Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015 RG n. … · 1 N° SENT N° RGAC N° CRON REPUBBLICA...

32
1 SENT RGAC CRON REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Roma Terza Sezione Civile, in persona del dott. Francesco Remo Scerrato, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 20068 Ruolo Generale dell’anno 2012 e trattenuta in decisione all’udienza del 30 giugno 2014, vertente TRA LUSI Giovanni, elettivamente domiciliato a Roma, via L. Luciani n° 1, presso lo studio degli avv.ti Valerio Mauro e Stefania Santopadre, da cui è rappresentato e difeso in forza di procura speciale a margine dell’atto di citazione, ATTORE E SOCCOL CARS & BOATS DI SOCCOL GIUSEPPE, in persona dell’omonimo titolare Giuseppe Soccol, elettivamente domiciliata a Roma, piazza santa Anastasia n° 7, presso lo studio dell’avv.to Filippo Catenacci, da cui è rappresentata e difesa, unitamente all’avv.to Ruggiero Fiorella, in forza di procura speciale in calce alla comparsa di risposta, CONVENUTA OGGETTO: domanda di risarcimento danni. CONCLUSIONI: per parte attrice (atto di citazione): “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, i) accertare e dichiarare i vizi della vettura Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848 Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015 RG n. 20068/2012 Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015 http://bit.ly/1gddyEp

Transcript of Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015 RG n. … · 1 N° SENT N° RGAC N° CRON REPUBBLICA...

1

N° SENT

N° RGAC

N° CRON

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Roma – Terza Sezione Civile, in persona del dott. Francesco Remo

Scerrato, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 20068 Ruolo Generale dell’anno 2012

e trattenuta in decisione all’udienza del 30 giugno 2014, vertente

TRA

LUSI Giovanni, elettivamente domiciliato a Roma, via L. Luciani n° 1, presso lo

studio degli avv.ti Valerio Mauro e Stefania Santopadre, da cui è rappresentato e

difeso in forza di procura speciale a margine dell’atto di citazione,

ATTORE

E

SOCCOL CARS & BOATS DI SOCCOL GIUSEPPE, in persona dell’omonimo

titolare Giuseppe Soccol, elettivamente domiciliata a Roma, piazza santa Anastasia n°

7, presso lo studio dell’avv.to Filippo Catenacci, da cui è rappresentata e difesa,

unitamente all’avv.to Ruggiero Fiorella, in forza di procura speciale in calce alla

comparsa di risposta,

CONVENUTA

OGGETTO: domanda di risarcimento danni.

CONCLUSIONI:

per parte attrice (atto di citazione): “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria

istanza, eccezione, deduzione disattesa, i) accertare e dichiarare i vizi della vettura

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

2

Porsche usata, modello 968CS30, acquistata in data 27 ottobre 2011 presso la Soccol

Cars & Boats dal Sig. Giovanni Lusi, nonché accertare e dichiarare le modifiche

apportate alla vettura Porsche di cui in premessa e, per l’effetto, condannare la Soccol

Cars & Boats, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento della

riparazione pari ad €. 1.719,00, nonché alla corresponsione dell’importo di €.

10.644,55 necessario per il ripristino della vettura allo stato originario; ii) accertare e

dichiarare la responsabilità della Soccol Cars & Boats e, per l’effetto, condannare la

medesima al rimborso di tutte le spese ed al risarcimento di tutti i danni subiti, così

come quantificati nella premessa dell’atto, pari ad €. 9.285,86 o a quella maggiore o

minore somma, che risulterà nel corso del giudizio, oltre interessi, nonché rivalutazione

monetaria. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio … ”;

per parte convenuta (comparsa di risposta): “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito

così giudicare: in via principale e nel merito: respingere e rigettare ogni domanda

svolta dall’odierno attore nei confronti del convenuto Soccol Cars & Boats di Soccol

Giuseppe; riconoscere ed accertare, ex art. 96 c.p.c., la responsabilità aggravata

dell’attore per aver, come meglio esposto in atti, agito in giudizio con malafede o

colpa grave e condannare il sig. Lusi e, per l’effetto condannarlo al pagamento, in

favore della convenuta, dell’importo di € 17.363,55, o di quell’importo, maggiore o

minore che sarà ritenuto di giustizia anche in via equitativa. Con vittoria di spese,

diritti e compensi di causa”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato alla Soccol Cars & Boats di

Soccol Giuseppe, in persona dell’omonimo titolare, l’attore Lusi Giovanni allegava

che in data 27/10/11 aveva acquistato presso la ditta convenuta una autovettura

Porsche usata, modello 968CS30 colore nero, targata BG881PJ, dietro pagamento del

prezzo di 14.000,00 euro, in parte con permuta di alcuni mezzi di sua proprietà; che

nella predetta giornata, alle ore 15:45 circa, mentre a bordo della vettura stava

percorrendo l’autostrada A1 in direzione Roma, era stato costretto ad arrestare la

marcia e a sostare nella corsia di emergenza, atteso che la medesima vettura emetteva

fumo dal motore; che nell’immediatezza aveva riscontrato una grave perdita d’acqua

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

3

e, tramite la Europ Assistance con una spesa di 186,00 euro, aveva fatto trasportare la

vettura presso l’officina Centro Porsche Bologna – Soveco S.p.A., come concordato

con lo stesso titolare della ditta venditrice, all’uopo messo al corrente dell’accaduto;

che, a causa del guasto, si era trovato costretto a ricorrere a mezzi alternativi per poter

rientrare a Roma ed inoltre, essendo rimasto privato della propria vettura per settanta

giorni, era stato costretto ad utilizzare un’auto a noleggio, sostenendo i relativi costi

per complessivi 2.964,50 euro; che successivamente, dopo vari solleciti, la Soveco

Spa gli aveva comunicato che la vettura era stata riparata in garanzia e che poteva

essere ritirata; che in data 2/12/11, con una spesa di 665,50 euro, aveva incaricato

l’Autoservizi Nanni Group S.r.l. di prelevare la Porsche presso la Soveco di Bologna

e di condurla direttamente a Roma presso il centro assistenza Porsche per far eseguire

una verifica più approfondita; che dopo solo un giorno, precisamente il 3/12/11, la

vettura in prova -presso il suddetto centro assistenza Porsche di Roma- era rimasta

nuovamente in panne ed era stata riparata al costo di 1.719,00 euro; che, oltre alla

sussistenza dei suddetti guasti, il centro assistenza Porsche di Roma aveva

diagnosticato che la predetta autovettura risultava essere stata modificata: sia la

marmitta che i fari erano infatti risultati modificati; che tali modifiche non solo non

erano state riportate nell’annuncio pubblicitario, ma neanche erano state portate a

conoscenza dalla venditrice al momento della sottoscrizione del contratto; che il

centro assistenza Porsche di Roma gli aveva preventivato una spesa di 10.644,55 euro

per poter ripristinare lo stato originale della vettura; che pertanto era evidente che la

convenuta gli avesse venduto una vettura Porsche viziata e non conforme a quanto

previsto nel contratto di compravendita; che, essendo il venditore tenuto a garantire,

ai sensi dell’art. 130 e segg. del D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206 e degli artt. 1476, 3°

comma e 1490 c.c., l’assenza di vizi e la conformità del prodotto alienato alla

descrizione fatta, era conseguenziale che la convenuta fosse tenuta a corrispondergli

gli importi versati per la riparazione della Porsche, pari a 1.719,00 euro, nonché

l’importo di 10.644,55 euro, necessario per ripristinare la vettura nello stato originale;

che inoltre, a causa dei ripetuti guasti che avevano ridotto l’efficienza dell’auto e

determinato il fermo tecnico della medesima vettura per un lungo periodo, aveva

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

4

subito notevoli disagi, per cui aveva diritto di vedersi riconosciuto il risarcimento di

tutti i danni patiti, sia patrimoniali che non patrimoniali da stress, come meglio

indicati in citazione; che senza esito erano state le richieste di bonario componimento,

per cui si era reso necessario adire l’Autorità Giudiziaria. Tanto premesso, l’attore

concludeva come in epigrafe riportato.

Si costituiva in giudizio la ditta convenuta Soccol Cars & Boats di Soccol

Giuseppe, che concludeva come in epigrafe riportato.

La causa era istruita documentalmente e con assunzione di prove orali ed

all’udienza del 30/6/14 veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di

legge per il deposito di comparse conclusionali (60 giorni) e di repliche (ulteriori 20

giorni); i termini ex artt. 190 e 281 quinquies c.p.c. sono scaduti il 3/11/14.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va ribadito che è indifferente riferirsi alla ditta, in persona del

titolare, ovvero alla persona fisica, titolare della ditta stessa (cfr. Cass. 8784/98: “La

ditta e' segno distintivo dell'imprenditore, ma non e' soggetto distinto dal suo titolare,

e pertanto questi, pur senza specificare la sua qualità, e' legittimato ad opporsi ad un

decreto ingiuntivo emesso nei confronti di quella”; Cass. 9260/10).

La domanda attrice è in parte fondata e va accolta nei limiti di cui in

motivazione.

Richiamato quanto esposto in precedenza e risultato pacifico fra le parti che

l’attore aveva acquistato la predetta autovettura usata Porsche, modello 968CS30, tg

BG881PJ, presso la convenuta al prezzo complessivo di 14.000,00 euro (cfr. doc. 1

di parte attrice), si osserva che l’attore, pur avendo indistintamente richiamato tanto il

TU Consumo quanto le norme del codice civile sulla vendita in generale, deve essere

qualificato come consumatore -si tratta di circostanza non contestata-, con tutto ciò

che ne consegue in termini di disciplina da applicare; quindi si deve far riferimento

alla disciplina del D.Lgs 206/05 TU Consumo (art. 128 e ss ), in quanto appunto si

tratta di norma speciale, e non a quella prevista dagli artt. 1490 e ss c.c. per la vendita

in generale, che già di per sé costituisce norma speciale rispetto alla disciplina

sull’inadempimento (art. 1218 c.c.) e sulla risoluzione del contratto (art. 1453 c.c.).

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

5

Alla luce del dato normativo (TU Consumo) ribadisce quindi il Giudice che,

ricorrendone i presupposti -ossia contratto di compravendita fra venditore-

professionista e consumatore, avente ad oggetto un bene di consumo-, deve essere

sempre applicata la disciplina speciale contenuta nel TU Consumo, a meno che non

siano previste dal codice civile ulteriori norme a tutela del consumatore, e che

possono applicarsi le disposizioni del codice civile in materia di contratto di vendita

in generale solo ad integrazione di eventuali lacune nella regolamentazione di

specifiche ipotesi: ogni ulteriore approfondimento viene rinviato a dopo.

Si procede ad un necessario inquadramento normativo, precisando che tutti i

riferimenti sono al D.Lgs 206/05 (TU Consumo), salvo diversa indicazione; va

precisato che gli articoli del predetto testo unico sono per la maggior parte identici

alla pregressa disciplina codicistica, di cui agli artt. 1519 bis e ss, c.c., abrogata

dall’art. 146, 1° comma, lett. s, TU Consumo.

Orbene in base all’art. 129, 1° comma, è previsto che “il venditore ha

l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita” ed

accanto all’affermazione di detta specifica obbligazione, derivante direttamente dal

contratto, è stata prevista una serie di presunzioni di conformità del bene al contratto,

da intendere come regole minime di integrazione della volontà contrattuale, ferma

rimanendo la possibilità per le parti di individuare altri specifici elementi.

Si precisa che la disciplina di cui si dirà trova applicazione anche “ … alla

vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del pregresso utilizzo, limitatamente ai

difetti non derivanti dall’uso normale della cosa” (art. 128, 3° comma, TU Consumo).

Richiamate le singole ipotesi da cui si presume la conformità del bene al

contratto (art. 129, 2° comma) -schematicamente si può affermare che la conformità è

determinata in relazione a quattro condizioni, che se mancanti rendono il bene

‘difettoso’: a) idoneità all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;

b) conformità alla descrizione fatta dal venditore e possesso delle qualità del bene che

il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;

c) presenza delle qualità e delle prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il

consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene, delle

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

6

dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal

venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella

pubblicità o sull’etichettatura; d) idoneità all’uso particolare voluto dal consumatore e

portato, al momento della conclusione del contratto, a conoscenza del venditore che

lo ha accettato, anche per fatti concludenti-, va ribadito che il bene venduto presenta

un difetto di conformità in tutti i casi in cui il bene stesso non presenti anche una sola

delle caratteristiche, delle qualità o dei requisiti previsti dal contratto, a prescindere

dalla gravità e dall’entità della violazione nonché da ogni profilo soggettivo quanto

alla condotta del venditore, che in ipotesi potrebbe anche essere esente da colpa;

quindi assume rilievo il solo fatto oggettivo dell’esistenza di una non conformità del

bene al contratto, cioè di una problematica che fin dal D.Lgs 24/02 non era più

codificata e classificata a livello dogmatico in termini di vizio o di mancanza delle

qualità promesse o essenziali, a differenza di quanto invece era -ed è- previsto nelle

corrispondenti disposizioni del codice civile in tema di vendita in generale.

Il successivo art. 130, di contenuto identico all’abrogato art. 1519 quater c.c.,

che aveva introdotto tale nuovo tipo di obbligazione a carico del venditore

relativamente alla conformità del bene al contratto, prevede che “il venditore è

responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità

esistente al momento della consegna del bene” (1° comma) e che “in caso di difetto di

conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del

bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi terzo, quarto, quinto e

sesto, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto

conformemente ai commi settimo, ottavo e nono” (2° comma); quindi il legislatore

nazionale, in conformità alla direttiva europea, aveva introdotto, confermandola poi

nell’attuale TU, una gerarchia dei rimedi esperibili a tutela del consumatore: il

rimedio principale per il ripristino della conformità del bene al contratto è costituito

dalla richiesta del consumatore al venditore di riparazione o di sostituzione gratuita,

mentre la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto assumono una funzione

secondaria, nel caso in cui i rimedi di tipo satisfattivo non siano possibili ovvero

soddisfacenti.

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

7

I rimedi della sostituzione e della riparazione possono essere invocati in tutti i

casi di non conformità del bene al contratto e, stante l’ampio contenuto della

disposizione in esame, si ritiene che detti rimedi ripristinatori possano trovare

ingresso qualunque sia la causa della problematica emersa, p.es. presenza di vizi o

mancanza delle qualità promesse o essenziali, ecc., e per il solo fatto oggettivo

dell’esistenza di detta problematica, dovendosi infatti prescindere -come detto- da

ogni profilo soggettivo quanto alla condotta del venditore, che in ipotesi potrebbe

anche essere esente da colpa.

Dunque, una volta che il consumatore abbia effettuato la denuncia di non

conformità, sorgono precisi obblighi di fare o di dare a carico del venditore, per

provvedere, senza oneri a carico del consumatore, alla riparazione o alla sostituzione

del bene: sul punto il comma 9° del citato art. 130 provvede a disciplinare i rapporti

fra eventuale richiesta e rimedio offerto, stabilendo che “dopo la denuncia del difetto

di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio

disponibile, con i seguenti effetti: a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno

specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie

conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo

accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto; b) qualora il

consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve

accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente

articolo”.

In particolare il compratore può chiedere, a sua scelta, al venditore la

sostituzione o la riparazione del bene, sempre che il rimedio espressamente richiesto

non sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro, con la

conseguenza che, in quest’ultimo caso, il consumatore dovrà necessariamente

orientarsi verso l’altro rimedio ripristinatorio e, solo in caso di insussistenza dei

presupposti anche per questo rimedio alternativo, potrà usufruire dei rimedi secondari

della risoluzione del contratto o della riduzione del prezzo, il tutto nei limiti di cui

all’8° comma del medesimo art. 130.

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

8

Dunque in primis “il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di

riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio

richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro”

(3° comma art. 130), mentre “…. può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione

del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la

riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il

venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il

termine congruo di cui al comma …(quinto)…; c) la sostituzione o la riparazione

precedentemente effettuatala arrecato notevoli inconvenienti al consumatore” (7°

comma, art. 130).

Pertanto, solo quando i rimedi ripristinatori sono entrambi possibili e non

eccessivamente gravosi, il compratore può scegliere liberamente l’uno o l’altro e, se

del caso, agire per ottenere l’esecuzione del rimedio prescelto stragiudizialmente,

mentre, se uno dei due rimedi comporti oggettivamente dei costi irragionevoli a

carico del venditore, il consumatore deve obbligatoriamente, sia per disposizione

della norma speciale che per il principio di buona fede, orientarsi verso l’altro

rimedio, potendo -in ultima analisi- procedere immediatamente con l’esercizio

dell’azione edilizia (riduzione del prezzo o risoluzione del contratto) solo se i rimedi

tanto della sostituzione del bene quanto della riparazione siano oggettivamente

impossibili o eccessivamente onerosi [art. 130, 7° comma, lett. a)] ovvero se il

rimedio ripristinatorio richiesto, nel caso in cui entrambi fossero possibili e non

eccessivamente onerosi, non sia stato eseguito nel congruo termine di legge [art. 130,

7° comma, lett. b)] ovvero se la sostituzione o la riparazione, precedentemente

effettuata, abbia causato notevoli inconvenienti al consumatore [art. 130, 7° comma,

lett. c)].

La valutazione della possibilità ovvero dell’eccessiva gravosità per il

venditore ovvero ancora dell’equivalenza o meno dei due rimedi in relazione a detti

parametri deve essere rimessa all’Autorità giudiziaria, in caso di mancato accordo in

sede stragiudiziale, e deve essere fatta su basi oggettive in relazione al caso concreto

con un giudizio necessariamente ex post, salva l’ipotesi di una immediata manifesta

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

9

sproporzione fra il denunciato vizio di non conformità del bene ed il rimedio

richiesto, che faccia apparire ictu oculi l’eccessiva onerosità per il venditore del

rimedio stesso.

In tale quadro normativo è stato affermato che l’eventuale immediata

proposizione dell’azione di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto, pur

sussistendo i presupposti per l’esperibilità dei rimedi ripristinatori, porterebbe

all’inammissibilità della domanda stessa, in caso di eccezione da parte del convenuto,

tenuto alla garanzia ex lege; sul punto è stato infatti condivisibilmente sostenuto che

il legislatore, prima comunitario e poi nazionale, ha privilegiato le azioni

ripristinatorie ex art. 130, comma 3°, TU (con il rimedio della riparazione o della

sostituzione) rispetto a quelle propriamente edilizie ex art. 130, comma 7°, TU (con il

rimedio della riduzione del prezzo o della risoluzione).

Va quindi condivisa l’opinione di chi ritiene necessaria un’eccezione del

venditore, sia pure senza necessità di ricorrere a formule sacramentali, per quanto

attiene all’inammissibilità dell’immediata domanda edilizia pur in presenza di

possibili rimedi di natura ripristinatoria.

Nel caso di specie non è stata sollevata, nei suddetti termini, alcuna eccezione

sulla proposizione della domanda edilizia di riduzione del prezzo, domanda da

individuare nella richiesta di pagamento dei costi di ripristino della vettura per le

allegate modifiche apportate all’auto rispetto alle caratteristiche indicate nella

pubblicità.

Per quanto riguarda in particolare l’esercizio dell’azione edilizia quanti minoris

(riduzione del prezzo) si ritiene applicabile, salva l’incidenza delle disposizioni

particolari dettate dalla disciplina speciale, la giurisprudenza elaborata in relazione

all’art. 1492 c.c.; quindi l’acquirente può agire giudizialmente per ottenere, mediante

una sentenza di natura costitutiva, la modifica del contratto quanto alla propria

obbligazione di pagamento del prezzo di acquisto. E’ evidente, in caso di

accoglimento della domanda, che se il prezzo non sia stato ancora pagato,

l’acquirente otterrà la mera riduzione della propria obbligazione ancora da adempiere,

mentre, se è già stato pagato il prezzo, l’acquirente ottiene, oltre all’accertamento del

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

10

diritto alla riduzione del prezzo, anche la condanna del venditore alla restituzione

della parte di prezzo risultata non dovuta.

Pertanto la finalità del rimedio edilizio della riduzione del prezzo è quella di

ristabilire il rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione, nonché di

porre il compratore medesimo nella situazione economica in cui si sarebbe trovato, se

il bene fosse stato immune da vizi (cfr. Cass. 12852/08); è bene poi precisare che

detta azione consente al compratore di ristabilire il rapporto di corrispettività tra

prestazione e controprestazione, ma solo con riguardo al minor valore della cosa

venduta, dovendo infatti ricorrere alla domanda risarcitoria per ottenere l’ulteriore

risarcimento (cfr. Cass. 5202/07: “Nel contratto di compravendita, qualora il bene in

oggetto presenti dei vizi che ne determinano la diminuzione del valore in relazione

alla minore utilità che dal medesimo si può trarre, il compratore, esercitando l'"actio

quanti minoris", ha diritto di chiedere una diminuzione del prezzo pattuito in una

percentuale pari a quella rappresentante la menomazione che il valore effettivo della

cosa consegnata subisce a causa dei vizi, in modo tale da essere posto nella

situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse

stata immune da vizi”).

Tradizionalmente, in mancanza di specifica normativa di riferimento nel codice

civile, l’individuazione della misura della riduzione è rimessa a criteri equitativi ed al

prudente apprezzamento del giudice, anche per esempio tenendo conto delle spese

sostenute o da sostenere per l’eliminazione del vizio, sempre secondo un parametro di

ragionevolezza e di adeguatezza.

Nella materia che qui ci occupa della tutela del consumatore, il più volte

richiamato art. 130 contiene una serie di riferimenti che, peraltro, per la loro

genericità non aiutano l’interprete; infatti al 2° comma si parla di “… riduzione

adeguata del prezzo …”, al 7° comma si parla di “ … (richiesta di)… una congrua

riduzione del prezzo …”, mentre all’8° comma si fa riferimento al pregresso uso del

bene, con la precisazione che “nel determinare l’importo della riduzione o la somma

da restituire si tiene conto dell’uso del bene”.

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

11

Dunque se l’azione per la riduzione del prezzo è finalizzata -come detto- a

ristabilire il rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione e se quindi

l’indagine del giudice è diretta a determinare il minor prezzo che il compratore

avrebbe pagato ove avesse avuto conoscenza dei vizi o, in base al codice del

consumo, della non conformità, si ritiene comunemente che un utile parametro di

riferimento possa essere rappresentato, rimanendo nel campo della vendita di

autovetture, proprio dal costo sopportato o che deve essere sopportato dall’acquirente

per eliminare il vizio o più in generale il difetto di conformità.

In questo modo, riducendo il prezzo di acquisto, si riesce, in prima

approssimazione, a ristabilire il rapporto di corrispettività tra la prestazione e la

controprestazione, tenendo conto dell’entità della minore utilità e del minor valore

effettivo del bene acquistato, rispetto a quello che appariva in sede di acquisto, a

causa del difetto scoperto dopo la conclusione del contratto.

Peraltro, nella materia che qui ci occupa, deve ritenersi che l’equazione ‘spesa

sostenuta uguale riduzione corrispondente del prezzo e quindi determinazione della

somma da restituire’ non è automatica, in quanto si deve pur sempre tener conto del

pregresso uso del bene, come codificato parametro di ragionevolezza ed adeguatezza

della riduzione.

L’art. 128, 3° comma, TU Consumo prevede -come detto- che “le disposizioni

del presente capo si applicano alla vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del

tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale

della cosa”.

Questo significa che tutti i difetti preesistenti alla consegna del bene usato e

derivanti dall’usura pregressa del bene, sempre che essi siano stati evidenziati al

cliente, non possono mai essere riconosciuti come difetti di conformità.

Va poi ricordato che l’esistenza del difetto di conformità si presume nel caso

in cui lo stesso si sia manifestato entro il termine di sei mesi dalla data in cui è

avvenuta la consegna del bene (art. 132, 3° comma, TU: “Salvo prova contraria, si

presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna

del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

12

natura del bene o con la natura del difetto di conformità”) e a questo punto si tratta di

verificare in quali termini si ponga questa disciplina nel caso di vendita di beni usati,

come l’autovettura in questione.

E’ al riguardo innegabile che la presunzione di esistenza di difetto originario

trova un’espressa deroga nell’inciso del citato articolo 132 (“ …. a meno che tale

ipotesi sia incompatibile con la natura del bene … ”), tant’è che -come detto- la

garanzia sull’usato si applica “tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo,

limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa” (cfr. citato art. 128,

3° comma, TU Consumo).

Chiusa questa parentesi, appare opportuno richiamare le singole voci in cui si

articola la domanda di parte attrice.

L’attore ha lamentato in primis che la vettura acquistata era stata modificata,

come rilevato dal centro assistenza Porsche di Roma, sia nella marmitta che nei

fanali; che tali modifiche non solo non erano state riportate nell’annuncio

pubblicitario, ma neanche gli erano state portate a conoscenza dal venditore al

momento della conclusione del contratto; che dal suddetto centro assistenza Porsche

di Roma era stata preventivata una spesa di 10.644,55 euro per poter ripristinare lo

stato originale della vettura.

Orbene, ribadito che l’attore ha a tal fine esercitato l’azione edilizia quanti

minoris, ritiene il Giudice che, a prescindere da quanto possa essere stato indicato

nell’annuncio pubblicitario sul sito internet “Autoscout24”, l’attore fosse stato portato

a conoscenza delle modifiche tecniche all’atto delle vendita e che, avendo concluso

coscientemente e consapevolmente il contratto di vendita, non possa ora pretendere

nulla in termini di riduzione del prezzo, al fine di sostenere i pretesi costi di ripristino

dello stato originario dell’autovettura.

Al riguardo, anche a non voler dare credito alla testimonianza di Margiotti

Rosaria, dipendente della ditta convenuta e -in base a quanto dalla stessa

spontaneamente riferito- a conoscenza dei fatti di causa per aver letto “ … la memoria

difensiva …”, è emerso, come riferito dal teste Cappa Giampaolo (precedente

proprietario della vettura) in relazione ai fatti della vendita ed alla telefonata con il

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

13

Soccol nel primo pomeriggio del 27/10/11, che “ … la Porsche 968 CS era una

vettura preparata per eventuali competizioni. In occasione di tale telefonata il Soccol

mi ha chiesto quali modifiche erano state apportate alla vettura. Adr: Non ricordo il

motivo per cui mi stava chiedendo tali informazioni. Adr: Mi disse che l’acquirente

era nel suo autosalone, Adr: Non mi disse né ho potuto capire se stesse con il sistema

viva voce. ...”; che “ … A seguito della richiesta del Soccol sulle modifiche apportate

alla Porsche 968 CS, ricordo di avergli detto che le modifiche riguardavano lo

scarico, una centralina (se ben ricordo) e il filtro dell’aria. Adr: La modifica allo

scarico l’avevo fatta io, come pure la centralina, visto che ne avevo cambiate due.

Adr: La centralina nuova era stata installata per aumentare la coppia ai bassi regimi

…”; che “ … avevo apportato delle modifiche anche all’estetica dell’auto; in pratica

i fanali erano fissi anziché ribaltabili come da fabbrica, poi i cerchi in lega erano

scomponibili anziché in monoblocco. Adr. Gli scarichi erano omologati, ma non

Porsche; mentre i fanali fissi erano Porsche, ma del modello 993, perfettamente

alloggiati nel vano fanali. Adr: Quanto alla scarico, se ben ricorso, avevo provveduto

alla sostituzione del pezzo finale. Adr: Non ho provveduto alle modifiche sul libretto

di circolazione, in quanto si trattava di modifiche minime. Ho passato senza problemi

la revisione e i controlli sulla strada delle forze dell’ordine ...”.

Nonostante che dalle dichiarazioni del teste Cappa non sia dato comprendere

se effettivamente, come sostenuto dalla convenuta, il colloquio telefonico fra il teste

ed il Soccol fosse avvenuto con modalità ‘viva voce’, è stato lo stesso attore a

confermare la circostanza: per inciso non vi è contestazione sul fatto che la telefonata

fra il Soccol ed il Cappa sia avvenuta, nonostante il mancato ricordo della data da

parte del teste, proprio il 27/10/11, quando il Lusi era andato a ritirare l’auto e a

sottoscrivere il contratto (cfr. doc. 1 di parte attrice).

Nella memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c., in replica alle deduzioni di parte

convenuta in comparsa di risposta, parte attrice ha invero allegato, con riferimento ai

fatti del 27/10/11, che “ …. Nel primo pomeriggio al rientro in concessionaria, atteso

che mancava il libretto tagliandi di manutenzione della vettura, lo stesso Soccol portò

nella propria stanza il Sig. Lusi al fine di telefonare al proprietario della vettura per

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

14

chiedere spiegazioni in merito. …”; che “ … la telefonata, in modalità “viva voce”

(della durata di un minuto) fu fatta nella stanza del Sig. Soccol in presenza soltanto

del Sig. Lusi, mentre la segretaria, Sig.ra Margiotti, era seduta alla propria scrivania,

in una stanza diversa da quella dove si stavano intrattenendo l’attore ed il titolare

della Soccol. …” e che “ … nella breve durata della telefonata (alla quale si ribadisce

era presente solo il Sig. Lusi), contrariamente a quanto vorrebbe far credere la

convenuta, il Sig. Soccol chiese al proprietario della vettura oggetto di causa

esclusivamente informazioni in merito al suddetto libretto tagliandi di manutenzione,

senza far alcun riferimento alle modifiche effettuate sulla vettura. …”.

Dunque, benché parte attrice non abbia depositato memoria ex art. 183/6 n° 1

c.p.c. e l’allegazione sui fatti del 27/10/11 in replica alle deduzioni della convenuta

sia avvenuta nella memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c., è innegabile che si tratti

comunque di circostanze che ben possono essere prese in considerazione ai fini della

decisione.

In conclusione è processualmente emerso che il Lusi fosse a conoscenza delle

modifiche apportate all’autovettura, che intendeva acquistare, e che nonostante ciò

abbia acquistato l’automezzo.

A tal proposito la conferma che il colloquio telefonico fosse avvenuto prima

della conclusione del contratto si ricava dalla stesse dichiarazioni del teste Cappa, il

quale infatti ha riferito che il Soccol gli aveva parlato di un cliente interessato

all’acquisto (cfr. teste Cappa: “ … Il Soccol mi disse che aveva trovato una persona

interessata all’acquisto e mi chiese se potevo recuperare i fari originari. …”) e, a

proposito della questione dei fanali, ha chiesto se c’era il rischio per la ditta di perdere

il cliente (cfr. teste Cappa: “ … In occasione di questa telefonata il Soccol mi chiese

solo delle modifiche apportate e della questione dei fanali, ma non mi spiegò il

motivo della sua richiesta. Confermo che mi disse che il cliente era lì presente ed io

mi preoccupai di chiedere se poteva perdere il cliente per la questione dei fanali.

Adr: Se ben ricordo mi disse che non c’era alcun problema perché c’erano delle

permute in ballo con detto cliente …”); quindi il contratto non era stato ancora

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

15

sottoscritto ed il Lusi ha appreso delle modifiche prima appunto della conclusione del

contratto.

Nonostante il teste Cappa abbia riferito della visita del Soccol presso la

propria abitazione e del costante richiamo di costui alla circostanza della telefonata

con modalità in viva voce, quasi a voler far ricordare al teste detta circostanza in

occasione dell’imminente chiamata in tribunale (cfr. teste Cappa: “… Qualche mese

fa ho incontrato a casa mia o meglio mi è venuto a trovare a casa mia Soccol

Giuseppe che mi ha parlato dell’odierna controversia e di essere stato truffato da un

signore, cioè dal Lusi. Mi disse esattamente il nome di Lusi,… . In questa occasione il

Soccol mi disse che la telefonata di cui ho detto era in viva voce, cosa che non

ricordo che mi abbia detto durante la telefonata stessa. Adr. Quando è venuto a casa

mia, il Soccol ha parlato della pendenza della causa e ha detto che tramite il viva

voce il cliente aveva sentito indirettamente il nostro colloquio sulle modifiche

dell’auto. Adr. Confermo di non ricordare che il Soccol, in occasione della telefonata

di cui ai capitoli, mi abbia detto che il telefono era in viva voce. …”), ritiene il

Giudice che il teste sia pienamente attendibile, in quanto, a proposito della telefonata

in viva voce, lo stesso ha dichiarato di non avere avuto elementi per ritenere che

effettivamente il telefono fosse in quella modalità ovvero che il Soccol, unico con cui

aveva parlato, facesse da tramite con una persona (appunto il Lusi) presente accanto a

lui (cfr. teste Cappa: “ … Adr: Non ricordo se, durante la telefonata, il Soccol desse

l’impressione di parlare con un’altra persona e riferisse a questa quanto stava

sentendo da me …”); quindi il teste non ha reso dichiarazioni compiacenti a favore

del Soccol su cose di cui non era sicuro.

Peraltro -come detto- è stato lo stesso Lusi che, dopo nulla aver detto sulla

circostanza in citazione, nella memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c. ha confermato

l’effettuazione della telefonata fra il Soccol ed il Cappa nell’ufficio del primo e l’uso

del telefono in modalità ‘viva voce’.

Non vi sono poi motivi per ritenere il teste influenzabile o influenzato dalla

visita del Soccol, anche in considerazione tanto del fatto che -come detto- il teste non

ha potuto confermare nulla, come già a suo tempo fatto presente al Soccol in

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

16

occasione della visita a casa, in ordine all’uso e meno della modalità ‘viva voce’

quanto del fatto che la Porsche era stata lasciata in permuta alla convenuta al

momento dell’acquisto, un anno e mezzo prima, di un’altra autovettura (cfr. teste

Cappa: “ … Adr: Era una Porsche 968CS, che avevo dato in permuta circa un anno e

mezzo prima, quando ho acquistato una Porsche 911 mod 996 turbo. Adr: Se ben

ricordo, proprio perché data in permuta e non in conto vendita, l’auto l’avevo

venduta alla Concessionaria. …”); quindi per il teste, non più proprietario della

Porsche, era indifferente se la vettura, ormai non più sua, fosse venduta e a quale

prezzo.

L’attore, nel confermare la telefonata fra il Soccol ed il teste Cappa, telefonata

in ‘viva voce’ alla quale ha assistito, ha allegato che l’oggetto della telefonata era solo

il libretto dei tagliandi, ma si tratta di circostanza non confermata dal teste, il quale ha

invero riferito che il libretto neanche lo aveva (cfr. teste Cappa: “ … Confermo la

circostanza della telefonata, ma non ricordo assolutamente la questione del libretto

tagliandi di cui mi si dice. Adr: Faccio presente che al momento del mio acquisto nel

1998, se ben ricordo, l’auto non aveva il libretto tagliandi; quindi quando l’ho data

in permuta l’auto non aveva il libretto dei tagliandi …”).

In conclusione, avendo l’attore conosciuto fin da prima dell’acquisto

l’esistenza delle modifiche -quella ai fanali, fissi anziché a scomparsa con

meccanismo di ribaltamento, appariva inoltre ictu oculi- ed avendo nonostante ciò

acquistato l’autovettura, è evidente che alcuna rilevanza processuale può avere la

pretesa successiva scoperta e segnalazione delle modifiche da parte del centro di

assistenza Porsche di Roma.

Dunque la domanda va rigettata in parte qua, poiché Lusi, al momento

dell’acquisto, era pienamente consapevole dell’esistenza delle modifiche alla

centralina elettronica, al filtro dell’aria, ai fanali ed allo scarico; quindi, a prescindere

da quanto esposto sul sito internet, non può parlarsi di non conformità del bene al

contratto, in quanto l’acquirente ben sapeva cosa stava comprando e ben era stato reso

edotto, prima della conclusione del contratto, delle modifiche tecniche apportate, una

delle quali -i fanali- costituiva, usando le parole del teste Cappa, una “ … modifica

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

17

peraltro lampante …”. Si consideri poi la fattura relativa all’acquisto, prodotta dallo

stesso attore come proprio doc. 2, in cui è scritto “saldo su acquisto veicolo visto e

piaciuto nello stato in cui si trova”.

Non rileva che nel documento sub 1, indicato dall’attore come ‘copia del

contratto di acquisto’, non si facesse menzione delle modifiche in quanto -come

detto- il contratto si è perfezionato dopo la ricordata telefonata, quando era chiaro,

tanto in chi vendeva quanto in chi acquistava, che la Porsche 968 CS, oggetto della

vendita, presentava le ricordate modifiche tecniche; quindi non vi è alcuna non

conformità del bene acquistato al contratto, così come concluso, e non vi è spazio per

alcuna pretesa sopravvenuta scoperta della non conformità.

L’attore ha inoltre instato per il risarcimento del danno patrimoniale sofferto,

in misura pari agli esborsi sostenuti.

Aprendo a questo punto un’ulteriore doverosa parentesi, si tratta di verificare

se ed in quale misura sia possibile proporre una domanda di risarcimento danni e

quale disciplina applicare, attesa la mancanza di disposizioni specifiche nel TU

Consumo.

Nelle osservazioni che seguono, a completamento del discorso introdotto

all’inizio della motivazione, è sempre implicito il riferimento al TU Consumo, salvo

diversa indicazione.

Orbene l’art. 135, il cui primo comma è di contenuto identico all’abrogato art.

1519 nonies c.c., prevede che “le disposizioni del presente capo non escludono né

limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento

giuridico” (1° comma) e che “per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano

le disposizioni del codice civile in tema di contratto di vendita” (2° comma, non

previsto nell’art. 1519 nonies c.c.).

Alla luce del dato normativo (TU Consumo) si deve quindi ribadire che,

ricorrendone i presupposti, deve essere sempre applicata la disciplina speciale

contenuta nel TU Consumo; va pertanto esclusa la possibilità per il consumatore di

scegliere di volta in volta la disciplina da applicare, secondo le convenienze del caso

concreto, dovendo sempre trovare applicazione la disciplina speciale in materia di

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

18

contratti di vendita di beni di consumo, salva la possibile integrazione con le norme

del codice civile nel caso in cui manchi su un punto particolare una specifica

regolamentazione.

Al riguardo valgono le seguenti osservazioni, che prendono in considerazione

le problematiche connesse alla compresenza nel nostro ordinamento di norme speciali

di derivazione europea e norme generali, ‘interne’ e preesistenti, destinate a

disciplinare lo stesso fenomeno giuridico.

In particolare, per quello che qui interessa, il fenomeno dell’esistenza di vizi e

difetti del bene acquistato è disciplinato, con modalità e conseguenze in parte

differenti, sia dal codice del consumo che dagli artt. 1490 e ss. c.c. ed il

coordinamento delle due normative ha costituito oggetto di acceso dibattito, con

prospettazione di soluzioni estremamente variegate, che prendono tutte, però, le

mosse dall’interpretazione del citato art. 135, che espressamente -come detto-

sancisce il principio della non esclusività delle disposizioni in esso contenute nella

regolamentazione dei diritti del consumatore in materia di garanzia.

Se è dunque chiaro che, come recita il citato art. 135, le disposizioni del

codice del consumo non escludono né limitano i diritti che sono attribuiti al

consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico, non può dubitarsi che si

possa invocare la tutela risarcitoria prevista in via generale dal nostro ordinamento

con riguardo ai danni provocati in conseguenza dell’acquisto di un bene di consumo,

anche se la normativa speciale contenuta nel codice del consumo non contiene alcuna

previsione al riguardo; infatti si deve ritenere, conformemente alla dottrina

dominante, che al di là dei quattro rimedi tipici previsti dall’art 130 a tutela dei diritti

del consumatore, il diritto al risarcimento del danno, in caso di difetto di conformità

del prodotto acquistato, trova cittadinanza nell’ambito della vendita consumeristica

in forza del primo comma dell’art 135 e trova attuazione attraverso il richiamo

contenuto nel secondo comma della stessa norma con riferimento alle disposizioni

contenute nel codice civile in tema di contratto di vendita.

Ribadisce pertanto il Giudice che, nel rispetto della ratio della normativa

comunitaria e visto il secondo comma del citato art. 135, la normativa sulla tutela del

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

19

consumatore, quale risulta attualmente dal citato TU Consumo, non esaurisce tutte le

possibili garanzie riconosciute al consumatore e che è possibile un’integrazione con

la normativa prevista dal codice civile.

In relazione a quest’ultimo profilo si è poi dibattuto in ordine

all’individuazione delle norme interne da applicare quali fonti della responsabilità

risarcitoria del venditore e precisamente ci si è domandati se si dovesse far

riferimento all’art. 1218 c.c. -i sostenitori di detta soluzione, ritenendo che gli artt.

129 e ss. del codice del consumo abbiano introdotto una vera e propria obbligazione

primaria di fornire un bene conforme al contratto, si richiamano alle regole relative

all’ordinaria responsabilità per inadempimento- ovvero all’art. 1494 c.c. -i sostenitori

di questa soluzione ricostruiscono la garanzia legale prevista dalla normativa

consumeristica in termini di responsabilità speciale, sullo stesso modello della

garanzia per i vizi della cosa venduta di cui agli artt. 1476 n. 3) e 1490 e ss. c.c.- ed al

riguardo ritiene il Giudice preferibile, stante il dettato letterale del richiamato art. 135,

la tesi della riconduzione della garanzia legale nell’ambito della responsabilità

speciale per garanzia in materia di compravendita e quindi all’art. 1494 c.c..

Non si tratta di una questione puramente di inquadramento dogmatico, in

quanto in astratto la prevalenza dell’una o dell’altra tesi potrebbe avere influenza in

ordine, p.es., alla questione della decadenza e prescrizione ed al criterio di

imputazione della responsabilità, istituti invero disciplinati in maniera diversa nel

caso di vendita in generale e nel caso di inadempimento contrattuale.

Inoltre, una volta scelto il modello di responsabilità al quale si deve fare

riferimento, è altrettanto discussa la possibilità di adattare la normativa interna,

richiamata in materia di risarcimento del danno, a quella prevista per gli strumenti di

matrice comunitaria.

In proposito sembra potersi rilevare che la riconduzione della garanzia legale

nell’ambito della responsabilità generale per inadempimento o in quello della

responsabilità speciale per garanzia in materia di compravendita -soluzione,

quest’ultima, che pare più aderente al tenore letterale del secondo comma dell’art.

135 del codice del consumo- è destinata a perdere gran parte della sua rilevanza

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

20

pratica, laddove si ritenga che esigenze di uniformità del sistema impongano di

coordinare, per le ipotesi di vendita di beni di consumo, la normativa civilistica,

applicabile in via residuale per quanto non previsto dalla normativa speciale, con

quella dettata dal codice del consumo, atteso che tale scelta interpretativa comporta,

in entrambi i casi, che l’esercizio del rimedio risarcitorio sia sottoposto ai termini di

decadenza e prescrizione previsti dall’art. 132 del codice di consumo e che la

responsabilità del venditore sia caratterizzata dalla natura sostanzialmente oggettiva e

prescinda dall’accertamento della colpa dell’alienante, così come previsto per gli altri

strumenti di tutela contemplati dall’art. 130 dello stesso codice.

La riconduzione ad unità del sistema, d’altra parte, appare la soluzione

preferibile, sia perché conforme alla vocazione all’armonizzazione integrale delle

discipline nazionali propria del diritto comunitario recepito nel nostro ordinamento ed

alla ratio di maggior tutela del consumatore che conforma la disciplina di matrice

europea della vendita di beni al consumo, sia perché, come è stato correttamente

osservato in dottrina, una diversa interpretazione della norma che consentisse

l’applicazione di termini di prescrizione e decadenza e di un criterio di imputazione

della responsabilità diversi per azioni che si basano sul medesimo presupposto -il

difetto di conformità- contrasterebbe con i principi di razionalità e logicità che

devono presiedere all’attività ermeneutica.

In conclusione, pur nel silenzio della disciplina del TU Consumo, si ritiene

ammissibile la domanda risarcitoria per danni conseguenti alla non conformità del

prodotto venduto; inoltre anche detta domanda deve ritenersi soggetta allo stesso

termine di decadenza e di prescrizione previsto dal citato art. 132 TU Consumo e non

a quello previsto dall’art. 1495 c.c. per la vendita in generale ed allo stesso criterio di

imputazione della responsabilità.

Dunque, una volta verificata l’ammissibilità della domanda risarcitoria, per

mancata proposizione dell’eccezione di decadenza e/o prescrizione (pacificamente

non rilevabile d’ufficio, in quanto nella disponibilità della parte interessata) ovvero

per infondatezza dell’eccezione stessa, la su individuata esigenza di uniformità deve

riguardare anche il merito e i presupposti stessi della domanda risarcitoria, con la

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

21

conseguenza che la responsabilità risarcitoria del venditore deve ritenersi

caratterizzata dalla natura sostanzialmente oggettiva e deve prescindere

dall’accertamento della colpa del venditore, così come previsto per gli altri strumenti

di tutela contemplati dall’art. 130 dello stesso codice; quindi in questi casi,

diversamente da quanto previsto dall’art. 1494 c.c., il risarcimento del danno deve

ritenersi non regolato dai principi generali in tema di inadempimento contrattuale.

L’obbligo risarcitorio a carico del venditore pertanto sussiste

indipendentemente da ogni considerazione circa il criterio di imputazione della

responsabilità e circa la conoscenza o conoscibilità dei vizi e/o difetti accertati; quindi

è necessario e sufficiente che il consumatore provi, in base a conferente allegazione,

l’esistenza dei vizi e dei difetti lamentati, delle conseguenze dannose e del nesso

causale fra gli uni e le altre.

Tornando al caso di specie, va ricordato che in citazione l’attore ha allegato

che “… il Sig. Lusi nell’immediatezza riscontrava una grave perdita d’acqua e tramite

la Europ Assistance per l’importo di €. 186,00 …, faceva trasportare la vettura presso

l’officina Centro Porsche Bologna – Soveco S.p.A …; … a causa del guasto il Sig.

Lusi si trovava costretto a ricorrere a mezzi alternativi per poter rientrare a casa

(noleggio vettura: €. 128,34 … ed inoltre, essendo privato della propria vettura per 70

giorni, è stato costretto ad utilizzare un auto a noleggio per un costo complessivo di €.

2.964,50 …; … che … in data 2 dicembre 2011 il Sig. Lusi incaricava l’Autoservizi

Nanni Group S.r.l. di prelevare la Porsche presso la Soveco di Bologna e di condurla

direttamente a Roma presso il centro assistenza Porsche per far eseguire una verifica

più approfondita, corrispondendo alla medesima società di trasporto la somma di €.

665,50 …”; che “ … dopo solo un giorno, precisamente il 3 dicembre 2011, la vettura

in prova – presso il suddetto centro assistenza Porsche di Roma – rimaneva

nuovamente in panne e, pertanto, veniva riparata al costo di €. 1.719,00, …” e che

pertanto aveva “… dovuto sostenere i costi del noleggio della vettura sostitutiva, dei

carro attrezzi (i.e. €. 3.944,34) e delle spese di assicurazione e di bollo della vettura

viziata (i.e. €. 223,69, €. 117,83), subendo pure un grave stress a causa della mancata

disponibilità dell’auto … a partire dallo stesso giorno di acquisto per un periodo di

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

22

tempo notevole che in via equitativa si quantifica in €. 5.000,00 ...” (cfr. atto di

citazione).

Come discorso di carattere generale, va ricordato che il creditore danneggiato

deve allegare non solo l’altrui inadempimento, ma deve anche allegare e provare

l’esistenza di una lesione cioè della riduzione di un bene della vita (patrimonio,

salute, immagine, ecc.), di cui chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al

fatto del debitore inadempiente: in ciò appunto consiste il danno risarcibile; in difetto

di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto, in quanto

il danno è ontologicamente differente ed ulteriore rispetto all’inadempimento (cfr.

Cass. 5960/05).

Conformemente ai principi generali in materia di risarcimento dei danni, va di

sicuro esclusa l’ipotizzabilità di un danno in re ipsa, che diversamente verrebbe a

coincidere con l’evento; l’evento è invece un elemento del fatto produttivo del danno

ed ormai si può ritenere pacifico (Cass. SU 26972/08) che il danno, ai sensi degli artt.

1223 e 2056 c.c., deve configurasi pur sempre come un danno-conseguenza e non

come danno-evento.

La domanda risarcitoria dei pretesi danni patrimoniali va accolta nei seguenti

termini.

Seguendo l’ordine delle domande attrici, va sicuramente accolta, essendo

pacifico il fatto storico del problema tecnico al radiatore e dell’ammessa riparazione

in garanzia, la domanda di risarcimento danni per l’importo di 186,00 euro, spesa

sostenuta per il trasporto ed il ricovero della vettura presso l’officina Centro Porsche

Bologna – Soveco Spa (cfr. doc. 4 di parte attrice: ricevuta fiscale n° 175/F del

27/10/11 di Euro Assistance).

Astrattamente sarebbe da riconoscere anche la somma di 128,34 euro per

noleggio di un’autovettura per poter ritornare a Roma da Bologna, ma nel caso di

specie dall’esame della fattura prodotta dallo stesso attore (cfr. doc. 5 di parte attrice:

fattura della Maggiore del 28/10/11) risulta che la stessa è intestata a tale ‘Saturnino

2000 Srl’, soggetto giuridico diverso dal Lusi, indicato solamente in fattura come

‘driver’, ma non come ‘soggetto fatturato’; quindi si deve ritenere che il costo del

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

23

noleggio ed il beneficio del rimborso Iva siano stati a carico e a favore della predetta

Saturino 2000 Srl. La domanda va pertanto rigettata in parte qua.

L’attore, sul presupposto di essere stato privato della propria vettura per 70

giorni, ha allegato che era stato costretto ad utilizzare un’auto a noleggio per un costo

complessivo di 2.964,50 euro, come da fattura allegata (cfr. doc. 6 di parte attrice:

fattura n° 42 del 20/1/12 della ditta Di Croce Enzo, intestata all’attore, per

complessivi 2.964,50 euro, Iva compresa, relativamente al noleggio per settanta

giorni di una vettura Alfa Romeo 156, tg BM142BX, al costo unitario di 35,00 euro

al giorno).

Orbene, premessa l’irrilevanza di quanto allegato dalla convenuta sul fatto

che l’attore sia proprietario di altre auto o moto -non risulta peraltro neanche allegato

dalla convenuta se dette auto fossero perfettamente marcianti e regolarmente

assicurate-, ritiene il Giudice, stante il pacifico riconoscimento del guasto al radiatore

e l’assunzione dell’obbligo di riparazione in garanzia da parte della venditrice, che la

convenuta è tenuta al risarcimento del danno per le spese che il Lusi, privato dell’uso

dell’autovettura per un incontestato difetto di conformità, ha dovuto ragionevolmente

sostenere per ovviare alla mancata disponibilità della vettura da poco acquistata.

Peraltro, poiché -come subito dopo si vedrà- l’auto era stata riparata dalla

Soveco Spa di Bologna ed era pronta per il ritiro fin dal 21/11/11 (cfr. doc. 8 di parte

attrice), è di tutta evidenza che il periodo in cui, per fatto della venditrice, il Lusi non

ha potuto usufruire della vettura è stato al massimo 25 giorni (dal 27/10/11 al

21/11/11); quindi, considerando non eccessiva l’utilizzazione in noleggio di una Alfa

Romeo 156 né incongruo il costo di 35,00 euro al giorno più Iva al 21%, l’attore ha

diritto, a titolo di risarcimento del danno per le spese sostenute per il noleggio di

un’auto sostitutiva, alla corresponsione della complessiva somma di 1.058,75 euro,

Iva compresa, ossia 875,00 euro (35,00 euro x 25 giorni) + Iva al 21%.

Non è dovuta, in quanto l’autovettura risultava riparata dal un centro

autorizzato Porsche e non è stato neanche allegato alcun legittimo impedimento a

tornare a Bologna, la somma di 665,50 euro, asseritamente spesa (cfr. doc. 9 di parte

attrice: fattura del 2/12/11) per far rientrare l’autovettura da Bologna a Roma per

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

24

mezzo della Autoservizi Nanni Group Srl; infatti, come risulta dalla lettera 21/11/11,

anticipata via fax dalla Soveco Spa di Bologna (cfr. doc. 8 di parte attrice),

l’autovettura Porsche del Lusi era pronta per il ritiro fin appunto dal 21/11/11.

Dunque l’autovettura, riparata da un centro autorizzato Porsche ed in difetto di

qualsiasi allegazione su una non perfetta riparazione che ne impedisse la circolazione

in piena sicurezza, ben poteva essere ripresa dal Lusi e portata a Roma via autostrada,

completando il viaggio iniziato il precedente 27 ottobre.

A tutto concedere, all’attore si sarebbe potuto riconoscere, come risarcimento

minimo, il costo del biglietto del treno da Roma a Bologna per andare a riprendere

l’autovettura, ormai riparata in garanzia (cfr. doc. 1 di parte convenuta: fattura n° 6-

701013 del 23/11/11 della Centro Porsche Bologna Soveco Spa intestata alla ditta

Soccol per i lavori sulla vettura del Lusi), ma nulla risulta provato e quindi nulla può

essere disposto in tal senso.

Analogamente non dovuto è l’importo di 1.719,00 euro per spese

asseritamente sopportate a causa di quanto avvenuto il 3/12/11, quando “ … la vettura

in prova – presso il suddetto centro assistenza Porsche di Roma – rimaneva

nuovamente in panne e, pertanto, veniva riparata al costo di €. 1.719,00 …” (cfr.

citazione).

Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione sull’episodio del 3/12/11,

si osserva che non vi è prova del ‘vizio’ in ipotesi verificatosi in tale occasione e della

sua configurabilità in termini di difetto di conformità. In tal senso, invero, alcun

elemento utile può desumersi dalla fattura prodotta dall’attore come doc. 10 (fattura e

scontrino fiscale del 21/1/12), in quanto si tratta di interventi o richiesti per puro

interesse e piacere dell’attore (montaggio radio, strumento multiplo S+R, adattatore

antenna) o eseguiti senza prova dell’effettiva necessità (sostituzione di componenti

vari: cinghie, anelli, guarnizioni, lampade) ovvero connessi alla sostituzione dei fanali

(due proiettori, due telai girevoli, due motori elettrici, ecc.), su cui già si è detto;

quindi, con riferimento a queste ultime spese, l’attore tende a reintrodurre la domanda

di rimborso per costi (sostituzioni fanali), che già si dovevano intendere ricompresi

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

25

nella prima richiesta di riduzione del prezzo per le lamentate (ma ben conosciute)

modifiche dell’autovettura.

In conclusione nulla è dovuto per le pretese ulteriori spese.

Per quanto riguarda la somma di 117,83 euro per ‘bollo’, si osserva, premesso

che con la dicitura ‘bollo’ deve ormai intendersi il riferimento alla ‘tassa di proprietà’

che ha sostituito la vecchia ‘tassa di circolazione’, che l’autovettura era di proprietà

dell’attore e quindi la tassa di proprietà si sarebbe dovuta comunque pagare; diverso

sarebbe stato il discorso se, come in passato, si fosse appunto trattato della tassa di

circolazione. Dunque nulla è dovuto per questa voce.

Per quanto riguarda la spesa per l’assicurazione (223,69 euro), la stessa

sarebbe dovuta per la quota parte relativa al periodo di mancato uso dell’autovettura,

ossia 25 giorni, ma non si hanno elementi per una tale liquidazione, anche in

considerazione del fatto che non si conosce l’origine della somma di 223,69 euro né

l’arco temporale di riferimento.

Nulla inoltre è possibile liquidare per il risarcimento del danno cd. da fermo

tecnico.

Al riguardo, il Giudice non ignora certo la giurisprudenza della Cassazione

sulla possibile liquidazione equitativa del danno da fermo tecnico del veicolo, a

seguito di sinistro stradale, anche in assenza di prova specifica del danno (cfr. da

ultimo Cass. 22687/13; Cass. 23916/06; Cass. 12908/04), ma non va dimenticato il

condiviso diverso orientamento della stessa Cassazione (cfr. Cass. 17135/11, in

motivazione; Cass. 12820/99), in forza del quale il danno da fermo tecnico non può

considerarsi sussistente in re ipsa, per il solo fatto che un veicolo sia inutilizzato dal

proprietario per un certo lasso di tempo, ma al contrario, come ogni danno, anche

quello da fermo tecnico deve essere provato.

Sul punto si richiama anche quanto detto sul danno-conseguenza.

Tanto premesso, è pertanto sicuramente dovuto il risarcimento del danno

patrimoniale nella misura pari alla somma di 1.244,75 euro, per le spese di cui si è

detto; si tratta infatti di una perdita patrimoniale (cd danno emergente) che l’attore ha

sofferto alla luce delle superiori osservazioni.

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

26

Dunque la convenuta va condannata al pagamento, a titolo di risarcimento dei

danni patrimoniali, della complessiva somma di 1.244,75 euro, oltre alla rivalutazione

monetaria, in base ai noti indici Istat sui prezzi al consumo per le famiglie di operai

ed impiegati, dalle date dei singoli pagamenti (precisamente dal 27/10/11 su 186,00

euro e dal 20/1/12 su 1.058,75 euro) fino alla presente sentenza e, sulle somme così

attualizzate, agli interessi legali dalla presente sentenza fino al saldo effettivo.

Non sono invece dovuti gli interessi compensativi, congiuntamente alla

rivalutazione monetaria per il periodo compreso fra i citati pagamenti e la presente

sentenza, in mancanza di prova del danno da ritardo.

Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta in

conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il danno

emergente, la giurisprudenza parla appunto di interessi compensativi (cfr. Cass.

11718/02; Cass. 2654/05), che vengono così a rappresentare una modalità

liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass.

4242/03), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo.

Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di liquidazione

equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la superiore

premessa sul danno-conseguenza, è allora evidente che non è configurabile alcun

automatismo nel riconoscimento di tali interessi in funzione risarcitoria, con

conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso presunzioni, a carico del

danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass. 12452/03; Cass. 20591/04; Cass.

22347/07).

Questi principi, dettati in ordine all’eventuale risarcibilità di un danno da

ritardo, sono stati recentemente ribaditi anche da Cass. 3355/10, che in motivazione

così precisa: “ … va ricordato che nei debiti di valore il riconoscimento di interessi

costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui

è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di

calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito.

Non gli è invece inibito di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme

progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

27

epoca intermedia; ovvero di determinare il tasso di interesse in misura diversa da

quella legale; ovvero, ancora, di non riconoscere affatto gli interessi se, in relazione

ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e

dalla redditività media del denaro nel periodo considerato, un danno da lucro

cessante debba essere positivamente escluso (Cass., n. 748/2000, cfr. anche Cass.,

nn. 490/1999 e 10751/2002). ….”.

Dunque il riconoscimento degli interessi compensativi, dalla data del fatto o

dai singoli esborsi, è possibile solo nel caso di allegazione e prova, da parte del

creditore, su di un eventuale danno da ritardo, ulteriore e maggiore rispetto a quello

risarcito con la rivalutazione (cfr. Cass. 12452/03; Cass. 2654/05 in motivazione: “ …

Gli interessi che vengono qui in considerazione sono interessi ‘compensativi’ …

possono …. non riconoscersi affatto se il giudice ritenga che la rivalutazione abbia

interamente coperto il danno da ritardato conseguimento dell'equivalente monetario

(in relazione ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione

monetaria e dalla redditività media del denaro nel periodo considerato, come

precisato da Cass., n. 4729/2001 e n. 12788/98), essendo inibito solo il calcolo degli

interessi al tasso legale sulle somme integralmente rivalutate a far data dall'evento

dannoso. ….”).

Del resto anche la nota Cass. SU 1712/95 richiede la prova -ed ancor prima-

l’allegazione di detto danno da mancato guadagno, in conseguenza del lamentato

ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno emergente

(cfr. Cass. SU 1712/95 : “ …. Tale prova può essere offerta dalla parte e

riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione

degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e

soggettive del caso. ….”).

In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno

dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non

sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto

dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice può

liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale danno sia

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

28

ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come detto-

costituiscono una mera modalità di liquidazione del danno.

Nel caso di specie nulla risulta provato dall’attore, in base a conferente

allegazione, nei termini su indicati.

Passando da ultimo alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali

(cfr. atto di citazione: “ … subendo pure un grave stress a causa della mancata

disponibilità dell’auto, come già detto, a partire dallo stesso giorno di acquisto per un

periodo di tempo notevole che in via equitativa si quantifica in €. 5.000,00; ...”), si

pone prima di tutto il problema dell’ammissibilità del risarcimento del danno non

patrimoniale nel caso, come quello che qui ci occupa, di inadempimento contrattuale.

Alla luce dell’orientamento delineato da Cass. SU 26972/08 la risposta non

può che essere affermativa, atteso che “il danno non patrimoniale, quando ricorrono

le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto

della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto

illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale”; anche

successivamente (cfr. Cass. 24145/10) è stato ribadito che, in questi casi (ipotesi

previste espressamente dalla legge o violazione di diritti della persona

costituzionalmente garantiti) “....l’interpretazione costituzionalmente orientata

dell’art. 2059 c.c. porta ad affermare che …. vi è l’obbligo di risarcire tale danno,

quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale …”.

In relazione al richiesto risarcimento del danno non patrimoniale, si ritiene, in

adesione a Cass. SU 26972/08, che lo stesso non è più automaticamente riconoscibile

in difetto di adeguata allegazione e prova.

Preliminarmente è necessario aprire una parentesi, ribadendo che il discorso

che si farà con riferimento all’ambito extracontrattuale, vale, mutatis mutandis, anche

nell’ipotesi di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale.

Orbene, superando precedenti impostazioni dogmatiche, la Cassazione è da

ultimo tornata ad una impostazione del danno basata sulla tradizionale bipartizione

fra danno patrimoniale, riconducibile nella previsione di cui all’art. 2043 c.c., e danno

non patrimoniale, riconducibile nella previsione di cui all’art. 2059 c.c..

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

29

Con particolare riferimento alla categoria dei danni non patrimoniali, oggetto

di specifico intervento chiarificatore della Suprema Corte a partire da Cass. 8827/03 e

8828/03 e successive sentenze ormai costanti, si osserva che in tale ambito vanno

ricompresi non solo i danni conseguenti a reato o previsti da specifiche disposizioni

di legge, ma anche quelli derivanti da lesione di valori della persona umana

costituzionalmente protetti (cfr. Cass. 12124/03; Cass. 16716/03).

Pertanto, conformemente alla tipicità della tutela offerta dall’art. 2059 c.c., il

danno non patrimoniale è appunto risarcibile solo nei casi determinati dalla legge (art.

185 c.p. in caso di reato e specifiche disposizioni di legge, p.es. in materia di libertà

personale, di riservatezza, di discriminazioni) ovvero nel caso di lesione di uno

specifico diritto inviolabile della persona umana costituzionalmente protetto (cfr.

Cass. SU 26972/08, che richiama e fa propri i principi di cui a Cass. 8827/03 e

8828/03): si noti al riguardo il dato normativo, in cui alla genericità ed atipicità

dell’art. 2043 c.c. (“qualunque fatto doloso o colposo …”) corrisponde la tipicità

dell’art. 2059 c.c. (“Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi

determinati dalla legge”).

Dunque ai fini dell’ammissione a risarcimento, ex art. 2059 c.c., ciò che rileva

è l’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona e costituzionalmente

rilevante, dal quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica;

quindi in tali termini si parla di danno non patrimoniale, indipendentemente

dall’indicazione descrittiva e classificatoria che si voglia ancora fare con riferimento

ad ipotetiche (tradizionali) voci o figure di danno (danno biologico, danno morale,

danno esistenziale, danno d’immagine, ecc.): nel caso di specie l’attore in citazione

ha allegato che aveva subito danni riconducibili alla tradizionale voce del danno

biologo e del danno esistenziale, a causa dello stress dovuto alle vicende allegate.

Al riguardo, rammentato che va esclusa la risarcibilità dei cd danni bagatellari

(cfr. citata Cass. SU 26972/08; Cass. 1766/14; Cass. 2370/14), cioè di quelle

situazioni che si configurano solo come stravolgimenti della quotidianità della vita,

sostanziantisi in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di

insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

30

monetizzate perché appunto bagatellari, si ribadisce che il presupposto generale per

l’ammissibilità del risarcimento dei danni non patrimoniali, nei casi in cui ciò sia

possibile alla luce di quanto detto, è costituito dalla gravità dell’offesa; infatti “… il

diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio

serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il

pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un

grado minino di tolleranza …”, con la precisazione che “… il risarcimento del danno

non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità

ed il pregiudizio non sia futile …” e che entrambi i requisiti, cioè la gravità della

lesione e la serietà del danno, “… devono essere accertati dal Giudice secondo il

parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico ….”

(cfr. citata Cass. SU 26972/08 in motivazione; Cass. 21415/14).

Tanto premesso, è allora evidente che tale pregiudizio può essere risarcito

purché -è bene ricordarlo- sia oggetto di specifica allegazione e prova da fornire

anche in via di presunzione (cfr. citata Cass. SU 26972/08: “il danno non

patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della

persona, costituisce danno conseguenza … che deve essere allegato e provato”): non

è certamente sufficiente la mera elencazione di possibili voci di danno non

patrimoniale per ritenere soddisfatto tale onere.

Nel caso di specie la domanda è assolutamente priva di qualsiasi prova del

danno non patrimoniale asseritamente subito dall’attore per effetto delle

problematiche tecniche riscontrate sull’autovettura acquistata.

Da ultimo si ribadisce che la riscontrata lacuna in ordine all’allegazione e

prova di precisi elementi oggettivi, da cui desumere l’esistenza stessa del danno

risarcibile, non può essere colmata ricorrendo all’equità, che infatti non può mai

equivalere ad arbitrio da parte del Giudice: l’equità soccorre quando è difficile o

impossibile l’esatta monetizzazione del danno, ma presuppone pur sempre la prova,

in base a conferente allegazione, degli elementi costitutivi del danno stesso, oltre che

dell’altrui responsabilità (cfr. Cass. 682/01; Cass.16202/02; Cass. 13761/04; Cass.

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

31

16992/05; Cass. 13288/07; Cass. 10607/10; Cass. 20990/11; Cass. 25222/11; Cass.

27447/11).

Alla luce delle risultanze di causa la domanda risarcitoria di parte attrice è

infondata e va rigettata in parte qua.

Le superiori conclusioni comportano il rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c.

di parte convenuta.

Stante l’esito complessivo del giudizio, le spese di lite vanno compensate per

metà, ponendo il residuo, liquidato in dispositivo, a carico della convenuta per il

grado di soccombenza.

Si dà atto che per la liquidazione delle spese deve essere applicato il Decreto

Ministero Giustizia n° 55 del 10/3/14 (GU n° 77 del 2/4/14) sui nuovi parametri

forensi, entrato in vigore il 3/4/14, prima che avesse termine l’attività professionale

dei legali; l’udienza di p.c. si è infatti tenuta il 30/6/14 ed i termini ex artt. 281

quinquies e 190 c.p.c. sono scaduti il 3/11/14 e pertanto deve essere applicato

integralmente il nuovo regime, alla luce dell’art. 28 del citato DM 55/14 (arg. ex

Cass. SU 17405/12, in relazione alla precedente riforma ex Decreto Ministero

Giustizia 20/7/12 n° 140).

Si è proceduto alla somma degli importi medi indicati nella seconda tabella

(giudizi di cognizione innanzi al tribunale) con riferimento, in base al valore accertato

e non a quello domandato, al secondo scaglione di valore (da 1.101,00 a 5.200,00),

tenuto conto della natura e del valore della controversia, della qualità e quantità delle

questioni trattate e dell’attività complessivamente svolta dal difensore (2.430,00

euro).

Su tale importo va operata la riduzione per compensazione.

Va nuovamente riconosciuto il rimborso forfettario (art. 2, 2° comma, citato

DM 55/14).

P.Q.M.

definitivamente pronunciando:

in parziale accoglimento della domanda attrice, condanna la convenuta Soccol Cars &

Boats di Soccol Giuseppe, in persona dell’omonimo titolare, (venditrice) al

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp

32

pagamento, in favore dell’attore Lusi Giovanni (acquirente) e a titolo di risarcimento

dei danni patrimoniali, della complessiva somma di 1.244,75 euro, oltre alla

rivalutazione monetaria ed agli interessi legali come meglio indicato in motivazione;

rigetta la domanda attrice quanto al resto;

rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. di parte convenuta;

compensa per metà le spese di lite e pone a carico della convenuta, per il grado di

soccombenza, il residuo che liquida in 1.215,00 euro per compensi professionali e in

120,00 euro per spese, oltre rimborso forfettario, Cp ed Iva come per legge.

Così deciso a Roma, il 30/1/15

il Giudice

dott. Francesco Remo Scerrato

Firm

ato

Da:

SC

ER

RA

TO

FR

AN

CE

SC

O R

EM

O E

mes

so D

a: P

OS

TE

CO

M C

A3

Ser

ial#

: 184

8

Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015RG n. 20068/2012

Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015

http://bit.ly/1gddyEp