Sentenza n. 2222/2017 pubbl. il 13/10/2017 RG n. 6535/2011 ... · precisazione delle conclusioni....

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pagina 1 di 33 N. R.G. 6535/2011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA QUARTA SEZIONE CIVILE SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Fabio Florini Presidente dott. Giovanni Salina Giudice Relatore dott.ssa Daria Sbariscia Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6535/2011 promossa da: Firmato Da: FLORINI FABIO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1655f9 - Firmato Da: SALINA GIOVANNI Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 161554 - Firmato Da: CARDUCCI LUANA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 10793f Sentenza n. 2222/2017 pubbl. il 13/10/2017 RG n. 6535/2011 http://bit.ly/2DTHxRz

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N. R.G. 6535/2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

QUARTA SEZIONE CIVILE

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Fabio Florini Presidente

dott. Giovanni Salina Giudice Relatore

dott.ssa Daria Sbariscia Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6535/2011 promossa da:

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RAINBOW SRL (C.F. 01398510428), con il patrocinio dell’avv. MORETTI

MICHELE e dell’avv. CORONA SANDRO, elettivamente domiciliato in VIA

SANTA MARIA AL COLLE, 20 40100 BOLOGNA presso il difensore avv.

CORONA SANDRO.

ATTORE

contro

FRIDERICO GATTI (C.F. GTTFDR74H10Z150S), con il patrocinio

dell’avv. RIZZO ALESSANDRA e dell’avv. MAZZA CLAUDIO,

elettivamente domiciliato in GALLERIA GUGLIELMO MARCONI 1 40122

BOLOGNA presso il difensore avv. RIZZO ALESSANDRA.

RIO LICENSING COMPANY LIMITED (C.F. ), con il patrocinio

dell’avv. TOTARO ALESSIO, elettivamente domiciliato in VIA

D’AZEGLIO N. 19 BOLOGNA presso il difensore avv. TOTARO

ALESSIO.

ROMAN FEDOTOV (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. TOTARO ALESSIO

e dell’avv. PERRELLA CLAUDIO, elettivamente domiciliato in VIA

D’AZEGLIO 19 40100 BOLOGNA presso il difensore avv. TOTARO

ALESSIO.

CONVENUTI

CONCLUSIONI

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Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di

precisazione delle conclusioni.

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, la società Rainbow s.r.l., in

persona del suo legale rappresentante pro-tempore, conveniva in giudizio,

innanzi all’intestato Tribunale, Friderico Gatti, Roman Fedotov e la società di

diritto russo Rio Licensing Company Limited, in persona del suo legale

rappresentante pro-tempore, chiedendo che l’adìto Tribunale, previo

accertamento della loro concorrente responsabilità, ex artt. 98-99 CPI e 64

quinquies L.d.a., a titolo di sottrazione di informazioni aziendali segrete,

know-how e banca-dati di proprietà dell’attrice, nonché, a norma dell’art.

2598 nn. 2 e 3 c.c., a titolo di concorrenza sleale, condannasse i convenuti, in

solido tra loro, al risarcimento dei danni sofferti dall’attrice in conseguenza

dei denunciati illeciti, condannando altresì il convenuto Friderico Gatti alla

restituzione del compenso percepito in costanza del rapporto di lavoro per

violazione dell’obbligo di non concorrenza.

L’attrice, inoltre, chiedeva inibirsi ai convenuti la prosecuzione delle attività

illecite descritte in citazione, nonché l’utilizzo, la pubblicizzazione e la

commercializzazione delle informazioni segrete illecitamente ad essa sottratte,

ponendo a carico dei convenuti una penale pecuniaria per ogni violazione e/o

per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’emananda sentenza, e, infine, la

pubblicazione dell’invocato provvedimento.

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In particolare, l’attrice, società operante nel settore delle produzioni video,

audio, animazione e comunicazione, tra le quali il noto cartone animato “Winx

Club” del quale erano state realizzate quattro serie televisive accompagnate da

un’importante attività di merchandising, deduceva che l’ex dipendente

Friderico Gatti, assunto nell’anno 2004 con qualifica di direttore commerciale

e successivamente dimessosi nell’aprile del 2010, in concorso con il proprio

ex agente per il mercato russo, Rio Licensing Ltd, e del managing director di

quest’ultima, Roman Fedotov, aveva sottratto ed utilizzato, in danno di

Rainbow e a vantaggio della concorrente società SANRIO, titolare del

marchio Hello Kitty, le informazioni aziendali, tecniche, industriali e

commerciali segrete nella sua materiale disponibilità per ragioni di servizio,

costituenti il know-how dell’attrice, nonché la banca-dati di quest’ultima e le

sue strategie commerciali, violando, in tal modo, i diritti di proprietà

industriale ed intellettuale nella titolarità dell’attrice ed i patti di non

concorrenza e riservatezza sottoscritti in costanza del predetto rapporto di

lavoro.

Lamentava, quindi, la società Rainbow s.r.l. che le condotte poste in essere dai

convenuti erano tutte finalizzate ad estromettere dal mercato russo i prodotti a

marchio Winx Club, favorendo la commercializzazione dei prodotti a marchio

Hello Kitty anche attraverso l’avvio di contatti con licenziatari, agenti e

distributori di Rainbow operanti nel suddetto mercato, con conseguente grave

danno patrimoniale, emergente e da lucro cessante, per la società attrice.

Con separate comparse di risposta si costituivano in giudizio i convenuti,

eccependo, in via pregiudiziale, quanto ai convenuti Roman Fedotov e Rio

Licensing, il difetto di giurisdizione dell’adìta Autorità Giudiziaria, e, quanto,

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al Gatti, l’incompetenza territoriale del Tribunale di Bologna, e, in via

preliminare, l’applicabilità della legge russa ed il difetto di legittimazione

passiva del convenuto Fedotov.

Nel merito, i convenuti contestavano la fondatezza delle deduzioni svolte

dall’attrice, e, concludendo, chiedevano il rigetto delle domande ex adverso

formulate.

Inoltre, la convenuta Rio Licensing, in via riconvenzionale, chiedeva la

condanna della società attrice al risarcimento del danno da “illegittima

interruzione dei rapporti contrattuali” ed il convenuto Gatti la declaratoria di

nullità della patto di non concorrenza previsto dal contratto stipulato con

l’attrice.

Nel corso del giudizio, espletati gli incombenti di cui all’art. 183 c.p.c., il

Giudice, con ordinanza resa in data 24/5/2013, fissava udienza di precisazione

delle conclusioni e, successivamente, all’udienza del 27/2/2014, rimetteva la

causa al Collegio per la decisione.

Con ordinanza collegiale resa in data 28-5/14 – 4/6/14, il Tribunale,

riservando unitamente a quella sul merito la decisione in ordine alle questioni

pregiudiziali e preliminari poste dai convenuti, disponeva la rimessione della

causa in istruttoria, ammettendo le prove per interrogatorio formale e per testi

dedotte dalle parti.

Successivamente, con ordinanza del 22/9/2015, in parziale accoglimento

dell’istanza avanzata, a norma dell’art. 75 c.p.p., nell’interesse dei convenuti,

il G.I. dichiarava l’estinzione del giudizio limitatamente alla domanda

proposta dall’attrice di risarcimento del danno non patrimoniale.

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Infine, esaurita l’istruttoria orale in precedenza ammessa e previa reiezione

delle residue istanze istruttorie avanzate dall’attrice, il Giudice fissava udienza

di precisazione delle conclusioni e, con ordinanza datata 6/2/2017, rimetteva

la causa al Collegio per la decisione, assegnando alle parti i termini di cui

all’art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e di memorie di

replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Giova, in primo luogo, dare atto che, in data 14/11/2016, parte convenuta ha

reiterato l’istanza di estinzione del giudizio a norma dell’art. 75 c.p.p.

Come esposto in premessa, con provvedimento reso il 22/9/2015, il designato

Giudice Istruttore, accogliendo parzialmente un’analoga istanza formulata

sempre dai convenuti, aveva dichiarato l’estinzione del presente giudizio

limitatamente alla domanda attorea di risarcimento del solo danno non

patrimoniale in ragione della documentata costituzione di parte civile della

società attrice nel processo penale instaurato a carico dei convenuti per i

medesimi fatti illeciti oggetto del presente procedimento civile.

Orbene, ritiene il Collegio che, a parziale modifica dell’ordinanza emessa dal

G.I., l’istanza come sopra formulata e reiterata dai convenuti vada, invece,

accolta anche in relazione alla richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali.

Ed invero, dalla documentazione allegata dall’istante, e come del resto già

rilevato dal G.I. nella sopra richiamata ordinanza del 22/9/2015, la società

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Rainbow s.r.l., con atti del 26/11/2013 e 27/5/2015, si era costituita parte

civile nel procedimento penale instaurato a carico dei convenuti in relazione ai

medesimi fatti illeciti denunciati con l’atto introduttivo del presente giudizio

civile, limitando, però, (con il secondo atto), la predetta costituzione di parte

civile ai soli danni non patrimoniali.

Ritiene, tuttavia, il Collegio che tale limitazione non sia giuridicamente

ammissibile.

Infatti, per effetto del trasferimento dell’azione civile in sede penale, mediante

la costituzione di parte civile in epoca successiva al promovimento del

giudizio civile, quest’ultimo, ai sensi dell’art. 75 c. I c.p.p., si è, ipso iure,

estinto (limitatamente alla corrispondente domanda risarcitoria).

Come noto, si tratta di un effetto automaticamente riconducibile ad un fatto

processuale, che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale (v. ad

es. Cass. Sez. III 16/5/2012 n. 7633; Sez. I 5/4/2013 n. 8353; Sez. VI

21/10/2015 n. 21318), determina, ope legis, una vicenda estintiva del processo

civile, rilevabile ex officio, perché comporta la rinuncia agli atti del giudizio

civile, ricorrendo, come detto, il presupposto dell’identità soggettiva

(personae) ed oggettiva (petitum e causa petendi) delle due azioni.

A quest’ultimo riguardo, deve, infatti, rilevarsi l’inammissibilità del

frazionamento del credito risarcitorio così come operato dalla società attrice.

In primo luogo, la predetta limitazione della domanda risarcitoria appare già

smentita dalla stessa sentenza acquisita agli atti del presente processo, con cui

il Tribunale di Ancona, definendo il suddetto procedimento penale, ha

accertato e liquidato, in via di mera provvisionale, il danno riconosciuto alla

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società Rainbow s.r.l. in termini di pregiudizio patrimoniale, costituito “dai

soli costi per il ripristino dei files...”, circostanza, quest’ultima, di per sé,

difficilmente compatibile con una mera richiesta di risarcimento circoscritta al

solo danno non patrimoniale.

In ogni caso, l’eventuale parcellizzazione del credito risarcitorio, ove operata,

non sarebbe ugualmente ammissibile.

Infatti, a partire dal revirement compiuto dalle Sezioni Unite nell’anno 2007

(Sent. N. 23726/07), la scomposizione della domanda di risarcimento danni

deve essere ritenuta improponibile/inammissibile, in quanto siffatto

comportamento processuale del danneggiato integra gli estremi, oggettivi e

soggettivi, dell’abuso del processo attraverso il frazionamento di un credito,

invece, unitario.

In particolare, la Corte di legittimità ha, reiteratamente, censurato l’uso

distorto dello strumento predisposto dall’ordinamento per la tutela

giurisdizionale del diritto, ravvisando la violazione del principio di

solidarietà, ex art. 2 Cost., nonché di quelli di buona fede e correttezza ex art.

1175 c.c., nella condotta del danneggiato che non deduca nella domanda

giudiziale l’intero rapporto obbligatorio di cui è titolare, operando una

scissione del contenuto dell’obbligazione.

Con recente pronuncia (v. Cass. Civ. Sez. VI 21/10/2015 n. 21318), la

Suprema Corte ha altresì esteso tali principi e, segnatamente, il divieto di

frazionamento della domanda giudiziale, alla materia dei crediti derivanti da

illeciti extracontrattuali, affermando la coerenza di tali enunciazioni con la

domanda di risarcimento da fatto illecito.

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Infatti, in un’ottica volta ad assicurare la ragionevole durata del processo e a

garantire la certezza dei rapporti giuridici, è stata ritenuta prevalente

l’esigenza pubblicistica dell’eliminazione definitiva dell’incertezza sulla

singola fattispecie, rispetto alla soddisfazione delle pretese frammentarie del

loro titolare, ponendo precisi limiti oggettivi alla domanda giudiziale

La Corte di Cassazione, con argomentazioni assolutamente condivisibili, ha,

quindi, ritenuto che, anche nell’ambito del rapporto extracontrattuale,

meritino tutela i valori di buona fede e correttezza, che impongono la

protezione del danneggiante a non subire inutili duplicazioni dell’attività

processuale (ed i relativi costi ed oneri), essendo il nucleo dei fatti storici

rilevanti per l’individuazione del diritto non suscettibile di scomposizione, né

di frazionamento, con la conseguenza che anche l’azione per il risarcimento

del danno extracontrattuale deve essere considerata unitaria.

Pertanto, alla luce dei principi sopra enunciati, ritenuta l’inammissibilità

dell’(eventuale) disarticolazione del rapporto sostanziale unitario e, quindi,

dell’(eventuale) parcellizzazione della domanda giudiziale da parte

dell’odierna attrice, nella fattispecie in esame, per effetto del (successivo)

trasferimento in sede penale dell’azione civile, deve dichiararsi, ex officio, a

norma del citato art. 75 c. I c.p.p., l’estinzione, ipso iure, del presente giudizio

anche con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni patrimoniali.

La dichiarata estinzione, tuttavia, opera con riferimento alle sole domande

risarcitorie in ragione dell’identità oggettiva e soggettiva ravvisabile tra

l’oggetto del definito procedimento penale ed il thema decidendum del

presente giudizio civile, escluse, per ciò, le ulteriori richieste di accertamento

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degli illeciti denunciati in citazione, di inibitoria, di imposizione di penale

pecuniaria e di pubblicazione della sentenza.

L’estinzione del giudizio avrebbe coinvolto anche la domanda attrice di

condanna del Gatti al rimborso del compenso percepito in asserita violazione

del patto di non concorrenza previsto dal contratto di lavoro inter partes, in

quanto avente natura e contenuto sostanzialmente risarcitori.

Al riguardo, però, va rilevato che la società attrice, in sede di definitiva

precisazione delle conclusioni, non ha più riproposto la predetta richiesta,

rinunciando, per ciò, a qualsiasi domanda fondata su titoli di responsabilità

contrattuale, come, appunto, quella in commento.

La sopra rilevata rinuncia, in quanto sopravvenuta in corso di causa, non

preclude, tuttavia, la delibazione in merito alla domanda originariamente

formulata, in via riconvenzionale dal Gatti, di nullità del patto di non

concorrenza post-contrattuale posto dall’attrice a fondamento della predetta

richiesta ancorchè, come detto, non più coltivata.

Tale questione, per ragioni espositive e sistematiche, verrà trattata in seguito.

Circoscritto il (residuo) thema decidendum alle sole domande attoree non

estinte perché non aventi natura risarcitoria, occorre, in primo luogo, valutare

la fondatezza delle questioni, pregiudiziali e preliminari, poste dai convenuti.

Per quel che concerne l’eccepito difetto di giurisdizione, come noto, a norma

dell’art. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina in base alle iniziali allegazioni

di parte attrice, la cui fondatezza o meno rileva ai soli fini della decisione sul

merito, ma non certamente sotto il profilo, pregiudiziale, della competenza

giurisdizionale.

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Al riguardo, occorre rilevare che, come già sostanzialmente anticipato

nell’ordinanza collegiale depositata in data 4/6/2014, nella fattispecie in

esame, deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice italiano, e ciò in

ragione dell’omogeneità e, quindi, ex art. 6.1. Convenzione di Bruxelles, della

forte connessione oggettiva ravvisabile tra i titoli di responsabilità

(extracontrattuale concorrente e solidale di cui agli artt. 2055, 2598 cod. civ. e

98-99 CPI) dedotti dalla società attrice nei confronti sia del convenuto Gatti

Friderico, parte processuale indubbiamente soggetta alla giurisdizione del

giudice italiano, sia dei convenuti Fedotov Roman e Rio Licensing Company

Ltd.

Inoltre, in virtù della clausola n. 24 del contratto di agenzia inter partes, la

statuizione che precede va estesa anche all’ulteriore e concorrente titolo di

responsabilità, di natura contrattuale, allegato dall’attrice nei confronti dei

convenuti Fedotov e Rio Licensing, per asserito inadempimento delle

obbligazioni assunte con il menzionato contratto e, segnatamente, del patto di

non concorrenza e di riservatezza previsti dal contratto di agenzia inter partes.

Quanto all’ulteriore questione pregiudiziale di competenza territoriale posta

dal convenuto Gatti Friderico, si ritiene che l’adìto Tribunale di Bologna sia,

ratione loci, competente a conoscere della presente controversia tenuto conto

sia del titolo di responsabilità extracontrattuale, per concorrenza sleale c.d.

interferente, definitivamente dedotto dall’odierna società attrice nei confronti

del convenuto eccipiente, sia del criterio determinativo della competenza

funzionale ed inderogabile previsto dagli artt. 3 D.lvo n. 168/03 e 120 CPI

(locus commissi delicti), in forza dei quali la presente controversia è stata

correttamente radicata avanti alla allora Sezione Specializzata in Materia di

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Proprietà Industriale ed Intellettuale del Tribunale di Bologna che, all’epoca di

introduzione della lite, era, per legge, funzionalmente ed inderogabilmente

competente, ratione temporis, anche per quelle altrimenti soggette alla

competenza dei tribunali aventi sede nella Regione Marche, luogo,

quest’ultimo, di verificazione del lamentato evento dannoso, con vis actractiva

c.d. forte nei riguardi delle ulteriori cause e domande ad essa connesse.

Infine, si ritiene che, nel presente giudizio, debba applicarsi la legge italiana,

avuto riguardo allo status soggettivo del convenuto Gatti Friderico, alle

specifiche pattuizioni sul punto contenute nel contratto di agenzia stipulato

dalla società attrice e dalla società convenuta, al ruolo formalmente assegnato

al convenuto Fedotov in seno alla società russa contraente, nonché alla stretta

interdipendenza o connessione, oggettiva e soggettiva, esistente, da un lato, tra

i dedotti titoli di responsabilità e, dall’altro, tra le domande formulate

dall’attrice, da ritenersi così radicale e profonda da rendere necessaria o,

quantomeno, opportuna, in ossequio ai principi di economia processuale e di

ragionevole durata del processo, l’individuazione di un’unica legge (quella

italiana) regolatrice dei dedotti rapporti giuridico-processuali-sostanziali,

come detto, tra di loro fortemente interferenti.

Diversamente opinando, il convenuto Fedotov sarebbe (irragionevolmente)

soggetto alla legge italiana, ex art. 24 contratto di agenzia, in relazione al

titolo di responsabilità contrattuale come sopra allegato da Rainbow s.r.l., e

alla legge russa, ex art. 62 L. n. 218/95, per la responsabilità extracontrattuale.

Per quel che riguarda l’eccepito difetto di legittimazione passiva in capo al

convenuto Roman Fedotov, si osserva che, sulla scorta delle allegazioni, in

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fatto e in diritto, svolte dall’attrice in citazione, vi è perfetta coincidenza tra il

soggetto indicato come presunto responsabile dei denunciati illeciti e quello

specificatamente evocato, a tale titolo, in giudizio, sicchè, nella fattispecie in

esame, si pone non un problema di legitimatio ad causam in senso stretto,

bensì di mera titolarità, a latere debitoris, dell’obbligazione risarcitoria dedotta

in causa e di soggettiva imputabilità al convenuto, in proprio, degli illeciti

denunciati dalla società attrice, la quale (titolarità), come noto, costituisce

questione di merito.

Detto questo e passando, quindi, all’esame del merito (residuo) della presente

controversia, appare anzitutto opportuno dare atto che, in comparsa

conclusionale, l’attrice ha testualmente precisato e riassunto l’oggetto del

presente giudizio, affermando che “la presente controversia trae origine

dall’indebita appropriazione di dati, documenti, informazioni riservate

costituenti il know-how della RAINBOW ad opera del sig. Friderico Gatti e

della conseguente indebita utilizzazione di tale know-how della RAINBOW

da parte di Gatti e della Rio Licensing e del sig. Roman Fedotov, a favore del

principale concorrente di RAINBOW, la società SANRIO titolare del marchio

HELLO KITTY”.

Come in precedenza esposto, la materia del contendere, per effetto delle

precedenti statuizioni, si è ridotta alle sole domande attoree di accertamento

degli illeciti addebitati ai convenuti, in concorso tra loro, (id est, illecita

sottrazione ed utilizzazione, ex artt. 98-99 CPI e 64 quinquies LdA, di

informazioni aziendali riservate costituenti know-how e banca-dati di

proprietà dell’attrice, di concorrenza sleale a norma dell’art. 2598 nn. 2 e 3

c.c., di violazione del patto di riservatezza e non concorrenza previsto dal

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contratto di agenzia), e, conseguentemente, di inibitoria di tali attività, di

imposizione di penale pecuniaria per ogni futura violazione e di pubblicazione

della invocata sentenza.

Sempre ai fini del miglior inquadramento possibile della presente

controversia, occorre altresì evidenziare che, in relazione ai medesimi fatti

oggetto del presente giudizio civile, la competente A.G. ha pure promosso a

carico di Gatti e Fedotov, nelle rispettive qualità e cariche in seno,

rispettivamente, alla società attrice e alla società Rio Licensing, un

procedimento penale definito dal Tribunale di Ancona con sentenza, gravata

di appello, N. 1530/16, del 5/7/2016.

La sentenza in questione risulta essere stata resa all’esito di indagini e di

istruttoria dibattimentale che, se non proprio speculare, appare quantomeno

oggettivamente e soggettivamente analoga e quasi sovrapponibile a quella

espletata nel presente giudizio civile.

Tutto ciò premesso, va, in primo luogo, valutata la posizione processuale del

convenuto Roman Fedotov, il quale, come in precedenza esposto, ha eccepito

la propria carenza di legittimazione passiva, rectius di titolarità dei fatti e

responsabilità dedotti dall’attrice.

Orbene, secondo la prospettazione attorea, il Fedotov avrebbe commesso i

predetti illeciti in concorso con i convenuti Gatti e Rio Licensing, in proprio e

quale dipendente-dirigente di quest’ultima, al fine di boicottare i servizi ed i

prodotti a marchio Winx Club, a beneficio di quelli, concorrenziali, a marchio

Hello Kitty.

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Diversamente dall’altro convenuto Friderico Gatti al quale, a prescindere dalla

fondatezza o meno delle relative allegazioni, sono stati contestati specifici

comportamenti illeciti, al convenuto Roman Fedotov, invece, l’odierna attrice

ha genericamente contestato di aver prestato la propria collaborazione al

compimento delle medesime attività illecite ascritte al Gatti, senza, però,

precisare le modalità dell’ipotizzato concorso, sia a titolo personale, che a

titolo di dipendente ma non rappresentante della società Rio Licensing, a sua

volta, agente di Rainbow s.r.l.

L’indeterminatezza degli addebiti a titolo personale, unitamente alla

circostanza che il Fedotov non rivestiva ruoli rappresentativi della società

convenuta cui eventualmente imputare gli illeciti denunciati dall’attrice,

impongono, per ciò solo, il rigetto delle domande così come formulate da

quest’ultima nei di lui confronti.

Soltanto in comparsa conclusionale, la società attrice ha allegato, nei riguardi

del Fedotov, un nuovo e mai prima dedotto titolo di responsabilità, di natura

personale, dell’institore reticente ex art. 2208 c.c., prospettando altresì una sua

veste di plenipotenziario e di amministratore-legale rappresentante di fatto,

che, al di là della tempestività ed ammissibilità processuale della relativa

asserzione, quale mutatio libelli o, comunque, nuova causa petendi

tardivamente allegata, è rimasta anche priva di qualsivoglia riscontro

istruttorio.

Come detto, la società attrice, in primis, ha contestato ai convenuti la

violazione dei suoi diritti di proprietà industriale ed intellettuale, ex artt. 98-99

CPI e 64 quinquies LdA, assumendo, sul punto, la illegittima sottrazione e

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l’indebita utilizzazione di informazioni aziendali riservate e addirittura

segrete, costituenti, nel loro complesso, il know-how dell’impresa, oltre che la

sua banca-dati.

Come noto, l'art. 98 c.p.i. si riferisce a tutto ciò che può rientrare nella nozione

di know-how; quindi: informazioni di natura tecnica o commerciale (a tal fine

apparendo indifferente la natura, potendo trattarsi di esperienze aziendali

tecnico-industriali o informazioni di carattere commerciale, o, ancora,

informazioni relative alla organizzazione, o, infine, informazioni finanziarie,

di gestione o di marketing).

Tali informazioni devono essere relative ad un processo tecnico produttivo o

distributivo o organizzativo di attività economica, il cui valore è dato dal

risparmio realizzato dall'imprenditore con la sua utilizzazione.

Invero, dette informazioni potranno pure essere singolarmente accessibili al

pubblico con una attività non inventiva, giacchè è la loro combinazione ad

attribuire loro valore e renderle appetibili ai terzi.

Conseguentemente, data una informazione di tale natura, le condizioni cui il

legislatore subordina la loro tutela sono: 1) che siano soggette al legittimo

controllo del detentore, sia esso l'ideatore delle stesse, sia esso colui che è

autorizzato ad utilizzarle con il consenso del titolare; 2) che siano segrete: in

tal senso non occorre che siano assolutamente inaccessibili, ma è necessario

che la loro acquisizione, quando sia possibile, sia soggetta a sforzi non

indifferenti, superiori rispetto a quelli che occorrono per effettuare una

accurata ricerca; esse devono altresì essere state accumulate con un lavoro

intellettuale di progettazione individuale; 3) che abbiano valore economico, in

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quanto sia stato necessario anche uno sforzo economico per ottenerle, mentre

analogo sforzo economico sarebbe stato richiesto presumibilmente per

duplicarle; 4) che siano sottoposte a misure di segregazione, con particolare

riferimento sia ad una protezione fisica, assicurata da sistemi di protezione

adeguati, sia ad una protezione giuridica, assicurata da una informazione

adeguata, data ai terzi che vengono in contatto con le informazioni sul

carattere riservato e sulla necessità che venga mantenuto tale (v. ad es. Trib.

Bologna Sez. spec. propr. industr. ed intell. Ord., 27/05/2008).

Nel caso di specie, le informazioni aziendali sufficientemente descritte in atti

(lista clienti; elenco fornitori-distributori e licenziatari; strategie commerciali e

di mercato) e di cui l’attrice lamenta l’illecita sottrazione, nonché l’indebito

uso da parte del suo ex dipendente Friderico Gatti, in concorso con la sua ex

agente per la Russia, Rio Licensing, sulla scorta delle acquisite risultanze

processuali e, in particolare, dei doc. nn. 51 e 51 A, nonché alla luce delle

deposizioni rese dai testi Sergio Polsinetti, Denise Bracci, Andrea Del Medico

e Mario Romagnoli, possono ragionevolmente definirsi dati aziendali,

commerciali, contabili, tecnici, organizzativo-strategici, aventi natura

riservata.

Si tratta di informazioni aziendali soggetti ad adeguata protezione, in quanto

coperti da un sistema di videosorveglianza, nonché raccolti per aree cui

ciascun dipendente poteva accedere utilizzando username e password

personali fornite dall’azienda ma limitatamente ai documenti concernenti la

propria area di competenza, senza poter, quindi, accedere ai documenti di

settori diversi da quelli di propria competenza.

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Del resto, come detto, ai fini della applicazione della tutela di diritto

industriale, non è richiesta l’assoluta inaccessibilità a tali informazioni, ma

soltanto che la loro acquisizione non sia agevole, ad esempio, sul mercato

ovvero tramite siti web dove sono reperibili informazioni di carattere generale

e non personalizzate alle esigenze della singola azienda, e che, quindi, sia

necessario l’impiego di uno sforzo non ordinario.

Quanto alla loro segretezza, va evidenziato come il sistema di protezione

aziendale sopra descritto era anche giuridicamente rafforzato dalla

sottoscrizione da parte dei dipendenti dell’attrice di patti di riservatezza.

Quanto al requisito del valore economico, si ritiene che i dati predetti siano

dotati, per la loro natura e contenuto, di valore economico, dipendendo dalla

loro disponibilità l’acquisizione ed il mantenimento di determinate quote di

mercato ed assicurando, quindi, all’attrice, che legittimamente le deteneva, un

vantaggio concorrenziale rispetto agli altri operatori del settore.

Il positivo accertamento della natura riservata, in senso industrialistico, delle

informazioni in questione, tuttavia, non è decisivo.

Infatti, per esplicita allegazione della stessa attrice, il Gatti, per qualifica,

inquadramento e mansioni, aveva libero ed autorizzato accesso ai dati e alle

informazioni in questione, e ciò, indubbiamente, spiega e giustifica anzitutto

la presenza nel personal computar aziendale in dotazione allo stesso, di files e

documenti contenenti informazioni aziendali di proprietà dell’attrice.

Dagli atti di causa, invero, è emerso che tali dati aziendali sono stati, in tutto o

in parte cancellati dal pc aziendale, e da tale circostanza l’attrice ne inferisce

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la loro copiatura ed il loro trasferimento su altri supporti informatici nella

privata e personale disponibilità del Gatti.

Tuttavia, del preteso contenuto del pc di proprietà del convenuto non è

possibile farne alcun uso processuale, in quanto il relativo sequestro penale è

stato annullato/revocato dal Tribunale del Riesame che ne ha sancito

l’inutilizzabilità a fini probatori.

Né la documentazione che l’attrice ha in questa sede prodotto in funzione

surrogatoria/suppletiva delle non utilizzabili emergenze istruttorie penali, può

soddisfare l’onus probandi su di essa incombente, atteso che tale

documentazione, oltre che disconosciuta e contestata dal Gatti, non è di sicura

e certa provenienza, ed è, quindi, inattendibile sul piano giudiziale.

D’altra parte, non può neppure escludersi con assoluta certezza che la

presenza nel computer personale del Gatti delle informazioni aziendali di

proprietà dell’attrice non fosse comunque pertinente e funzionale alle

prestazioni e mansioni dallo stesso espletate per l’attrice, soprattutto, in

occasione di trasferte all’estero.

Una siffatta più che verosimile circostanza non rappresenta, di per sé, un fatto

illecito, potendo esserlo soltanto in caso di indebita utilizzazione da parte

dell’(ex) dipendente delle predette informazioni in danno della preponente e a

beneficio di imprese concorrenti.

E del resto pacifico che il Gatti avesse progettato, curato ed organizzato il

piano marketing di Rainbow in Russia e che, quindi, disponesse già i dati in

questione, così come pure l’agente dell’attrice, Rio Licensing, almeno in

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relazione alla clientela da contattare e alle strategie di mercato da attuare al

fine della diffusione dei servizi e prodotti a marchio Winx Club.

Per quel che concerne il contenuto delle mail che, secondo la prospettazione

attorea, dimostrerebbero l’illegittimità dell’operato del Gatti, al riguardo, va

evidenziato che detta corrispondenza elettronica risale a periodi successivi alle

dimissioni dell’ormai ex direttore commerciale, il cui vincolo giuridico-

contrattuale di non concorrenza era, per le ragioni che di seguito saranno

illustrate, viziato da nullità per assoluta indeterminatezza, sostanziale,

temporale e spaziale, e nelle quali, comunque, il convenuto si limitava ad

esprimere, su richiesta di licenziatario della stessa attrice, un mero parere, in

sé e per sé, non idoneo a pregiudicare la posizione di mercato dell’attrice.

Ciò che, tuttavia, non è sufficientemente provato è la circostanza,

imprescindibile, che i dati aziendali nella disponibilità del Gatti siano stati

trasferiti da quest’ultimo all’agente Rio Licensing e, soprattutto, che costoro li

abbiano fatti confluire in imprese concorrenti.

Sul punto, giova osservare come i contatti tra i convenuti e la clientela della

società attrice non necessariamente costituiscano un fatto illecito.

Infatti, l’acquisizione di nuova clientela, anche attraverso iniziative

interessanti quella altrui, ove attuata con modalità e mezzi conformi a canoni

di correttezza e lealtà professionale, rientra nel normale e legittimo

svolgimento della libera attività concorrenziale.

Infatti, secondo la più condivisibile giurisprudenza di legittimità e di merito

(Cass. Civ. Sez. I, 17/05/2012, n. 7793; Trib. Milano 17/07/2013), la

concorrenza sleale è integrata non da qualunque attività a danno di un

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concorrente, ma solo dalle condotte volte ad impedire il libero svolgimento

dell'attività economica di quest'ultimo, e che ne ledano l'avviamento.

In particolare, in tema di concorrenza sleale per sviamento di clientela,

l'illiceità della condotta non dev'essere ricercata episodicamente, ma va

desunta dalla qualificazione tendenziale dell'insieme della manovra posta in

essere per danneggiare il concorrente, o per approfittare sistematicamente del

suo avviamento sul mercato.

Quindi, in tema di atti di concorrenza sleale, per il perfezionamento

dell'illecito è richiesta la prova dell'utilizzo di mezzi non conformi al principio

di correttezza professionale e, segnatamente, per quella dell’ex dipendente, la

concorrenza deve essere attuata con modalità illecite, come, ad esempio, il

boicottaggio.

Pertanto, mentre è contraria alle norme di correttezza imprenditoriale

l'acquisizione sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso

un'autonoma attività imprenditoriale, di clienti del precedente datore di lavoro

il cui avviamento costituisca, soprattutto nella fase iniziale, il terreno

dell'attività elettiva della nuova impresa, più facilmente praticabile proprio in

virtù delle conoscenze riservate precedentemente acquisite, deve ritenersi

fisiologico il fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione e

promozione sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire

anche alcuni clienti già in rapporti con l'impresa alle cui dipendenze aveva

prestato lavoro.

È, infatti, contraria alle norme di correttezza imprenditoriale l'acquisizione

sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso un'autonoma

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attività imprenditoriale, di clienti del precedente datore di lavoro il cui

avviamento costituisca, soprattutto nella fase iniziale, il terreno dell'attività

elettiva della nuova impresa, più facilmente praticabile proprio in virtù delle

conoscenze riservate precedentemente acquisite, deve ritenersi fisiologico il

fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione e promozione

sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire anche

alcuni clienti già in rapporti con l'impresa alle cui dipendenze aveva prestato

lavoro.

In particolare, in costanza di rapporto di lavoro, il dipendente è tenuto ad

osservare l'obbligo di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c.

Terminato il rapporto di lavoro, l'ex dipendente, ove non abbia sottoscritto un

(valido) patto di non concorrenza ex art. 2125 c.c., può ben continuare ad

esplicare, per conto proprio o di terzi, la propria attività, utilizzando le

cognizioni e le esperienze acquisite nel precedente rapporto di lavoro.

L'evoluzione professionale del lavoratore, la quale dipenda da conoscenze

acquisite nel corso ed a causa del rapporto di lavoro, può, in quanto ormai

divenuta parte della personalità del medesimo, essere da lui posta a supporto

di sue migliori possibilità professionali nella vita di relazione, sia che ciò

avvenga in ulteriori successivi rapporti di lavoro alle dipendenze di altri

imprenditori, sia che si manifesti nell'impostazione di una propria iniziativa

imprenditoriale della quale la competizione professionale, anche con il

precedente rapporto di lavoro, costituisce situazione fisiologica, anche quando

si traduca nell'acquisizione di componenti dell'altrui clientela.

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Non costituisce, per ciò, concorrenza sleale lo sfruttamento da parte dell'ex

dipendente passato alle dipendenze di un'impresa concorrente, delle

conoscenze tecniche, delle esperienze e financo delle informazioni relative

alla politica commerciale dell'impresa dalla quale egli proviene, a condizione

che non si tratti di informazioni segrete o riservate, e che, in ogni caso, non

emerga una sistematica attività di distrazione della clientela e imitazione delle

iniziative imprenditoriali della medesima.

Nel caso di specie, non vi è prova dell’impiego da parte dei convenuti di

sistemi o modalità illegittime nell’approccio con la clientela dell’attrice e,

soprattutto, del concreto utilizzo da parte dell’ex dipendente e della ex agente

proprio di quelle notizie e di quelle informazioni aziendali riservate, anziché

del rispettivo patrimonio di conoscenze ed esperienze, maturato,

legittimamente, durante i rapporti negoziali inter partes.

Oltretutto, la fattispecie illecita in esame (concorrenza sleale), presuppone

l’esistenza tra le parti di relazioni di diretta concorrenza.

Infatti, ( v. ad es. Cass. civ. Sez. I, 22/09/2015, n. 18691), la concorrenza

sleale costituisce fattispecie tipicamente riconducibile ai soggetti del mercato

in concorrenza, sicché non è ravvisabile ove manchi il presupposto soggettivo

del cosiddetto "rapporto di concorrenzialità"; l'illecito, peraltro, non è escluso

se l'atto lesivo sia stato posto in essere da un soggetto (il cd. terzo interposto),

che agisca per conto di un concorrente del danneggiato poiché, in tal caso, il

terzo responsabile risponde in solido con l'imprenditore che si sia giovato

della sua condotta, mentre ove il terzo sia un dipendente dell'imprenditore che

ne ha tratto vantaggio, quest'ultimo ne risponde ai sensi dell'art. 2049 c.c.

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ancorché l'atto non sia causalmente riconducibile all'esercizio delle mansioni

affidate al dipendente, risultando sufficiente un nesso di "occasionalità

necessaria" per aver questi agito nell'ambito dell'incarico affidatogli, sia pure

eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni o all'insaputa del datore di lavoro.

Secondo la prospettazione attorea, l’ex dipendente e l’ex agente avrebbero

compiuto atti di concorrenza sleale parassitaria e per contrarietà ai principi di

correttezza professionale in danno di Rainbow.

Come sopra precisato, anche il soggetto che non esercita personalmente

attività di impresa, come l’ex dipendente, può rendersi responsabile di attività

di slealtà concorrenziale, purchè la sua condotta venga posta in essere in

concorso con altro soggetto che, invece, si trovi in rapporto di diretta

concorrenza con l’imprenditore asseritamente danneggiato.

E’ tuttavia necessaria la compartecipazione psicologica, quanto meno colposa:

nel qual caso il terzo va legittimamente ritenuto responsabile in solido con

l'imprenditore che si sia giovato della sua condotta.

Nel caso di specie, l’ex dipendente Gatti sarebbe responsabile in concorso con

la società Rio Licensing, la quale, però, quale ex agente di Rainbow, non è in

relazione direttamente concorrenziale.

Quest’ultima, come del resto l’ex dipendente, potrà semmai rispondere di

violazione degli obblighi contrattuali di esclusiva e di non concorrenza, ma

non di concorrenza sleale.

Ne consegue che, nella fattispecie in esame, per poter quantomeno

astrattamente configurare l’illecito concorrenziale de quo, è pur sempre

indispensabile da parte dell’attore uno sforzo assertivo e probatorio

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concernente il concorso tra i soggetti non imprenditori e la società concorrente

in danno dell’odierna attrice, che, come detto, rappresenta il nucleo, fattuale e

giuridico, fondante la dedotta ipotesi di responsabilità.

In particolare, occorre che siano stati allegati e, soprattutto, dimostrati il

travaso e l’utilizzo da parte dell’impresa concorrente all’interno della propria

organizzazione aziendale e del proprio ciclo produttivo, di informazioni

aziendali asseritamente sottratte al concorrente.

Infatti, è indispensabile prospettare che le condotte ascritte all’ex dipendente e

all’ex agente, che, come esposto, non sono in rapporto di diretta concorrenza

con l’attrice, fossero tutte finalizzate oltre che a danneggiare Rainbow,

soprattutto a beneficiare un’impresa concorrente, nella specie, SANRIO.

Tuttavia, rispetto a tali fondamentali circostanze si registra un totale deficit

assertivo e, soprattutto, probatorio, anche in ragione del mancato

coinvolgimento nel presente giudizio della concorrente, rimasta ad esso

estranea.

Infatti, lo sfruttamento e, soprattutto, lo sfruttamento consapevole ed

intenzionale da parte di quest’ultima delle illecite condotte dei convenuti non

è in alcun modo provato; segnatamente, non vi è prova della trasmigrazione

delle informazioni aziendali dell’attrice nel sistema organizzativo,

commerciale e produttivo della concorrente, nonché del vantaggio,

concorrenziale e patrimoniale che quest’ultima avrebbe da ciò ricavato.

Per quel che concerne l’ipotizzata concorrenza parassitaria da c.d.

agganciamento, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale ( v. ad es.

Cass. civ. Sez. I, 29/10/2015, n. 22118), la concorrenza sleale parassitaria,

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ricompresa fra le ipotesi previste dall'art. 2598, n. 3, c.c., consistente in un

continuo e sistematico operare sulle orme dell'imprenditore concorrente

attraverso l'imitazione non tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative

imprenditoriali di quest'ultimo e riguardante comportamenti idonei a

danneggiare l'altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi

della correttezza professionale, si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli

relativi ai casi tipici di cui ai precedenti nn. 1 e 2 delle medesima disposizione,

sicché, ove si sia correttamente escluso nell'elemento dell'imitazione servile

dei prodotti altrui il centro dell'attività imitativa (requisito pertinente alla sola

fattispecie di concorrenza sleale prevista dal n. 1 dello stesso art. 2598 c.c.),

debbono essere indicate le attività del concorrente sistematicamente e

durevolmente plagiate, con l'adozione e lo sfruttamento, più o meno integrale

ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca, contrari alle regole della

correttezza professionale.

Nel caso di specie, invece, le argomentazioni svolte e gli elementi di

valutazione offerti da Rainbow sono assolutamente generici e del tutto

insufficienti a rappresentare e dimostrare gli elementi costitutivi del

denunciato illecito.

Del resto, le allegate analogie tra i servizi e strategie commerciali di Rainbow

e quelle della concorrente SANRIO (non certamente di Rio Licensing che,

come detto, concorrente non è), appaiono, sostanzialmente, giustificate dalla

natura stessa dei servizi e dei prodotti, in pratica sovrapponibili, nonché

dall’identità del settore di mercato a cui le imprese in questione si rivolgono,

senza, perciò, poter costituire esclusiva o monopolio di alcuna di esse, in

assenza, peraltro, di privative di diritto industriale e/o autoriale.

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Quanto alla domanda attrice di condanna del Gatti alla restituzione della

somma corrispostagli in ragione della dedotta violazione del patto di non

concorrenza post-contrattuale, sul punto si è già detto allorchè si è trattata la

questione dell’estinzione del segmento processuale afferente le richieste

attoree di natura risarcitoria, nonché della sua successiva rinuncia da parte

dell’attrice.

Per quel che riguarda la domanda proposta, in via riconvenzionale, dal Gatti,

di declaratoria nullità del suddetto patto, la relativa richiesta risulta fondata.

Al riguardo, giova premettere che, come enunciato, anche di recente, dalla

Corte di legittimità (v. ad es. Cass. civ. Sez. I, 30/05/2017, n. 13550), in tema

di concorrenza sleale, l'imprenditore che si avvalga della collaborazione di

soggetti che hanno violato l'obbligo di fedeltà nei confronti del loro datore di

lavoro non pone in essere, per ciò solo, atti contrari alla legittima concorrenza,

essendo necessario, a tal fine, che il terzo si appropri, per il tramite del

dipendente, di notizie riservate nella disponibilità esclusiva del predetto datore

di lavoro, ovvero che il terzo istighi, o presti intenzionalmente un contributo

causale, alla violazione dell'obbligo di fedeltà cui il dipendente stesso è tenuto,

ma che non vincola il terzo e non ne limita la libertà sul piano economico, per

la stessa ragione per cui il patto di esclusiva non vincola l'imprenditore

concorrente - terzo rispetto ad esso - che operi nella zona di altrui pertinenza

senza avvalersi di mezzi non conformi alla correttezza professionale idonei a

danneggiare l'altrui azienda.

Nello specifico, secondo il più condivisibile orientamento giurisprudenziale di

legittimità (v. ad es. Cass. civ. Sez. I, 12/11/2014, n. 24159), è nullo, in quanto

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contrastante con l'ordine pubblico costituzionale, il patto di non concorrenza

diretto, non già a limitare l'iniziativa economica privata altrui, ma a precludere

in assoluto ad una parte la possibilità di impiegare la propria capacità

professionale nel settore economico di riferimento.

Più di recente, i giudici di merito (v. ad es. Trib. Milano Sez. Specializzata in

materia di imprese, 23/11/2016), in linea con i principi sopra enunciati, hanno

affermato che è nullo per contrasto con l'ordine pubblico costituzionale il patto

di non concorrenza, diretto a precludere ad una parte la possibilità di

impiegare la propria capacità professionale nel settore economico di

riferimento, ovvero di comprimere eccessivamente la libertà della capacità

lavorativa del soggetto obbligato.

Il patto di non concorrenza deve, dunque, consentire al soggetto obbligato di

espletare un'attività coerente con la propria esperienza e la propria

professionalità e deve ritenersi nullo allorché la sua ampiezza sia tale da

comprimere l'esplicazione della professionalità acquisita dal soggetto

Inoltre (v. ad es. Trib. Milano Sez. lavoro, 02/02/2015), è stato precisato che

la validità del patto di non concorrenza, ai sensi dell'art. 2125 c.c., è

subordinata al fatto che lo stesso risulti circoscritto da limiti di tempo, di

oggetto e di luogo tali da consentire al lavoratore, dopo la cessazione del

rapporto di lavoro, un margine di attività non coperta dal vincolo, idonea ad

assicurargli un guadagno adeguato alle sue esigenze personali e familiari.

Inoltre la limitazione dell'attività del dipendente deve trovare contropartita in

un adeguato vantaggio economico.

L'espressa previsione di nullità, contenuta nell'art. 2125 c.c., va riferita alla

pattuizione non solo di compensi simbolici, ma anche di compensi

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manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al

lavoratore e alla riduzione delle sue possibilità di guadagno,

indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiestogli rappresenta

per il datore di lavoro, come dal suo ipotetico valore di mercato.

Nel caso in commento, il patto de quo risulta assolutamente indeterminato ed

illimitato sotto ogni profilo, sostanziale, temporale e spaziale, comprimendo,

quindi, in modo contrario ai principi di rango costituzionale e a norme di

ordine pubblico, il diritto dell’ex dipendente di (continuare a) collocare

utilmente sul mercato la propria professionalità, senza per ciò dover soffrire

illegittime e non giustificabili compressioni radicali della propria capacità

lavorativa.

L’attrice ha, altresì, dedotto la responsabilità della società convenuta per

violazione dell’obbligo di esclusiva e del divieto di concorrenza di cui all’art.

19.2 del contratto di agenzia inter partes, asseritamente commessa in epoca

antecedente la caducazione (recesso ex uno latere) del rapporto negoziale.

Orbene, in relazione ai due episodi in cui, a dire dell’attrice, la convenuta Rio

Licensing si sarebbe resa responsabile dell’illecito in questione, promuovendo

e favorendo marchi concorrenti, quanto al primo, è sufficiente osservare come,

nel caso di specie, difetti la prova certa che la denunciata violazione del patto

di esclusiva (brochure della convenuta recante marchio concorrente Hello

Kitty) sia effettivamente avvenuta in costanza di rapporto e, soprattutto, che

detta brochure abbia avuto una significativa distribuzione e divulgazione sul

mercato di riferimento già alla data del 20 settembre 2010, data, cioè, in cui

essa è pervenuta al vice presidente di Rainbow, legittimando, così, ex art. 3.3.

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del contratto, il recesso unilaterale dell’attrice, tenuto anche conto della

duplice circostanza che la vicenda in contestazione si è verificata il 20

settembre 2010 mentre il contratto tra Rio Licensing e la concorrente Sanrio è

stato poi formalizzato soltanto in data 1/1/2011.

Per quel che concerne l’altro episodio contestato alla suddetta convenuta e,

segnatamente, il contatto intercorso tra la società Rio Licensing, per il tramite

dell’altro convenuto Roman Fedotov, e la concorrente SANRIO (doc. n. 93

attrice), deve rilevarsi come, in astratto, esso potrebbe integrare gli estremi

della denunciata violazione del patto di esclusiva.

Tuttavia, appare estremamente arduo e non aderente alle sottostanti relazioni

commerciali e negoziali, assegnare a tale unico e remoto fatto un concreto

disvalore ed una sostanziale dannosità, sia in termini di inadempimento

contrattuale, che in termini di responsabilità extracontrattuale a titolo di

concorrenza sleale, con i limiti sopra indicati in ragione della assenza di un

diretto rapporto concorrenziale tra attrice e convenuta, tenendo soprattutto in

debito conto la circostanza che, tanto all’epoca in cui l’episodio si è verificato,

quanto in quella successiva, la stessa attrice aveva instaurato, sviluppato e

mantenuto rapporti con altri soggetti (licenziatari, distributori e rappresentanti

commerciali) che, unitamente al marchio Winx Club, svolgevano coeva

attività di promozione del marchio concorrente Hello Kitty.

Tutto ciò porta a ritenere l’assoluta irrilevanza ed inoffensività del fatto

ascritto dall’attrice alla società convenuta.

Quanto alle turbative asseritamente patite dalla società attrice nei rapporti con

la propria clientela, i propri fornitori e licenziatari/distributori in epoca

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successiva alla cessazione dei rapporti negoziali con i convenuti, manca del

tutto la prova che esse siano, di fatto, imputabili alla società Rio Licensing e,

in particolare, che esse trovino origine e causa in una condotta di quest’ultima

contraria ai generali principi di correttezza professionale.

Pertanto, alla luce delle argomentazioni che precedono, le domande come

sopra formulate dalla società attrice devono essere integralmente rigettate.

A conclusioni identiche si deve pure pervenire con riferimento alla domanda

riconvenzionale proposta dalla convenuta Rio Licensing.

Al riguardo, è sufficiente evidenziare l’assoluta genericità ed indeterminatezza

della relativa richiesta risarcitoria.

In particolare, la società istante non ha minimamente allegato e, a fortiori,

dimostrato, non soltanto di aver esattamente adempiuto gli obblighi

contrattualmente assunti nei confronti della propria preponente, ma anche e,

specialmente, la sussistenza, la tipologia/natura e l’entità del pregiudizio

asseritamente sofferto in conseguenza dell’iniziativa assunta dalla preponente.

Né il deficit assertivo in precedenza rilevato con riferimento alle allegazioni

ritualmente svolte sia in comparsa di risposta, che nella successiva memoria di

trattazione ex art. 183 c. VI n. 1 c.p.c., può essere colmato attraverso le

allegazioni e deduzioni successivamente svolte dalla convenuta, per la prima

volta, e quindi tardivamente, in sede di articolazione dei mezzi istruttori, con

la memoria n. 2 di cui al citato art. 183 c. VI c.p.c.

Pertanto, sulla scorta delle superiori considerazioni, anche la domanda

formulata, in via riconvenzionale, dalla convenuta deve essere rigettata.

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Infine, per quel che concerne le spese di lite, si ritiene che, in considerazione

dell’esito delle domande formulate dall’attrice, nonché delle questioni e

richieste proposte dai convenuti, nel caso di specie, ricorrano le condizioni per

disporre la loro parziale compensazione in misura del 50% per quel che

riguarda il rapporto processuale tra l’attrice ed i convenuti Roman Fedotov e

Friderico Gatti, e, invece, nella misura di 2/3 relativamente al rapporto tra la

società Rainbow e la società convenuta, liquidando le restanti quote

(rispettivamente, ½ e 1/3), come da dispositivo, a carico dell’attrice, quale

parte maggiormente soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione

disattesa o assorbita, così dispone:

DICHIARA

a norma dell’art. 75 c.p.p., l’estinzione del giudizio limitatamente alle

domande risarcitorie formulate dall’attrice.

RIGETTA

le restanti domande proposte dall’attrice, nonché quella proposta in via

riconvenzionale dalla convenuta Rio Licensing Company Ltd.

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DICHIARA

la nullità del patto di non concorrenza (post-contrattuale) previsto dal contratto

stipulato dall’attrice e dal convenuto Friderico Gatti.

DISPONE

la parziale compensazione delle spese di lite in misura di ½ tra l’attrice ed i

convenuti Fedotov e Gatti, e nella misura di 2/3 tra l’attrice e la società

convenuta, e, per l’effetto, condanna l’attrice al rimborso in favore dei

convenuti Fedotov e Gatti del restante ½, liquidato, per ciascuno di essi, in €

7.750,00 per compenso di avvocato, e, a favore della società convenuta del

restante 1/3 liquidato in € 4.450,00 per compenso di avvocato, oltre accessori

se e come dovuti per legge.

Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio della IV Sezione Civile –

Sezione Specializzata in Materia di Impresa, del Tribunale, il 13 settembre

2017.

Il Presidente Il Giudice est.

Dott. Fabio Florini Dott. Giovanni Salina

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