Selezione rassegna stampa 2009 istituzionale

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http://www.ong.agimondo.it/notiziario-ong/notizie/200909221222-cro-rt11107- cooperazione_professionisti_dello_sviluppo_un_master_a_pavia2 22 settembre ’09 Notiziario ONG REP.CENTRAFRICANA: UCCISI DUE COOPERANTI LOCALI DI COOPI (AGI) - Roma, 22 set. - In Repubblica Centrafricana sulla strada che collega la capitale Bangui con la città di Obo, nel sud-est del Paese, M. Claude Porcela Nzapaoko e M. Jean Jacques Namkoisse, due operatori locali di COOPI sono stati uccisi e un terzo, M. Adramane Abdel Karim, è in fin di vita. I tre erano impegnati in un intervento di miglioramento del sistema scolastico della Prefettura di Haut Mbomou. Ieri sera il camion sul quale stavano trasportando materiale edilizio per la costruzione di una scuola a Obo è stato attaccato ieri sera da un gruppo di ribelli del Lord's Resistance Army (LRA). Lo riferisce una nota della ong che spiega: "I tre colleghi lavoravano da molti anni con passione e coraggio a Bangui, nella sede centrale di COOPI nella Repubblica Centrafricana per assicurare interventi di sviluppo ed emergenza alle popolazioni più povere del Paese". In questo tragico momento, "COOPI si appella al diritto di neutralità e imparzialità delle organizzazioni umanitarie", continua la nota, "il verificarsi di questi casi gravissimi di violenza è umanamente inconcepibile e rischia di compromettere gli interventi realizzati proprio in favore delle comunità. Il nostro pensiero va alle famiglie delle vittime e a tutti i nostri colleghi operativi nel Paese". COOPI lavora nella Repubblica Centrafricana dal 1974. In oltre trent'anni di impegno, ha partecipato concretamente allo sviluppo del paese e alla crescita umana ed economica delle sue comunità. Tra il 2000 e il 2008, ha impiegato nel paese oltre 9 milioni e mezzo di euro per la realizzazione di interventi principalmente in ambito sanitario, formativo e di sviluppo economico. Oggi COOPI conta sulla collaborazione di 18 operatori espatriati impegnati nel paese e su 200 operatori locali.

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Selezione rassegna stampa da luglio a dicembre 2009 suddivisa sotto il tema ISTITUZIONALE

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Notiziario ONG REP.CENTRAFRICANA: UCCISI DUE COOPERANTI LOCALI DI COOPI (AGI) - Roma, 22 set. - In Repubblica Centrafricana sulla strada che collega la capitale Bangui con la città di Obo, nel sud-est del Paese, M. Claude Porcela Nzapaoko e M. Jean Jacques Namkoisse, due operatori locali di COOPI sono stati uccisi e un terzo, M. Adramane Abdel Karim, è in fin di vita. I tre erano impegnati in un intervento di miglioramento del sistema scolastico della Prefettura di Haut Mbomou. Ieri sera il camion sul quale stavano trasportando materiale edilizio per la costruzione di una scuola a Obo è stato attaccato ieri sera da un gruppo di ribelli del Lord's Resistance Army (LRA). Lo riferisce una nota della ong che spiega: "I tre colleghi lavoravano da molti anni con passione e coraggio a Bangui, nella sede centrale di COOPI nella Repubblica Centrafricana per assicurare interventi di sviluppo ed emergenza alle popolazioni più povere del Paese". In questo tragico momento, "COOPI si appella al diritto di neutralità e imparzialità delle organizzazioni umanitarie", continua la nota, "il verificarsi di questi casi gravissimi di violenza è umanamente inconcepibile e rischia di compromettere gli interventi realizzati proprio in favore delle comunità. Il nostro pensiero va alle famiglie delle vittime e a tutti i nostri colleghi operativi nel Paese". COOPI lavora nella Repubblica Centrafricana dal 1974. In oltre trent'anni di impegno, ha partecipato concretamente allo sviluppo del paese e alla crescita umana ed economica delle sue comunità. Tra il 2000 e il 2008, ha impiegato nel paese oltre 9 milioni e mezzo di euro per la realizzazione di interventi principalmente in ambito sanitario, formativo e di sviluppo economico. Oggi COOPI conta sulla collaborazione di 18 operatori espatriati impegnati nel paese e su 200 operatori locali.

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http://www.confinionline.it/ShowRassegna.aspx?Prog=14864 22 settembre 09

Centrafrica: uccisi due operatori di COOPI, un terz o è gravemente ferito Lunedì 21 settembre 2009 nella Repubblica Centrafricana sulla strada che collega la capitale Bangui con la città di Obo, nel sud-est del Paese, M. Claude Porcela Nzapaoko e M. Jean Jacque Namkoisse, due operatori locali di COOPI - Cooperazione Internazionale sono stati uccisi e un terzo, M. Adramane Abdel Karim, è in fin di vita. I tre erano impegnati in un intervento di miglioramento del sistema scolastico della Prefettura di Haut Mbomou. Il camion sul quale stavano trasportando materiale edilizio per la costruzione di una scuola ad Obo è stato attaccato, all'improvviso, ieri da un gruppo di ribelli del Lord's Resistance Army (LRA). I tre colleghi lavorano da molti anni con passione e coraggio a Bangui, nella sede centrale di COOPI nella Repubblica Centrafricana per assicurare interventi di sviluppo ed emergenza alle popolazioni più povere del Paese. In questo tragico momento, COOPI si appella al diritto di neutralità e imparzialità delle organizzazioni umanitarie. Il verificarsi di questi casi gravissimi di violenza è umanamente inconcepibile e rischia di compromettere gli interventi realizzati proprio in favore delle comunità. Il nostro pensiero va alle famiglie delle vittime e a tutti i nostri colleghi operativi nel Paese. COOPI lavora nella Repubblica Centrafricana dal 1974. In oltre trent'anni di impegno, ha partecipato concretamente allo sviluppo del paese e alla crescita umana ed economica delle sue comunità. Tra il 2000 e il 2008, COOPI ha impiegato nel paese oltre 9 milioni e mezzo di euro per la realizzazione di interventi principalmente in ambito sanitario, formativo e di sviluppo economico. Oggi COOPI conta sulla collaborazione di 18 operatori italiani impegnati nel paese e su 200 operatori locali. Ufficio Stampa: Lara Palmisano Tel. 02 3085057 int. 226 [email protected] Fonte: COOPI

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UADRANTEQDAL RUANDA E DALL’UGANDAMI IE

DIETRO I GRUPPI DI GUERRIGLIERIANCHE LE LOBBY ECONOMICHE

Le foreste dell’Ituri e del Kivu sono infe-state da diversi gruppi guerriglieri. I piùconosciuti a livello internazionale sono leFdlr, Forze democratiche per la liberazio-ne del Ruanda. Si calcola che siano tra iquattro e i sei mila miliziani, molto spes-so giovanissimi. Questo gruppo, compo-sto da membri dell’etnia hutu, è nato do-po il genocidio in Ruanda del 1994. Fug-giti oltre frontiera sono ex membri dell’e-sercito e delle milizie Interamwe e accu-sati di essere gli autori del massacro diquasi un milione di tutsi ruandesi. C’è poil’Lra, Lord Resistence Army, un grupponato in Uganda nei primi anni Novanta eguidato inizialmente da una donna, Ali-ce Lakawena, che prometteva ai suoi guer-riglieri l’immortalità grazie alla fede cri-stiana e a una mescolanza di riti tradizio-nali. In quasi venti anni di attività si cal-cola che abbia rapito decine di migliaiadi bambini trasformando i maschi in guer-riglieri e le femmine in concubine dei co-mandanti. Uscita di scena Alice Lakawe-na ha preso le redini del gruppo il nipoteJoseph Kony, ricercato dal tribunale in-ternazionale per crimini di guerra. I grup-pi rappresentano interessi di potenze del-la regione e di grandi lobby economiche.

IL RAPPORTO ONUMIIE

DAL CONSIGLIO DI SICUREZZADENUNCIA DEL CONTRABBANDO

Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite,discusso di recente dal Consiglio di si-curezza, riferisce dell’ennesimo trafficodi armi e oro nel quale sarebbero coin-volte, oltre alle formazioni guerrigliereattive nella regione e a politici corrot-ti, anche due organizzazioni umanitariespagnole. Si tratterebbe di una vastis-sima e tentacolare rete criminale basa-ta sul contrabbando da parte dei gruppiribelli, di oro e altri minerali preziosi incambio di armi. Questa rete criminaleavrebbe anche fatto conto su potenti traf-ficanti ucraini e bielorussi e su faccen-dieri locali e internazionali. Secondoil rapporto si calcola che ogni anno ven-gano portati fuori illegalmente dal Con-go verso il Ruanda, l’Uganda e il Burun-di, 36 tonnellate di oro per un valore dioltre un miliardo di dollari. Il rappor-to mette anche in luce il fallimento del-la Monuc, la missione internazionaledell’Onu che da anni opera nella regio-ne. Oltre venti mila uomini con un man-dato limitato alla protezione dei civili.Mandato che non è stato rispettato datoche il numero di morti, rifugiati, denu-triti e donne violentate è andato costan-temente aumentando.

I cercatori d’oro del Congo (foto Livio Senigalliesi)

Il reportage La bellezza dei Grandi Laghi contrasta con la povertà della gente, afflitta dalla fame e dal conflitto latente

L’ultimo sogno dei cercatori d’oro di BuniaIl Congo in pace non si risolleva dalla guerra. Per i giovani la speranza si conquista con la caccia alle pepite

■ Volare sulla regione dei Grandi Laghi, nel cuo-re dell’Africa, è uno spettacolo impagabile. È lastagione delle piogge e il piccolo Cessna si tienebasso per evitare di penetrare nei minacciosi am-massi nuvolosi. Un’occasione per ammirare unpaesaggio che sembra appena uscito dalla crea-zione: sotto la carlinga del piccolo velivolo scivo-lano uno dopo l’altro i grandi laghi incastonatinella spaccatura geologica del Rift: l’immenso La-go Vittoria, il Lago Alberto, il Lago Edoardo, il Ki-vu e infine a sud Il Tanganika. Le loro acque di unblu intenso sono sovrastate dall’imponente mas-siccio del Ruwenzori e dalla catena vulcanica deiVirunga. Una regione mitica percorsa due secolifa da temerari missionari e avventurosi esplora-tori alla ricerca delle sorgenti del Nilo.

La formidabile bellezza geografica di questa re-gione è però inversamente proporzionale alladrammaticità dei problemi che la agitano e non sitarda a scoprirlo. Quando il piccolo velivolo ag-giusta la rotta, scende di quota e punta il muso sulpiccolo aeroporto di Bunia, capitale della regio-ne nord orientale congolese dell’Ituri, compaio-no piccoli villaggi che sembrano abbandonati sul-le pendici delle colline. Poi appare la piccola pi-sta della città e dopo pochi minuti siamo a terra.

L’incantevole bellezza di questa regione sva-nisce e ci si rende conto poco dopo di essere at-terrati in uno dei maggiori serbatoi mondiali didenutriti, ammalati condannati alla morte da ma-lattie che altrove sarebbero curabili, profughi esfollati. Un disastro che è la conseguenza direttadella guerra strisciante e dell’instabilità cronicache da venti anni investe questa regione.

Le colline, che dall’alto sembravano morbidipanettoni ammantati da macchie di savana umi-da e foresta pluviale, in realtà sono il rifugio di di-verse formazioni guerrigliere, a volte vere e pro-prie bande di disperati armati che attaccano i vil-laggi, li saccheggiano, rapiscono i bambini per tra-sformarli in guerriglieri e le bambine in concu-bine. In una parola terrorizzano la popolazioneche è costretta a fuggire e ad ingrossare gli eserci-ti di profughi e rifugiati e, di conseguenza, bloc-cano l’agricoltura facendo precipitare nella fame,nella denutrizione, nelle malattie migliaia di per-sone.

Bunia fino al 2002 è stata uno degli epicentridella guerra civile che ha investito queste regio-ni. Da allora, sulla carta, c’è la pace ma di fattola ricostruzione del territorio e del tessuto socia-

le non c’è mai stata. Basta uscire dalla città e per-correre una delle impossibili piste che portano inuno dei centri vicini. Le uniche attività economi-che che si scorgono sono la piccola agricoltura disussistenza - pochi metri quadrati intorno alle ca-panne dei villaggi coltivate a manioca -, e l’estra-zione dell’oro in miniere alluvionali a cielo aper-to.

Un’attività, quest’ultima, che è diffusissima. An-se dei fiumi, paludi, rientranze spesso si rivelanogiacimenti alluvionali di oro che richiamano frot-te di cercatori artigianali che con rudimentali se-tacci isolano dal fango pepite e pagliuzze di me-tallo prezioso - che qui non è poi così prezioso da-to che non si mangia.

I cercatori artigianali che si affollano in questepozze sono in gran parte ragazzini che non han-no alternative. Chombè avrà poco più di vent’an-ni, indossa un paio di laceri jeans tagliati e unamaglietta di Batman, racconta la sua storia con legambe immerse fino alle cosce nell’acqua fango-sa di una grande pozzanghera a margine di un cor-so d’acqua poco distante da Bunia: «Qui lavo-riamo in gruppo – dice –: io sono il più grande esono il capo. A fine giornata mi viene consegnato

tutto l’oro trovato, io so a chi venderlo. Poi ci di-vidiamo il denaro che è sempre poco. La speran-za è di trovare una grossa pepita e fare la nostrafortuna. È come giocare a poker, si vince raramen-te».

Chombè con i suoi compagni lavorano dall’al-ba al tramonto e quasi sempre guadagnano ap-pena il necessario per mangiare due volte al gior-no e tornare, il mattino successivo, nella loro poz-zanghera. «No – dice ancora – non è un buon la-voro, ma l’alternativa è tornare a fare ciò che face-vo prima. Durante la guerra ero con i guerriglieri,ero giovane ma avevo già un kalashnikov. Potevorimanere con loro, con un arma si mangia sempree quando arrivi in un villaggio la gente ha pau-ra. Hai manioca e donne senza fare fatica, ma de-vi vivere nella foresta e se l’esercito ti trova ti am-mazzano».

Le parole di Chombè sono la migliore spiega-zione di ciò che accade in queste remote regionidel Congo, che sono sì remote ma ricchissime, c’èdi tutto: cobalto, uranio, coltan oltre naturalmen-te all’oro.

Queste materie prime potrebbero essere una be-nedizione per questa gente, invece sono una ma-ledizione. La guerra, l’instabilità politica e le for-mazioni armate che infestano la foresta sono ilfrutto della avidità di stati, elite politiche, mul-tinazionali, faccendieri e lobby economiche chesi contendono il controllo di questi territori e del-le ricchezze che contengono.

A Bunia oggi formalmente c’è la pace, ma gliechi di ciò che accade nella regione che la circon-da arrivano inequivocabili. Per i giovani non c’èlavoro e le uniche auto che circolano per la cittàsono quasi esclusivamente gli inconfondibili quat-troxquattro bianche delle agenzie dell’Onu e del-la cooperazione internazionale. Per il resto gli spo-stamenti sono assicurati dai moto taxi: cilindrata125, marca Senke, made in China. A guidarli so-no ragazzotti poco più che adolescenti che si so-no inventati un lavoro per non cadere nelle retedelle uniche due alternative che questo conte-sto sociale riserva loro: diventare membri di unaformazione armata e guadagnarsi da vivere conun kalashnikov, oppure giocare una mano a pokerin una delle tante pozze d’acqua fuori città.

Scelta encomiabile per questi ragazzi. Peccatoche ai crocicchi delle strade i moto taxi siano tan-ti, troppi per la poca domanda che c’è.

Raffaele Masto

Futuro incerto per i giovaniL’Onu ha 20 mila uomini in Congo

CON L’ONG COOPIMI IE

AIUTI A DONNE E BIMBILe regioni orientali delCongo sono uno dei luo-ghi al mondo nel quale leagenzie umanitarie regi-strano uno dei più altitassi di violazione dei di-ritti umani nei confrontidi donne e bambini. Leprime sono spesso violen-tate durante le incursio-ni dei guerriglieri nei vil-laggi e di frequente risul-tano poi infettate dal vi-rus dell’Aids. I secondisono spesso costretti conla forza a divenire bam-bini soldato. In queste re-gioni lavorano diverse

agenzie umanitarie checercano di affrontare que-sti problemi. Tra questel’italiana Coopi che dalduemila ha in atto diver-si progetti finanziati dal-le agenzie dell’Onu. Coo-pi opera in questo conte-sto per favorire il recupe-ro psicologico delle vitti-me di violenza; promuo-ve l’alfabetizzazione e laformazione professiona-le per la ripresa di una vi-ta attiva; sensibilizza ileader locali per ristabi-lire un sistema di prote-zione sociale da violenze.

In un libro la testimonianza di Giuseppe Morotti, missionario originario di Nembro

Una vita da cristiano tra i musulmani dell’Iran■ «Negli ultimi anni la speranzasembra aver abbandonato la gente: siassiste sempre più a scenari di intol-leranza, soprattutto di carattere reli-gioso. In particolar modo dopo l’11settembre, ci si è domandati se si fos-se di fronte a una sorta di ritorno al-le Crociate, a uno scontro tra le duereligioni cristiana e musulmana». Aparlare è Giuseppe Morotti, autoredel libro: «Rilanciamo la speranza.Esperienze di incontro tra cristiani emusulmani» presentato in questigiorni alla biblioteca di Nembro. Unlibro testimonianza, che affronta inmodo delicato un tema difficile: ilrapporto tra cristiani e musulmani,oggi più che mai danneggiato da nu-merosi pregiudizi ed incomprensio-ni reciproche.

«Penso di aver toccato con manola speranza, durante i dieci anni vis-suti nella comunità caldea - cattolicain Iran, a stretto contatto con unamaggioranza musulmana. Da qui è

nata l’idea di scrivere il libro: basan-domi sul mio vissuto quotidiano, sot-tolineo come l’incontro con il mon-do musulmano sia invece possibileed arricchente».

Giuseppe, originario di Nembro,ordinato prete nel 1974 dopo essersiformato presso i missionari saveria-ni, prima di partire alla volta dell’I-ran con i Piccoli Fratelli del Vangelodi Charles de Foucauld, ha vissutoun periodo di noviziato in Spagna.Attualmente vive a Bolzano e lavoranel centro di accoglienza della Ca-ritas dove anima, nell’ambito parroc-chiale, incontri di mediazione e pre-ghiera sui mistici musulmani.

In Iran, insieme a un confratellofrancese, viveva in un quartiere po-vero e si guadagnava da vivere ado-perandosi di volta in volta come im-bianchino, muratore o tuttofare. Erail periodo della guerra contro l’Iraq,si viveva nella paura di perdere lapropria vita da un momento all’altro.

Da questo punto di vista, non ci siguardava più l’un l’altro come «uo-mini e donne appartenenti a religio-ne o l’altra» ma si era solidali.

Un esempio di solidarietà Giusep-pe l’ha trovato in Muhammad, vetraiomusulmano con il quale si scambia-va aiuti di buon vicinato: «Il giornodella Rivoluzione di Khomeini –spiega Giuseppe – le Guardie dellaRivoluzione ci hanno arrestati conl’accusa che fossimo spie americane.Muhammad ha radunato tutti gli uo-mini del quartiere, circa un’ottanti-na, ed è venuto di fronte alla prigio-ne a testimoniare che ci conosceva-no e che non eravamo spie, dicen-do che non si sarebbero mossi da lìfinché non ci avessero liberato. Co-sì è stato: grazie a lui, alla sua deter-minazione, ci hanno rilasciato. Que-st’episodio ha fatto sì che la nostraamicizia si approfondisse ancora dipiù: leggevamo insieme il Vangeloe il Corano, senza la foga di convin-

cere l’altro che la propria religionefosse quella giusta. Ed è questo l’at-teggiamento migliore, quello vincen-te: partire dall’amicizia, dalla cono-scenza. Così si giunge a un arricchi-mento reciproco».

È proprio questa la tesi che si respi-ra in ogni riga, in ogni capitolo del li-bro: l’incontro tra le due religioni èpossibile se ci si spoglia dei propridogmi e dei propri pregiudizi, par-tendo da sentimenti di amicizia e co-noscenza reciproca: «In Iran sono sta-to accusato, da un giovane fanatico,di essere politeista e bestemmiatoreperché cristiano – prosegue Giusep-pe –. Sentendomi attaccato, ho cerca-to di ribattere, dando inizio a una li-te furibonda, che si è conclusa conil mio arresto da parte dei Fratelli Mu-sulmani, risolto grazie all’interven-to del Vescovo e del Ministro. Discus-sioni di questo genere non portano danessuna parte: se si parte dal dispu-tarsi sui propri credo religiosi è fini-

ta poiché sono religioni nate in cul-ture diverse e con finalità diverse».

Avendo vissuto in un Paese a mag-gioranza musulmana, in cui i cristia-ni rappresentavano un’esigua mino-ranza ed avevano meno diritti, Giu-seppe si sente vicino alla minoranzamusulmana presente in Italia: «At-tualmente questa minoranza soffre

delle ingiustizie e questi discorsi ven-gono ulteriormente complicati ancheda questioni politiche e sociali. Ognu-no di noi deve abbattere i pregiudizi,cercare una conoscenza più profon-da dell’altro ma soprattutto non tace-re mai quando un diritto umano vie-ne calpestato».

Giada Frana

Una donna iraniana in preghiera

LL’’EECCOO DDII BBEERRGGAAMMOO 99LUNEDÌ 14 DICEMBRE 2009

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Sommario Rassegna Stampa

Pagina Testata Data Titolo Pag.

Rubrica: COOPI

14 Avvenire 23/09/2009 COOPI: MASSACRATI IN CENTRAFRICA DUE OPERATORI 2

9 L'Eco di Bergamo 14/12/2009 AIUTI A DONNE E BIMBI 3

143 Club 3 01/12/2009 QUANDO IL MAL D'AFRICA SI CHIAMA SOLIDARIETA' 4

127 Largo Consumo 01/11/2009 COOPI CONTRO IL DEGRADO AMBIENTALE 5

52 DM & Comunicazione 01/10/2009 SVILUPPO DOPO LE CATASTROFI 6

58/61 Famiglia Cristiana 20/09/2009 IL MEGAFONO DELLA CARITA' (L.Scalettari) 7

25 Il Sole 24 Ore 13/07/2009 ONG, SALE IL BISOGNO DI MANAGER (G.Faggionato) 10

83 Panorama 16/07/2009 SCUOLA DI POLIZIA E DI UMANITA' (C.Abbate) 11

3 Avvenire 24/07/2009 MAROCCO-ITALIA: LA VOGLIA DI PARTIRE E I SOGNI INFRANTI (P.Lambruschi)

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43 La Provincia - Ed. Sondrio 21/07/2009 LETTERE-IL SUCCESSO DEL G8 ALL'AQUILA 14

30 La Nuova Provincia 14/07/2009 RACCOLTA DI TELEFONINI USATI PER COSTRUIRE POZZI IN AFRICA

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http://www.radio.rai.it/radio3/radiotremondo/view.cfm?Q_EV_ID=296846 14/09/2009 Paese che vai scuola che trovi; se e quando. Ascolta

Bambini e ragazzi tornano sui banchi di scuola in Italia ma non ancora ovunque. Sono ancora 75 milioni i bambini che in vari angoli del mondo non hanno accesso all'istruzione primaria. Cosa rappresenta la scuola per chi può esercitare questo diritto fondamentale? Ascolteremo una voce dall'Ossezia, dove il primo giorno di scuola, che in Russia chiamano "Giorno delle Conoscenze", ci ricorda la tragedia del sequestro di mille e duecento alunni, insegnanti e parenti e il massacro di piu' di trecento persone, tra cui numerosi bambini, a Beslan, cinque anni fa. Ci sposteremo poi in Libano dove cercheremo di capire cosa significa andare a scuola nella Valle della Beqa'. Per concludere il nostro viaggio andremo in Etiopia, ad Addis Abeba, dove i protagonisti saranno bambini tra i quattro e i sei anni che partecipano ad un progetto prescolare di una Ong e che e' fondamentale per il loro futuro: la scuola materna infatti nel paese del Corno d'Africa e' necessaria per accedere a quella primaria, ma in molti rischiano di rimanere a casa perche' l'offerta pubblica e' inesistente. Cosa significa studiare negli altri continenti? Lunedi' 14 settembre, dalle 11.30 alle 12.00, a Radio3 Mondo, Emanuele Giordana ne parla con una ragazza dell'Ossezia, Galina Tsopanova, e un ragazzo della Georgia, Davit Chumburidze, dello Studentato Internazionale, ideato dall' Associazione Rondine Cittadella della Pace, in provincia di Arezzo, con Chiara Bardelli, di 'Un Ponte Per'e con Amani, educatrice libanese, dal Libano, con Andrea Ambroso del Coopi, da Addis Abeba.