Sensazione e percezione - Zanichelli

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La N è qualcosa di... gommoso... liscio, la L ha una consistenza simile a una vernice acquosa... Anche le lettere hanno una loro vaga personalità, ma non forte come quella dei numeri. Julieta La lettera A è blu, la B è rossa, la C è una specie di grigio chiaro, la D è arancione... Karen Sento una nota suonata da uno dei ragazzi del mio gruppo e quella nota ha un colore. Sento la stessa nota suonata da qualcun altro e ha un colore diverso. Quando sento delle note musicali prolungate, vedo pressapoco gli stessi colori che vedi tu, ma è come se avessero una consistenza mate- riale. Il musicista jazz Duke Ellington (George, 1981, p. 226) Sostanzialmente, io sento il sapore delle parole. Amelia Questi commenti non provengono da un recente convegno della So- cietà degli Strambi. Sono le osservazioni di persone perfettamente normali, che descrivono esperienze apparentemente molto bizzarre, ma che per loro sono del tutto naturali e spontanee. In fondo, se non ci fidiamo di Duke Ellington, musicista e compositore jazz conosciu- to in tutto il mondo, di chi fidarsi allora? Forse di Stevie Wonder? Di Eddie Van Halen? Di Vladimir Nabokov, l’autore di Lolita? Di Franz Listz, il compositore di musica classica? Di Richard Feynman, il fisico premio Nobel? Scegliete pure liberamente, perché questi e molti altri personaggi celebri hanno almeno una cosa in comune: i loro mondi percettivi sembrano essere molto diversi da quelli della maggior parte di noi. CAPITOLO 4 Sensazione e percezione METRONOME/GETTY IMAGES EVERETT KENNEDY BROWN/EPA/CORBIS MARK DAVIS/GETTY IMAGES W. & D. DOWNEY/GETTY IMAGES SHELLEY GAZIN/CORBIS Duke Ellington Stevie Wonder Eddie Van Halen Franz Liszt Richard Feynman Che cosa hanno in comune queste persone? Duke Ellington, Stevie Wonder, Eddie van Halen e Frank Liszt sono tutti musicisti, ma Richard Feynman era un fisico. Sono tutti uomini, ma questo non c’entra. Alcuni sono viventi, altri sono morti. In realtà, tutte queste persone hanno avuto esperienze ben documentate di sinestesia, ovvero un certo ti- po di esperienza sensoriale evocata da un altro senso.

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La N è qualcosa di... gommoso... liscio, la L ha una consistenza simile auna vernice acquosa... Anche le lettere hanno una loro vaga personalità,ma non forte come quella dei numeri. Julieta

La lettera A è blu, la B è rossa, la C è una specie di grigio chiaro, la D èarancione... Karen

Sento una nota suonata da uno dei ragazzi del mio gruppo e quella notaha un colore. Sento la stessa nota suonata da qualcun altro e ha un colorediverso. Quando sento delle note musicali prolungate, vedo pressapocogli stessi colori che vedi tu, ma è come se avessero una consistenza mate-riale. Il musicista jazz Duke Ellington (George, 1981, p. 226)

Sostanzialmente, io sento il sapore delle parole. Amelia

Questi commenti non provengono da un recente convegno della So-cietà degli Strambi. Sono le osservazioni di persone perfettamentenormali, che descrivono esperienze apparentemente molto bizzarre,ma che per loro sono del tutto naturali e spontanee. In fondo, se nonci fidiamo di Duke Ellington, musicista e compositore jazz conosciu-to in tutto il mondo, di chi fidarsi allora? Forse di Stevie Wonder? DiEddie Van Halen? Di Vladimir Nabokov, l’autore di Lolita? DiFranz Listz, il compositore di musica classica? Di Richard Feynman,il fisico premio Nobel? Scegliete pure liberamente, perché questi emolti altri personaggi celebri hanno almeno una cosa in comune: iloro mondi percettivi sembrano essere molto diversi da quelli dellamaggior parte di noi.

CAPITOLO

4Sensazione

e percezione

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Duke Ellington Stevie Wonder Eddie Van Halen Franz Liszt Richard Feynman

Che cosa hanno in comune queste persone? Duke Ellington, Stevie Wonder, Eddie van Halen e Frank Liszt sono tutti musicisti, ma Richard Feynman era un fisico. Sono tuttiuomini, ma questo non c’entra. Alcuni sono viventi, altri sono morti. In realtà, tutte queste persone hanno avuto esperienze ben documentate di sinestesia, ovvero un certo ti-po di esperienza sensoriale evocata da un altro senso.

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Secondo una stima, usare il cellularementre si guida fa aumentare diquattro volte la probabilità di avereincidenti (McEvoy et al., 2005). In ri-sposta agli esperti di sicurezza stra-dale e a dati statistici come questo,i vari stati hanno introdotto leggiche limitano, e talvolta vietano,l’uso del cellulare quando si guida.Potreste pensare che è una buonaidea... per tutti gli altri guidatori.Ma voi, certamente, siete in grado dicomporre un numero sulla tastieradel telefonino, sostenere una con-versazione, o magari persino scri-vere un messaggio e in contempo-ranea guidare in modo sicuro e conmaniere urbane. Giusto?

Invece no, è sbagliato. Il tema inballo qui è l’attenzione selettiva,ovvero la percezione solo di ciòche in quel momento è importanteper voi. Provate questo. Senza muovere un mu-scolo, pensate alla pressione della pelle sullasedia in questo preciso istante. Senza alcunosforzo avete spostato l’attenzione in modo daconsentire a un segnale sensoriale di divenirecosciente. Questo semplice spostamento mettein evidenza che la percezione del mondo di-pende sia da segnali sensoriali presenti chedalla scelta personale rispetto a quali segnaliprestare attenzione e quali invece ignorare. Lapercezione è un’esplorazione attiva attimo perattimo, la ricerca delle informazioni più impor-tanti o interessanti, non un ricettacolo passivodi tutto quel che capita.

Per parlare al cellulare mentre si guida biso-gna destreggiarsi nello stesso momento condue fonti indipendenti di input sensoriali: la vi-sta e l’udito. Normalmente questo tipo di atti-vità multitasking funziona piuttosto bene. Èsolo quando occorre reagire prontamente chela vostra guida ne può risentire. I ricercatori

hanno messo alla prova dei guidatori provetticon un simulatore di guida estremamente rea-listico, calcolando i loro tempi di reazione allefrenate e ai segnali di stop mentre ascolta-vano la radio o intrattenevano una conversa-zione telefonica su un argomento politico, trale altre cose (Strayer, Drews e Johnston, 2003).

Questi guidatori esperti avevano reazioni si-gnificativamente più lente durante le conversa-zioni telefoniche rispetto a quando svolgevanogli altri tipi di attività. Ciò dipende dal fatto cheuna conversazione telefonica richiede il recu-pero di informazioni nella memoria, la scelta ela pianificazione di quel che si vuole dire espesso comporta un notevole coinvolgimentoemotivo nell’argomento di conversazione.Un’attività come ascoltare la radio richiedeun’attenzione molto minore o addirittura nonne richiede affatto.

I guidatori sottoposti al test si immerserocosì tanto nelle loro conversazioni che la loro

mente non sembrava nemmeno piùnell’auto. La reazione di frenata piùlenta si tradusse in uno spazio difrenata più lungo che, a secondadella velocità, avrebbe potuto de-terminare un tamponamento. Che iltelefonino fosse un apparecchiofisso oppure tenuto in mano non fa-ceva in pratica alcuna differenza.Se ne deduce che, probabilmente, lalegge che impone ai guidatori diutilizzare un apparecchio in “vivavoce” può rivelarsi poco efficacenel far diminuire gli incidenti.

Altri ricercatori hanno misuratol’attività cerebrale con la fMRI (riso-nanza magnetica funzionale) men-tre i soggetti spostavano l’atten-zione tra informazioni visive euditive. Cìò che cambiava tra uncompito e l’altro era il livello rela-tivo dell’attività cerebrale: quando

l’attenzione era diretta agli stimoli uditivi, dimi-nuiva l’attività delle aree visive in confronto aquando l’attenzione si concentrava sulla vi-sione (Shomstein e Yantis, 2004). Era come sei partecipanti tramite una “manopola men-tale” regolassero il flusso delle informazioni inentrata a seconda dell’attività di cui si stavanooccupando al momento.

E allora con quanta bravura siamo in gradodi eseguire più compiti contemporaneamentementre stiamo seduti dentro una scatola dimetallo del peso di svariati quintali che sfrec-cia sull’autostrada? I guidatori esperti sono ingrado di dividere l’attenzione su più cose finoa un certo punto, tuttavia la maggior parte dinoi deve riconoscere di aver corso dei rischimortali a causa di una guida distratta. A menodi non avere due teste dotate ognuna di un cer-vello, uno per parlare e uno per concentrarsisulla guida, e molto meglio tener d’occhio lastrada e non il telefono.

Il “Multitasking”, ovvero la capacità di eseguire più compiti contemporaneamenteNEL MONDO REALE

(a) (b)

Lobo temporale superiore Giro fusiforme

CO

URT

ESY

OF

WEN

LI

Spostamento dell’attenzione I partecipanti furono sottoposti afMRI mentre eseguivano compiti che richiedevano lo spostamentodell’attenzione tra informazioni visive e uditive. (a) Quando l’atten-zione era focalizzata su un’informazione uditiva, una regione dellobo temporale superiore coinvolta nell’elaborazione degli sti-moli uditivi mostrava un incremento di attività (in giallo/aran -cione). (b) In totale contrasto, un’area visiva, il giro fusiforme, evi-denziava un’attività ridotta quando i partecipanti si concentravanosu un’informazione uditiva (in blu).

messo a punto procedure per misurare la soglia asso-luta di un soggetto, ovvero l’intensità minima neces-saria alla semplice rilevazione di uno stimolo, e la dif-ferenza appena individuabile (JND), ovvero il piùpiccolo cambiamento dello stimolo che può appenaessere individuato. La teoria della rilevazione del se-gnale consente ai ricercatori di distinguere tra la sen-sibilità percettiva di un soggetto nei confronti di unostimolo e i criteri utilizzati per prendere delle deci-sioni sullo stimolo. L’adattamento sensoriale ha luo-

go perché la sensibilità nei confronti di una stimola-zione durevole tende a diminuire col tempo.

La visione: più di quel che colpisce l’occhioForse andate orgogliosi della vostra capacità visivadi 20/20, anche se con la correzione degli occhiali odelle lenti a contatto. 20/20 rappresentano una mi-

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vedere, peraltro una porzione molto piccola. Pensa-te alla luce come a onde di energia. Come le ondedell’oceano, le onde luminose variano in altezza eanche nella distanza tra i picchi, o lunghezza d’onda,come mostra la Tabella 4.2.

Le onde luminose possiedono tre proprietà, cia-scuna delle quali ha una dimensione fisica che pro-duce una corrispondente dimensione psicologica.La lunghezza di un’onda luminosa ne determina lacolorazione, ovvero ciò che gli esseri umani percepi-scono come colore. L’intensità, o ampiezza di unalunghezza d’onda, cioè l’altezza dei suoi picchi, de-termina ciò che percepiamo come luminosità dellaluce. La terza proprietà è la purezza, cioè il numerodelle lunghezze d’onda che formano la luce. La pu-rezza corrisponde a ciò che gli essere umani percepi-scono come saturazione o intensità dei colori (Fi-gura 4.4). In altre parole, la luce non ha bisognodell’uomo per avere le sue proprietà: lunghezza, am-piezza e purezza sono proprietà intrinseche delleonde luminose, proprietà che gli esseri umani perce-piscono come colore, luminosità e saturazione.

Per comprendere il modo in cui le proprietà delleonde influenzano la nostra percezione della luce, inprimo luogo dobbiamo capire in che modo gli occhirilevano la luce.

L’occhio umanoLa Figura 4.5 mostra una sezione dell’occhio uma-no. La luce che raggiunge l’occhio passa per primacosa attraverso un tessuto esterno trasparente e li-scio detto cornea, che imprime una curvatura al rag-gio luminoso e lo invia attraverso la pupilla, un’aper-tura circolare nella regione colorata dell’occhio.Questa parte colorata è l’iride, che è traslucida, ed èun muscolo a forma di ciambella che controlla la di-mensione della pupilla e di conseguenza la quantitàdi luce che può entrare nell’occhio.

sura associata alla tabella di Snellen, che deve il suonome a Hermann Snellen (1834-1908), l’oculistaolandese che la sviluppò come mezzo per valutarel’acuità visiva, la capacità di vedere i dettagli fini;corrisponde alla riga di lettere più piccola che il sog-getto medio può leggere da una distanza di circa 6metri. Tuttavia, se faceste un salto al Birds of PreyOphthalmologic Office (Ufficio Oftalmologico de-gli Uccelli da Preda), l’orgoglio che provate per lavostra capacità visiva svanirebbe. Falchi, aquile, gufie altri rapaci possiedono un’acuità visiva molto mag-giore degli esseri umani; in molti casi è maggiore diotto volte, ovvero è l’equivalente di 20/2. Il che èutile se volete individuare un topo ad una distanzadi un chilometro e mezzo, ma se dovete semplice-mente vedere dov’è che il vostro compagno di stan-za ha lasciato il sacchetto delle patatine, probabil-mente riuscirete a sopportare il fatto che nessuno vichiami “Occhio di falco”.

Anche se non potreste mai vincere una gara a chiha la vista migliore contro un falco, il vostro sofisti-cato sistema visivo si è evoluto in modo da trasdurrel’energia luminosa dell’ambiente in segnali neuralinel cervello. Gli esseri umani hanno negli occhi deirecettori sensoriali che reagiscono alle diverse lun-ghezze d’onda dell’energia luminosa. Quando guar-diamo le persone, i luoghi e le cose, i particolari pat-tern di luce e di colore ci forniscono informazioni sudove finisce una superficie e dove ne cominciaun’altra. I fasci di luce riflessa da quelle superfici neconservano le forme e ci consentono di costruirciuna rappresentazione mentale di una scena (Ro-dieck, 1998). Per comprendere la visione, dunque,bisogna iniziare col comprendere la luce.

La percezione della luceLa luce visibile non è altro che la porzione dellospettro elettromagnetico che noi siamo in grado di

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La tabella di Snellen, usatanormalmente per misurarel’acuità visiva. È molto proba-bile che ne abbiate vista unavoi stessi in più di un’occa-sione.

Tabella 4.2 Proprietà delle onde luminose

Dimensione fisica Dimensione psicologica

Tonalità ovvero ciò che percepiamo come coloreLunghezza

Ampiezza Luminosità

Purezza Saturazione o intensità del colore

Acuità visiva Capacità divedere i dettagli fini.

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Quando vi spostate dall’illuminazione fioca di uncinema alla luce esterna del sole, le iridi si contrag-gono, riducendo la dimensione delle pupille e laquantità di luce che le attraversa. Può anche darsiche dobbiate proteggere gli occhi finché le loro cel-lule fotosensibili si adattano alla più forte luminositàesterna. Questo processo è un tipo di adattamentosensoriale detto adattamento alla luce.

Subito dietro l’iride, i muscoli interni all’occhiocontrollano la curvatura del cristallino per deviare dinuovo i raggi luminosi e concentrarli sulla retina,un tessuto sensibile alla luce che si trova sul fondodel bulbo oculare. I muscoli cambiano la forma delcristallino per poter mettere a fuoco oggetti a di-stanze diverse, appiattendo la lente se gli oggetti so-no lontani o incurvandola per vedere gli oggetti vici-ni. Questa è l’accomodazione, il processo per cui

l’occhio forma un’immagine chiara sulla retina. La Fi-gura 4.6a mostra come funziona l’accomodazione.

Se i bulbi oculari sono un po’ troppo allungati oun po’ troppo corti, il cristallino non metterà a fuo-co le immagini sulla retina in maniera corretta. Se ilbulbo oculare è troppo allungato, le immagini ven-gono messe a fuoco davanti alla retina, un difettodetto miopia (Figura 4.6b). Se il bulbo oculare ètroppo corto, le immagini si focalizzano dietro la re-tina e ne consegue la presbiopia o iperopia, come cimostra la Figura 4.6c. Gli occhiali da vista, le lenti acontatto e gli interventi chirurgici possono correg-gere entrambi i difetti. Per esempio, sia gli occhialida vista che le lenti a contatto forniscono una lenteaggiuntiva per focalizzare la luce in maniera correttae gli interventi come quelli con la tecnica LASIK ri-costruiscono il cristallino presente nell’occhio.

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400 nm 500 nm 600 nm 700 nm

10–4

Raggigamma

Lunghezza d’onda in nanometri (un miliardesimo di metro, o nm)

Onde più corte

Luce visibile

Onde più lunghe

10–3 10–2 10–1 102 103 104 105 106 107 108 109 1010 1011 1012 1013 10141 10

Raggi X Ultravioletti Infrarossi Microonde Onde radio

Figura 4.4 Spettro elettromagnetico La piccola porzione dello spettro elettromagnetico visibile agli esseri umani come un ar-cobaleno di colori dal blu-violetto al rosso è limitata sul lato delle onde più corte dai raggi ultravioletti, che le api riescono a vedere, e sullato delle onde più lunghe dagli infrarossi, sui quali si basano gli apparecchi per la visione notturna. Per esempio, chi mette occhiali adat-ti alla visione notturna, riesce a individuare il calore corporeo di un’altra persona nel buio più assoluto. Le onde luminose sono minuscole,ma la scala che vedete nella parte inferiore di questa figura ci offre una visione d’insieme della gamma delle loro lunghezze, misurate innanometri (nm; 1 nm = 1 miliardesimo di metro).

Muscoli permuovere l’occhio

Muscoliper aggiustareil cristallino

Retina

Cornea

Iride

Pupilla

Cristallino

Fovea

Puntocieco

Nervo otticoche va al cervello

Retina Tessuto sensibile allaluce che si trova sul fondo delbulbo oculare.

Accomodazione Processoper cui l’occhio forma un’im-magine chiara sulla retina.

Figura 4.5 Anatomiadell’occhio umano La luce ri-flessa da una superficie entranell’occhio attraverso la corneatrasparente, inclinandosi perpassare attraverso la pupilla alcentro dell’iride colorata. Dietrol’iride, il cristallino adatta la suaforma e il suo spessore in mododa focalizzare la luce sulla reti-na, dove l’immagine apparerovesciata. Fondamentalmenteil cristallino funziona come unalente fotografica. I recettori fo-tosensibili localizzati alla super-ficie della retina, eccitati o ini-biti da raggi luminosi, stimola-no i neuroni specializzati checonvogliano gli impulsi nervo-si ai centri visivi del cervello at-traverso i loro assoni, che costi-tuiscono il nervo ottico.

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La fototrasduzione nella retinaLa retina è l’interfaccia tra il mondo della luce al-l’esterno del corpo e il mondo della visione all’inter-no del sistema nervoso centrale. Due tipi di fotore-cettori nella retina contengono pigmenti sensibili al-la luce che trasducono i raggi luminosi in impulsineurali. I coni rilevano il colore, operano in condi-zioni di luce normali, e ci consentono di mettere afuoco i dettagli fini. I bastoncelli si attivano solo incondizioni di luce fioca, quindi per la visione notturna(Figura 4.7).

I bastoncelli sono fotorecettori molto più sensi-bili dei coni, ma questa sensibilità ha un costo. Datoche tutti i bastoncelli contengono lo stesso fotopig-mento, non forniscono alcuna informazione sul co-lore e percepiscono solo sfumature di grigio. Pensa-teci la prossima volta che vi svegliate nel cuore dellanotte e vi recate in bagno a bere un po’ d’acqua. Ser-vendovi solo della luce della luna che entra dalla fi-nestra, vedete la stanza a colori o in diverse tonalitàdi grigio?

Bastoncelli e coni presentano anche molte altredifferenze, soprattutto per quanto riguarda il numero.Circa 120 milioni di bastoncelli sono distribuiti in ma-niera più o meno uniforme in ciascuna retina tranneche nella regione centrale, la fovea, quell’area della re-tina dove la visione è in assoluto più chiara e i bastoncellisono completamente assenti. L’assenza di bastoncellinella fovea diminuisce l’acutezza della visione in con-dizioni di scarsa illuminazione ma è un problema chesi può superare. Per esempio, quando degli astronomidilettanti osservano di notte con il telescopio le stellelontane, sanno di dover guardare un po’ di lato così chel’immagine non ricada sulla fovea, priva di bastoncelli,ma su qualche altra parte della retina che contienemolti bastoncelli estremamente sensibili.

A differenza di quanto accade con i bastoncelli,ogni retina contiene solamente circa 6 milioni di co-ni, fittamente raggruppati nella fovea e distribuiti inmodo molto più sparso nel resto della retina, comesi può vedere nella Figura 4.7. L’alta concentrazionedi coni nella fovea incide direttamente sull’acuità vi-siva e spiega perché, con la visione periferica, non ve-diamo chiaramente gli oggetti posti a lato. La luceriflessa dagli oggetti alla periferia del campo visivoarriva alla fovea con difficoltà, determinando un’im-magine meno chiara. Più fine è il dettaglio codifica-to e rappresentato nel sistema visivo, tanto più chia-ra è l’immagine percepita. È un processo analogo al-la qualità delle immagini ottenute con una macchinafotografica digitale da sei megapixel o invece conuna macchina da due megapixel.

Bastoncelli e coni differiscono anche rispetto almodo in cui varia la loro sensibilità quando cambiail livello complessivo di luce. Ricordate che la pupil-la si restringe quando ci spostiamo da un ambientecon un’illuminazione fioca alla luce forte. Adessoimmaginate il contrario: quando entrate nel buio diuna sala cinematografica, provenendo dall’esternoin una giornata di sole, la vostra pupilla si allarga per

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(a)Visione normale

(b)Miopia

(c)Presbiopia

Figura 4.6 Accomodazione All’interno dell’occhio il cristallino cambia la suacurvatura in modo da mettere a fuoco sulla retina gli oggetti vicini o lontani. (a) Lepersone con vista normale focalizzano l’immagine sulla retina situata sul fondo del-l’occhio, sia che si tratti di oggetti vicini che di oggetti lontani. (b) Le persone miopivedono chiaramente ciò che è vicino, ma gli oggetti distanti appaiono sfocati perchéi raggi luminosi provenienti da essi si focalizzano davanti alla retina, una condizioneche si chiama miopia. (c) Chi è presbiope ha il problema opposto: gli oggetti lonta-ni appaiono in modo chiaro, ma quelli vicini sono sfocati perché il punto della mes-sa a fuoco cade dietro la superficie della retina, una condizione definita presbiopiao iperopia.

(a)Visione normale

(c)Presbiopia

(b)Miopia

STO

CK

.XC

HN

G

STO

CK

.XC

HN

G

Coni Fotorecettori che rile-vano il colore, operano incondizioni di luce normali, eci consentono di mettere afuoco i dettagli fini.

Bastoncelli Fotorecettoriche si attivano solo in condi-zioni di luce fioca, quindi perla visione notturna.

Fovea Area della retinadove la visione è in assolutopiù chiara e sono completa-mente assenti i bastoncelli.

L’immagine a colori sulla si-nistra è quella che vedrestecon i coni e i bastoncelli inpiena attività. L’immagine inbianco e nero sulla destrarappresenta ciò che vedrestese funzionassero solo i ba-stoncelli.

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consentire il passaggio di più luce, ma all’inizio sare-te quasi ciechi davanti ai posti a sedere. Pian piano,tuttavia, la visione si adatta. Questa forma di adatta-mento sensoriale viene definita adattamento al buio(Hecht e Mandelbaum, 1938). I coni si adattano albuio in circa otto minuti ma non hanno una grandesensibilità alla luce di bassa intensità. Ai bastoncelliservono circa trenta minuti per adattarsi completa-mente al buio, ma offrono una sensibilità moltomaggiore in condizioni di luce fioca, a scapito dellavisione a colori.

La retina è fitta di cellule. Dei diversi tipi di neu-roni che costituiscono i tre strati distinti della retina,i fotorecettori (bastoncelli e coni) formano lo stratopiù interno. Lo strato intermedio contiene le cellulebipolari, che raccolgono i segnali neurali dei baston-celli e dei coni e li trasmettono allo strato più ester-

no della retina, dove neuroni detti cellule gangliaridella retina (RGC) organizzano i segnali e li invianoal cervello.

Gli assoni e i dendriti dei fotorecettori e delle cel-lule bipolari sono relativamente brevi (appena qual-che micron, o milionesimo di metro di lunghezza),mentre gli assoni delle cellule gangliari della retinasono lunghi alcuni centimetri. Le RGC sono i neu-roni sensoriali che collegano la retina ai vari centridel cervello. Gli assoni delle RGC riunendosi in fa-sci di fibre, circa 1 milione e mezzo per occhio, for-mano il nervo ottico, che lascia l’occhio attraversoun’area della retina detta il punto cieco, che non hané bastoncelli né coni e di conseguenza nessun meccani-smo di percezione della luce. Provate a fare la dimo-strazione della Figura 4.8 per trovare il punto ciecoin ciascun occhio.

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Fovea

Nervoottico

BastoncelloConoCellulabipolare

Cellula gangliaredella retina

Retina

Fovea

Bastoncelli

Coni

SPL/

PHO

TO R

ESEA

RCH

ERS

Figura 4.7 Primo piano della retina La superficie della re-tina è composta di fotorecettori, i coni e i bastoncelli, posti sotto duestrati di neuroni trasparenti, le cellule bipolari e gangliari, collegatiin successione. L’ingrandimento della sezione trasversale corrispon-de all’area di maggiore acuità visiva, la fovea, in cui è concentrato ilmaggior numero di coni sensibili ai colori, i recettori che ci permet-tono di vedere oltre al colore anche il fine dettaglio. I bastoncelli, ifotorecettori predominanti che si attivano in condizioni di luce scar-sa, sono distribuiti in tutte le altre parti della retina.

CO

URT

ESY

OF

DA

VE

ETC

HEL

LS

CO

URT

ESY

OF

DA

VE

ETC

HEL

LS

L’immagine a destra è stata scattata ad unadefinizione più alta dell’immagine a sinistra.La differenza rispetto alla qualità è analogaa quella che si ha se la luce cade o non cadesulla fovea.

Punto cieco Area della re-tina che non ha né baston-celli né coni e di conse-guenza nessun meccanismodi percezione della luce.

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Campi recettivi e inibizione lateraleCiascun assone del nervo ottico ha origine in unasingola cellula gangliare della retina, come si vedenella Figura 4.9. La maggior parte delle RGC ri-sponde a impulsi che non provengono da un unicocono o bastoncello retinico ma ad un intero gruppodi fotorecettori adiacenti, disposti l’uno accanto al-l’altra nella retina. Una data RGC risponderà alla lu-ce che cade in un qualsiasi punto all’interno di quelpiccolo settore di retina, detto campo recettivo, ov-vero quella regione della superficie sensoriale la cui sti-molazione provoca un cambiamento nella frequenza discarica di quel neurone. Anche se qui ci occupiamo inparticolare della visione, il concetto generale dicampo recettivo si applica a tutti i sistemi sensoriali.Per esempio, le cellule che si connettono ai centricerebrali del tatto hanno campi recettivi, che corri-spondono alle aree della pelle la cui stimolazione in-duce in una particolare cellula neurale un cambia-mento della risposta elettrica.

All’interno di un campo recettivo, i fotorecettoriadiacenti rispondono alla stimolazione in modi di-versi: alcune cellule vengono eccitate, mentre alcu-ne altre vengono inibite. Queste reazioni opposteinteragiscono, vale a dire che i segnali inviati allaRGC attraverso le cellule bipolari riflettono gradidifferenti di attivazione del recettore, mediante unprocesso definito inibizione laterale. Spostandocidall’alto in basso nella Figura 4.9, un punto lumino-so che stimola una parte o tutto il gruppo dei conidel campo recettivo attiverà una o più cellule bipola-ri, e questa attività a sua volta indurrà la corrispon-dente cellula gangliare a cambiare la frequenza concui genera i potenziali d’azione.

Una determinata RGC risponde ad uno stimololuminoso proiettato in un punto qualsiasi all’internodi una piccola porzione di retina, di forma all’incircacircolare (Kuffler, 1953). La maggior parte dei cam-

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+

Figura 4.8 Dimostrazione del punto cieco Per trovare ilvostro punto cieco chiudete l’occhio sinistro e fissate la croce conl’occhio destro. Tenete il libro a una distanza tra i 15 e i 20 centi-metri e muovetelo lentamente avanti e indietro finché il punto nonscompare. Ora esso si trova nel vostro punto cieco e perciò non èvisibile. A questo punto le linee verticali possono apparire come unalinea continua perché il sistema visivo tende a riempire l’area occu-pata dal punto mancante. Per mettere alla prova il punto cieco del-l’occhio sinistro, capovolgete il libro e ripetete l’esperimento chiu-dendo l’occhio destro.

Gruppodi coni

Cellulebipolari

Cellula gangliaredella retina

Allaretina

Campo recettivo

Assone

Al nervo ottico

Campo recettivo La zonadella superficie sensorialeche, quando viene stimolata,provoca un cambiamentonella frequenza di scarica diquel neurone.

Figura 4.9 Campo re-cettivo di una cellula gan-gliare della retina L’assonedi una cellula gangliare retini-ca, mostrato nella parte bassadella figura, si unisce agli as-soni di tutte le altre RGC (cel-lule gangliari retiniche) a for-mare il nervo ottico. Salendoverso la superficie della retina,ogni RGC si connette a ungruppo di cinque o sei cellulebipolari. Le risposte convo-gliate da ciascuna cellula bipo-lare alla cellula gangliare di-pendono dalla combinazione disegnali eccitatori o inibitoritrasdotti dal gruppo, più nume-roso, di fotorecettori collegatia quella cellula bipolare. L’in-tero insieme di neuroni, dai fo-torecettori all’RGC, costitui-sce un campo recettivo, comeindica il cerchio nella parte altadella figura. L’RGC risponde auno stimolo luminoso che cadesu alcuni o su tutti i fotorecet-tori all’interno del suo camporecettivo come risultato dell’ini-bizione laterale.

pi recettivi contiene una zona centrale eccitatoria cir-condata da una zona a forma di ciambella e ad azioneinibitoria e in questo caso si parla di cellula a centroon. In altri casi la cellula contiene una zona inibitoriacentrale, circondata da una corona eccitatoria, quin-di si parla di cellula a centro off (Figura 4.10). Le zo-ne a forma di ciambella rappresentano porzioni di re-tina; provate a immaginare che la parte superiore deldiagramma nella Figura 4.9 sia inclinata in avanti co-sì da consentirci di vedere i coni dall’alto.

Pensate alla risposta di una cellula gangliare reti-nica a centro on quando il suo campo recettivo vie-ne stimolato da punti luminosi di grandezza diversa(Figura 4.10a). Un piccolo punto che illumina lazona eccitatoria centrale fa aumentare il tasso di sca-rica dell’RGC. Quando la luce cade esattamente sul-la zona centrale, la risposta del neurone è massima.Se invece la luce cade nella zona inibitoria circostan-te la risposta è più debole o addirittura assente. Larisposta di una cellula a centro off, mostrata nella Fi-gura 4.10b, è l’esatto opposto. Una luce che cadesulla zona inibitoria centrale evoca una risposta de-bole, e una luce che nella zona eccitatoria circostan-te determina una forte risposta da parte della RGC.

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Se uno stimolo luminoso “sconfina” nella zonainibitoria di entrambi i tipi di campo recettivo, la ri-sposta della cellula diminuisce e, se tutto il camporecettivo viene stimolato, le attivazioni eccitatorie einibitorie si annullano a vicenda a causa dell’inibi-zione laterale e la risposta della RGC apparirà similealla sua risposta al buio. Perché la RGC dovrebbe ri-spondere nello stesso modo sia ad un campo unifor-memente luminoso che ad un campo uniformemen-te buio? La risposta è collegata al concetto di sogliadifferenziale: il sistema visivo codifica le differenze diluminosità o di colore. In altre parole la RGC è unaspecie di “rilevatore di punti luminosi”, che registra icambiamenti relativi di eccitazione o inibizione deicampi recettivi.

L’inibizione laterale rivela come l’azione del sistemavisivo comincia con la codifica dell’intera struttura spa-ziale di una scena e non semplicemente con quella del-l’intensità luminosa percepita punto per punto in ogniparte della retina. La retina è organizzata in modo da ri-levare i margini, cioè il passaggio brusco dalla luce albuio o viceversa. I margini sono di estrema importanzanella visione. Definiscono le forme degli oggetti e qua-lunque cosa dia risalto a tali confini migliora la nostracapacità di vedere la forma di un oggetto, in particolarenelle situazioni in cui c’è poca luce.

La percezione del coloreCi entusiasmiamo davanti all’esplosione di coloridurante uno spettacolo di fuochi d’artificio, rima-niamo a bocca aperta di fronte alla tavolozza di colo-ri che la natura ci mostra con un tramonto, e ci in-cantiamo nell’ammirare la coda variopinta di un pa-vone. Effettivamente il colore aggiunge una profon-da nota di piacere al nostro mondo visivo, ma offre

anche indizi fondamentali per capire l’identità di unoggetto. Una banana nera o delle labbra blu sonosollecitazioni ad agire codificate nel colore: evitaredi mangiare o suonare il campanello d’allarme, a se-conda del caso.

Vedere il coloreIntorno al 1670 Sir Isaac Newton sottolineò che ilcolore non è qualcosa presente “nella” luce. In realtàil colore non è altro che la nostra percezione dellalunghezza d’onda della luce (Figura 4.11 a pagina121). Percepiamo le più corte lunghezze d’onda vi-sibili come un colore viola scuro. Con l’aumentaredella lunghezza d’onda il colore percepito cambialungo una gamma graduale e continua verso il blu,poi il verde, il giallo, l’arancione e, nelle maggiorilunghezze d’onda visibili, il rosso. Questo arcobale-no di colori e le lunghezze d’onda che lo accompa-gnano prendono il nome di spettro visibile, illustratonella Figura 4.11.

Vi ricorderete che tutti i bastoncelli contengonolo stesso fotopigmento, proprietà che li rende idealiquando si tratta di visione con luce fioca ma inadattia distinguere i colori. Al contrario, i coni contengo-no uno di tre diversi tipi di pigmento. Ogni cono as-sorbe la luce su una vasta gamma di lunghezze d’on-da, ma il suo specifico tipo di pigmento è particolar-mente sensibile alle lunghezze d’onda visibili checorrispondono al rosso (lunghezza d’onda lunga), alverde (lunghezza d’onda media), o al blu (lunghez-za d’onda corta). Il rosso, il verde e il blu sono i co-lori primari della luce e l’idea che la percezione delcolore dipenda da tre componenti della retina risaleal XIX secolo, quando questa teoria venne propostaper la prima volta dallo scienziato inglese Thomas

120 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2

Off

(a) Cellula gangliare a centro on

Lucenel centro

Lucenella zonacircostante

On

On

(b) Cellula gangliare a centro off

Lucenel centro

Lucenella zonacircostante

RispostaRisposta

On

On

Off

Off

Off

Luce accesaLuce accesa

Campo recettivoCampo recettivo

Off

Figura 4.10 Campi recettivi di cellule gangliari retiniche visti dall’alto Immaginate di guardare dall’alto il campo recettivo rappresentato nella parte superio-re della Figura 4.9. (a) Una cellula gangliare a centro on aumenta la sua frequenza di scarica quando il campo recettivo viene stimolato dalla luce nell’area centrale, ma se laluce colpisce l’area circostante la frequenza di scarica della RGC diminuisce. Entrambi i livelli di risposta neurale sono rappresentati nella colonna di destra. (b) La cellula gan-gliare a centro off genera potenziali con minor frequenza quando il proprio campo recettivo viene stimolato dalla luce nell’area centrale; la frequenza degli impulsi invece au-menta quando la luce colpisce l’area circostante. La colonna di destra mostra entrambe le risposte.

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Young (1773-1829). Young ottenne successi straor-dinari: oltre ad essere un medico che esercitava laprofessione, egli fu anche un eminente fisico, e neltempo libero contribuì a risolvere il mistero dellastele di Rosetta (una tavola che consentì agli ar-cheologi di tradurre i geroglifici egiziani in greco,una lingua che conoscevano bene!). Egli sapeva tal-mente tanto e di tanti argomenti che un suo recentebiografo lo ha definito “l’ultimo uomo che sapevatutto” (Robinson, 2006). Fortunatamente per lapsicologia, Young ebbe anche alcune intuizioni bril-lanti sul funzionamento della visione a colori. Fu pe-rò il grande scienziato tedesco Hermann von Hel-mholtz (1821-94) a sviluppare in tutta la loro porta-ta le idee di Young, suggerendo che la percezionedel colore fosse la risultanza di diverse combinazio-ni dei tre elementi di base presenti nella retina i qua-li reagiscono alle lunghezze d’onda corrispondentiai tre colori primari della luce. Questa intuizione hasvariate implicazioni e applicazioni.

Per esempio, i tecnici delle luci creano i colorimediante combinazioni diverse di luci dei tre coloriprimari, ad esempio proiettano su una superficie unfascio di luce rosso brillante e uno verde se devonocreare una luce gialla, come viene mostrato nella Fi-gura 4.12a. Notate che al centro della figura, dove leluci rossa, verde e blu si sovrappongono, la superficieappare bianca. Questo dimostra che una superficiebianca in realtà sta riflettendo tutte le lunghezzed’onda luminose visibili. Questo metodo di creare icolori viene definito mescolanza additiva dei colori.

Secoli prima che Newton conducesse i primiesperimenti con la luce, in Italia i pittori rinascimen-tali avevano imparato che potevano ri-creare ognicolore esistente in natura mescolando semplice-mente tre colori: rosso, blu e giallo. Può darsi che siacapitato anche a voi di scoprire questo processo nel

© 978-88-08-26402-2 Capitolo 4 - Sensazione e percezione 121

400 450Lunghezza d’onda (nanometri)

Sensibilitàmassima (%)

500 550 600 650

25

50

75

100

Coni delblu419

Bianco496

Coni delverde531

Coni delrosso559

mescolare i colori. Questa mescolanza sottrattiva deicolori funziona eliminando la luce dalle miscele dicolori come quando si combinano il giallo e il rossoper fare l’arancione o il blu e il giallo per fare il ver-de, come si vede nella Figura 4.12b. Più il colore èscuro, minore è la quantità di luce che contiene, equesto è il motivo per cui le superfici nere non riflet-tono affatto la luce.

Quando percepite il colore, dunque, i coni nellavostra retina codificano le lunghezze d’onda dellaluce riflessa dalla superficie di un oggetto. Tuttavial’elaborazione del colore nel sistema visivo umanoavviene in due fasi. La prima fase, la codificazione,ha luogo nella retina, mentre la seconda, l’elabora-zione, ha bisogno del cervello (Gegenfurtner e Ki-per, 2003).

(a) Mescolanza additiva dei colori(rosso, blu, verde)

(b) Mescolanza sottrattiva dei colori(rosso, blu, giallo)

Figura 4.11 Vedere a colori Percepiamo uno spettro di colori perché gli oggetti assorbono inmaniera selettiva alcune lunghezze d’onda luminose e ne riflettono altre. La percezione del colore cor-risponde alla somma delle attività dei tre tipi di coni. Ogni tipo presenta un massimo di sensibilità a unaristretta gamma di lunghezze d’onda nello spettro visibile, quelle corte (luce bluastra), quelle medie (luceverdastra) o quelle lunghe (luce rossastra). I bastoncelli, rappresentati dalla curva bianca, sono maggior-mente sensibili alle lunghezze d’onda medie della luce visibile ma non contribuiscono alla percezionedel colore.

Figura 4.12 Mescolare i colori I milioni di sfumature di colore che gli esseri umani riescono a percepire sono il prodotto non solodella lunghezza d’onda di una luce ma anche della mescolanza di lunghezze d’onda che uno stimolo assorbe o riflette. Vediamo che una ba-nana matura è gialla perché la buccia della banana riflette le onde luminose che percepiamo come gialle ma assorbe le lunghezze d’ondache percepiamo come sfumature dal blu al verde e quelle che vediamo come rosse. (a) La mescolanza additiva dei colori funziona aumen-tando le lunghezze d’onda riflesse, aggiungendo luce per stimolare i fotopigmenti rossi, blu o verdi nei coni. Quando sono presenti tutte lelunghezze d’onda visibili, vediamo bianco. (b) La mescolanza sottrattiva dei colori elimina le lunghezze d’onda, assorbendo le onde lumino-se che vediamo come rosse, blu o gialle. Quando tutte le lunghezze d’onda visibili sono assorbite, vediamo nero.

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Page 10: Sensazione e percezione - Zanichelli

La rappresentazione tricromatica nei coniLa luce che colpisce la retina provoca un pattern dirisposta specifico in ognuno dei tre tipi di coni(Schnapf, Kraft e Baylor, 1987). Un tipo risponde so-prattutto alle lunghezze d’onda più corte (bluastre),il secondo tipo alle lunghezze d’onda medie (verda-stre), e il terzo tipo alle lunghezze d’onda lunghe (ros-sastre). I ricercatori li definiscono rispettivamenteconi del blu, del verde e del rosso (Figura 4.11).

Questa rappresentazione tricromatica del co-lore significa che il pattern della risposta mediata daitre tipi di coni fornisce un codice specifico per ogni colo-re. I ricercatori possono “risalire” alla lunghezzad’onda della luce che colpisce la retina con un pro-cesso inverso che parte dalla frequenza di scarica re-lativa dei tre tipi di coni. Una malattia genetica cheporta all’assenza di uno dei tre tipi di coni o, in alcu-ni rarissimi casi, di due o di tutti e tre, provoca undeficit della visione cromatica. Si tratta di un caratterecollegato al sesso e il difetto colpisce molto più spes-so gli uomini delle donne.

Spesso questo deficit viene definito cecità ai colo-ri, ma in effetti, le persone a cui manca un solo tipodi cono riesce ancora a distinguere molti colori. Inmaniera analoga a soggetti sinestesici, chi soffre diquesto tipo di deficit spesso non si rende conto diesperire il colore in maniera diversa dagli altri.

La rappresentazione tricromatica del colore è benconosciuta in quanto prima fase della codificazionedel colore nel sistema visivo (Abromov e Gordon,1994). L’adattamento sensoriale serve a spiegare laseconda fase.

La rappresentazione dell’opponenza cromatica nel cervelloCome ricorderete l’adattamento sensoriale si verifi-ca perché la nostra sensibilità alla stimolazione pro-lungata tende a diminuire nel tempo. Esattamentecome accade per il resto del corpo, anche i coni han-no bisogno di una pausa di tanto in tanto. Fissare uncolore troppo a lungo affatica i coni che rispondonoa quel colore, producendo una forma di adattamen-to sensoriale detto immagine postuma. Per provarequesto effetto su voi stessi, seguite le istruzioni rela-tive alla Figura 4.13:

122 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2

Rappresentazione tricro-matica del colore Il patterndella risposta mediata dai tretipi di coni fornisce un codicespecifico per ogni colore.

Sistema dell’opponenzacromatica Coppie di neu-roni visivi che funzionano inantagonismo.

Figura 4.13 Dimostra-zione dell’immagine po-stuma Seguite le istruzioniche compaiono nel testo el’adattamento sensoriale faràil resto. Quando l’immagine po-stuma scomparità, potete tor-nare alla lettura del capitolo.

+

+

● Fissate per un minuto la piccola croce tra le duemacchie di colore. Cercate di tenere gli occhi piùfermi possibile.

● Dopo un minuto, guardate la croce più in basso.Dovreste vedere un’immagine postuma vivida-mente colorata che dura per un minuto o più. Fa-te particolare attenzione ai colori dell’immaginepostuma.

Siete rimasti sconcertati dal fatto che la macchia ros-sa produce un’immagine postuma verde e la mac-chia verde un’immagine postuma rossa? Questo ri-sultato che potrebbe apparire un curioso errorementale, in realtà rivela qualcosa d’importante sullapercezione del colore.La spiegazione viene fornitadalla seconda fase della rappresentazione del colore,il sistema dell’opponenza cromatica in cui coppiedi neuroni visivi funzionano in antagonismo: le cellulesensibili al rosso si oppongono a quelle sensibili alverde (come nella Figura 4.13) e le cellule sensibilial blu si oppongono a quelle sensibili al giallo (Hur-vich e Jameson, 1957). Come si spiegano questecoppie opposte di quattro colori se abbiamo solo tretipi di coni?

È possibile che questo sistema di coppie antago-niste si sia evoluto in modo da sfruttare la stimola-zione eccitatoria e inibitoria. Le cellule del sistemarosso-verde sono eccitate (aumentano la frequenzadi scarica) in risposta alle lunghezze d’onda che cor-rispondono al rosso, mentre sono inibite (diminui-scono la frequenza di scarica) in risposta alle lun-ghezze d’onda che corrispondono al verde. Le cellu-le del sistema blu-giallo aumentano la generazionedi impulsi in risposta alle lunghezze d’onda blu (ec-citatorie) e la diminuiscono in risposta alle lunghez-ze d’onda gialle (inibitorie). Le coppie funzionanoquindi in modo opposto, tra loro antagoniste.

I sistemi dell’opponenza cromatica spiegano ilfenomeno dell’immagine postuma. Quando guarda-te un colore, diciamo il verde, i coni che rispondonocon maggior forza al verde col passare del tempo siaffaticano. L’affaticamento porta ad uno squilibriodegli input (cioè dei segnali) che arrivano ai neuroniantagonisti del sistema rosso-verde, a cominciaredalle cellule gangliari della retina: il segnale indebo-lito proveniente dai coni che rispondono al verdeporta ad una risposta complessiva che esalta il rosso.Si può dare una spiegazione analoga per gli altri tipidi immagini postume; procuratevi una sagoma cir-colare di colore blu brillante e preparatevi a far ve-dere dei punti gialli al vostro compagno di stanza!

Funzionando insieme, il sistema tricromatico e ilsistema dell’opponenza cromatica determinano lapercezione del colore. I coni del rosso, del verde e delblu si collegano alle RGC dei sistemi antagonisti conconnessioni eccitatorie e/o inibitorie che produconola risposta dell’opponenza cromatica. Poi i processieccitatori/inibitori seguono la via dell’informazionevisiva che porta al cervello, prima a neuroni nel tala-mo e poi alla corteccia occipitale, come si vede nellaFigura 4.14 (de Valois, Abramov e Jacobs, 1966).

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regione detta area V1, l’area del lobooccipitale che contiene la corteccia visi-va primaria. Qui le informazionivengono sistematicamente mappatein una rappresentazione completadella scena visiva. Vi sono approssi-mativamente da 30 a 50 aree cere-brali specializzate nella visione, lo-calizzate soprattutto nel lobo occipi-tale situato nella parte posteriore delcervello e nel lobo temporale nellaparte laterale del cervello (Orban,Van Essen e Vanduffel, 2004; VanEssen, Anderson e Felleman, 1992).

Sistemi neurali di percezionedella formaUna delle funzioni più importantidella visione riguarda la percezionedella forma degli oggetti; la vita quo-tidiana sarebbe un caos se non riu-scissimo a distinguere le singole for-me una dall’altra. Ve ne farete un’i -dea se immaginate di non riuscire astabilire la differenza tra una ciambel-la calda ricoperta di glassa e un gam-bo di sedano; la colazione potrebbediventare un’e sperienza traumaticase non riusciste a distinguere le for-me. La percezione della forma dipen-de dalla posizione e dall’orientamen-to dei margini di un oggetto. Non c’èda stupirsi, dunque, che l’area V1 siaspecializzata nella codificazione del-l’orientamento dei margini.

Come avete letto nel Capitolo 3, ineuroni presenti nella corteccia visivarispondono in maniera selettiva abarre e margini con specifici orienta-

menti nello spazio (Hubel e Wiesel, 1962, 1998). In ef-fetti l’area V1 contiene popolazioni di neuroni, cia-scuna “sintonizzata” per rispondere ai margini orientatiin ogni specifica posizione del campo visivo. Questo si-gnifica che alcuni neuroni generano potenziali quandoviene percepito un oggetto in orientamento verticale,altri neuroni producono segnali quando percepisconoun oggetto con orientamento orizzontale, ancora altrineuroni scaricano nel rilevare oggetti con orienta-mento diagonale di 45° e così via (Figura 4.15). Il ri-sultato della risposta coordinata di tutti questi rilevatoridi caratteristiche contribuisce al funzionamento di unsofisticato sistema visivo che riesce a stabilire dove fi-nisce una ciambella e incomincia un sedano.

Le vie del “che cosa”, del “dove” e del “come”Nel Capitolo 2 avete appreso che gli studiosi si sonoavvalsi della stimolazione magnetica transcranica(TMS) per dimostrare che una persona capace di ri-conoscere un certo oggetto può comunque non es-sere in grado di percepirne il movimento.Questa os-servazione implica che un sistema cerebrale identifi-

Il cervello visivoGran parte dell’elaborazione visiva avviene già all’in-terno della retina, compresa la codificazione di ca-ratteristiche elementari come i punti di luce, i mar-gini e i colori. Tuttavia gli aspetti più complessi dellavisione richiedono un’elaborazione più sofisticata,che avviene nel cervello.

Flussi di potenziali d’azione che veicolano le in-formazioni codificate dalla retina giungono al cer-vello lungo il nervo ottico. Metà degli assoni del ner-vo ottico che escono da ciascun occhio provengonodalle cellule gangliari della retina che codificano leinformazioni nel campo visivo destro, mentre l’altrametà codifica le informazioni dal campo visivo sini-stro. Questi due fasci di fibre nervose si collegano ri-spettivamente agli emisferi cerebrali sinistro e de-stro (Figura 4.14). Il nervo ottico che esce da cia-scun occhio si dirige al nucleo genicolato laterale(LGN), situato nel talamo. Come ricorderete dalCapitolo 3, il talamo riceve input da tutti i sensitranne che dall’olfatto. Da lì il segnale visivo viaggiaverso la parte posteriore del cervello, diretto a una

© 978-88-08-26402-2 Capitolo 4 - Sensazione e percezione 123

Campo visivosinistro

Campo visivodestro

Chiasmaottico

Nervo ottico

Trattoottico

Collicolosuperiore

Area V1

Nucleo genicolatolaterale (LGN)

nel talamo

Figura 4.14 La via dell’informazione visiva dall’occhio al cervello Gli og-getti presenti nel campo visivo destro stimolano la metà sinistra di ciascuna retina, men-tre gli oggetti nel campo visivo sinistro stimolano la metà destra. I nervi ottici – uno daciascun occhio – sono formati dagli assoni delle cellule gangliari che emergono dalla re-tina. Poco prima di entrare nel cervello, a livello del chiasma ottico, circa la metà delle fi-bre nervose provenienti da ciascun occhio si incrociano. La metà sinistra di ciascun ner-vo ottico, che rappresenta il campo visivo destro, corre attraverso l’emisfero sinistro delcervello passando per il talamo, e la metà destra, che rappresenta il campo visivo sinistro,compie un analogo percorso attraverso l’emisfero destro. Così le informazioni che pro-vengono dal campo visivo destro finiscono nell’emisfero sinistro e le informazioni del cam-po visivo sinistro finiscono nell’emisfero destro.

Area V1 Area del lobo occi-pitale che contiene la cortec-cia visiva primaria.

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● La via dorsale si dirige in alto dal lobo occipitaleverso il lobo parietale (comprende nel suo per-corso anche le regioni intermedie e superiori dellobo temporale) collegandosi alle aree corticaliche identificano la posizione e il movimento di unoggetto, in altre parole, dov’è. Poiché la via dorsa-le consente di percepire le relazioni spaziali, fuchiamata inizialmente dai ricercatori “via del do-ve” (“via where”) (Ungerleider e Mishkin, 1982).

● In anni più recenti, i neuroscienziati hanno soste-nuto che, dal momento che la via dorsale è essen-ziale per guidare i movimenti, come quello diorientarsi verso uno stimolo, cercare di raggiun-gerlo o seguirlo con gli occhi, la “via del dove” sidovrebbe chiamare più correttamente “via delcome” (“via how”) (Milner e Goodale, 1995).

Alcune delle prove più schiaccianti dell’esistenza didue vie visive distinte provengono dagli studi suglierrori derivanti da certe lesioni cerebrali. Una pa-ziente indicata come D.F. subì un danno cerebralepermanente in seguito all’esposizione a livelli tossicidi monossido di carbonio (Goodale, Milner, Jakob-son e Carey, 1991). Una vasta regione della cortec-cia occipitale laterale era andata distrutta, vale a direun’area della via ventrale molto attiva nel riconosci-mento degli oggetti. La capacità di D.F. di ricono-scere gli oggetti con la vista era stata gravementedanneggiata, mentre la sua capacità di riconosceregli oggetti al tatto era normale. Questo fatto suggeri-sce che in D.F. fosse danneggiata la rappresentazionevisiva e non la memoria degli oggetti. Analogamenteall’incapacità di Betty di riconoscere i volti familiari,il danno cerebrale di D.F. appartiene ad una catego-ria detta agnosia della forma, cioè l’incapacità di ri-conoscere gli oggetti mediante la vista (Goodale e Mil-ner, 1992, 2004).

Stranamente, anche se D.F. non riusciva a rico-noscere gli oggetti visivamente, riusciva però a gui-dare le proprie azioni con la vista. Le venne mostra-to un pannello che aveva una fessura, come si vedenella Figura 4.17. I ricercatori potevano modificarea piacimento l’orientamento della fessura. In unaversione del compito, illustrata nella parte superioredella figura, D.F. doveva indicare l’orientamentodell’apertura tenendo la mano alzata nella stessa an-golazione della fessura. D.F. eseguì questo compitocon grande difficoltà, movendo la mano quasi a ca-so, dimostrando in questo modo di non avere unarappresentazione esatta dell’orientamento spaziale.

In un’altra versione del compito, mostrata nellaparte inferiore della Figura 4.17, fu chiesto a D.F. diinserire un cartoncino nell’apertura, come se stesseinfilando una lettera nella buca della posta. Questavolta la donna eseguì il compito quasi perfettamen-te! Il paradosso è che pur essendo molto danneggia-ta la comprensione consapevole o esplicita di ciò cheD.F. vedeva, la sua capacità di utilizzare quella stessainformazione a livello inconscio in modo da guidare ipropri movimenti rimaneva intatta. SottoponendoD.F. alla fMRI, i ricercatori scoprirono che, durante

ca persone e cose e un altro sistema, distinto dal pri-mo, ne segue i movimenti o guida i nostri movimen-ti in relazione ad essi. Due percorsi distinti a livellofunzionale, o vie visive, si proiettano dalla cortecciaoccipitale alle aree visive situate in altre parti del cer-vello (Figura 4.16).

● La via ventrale attraversa il lobo occipitale per en-trare nei livelli più bassi del lobo temporale ecomprende le aree del cervello deputate a identi-ficare la forma e l’identità di un oggetto, in altritermini, che cosa è. Il danno causato dall’ictussofferto da Betty di cui avete letto nel Capitolo 3ha interrotto questa “via del che cosa” (“viawhat”) (Tanaka, 1996). Il risultato fu che Bettynon riusciva a riconoscere i volti familiari anchese riusciva ancora a vederli.

124 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2FI

RTZ

GO

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.

Stimolo Risposta dei neuroni

Figura 4.15 Attività di un singolo neurone rilevatore di caratteristiche L’area V1 con-tiene neuroni che rispondono a specifici orientamenti dei margini. Qui sono riprodotte le risposte di ununico neurone (a destra) registrate mentre la scimmia osserva barre con orientamenti diversi (sinistra).Questo neurone genera impulsi di continuo quando la barra è inclinata a destra di 45°, mentre scari-ca con minore frequenza quando la barra è in posizione verticale e non scarica affatto quando lo sti-molo è inclinato a sinistra di 45°.

Agnosia della forma L’in-capacità di riconoscere glioggetti mediante la vista.

Lobofrontale

Lobo parietale

Lobooccipitale

Area V1

Lobotemporale

Via ventrale

Via dorsale

Figura 4.16 Le vie visive Un sistema visivo forma un percorso che dalle aree visive occipita-li si dirige al lobo temporale inferiore. Questa via ventrale ci consente di identificare ciò che vediamo.Una seconda via interconnessa parte dal lobo occipitale e attraversa le regioni superiori del lobo tem-porale dirigendosi alle regioni parietali. Questa via dorsale ci permette di localizzare gli oggetti, di se-guirne i movimenti e di muoverci in relazione ad essi.

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Page 13: Sensazione e percezione - Zanichelli

sia forte questa correzione del sistema percettivo nelcaso delle grandezze familiari.

Gli indizi monoculari sono spesso chiamati indizipittorici, perché sono presenti anche nei dipinti, nel-le fotografie e nei video bidimensionali, nei quali laterza dimensione – quella della profondità – in real-tà manca del tutto. In aggiunta alla grandezza relati-va e alla grandezza familiare esistono molti indizi diprofondità monoculari, tra i quali● La prospettiva lineare è una definizione che indica

il fenomeno secondo cui le linee parallele sem-brano convergere con l’aumentare della distanza(Figura 4.22a nella pagina successiva).

© 978-88-08-26402-2 Capitolo 4 - Sensazione e percezione 129

La percezione della profondità e della grandezzaProbabilmente non avete mai apprezzato i semplicivantaggi dati dal sapere in ogni momento dove vitrovate. Ma se qualche volta vi capita per caso di tro-varvi in un ambiente estraneo i vantaggi del saperecosa c’è intorno a voi diventano immediatamenteevidenti. Immaginate di trovarvi in una casa con lepareti fatte di specchi: dov’è l’uscita, a destra o a si-nistra, oppure siete girati dalla parte completamentesbagliata? Immaginate di essere in un centro com-merciale appena aperto: il negozio di Abercrombiee Fitch era al piano di sopra nell’ala ovest oppure sitrattava dell’American Eagle? I vostri amici sonoquelli laggiù al bar o si tratta solo di persone che gliassomigliano? È importante sapere cosa c’è intornoa noi. È importante anche sapere dove si trova cia-scun oggetto. Il fatto che l’oggetto sia sopra, sotto, asinistra o a destra di qualcos’altro è per prima cosacodificato nell’immagine retinica.

Gli oggetti dell’ambiente esterno sono organiz-zati in tre dimensioni, lunghezza, larghezza e pro-fondità, ma le dimensioni nell’immagine retinicasono solo due: lunghezza e larghezza. Come fa ilcervello ad elaborare un’immagine retinica piatta,bidimensionale, in modo da farci percepire la pro-fondità di un oggetto e la sua distanza? La rispostarisiede in una serie di indizi di profondità che cam-biano al nostro spostarci nello spazio. Tutti gli indi-zi di profondità – monoculari, binoculari o basatisul movimento – contribuiscono alla percezione vi-siva (Howard, 2002).

Indizi monoculari di profonditàSe foste costretti a portare una benda su un occhioper qualche ora al giorno, magari per fare la parte diun pirata in un locale fast food, è facile prevedereche fareste una certa fatica a percepire le cose. Do-potutto ci sarà un buon motivo se abbiamo due oc-chi! Alcuni aspetti della percezione visiva si basanocomunque su indizi monoculari di profondità,cioè elementi di una scena che forniscono informazionisulla profondità quando sono osservati con un solo oc-chio. Tali indizi si basano sul rapporto tra distanza egrandezza. Anche con un occhio chiuso l’immagineretinica di un oggetto su cui si focalizza l’attenzionediventa più piccola man mano che l’oggetto si allon-tana e più grande man mano che si fa più vicino. Ilcervello sfrutta normalmente queste differenze digrandezza nell’immagine retinica, ovvero la grandez-za relativa, per percepire la distanza.

Ciò funziona particolarmente bene nel caso di unindizio di profondità monoculare detto grandezzafamiliare. Per esempio, la maggior parte degli adultirientra in una gamma di valori dell’altezza (in gene-re compresi tra 1,50 metri a 2,10 metri), perciò lasemplice grandezza dell’immagine retinica è un in-dizio di solito affidabile della distanza a cui si trova-no. Il nostro sistema visivo corregge automatica-mente le differenze di altezza, attribuendole a diffe-renze di distanza. La Figura 4.21 dimostra quanto

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“Non ho la percezione della profondità.Lì all’angolo c’è un poliziotto in piedi,

oppure lei ha una persona molto piccolanei capelli?”

Figura 4.21 Grandezza familiare e grandezza relativa Quando osservate immagini di per-sone, come nella foto a sinistra, o di cose che conoscete bene, l’oggetto che percepite come più picco-lo vi appare più lontano.Con una leggera manipolazione dell’immagine, si può vedere nella foto a de-stra che la differenza relativa di grandezza proiettata sulle vostre retine è molto maggiore di quanto ineffetti percepiate. L’immagine dell’uomo con il panciotto blu è della stessa grandezza in entrambe le foto.

Indizi di profondità mono-culari Gli elementi di unascena che forniscono infor-mazioni sulla profonditàquando sono osservati conun solo occhio.

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● Il gradiente di tessitura che si ha quando si osservauna superficie con un ‘pattern’ più o meno uni-forme perché la grandezza degli elementi che co-stituiscono il “pattern”, così come la distanza tradi loro, diminuisce man mano che la superficie siallontana dall’osservatore. (Figura 4.22b).

● La sovrapposizione, che si verifica quando un og-getto blocca in parte la vista di un altro (Figura4.22c). La nostra inferenza è che l’oggetto bloc-cante sia più vicino dell’oggetto bloccato. Tuttavia,la sovrapposizione in sé non fornisce informazionisu quanto lontani tra loro siano i due oggetti.

● L’altezza relativa nell’immagine dipende dal cam-po di visione (Figura 4.22d). Gli oggetti più vi-cini si trovano più in basso nel campo visivo,mentre gli oggetti lontani sono più in alto.

Indizi binoculari di profonditàFare la parte del pirata non è un gran bel lavoro, so-prattutto perché due occhi sono meglio di uno, spe-cialmente quando si tratta di percepire la profondi-tà. Gli indizi binoculari di profondità esistono per-ché abbiamo la visione stereoscopica: il fatto che idue occhi siano separati da uno spazio significa che

ciascun occhio registra una visione del mondo leg-germente diversa.

Tenete l’indice destro in alto a circa 60 centime-tri dalla faccia, chiudete un occhio e guardate il dito.Adesso alternate i due occhi aprendoli e chiudendo-li in rapida successione. Sembra che il dito saltiavanti e indietro mentre eseguite la prova.

Più vicino è l’oggetto che state guardando mag-giore è la disparità binoculare, cioè la differenzanelle immagini retiniche dei due occhi che è fonte di in-formazioni sulla profondità. Il cervello calcola la di-sparità tra le due immagini retiniche in modo dapercepire a che distanza sono gli oggetti, come si ve-de nella Figura 4.23. Viste dall’alto, le immagini delquadrato, più distante, e del cerchio, più vicino, ca-dono in punti differenti di ciascuna retina.

La disparità binoculare come indizio per la perce-zione della profondità fu studiata per la prima voltanel 1838 da Sir Charles Wheatstone. Wheatstone in-ventò poi lo stereoscopio, sostanzialmente un sup-porto che sosteneva un paio di fotografie o di disegniche rappresentavano la stessa scena vista da due po-sizioni leggermente sfalsate sulla linea orizzontale (aWheatstone le idee originali non mancavano: inven-

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Figura 4.22 Indizi pittorici di profondità Nelle arti figurativesi sfrutta un’ampia gamma di indizi monoculari per ottenere effetti più rea-listici. Ci si può basare su indizi come (a) la prospettiva lineare, (b) il gra-diente di tessitura superficiale, (c) la sovrapposizione e (d) l’altezza rela-tiva nell’immagine, tutti indizi che consentono di inferire la distanza, la pro-fondità e la posizione persino con un occhio bendato.

Disparità binoculare Ladifferenza nelle immagini re-tiniche dei due occhi che èfonte di informazioni sullaprofondità.

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magini retiniche derivanti da più punti di vista. Nelcaso della disparità binoculare gli occhi registranosimultaneamente le informazioni da punti di vistaleggermente distanziati nello spazio. Nella parallas-se di movimento, i due punti di vista sono inveceleggermente distanziati tra loro nel tempo.

Mentre avanzate attraverso una scena, gli indizidi profondità dovuti al movimento si comportano inmaniera leggermente diversa: man mano che gli og-getti si avvicinano, la grandezza della loro immaginenella retina aumenta e i loro contorni si spostano la-teralmente, fino ad uscire dalla retina. Il flusso ottico,il pattern che accompagna il movimento in avantidell’osservatore attraverso una scena, è una forma diparallasse di movimento. Ad ogni dato istante, lascena che si ha davanti scorre verso l’esterno a parti-re dal punto verso cui l’osservatore si sta movendo.Questa forma della parallasse di movimento, quindi,si rivela utile nella navigazione, mentre camminia-mo, guidiamo o facciamo atterrare un aereo.

Se vi è mai capitato di guardare un vecchio episo-dio di Star Trek, riconoscerete come flusso ottico l’ef-fetto visivo che si ha sullo schermo quando l’astronaveparte a velocità ‘warp’. Scie di luce stellare si espan-dono verso l’esterno a partire da un punto centrale.Tornando sulla Terra, potete vedere questo effettoquando guardate fuori dal parabrezza mentre guidatedi notte nel bel mezzo di una tempesta di neve. Men-tre le luci dei fanali illuminano i fiocchi che vi vengonoincontro, i fiocchi al centro sono più lontani (vicini al-l’orizzonte) e i fiocchi alla periferia vi sono più vicini.

Illusioni di profondità e grandezzaSiamo tutti vulnerabili alle illusioni, che, come vi ri-corderete dal Capitolo 1, sono errori di percezione, dimemoria o di valutazione in cui l’esperienza soggetti-va diverge dalla realtà oggettiva (Wade, 2005). Questierrori mentali ispirarono gli psicologi della Gestalt, icui contributi continuano ad influenzare la ricerca sul-la percezione degli oggetti. Tornate col pensiero all’il-lusione ottica Mueller-Lyer descritta nel Capitolo 1(Figura 1.3). Anche se le linee orizzontali in quella fi-gura sono esattamente della stessa lunghezza, la lineasuperiore sembra più lunga di quella inferiore. Ciò èdovuto al fatto che le due linee orizzontali non vengo-no percepite isolatamente: la loro percezione è in re-lazione con, e influenzata da, le vicine linee verticali.

tò anche la fisarmonica e un primo tipo di telegrafo,inoltre coniò il termine microfono). Quando si guar-dava dentro l’apparecchio, le due immagini – visteciascuna da un solo occhio – suscitavano un fortesenso della profondità. Il giocattolo View Master è ilmoderno successore dell’invenzione di Wheatstonee i film a tre dimensioni si basano sulla stessa idea.

Indizi di profondità basati sul movimentoQuando viaggiate in auto, autobus o treno, lo scenariocambia in maniera sistematica e continua. Gli oggettivicini sembrano sfrecciare via velocemente, mentrequelli lontani sembrano scorrere più lentamente onon muoversi affatto. Questo fenomeno è detto pa-rallasse di movimento, un indizio della profondità chesi basa sul movimento della testa nel tempo. La velocità ela direzione delle immagini sulla retina dipendono dadove si sta guardando e da quanto distano gli oggetti.

La percezione della profondità di cui si fa espe-rienza con la parallasse di movimento è sostanzial-mente la stessa della disparità binoculare. Entrambii fenomeni implicano il confronto mentale delle im-

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Figura 4.23 Disparità binoculare Vediamo il mondo in tredimensioni perché i nostri occhi sono tra loro leggermente distanzia-ti e l’immagine di un oggetto cade in una posizione leggermente di-versa sulla retina di ciascun occhio. In questa scena con due ogget-ti, le immagini del quadrato e del cerchio cadono su punti diversi del-la retina di ciascun occhio. La disparità nelle posizioni delle immagi-ni retiniche del cerchio fornisce un forte indizio della profondità.

TROPPO UMANO

SO CHE È QUI INTORNODA QUALCHE PARTE... InAustralia, nei Territori del Nord,un uomo di 44 anni venne ar-restato per guida in stato di eb-brezza dopo aver chiesto ad unufficiale di polizia la strada perUluru (Ayers Rock), la vasta for-mazione rocciosa alta 348 me-tri che alla luce del sole appa-re di colore rosso, praticamen-te impossibile da mancare eche si trovava a meno di un chi-lometro da lui, in piena luce da-vanti ai suoi occhi.

Parallasse di movimentoUn indizio di profondità ba-sato sul movimento della te-sta nel tempo.

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Il View Master è un giocattolopopolare da molte decine dianni. Si basa sul principio delladisparità binoculare: due im-magini prese da angolazionileggermente differenti produ-cono un effetto stereoscopico.

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grandezza dell’immagine retinica. Di conseguenza,la persona in piedi all’angolo destro sembra moltopiù alta della persona che sta in piedi nell’angolo disinistra (Figura 4.24b).

L’illusione della luna è un altro caso in cui l’erratapercezione della distanza influisce sulla percezionedella grandezza (Hershenson, 1989). La luna pienaappare spesso molto più grande quando si trova vi-cino all’orizzonte di quando è in alto nel mezzo delcielo. In realtà la luna proietta immagini retiniche diuguale grandezza in entrambe le posizioni. Come sispiega questo affascinante errore mentale? Quandola luna è vicina all’orizzonte, appare più grande per-ché molti elementi (le colline, gli alberi, gli edifici) sifrappongono tra la luna e chi guarda, facendola cosìapparire più vicina e quindi più grande. Nulla invecesi frappone tra l’osservatore e la luna alta nel cielo,che perciò appare più distante e più piccola.

La percezione del movimentoA questo punto dovreste aver le idee chiare su comefacciamo a vedere che cosa sono gli oggetti e dovesono, un procedimento reso notevolmente più faci-le dal fatto che gli oggetti stiano fermi in un datoluogo. La vita vera, però, è piena di elementi in mo-vimento; gli oggetti cambiano posizione nel tempo.Per percepire il movimento, il sistema visivo devecodificare informazioni riguardanti sia lo spazio cheil tempo. Il caso più semplice da prendere in consi-derazione è quello di un osservatore fermo che cer-ca di percepire un oggetto in movimento.

Quando un oggetto si muove attraverso il campo vi-sivo di un osservatore fermo, stimola dapprima una

132 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2

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Figura 4.24 La stupefacente stanza di Ames (a) Il diagramma mostra le reali proporzioni della stanza di Ames, svelandone i segreti. La stanza ha una forma trape-zoidale, con la parete di fondo non parallela all’osservatore ma obliqua. Inoltre soffitto e pavimento sono inclinati; ciò fa sì che l’altezza della stanza nell’angolo più lontanosia in realtà superiore a quella dell’altro angolo. Aggiungete indizi fuorvianti come finestre e mattonelle del pavimento progettate in modo speciale, quindi posizionate gli oc-cupanti della stanza nei due angoli opposti della parete più lontana, e tutto sarà pronto per trarre in inganno un osservatore ignaro. (b) Guardando dentro la stanza di Amescon un solo occhio attraverso un piccolo foro, l’osservatore ha l’impressione di un rapporto grandezza-distanza apparentemente normale, cioè crede che entrambe le ragazzesi trovino alla stessa distanza. La diversa grandezza delle immagini retiniche che le due ragazze proiettano induce chi guarda a concludere, in base all’indizio monoculare del-la grandezza familiare, che una ragazza è molto piccola e l’altra è molto alta.

La relazione tra grandezza e distan-za è stata usata per creare sofisticate il-lusioni ottiche che si ottengono in-gannando il sistema visivo sulla di-stanza a cui si trovano gli oggetti. Tut-te queste illusioni dipendono dallostesso principio: quando si osservanodue oggetti che proiettano immaginiretiniche della stessa grandezza, l’og-getto che si percepisce come più lon-tano verrà percepito come più grande.

Una delle illusioni più famose è lacosiddetta stanza di Ames, costruitadall’oftalmologo americano AdelbertAmes nel 1946. La stanza è di formatrapezoidale invece che quadrata: solodue lati sono paralleli (Figura 4.24a).Una persona in piedi in un angolo del-

la stanza di Ames si trova , rispetto a chi guarda, auna distanza doppia in confronto a un’altra personain piedi all’angolo opposto della stanza. Tuttavia,quando si guarda con un occhio solo attraverso unpiccolo foro nella parete, la stanza di Ames apparequadrata perché le forme delle finestre e delle mat-tonelle nel pavimento sono appositamente costruitein modo da sembrare quadrate dal punto di osserva-zione (Ittelson, 1952).

Il sistema visivo percepisce la parete più lontanacome perpendicolare alla linea di osservazione, cosìche le persone che stanno in piedi agli angoli oppo-sti di quella parete sembrano trovarsi alla stessa di-stanza da chi guarda, e i giudizi che l’osservatore for-mula sulla loro altezza si basano direttamente sulla

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La luna all’orizzonte sembramolto più grande di quandoè alta nel cielo. Questa illu-sione è dovuta alla presenzadi indizi visivi, vicino alla li-nea dell’orizzonte.

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Figura 4.27 La corteccia uditiva primaria L’area A1è contenuta in profondità nel lobo temporale sotto il solco late-rale di ciascun emisfero. Nella maggioranza delle persone le areeuditive dell’emisfero sinistro controllano i suoni del discorso. (Ri-quadro) La corteccia A1 ha un’organizzazione topografica, con lefrequenze più basse che mappano verso la parte frontale del cer-vello e le frequenze più alte che mappano invece verso la parteposteriore, un’organizzazione che rispecchia quella della membra-na basilare lungo la coclea (Figura 4.26).

© 978-88-08-26402-2 Capitolo 4 - Sensazione e percezione 137

Area A1

Areadi Wernicke

CortecciauditivaLobo

temporale

Dieci giorni dopo la sua nascita, Natalie fu col-pita da una febbre molto alta e persistente. Ladiagnosi del pediatra fu di meningite, un’infiam-mazione delle membrane che rivestono il cer-vello e il midollo spinale. Natalie trascorse di-verse settimane in ospedale, e più di una voltafu sul punto di morire. Infine la febbre se ne andòe Natalie sembrò riprendersi completamente.

Nel corso dei mesi successivi, i genitori diNatalie cominciarono a preoccuparsi sempre dipiù perché la bambina non reagiva ai suoni. Laportarono per un controllo da un pediatra spe-cialista di audiologia e scoprirono che la menin-gite aveva danneggiato le cellule ciliate dellacoclea di Natalie in entrambi gli orecchi. Ildanno era irreversibile.

In generale, la perdita dell’udito dipende dadue cause principali. La perdita d’udito condut-tiva si verifica perché il timpano o gli ossicinisono danneggiati a un punto tale da non riuscirepiù a condurre efficacemente le onde sonorealla coclea. Di per sé la coclea, tuttavia, è nor-male, per cui questa forma di sordità è un “pro-blema meccanico” che coinvolge le parti mobilidell’orecchio: il martello, l’incudine, la staffa o iltimpano. In molti casi, le cure mediche o la chi-rurgia possono correggere il problema. Anchel’amplificazione sonora prodotta da un apparec-chio acustico può migliorare l’udito sfruttando iprocessi di conduzione alla coclea attraverso leossa che circondano l’orecchio.

La perdita d’udito sensorineurale è causata dadanni alla coclea, alle cellule ciliate o al nervo

acustico. Era questo il problema di Natalie, raro inun bambino così piccolo ma molto comune fra lepersone adulte. La perdita sensorineurale del-l’udito aumenta nelle persone regolarmenteesposte a rumori molto forti (come i musicisti rocko i meccanici dei jet). Amplificare semplicementeil suono non serve perché le cellule ciliate non rie-scono più a trasdurre le onde sonore. In questicasi un im pianto cocleare può essere d’aiuto.

Un impianto cocleare consiste in un appa-recchio elettronico che sostituisce la funzionedelle cellule ciliate (Waltzman, 2006). Le partiesterne dell’apparecchio comprendono un mi-crofono, un piccolo processore del linguaggiogrande come un iPod (portato su una cintura),e un trasmettitore esterno posto dietro l’orec-chio. Le parti impiantate comprendono un rice-vitore subito all’interno del cranio e un filo sot-tile contenente elettrodi inseriti nella cocleaper stimolare il nervo acustico. Il suono rac-colto dal microfono viene trasformato in se-gnali elettrici dal processore, che in pratica è unpiccolo computer. Il segnale viene trasmesso alricevitore impiantato, che attiva gli elettrodinella coclea.

Gli impianti cocleari sono ormai un interven-to di routine e riescono a migliorare l’udito finoa consentire la comprensione del discorso. Nel2006, erano già circa 60000 le persone che in tut-to il mondo vivevano con un impianto cocleare.I bambini piccoli,come Natalie, che non hanno an-cora imparato a parlare, sono particolarmente vul-nerabili perché c’è il rischio che passino il perio-do critico per l’apprendimento del linguaggio (Ca-pitolo 7). Se questo periodo si chiude senza chevi sia stato il normale feedback uditivo, è presso-ché impossibile che il linguaggio possa sviluppar-si normalmente. Attualmente sono in corso ten-tativi di introdurre impianti cocleari in bambini di12 mesi o anche più piccoli per massimizzare leloro possibilità di sviluppare un linguaggio nor-male (DesJardin, Eisenberg e Hodapp, 2006).

Gli impianti cocleariNEL VIVO DELLA SCIENZA

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Un microfono raccoglie i suoni e li invia adun piccolo computer che elabora il linguag-gio messo sulla cintura di chi lo usa o dietrol’orecchio. I segnali elettrici provenienti dalprocessore del linguaggio vengono tra-smessi ad un ricevitore impiantato che, at-traverso elettrodi, invia i segnali alla cocleadove i segnali stimolano direttamente ilnervo acustico.

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138 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2

Superficieepidermica

Recettoredella pressione

Cellule adipose

Recettoridella tessutiturae del pattern

Recettore di vibrazionia bassa frequenza

Recettore del dolore(terminazioni nervoselibere)

Dottodi ghiandolasudoripara

Recettore di vibrazioniad alta frequenza

Figura 4.28 I recettori tattili Neuroni sensoriali specializzati formano gruppi distinti di recet-tori tattili specializzati nel rilevare la pressione, la temperatura e le vibrazioni degli oggetti a contattocon la pelle. I recettori del tatto rispondono agli stimoli che ricadono entro i rispettivi campi recettivi ei loro lunghi assoni arrivano al cervello attraverso i nervi spinali o i nervi cranici. I recettori del doloresono disseminati in tutti i tessuti corporei che sentono il dolore: sono distribuiti nelle ossa e nei musco-li, negli organi interni come sotto la superficie della pelle. Entrambi i tipi di recettori del dolore, le fibreche trasmettono velocemente le sensazioni di dolore acuto e diretto e quelle che segnalano il dolorelento e sordo che non cessa mai, sono terminazioni nervose libere.

re di un tamburo!) Analogamente alla rappresenta-zione tricromatica e ai processi antagonisti nell’ela-borazione del colore, il codice di posizione e il codi-ce temporale lavorano insieme per coprire tutta lagamma dei toni che le persone riescono a udire.(Per informazioni sulle ricerche su come si puòcombattere la perdita dell’udito, leggete la schedaNel vivo della scienza nella pagina precedente).

La localizzazione delle fonti sonoreAllo stesso modo in cui la distanza tra i due occhiproduce la visione stereoscopica, così la collocazio-ne delle orecchie ai lati opposti della testa ci consen-te di avere un udito stereofonico. Il suono che arrivaall’orecchio che si trova più vicino alla fonte sonoraha un’intensità maggiore del suono che arriva al-l’orecchio più distante, soprattutto perché la testa dichi ascolta blocca in parte l’energia delle onde sono-re. Questa differenza di volume diminuisce man ma-no che la sorgente sonora si sposta dall’essere esat-tamente di lato (differenza massima) al trovarsiesattamente di fronte (nessuna differenza).

Un altro indizio per la localizzazione di un suono èdato dal tempo di ricezione: le onde sonore arrivanoun po’ prima all’orecchio più vicino che a quello piùlontano. La differenza dei tempi può essere piccolissi-ma, pochi microsecondi, ma insieme alla differenzad’intensità, è sufficiente a consentirci di individuare lasorgente di un suono. Quando la sorgente sonora èincerta, può capitarvi di girare la testa da una parte al-l’altra per localizzarla. Così facendo, cambiate l’inten-sità relativa e il tempo che le onde impiegano per rag-giungere i vostri orecchi, quindi raccogliete miglioriinformazioni sulla probabile fonte del suono.

la percezione del suono dipende da tredimensioni fisiche dell’onda sonora: la frequenza, chedetermina il tono; l’ampiezza, che determina l’inten-sità del suono (o volume) e le differenze di comples-sità delle frequenze, che determinano la qualità delsuono o timbro. La percezione uditiva comincia nel-l’orecchio, formato da un orecchio esterno, che faconfluire le onde sonore verso l’orecchio medio, ilquale a sua volta invia le vibrazioni all’orecchio inter-no, che contiene la coclea. I potenziali d’azione pro-venienti dall’orecchio interno si trasmettono lungouna via acustica che arriva al talamo e da qui va allacorteccia uditiva primaria controlaterale, l’area A1,posta nel lobo temporale. La percezione uditiva di-pende sia dal codice di posizione sia dal codice tem-porale, che insieme coprono tutta la gamma dei tonipercepiti dalle persone. La nostra capacità di localiz-zare le fonti sonore dipende in modo cruciale dal fat-to che gli orecchi si trovano ai lati opposti della testa.

I sensi somatici: non solo epidermideLa visione e l’udito forniscono informazioni sulmondo da lontano. Rispondendo alle energie dellaluce e del suono presenti nell’ambiente, questi sensidella “distanza” ci consentono di identificare e loca-lizzare gli oggetti e le persone intorno a noi. In con-fronto, i sensi corporei, detti anche somatici (dallaparola greca soma che significa “corpo”), sono deltutto intimi e personali. La percezione tattile scatu-risce dalla esplorazione attiva dell’ambiente fatta toc-cando e afferrando gli oggetti con le mani. Utilizziamoi recettori sensoriali dei muscoli, dei tendini e dellegiunture insieme ad una gran varietà di recettoripresenti nella pelle per conoscere il mondo circo-stante (Figura 4.28).

Il tattoQuattro diversi tipi di recettori collocati sotto la su-perficie della pelle ci consentono di sentire la pressio-ne, la tessitura, il pattern o la vibrazione di un oggettocontro la pelle (Figura 4.28). I campi recettivi di que-ste cellule specializzate funzionano all’unisono perfornire una ricca esperienza tattile (dal latino “tocca-re”) quando si esplora un oggetto con le mani o sicerca di afferrarlo. Inoltre, i termorecettori, fibre ner-vose che sentono il freddo e il caldo, rispondono alcambiamento della temperatura corporea. Tuttequeste sensazioni, naturalmente, si mescolano insie-me senza distinzione nella percezione, ma accuratistudi di fisiologia hanno permesso di isolare le variecomponenti del sistema tattile (Johnson, 2002).

Il tatto comincia con la trasduzione in segnalineurali delle sensazioni della pelle. Come le cellulepresenti nella retina di ciascun occhio, i recettori deltatto hanno campi recettivi provvisti di zone di ecci-tazione circondate da zone inibitorie a forma diciambella, la cui stimolazione relativa provoca uncambiamento nella risposta della cellula. La rappre-sentazione del tatto nel cervello segue uno schema

In sintesiPercezione tattile L’esplo-razione attiva dell’ambientefatta toccando e afferrandogli oggetti con le mani.

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144 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2

(a) (b) (c)

Papillefoliate

Circumvallate

Papillefungiformi

Papille

Microvilli

Fibrenervose

Calici gustativi

Papilla

Poro gustativo

Recettoregustativo

Tutti conosciamo bambini schizzinozi nel man-giare che non amano le verdure e le lasciano nelpiatto. Anche qualche adulto per tutta la vita de-liberatamente evita le verdure come i cavolettidi Bruxelles, la verza e i broccoli. Se vi piaccionoqueste verdure, simili preferenze vi possonosembrare un po’ irrazionali.

Ma cosa accade nei casi in cui le personeesperiscono il sapore dei broccoli in modo di-verso, non come nella bugia che raccontavanoi genitori “Ha lo stesso sapore del gelato!”, main maniera qualitativamente differente dagli al-tri? Circa il 50% delle persone dice di avverti-re un gusto leggermente amaro nella caffeina,nella saccarina, in certe verdure verdi e in altresostanze, mentre circa il 25% non avverte alcunsapore amaro. Gli appartenenti al primo grup-po vengono definiti sensibili al sapore (o taster)e quelli che appartengono al secondo grupposono chiamati insensibili al sapore (o non taster).Il rimanente 25% delle persone è composta da-gli ipersensibili al sapore (o supertaster), che de-finiscono le sostanze nominate sopra, in modoparticolare le verdure verde scuro, talmente ama-re da essere immangiabili.

C’è una spiegazione evolutiva dietro questocomportamento. L’avversione nei confronti del-l’amaro è presente sin dalla nascita; non c’è dameravigliarsene, dato che le sostanze dal sa-pore amaro sono spesso velenose. Tuttavia,molti cibi che hanno un gusto amaro, incluse leverdure di colore verde scuro, sono beneficheper la salute e ci proteggono dalle malattie. Iro-nia delle cose, proprio il meccanismo evolutivo

che può impedirvi di avvelenarvi vi impedisceanche di mangiare alcuni tra i cibi più sani a di-sposizione.

Ci sono anche differenze individuali so-stanziali nelle preferenze per i sapori. Peresempio, non tutti possiedono i recettori perl’amaro, un tratto dovuto alla loro costituzionegenetica (Bartoshuk, Duffy e Miller, 1994). Perportare un altro esempio le persone provenien-ti da Asia, Africa e Sudamerica hanno maggio-ri probabilità di essere ipersensibili ai sapori. Lesensibilità delle donne al gusto amaro tende aintensificarsi durante la gravidanza ma a dimi-

nuire dopo la menopausa. I bambini sono ini-zialmente sensibili o ipersensibili ai sapori,cosa che potrebbe spiegare la loro iniziale ten-denza a mostrarsi schizzinosi nella scelta dei cibi.Tuttavia, alcuni bambini, crescendo, diventanoinsensibili ai sapori.

Inoltre gli ipersensibili sperimentano anchealtri sapori in maniera diversa da chi è insensi-bile. Per esempio, gli ipersensibili avvertono dipiù il “bruciore” del peperoncino e una maggio-re cremosità dei grassi e degli addensanti pre-senti nel cibo rispetto alle altre persone. Il do-lore alla bocca è per loro più intenso che per inon taster (Bartoshuk, 2000). Dato che gli iper-sensibili tendono ad evitare frutta e verdura consapori da loro percepiti come estremamente ama-ri, essi possono essere esposti ad un maggior ri-schio rispetto a malattie come il cancro al colon.D’altro canto, dal momento che tendono anchead evitare i cibi grassi e cremosi, sono solitamen-te più magri e possono vedere ridotto il rischiodi malattie cardiovascolari (Bartoshuk, 2000).

La differenza tra le esperienze di chi è insen-sibile e chi è ipersensibile ai sapori può essere pa-ragonata alla differenza tra le esperienze del co-lore fatte da chi ha una visione cromatica norma-le e chi soffre di un deficit genetico per cui man-ca di almeno uno dei tre tipi di coni. In ciascuncaso, le esperienze percettive di questi soggettipossono a tal punto differire da quelle della mag-gioranza da risultare per gli altri difficilmente com-prensibili. In effetti un supertaster con deficit del-la visione cromatica probabilmente ha imparatoad evitare i broccoli grigi.

Gli ipersensibili ai saporiNEL MONDO REALE

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È schizzinoso oppure ha soltanto troppi cali-ci gustativi? La percezione del gusto dimi-nuisce con l’età: all’età di vent’anni circa ab-biamo già perso metà dei recettori del gu-sto. Ciò può rendere l’infanzia un periodo didelizie o di sovraccarico di sapori.

Figura 4.31 Struttura di un calice gustativo (a) I calici gustativi sono presenti nelle papille della lingua, qui mostrata, e anche nella parte posteriore, sui lati e sulpalato della bocca. (b) Ciascun calice gustativo contiene un certo numero di recettori che rispondono ai componenti chimici del cibo, detti molecole gustative o tastant. Le mo-lecole gustative si sciolgono nella saliva e stimolano i microvilli che formano le estremità dei recettori del gusto. (c) Ogni calice gustativo prende contatto con la ramificazionedi un nervo cranico posta alla sua base.

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shekar, Hoon, Ryba e Zuker, 2006). Queste cellulerispondono con particolare forza al glutammato,un amminoacido presente in molti cibi che con-tengono proteine. Nel Capitolo 3, come ricordere-te, si diceva che il glutammato funge da neurotra-smettitore; effettivamente è un importantissimoneurotrasmettitore eccitatorio. L’additivo alimen-tare glutammato monosodico (MSG), spesso utiliz-zato nella cucina asiatica per insaporire i cibi, attivain modo particolare i recettori dell’umami. Alcunepersone accusano mal di testa o hanno reazioni al-lergiche dopo aver mangiato piatti con dosi elevatedi MSG.

Naturalmente la gamma delle esperienze gustati-ve supera di gran lunga i cinque tipi fondamentali direcettori di cui abbiamo discusso qui. Qualunquemolecola di cibo disciolta nella saliva evoca patternspecifici di combinazioni dell’attività neurale neicinque tipi di recettori gustativi. Anche se si pensaspesso al gusto come alla fonte primaria del sapore,il realtà il gusto e l’odorato collaborano nel produrrequesta complessa percezione.

Come potrà confermare qualunque intenditoredi vini, non si può godere pienamente l’esperienzadell’aroma di un vino senza avere un senso dell’odo-rato finemente educato. Gli odoranti presenti al-l’esterno della bocca entrano nella cavità nasale at-traverso le narici, odoranti che si trovano nella boc-ca entrano dalla parte posteriore dentro la gola. Ec-co perché agli aficionados (appassionati) del vinoviene insegnato a far entrare aria sul vino tenuto inbocca: ciò consente alle molecole odoranti del vinodi entrare nella cavità nasale attraverso questa “por-ta posteriore”.

Si può facilmente dimostrare il contributo appor-tato dall’odorato al sapore assaggiando alcuni cibitenendo il naso chiuso, e impedendo così al sistemaolfattivo di individuarne gli odori. Se avete un brut-to raffreddore, probabilmente sapete già come fini-sce: il vostro amato burrito piccante o la pasta al su-go da voi preferita probabilmente hanno un gustoche più scipito non si può.

la nostra esperienza dell’odorato, o ol-fatto, è associata a molecole odoranti che si legano aspeciali siti sui recettori olfattivi, che convergononei glomeruli situati nel bulbo olfattivo. A sua voltail bulbo olfattivo invia segnali alle parti del cervelloche controllano le pulsioni primarie, le emozioni e iricordi, ed ecco perché gli odori possono avere su dinoi un effetto immediato e potente. L’odorato ècoinvolto anche nel comportamento sociale, comeci rivelano i feromoni, che in molte specie sono col-legati al comportamento riproduttivo e alle rispostesessuali. Le sensazioni del gusto dipendono dai cali-ci gustativi, distribuiti nella lingua, il palato e la partesuperiore della gola e dai recettori del gusto che cor-rispondono ai cinque gusti primari: salato, acido,amaro, dolce e umami.

In sintesi

sce con l’età: in media, quando arrivano ai vent’an-ni le persone hanno già perso la metà dei loro recet-tori del gusto. Questo può servire a spiegare perchéi bambini piccoli ap paiono “schizzinosi nel mangia-re”: il maggior numero di recettori gustativi di cuidispongono comporta una gamma più ampia disensazioni gustative. (Per conoscere un esempio disensibilità gustativa estrema, leggete la scheda Nelmondo reale nella pagina precedente).

L’occhio umano contiene milioni di bastoncelli edi coni, il naso umano contiene qualcosa come 350tipi differenti di recettori olfattivi, ma il sistema delgusto contiene appena cinque tipi principali di re-cettori gustativi, che corrispondono alle cinque sen-sazioni gustative primarie: il salato, l’acido, l’amaro,il dolce e l’umami (saporito). I primi quattro tipi cisono abbastanza familiari, mentre l’umami forse nonlo è. In effetti, la sua esistenza e ancora oggetto di di-scussione tra gli studiosi. Il recettore dell’umamivenne scoperto da scienziati giapponesi che lo attri-buirono ai sapori dei cibi contenenti un’alta concen-trazione di proteine, come carni e formaggi (Yama-guchi, 1998). Se siete dei mangiatori di carne e viviene l’acquolina in bocca a pensare a una bisteccasucculenta o a un cheeseburger bello grasso, vi sietefatti un’idea della sensazione di umami.

Ogni calice gustativo contiene vari tipi di recet-tori, che portano alla estremità apicale prolunga-menti detti microvilli, i quali reagiscono con le mole-cole gustative (tastants) presenti nei cibi. I recettoridel gusto salato vengono attivati soprattutto dal clo-ruro di sodio, il sale da tavola. I recettori del gustoacido rispondono agli acidi, come l’aceto o il succodi limone. I recettori dell’amaro e del dolce sono piùcomplessi. Un numero variabile tra i 50 e gli 80 sitidi legame distinti nei recettori dell’amaro vengonoattivati da un identico numero di differenti sostanzechimiche dal sapore amaro. Analogamente i recetto-ri del dolce possono essere attivati da un’ampiagamma di sostanze oltre agli zuccheri.

Anche se i recettori dell’umami sono conosciutimeno bene degli altri, i ricercatori stanno indivi-duando le loro caratteristiche principali (Chandra-

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“Vorremmo essere geneticamente modificatein modo da avere il sapore dei cavoletti di Bruxelles”.

TROPPO UMANO

MI PIACE IL SAPORE DEL-L’ASFALTO DI MATTINANell’aprile del 2006, Jim We-rych del club Wednesday NightClassic Car (club dell’“Autod’epoca del mercoledì sera”) diBookfield, nel Wisconsin, ese-guendo una specie di ritualetirò fuori la lingua e leccò perbene Lisbon Road (chiusa altraffico bloccato in entrambe ledirezioni) per verificare, e pro-clamare, che le strade non re-cavano traccia del sale inverna-le e perciò erano sicure per ledelicate auto d’epoca del club.

Insieme, il gusto e l’olfattoproducono la nostra perce-zione dell’aroma. Ecco perchéannusare il ”bouquet” di unvino è una parte essenzialedel rituale della degustazionedei vini. Senza l’odorato sa-rebbe difficile gustare le sottilidifferenze tra vini diversi.

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Sommario del Capitolo

La porta d’accesso alla psicologia● Sensazione e percezione sono due eventi separati

che, dal punto di vista di chi percepisce, appaionocome un unico processo. La sensazione è la semplicecoscienza della stimolazione di un organo di senso,mentre la percezione è un’attività cerebrale che or-ganizza, identifica e interpreta una sensazione alloscopo di formare una rappresentazione mentale.

● La trasduzione è il processo che converte una formadi energia fisica presente nell’ambiente in segnalineurali inviati al sistema nervoso centrale. Tutti isensi si basano sulla trasduzione, anche se varia il tipodi energia che viene percepito (per esempio, le ondeluminose per la vista, le onde sonore per l’udito).

● La psicofisica, un ambito di studi sviluppatosi du-rante la metà e la fine del XIX secolo, cercava dicomprendere il legame tra le proprietà di uno sti-molo fisico e la risposta psicologica delle persone.

● I ricercatori nel campo della psicofisica sviluppa-rono i concetti di soglia assoluta, ovvero l’intensitàminima necessaria alla semplice rilevazione di unostimolo, e soglia differenziale, cioè il più piccolocambiamento di uno stimolo che risulta percepi-bile. La soglia differenziale è anche indicata comedifferenza appena individuabile (JND). La teoriadella rilevazione del segnale rappresenta un perfe-zionamento di questi approcci di base e tieneconto di successi, insuccessi, falsi allarmi e rifiuticorretti nella percezione di uno stimolo.

● L’adattamento sensoriale avviene quando la sensi-bilità ad una stimolazione prolungata tende a de-

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Negli anni Cinquanta del secolo scorso i proprie-tari di sale cinematografiche sperimentaronouna nuova e controversa tecnica di marketing: lapubblicità subliminale. Proiettavano film in cui lecase di produzione avevano inserito durante ilmontaggio singole inquadrature che contene-vano fotografie di pop corn, bibite o frasi scrittedel tipo Ho sete. Alla normale velocità di proie-zione, queste immagini erano troppo brevi per-ché gli spettatori le percepissero a livello co-sciente, ma i proprietari delle sale speravanoche la proiezione di quei messaggi sarebbe stataregistrata inconsciamente dagli spettatori, e chedurante gli intervalli sarebbe aumentata la ven-dita di bibite e quant’altro. Ma le prove scienti-fiche di questo tipo di persuasione subliminalesono state quanto meno contraddittorie.

Oggigiorno chi lancia un prodotto sul mer-cato ricorre ad una forma di pubblicità più sot-tile nota come pubblicità sensoriale (Lindstrom,2005). L’idea è sfruttare tutti i sensi per pro-muovere un prodotto o una certa marca. Siamoabituati a vedere pubblicità che, per vendereprodotti, impiegano immagini eccitanti, pro-vocanti o erotiche. Nelle pubblicità televisivequeste immagini sono accompagnate da branidi musica molto popolari che, nelle speranzedei pubblicitari, dovrebbero favorire l’acco-glienza del prodotto. Il concetto è che la vistae il suono di cose invitanti verranno associati aciò che altrimenti potrebbe essere un prodottoche passa inosservato.

Tuttavia la pubblicità sensoriale va oltre lavista e l’udito associando a questi sensi l’odo-rato, il gusto e il tatto. Probabilmente conosce-

te tutti il peculiare odore di una scatola appe-na aperta di plastilina o di pastelli a cera Cra-yola. I loro odori sono inconfondibili, ma pro-babilmente è qualcosa di completamente invo-lontario: la plastilina fu venduta per la prima vol-ta nel 1956 e i pastelli Crayola fecero la loro ap-parizione nel 1903, entrambi molto tempo pri-ma che si pensasse al marketing come a unaesperienza sensoriale totale.

La pubblicità sensoriale è un approccio almarketing molto più intenzionale. Che ne dite diquell’odore di auto nuova che pregustate nelprovare una nuova auto? In realtà, si tratta diuna fragranza confezionata apposta e spruz-zata nell’auto, attentamente studiata per evo-care sensazioni positive nei potenziali compra-tori. Bang e Olufsen, un produttore danese diimpianti stereo ad alta definizione, ha progettatoi telecomandi in modo da far percepire allamano di chi li usa una “sensazione” caratteri-stica. La Singapore Airlines, che viene costante-mente definita “la migliore compagnia aerea delmondo” ha brevettato l’odore delle proprie ca-bine aeree (si chiama Stefan Floridian Waters).

Un’altra forma di pubblicità che è cresciutaenormemente in anni recenti è il cosiddettoproduct placement, «piazzamento del pro-dotto». Le compagnie pagano per far sì che iloro prodotti compaiano molto spesso nei filme nelle produzioni televisive. Vi accorgete diquando in un film un attore famoso beve unalattina di una nota bevanda o guida un modelloparticolare di auto in una scena d’insegui-mento? Anche se gli spettatori possono nonfare affatto caso al prodotto, chi crea la pubbli-

cità ritiene che il product placement porti allafine dei benefici.

La tecnologia video è progredita al puntoche i prodotti possono essere inseriti nei film ariprese già ultimate. La Princeton Video, che fauso del sistema L-VIS (live-video insertion = in-serimento di video dal vivo), ha inserito unascatola di biscotti Snackwell sul bancone dicucina di un episodio della serie Bewitched(Vita da strega), una sit com degli anni Ses-santa, girata molto prima che esistesse il mar-chio Snackwell (Wenner, 2004)! Attualmentec’è un’ondata d’interesse nello sviluppo di pub-blicità destinate ai giochi online con molti gio-catori, arrivando fino al punto di creare pubbli-cità “su misura”, che possono essere adattatealle preferenze e alle precedenti abitudini di ac-quisto dei singoli utenti.

C’è qualcosa di male nel marketing che tibombarda i sensi o che si insinua in modo oc-culto nella vostra percezione? La pubblicità èun affare, e come qualunque affare è alimen-tata dall’innovazione ai fini del profitto. Forsequeste ultime tendenze sono semplicemente unabile, ulteriore passo avanti verso l’indurre i po-tenziali compratori a prestare attenzione almessaggio pubblicitario. D’altra parte, esisteun limite oltre il quale “quando è troppo ètroppo?” Volete vivere in un mondo in cui ognisingolo evento sensoriale è collegato a un mar-chio di fabbrica, brevettato o commercializ-zato prima di raggiungere il vostro sistemapercettivo? La frase “Il tramonto di oggi vi èstato regalato dai produttori di...”vi mette in al-larme? Qual è la vostra posizione?

Percezione e persuasione

Qual è la tua posizione

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traggono origine dalle ambiguità percettive colle-gate a questi principi.

● Sia la teoria del riconoscimento di oggetti basatasul confronto con un template, sia quella basata sulriconoscimento di parti elementari hanno punti diforza e punti di debolezza. Nessuna delle due spie-gazioni coglie pienamente il modo in cui gli esseriumani percepiscono correttamente ed efficace-mente gli oggetti nel loro ambiente.

● Gli indizi monoculari, binoculari e quelli basati sulmovimento ci consentono di percepire la grandezzae la profondità, anche se talvolta siamo soggetti a il-lusioni ottiche. Gli esseri umani sono piuttosto ca-paci nella percezione del movimento attraverso unaserie di meccanismi.

L’udito: più di quello che colpisce l’orecchio● L’udito comporta la trasduzione delle onde sonore

ad opera dei recettori nell’orecchio. Le onde so-nore sono caratterizzate da tre proprietà fisiche:frequenza, ampiezza e complessità, le quali sonopercepite rispettivamente come tono, volume etimbro del suono.

● Ci sono tre parti nell’orecchio umano: l’orecchioesterno, l’orecchio medio e l’orecchio interno.L’orecchio esterno convoglia le onde sonore versol’orecchio medio, dove una catena di minuscoleossa (dette ossicini) trasmette meccanicamente eintensifica le vibrazioni dal timpano all’orecchiointerno.

● L’orecchio interno contiene la coclea che è divisa sututta la sua lunghezza dalla membrana basilare. Lavibrazione della membrana basilare stimola mi-gliaia di minuscole cellule ciliate, che sono dei recet-tori acustici incorporati nella membrana basilare.Queste cellule ciliate rilasciano neurotra smettitori,i quali danno inizio ad un segnale neurale nel nervoacustico.

● Nella trasduzione delle frequenze sonore sono coin-volti sia un codice di posizione che un codice tem-porale. Il primo codifica i suoni ad alta frequenza,mentre il codice temporale codifica i suoni a bassafrequenza. I segnali uditivi sono inviati all’area A1,la corteccia uditiva primaria nel lobo temporale.

● La posizione degli orecchi ai due lati della testa cipermette di localizzare i suoni nell’ambiente.

I sensi somatici: non solo epidermide● La percezione tattile implica l’esplorazione attiva

dell’ambiente toccando e afferrando gli oggetticon le mani. Quattro tipi di recettori specializzatisono situati sotto la superficie della pelle con le fun-zioni di trasdurre la pressione, la tessitura, il patterno la vibrazione. Ci sono inoltre recettori specializ-zati per percepire la temperatura e il dolore.

● L’area corticale per la sensazione somatosensorialeriproduce nella sua organizzazione un homuncu-lus; alle parti del corpo più sensibili corrispondonoaree più estese nella corteccia somatosensoriale.Per esempio, le punte delle dita hanno una rappre-sentazione maggiore dei polpacci.

clinare col tempo perché l’organismo si adatta allecondizioni in cui si trova. Questo processo di adat-tamento è più sensibile ai cambiamenti nei livelli distimolazione che ai livelli costanti.

La visione: più di quello che colpisce l’occhio● La visione comporta la trasduzione delle onde lumi-

nose ad opera dei fotorecettori nell’occhio. Le ondeluminose sono caratterizzate da tre proprietà fisiche– lunghezza, ampiezza e purezza – percepite rispet-tivamente come colore, luminosità e saturazione.

● La luce entra nell’occhio attraverso la cornea e lapupilla, e arriva fino alla retina, il tessuto che sitrova sul fondo di ciascun bulbo oculare. La retinaè composta da tre strati di cellule: i fotorecettori,le cellule bipolari e le cellule gangliari retiniche(RGC). I fotorecettori hanno la forma di baston-celli o di coni; i bastoncelli sono specializzati nellavisione con luce fioca, mentre i coni sono specia-lizzati nella visione a colori.

● Il nervo ottico è composto da fasci degli assonidelle cellule gangliari della retina; lascia l’occhio at-traverso il punto cieco posto sul fondo del bulbooculare. Le cellule gangliari della retina hanno uncampo recettivo che risponde alla luce incidente;alcune risposte sono eccitatorie, altre inibitorie.

● I coni specializzati nella percezione delle lunghezzed’onda rosse, verdi o blu avviano il processo dellavisione cromatica. Le combinazioni dei diversi pat-tern di attivazione di questi coni producono lospettro di colori che vediamo. I coni funzionanoanche nelle combinazioni antagoniste rosso-verdeo blu-giallo che contribuiscono alla visione croma-tica. Sia la mescolanza additiva di colori che quellasottrattiva determinano il modo in cui si produ-cono tutte le sfumature di colore.

● Il nervo ottico attraversa varie parti del cervello perterminare nell’area V1, la corteccia visiva primaria,situata nel lobo occipitale. Qui neuroni specializ-zati rispondono a barre e margini in orientamentidiversi. La via ventrale lascia la corteccia occipitalee costituisce la via visiva del “che cosa” che arrivaad altre aree del cervello. La via dorsale rappresentala via del “dove” e del “come”.

● Sia la teoria modulare che la teoria della rappresen-tazione distribuita offrono spiegazioni di comepercepiamo e riconosciamo gli oggetti esterni. Gliesseri umani mostrano una notevole costanza per-cettiva: anche se gli aspetti dei segnali sensorialicambiano, la percezione rimane costante. Siamotalvolta indotti a pensare erroneamente che gli og-getti distanti siano minuscoli, che la luna sia piùgrande quando è bassa sull’orizzonte o che unamico che si sia fatto crescere i baffi sia una personadiversa.

● Gli psicologi della Gestalt individuarono i prin-cipi percettivi fondamentali molto tempo fa: sem-plicità, chiusura, continuità e vicinanza. Gli psico-logi della Gestalt osservarono inoltre che tendiamoa percepire le figure in termini di contrasto controun qualche tipo di sfondo. Molte illusioni ottiche

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● Il dolore è un importante senso somatico; senza diesso potremmo soccombere in breve tempo inconseguenza di ferite di cui non ci siamo neppureaccorti. Le fibre A-delta e le fibre C sono due di-verse vie con cui i segnali del dolore raggiungonoil cervello.

● La teoria del gate-control prevede sia processi bot-tom up sia processi top down che controllano i se-gnali del dolore nel corpo. Ciò serve a spiegare ledifferenze individuali nell’esperire il dolore.

● La posizione e i movimenti del corpo sono regolatida recettori collocati nei muscoli, nelle giunture enei tendini. L’equilibrio è controllato dai canalisemicircolari nell’orecchio interno e, in certa mi-sura, anche dagli indizi visivi.

I sensi chimici: l’aggiunta del sapore● L’odorato e il gusto sono entrambi sensi chimici;

l’odorato è la sensazione provocata dalle molecoleche entrano nella cavità nasale, e il gusto è la sen-sazione prodotta dalle molecole nella saliva. Odo-rato e gusto si combinano per produrre l’espe-rienza del sapore.

148 Capitolo 4 - Sensazione e percezione © 978-88-08-26402-2

● L’epitelio olfattivo, situato nella parte superioredella cavità nasale, contiene circa 10 milioni di re-cettori dell’olfatto (ORN). Ciascun neurone olfat-tivo ha siti di legame che, con le molecole di odo-ranti, funzionano come un lucchetto e una chiave.Gruppi di ORN inviano i loro assoni ad un glome-rulo situato nel bulbo olfattivo.

● I feromoni sono odoranti chimici che influenzanoil comportamento e la fisiologia. Evidenze contra-stanti indicano che i feromoni influenzino alcuniaspetti del comportamento sessuale umano.

● La lingua è coperta di papille, che contengono i ca-lici gustativi, ovvero gli organi di trasduzione delgusto. Ogni calice gustativo contiene recettori cherispondono alle sensazioni di salato, dolce, amaro,acido o umami. L’umami si riferisce alla sapiditàdei cibi. Sia il gusto che l’odorato contribuiscono allapercezione del sapore. Gli odoranti presenti nei cibipenetrano nella cavità nasale sia attraverso le nariciche attraverso la parte posteriore della bocca. Tap-parsi il naso mentre si mangia può impedire di sen-tire il sapore dei cibi anche più gustosi oppure ren-dere accettabili cibi dal sapore disgustoso.

Parole chiave

sinestesia (p. 108)sensazione (p. 108)percezione (p. 108)trasduzione (p. 109)psicofisica (p. 110)soglia assoluta (p. 110)differenza appena individuabile (JND)

(p. 111)legge di Weber (p. 111)teoria della rilevazione del segnale (p. 112)adattamento sensoriale (p. 113)acuità visiva (p. 115)retina (p. 116)accomodazione (p. 116)coni (p. 117)bastoncelli (p. 117)

fovea (p. 117)punto cieco (p. 118)campo recettivo (p. 119)rappresentazione tricromatica del colore

(p. 122)sistema dell’opponenza cromatica

(p. 122)area V1 (p. 123)agnosia della forma (p. 124)costanza percettiva (p. 126)template (p. 128)indizi monoculari di profondità (p. 129)fisparità binoculare (p. 130)parallasse di movimento (p. 131)movimento apparente (p. 133)tono (p. 134)

volume (p. 134)timbro (p. 134)coclea (p. 135)membrana basilare (p. 135)cellule ciliate (p. 135)area A1 (p. 136)codice di posizione (p. 136)codice temporale (p. 136)percezione tattile (p. 138)dolore riferito (p. 139)teoria del gate-control (p. 140)sistema vestibolare (p. 140)recettori dell’olfatto (ORN) (p. 141)bulbo olfattivo (p. 141)feromoni (p. 142)calici gustativi (p. 143)

Letture raccomandate

Cytowic, R. The man who tasted shapes, Cam-bridge: MIT Press, 2003. Richard Cytowic,neurologo, ci offre in questo libro brillanti intui-zioni sulla sinestesia. Le opinioni di Cytowic sulcome e il perché il cervello si è sviluppato inquel modo e le implicazioni di questo processoevolutivo sulla mente, sul comportamento esull’interazione sociale sono inframmezzate daresoconti in prima persona di esperienze sine-stesiche.

Enns, J. T. The thinking eye, the seeing brain,New York: Norton, 2004. James Enns ci guidain un viaggio attraverso il sistema visivo, met-tendo in particolare rilievo sia le sensazioninell’occhio che la percezione nel cervello.

Questo libro è un ottimo trattato di tutti ipunti chiave presentati in questo capitolo e unbuon punto di partenza per affrontare anchealtri argomenti di scienza della visione.

Goodale, M. e Milner, D. Sight unseen, OxfordUniversity Press, 2004. In questo libro affasci-nante, Melvyn Goodale e David Milner esplo-rano la visione conscia e inconscia. Le loro ar-gomentazioni scaturite dagli studi sui dannicerebrali e dalle neuroscienze portano a sup-porre che esistano sistemi duali di percezionevisiva.

Illusionihttp://www.philomel.com/phantom_words/

description.html

http://www.faculty.ucr.edu/~rosenblu/VSMcG-urk.html

http://www.psychologie.tu_dresden.de/i1/kaw/diverses%20

Material/www.illusionworks.com/html/hall_of_illusions.html

Le illusioni ottiche ingannano l’occhio e il cer-vello, e sono certamente divertenti da dimo-strare e interessanti nel loro funzionamento.Tuttavia, ci sono altri tipi di illusioni senso-riali e percettive che potete trovare interes-santi. Visitate alcuni di questi siti web per ve-dere le dimostrazioni e ottenere ulterioriinformazioni.

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