Seconda Rivoluzione Industriale

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Grande depressione (crisi del 1873)Con l’avvenuta della crisi di sovrapproduzione, le potenze europee maggiormente industrializzate adottarono una strategia per far fronte a questo problema: quello dell’Imperialismo. Questo termine venne usato per la prima volta dall’economista John Hobson in un suo saggio, col quale denominava quella nuova tendenza generale di creazione di imperi coloniali. Il nuovo colonialismo si differenza da quello avviato nel ‘700, poiché è basato sul “cosmopolitismo del capitale”, ossia grandi paesi industrializzati spostavano i propri prodotti finiti in zone ben definite e protette al fine di allargare il mercato interno. Si trattava, dunque, di una forma di imperialismo in quanto vi era l’obiettivo di una conquista militare e del dominio delle società industrializzate, per trasformarle poi in entità politiche completamente assoggettate alla madrepatria.

LO SCOPPIO DELLA CRISI ECONOMICACon la fine della guerra franco-prussiana, nel 10 maggio 1871, la Francia dovette pagare un’indennità di circa 5miliardi di franchi d’oro, solo così si sarebbero ritirate le truppe d’occupazione militari. I francesi riuscirono a saldare il debito prima di quanto sospettassero i tedeschi, facendo affluire nelle banche tedesche una grande quantità di denaro, che venne investiti in vari settori facendo aumentare ancora i profitti tedeschi. In questo modo, con la prospettiva di maggiori profitti, banche aumentarono i prezzi dei titoli, attuando una speculazione di borsa. Solo che i prezzi non rispettavano l’andamento dell’economia, poiché i titoli costavano di più del loro effettivo valore, cosicché nel 1873 alcune banche austriache fallirono e i titoli austriaci e tedeschi iniziarono a cadere. Si attuò allora una reazione a catena: le attività economiche più deboli fallirono, aumentando la disoccupazione, che face diminuire i redditi e la conseguente domanda dei beni, colpendo anche le altre attività.

LE CAUSE STRUTTURALI DELLA CRISIIl settore industriale trainante nella prima metà dell’800 era quello ferroviario, che aveva permesso un maggior sviluppo dell’industria siderurgica, meccanica ed estrattiva; inoltre aveva provocato una netta riduzione dei costi di trasporto, favorendo la creazione di mercati nazionali. Con la fine degli investimenti nell’industria ferroviaria provocò un rallentamento anche negli investimenti negli altri settori industriali e dello sviluppo industriale generale. La crisi colpì il settore agricolo europeo come quello industriale. L’agricoltura europea dovette subire la fortissima concorrenza dell’agricoltura americana (estensiva e meccanizzata), la quale era caratterizzata da costi di produzione assai ridotti. L’industria si era sviluppata in Europa grazie allo sfruttamento di grandi nazioni, dove potevano creare un mercato per le loro merci e fornirsi di materie prime a basso costo. Questo equilibrio venne spezzato con lo sviluppo in queste terre di industrie, poiché ora i beni li producono indipendentemente e non ricorrono più all’importazione. Tutto ciò portò a una crisi generale di sovrapproduzione, poiché il mercato era troppo ristretto per assorbire tutte le merci prodotte.

IL PROTEZIONIMO E LA CONCENTRAZIONE MONOPOLISTICAPer difendere la produzione nazionale, le potenze europee (ad esclusione dell’Inghilterra) adottarono tariffe doganali, ossia impostarono dazi doganali per l’importazione. In questo modo s’inaugurò il tramonto del liberalismo radicale, in quanto si basava sulla piena libertà dei commerci senza che lo stato potesse intervenire nella vita economica. Infatti lo stato ora puntava soprattutto sulla ripresa dell’industria siderurgica, dando loro incentivi. Per quanto riguarda invece i provvedimenti presi per la ripresa dell’agricoltura sono diversi per i vari stati, ad esempio in Inghilterra si optò per la liquidazione, dipendendo quasi completamente dall’importazione; in Danimarca si orientò verso produzioni più pregiate e legate alal trasformazione industriale (allevamento bovini e latte); in Italia, invece, per evitare il rinnovamento tecnologico si attuò un protezionismo cerealicolo. Le industrie fallite furono acquistate a prezzi bassissimi da poche imprese, che si assicurarono il controllo di gran parte dei settori produttivi. Nacquero cosi i monopoli (trust), gigantesche concentrazioni industriali dotate di enormi capitali, in grado di produrre una quantità ancora superiore di merci e di controllare i prezzi di mercato. L’accentramento di capitali però non era sufficiente per porre fine alla crisi: era necessario allargare il mercato interno e internazionale, allargando il numero di consumatori e la domanda. Allora le grandi potenze industriali si spinsero verso l’Asia e l’Africa, per trovare terre da conquistare.

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Colonialismo e ImperialismoI capitali eccedenti alla ricerca di profitti furono investiti al di fuori dei confini nazionali nella costruzione di opere colossali o con finanziamenti a paesi sottosviluppati, condizionandone la politica interna ed estera, in cambio di materie prime e manodopera a buon mercato. I paesi debitori erano in genere obbligati a reinvestire i finanziamenti ricevuti nell'acquisto di macchinari industriali dei paesi creditori. La concentrazione industriale portò alla gara coloniale della ricerca di nuovi mercati dividendo il mondo in zone economiche e strategiche molto diverse da quelle del colonialismo settecentesco. La prima potenza ad avviare il processo del colonialismo è stata l’Inghilterra, la quale agli inizi del XX possedeva circa un quarto delle terre emerse.

STATO COLONIE CONSEGUENZE

Inghilterra

Canada; Australia; Nuova ZelandaAsia: Birmania; Malesia; Hong Kong; India; PakistanAfrica: Nigeria; Costa d’Oro; Sierra Leone; Gambia; Egitto; Sudan; Uganda; Kenia; Rhodesia; Sudafrica

1) Sottoponeva le popolazioni indigene, privandole di ogni diritto politico e sociale2) Nel 1882 s’impadronì del protettorato dell’Egitto entrando in conflitto con i francesi, i quali erano già presenti3) Sfruttava le zone africane per i loro ricchi giacimenti di oro e diamanti

FranciaAfrica: Senegal; Algeria; Costa d’Avorio; Congo Occidentale; Dahomey; Sudan Occidentale; MadagascarAsia: Unione Indocinese

1) S’impadronì di gran parte dell’Africa Nord-occidentale, ottenendo in questo modo un’importante sbocco nell’Oceano Atlantico

Italia Africa: Eritrea; Somalia; LibiaGermania Africa: Togo, Camerun, Africa sud-occidentale

SPARTIZIONE DELL’AFRICALa conquista dell’Africa avvenne in modo facile, in quanto gli europei possedevano una tecnica e un sistema ben più sviluppato. Operarono come se si trattassero di terre “vuote”, anche usufruirono delle organizzazione interna delle popolazioni indigene per attuare ancor meglio il colonialismo. La spartizione di questi territori avvenne in modo quasi del tutto pacifico, tramite delle strategie e cercando di rispettare degli equilibri tra gli stati europei. La suddivisione dei territori venne fatta direttamente sulle carte geografiche, senza tener conto delle tribù che vivevano nei territori, portando cosi a degli scontri interni, presenti ancora oggi. Tutto ciò non significa che le popolazioni indigene non si ribellarono, ma poiché le loro azioni erano poco organizzate e militarmente arretrate bastò ben poco per fermarle. Solo dopo un secolo, i movimenti nazionalistici africani riuscirono a preoccupare e portarono alla decolonizzazione del continente nel secondo dopoguerra. Questi non volevano un pieno ritorno al periodo precoloniale, ma desideravano che il sistema organizzativo del paese rimanesse quello coloniale con però funzionari africani e che a guidare il paese non fossero i coloni, ma nativi.

DIFFICILE CONQUISTA DELL’ASIALa situazione che trovarono i coloni in Asia era ben diversa da quella africana, perché dovettero affrontare società più sviluppate e confrontarsi con altre potenze assenti nella spartizione africana: Stati uniti, Russia e Giappone. Dopo aver conquistato la Siberia, la Russia spostò il suo interesse verso la Cina, venendo a scontrarsi con il Giappone, il quale vedeva la Cina come uno stato sprovvisto di industrie e quindi un buon mercato sul quale far fluire i suoi capitale eccedenti. La guerra scoppiò nel 1904, terminando con la vittoria del Giappone. Contemporaneamente esplosero movimenti nazionalistici cinesi per ribellione alle popolazioni straniere, che per la loro ferocia fecero optare al Giappone e alle potenze europee a una politica delle “porte aperte” praticata dagli Stati Uniti: in questo modo si sanciva l’indipendenza della Cina, anche se con la creazione di porti e di basi militari il territorio cinese era aperto al commercio con gli stati europei e americani. Gli Stati Uniti estesero la propria influenza nell’Oceano Pacifico, conquistando Guam, l’arcipelago delle Hawaii e delle Filippine.

DUE DIFFERENTI MODELLI DI COLONIALISMOLa differente situazione che dovettero affrontare nei due continenti, asiatico e africano, portarono all’attuazione di una diversa struttura amministrativa coloniale. In Africa ad esempio l’Inghilterra istituì

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colonie di popolamento, in seguito a una forte emigrazione, le quali godevano di una certa autonomia, mentre quelle colonie con una maggiore popolazione autoctona era completamente soggette al governo londinese. In Asia, invece, si attuò il modello del direct rule (“governo diretto”) come in India.

IDEOLOGIA DELLA CONQUISTALa politica di conquista però doveva avere una buona giustificazione agli occhi dell’opinione pubblica. Così l’espansione coloniale in Africa venne vista come una missione che le superiori popolazioni europee dovevano fare nelle popolazioni “selvagge”, in possesso di una cultura estranea e inferiore rispetto a quella secolare europea. La divulgazione di tali idee fu facilitata dall’adesione degli intellettuali, come Kipling, lo scrittore del Libro della Giungla, che nelle loro opere promuovevano la superiorità dell’uomo bianco rispetto a quello “colorato” e la piena convinzione che le potenze coloniali fossero portatrici di un ideale morale e di una finalità riformatrice, volti al benessere economico e civile dei popoli africani e asiatici. Un’altra giustificazione usata era quella anche che all’aumento demografico non era più contenibile all’interno dei territori europei, ma erano necessari altri territori dove stabilire gli insediamenti della popolazione in eccesso. Questo però non era vero, in quanto la popolazione europea che emigrava si dirigeva verso l’America alla ricerca di una situazione di benessere. Per conquistare altri territori, il governo finanziava degli esploratori, i quali solo “ufficialmente” avevano scopi scientifici, ma in realtà penetrando nel territorio, negoziavano trattati d’amicizia con i capi indigeni, che in un secondo momento sarebbero servito per la legittimazione dell’occupazione.

1900-1914 Nuovo ciclo di espansione economicaCon la fine della crisi generale del 1873, si apre un periodo di grande crescita economica a livello mondiale tra il 1900-1914. Tutto ciò fu vantaggiato:

abbassamento della mortalità con il conseguente aumento demografico , che permise l’aumento della domanda dei beni di consumo e l’allargamento del mercato

la scoperta dei grandi giacimenti d’oro in Sudafrica , che fece lievitare la disponibilità dell’oro e si tradusse con maggior quantità di moneta, quindi favorendo la transizione di capitali

la rivoluzione dei trasporti : furono progettati gli scafi in metallo e a vapore, un rimodernamento delle infrastrutture stradali, facendo sì che i prezzi e i tempi impiegati per il trasporto delle merci fossero ridotti

NUOVE FONTI D’ENERGIA: L’ELETTRICITÀ E IL PETROLIOLo sviluppo degli inizi del Novecento affondò le proprie radici nella scoperta di nuove fonti d’energia: l’elettricità e il petrolio. Per la produzione dell’elettricità, attraverso dei bacini idrici delle montagna, furono impiegati grandi quantità di capitali, inoltre l’elettricità andava pian piano a sostituirsi al vapore, come fonte energetica impiegata nell’industrie. Successivamente da semplice uso industriale si allargò anche agli usi civili: i trasporti divennero principalmente elettrici, le città vennero illuminate: la scoperta della lampadina permise anche alle case di essere illuminate elettricamente, comparvero i primi taxi elettrici e il primo centralino telefonico. La conseguente diffusione dell’energia idroelettrica permise un ulteriore sviluppo industriale, in quei paesi poveri di carbone, inoltre i bassi costi di trasporto di essa portò a un decentramento industriale con una conseguente crescita ulteriore urbana. Fino alla prima metà dell’Ottocento il petrolio venne usato solo come fonte energetica per l’illuminazione delle case, ma con l’avanzare dell’industria automobilistica, l’utilizzo di navi e di vari macchinari cosicché il suo impiego si diffuse enormemente. Il petrolio venne utilizzato anche per il riscaldamento domestico e in questo modo vennero progettate le prime stufe alimentate a cherosene. Il primo produttore mondiale petrolifero furono gli Stati Uniti, i quali s’impegnarono prima degli altri stati per l’estrazione del petrolio.

I PROGRESSI DELL’INDUSTRIA CHIMICA E LA RIVOLUZIONE DELL’ACCIAIONel campo chimico, vi furono tra le industrie, fortissime competizioni che portarono in pochissimi anni alla scoperta di nuovi prodotti come fertilizzanti, coloranti sintetici (diede una spinta all’industria tessile), alluminio, ammoniaca, dinamite, soda e prodotti farmaceutici quali cloroformio, disinfettanti e analgesici. Un'altra leva della crescita industriale la rappresenta l'acciaio, lega di ferro e carbonio, che permise nuove soluzioni nel campo della meccanica e nel 1870 l'utilizzo del cemento armato in quello delle costruzioni. L’acciaio, in seguito a varie trasformazioni che ne aumentarono la produzione e la qualità, andava sostituendosi al ferro.

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UNA NUOVA DIVISIONE MONDIALE DEL LAVOROLa nuova crescita economica portò a determinare una riorganizzazione complessiva del sistema economico planetario. L’Inghilterra rimase la prima potenza mondiale fino al 1914, anche se questo primato veniva sempre meno. Infatti venne superata in molti settori dagli Stati Uniti, Germania e Francia: acciaio, automobilistico, petrolio. Sul quadro industriale, stavano emergendo sempre più due grandi potenze: gli Stati Uniti e il Giappone, che però erano oscurate dall’aumento della popolazione che assorbiva gran parte degli incrementi della produzione, lasciando solo una piccola parte per l’esportazione. Un altro fattore eclatante fu che per la prima volta il ritmo dell’esportazioni superò quello delle importazioni, ciò significava che il mondo non era più visto come un serbatoio di risorse, ma rappresentava una vasta area dove far dirottare l’eccesso di offerta e proficui investimenti di capitali. Alla base della crescita economica dunque c’era anche il colonialismo.LA FABBRICA MECCANIZZATA E IL TAYLORISMO