordo con lasua teoria, per cos bella che vale lapena di rammentarla. Ma prima, persemplificarla (passo da un libroallaltro, i miei ricordi sono pinumerosi dei miei pensieri), voglioricordare il famoso libro di Boezio Deconsolatione philosophiae, che Dantesenza dubbio lesse e rilesse, come lessee rilesse tutta la letteratura delMedioevo. Boezio, soprannominatolultimo romano, il senatore Boezio,immagina uno spettatore di una corsa dicavalli.

    Lo spettatore allippodromo evede, dalla sua tribuna, i cavalli, la

  • partenza, le vicissitudini della corsa,larrivo al traguardo di uno dei cavalli,tutto in successione. Ma Boezioimmagina un altro spettatore. Unospettatore che spettatore dellospettatore e spettatore della corsa:costui , si pu presumere, Dio. Diovede tutta la corsa, vede in un unicoattimo eterno, nella sua istantaneaeternit, la partenza dei cavalli, levicissitudini, larrivo. Vede tutto ci conun solo sguardo e allo stesso modo vedetutta la storia universale. Cos Boeziosalva le due nozioni antitetiche: lideadel libero arbitrio e lidea dellaProvvidenza. Esattamente come lospettatore vede tutta la corsa e non puinfluirvi (salvo che vederla nella sua

  • successione), Dio vede tutta la corsa,dalla culla fino alla tomba. Noninfluisce su ci che facciamo, siamoliberi di agire, ma Dio gi sa Dio gisa in questo momento il nostrodestino finale. Dio vede cos la storiauniversale, quello che in essa accade;vede tutto questo in un unico splendido,vertiginoso istante che leternit.

    Dunne uno scrittore inglese diquesto secolo. Non conosco titolo piinteressante di quello del suo libro, Unesperimento con il tempo. In esso egliimmagina che ciascuno di noi posseggauna sorta di modesta eternit personale:questa modesta eternit la possediamoogni notte. Questa notte dormiremo,questa notte, che mercoled,

  • sogneremo. E sogneremo il mercoled eil giorno seguente, il gioved, forse ilvenerd, forse il marted. A ogni uomocon il sogno stata data una piccolaeternit personale che gli permette divedere il suo recente passato e il suoprossimo futuro.

    Tutto questo il sognatore lo vede conun unico sguardo, come Dio, dalla suavasta eternit, vede tutto il divenirecosmico. Che cosa succede al risveglio?Succede che, essendo abituati alproseguire della vita, diamo al nostrosogno una forma narrativa, ma il nostrosogno stato un che di multiplo, statosimultaneo.

    Facciamo un esempio moltosemplice. Supponiamo che io sogni un

  • uomo, semplicemente limmagine di unuomo (si tratta di un sogno moltopovero) e poi, immediatamente, sognilimmagine di un albero. Quando misveglio, posso dare a questo sogno cossemplice una complessit che non gliappartiene: posso pensare di aversognato un uomo che si trasforma inalbero, che era un albero. Modifico ifatti, gi sto affabulando.

    Non sappiamo cosa esattamenteaccada nei sogni: non impossibile chementre sogniamo ci si trovi in cielo, oallinferno, o forse che si sia qualcunaltro, che quel qualcun altro cheShakespeare chiama the thing I am, lacosa che sono, forse siamo noi, forsesiamo la Divinit. Questo al risveglio lo

  • dimentichiamo. Del sogno possiamoconsiderare solo il ricordo, il suopovero ricordo.

    Ho letto anche il libro di Frazer, unoscrittore, senza dubbio, notevolmenteingegnoso, ma anche molto ingenuo,perch pare accettare tutto quel che gliraccontano i turisti. Secondo Frazer, iselvaggi non distinguono la veglia dalsogno. Per loro, i sogni sono un episodiodella veglia. Cos, secondo Frazer, osecondo gli scrittori di viaggi da luiletti, un selvaggio sogna di uscire dalbosco e di uccidere un leone; quando sisveglia, pensa che la sua anima abbiaabbandonato il corpo e che in sognoabbia ucciso un leone. O, se vogliamocomplicare un po di pi le cose,

  • possiamo supporre che abbia ucciso ilsogno di un leone. Tutto questo possibile e, senza dubbio, questa ideadei selvaggi coincide con lidea deibambini che non distinguono molto benela veglia dal sogno.

    Vi racconter un ricordo personale.Un mio nipote, aveva cinque o sei anniallora le mie date sono spesso errate, mi raccontava ogni mattina i suoisogni. Ricordo che una mattina (eraseduto per terra) gli domandai che cosaaveva sognato. Docilmente, sapendo cheavevo questo hobby, mi disse: Stanotteho sognato che mi ero perso nel bosco,avevo paura, ma arrivai a una radura ecera una casa bianca, di legno, con unascala che faceva tutto il giro, con gradini

  • simili a corridoi e oltre a ci una portadalla quale uscisti tu. Si interruppebruscamente e aggiunse: Dimmi, checosa stavi facendo in quella casetta?

    Tutto per lui era sullo stesso piano,la veglia e il sogno. Ci ci induce aunaltra ipotesi, allipotesi dei mistici,allipotesi dei metafisici, allipotesicontraria che, senza dubbio, si confondecon questa.

    Per il selvaggio e per il bambino isogni sono episodi della veglia, per ipoeti e i mistici non impossibile chetutta la veglia sia un sogno. Questo lodice, in modo secco e laconico,Caldern: la vita sogno. Lo dice, conuna metafora, Shakespeare: Siamo fattidella stessa materia dei nostri sogni; e,

  • splendidamente, lo dice il poetaaustriaco Walther von der Vogelweide,che si chiede (lo dir nel mio cattivotedesco prima, e poi e meglio inspagnolo): Ist es mein Leben getrumtoder ist es wahr?: La mia vita unsogno o reale? Non si sa. Ci ci portasenza dubbio al solipsismo; al sospettoche non ci sia se non uno che sogna equesto sognatore sia ognuno di noi.Questo sognatore se si tratta di me in questo momento sta sognando voi; stasognando questa sala e questaconferenza. C un unico sognatore;questo sognatore sogna tutto il processocosmico, sogna tutta la storia universaleprecedente, sogna la sua infanzia, la suagiovinezza. Tutto ci pu non essere

  • accaduto: in questo momento comincia aesistere, comincia a sognare ed ognunodi noi, non noi, ognuno di noi. In questomomento sto sognando di fare unaconferenza in via Charcas, di cercare gliargomenti e forse non sto facendoqueste cose , sto sognando voi, manon vero. Ognuno di voi sta sognandome e gli altri.

    Ci sono queste due visioni: quellaonde i sogni sono parte della veglia elaltra, splendida, dei poeti, onde tutta laveglia un sogno. Non c differenza trale due. Questidea ci riporta allarticolodi Groussac: non c differenza nellanostra attivit mentale. Possiamo esseresvegli, possiamo dormire e sognare, lanostra attivit mentale la stessa. E cita

  • per lappunto quella frase diShakespeare: Siamo fatti della stessamateria dei nostri sogni.

    C un altro tema che non pu esseretrascurato: i sogni profetici. propria diuna mentalit avanzata lidea che i sognicorrispondano alla realt, giacch oggidistinguiamo i due piani.

    C un passo dellOdissea in cui siparla di due porte, quella di corno equella di avorio. Attraverso quella diavorio giungono alluomo i sogni falsi eda quella di corno i sogni veridici eprofetici. C poi un passo dellEneide(un passo che ha dato adito a molteinterpretazioni): nel libro nono, onellundicesimo, non ne sono sicuro,Enea scende ai Campi Elisi, oltre le

  • Colonne dErcole: conversa con legrandi ombre di Achille, di Tiresia;vede lombra di sua madre, vuoleabbracciarla ma non pu perch unombra; e vede, anche, la futuragrandezza della citt che fonder. VedeRomolo, Remo, il punto sul qualesorger il futuro Foro Romano, vede lafutura grandezza di Roma, la grandezzadi Augusto, vede tutta la grandezzadellimpero. E dopo aver visto tuttoquesto, dopo aver conversato con i suoicontemporanei, che per lui sono uominidel futuro, Enea ritorna sulla terra. Aquesto punto accade qualcosa dicurioso, che non stato ben spiegato,tranne che da un commentatore anonimoche credo abbia toccato la verit. Enea

  • ritorna per la porta davorio, non perquella di corno. Perch? Ilcommentatore ce lo dice: perch inrealt non ci troviamo nella realt. PerVirgilio, il mondo vero erapresumibilmente quello platonico, ilmondo degli archetipi. Enea passa per laporta davorio perch entra nel mondodei sogni cio in quello chechiamiamo veglia.

    Bene, tutto ci pu accadere.Ora parliamo della specie, lincubo.

    Non sar inutile ricordare ledenominazioni dellincubo. Il nomespagnolo (pasadilla) non molto felice:il diminutivo sembra togliergli forza. Inaltre lingue i nomi sono pi pregnanti. Ingreco la parola efialtes: Efialte il

  • demone che induce lincubo. In latinoabbiamo incubus. LIncubo il demoneche opprime il dormiente e gli procuralincubo. In tedesco abbiamo una parolamolto curiosa: Alp, che vorrebbesignificare lelfo e loppressionedellelfo, la stessa idea di un demoneche induce lincubo. C poi un quadro,un quadro che De Quincey, uno deigrandi sognatori dincubi dellaletteratura, vide. Un quadro di Fuseli oFussli (era il suo vero nome, un pittoresvizzero del secolo XVIII), intitolatoThe Nightmare, lincubo. Una ragazza coricata. Si sveglia e si spaventa perchvede che sul suo ventre si adagiato unmostriciattolo, nero e malvagio. Ilmostro lincubo. Quando Fussli

  • dipinse questo quadro stava pensandoalla parola Alp, alloppressionedellelfo.

    Parliamo ora della parola pi giustae ambigua, il nome inglese dellincubo:the nightmare che vorrebbe dire lacavalla della notte. Questalinterpretazione che ne d Shakespeare.C un suo verso che dice: I met thenightmare, ho incontrato la cavalladella notte. chiaro che concepiscelincubo come una cavalla. C un altropoema che dice ben chiaramente thenightmare and her nine foals, lincuboe i suoi nove puledri, dove ancora lovede come una cavalla.

    Ma secondo gli etimologi la radice diversa. La radice sarebbe niht mare o

  • niht maere, il demone della notte. Ildottor Johnson, nel suo famosodizionario, dice che ci corrisponde allamitologia nordica alla mitologiasassone, diremmo noi che vedelincubo come opera di un demone; ilquale corrisponderebbe, o sarebbe latraduzione, forse, dellefialtes greco odellincubus latino.

    C unaltra interpretazione chepotrebbe esserci daiuto e che porrebbein relazione la parola inglese nightmarecon la parola tedesca Mrchen.Mrchen significa fiaba, racconto difate, finzione; nightmare quindi sarebbela finzione della notte. Ora, il fatto disentire nightmare come la cavalladella notte (c qualcosa di terribile in

  • questo cavalla della notte) fu perVictor Hugo come un dono. Hugoconosceva linglese e scrisse un librotroppo dimenticato su Shakespeare. Inuna delle sue poesie, che fa parte delleContemplations, credo, egli parla di lecheval noir de la nuit, il cavallo nerodella notte, lincubo. Senza dubbiopensava alla parola inglese nightmare.

    Ora che abbiamo visto le diverseetimologie, abbiamo in francese laparola cauchemar, legata, senza dubbio,al nightmare inglese. In tutte questeparole c lidea (e ora ne parlo) di unaorigine demoniaca, lidea di un demoneche provoca lincubo. Credo che non sitratti di semplice superstizione: credoche ci possa essere e sto parlando in

  • tutta sincerit e schiettezza qualcosadi vero in questo concetto.

    Ma occupiamoci dellincubo, degliincubi. I miei sono sempre gli stessi.Direi che ho due incubi che possonoconfondersi. Lincubo del labirinto, che dovuto, in parte, a una incisione suacciaio che vidi in un libro francesequando ero piccolo. In questa incisionesi vedevano le sette meraviglie delmondo e tra queste il labirinto di Creta.Il labirinto era un grande anfiteatro, unanfiteatro molto alto (ed era visibileappunto perch era pi alto dei cipressie degli uomini allintorno). In questoedificio chiuso, ominosamente chiuso,cerano delle fessure. Quando eropiccolo, credevo (o credo ora di averlo

  • creduto) che, se avessi posseduto unalente sufficientemente potente, avreipotuto vedere, contemplare da unafessura di quellincisione il Minotauronel centro terribile del labirinto.

    Laltro mio incubo quello dellospecchio. I due incubi non sono diversi,dato che bastano due specchicontrapposti per ottenere un labirinto.Ricordo di aver visto nella casa di Dorade Alvear, a Belgrano, una dimoracircolare in cui le pareti e le porte eranospecchi, di modo che chiunque entrassein questa casa si trovava al centro di unlabirinto davvero senza fine.

    Sogno sempre di labirinti e dispecchi. Nel sogno dello specchio miappare unaltra visione ulteriore

  • terrore delle mie notti ed limmagine delle maschere. Le mascheremi hanno sempre fatto paura. Senzadubbio, durante la mia infanzia, sequalcuno usava una maschera, avevo lasensazione che stesse nascondendoqualcosa di orribile. A volte (e sonoquesti i miei incubi pi orribili) mi vedoriflesso in uno specchio, ma mi ci vedoriflesso con una maschera. Ho paura distrapparmela perch temo di vedere ilmio vero volto, che immagino atroce.Potrei vedervi riflessa la lebbra o ilmale o qualcosa di pi terribile ancora,al di l di ogni mia immaginazione.

    Una caratteristica curiosa dei mieiincubi non so se anche voi sietedaccordo con me che hanno una

  • topografia precisa. Sogno sempre, peresempio, determinati angoli di BuenosAires. Langolo tra via Laprida e viaArenales o quello tra via Balcarce e viaChile. So esattamente dove mi trovo e soche devo avviarmi verso un luogolontano. Questi luoghi, nel sogno, hannouna topografia precisa ma sonocompletamente diversi. Possono esseregole, possono essere paludi, possonoessere giungle, non importa: io soesattamente in quale angolo di BuenosAires mi trovo. Cerco di trovare la miastrada.

    A mio parere, negli incubi ci checonta non sono le immagini.Limportante, come scopr Coleridge decisamente sto citando i poeti ,

  • limpressione che producono i sogni. Leimmagini sono laspetto meno rilevante,non sono che effetti. Ho detto alliniziodi aver letto molti trattati di psicologiain cui non ho trovato testi di poeti, testiche sono singolarmente illuminanti.

    Prendiamone uno di Petronio. Unpasso di Petronio citato da Addison. Visi dice che lanima, quando libera dalpeso del corpo, gioca. Lanima, senzail corpo, gioca. Da parte sua, Gongora,in un sonetto, esprime con esattezzalidea che i sogni e lincubo, dopo tutto,sono finzioni, sono creazioni letterarie:

    Il sogno, autor dirappresentazioni,

    nel suo teatro sopra il vento

  • armatole ombre suol vestir di

    bellinforme.

    Il sogno una rappresentazione.Lidea stata ripresa da Addisonallinizio del secolo diciottesimo in unbellissimo articolo pubblicato sulloSpectator.

    Ho citato Thomas Browne. Egli diceche i sogni ci danno lideadelleccellenza dellanima, giacchlanima affrancata dal corpo e si d algioco e al sogno. E crede che lanimagoda di libert. Addison dice che,effettivamente, lanima, quando liberadallostacolo del corpo, si d aimmaginare, e pu farlo con una facilit

  • che di solito non ha nella veglia.Aggiunge poi che di tutte le operazionidellanima (della mente, diremmo ora,ora non usiamo pi la parola anima) lapi difficile linvenzione. Senzadubbio, nel sogno noi inventiamo contale rapidit da confondere il nostropensiero con quanto stiamo inventando.Noi sogniamo di leggere un libro e laverit che ne stiamo inventando ogniparola, non ce ne rendiamo conto e lotroviamo strano. Ho notato in moltisogni questo processo di anticipazione,questo processo, diciamo, dipreparazione delle cose.

    Ricordo certi incubi. Accadde, loso, in calle Serrano, credo allangolocon calle Soler, solo che non sembrava

  • quellangolo, il paesaggio era moltodiverso: ma io sapevo che ero nellavecchia calle Serrano, del quartierePalermo. Mi incontravo con un amico,un amico che ignoro: lo guardavo, eramolto cambiato. Non avevo mai visto ilsuo volto ma sapevo che non potevaessere il suo. Era molto cambiato, moltotriste. Il suo volto era segnato daldolore, dalla malattia, forse dalla colpa.Teneva la mano destra infilata nellagiacca (questo particolare importanteper il sogno). Non potevo vedergli lamano, che nascondeva dalla parte delcuore. Allora lo abbracciai, sentii cheaveva bisogno del mio aiuto: Miopovero Tizio, che ti successo? Comesei cambiato! Mi rispose: Si, sono

  • molto cambiato. Lentamente tir fuorila mano. Vidi allora che era la zampa diun uccello.

    Il fatto strano che fin dallinizioluomo teneva la mano nascosta. Senzasaperlo, avevo costruito questainvenzione: che luomo aveva la zampadi un uccello e che assistevo alla suaterribile metamorfosi, alla terribilesventura di trasformarsi in uccello.Qualche volta accade nei sogni: cidomandano qualcosa e noi non sappiamorispondere, ci danno la risposta erimaniamo attoniti. La risposta puessere assurda ma nel sogno logica.Avevamo preparato tutto. Arrivo allaconclusione, non so quanto scientifica,che i sogni sono lattivit estetica pi

  • antica.Sappiamo che gli animali sognano.

    Ci sono dei versi latini in cui si parladel levriere che latra dietro la lepre cheinsegue in sogno. Abbiamo nei sogni,quindi, la pi antica delle attivitestetiche; unattivit assai singolareperch di specie drammatica. Voglioaggiungere quello che dice Addison (checonferma, senza saperlo, Gongora) sulsogno, creatore di rappresentazioni.Osserva Addison che nel sogno noisiamo simultaneamente il teatro, ilpubblico, gli attori, largomento, leparole che sentiamo. Facciamo tuttoinconsciamente e tutto ha una vivezzache non esiste nella realt. Ci sonopersone che fanno sogni privi di forza,

  • incerti (almeno, cos mi dicono). I mieisogni sono molto vividi.

    Veniamo a Coleridge. Egli dice chenon ha importanza quello che sogniamo,che il sogno cerca una spiegazione. E faun esempio: ci appare un leone, e tuttiabbiamo paura: la paura stataprovocata dallimmagine del leone.Oppure: sono disteso, mi sveglio, vedoun animale seduto su di me e ho paura.Nel sogno pu accadere il contrario.Possiamo sentire unoppressione equesta cerca una spiegazione. Allora io,assurdamente, ma vividamente, sognoche una sfinge mi si distesa sopra. Lasfinge non la causa del terrore, laspiegazione delloppressione provata.Coleridge aggiunge che alcune persone

  • si sono talmente impaurite per un falsofantasma da diventare pazze. Invece, chisogna un fantasma si sveglia ed entropochi minuti, o secondi, ritrova latranquillit.

    Io ho avuto e ho molti incubi.Quello pi terribile, quello che mi parveil pi terribile, lo utilizzai per unsonetto. And cos: ero in casa mia;albeggiava ( possibile che questa fosselora del sogno), e ai piedi del lettocera un re, un re molto vecchio, e iosapevo, nel sogno, che era un re delNord, della Norvegia. Non guardavame: il suo sguardo cieco fissava ilsoffitto. Io sapevo che era un re moltovecchio perch il suo volto era orainsopportabile. Allora sentii il terrore di

  • quella presenza. Vedevo il re, vedevo lasua spada, vedevo il suo cane.Finalmente mi svegliai. Ma continuai avedere il re per un attimo, perch miaveva impressionato. Raccontato, questosogno niente; sognato, era terribile.

    Voglio riferirvi di un incubo che miha raccontato in questi giorni SusanaBombal. Non so se raccontato avr lostesso effetto. Probabilmente, no. Sognche si trovava in una casa fatta a volta,la parte superiore al buio. Dalla partebuia scendeva una tela nera sfilacciata.Aveva in mano una grande forbice, unpo scomoda. Doveva tagliare i filacciche pendevano dalla tela e che eranomolti. Quello che vedeva era uno spaziodi un metro e mezzo di larghezza e un

  • metro e mezzo di lunghezza e il resto siperdeva nelle tenebre in alto. Tagliava esapeva che mai sarebbe giunta alla fine.Ed ebbe la sensazione dellorrore che lincubo, perch lincubo, prima di tutto, una sensazione di orrore.

    Ho raccontato due veri incubi, oraracconter due incubi letterari, chesicuramente sono stati anchessi veri.Nella conferenza precedente, su Dante,ho fatto riferimento al nobile castellodellinferno. Dante narra come, guidatoda Virgilio, giunge al primo cerchio evede che Virgilio impallidisce. Pensa:se Virgilio impallidisce entrandonellinferno, che la sua dimora eterna,perch io non ho paura? Lo domanda aVirgilio, che atterrito. Ma Virgilio lo

  • precede: Io sar primo, e tu saraisecondo. Giungono, dunque, e giungonoinsperatamente, perch oltretutto sisentono lamenti infiniti; ma non sonolamenti di dolore fisico, sono lamentiche stanno a significare qualcosa di pigrave ancora.

    Giungono a un nobile castello. cinto da sette mura che potrebberoessere le sette arti liberali del trivio edel quadrivio o le sette virt; non hamolta importanza. Probabilmente, Dantesent la magia del numero. Erasufficiente questo numero per le moltegiustificazioni che, senza dubbio, aveva.Si parla anche di un ruscello chescompare e di un fresco prato, chesparisce anchesso. Quando si

  • avvicinano, quello che vedono smalto.Vedono, non il fieno, che qualcosa divivo, ma una cosa morta. Avanzanoverso di loro quattro ombre, le ombredei grandi poeti dellAntichit. COmero con la spada in mano; cOvidio, c Lucano, c Orazio. Virgiliogli dice di salutare Omero che Dantetanto vener ma mai lesse. E gli dice:onorate laltissimo poeta. Omeroavanza, spada nella mano, e accoglieDante nel suo gruppo come sesto. Danteche non ha ancora scritto la Commedia,perch la sta scrivendo in quel momento,sa di essere capace di scriverla.

    Poi parlano di cose che il tacere bello. Possiamo pensare al pudore delfiorentino, ma credo che vi sia una

  • ragione pi profonda. Egli parla di chiabita il nobile castello: l sono le grandiombre dei pagani e anche deimusulmani: tutti parlano lentamente esoavemente, hanno volti autorevoli masono privi di Dio. Qui Dio assente,essi sanno di essere condannati in questocastello eterno, castello eterno edecoroso ma terribile.

    C Aristotele, maestro di color chesanno. Ci sono i filosofi presocratici,c Platone, c anche, solo e indisparte, il grande sultano Saladino. Cisono tutti i grandi pagani che nonpoterono essere salvati perch nonebbero il battesimo, che non poteronoessere salvati da Cristo, di cui Virgilioparla, ma poich allinferno non lo pu

  • nominare, lo chiama un possente.Potremmo pensare che Dante non avesseancora scoperto il suo talentodrammatico, non sapesse ancora chepoteva far parlare i personaggi.Potremmo lamentare che Dante non ciripeta le grandi parole, senza dubbiodegne, che

    Omero, grande ombra, gli disse conla spada in mano. Ma altrettantopossiamo capire che Dante compreseche era meglio che tutto fosse silenzio,che tutto fosse terribile nel castello.Parlano con le grandi ombre. Dante leenumera: parla di Seneca, di Platone, diAristotele, del Saladino, di Averro. Linomina, ma non abbiamo sentitonemmeno una parola. Meglio cos. Io

  • direi che, se pensiamo allinferno,linferno non un incubo; semplicemente una camera di tortura.Succedono cose atroci, ma non clambiente da incubo che c nel nobilecastello. Questo lo offre Dante, forseper la prima volta in letteratura.

    C un altro esempio, lodato da DeQuincey. Si trova nel secondo libro diThe Prelude, di Wordsworth.Wordsworth dice di esser preoccupato preoccupazione strana, se pensiamoche scriveva al principio del secolodiciannovesimo per il pericolo checorrevano le arti e le scienze, alla merccome erano di un qualsiasi cataclismacosmico. A quel tempo non si pensava aicataclismi: ora possiamo pensare che

  • tutta lopera dellumanit, lumanitstessa, pu essere distrutta in qualsiasimomento. Pensiamo alla bomba atomica.Bene, Wordsworth racconta di unaconversazione con un amico. Pens:quale orrore, quale orrore pensare chele grandi opere dellumanit, le scienze,le arti siano alla merc di un cataclismacosmico! Lamico gli confess cheanchegli provava questo timore. EWordsworth gli dice: lho sognato...

    Eccoci ora al sogno che mi sembralincubo perfetto, perch vi figurano idue elementi dellincubo: episodi dimalessere fisico, di una persecuzione elelemento dellorrore, delsovrannaturale. Wordsworth non ci diceche si trovava in una grotta di fronte al

  • mare, che era mezzogiorno, che stavaleggendo il Don Chisciotte, uno dei suoilibri preferiti, le avventure del cavaliereerrante di cui Cervantes fa la storia. Nonlo nomina direttamente, ma sappiamo dichi si tratta. Aggiunge: Lasciai il libro,mi misi a pensare; pensai in modoparticolare alle scienze e alle arti finchgiunse lora. La possente ora delmezzogiorno, dellafa del mezzogiorno,in cui Wordsworth, seduto nella grottadi fronte al mare (intorno c laspiaggia, la sabbia gialla), ricorda: Ilsogno si impossess di me e entrai nelsogno.

    rimasto addormentato nella grotta,di fronte al mare, in mezzo alla sabbiadorata della spiaggia. Nel sogno la

  • sabbia lo circonda, un Sahara di sabbianera. Non c acqua, non c mare. Staal centro del deserto nel deserto sista sempre al centro inorridisce alpensiero di che cosa pu fare per fuggiredal deserto, quando vede qualcunovicino a lui. Stranamente, un arabodella trib dei beduini, che cavalca uncammello e ha nella mano destra unalancia. Sotto il braccio sinistro ha unapietra; nella mano una conchiglia.Larabo gli dice che la sua missione salvare le arti e le scienze e gli avvicinala conchiglia allorecchio; la conchiglia di straordinaria bellezza. Wordsworthci dice che ascolt la profezia (in unalingua che non conoscevo ma checapii): una specie di ode appassionata,

  • che profetizzava che la Terra era sulpunto dessere distrutta dal diluvio chelira di Dio mandava. Larabo gli diceche vero, che il diluvio si avvicina, mache egli ha una missione: salvare larte ele scienze. Gli mostra la pietra. Lapietra, curiosamente, la Geometria diEuclide pur rimanendo una pietra. Poigli avvicina la conchiglia, che ancheun libro: quello che gli ha detto quellecose terribili. La conchiglia , anche,tutta la poesia del mondo, compreso,perch no?, il poema di Wordsworth. Ilbeduino gli dice: Devo salvare questedue cose, la pietra e la conchiglia,entrambi libri. Volge il visoallindietro, e vi un momento in cuiWordsworth vede che il volto del

  • beduino cambia, si riempie dorrore.Anche lui si volge e vede una gran luce,una luce che ha inondato met deldeserto. Questa luce quella dellacquadel diluvio che sta per sommergere laTerra. Il beduino si allontana eWordsworth vede che il beduino ancheDon Chisciotte e il cammello ancheRonzinante e nello stesso modo la pietra il libro e la conchiglia il libro, ilbeduino Don Chisciotte e nessunadelle due cose e entrambe nello stessotempo. Questa dualit corrispondeallorrore del sogno. Wordsworth, inquesto momento, si sveglia in un gridodi orrore, perch le acque lo stannoraggiungendo.

    Credo che questo incubo sia uno dei

  • pi belli della letteratura.Possiamo trarne due conclusioni,

    almeno per il tragitto di questa notte;giacch poi la nostra opinione cambier.La prima che i sogni sono unoperaestetica, forse lespressione estetica piantica. Il sogno assume una formastranamente drammatica, per il fatto che,come ha detto Addison, noi siamo ilteatro, il pubblico, gli attori, la fiaba. Laseconda conclusione si riferisceallorrore dellincubo. La nostra vegliaabbonda di momenti terribili: tuttisappiamo che ci sono momenti in cui larealt ci opprime. morta una personacara, una persona amata ci ha lasciato,sono tanti i motivi di tristezza, didisperazione... Senza dubbio questi

  • motivi non sono simili allincubo;lincubo ha un particolare orrore equesto particolare orrore pu esprimersiattraverso favole. Pu esprimersi, inWordsworth, attraverso il beduino che anche Don Chisciotte. Attraverso laforbice e i filacci, attraverso il miosogno del re, attraverso i famosi incubidi Poe. Ma c dellaltro: il caratteredellincubo. Nei trattati che hoconsultato non si parla dellorrore.

    Qui ci sarebbe la possibilit diuninterpretazione teologica, che siaccorderebbe con letimologia. Prendouna qualunque delle parole: diciamo,incubus, in latino, o nightmare, insassone, o Alp, in tedesco. Tuttesuggeriscono qualcosa di

  • soprannaturale. Bene. E se glincubifossero strettamente soprannaturali? Segli incubi fossero le fessuredellinferno? Se negli incubi fossimoveramente allinferno? Perch no? Tutto cos strano che anche questo possibile.

  • Terza. Le mille e unanotte

    Signore, Signori, Levento capitale della storia delle

    nazioni occidentali la scopertadellOriente. Sarebbe pi giusto parlaredi una coscienza dellOriente,ininterrotta, paragonabile alla presenzadella Persia nella storia greca. Oltre aquesta coscienza dellOriente

  • qualcosa di vasto, di immobile, dimagnifico, di incomprensibile visono momenti sublimi; ne considererqualcuno. Quello che mi pare adatto, sedesideriamo affrontare questo argomentoche io amo tanto, che ho amato sindallinfanzia, cio quello del Librodelle mille e una notte, o, come sichiam nella versione inglese laprima da me letta The ArabianNights: Le Notti Arabe. Senza dubbionon privo di mistero, sebbene il titolosia meno bello di Mille e una notte.

    Elencher alcuni fatti: i nove libri diErodoto e, in essi, la rivelazionedellEgitto, il lontano Egitto. Dicolontano perch lo spazio si misura conil tempo e le navigazioni, allora, erano

  • rischiose. Per i Greci, il mondo egizioera pi grande e lo consideravanomisterioso.

    Esamineremo poi le parole Oriente eOccidente, che non possiamo definire eche sono vere. Succede con esse quelloche SantAgostino diceva che gliaccadeva col tempo: Che cosa iltempo? Se non me lo domandano, lo so;se me lo domandano non lo so pi. Checosa sono lOriente e lOccidente? Seme lo domandano, non lo so pi.Cerchiamo di avvicinarli un poco.

    Consideriamo gli scontri, le guerre ele campagne di Alessandro. Alessandroche conquista la Persia, che conquistalIndia e che alla fine muore aBabilonia, per quello che se ne sa. Fu

  • questo il primo grande incontro conlOriente, un incontro che colpAlessandro al punto che smise di esseregreco e si fece parzialmente persiano. IPersiani ora lo hanno incluso nella lorostoria. Alessandro, che dormiva conlIliade e la spada sotto il cuscino.Parleremo di lui pi avanti, ma giacchabbiamo menzionato il nome diAlessandro desidero raccontarvi unaleggenda che, sono sicuro, viinteresser.

    Alessandro non muore a Babilonia atrentatr anni. Si allontana dallesercitoe vaga per boschi e deserti e poi vede unchiarore. Il chiarore quello di un fal.

    Gli girano intorno guerrieri dicarnagione pallida e dagli occhi obliqui.

  • Non lo conoscono, lo accolgono.Siccome essenzialmente un soldato,partecipa alle battaglie in un mondo a luidel tutto ignoto. un soldato: non gliimporta quale causa serva; egli prontoa morire. Gli anni passano, hadimenticato tante cose e giunge ungiorno di paga, e tra le monete ce nuna che lo turba. La tiene nel palmodella mano e dice: Sei un uomovecchio; questa la medaglia che feciconiare per la vittoria di Arbela quandoero Alessandro il Macedone. Ricuperain questo momento il suo passato e tornaa essere un mercenario tartaro o cinese oquel che sia.

    Questa memorabile invenzioneappartiene al poeta inglese Robert

  • Graves. Ad Alessandro era statopredetto il dominio dellOriente edellOccidente. Nei paesi islamici locelebrano ancora con il nome diAlessandro Bicorno, perch dispone didue corni: lOriente e lOccidente,appunto.

    Vediamo un altro esempio deldialogo tra lOriente e lOccidente,dialogo ampio, non di rado tragico.Pensiamo al giovane Virgilio che statoccando la seta stampata di un paeselontano. Il paese dei Cinesi, di cui sasolo che lontano e pacifico, fittamenteabitato e che abbraccia gli ultimi confinidellOriente. Virgilio ricorder questaseta nelle Georgiche, seta senzacuciture, con immagini di templi,

  • imperatori, fiumi, ponti, laghi diversi daquelli che conosceva.

    Altra rivelazione dellOriente quella del libro ammirevole di Plinio, laStoria naturale. Dove si parla deiCinesi e si nomina la Battriana, laPersia, si parla dellindia, del re Poro.C un verso di Giovenale, che ho lettopi di quaranta anni fa e che ora miviene in mente. Per descrivere un luogolontano, Giovenale dice: Ultra Auroramet Gangem, al di l dellaurora e delGange. in queste parole c per noi tuttolOriente. Chiss se Giovenale provquello che proviamo noi. Credo di s.LOriente eserciter sempre un fascinosugli uomini dellOccidente.

    Continuando con la storia arriviamo

  • a un curioso dono. probabile che nonsia mai avvenuto. Si tratta ancora di unaleggenda. Harun al-Raschid, AaronlOrtodosso, invia al suo collega CarloMagno un elefante. Forse eraimpossibile inviare un elefante daBagdad alla Francia, ma non importa.Non ci costa niente crederenellelefante. Lelefante un mostro.Ricordiamoci che la parola mostro nonsignifica qualcosa di orribile. Lope deVega fu chiamato da Cervantes ilMostro della Naturalezza. Lelefantedoveva essere stato qualcosa di moltostrano per i Franchi e il re germanicoCarlo Magno. ( triste pensare cheCarlo Magno non possa aver letto laChanson de Roland, dato che egli

  • avrebbe parlato solo qualche dialettogermanico.)

    Gli inviano lelefante e questaparola elefante ci ricorda che Orlandofa suonare lolifante, un cornodavorio che aveva quel nome proprioperch ricavato dalla zannadellelefante. E gi che stiamo parlandodi etimologie, dir che la parolaspagnola alfil significa elefante inarabo e ha la stessa origine di marfil.1Tra i pezzi degli scacchi orientali hovisto un elefante con una torre e unomino. Il pezzo non era la torre comepotrebbe far pensare la torre,2 ma lalfil,lelefante.

    Dalle Crociate i guerrieri ritornano eportano ricordi: ricordi di leoni, per

  • esempio. Abbiamo il famoso crociatoRichard the Lion-Hearted, RiccardoCuor di Leone. Il leone che entranellaraldica un animale orientale.Lelenco non pu continuare allinfinito,ma ricordiamo Marco Polo, il cui libro una rivelazione dellOriente (permolto tempo fu la maggiore rivelazione),quel libro che dett a un compagno dicella, dopo la battaglia in cui iVeneziani furono vinti dai Genovesi.Qui vi la storia dellOriente e si parlain modo preciso di Kublai Khan, chericomparir in un poema di Coleridge.

    Nel secolo XV si raccoglie inAlessandria, la citt di AlessandroBicorno, una serie di fiabe. Fiabe chehanno una strana storia, a quanto si

  • suppone. Vennero raccontate dapprimain India, poi in Persia, quindi in AsiaMinore e, infine, gi trascritte in arabo,si raccolgono al Cairo. II libro dellemille e una notte.

    Voglio soffermarmi sul titolo. unodei pi belli del mondo, credo belloquanto quellaltro che ho citato la voltascorsa e cos diverso: An Experimentwith Time.

    In questo c unaltra bellezzaancora. Credo sia nel fatto che per noi laparola mille quasi sinonimo diinfinito. Dire mille notti come direinfinite notti, molte notti, innumerevolinotti. Dire mille e una notte aggiungere uno allinfinito.Ricordiamoci una curiosa espressione

  • inglese. A volte, invece di dire persempre, for ever, si dice for ever and aday, per sempre e un giorno. Siaggiunge un giorno alla parolasempre. il che ci ricorda lepigrammadi Heine a una donna: Ti amereternamente e dopo ancora.

    Lidea dellinfinito consustanzialecon Le mille e una notte.

    Nel 1704 si pubblica la primaversione europea, il primo dei seivolumi dellorientalista franceseAntoine Galland. Con il movimentoromantico, lOriente entra pienamentenella coscienza europea. Mi bastamenzionare due nomi, due grandi nomi.Quello di Byron, pi alto per la suafigura che per la sua opera, e quello di

  • Hugo, grande in tutti i modi. Seguonoaltre versioni e seguono altre rivelazionisullOriente: lopera, attorno al 1890, diKipling: Se hai sentito il richiamodellOriente, ora non udirai altro.

    Ritorniamo al momento in cui sitraduce per la prima volta Le mille euna notte. un avvenimento capitaleper tutte le letterature europee. Siamonel 1704, in Francia. la Francia delSecolo dOro, la Francia dellalegislazione letteraria di Boileau, chemuore nel 1711 e non sospetta nemmenoche tutta la sua retorica sta per essereminacciata dalla splendida invasioneorientale.

    Pensiamo alla retorica di Boileau,fatta di precauzioni, di proibizioni,

  • pensiamo al culto della ragione,pensiamo a quella famosa frase diFnelon: Delle operazioni dellospirito, la meno frequente la ragione.Bene, Boileau vuole fondare la poesiasulla ragione.

    Stiamo parlando in un illustredialetto latino che si chiama linguacastigliana e esso anche un episodio diquesta nostalgia, di questo commercioamoroso e a volte bellicoso dellOrientee dellOccidente, giacch lAmerica fuscoperta per il desiderio di raggiungerele Indie. Chiamiamo indios la gente diMontezuma, di Atahualpa, di Catriel,proprio per questo errore, perch glispagnoli credettero di essere arrivatinelle Indie. Questa mia piccola

  • conferenza parte di questo dialogo tralOriente e lOccidente.

    Quanto alla parola Occidente, neconosciamo lorigine, ma non importa.Capita di dire che la cultura occidentalenon genuinamente tale, nel senso che occidentale solo a met. Ci sono duenazioni essenziali per la nostra cultura.Sono la Grecia (dato che Roma unasua estensione ellenistica) e Israele, unpaese orientale. Entrambe sicongiungono in quella che chiamiamocultura occidentale. Parlando dellerivelazioni orientali, dovrei aver giricordato quella rivelazione continuache la Sacra Scrittura. Il fatto reciproco, giacch lOccidente influiscesullOriente. C un libro di uno

  • scrittore francese che si intitola Lascoperta dellEuropa da parte deicinesi, un fatto reale, che deve essereanche accaduto.

    LOriente il luogo dove sorge ilsole. C una bella parola tedesca chevoglio ricordare: Morgenland Oriente , terra del mattino, mentreOccidente si dice Abendland, terradella sera. Ricorderete Der Untergangdes Abendlandes di Oswald Spengler,cio landar sotto [= tramonto] dellaterra della sera, o, come si traduce inmodo pi prosaico, Iltramonto dellOccidente. Credo che nondobbiamo rinunciare alla parolaOriente, una parola cos bella, giacchin essa c, per un caso felice, loro.

  • Nella parola Oriente sentiamoecheggiare la parola oro, giacchquando albeggia si vede il cielo doro.Torno a ricordare lo stupendo verso diDante Dolce color dor'iental zaffiro.La parola ori'ental ha due significati: lozaffiro orientale, quello che provienedallOriente, e anche loro del mattino,loro di quel primo mattino nelPurgatorio.

    Che cosa lOriente? Se lodefiniamo in termini geografici ciimbattiamo in qualcosa di abbastanzacurioso, ed che parte dellOriente,ovvero quello che per i Greci e iRomani era lOccidente, sarebbe inrealt Oriente, giacch il Nord Africa inteso come Oriente. Naturalmente,

  • lEgitto anchesso Oriente, e cos leterre di Israele, lAsia Minore e laBattriana, la Persia, lIndia, e tutti ipaesi che si estendono al di l di questie che poco in comune hanno tra di loro.Cos, per esempio, la Tartaria, la Cina,il Giappone, tutto questo Oriente pernoi. Quando si dice Oriente credo chetutti pensiamo, per prima cosa,allOriente islamico e per estensioneallOriente del nord dellindia.

    Tale il primo significato che ha pernoi questa parola, ed opera delle Millee una notte. C qualcosa che sentiamocome Oriente, che non ho sentito inIsraele e che ho invece sentito a Granatae a Cordova. L ho sentito la presenzadellOriente e non so se questo fatto si

  • pu definire; ma non so se mette conto didefinire qualcosa che tutti sentiamointimamente. Le connotazioni di questaparola si devono appunto alle Mille euna notte. ci che subito pensiamo;solo dopo possiamo pensare a MarcoPolo o alle leggende del Prete Gianni, aquei fiumi di sabbia con i pesci doro. Inprimo luogo pensiamo allIslam.

    Consideriamo la storia di questolibro; poi, le traduzioni. Lorigine dellibro misteriosa. Potremmo pensarealle cattedrali chiamate malamentegotiche, che sono opera di generazionidi uomini. C per una differenzasostanziale, ed che gli artigiani, gliartefici delle cattedrali, sapevano benequello che facevano. Le mille e una

  • notte nascono invece in modomisterioso. Sono opera di migliaia diautori e nessuno pens che stavaponendo mano a un libro destinato adivenir famoso, uno dei libri pi famosidi tutte le letterature, pi apprezzato inOccidente che in Oriente, a quanto midicono.

    Ora, una notizia curiosa, che riportail barone Hammer Purgstall, unorientalista citato con ammirazione daLane e Burton, i due traduttori inglesipi famosi delle Mille e una notte.Parla di certi uomini che Purgstalldefinisce confabulatores nocturni:uomini della notte che riferisconoracconti, uomini la cui professione raccontare storie durante la notte.

  • Purgstall cita un antico testo persianosecondo il quale il primo ad ascoltare lestorie, il primo a riunire gli uomini dellanotte perch gli raccontassero le storieche distraevano la sua insonnia fuAlessandro il Macedone. Queste storiedovevano essere state delle favole.Sospetto che lincanto delle favole nonsia nella loro morale. Quello che incantEsopo e i favolisti indiani fulimmaginare animali che fossero cometanti piccoli uomini con le lorocommedie e le loro tragedie. Lidea delproposito morale fu aggiunta alla fine: ilfatto importante era che il lupo parlassecon lagnello, il bue con lasino, il leonecon lusignolo.

    Abbiamo Alessandro il Macedone

  • che ascolta i racconti narrati da questianonimi uomini della notte, la cuiprofessione era contar storie, e ci durper molto tempo. Lane, nel suo libroAccount of the Manners and Customs ofthe modem Egyptians, Usi e costumidegl i Egiziani moderni, racconta cheverso il 1850 erano molto comuni icantastorie al Cairo. Che ve nerano unacinquantina e con assiduit narravano lestorie delle Mille e una notte.

    Abbiamo una serie di racconti; laserie dellindia, dove si form il nucleocentrale, secondo Burton e secondoCansinos-Assns, autore di una stupendaversione spagnola, passa in Persia; inPersia queste storie le modificano, leampliano e le arabizzano; giungono alla

  • fine in Egitto. Il che avviene alla fine delsecolo quindicesimo. Alla fine del qualesi fa la prima raccolta, derivata daunaltra, a quanto pare persiana: Hazarafsana, cio I mille racconti.

    Perch prima mille e poi mille euna? Credo che vi siano due motivi.Uno, superstizioso (la superstizione importante in questo caso), secondo ilquale i numeri pari sono di malaugurio.Si cerc allora un numero dispari efelicemente si aggiunse e una. Seavessero scelto novecentonovantanovenotti, sentiremmo che ne mancherebbeuna; invece, cos, sentiamo che quel checi vien dato qualcosa di infinito, conlaggiunta di un regalino, una notte.Legge il testo lorientalista francese

  • Galland, che lo traduce. Vediamo in checonsiste e in che modo c lOriente inquesto testo. C, prima di tutto, perchnel leggerlo ci sentiamo in un paeselontano.

    risaputo che esistono la cronologiae la storia; ma sono innanzitutto scoperteoccidentali. Non ci sono storie dellaletteratura persiana o storie dellafilosofia in-dostanica; nemmeno storiecinesi di letteratura cinese, perch aquesti popoli non interessa lasuccessione dei fatti. Si pensa che laletteratura e la poesia siano processieterni. E, sostanzialmente, a ragione.Credo, per esempio, che il titolo II librodelle mille e una notte (o, come vuoleBurton, Book of the Thousand Nights

  • and a Night), sarebbe un bel titolo se loavessero inventato questa mattina. Se loformulassimo ora penseremmo che beltitolo, bello nel senso di attraente, nonsolo bello (bello I crepuscoli delgiardino di Lugones), se non altroperch invita alla lettura.

    Si ha voglia di perdersi nelle Millee una notte; sentiamo che entrati inquesto libro ci si pu dimenticare delproprio povero destino umano; si puentrare in un mondo, un mondo fatto diun gran numero di figure archetipiche eanche di individui.

    Nel titolo Le mille e una notte cqualcosa di molto importante: lasuggestione di un libro infinito.Virtualmente esso lo . Gli Arabi dicono

  • che nessuno pu leggere Le mille e unanotte sino alla fine. E non per motivi dinoia: sentiamo che il libro davveroinfinito.

    Ho a casa i diciassette volumi dellaversione di Burton. So che non lilegger mai tutti ma so che le notti son lad aspettarmi; so che la mia vita puessere s infelice ma l ci sono idiciassette volumi; l c quella speciedi eternit che Le mille e una nottedOriente sono.

    Come definire lOriente, nonlOriente reale, che non esiste? Io direiche le nozioni di Oriente e Occidentesono generalizzazioni ma che nessunindividuo si sente orientale. Immaginoche un uomo si senta persiano, si senta

  • indiano, si senta malese, ma nonorientale. Allo stesso modo, nessuno sisente latinoamericano: ci sentiamoargentini, cileni, orientali (ciouruguaiani). Non ha importanza, ilconcetto non esiste. Quale il suofondamento? innanzitutto quello di unmondo di estremi nel quale le personesono o molto infelici o molto felici,molto ricche o molto povere. Un mondodi re, di re che non devono spiegarequello che fanno. Di re, diciamo pure,che sono irresponsabili come di.

    Ci sono poi i tesori nascosti.Chiunque pu scoprirli. C poi lamagia, molto importante. Che cosa lamagia? La magia una causalit diversa. supporre che, oltre i rapporti di causa

  • ed effetto che conosciamo, vi sia unaltro rapporto di causalit. Questorapporto pu essere dovuto ad accidenti,a un anello, a una lampada. Sfreghiamoun anello, una lampada e apparir ilgenio. Questo genio uno schiavo cheoltretutto onnipotente e esaudir lenostre volont. Pu accorrere inqualsiasi momento.

    Ricordiamo la storia del pescatore edel genio. Il pescatore ha quattro figli ed povero. Tutte le mattine getta la rete inriva a un mare. Gi lespressione unmare unespressione magica, che cicolloca in un mondo dalla geografiaindefinita. Il pescatore non si avvicina almare, si avvicina a un mare e getta larete. Un bel mattino la getta e la tira a

  • riva tre volte; tira fuori un asino morto,tira fuori vasi di terracotta rotti, tirafuori, insomma, cose inutili. La getta perla quarta volta (e ogni volta recita unapoesia); la rete molto pesante. Sperache sia piena di pesci e quello che tirafuori un vaso di rame giallo,contrassegnato con il sigillo di Solimano(Salomone). Apre il vaso e ne esce undenso fumo. Pensa che potr vendere ilvaso a dei mercanti, ma il fumo sale finoal cielo, si condensa e assume la figuradi un genio.

    Chi sono i geni? Appartengono a unacreazione anteriore ad Adamo, che hadato vita a esseri inferiori agli uomini,ma che possono essere giganteschi.Secondo i musulmani, abitano tutto lo

  • spazio, sono invisibili e impalpabili.Il genio dice: Lodato sia Dio e

    Salomone suo Apostolo. il pescatoregli domanda perch parli di Salomone,morto tanto tempo prima: ora il suoapostolo Maometto. Ancheglidomanda perch fosse chiuso nel vaso.Lapparizione gli dice di essere uno deigeni che si ribellarono a Solimano e cheSolimano lo rinchiuse nel vaso, losigill e lo gett in fondo al mare.Passarono quattrocento anni e il geniogiur che a chi lo avesse liberatoavrebbe dato tutto loro del mondo, manon successe niente. Giur poi che a chilo avesse liberato avrebbe insegnato ilcanto degli uccelli. Passano i secoli e lepromesse si moltiplicano. Arriva alla

  • fine il momento in cui giura che dar lamorte a chi lo liberer. Ora devoadempiere il giuramento. Preparati amorire, o mio salvatore! Questoraptus dira rende il genio singolarmenteumano e forse amabile.

    Il pescatore impaurito; finge di noncredere alla storia e dice: Quello chemi hai raccontato non vero. Come puoitu, che tocchi il cielo con la testa e laterra con i piedi, essere contenuto inquesto piccolo recipiente? il genior