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068 SESTO CONTINENTE FAREVELA novembre 2014

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SESTO CONTINENTE

FAREVELA novembre 2014

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Kamana.life, il Solaris 72 di Enrico Tettamanti nella HoneyMoon Bay,

in Baja California

Enrico il navigatore (2)

testo di Enrico Tettamanti foto di Giulia Azzalli

Dopo i ghiacci di Groenlandia e Alaska, Enrico Tettamanti e il Kamana.life ci portano sulla rotta tropicale da San Blas alla Baja California, dalle Galapagos alla Polinesia

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ancano oramai pochi giorni e salperemo da

Bora Bora, con rotta verso le isole Tonga.Come ogni volta in cui ci avvici-niamo a lasciare il posto che ci ha ospitato per mesi, il senso di ma-linconia prevale su ogni emozione.Molte pensieri si alternano nella mia mente. In un posto così biso-gnerebbe fermarsi di più… Andia-mo via proprio ora che conosciamo tutto. Più di così non so cosa potrei desiderare…Ma tutti questi pensieri sono pen-sieri conosciuti, che si presentano da sempre a ogni fine stagione, soprattutto dopo quelle passate nelle mete calde, dove vivere per lunghi periodi è sicuramente più facile che nelle mete polari.Il clima meraviglioso, i colori sem-plicemente innaturali, la possibi-lità di interagire con il mondo ac-quatico e la grande varietà di sport praticabili in acqua o sull’acqua, sono tutti punti che mi tratterreb-bero dal salpare.

Dalle San Blas (Panama), a mio parere il posto tropicale più inte-ressante in Atlantico, siamo salpati con grande dispiacere.Ci siamo lasciati alle spalle tanti nuovi amici, la realtà dei Kuna, fieri abitanti che senza indugi preserva-no le isole dalle grandi compagnie alberghiere che vorrebbero inse-diarsi, e tutte quelle isole meravi-gliose tra cui abbiamo veleggiato

per mesi. Tuttavia, e penso di par-lare a nome dell’intero equipaggio, il posto da cui mai più avrei voluto salpare l’ancora, e in cui conto di tornare in futuro, è senza dubbio la Baja California (Messico).Mi viene da sorridere se penso che inizialmente ero molto titubante riguardo la scelta di passarci una

stagione, dal momento che la maggioranza delle persone a cui avevo chiesto informazioni me ne aveva parlato come di un posto con ancoraggi molto distanti l’uno dall’altro, meteo complicata e ac-qua torbida.Mi sento molto soddisfatto nel dire che, a differenza delle mie aspetta-

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Dall’alto:

Giulia Azzalli alle Galapagos;

Enrico Tettamanti, lo skipper, con una delle prede di una

battuta di pesca

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tive, la Baja California si è rivelata essere un concentrato di tutto ciò che rappresenta per me il concetto di Kamana.life: arrivare nei posti naturalisticamente più belli e poco conosciuti del pianeta senza rinun-ciare alla comodità degli approvvi-gionamenti e a navigazioni a vela alla portata di tutti.Da Cabo San Lucas abbiamo navi-gato fino a La Paz, dove ci siamo ormeggiati al Marina Costa Baja, un marina che dovrebbe essere preso d’esempio ovunque: prezzi più che onesti, pulizia ineccepibile, personale gentilissimo, posizione ottimale e, perché no, ottimi coc-ktail serviti a bordo della piscina

usufruibile da tutti i clienti del ma-rina.Da qui, una volta lasciati gli or-meggi dal porto, e già dopo poche miglia, ci siamo ritrovati circondati da un paesaggio completamente e

incredibilmente vergine.Nessuna costruzione, nessuna strada, solo qualche piccola caset-ta sulla spiaggia adibita a rifugio per i pescatori.Da la Paz, navigando sedici miglia

verso nord, si giunge all’isola di Espiritu Santo, dichiarata dall’Une-sco patrimonio dell’umanità. Ognuno dei nostri ospiti, e noi stessi in primis, entrando in barca a Baia San Gabriel (prima baia a

sud di Espiritu Santo), è rimasto at-tonito innanzi a tanta bellezza.

Si pensa subito di aver raggiunto la baia più bella ma non è così, il giro è appena iniziato e ci aspettano

Dall’alto:

Kamana.life all’Isola di San Francisco, in Baja California;

Una delle tipiche imbarcazioni dei Kuna, alle San Blas

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« La Baja California si è rivelata un con-centrato di tutto ciò che per me rappre-senta il concetto di Kamana.life

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una moltitudine di ancoraggi sor-prendenti.Da Espiritu Santo all’isola di San Francisco, e poi su lungo la costa, i nostri occhi non hanno smesso nemmeno per un istante di osser-vare increduli le baie mozzafiato in cui abbiamo indugiato, e di percor-rere il profilo delle montagne della grande catena montuosa “Sierra Gi-ganta” che si staglia all’orizzonte. La natura qui ha una forza incre-dibile, lo si percepisce dal modo in cui la potenza del vento ha leviga-to le rocce e spazzato ogni forma di vegetazione, fatta eccezione per gli alti e robusti cactus che in alcu-ni punti creano vere e proprie fore-ste impenetrabili.

Ci basta abbassare lo sguardo a

pelo d’acqua per renderci conto che la bellezza del mondo terrestre si riflette perfettamente sott’ac-qua.Nel giro di poche miglia veniamo circondati da una miriade di mante che saltano per alcuni metri fuori dall’acqua come a voler prendere il volo, i soffi delle balene attirano l’attenzione di qualcuno in un pun-to mentre qualcun altro avvista le lunghe pinne dorsali di un branco di orche.Oltre alle bellezze fuori dall’acqua, in Baja il mondo acquatico occupa per lo meno il 50 per cento delle meraviglie che questo mare ha da offrire. Balene, orche, tartarughe, squali, mante, pesci di ogni dimensione e colore, in pochi giorni diventano la

quotidianità, per chi come noi, non passa un giorno senza tuffarsi in questo mare anomalo.La vita marina è così fervida, viva-ce, ricca che questo a mio parere conferisce alla Baja il primo posto sul podio della pesca, sia alla trai-na che in apnea. Nel mio piccolo, essendo io un grande appassiona-to di pesca d’apnea, posso dire di essermi preso le più belle soddisfa-zioni della mia vita.L’acqua che mi era stata descritta “torbida” è in realtà un concentra-to di plancton e micro organismi di cui si cibano tutti i grandi mam-miferi presenti, tra cui l’enorme squalo balena, che abbiamo avuto la fortuna di avvistare e a cui ab-biamo nuotato accanto.Ma gli indiscussi padroni dei mari

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della Baja California sono senza dubbio i leoni marini che, senza al-cuna paura, si avvicinano all’uomo per il solo piacere di giocare. Devo essere sincero che sono così simpa-tici e propensi al contatto umano che a stento si riesce a trattenersi dal prenderle per la coda per stuz-zicarle (video su Kamana.life).

Un ultimo punto importante che vorrei sottolineare è che, per poter pescare, bisogna preventivamente recarsi in una delle tante stazioni di “Guardia parque” e richiedere un permesso speciale che verrà rila-sciato solo dopo aver preso visione di quali solo le specie protette, del numero contingentato di prede catturabili e di quali sono le aree di restrizione totale. Un ottimo

esempio di attenzione nella sal-vaguardia della fauna e di grande serietà (in soli tre mesi abbiamo avuto almeno dieci controlli).Il Golfo della Baja California ha una lunghezza totale di più di mille mi-glia e credo che non ci sia una zona meno interessante e meravigliosa dell’altra. Tuttavia, per visitare l’in-tera area e dedicare a tanta bellez-za il tempo adeguato, ci sarebbero voluti degli anni e per noi era giun-to il tempo di partire.Così, carichi di dispiacere, a metà marzo abbiamo levato l’ancora dall’isola di Cerralvo, anche cono-sciuta come l’isola di Jacques Cou-steau in onore del grande esplo-ratore subacqueo e del suo amore sconfinato per il Mar di Cortez.

Da Cerralvo la rotta prevedeva una breve sosta tecnica ad Acapulco per poi scendere verso l’arcipelago delle Galàpagos.Le Galàpagos sono posizionate esattamente lungo la rotta che da Panama porta alle isole Marchesi, primo arcipelago della Polinesia Francese nonchè sogno di ogni ve-lista e non.Per questo motivo, ma soprattutto per i grandi costi e le pratiche bu-rocratiche necessarie per ottenere il permesso d’ingresso, le Gàlapa-gos sono considerate più uno scalo tecnico che una meta da scoprire.Io stesso, nel mio giro del mon-do precedente, avevo dato poca importanza alle Galàpagos, che a differenza della Baja California

godono della miglior reputazione possibile.Il vero limite di questo arcipelago sta nell’impossibilità di navigare liberi tra le isole. Con il permesso normale, che va richiesto un mese prima dell’arrivo, si è autorizzati ad ancorare solo nelle tre baie prin-cipali delle isole di San Cristobal, Santa Cruz e Isabela: tre ancoraggi scomodi e relativamente poco af-fascinanti.Per poter accedere al PNG (Parco Nazionale Galàpagos) bisogna ri-

Dall’alto:

L’Isola di Espirito Santo, in Baja California;

La rotta del Kama-na.life in Pacifico

Una manta salta nelle acque della Baja;

Tartarughe gigan-ti alle Galàpagos

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Alaska

Baja California

GalapagosGalàpagosMarchesiTonga

Polinesia francese

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chiedere un difficile e costosissimo permesso, cosa che noi abbiamo deciso di fare, spinti dalla curiosità di voler visitare quei posti che solo nei migliori documentari avevamo avuto la possibilità di vedere.Anche se ero certamente molto motivato è stato veramente diffi-cile portare a termine la richiesta, data l’infinita quantità di docu-menti richiesti.Inoltre, il confronto con una bu-rocrazia lenta e complicata e con costi assolutamente superiori al servizio ricevuto, mi ha portato spesso molto vicino alla rinuncia.Col senno di poi, tanto impegno è stato assolutamente ripagato una volta raggiunto l’arcipelago del fa-moso Darwin.

Per tutta la durata della crociera all’interno del PNG, siamo stati accompagnati da una guida locale molto preparata (e obbligatoria),

abbiamo navigato per 15 giorni in un mondo surreale, direi quasi “preistorico”.Un mondo dominato da anima-li che non hanno alcun timore dell’uomo, che risulta essere un vero e proprio intruso in un ecosi-stema unico al mondo.Fuori dall’acqua o immersi a trenta

metri di profondità la sensazione è quella di essere stati catapultati su un altro pianeta, e mi sono reso conto che la presenza costante della guida e un controllo punti-glioso nei confronti di ogni persona e barca che accede al Parco, sono aspetti necessari al fine di mante-nere intatto il paradiso delle Ga-làpagos.

Non ho dubbi nell’invitare tutti i fortunati velisti che hanno in programma di passare per le Ga-làpagos a considerare l’ipotesi di richiedere il permesso per visitare la zona protetta.Oltre alla compilazione di svariati documenti sarà necessario che la barca sia in totale efficienza e puli-

zia, sia internamente che esterna-mente.Ho assistito con gradito stupore all’espulsione di un motoryacht privato di settanta metri, la cui carena non perfettamente pulita avrebbe potuto compromettere ir-rimediabilmente la stabilità di quel delicatissimo ecosistema. Quando siamo salpati dall’isola Isabela, la più a ovest dell’arcipela-go, era passato più di un mese dal nostro arrivo. Un mese intenso, scandito dall’incontro ravvicinato con una grande varietà di specie animali terrestri e marine, tante delle quali a noi addirittura sco-nosciute. Poter interagire con una fauna degna del più bel libro di fia-be è stata senza dubbi un’esperien-za che ha segnato noi, i nostri ospi-ti, ma soprattutto i loro bambini, nel profondo del cuore.

La tappa dalle Galàpagos alle Mar-chesi è di circa 3.000 miglia: una lunga galoppata, mure a sinistra,

Sotto:

La Baia delle Ver-gini a Fatu Hiva,

Isole Marchesi, punto d’arrivo del-

la traversata del Pacifico dall’Ame-rica Centrale alla

Polinesia francese

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« Nonostante i costosi permessi per vi-sitarle, le Galàpagos sono un eden: come essere catapultati su un altro pianeta

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generalmente caratterizzata da un vivace Aliseo.E così è stato anche per noi, che dopo solamente otto giorni di na-vigazione ci eravamo avvicinati già di ben duemila miglia alla famosis-sima Baia delle Vergini, nell’isola di Fatu Hiva. Poi, come da previsioni, il vento è gradualmente calato, e così anche la nostra velocità, ma nonostante tutto siamo riusciti a mantenere una buona media.Dopo solo 14 giorni, infatti, abbia-mo calato l’ancora a Fatu Hiva.Lì il mondo blu cobalto a cui i no-stri occhi si erano oramai abituati ha lasciato spazio a un mondo di

un verde brillante e intenso, fatto di piante dalle enormi foglie e fiori che sprigionano nell’aria un profu-mo inebriante.Polinesia francese: non ha bisogno di grandi presentazioni. Nel 2006 avevo passato con la mia barca precedente quasi 6 mesi, navigan-do in lungo e in largo i tre più fa-mosi arcipelaghi polinesiani: quel-lo delle Marchesi, delle Tuamotu e delle isole della Società .Già otto anni fa avevo apprezzato l’indiscutibile bellezza di queste isole, ma questa volta, forse per-ché con il passare degli anni ho imparato ad apprezzare di più il mondo intorno a me, ho trovato ogni singola isola ancor più bella e affascinate.Mi sono stupito di quanto, dopo sedici anni in giro per il mondo, l’entusiasmo nel visitare nuovi po-sti o nel tornare in posti già esplo-rati, sia in me sempre più forte. Proprio per questa ragione, per quest’insaziabile voglia di spingersi sempre più in là , io e mia moglie Giulia, insieme ai nostri cari amici nonchè soci del progetto, abbiamo deciso di allungare il giro di altri cinque anni.Cinque anni ambiziosi, in cui si

pianifica di andare verso oriente alla ricerca di isole non ancora car-tografate e paradisi subacquei, di passare un inverno al polo e di ten-tare il passaggio a NORD OVEST…Si intravedono grandi avventure all’orizzonte, ma di questo nuovo progetto, di questo nuovo sogno, ne parleremo nel prossimo numero di FareVela...

Dall’alto:

L’atollo di Make-mo, alle Tuamotu;

Il Solaris 72 alle Galàpagos sullo sfondo di un pel-licano

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Enrico Tettamanti naviga sin da piccolo, da 20 anni skipper professionista, ha navigato per più di 150.000 miglia in tutto il mondo. Nel 2002 ha dato vita al suo primo progetto Kamana, la vela estrema alla portata di tutti, andando a navigare nelle zone più remote del pianeta.Da allora Kamana è sinoni-mo di esplorazione e spe-dizione, andare nei posti dove solo pochi vanno.Esploratore d’animo e di professione, è in grado di accompagnare chiunque in una delle sue tante av-

venture, in totale sicurezza.Uno dei pochi skipper al mondo ad aver raggiunto tutte le mete polari più im-portanti, l’Antartide, la Gro-enlandia e l’Alaska. Grande sportivo è sempre pronto a condividere le sue passioni con i suoi ospiti. Dal windsurf all’alpinismo, dalla pesca d’apnea al parapendio, dal kitesurf al freeride ski, usando sempre come base la barca.Sposato con Giulia Azzal-li, con la quale condivide ogni momento a bordo.Giulia è sempre pronta ad adattare le sue ricette ai

prodotti locali, ad inventare nuovi piatti e fusioni.È inoltre la moviemaker di bordo ed è sempre pronta ad immortalare le scene più belle e suggestive.C’è poi Matteo Raimondi, marinaio d’eccellenza e su-bacqueo senza pari.Matteo ha certamente pas-sato più ore sott’acqua che

con i piedi per terra ed è sempre felice di accompa-gnare gli ospiti in esperien-ze indimenticabili di freedi-ve o di subacquea.Fotografo professionista, predilige le foto subacquee o alle prime luci del matti-no, cercando prospettive sempre nuove.www.kamana.life

Il Kamana.life e il suo infinito giro del mondo