Serradifalco, miniere e tumori la macabra conta dei morti

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l’inchiesta Misteri nel Vallone. L’ex giacimento di kainite fonte di radioattività. Sospetto di traffico di rifiuti Serradifalco, miniere e tumori la macabra conta dei morti le testimonianze LE CARTE. In alto, carte e cartacce che si trovano all’interno del casolare dei misteri. Tra queste anche documenti che testimoniano il traffico e lo smaltimento di rifiuti speciali (a destra, un particolare) [FOTOSERVIZIO DAVIDE ANASTASI] IL CASOLARE DEI MISTERI. In alto l’edificio dove ancora si trovano prove del traffico di rifiuti speciali. A destra, una veduta di Serradifalco «Quel “mostro di sale” da trent’anni è fonte di danni per la salute e l’ambiente» MARIO BARRESI NOSTRO INVIATO SERRADIFALCO. Un sessantenne occhialuto irrompe ansimante nel ufficio-bugigattolo: «Totò, viri ca ni mossi n’autra. Giovane, manco cinquant’anni. Tu- more al colon. Domani mattina c’è il funerale, ci dobbiamo andare». Qualche interminabile secondo di silenzio, appena interrotto da un abbozzo di so- spiro. E il destinatario della funerea notizia stacca, con gesto quasi meccanico, una costellazione di post-it nascosti dietro il monitor del pc. Ne estrae uno e aggiunge una crocetta accanto a decine di al- tre. Le conta e le riconta: «Siamo arrivati a 21». Poi ti- ra fuori un altro pizzino e anche in questo aggiunge una croce: «E con questa sono 12». Il primo post-it è l’archivio delle persone decedute dall’inizio del- l’anno; il secondo è il sottoinsieme di quelle che ave- vano tumori o leucemie. Quindi: nel 2013 finora 21 croci, di cui 12 per neoplasie; l’anno scorso furono rispettivamente 69 e 31. Il paese - Serradifalco, nel Nisseno - è piccolo, la gente mormora. E quando muore basta guardare le carte sui muri, per essere aggiornati. O magari un caffè con i becchini. «Sono diventato un frequentatore di funerali», si scherni- sce il geometra Totò Alaimo. Che qui - per tutti, nel bene e nel male - è una specie di Erin Brockovich dei sulfarara. Il geometra è diventato epidemiologo e detective, fra studi, dossier ed esposti. «Lo faccio per la memoria di tutti quelli che non ci sono più e per il futuro di chi resta qui». Dove la paura trasuda dal- le viscere della terra, ondeggia nell’aria limpida dei boschi, scorre nei laghi e dei torrenti. «Più morti di cancro che a Gela» Ma perché quasi una croce su due è dovuta ai tumo- ri? Al di là delle statistiche da cimitero di paese, so- no alcuni dati del “Registro Tumori di Ragusa e Cal- tanissetta” a togliere il sonno a questa gente. Negli 11 comuni del Vallone si muore di tumori molto più che a Gela. Sui 3.788 nuovi casi registrati nel trien- nio 2007/09, il numero più sconvolgente riguarda gli uomini, nel rapporto tra casi osservati e casi at- tesi: rispetto a Ragusa (in linea con la media nazio- nale) l’eccesso di rischio di sviluppare un tumore è del 12% in più a Gela e del 43% nel Vallone; più con- tenuta la forbice fra le donne. Il rischio di tumori ematologici: se a Gela c’è un comunque preoccu- pante +42%, nel Vallone il dato schizza al 108%. «A questi elementi si aggiungono 31 casi di tumo- ri infantili, che rappresentano il 58% in più rispetto all’atteso, secondo il Registro», ricorda Rosetta An- zalone, presidente del Tribunale del malato di San Cataldo e portavoce di 35 associazioni del Nisseno. Anzalone ricorda anche «le migliaia di malati di sclerosi multipla oltre che il picco impressionante di bambini autistici». E Alaimo aggiunge che «nel rap- porto non sono nemmeno stati interrogati i medi- ci di famiglia, e con 700mila euro di fondi non si è andati alla radice del problema e cioè “lo studio con- nesso alle cause tumorali”». Le radiazioni del mostro di sale E quando si parla di nesso causa-effetto gli sguardi sono tutti puntati lì, sul “mostro di sale” a sei chilo- metri da Serradifalco. Bosco Palo, all’origine mi- niera di zolfo prima che si scoprisse la kainite. Nel 1956 divenne uno stabilimento industriale che alla fine degli anni 60 dava lavoro a 600 persone (indot- to escluso) con tre pozzi e un milione di tonnellate annue di produzione. Fino al 1973 di proprietà del- la “Montecatini”, la concessione del complesso mi- nerario passò poi all’Ispea Spa, con capitali pubbli- ci. L’attività durò fino al 29 luglio 1988. Eppure i “fantasmi” di Bosco Palo aleggiano anco- ra. Il primo punto è la pericolosità “naturale” del si- to: «La montagna di sale - spiega il geologo Angelo La Rosa - da oltre un trentennio è sorgente di dan- ni alla salute e all’ambiente di vaste proporzioni per la presenza dell’isotopo radioattivo K40 e per la sa- lificazione delle acque superficiali, con un rischio di desertificazione per i terreni». La concentrazione di potassio in grandi volumi, spiega Calogero La China, specialista di Radiodiagnostica e medicina nuclea- re, «è una fonte di radioattività naturale del K40 che viene generato con l’esposizione ai raggi solari e si propaga a distanza di chilometri viaggiando nell’a- ria. Ciò costituisce possibile causa di mutazioni nel Dna, oltre che di malattie autoimmuni croniche, neurodegenerative e tumorali». È come se gli abi- tanti di Serradifalco (e non solo) si fossero infilati dentro una radiografia lunga trent’anni. I residui e le analisi dell’Arpa Alla radioattività indotta dalla natura potrebbe es- sersi aggiunta quella - ancor più devastante - provo- cata dall’uomo. Innanzitutto per i residui di lavora- zione: «Le stesse società presumibilmente sono re- sponsabili per la pregressa attività mineraria», si leg- ge nel documento di Programma-Accordo redatto nel 1988 dalla Regione. «Nel 1999 i tecnici dell’Enea - ricorda La Rosa - rilevano una serie di criticità nel- l’area mineraria, compresa la subsidenza dell’inte- ro sito Bosco». Si ritenne necessario eseguire un monitoraggio con strumenti di precisione, ma soltanto nel 2006 avvenne il primo sopralluogo dell’Arpa nel sito di Bosco. Il risultato fu rassicurante, perché i dati fuo- ri norma erano «verosimilmente attribuibili all’iso- topo radioattivo naturale del potassio». Ma seguiva una precisazione: «I valori si devono intendere co- me puramente indicativi» poiché le radiazioni era- no «al di fuori dell’intervallo d’utilizzo dello stru- mento» e lo stesso «non permette di identificare gli emettitori della radiazione ionizzante prodotta». I tecnici non fecero alcuna misurazione nel sito di Pa- lo, perché «non ritenuta necessaria». Una seconda campagna di misurazione è avvenuta nel 2012. Ri- scontrando uno sforamento della Csc (Concentra- zione della soglia di contaminazione) relativa al boro nei campioni delle acque di Bosco, «che fareb- be supporre - sostiene Alaimo - la presenza di sca- richi di industrie metalliche e farmaceutiche». I da- ti complessivi furono rassicuranti «L’assenza di ra- dioattività nell’area superficiale del sito minerario - si legge nella relazione finale - pur essendo un da- to rassicurante per la popolazione residente nei suoi pressi, non ci fornisce alcuna certezza riguardo la presenza o assenza di eventuali materiali ra- dioattivi che qualcuno presume siano stati deposi- tati all’interno della miniera». Il traffico dei rifiuti speciali E quest’ultimo passaggio apre l’ultimo “file” della cartella sui misteri di Bosco Palo. L’ipotesi che il si- to di Bosco Palo sia una delle “pattumiere” di scorie radioattive, business miliardario dell’ecomafia. In effetti ci fu anche un’ipotesi “ufficiale” di utilizzo di Serradifalco per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari: «Nel 2003 la Sogin presentò uno studio per indivi- duare un deposito nazionale per i rifiuti - ricorda il geologo La Rosa - e vennero analizzati 45 bacini sa- liferi italiani, di cui 36 in Sicilia, compreso Bosco-Pa- lo, che fu escluso per mancati requisiti di isola- mento dei rifiuti». L’unico bacino idoneo risultò Scanzano Jonico, ma «se la miniera di Serradifalco è stata utilizzata lo stesso come deposito di scorie nucleari - sbotta l’esperto - è stato com- messo un atto criminoso di vaste proporzioni, avendo trasformato un sito geo- morfologicamente non ido- neo in una bomba ecologica». E a questo punto Totò Alai- mo diventa un pozzo senza fondo. Di notizie, corredate da esposti, testimonianze, do- cumenti consegnati ai magi- strati. E quasi si commuove, quando racconta di Gaetano Butera, morto qualche setti- mana fa di tumore: «Un dili- gente e coraggioso vigile ur- bano di Serradifalco che sventò un traffico illecito per lo stoccaggio e forse anche lo smaltimento di rifiuti pericolosi, speciali e radioattivi, provenienti da fuori della Sicilia». Bute- ra, impegnato nei lavori della sua villetta di campa- gna, aveva notato un viavai strano di Tir che si fer- mavano al bivio fra le Provinciali 40 e 37, all’imboc- co della strada per la miniera Bosco. Dal camion sca- ricavano «scatole e cartoni, che andavano dentro piccoli furgoni», e una mattina il solerte vigile indos- sò la divisa e fermò un autista polacco, che gli mo- strò un’autorizzazione (scaduta) per il trasporto, ma non per lo scarico, di rifiuti ospedalieri. La pista del- l’autista dell’est portò in un casolare poco distante: «Accertai che c’erano rifiuti - raccontò il vigile - po- sizionati nel terreno retrostante, da dove si godeva di un’ampia veduta panoramica delle miniere». Bu- tera fece la sua bella relazione di servizio e il suo co- mandante passò le carte ai carabinieri. Ma subito dopo il terreno («venduto assieme al casolare da un minatore per 50 milioni di lire all’epoca in cui un ap- partamento in paese ne costava 30», ricorda Alaimo) venne liberato dai rifiuti. Ma non dalle carte, «fattu- re, bolle di trasporto di materiale nocivo e pericolo- so di varia provenienza», che nel marzo 2012 Alai- mo rinvenne nel casolare accompagnando Rosario Cardella e Saul Caia autori di un’inchiesta per Rai- News. «Ho consegnato tutte le carte all’autorità giudiziaria», dice Alaimo mostrandoci un verbale in- finito di documenti dal 1990 almeno fino al 1995, e quindi anche dopo la storia del vigile urbano. S’è rotto il muro del silenzio E un residuo di quei documenti si trova ancora lì, nel casolare dei misteri. Li abbiamo trovati dentro il for- no, alcuni in parte bruciati e nel salone diroccato. Ri- fiuti ospedalieri speciali, con bolle che ne certifica- no la provenienza ma non la destinazione. Dove so- no stati depositati? Chi può provare che non siano finiti nelle miniere? Ci sono altri casi nascosti? Negli ultimi tempi, lo studio di Alaimo è stato me- ta di pellegrinaggio di altri potenziali testimoni. Raccontano di centinaia di «fusti strani» depositati in laghetti artificiali e poi mischiati all’olio di sansa per coprire il tanfo. Altri episodi, altri racconti. Tut- ti finiti sul tavolo della magistratura. «Cosa si sta aspettando - si chiede Alaimo - per intervenire in maniera risolutiva a tutela dei cittadini di un terri- torio che per tanti anni è stato succube di intrecci fra mafia, politica e affari? Certi traffici - sentenzia - non si sarebbero potuti realizzare senza coperture ad al- tissimo livello». Restiamo un altro po’. Affacciando- ci dalla collina, fissiamo il “mostro di sale”, sovrasta- to dall’ex villaggio degli operai e dalla funivia sega- ta. Il silenzio è meraviglioso. Tanto da farci paura. twitter: @MarioBarresi “Pattumiera”. Si teme che la zona sia stata usata per nascondere scorie radioattive, business delle ecomafie L’ERIN BROCKOVICH DELLE MINIERE Il geometra Totò Alaimo in anni di studi e indagini sulle miniere di Serradifalco è diventato anche un po’ epidemiologo e un po’ detective tra dossier ed esposti presentati Gli ex minatori «Noi, sopravvissuti all’ecatombe» Tra paura e speranza. In paese tutti hanno la “lista” dei lutti e i giovani si risvegliano: «Complicità e danni, fuori la verità» «Ma la bonifica potrebbe essere occasione di lavoro per 200» NOSTRO INVIATO SERRADIFALCO. Si sentono un po’ tutti dei sopravvissuti. A partire da chi, lavorando fra zolfo e kainite, ci ha sfamato la fami- glia. Ma anche i giovani, a Serradifalco, guardano al “mostro di sale” come la macchina di morte che fagocita lenta- mente interi pezzi di famiglie. La sensa- zione, in paese, è quella di una comunità impaurita dalla catena di morti per tu- mori. Gente che ascolta con attenzione tutto ciò che riguarda il legame fra i lut- ti e le miniere dei veleni. Molti cercano rassicurazioni e magari - come ha fatto lo stesso sindaco Giuseppe Maria Dacquì dopo la pubblicazione dell’ultimo studio dell’Arpa - invitano «a evitare inutili al- larmismi, senza però abbassare la guar- dia». Che non significa mettere la testa sotto il cuscino, ma vedere le cose da una prospettiva meno colpevolista. Eppure, nella giornata che abbiamo trascorso nel “Paese delle Miniere e del- le Tradizioni”, come recita il cartello al- l’ingresso, prevale la paura. Vissuta nel- la lotta quotidiana con il male incurabile LA SICILIA i FATTI MERCOLEDÌ 1 MAGGIO 2013 8.

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l’inchiesta Misteri nel Vallone. L’ex giacimento di kainitefonte di radioattività. Sospetto di traffico di rifiuti

Serradifalco, miniere e tumorila macabra conta dei morti

le testimonianze

LE CARTE. In alto, carte e cartacce che si trovanoall’interno del casolare dei misteri. Tra queste anchedocumenti che testimoniano il traffico e losmaltimento di rifiuti speciali (a destra, un particolare)

[FOTOSERVIZIO DAVIDE ANASTASI]

IL CASOLARE DEI MISTERI. In alto l’edificio doveancora si trovano prove del traffico di rifiutispeciali. A destra, una veduta di Serradifalco

«Quel “mostro di sale” da trent’anni è fonte di danni per la salute e l’ambiente»MARIO BARRESINOSTRO INVIATO

SERRADIFALCO. Un sessantenne occhialuto irrompeansimante nel ufficio-bugigattolo: «Totò, viri ca nimossi n’autra. Giovane, manco cinquant’anni. Tu-more al colon. Domani mattina c’è il funerale, cidobbiamo andare». Qualche interminabile secondodi silenzio, appena interrotto da un abbozzo di so-spiro. E il destinatario della funerea notizia stacca,con gesto quasi meccanico, una costellazione dipost-it nascosti dietro il monitor del pc. Ne estraeuno e aggiunge una crocetta accanto a decine di al-tre. Le conta e le riconta: «Siamo arrivati a 21». Poi ti-ra fuori un altro pizzino e anche in questo aggiungeuna croce: «E con questa sono 12». Il primo post-itè l’archivio delle persone decedute dall’inizio del-l’anno; il secondo è il sottoinsieme di quelle che ave-vano tumori o leucemie. Quindi: nel 2013 finora 21croci, di cui 12 per neoplasie; l’anno scorso furonorispettivamente 69 e 31. Il paese - Serradifalco, nelNisseno - è piccolo, la gente mormora. E quandomuore basta guardare le carte sui muri, per essereaggiornati. O magari un caffè con i becchini. «Sonodiventato un frequentatore di funerali», si scherni-sce il geometra Totò Alaimo. Che qui - per tutti, nelbene e nel male - è una specie di Erin Brockovich deisulfarara. Il geometra è diventato epidemiologo edetective, fra studi, dossier ed esposti. «Lo faccio perla memoria di tutti quelli che non ci sono più e peril futuro di chi resta qui». Dove la paura trasuda dal-le viscere della terra, ondeggia nell’aria limpida deiboschi, scorre nei laghi e dei torrenti.

«Più morti di cancro che a Gela»Ma perché quasi una croce su due è dovuta ai tumo-ri? Al di là delle statistiche da cimitero di paese, so-no alcuni dati del “Registro Tumori di Ragusa e Cal-tanissetta” a togliere il sonno a questa gente. Negli11 comuni del Vallone si muore di tumori molto piùche a Gela. Sui 3.788 nuovi casi registrati nel trien-nio 2007/09, il numero più sconvolgente riguardagli uomini, nel rapporto tra casi osservati e casi at-tesi: rispetto a Ragusa (in linea con la media nazio-nale) l’eccesso di rischio di sviluppare un tumore èdel 12% in più a Gela e del 43% nel Vallone; più con-tenuta la forbice fra le donne. Il rischio di tumoriematologici: se a Gela c’è un comunque preoccu-pante +42%, nel Vallone il dato schizza al 108%.

«A questi elementi si aggiungono 31 casi di tumo-ri infantili, che rappresentano il 58% in più rispettoall’atteso, secondo il Registro», ricorda Rosetta An-zalone, presidente del Tribunale del malato di SanCataldo e portavoce di 35 associazioni del Nisseno.Anzalone ricorda anche «le migliaia di malati disclerosi multipla oltre che il picco impressionante dibambini autistici». E Alaimo aggiunge che «nel rap-porto non sono nemmeno stati interrogati i medi-ci di famiglia, e con 700mila euro di fondi non si èandati alla radice del problema e cioè “lo studio con-nesso alle cause tumorali”».

Le radiazioni del mostro di saleE quando si parla di nesso causa-effetto gli sguardisono tutti puntati lì, sul “mostro di sale” a sei chilo-metri da Serradifalco. Bosco Palo, all’origine mi-niera di zolfo prima che si scoprisse la kainite. Nel

1956 divenne uno stabilimento industriale che allafine degli anni 60 dava lavoro a 600 persone (indot-to escluso) con tre pozzi e un milione di tonnellateannue di produzione. Fino al 1973 di proprietà del-la “Montecatini”, la concessione del complesso mi-nerario passò poi all’Ispea Spa, con capitali pubbli-ci. L’attività durò fino al 29 luglio 1988.

Eppure i “fantasmi” di Bosco Palo aleggiano anco-ra. Il primo punto è la pericolosità “naturale” del si-to: «La montagna di sale - spiega il geologo AngeloLa Rosa - da oltre un trentennio è sorgente di dan-ni alla salute e all’ambiente di vaste proporzioni perla presenza dell’isotopo radioattivo K40 e per la sa-lificazione delle acque superficiali, con un rischio didesertificazione per i terreni». La concentrazione dipotassio in grandi volumi, spiega Calogero La China,specialista di Radiodiagnostica e medicina nuclea-re, «è una fonte di radioattività naturale del K40 cheviene generato con l’esposizione ai raggi solari e sipropaga a distanza di chilometri viaggiando nell’a-ria. Ciò costituisce possibile causa di mutazioni nelDna, oltre che di malattie autoimmuni croniche,neurodegenerative e tumorali». È come se gli abi-tanti di Serradifalco (e non solo) si fossero infilatidentro una radiografia lunga trent’anni.

I residui e le analisi dell’ArpaAlla radioattività indotta dalla natura potrebbe es-sersi aggiunta quella - ancor più devastante - provo-cata dall’uomo. Innanzitutto per i residui di lavora-zione: «Le stesse società presumibilmente sono re-sponsabili per la pregressa attività mineraria», si leg-ge nel documento di Programma-Accordo redattonel 1988 dalla Regione. «Nel 1999 i tecnici dell’Enea- ricorda La Rosa - rilevano una serie di criticità nel-l’area mineraria, compresa la subsidenza dell’inte-ro sito Bosco».

Si ritenne necessario eseguire un monitoraggiocon strumenti di precisione, ma soltanto nel 2006avvenne il primo sopralluogo dell’Arpa nel sito diBosco. Il risultato fu rassicurante, perché i dati fuo-ri norma erano «verosimilmente attribuibili all’iso-topo radioattivo naturale del potassio». Ma seguivauna precisazione: «I valori si devono intendere co-me puramente indicativi» poiché le radiazioni era-no «al di fuori dell’intervallo d’utilizzo dello stru-mento» e lo stesso «non permette di identificare gliemettitori della radiazione ionizzante prodotta». Itecnici non fecero alcuna misurazione nel sito di Pa-lo, perché «non ritenuta necessaria». Una secondacampagna di misurazione è avvenuta nel 2012. Ri-scontrando uno sforamento della Csc (Concentra-zione della soglia di contaminazione) relativa alboro nei campioni delle acque di Bosco, «che fareb-be supporre - sostiene Alaimo - la presenza di sca-richi di industrie metalliche e farmaceutiche». I da-ti complessivi furono rassicuranti «L’assenza di ra-dioattività nell’area superficiale del sito minerario -si legge nella relazione finale - pur essendo un da-to rassicurante per la popolazione residente neisuoi pressi, non ci fornisce alcuna certezza riguardola presenza o assenza di eventuali materiali ra-dioattivi che qualcuno presume siano stati deposi-tati all’interno della miniera».

Il traffico dei rifiuti specialiE quest’ultimo passaggio apre l’ultimo “file” della

cartella sui misteri di Bosco Palo. L’ipotesi che il si-to di Bosco Palo sia una delle “pattumiere” di scorieradioattive, business miliardario dell’ecomafia. Ineffetti ci fu anche un’ipotesi “ufficiale” di utilizzo diSerradifalco per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari:«Nel 2003 la Sogin presentò uno studio per indivi-duare un deposito nazionale per i rifiuti - ricorda ilgeologo La Rosa - e vennero analizzati 45 bacini sa-liferi italiani, di cui 36 in Sicilia, compreso Bosco-Pa-lo, che fu escluso per mancati requisiti di isola-mento dei rifiuti». L’unico bacino idoneo risultòScanzano Jonico, ma «se la miniera di Serradifalco è

stata utilizzata lo stesso comedeposito di scorie nucleari -sbotta l’esperto - è stato com-messo un atto criminoso divaste proporzioni, avendotrasformato un sito geo-morfologicamente non ido-neo in una bomba ecologica».

E a questo punto Totò Alai-mo diventa un pozzo senzafondo. Di notizie, corredateda esposti, testimonianze, do-cumenti consegnati ai magi-strati. E quasi si commuove,quando racconta di GaetanoButera, morto qualche setti-mana fa di tumore: «Un dili-gente e coraggioso vigile ur-bano di Serradifalco che

sventò un traffico illecito per lo stoccaggio e forseanche lo smaltimento di rifiuti pericolosi, speciali eradioattivi, provenienti da fuori della Sicilia». Bute-ra, impegnato nei lavori della sua villetta di campa-gna, aveva notato un viavai strano di Tir che si fer-mavano al bivio fra le Provinciali 40 e 37, all’imboc-

co della strada per la miniera Bosco. Dal camion sca-ricavano «scatole e cartoni, che andavano dentropiccoli furgoni», e una mattina il solerte vigile indos-sò la divisa e fermò un autista polacco, che gli mo-strò un’autorizzazione (scaduta) per il trasporto, manon per lo scarico, di rifiuti ospedalieri. La pista del-l’autista dell’est portò in un casolare poco distante:«Accertai che c’erano rifiuti - raccontò il vigile - po-sizionati nel terreno retrostante, da dove si godevadi un’ampia veduta panoramica delle miniere». Bu-tera fece la sua bella relazione di servizio e il suo co-mandante passò le carte ai carabinieri. Ma subitodopo il terreno («venduto assieme al casolare da unminatore per 50 milioni di lire all’epoca in cui un ap-partamento in paese ne costava 30», ricorda Alaimo)venne liberato dai rifiuti. Ma non dalle carte, «fattu-re, bolle di trasporto di materiale nocivo e pericolo-so di varia provenienza», che nel marzo 2012 Alai-mo rinvenne nel casolare accompagnando RosarioCardella e Saul Caia autori di un’inchiesta per Rai-News. «Ho consegnato tutte le carte all’autoritàgiudiziaria», dice Alaimo mostrandoci un verbale in-finito di documenti dal 1990 almeno fino al 1995, equindi anche dopo la storia del vigile urbano.

S’è rotto il muro del silenzioE un residuo di quei documenti si trova ancora lì, nelcasolare dei misteri. Li abbiamo trovati dentro il for-no, alcuni in parte bruciati e nel salone diroccato. Ri-fiuti ospedalieri speciali, con bolle che ne certifica-no la provenienza ma non la destinazione. Dove so-no stati depositati? Chi può provare che non sianofiniti nelle miniere? Ci sono altri casi nascosti?

Negli ultimi tempi, lo studio di Alaimo è stato me-ta di pellegrinaggio di altri potenziali testimoni.Raccontano di centinaia di «fusti strani» depositatiin laghetti artificiali e poi mischiati all’olio di sansaper coprire il tanfo. Altri episodi, altri racconti. Tut-ti finiti sul tavolo della magistratura. «Cosa si staaspettando - si chiede Alaimo - per intervenire inmaniera risolutiva a tutela dei cittadini di un terri-torio che per tanti anni è stato succube di intrecci framafia, politica e affari? Certi traffici - sentenzia - nonsi sarebbero potuti realizzare senza coperture ad al-tissimo livello». Restiamo un altro po’. Affacciando-ci dalla collina, fissiamo il “mostro di sale”, sovrasta-to dall’ex villaggio degli operai e dalla funivia sega-ta. Il silenzio è meraviglioso. Tanto da farci paura.

twitter: @MarioBarresi

“Pattumiera”. Siteme che la zona siastata usata pernascondere scorieradioattive, businessdelle ecomafie

L’ERIN BROCKOVICH DELLE MINIEREIl geometra Totò Alaimo in anni distudi e indagini sulle miniere diSerradifalco è diventato anche un po’epidemiologo e un po’ detective tradossier ed esposti presentati

Gli ex minatori«Noi, sopravvissutiall’ecatombe»Tra paura e speranza. In paese tutti hanno la “lista” dei luttie i giovani si risvegliano: «Complicità e danni, fuori la verit໫Ma la bonifica potrebbe essere occasione di lavoro per 200»

NOSTRO INVIATO

SERRADIFALCO. Si sentono un po’ tutti deisopravvissuti. A partire da chi, lavorandofra zolfo e kainite, ci ha sfamato la fami-glia. Ma anche i giovani, a Serradifalco,guardano al “mostro di sale” come lamacchina di morte che fagocita lenta-mente interi pezzi di famiglie. La sensa-zione, in paese, è quella di una comunitàimpaurita dalla catena di morti per tu-mori. Gente che ascolta con attenzionetutto ciò che riguarda il legame fra i lut-ti e le miniere dei veleni. Molti cercanorassicurazioni e magari - come ha fattolo stesso sindaco Giuseppe Maria Dacquìdopo la pubblicazione dell’ultimo studiodell’Arpa - invitano «a evitare inutili al-larmismi, senza però abbassare la guar-dia». Che non significa mettere la testasotto il cuscino, ma vedere le cose da unaprospettiva meno colpevolista.

Eppure, nella giornata che abbiamotrascorso nel “Paese delle Miniere e del-le Tradizioni”, come recita il cartello al-l’ingresso, prevale la paura. Vissuta nel-la lotta quotidiana con il male incurabile

LA SICILIA

i FFATTIMERCOLEDÌ 1 MAGGIO 2013

8.

Saul Caia
Saul Caia
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CALTANISSETTA. La Procura indaga su traffico di rifiuti, disastro ambientale e omissioni degli enti

E sotto la Chernobyl del Vallonele nuove verità da disseppellireTest del Noe dei carabinieri a Serradifalco: ipotesi anche d’inquinamento delle faldeMARIO BARRESINOSTRO INVIATO

CALTANISSETTA. Un amaro viaggio nella macchina deltempo. Fra quelle che Leonardo Sciascia definì «gra-vi leggende di terra e di zolfo», raccontando nellasua Ad un paese lasciato di come fosse «cupo il pas-so degli zolfatari, come se le strade coprissero cavisepolcri, profondi luoghi di morte». Non sarà facile,il lavoro della Procura di Caltanissetta. Che, da qua-si un anno indaga sulla Chernobyl del Vallone. Un fi-lo complicato da dipanare, anche perché spezzato inalcune parti dall’incuria del tempo e dalle omissio-ni degli uomini. Ma c’è di tutto nei brandelli di ve-rità che il procuratore capo Sergio Lari e il nuovobattagliero procuratore aggiunto, Lia Cava, stannocercando di mettere assieme. Lavorando gomito agomito con la Dia nissena, diretta dal colonnelloGaetano Scillia, con in prima linea in quest’indagi-ne il tenente colonnello Letterio Romeo. Le minie-re di Serradifalco, un vaso di Pandora dove dentro,ipoteticamente, c’è quanto di più schifoso si possaimmaginare: il traffico di rifiuti tossici, businessmiliardario che unisce gli interessi dell’ecomafia aquelli di imprenditori senza scrupoli e politici cor-rotti; il disastro ambientale e i danni indotti alla sa-lute dei cittadini; le responsabilità di chi doveva fa-re (vigilare, bonificare, analizzare) e non ha fatto.

L’indagine, si apprende da fonti del Palazzo di giu-stizia nisseno, è stata avviata nel 2012, natural-mente a carico di ignoti. Sul versante dell’impattodelle miniere sull’ambiente è stato commissionataun’indagine agli specialisti dei carabinieri del Noe(Nucleo operativo ecologico) di Palermo. Che han-no già eseguito numerosi rilievi sulle miniere, e inparticolare nel sito di Bosco Palo. Oltre alla presen-za di rifiuti in superficie e al tasso di radioattività, sista valutando anche l’eventuale impatto del “mostrodi sale” sulle falde acquifere, circostanza che - se fos-se confermata - sarebbe una pietra tombale sull’am-biente (e di riflesso sulla salute dei cittadini). Prati-camente un danno irreparabile. Ma i militari dell’Ar-ma non sono entrati dentro i pozzi, che risultereb-bero allagati, quasi del tutto impraticabili. La buonavolontà dei Noe, oltre che con la natura dei luoghi,si scontra anche con la scarsa disponibilità di mez-zi tecnici e di risorse. Non a caso, nel corso di un re-cente convegno organizzato a Serradifalco sull’allar-me-miniere, più di un esperto ha invocato «un tavo-lo permanente che possa coinvolgere le istituzionistatali e regionali, oltre che la magistratura e le for-ze dell’ordine», ipotizzando anche l’uso di risorsecomunitarie per finanziare ricerche più approfondi-te.

L’altro aspetto riguarda quello che sarebbe nasco-sto a Serradifalco. Rifiuti ospedalieri speciali, comedimostrerebbe un approfondimento dell’indaginesul casolare in agro di San Cataldo (ma a meno di unchilomentro dalle miniere di Serradifalco), dove -secondo la testimonianza del vigile urbano Gaeta-no Butera - sarebbero stati depositati materiali tos-sici, poi misteriosamente spariti dopo l’informativadel vicecomandante della polizia municipale. E fu ilgeometra Totò Alaimo, ex assessore provinciale eautore di numerosi esposti agli atti dell’indagine, aconsegnare - nel 2012 una corposa documentazio-ne: materiale partito da tutta Italia senza la provadello smaltimento finale, accatastato nello stessocasolare segnalato da Butera. Il fondo e l’immobile,secondo quanto accertato dalla Procura, sarebberointestati a una 60enne nata a Bisceglie e domicilia-ta in Sicilia, la quale ha però sostenuto più volte diessere estranea alla vicenda. Ma nel vecchio com-promesso preliminare, la controparte del minatore-artigiano che vendette i beni risulterebbe essere unpregiudicato di San Cataldo, tra l’altro imparentato

in cui talvolta si vince, ma spesso si per-de. Carmelo Territo, al bancone del bar,fa la sua lista: uno zia di 55 anni mortadi tumore all’utero, uno zio di 46 percancro al pancreas, un cugino ventot-tenne malato di Sla, che «se n’è andatoappena un mese fa». Ma fino a pocotempo fa non se ne parlava, «la sensibi-lità verso questi temi c’è da poco». Lastessa che ha Alessandro Middione («se

gli devo fare l’elenco dei morti nellamia famiglia non le basta il bloc-no-tes»), che però accusa le complicità delpassato: «Tutti hanno fatto finta di nul-la, per i politici è stata una minnedda disoldi e di voti e ora ne piangiamo leconseguenze». Anche se Vincenzo Salo-mone, presidente dell’associazione libe-ri professionisti della vicina San Cataldo,auspica che «dalla bonifica del sito si

possa creare un’occasione di lavoro peri giovani del Vallone», citando un pro-getto che potrebbe creare 200 posti.

Ma i veri dead men walking sono gliex operai delle miniere di Serradifalco.I colleghi del settore di Michele Marti-no, responsabile della “flottazione”, nonci sono più. «Erano cinque, un turno atesta per una sola persona perché lì erail posto peggiore. Si lavorava con l’ura-

nio, per dividere la kainite dalle altre so-stanza, ma anche gli altri impiegati chepassavano di là sono quasi tutti morti.Paura? No, all’epoca non ce n’era perchéc’era ricchezza. Ma di quello che succe-deva lì dentro non si doveva parlare».

Uno dei più battaglieri è stato Salva-tore Pelonero, ex sindacalista e poi pre-pensionato che si oppose alla dismissio-ne della teleferica che collegava la mi-

niera con lo stabilimento di Campo-franco. «Quella battaglia la perdemmo,oggi sarebbe un patrimonio di archeo-logia industriale e di turismo per i figli ei nipoti dei minatori». Oggi ha pauraper l’ecatombe in corso, ma altrettantafiducia «nella magistratura di Caltanis-setta, che spero arrivi presto alla ve-rità».

Giuseppe Cordaro è un minatore-

poeta. «Ho già scritto quattro libri, altridue sono già pronti ma aspetto qualcu-no che mi aiuti a pubblicarli». I primi seli fece finanziare dalla miniera: «Guada-gnavo 60mila lire al mese e il padronese ne teneva 20mila per i soldi che miaveva dato per pubblicare le mie poesie.E col resto io e la mia famiglia pagavamol’affitto e mangiavano, e soldi ci restava-no. Pochi, ma ci restavano». Ricorda il bi-vio che gli si presentò da bambino: «Eroil primo della classe, il maestro volevache contiunassi a studiare. Ma mio pa-dre scelse per me: il pezzo di pane alposto del pezzo di carta». Voleva diven-tare carabiniere, finì a fare ‘u carusu dipirrera. Il suo“mostro”, lui, l’ha tolto dalfegato; combattendo come un leone.Ma in quattro, nella sua famiglia, non cel’hanno fatta. Compresa l’amata mo-glie, Rosa. La ricorda in lacrime, mentresfoglia la raccolta dedicata a lei e a Ser-radifalco. S’intitola E le stelle stanno aguardare. «Ne ho una copia sola, nonl’ho stampato. Ma sono bellissime. Par-lano di amore e di morte... ».

MA. B.

Un anno di lavoro. Agli atti gli espostie il traffico scoperto dalvigile. Ma anche piùrecenti casi di rifiutitossici nelle miniere

con ex amministratori della zona. Il fascicolo nellemani di Procura e Dia di Caltanissetta è arricchitoanche da denunce più recenti, compresa quella sulpresunto smaltimento di fusti di materiale tossico inprossimità di due laghetti nelle immediate vici-nanze delle miniere.

E poi c’è la parte più delicata. Le mani della crimi-nalità organizzata sulle miniere fu attestata nel1992 dal pentito Leonardo Messina (che aveva lavo-rato come caposquadra a Pasquasia) in una testimo-nianza resa al giudice Paolo Borsellino, in cui misenero su bianco che «le gallerie sotterranee venivanoutilizzate per smaltire scorie radioattive». Messina

fu anche membro della cupola di Cosa nostra, un li-vello più alto di quello delle cosche del Vallone; mai boss della zona, se il traffico illecito di rifiuti (nu-cleari o non) fosse davvero avvenuto, non sono sta-ti certo a guardare. E anche molti ex operai, diven-tati custodi delle miniere, sono stati colti da un’im-provvisa ondata di benessere. Tanto più che, al con-vegno di Serradifalco, è stato Giuseppe Regalbuto,presidente della commissione Urps per le minieredismesse, a dichiarare che «le leggendarie scorie ra-dioattive di Pasquasia oggi si trovano anche a BoscoPalo», ipotizzando un sistema di “vasi comunican-ti” sui quali però non c’è ancora stato un riscontrogiudiziario. Ma che gli inquirenti nisseni, nel ri-spetto della competenza territoriale dei colleghiennesi, stanno pure verificando, attingendo a uncorposo dossier sui misteri di Pasquasia.

L’ultimo profilo riguarda l’omissione d’atti d’uffi-cio da parte degli enti - dello Stato e della Regione -che avevano un ruolo istituzionale nella gestionedelle miniere, soprattutto nella fase successiva allarevoca della concessione. E anche lì ci sono tante co-se da spiegare: a partire dalla circostanza che duedei tre pozzi di Bosco Palo erano ancora aperti nel2002 (e cioè 14 anni dopo la dismissione), come sievince dal verbale della conferenza di servizi Siti mi-nerari dismessi dell’assessorato regionale all’Indu-stria; e proprio di recente la copertura di un pozzosarebbe stata divelta. Ma anche le altre due minie-re di zolfo dismesse - Stincone e Apaforte - risulte-rebbero totalmente incustodite.

Un’impresa titanica, una vera e propria “sup-plenza” della magistratura su materie e compitidelicatissimi, spettanti ad altre istituzioni. Bocchecucite al Palazzo di giustizia sugli esiti e sui tempi.«Ma l’unica cosa di cui non dobbiamo avere paura -avrebbe rivelato il procuratore Lari ai suoi più stret-ti collaboratori - è la ricerca della verità».AGLI ATTI DUE LAGHETTI NEI QUALI SAREBBERO STATI VERSATI FUSTI DI MATERIALE TOSSICO

GIUSEPPE CORDARO SALVATORE PELONERO MICHELE MARTINO

Volevo studiare efare il carabinierema diventai presto“carusu di pirrera”Ho vinto il cancroal fegato, mapiango mia moglie

Da sindacalistavinsi la battagliaper l’occupazionedopo la chiusuraOra timore per lasalute ma fiducianei magistrati

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IL VILLAGGIO DEI MINATORI NELLA ZONA DEL GIACIMENTO DI BOSCO [FOTO DAVIDE ANASTASI]

I numeri

3.788

1.704 2.084

Totale

Nuovi casi di tumori

I cinque tumori più frequenti

Eccesso di rischio di sviluppare un tumore

Tumori ematologici

UominiUomini Donne

631 media annualedi casi tramaschi e femmine

Polmone 19%Prostata 16%Ematologici 16%Colon-retto 13%Vescica 7,5%Mammella 26%Colon-retto 15%Ematologici 13%Corpo utero 5,5%Tiroide 5%

Vallone Gela

14% 12% 11%

43%

42%63%61%

108%

78%

(tutti i tumori escluso pelle)

Linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, leucemie e mielomi

Gela Caltanissetta S. Cataldo Vallone

Provincia di Caltanissetta nel triennio 2007-09

I colleghi del mioreparto sono mortitutti: c’era l’uranio,era il peggioreDovevamo starezitti, ma in cambioc’era la ricchezza

LA SICILIAMERCOLEDÌ 1 MAGGIO 2013

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