Secoli b - AICA Barge · perennemente scarsi e preziosi, si accedeva solo ad insindacabile giudizio...

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Secoli b

di a ospitalità r a gBarge eOsterie, Locande, Alberghi, Ristoranti, Trattorie e Caffè

A.I.C.A. IJ CANTÉ dle LÓSE Associazione imprenditori commercianti ed artigiani di Barge

Testi: Giorgio Di Francesco

perché dedicare un volumetto alla storia dell’accoglienza turistico-alberghiera bargese?

Perché Barge, che per secoli fu centro di traffici commerciali e di villeggiatura d’élite, può vantare una salda esperienza in tale campo. Esperienza che continua tuttoggi ed, in un certo senso, risorge, dopo alcuni decenni di incertezza.

Quest’opera, quindi, si prefigge uno scopo primario: quello di rendere consci gli operatori del settore e la loro clientela circa l'importanza del patrimonio culturale passato, in vista d’un futuro, che, in buona parte, resta da inventare. Non si tratta, allora, d’una mera “laudatio temporis acti”, ma, piuttosto, d’un’esortazione a proseguire, ampliando l’offerta di servizi ed accogliendo le sfide, per migliorare ancora.

ricevere uno straniero, un forestiero... ma, come?

Bene, come se fosse amico, oppure in modo ostile? Questo è stato l’eterno dilemma delle società umane.

Basti guardare alla radice di gran parte delle lingue indoeuropee. In latino, troveremo hostis per definire il “nemico” ed anche nelle antiche lingue germaniche si ha il gotico gasts e l’antico alto tedesco gast, che significavano contemporaneamente “straniero”e “nemico”. Si tratta, in ogni caso, di parole che si rifanno ad un modello indoeuropeo arcaico ghosti-s, indicante proprio lo “straniero”, l’ “estraneo”. Eppure, nelle lingue moderne, guest/gast/gost/ospite/huespede/hôte non sono più parole collegate a un sentimento di inimicizia e di chiusura, ma, casomai, ad uno contrario .

L’ammissione che uno straniero, oltre che nemico, potesse essere persona da accogliere in modo benevolo è, comunque, molto antica e non fu il denaro, a motivare questo cambiamento di mentalità, ma esso derivò, piuttosto, dall’introduzione di regole rituali magico-religiose. Lo straniero, infatti, continuava a venir inteso come pericoloso, ma, in quanto “portatore di poteri oscuri”, si pensò che fosse meglio renderselo propizio, in modo da neutralizzarlo. Tale atteggiamento fu comune a tutte le culture primitive superiori dell’intero globo.

Una volta entrato in gioco l’elemento “ospitalità”, però, sorse il riconoscimento di regole di reciprocità e, ancora successivamente, di abitudini di cortesia, fondate, sostanzialmente, sull’identificazione nel proprio simile e sulla comprensione del fatto che ogni uomo possa aver bisogno, in determinate circostanze, di altri esseri umani, seppure estranei o, addirittura, lontani e differenti, per cultura, lingua, religione. Si tenga presente, che, nell’antichità, il singolo veniva sempre inteso come esponente di una “famiglia” e che i rapporti interfamigliari erano ritenuti importantissimi, anche tra genti differenti.

In latino, hospes è parola con la quale si definì, in epoca repubblicana, il “signore che offre ospitalità allo straniero” (da una forma ancor più arcaica hosti-potis, molto simile al russo attuale gospodin , che

significa solo più “signore”, ma che ha proprio la medesima origine) e, successivamente, solo, in via secondaria, si definì anche l’ “estraneo ben accetto”. Infatti, “ospitare” significava, in definitiva, porre temporaneamente sullo stesso piano “ospitante” ed “ospitato”: non per nulla, in inglese, si può definire entrambi i soggetti, contemporaneamente, con una sola parola, guest. Lo stesso dicasi per il termine italiano attuale “ospite” e quello francese “hôte”, ugualmente polisemici.

Nell'antichità, l’ospitalità era gratuita, ma si distingueva in vari gradi. Negare alloggio per la notte, acqua, fuoco e cibo per gli animali era considerato ovunque sconveniente. Al grado successivo, però, che prevedeva la somministrazione di cibo e bevande particolari, cioè beni perennemente scarsi e preziosi, si accedeva solo ad insindacabile giudizio del padrone di casa, anche perché, in molte culture, non solo dall’ospite non si doveva accettare regali, ma gli si doveva porgere un dono di commiato. Nacque allora il cosiddetto “limite dei tre giorni”, che si ritrova ancora nel proverbio danese “l’ospite è come il pesce”; un detto giunto anche in Italia probabilmente già sui carri dei Longobardi.

La svolta verso l’ospitalità professionale fu anch’essa antica. Già in Lidia, nel VII secolo avanti Cristo e poi, in Grecia, tra il VI e il V secolo, apparvero locande, che offrivano ospitalità (comprensiva di vitto e alloggio) a pagamento, per uomini ed animali.

I Romani le chiamarono con vari nomi: le locande vere e proprie furono dette hospitium, deversorium, mansio, stabulum (nel caso di albergo con stallaggio). Invece, con le parole taberna (originariamente, “capanna di legno”, da trabs, “trave”) e caupona si potevano indicare indifferentemente sia le locande, che le semplici mescite. Hospitium, però, era termine usato per i locali maggiormente rispettabili. Caupona, al contrario, poteva essere anche un locale dozzinale. Gli esercizi che si limitavano a distribuire cibo e bevande erano chiamati popina, taverna, canaba o anche thermopolium. Questi locali avevano anche un nome specifico, che poté pure divenire successivamente un toponimo: Ad Gallum, Ad Aquilam, Ad Ensem, eccetera.

Quasi certamente, questi tipi d’esercizi pubblici romani furono introdotti in Piemonte nel I secolo avanti Cristo e le attività più antiche di tal genere furono esercitate nelle canabae (“capanne”), costruite all’esterno degli accampamenti delle legioni dai mercanti

romani (i cosiddetti caupones, che furono i primi ad entrare in contatto pacificamente con le popolazioni indigene: non per nulla, in tedesco, il verbo “comprare” è verkaufen , derivato da cauponare). Un forte segnale di questa presenza romana in Piemonte si riscontra nel permanere del termine neoromanzo posca (pron. "pusca”) , “vinello leggero”, che deriva dal latino pusca indicante una bevanda a base di vino annacquato, che si distribuiva ai legionari romani e che non piaceva ai Celto-Liguri (che abitavano la nostra regione), i quali, pur avendo appreso a bere vino dagli Etruschi e dai Greci delle colonie di Nikea (Nizza) e Massalia (Marsiglia), lo consumavano puro. Plinio, autore della Storia Naturale, parlò di questa bevanda e stupì per l’uso di botti in legno, a doghe fasciate da cerchi lignei, così diverse dalle anfore di terracotta dei popoli mediterranei e delle quali egli spiegò l’uso, tirando il ballo il clima più freddo. Polibio, che sempre quel vino aveva assaggiato in occasione di un suo viaggio nelle Alpi, quando ricercava la via seguita da Annibale, lo disse di sapore aspro, simile a quello della pece nematurica, mentre Svetonio, autore delle Vite dei Cesari, criticò l’uso dei Liguri di coltivare la vite appoggiata a paletti di legno, anziché al sostegno vivo fornito dagli olmi: questo fatto avrebbe causato, a suo dire, il caratteristico gusto asprigno della bevanda. Ennodio fu, comunque, lo scrittore antico maggiormente spietato: “Nelle terre dei Liguri - scrisse- sbaglia chi dice alcuno ubriacone: forse che beve vino, chi beve il vino dei Liguri?”.

Non si sa fino a quando le mescite di tipo romano durarono e se sopravvissero alle invasioni barbariche, almeno come modello. Probabilmente, si può ritenere, che, se all’epoca imperiale esse furono diffuse anche nelle campagne, mentre rimasero successivamente solo più nelle città.

I Germani e gli altri barbari, infatti, conobbero più a lungo l’ospitalità gratuita completa, che si trasformò, poi, in ospitalità gratuita senza vitto.

Il passo successivo furono locali simili a quelli che si possono trovare oggi a Cuba, cioè, private abitazioni in grado d’improvvisarsi mescite o ristoranti o alberghi (non autorizzati) a pagamento.

Di vere tabernae s’ha conoscenza sporadica solo a partire dal VII secolo dopo Cristo e, fino al IX, il loro numero dovette essere estremamente basso, anche se fu superiore in Italia, piuttosto che altrove. Con quel termine, poi, si definivano esercizi diversissimi tra loro (comprendenti pure semplici mescite).

Invito, comunque chi fosse veramente interessato alla questione a leggersi il bel libro dello storico svizzero-tedesco Hans Konrad Peyer, Viaggiare nel Medioevo. Dall’ospitalità alla locanda, Laterza. Bari-Roma 1999.

scena d’osteria

affresco dei fratelli Salimbeni, Oratorio di S. Giovanni Battista di Urbino - 1416

in Piemonte, o meglio in quella parte di

Langobardia Neustria, che poi fu chiamata in quel modo, il termine latino che sopravvisse alle invasioni barbariche fu hospitium e da una forma volgare antica hospitu(m) derivò la forma romanza locale òsto (pronuncia “ostu”), che, in passato, definì non solo il locale pubblico, ma anche il titolare dell’esercizio medesimo (cfr. GAVUZZI G., Dizionario Piemontese-Italiano, Roux, Torino-Roma 1891) .

Molti detti popolari si riferiscono a questo termine. Si dice, ad esempio, paghé ’l cont dl’òsto (pagare il conto dell’osteria), per dire “pagare lo scotto” e nëghé ’l past a l’òsto, con i barbis oncc (negare il pasto appena mangiato all’osteria, pur avendo i baffi ancora unti), per dire “negare l’evidenza”. Invece, ciaméje a l’òsto s’ël vin l’è bon (domandare all’oste se il vino è buono) significa “far la parte del fesso”.

Dal verbo latino hospitare, nel senso di “offrire un ricovero”, derivò pure una forma volgare antica hospitale. Da essa sarebbe venuto, a propria volta, l’occitano ostal (pr. ustal o ustau, a seconda dei luoghi, col significato di “abitazione privata”: per una migliore comprensione di questo termine rinvio al testo di LE ROY LAUDRIE E., Montaillou, ed. it., Milano 1998, pp. 37 e ss.), ma anche l’italiano ospedale/spedale , il francese hôpital o il piemontese ospidal/spidal , che acquistarono, contemporaneamente, significati assai differenti: da “ricovero temporaneo per pellegrini, retto da cavalieri di un Ordine ospedaliero”, come quello del Tempio o quello di S. Giovanni di Gerusalemme (divenuti in seguito “Ordine dei cavalieri di Rodi” e, poi, “di Malta”), a “ricovero assistenziale di infermi cronici e di poveri anziani”, fino all’accezione moderna di “casa di cura pubblica, dove non ci si ferma all’assistenza, ma si cerca di trovare una soluzione positiva alle malattie (entro i limiti della scienza medica e delle disponibilità economiche dello Stato, che si accolla gran parte delle spese)”, visto che, oggi, per le “case di cura private”si preferisce il termine “clinica”, mentre si riserva il termine “ospizio” ai centri di mera assistenza.

Sempre da hospitale derivano, poi, il francese hôtel e l’inglese hotel e se

nella prima lingua il termine è ancora generico, potendo significare tanto “albergo”, che “palazzina”, che “palazzo” (es. hôtel de ville = palazzo del Comune) o “ospedale” (hôtel Dieu), nella seconda, invece, significa solo più “albergo” e con questo significato, il termine è arrivato tale e quale anche nella nostra lingua. Ciò, seppure l’italiano conosca pure un termine suo, “ostello”, che, sull’esempio dell’inglese hostel, indica, però, un “albergo della gioventù” (ridotto, purtroppo, ormai soltanto più a struttura di ospitalità a prezzi contenuti, frequentata quasi esclusivamente da extracomunitari). La lingua inglese possiede, poi, pure hostelry, col significato di “locanda” e, quindi, solo apparentemente affine al francese hôtellerie, con il quale s’indica la “industria alberghiera” nel proprio complesso.

Albergo, per indicare “il luogo dove si può ottenere alloggio per la notte” è parola italiana che deriva da una forma germanica antica hari-bairgo, che ebbe il significato originario di “ricovero per l’esercito”. Nel Medioevo, si parlò, però, pure di “Albergo popolare” o “signorile”, per definire non tanto un luogo, quanto delle associazioni di persone di uno stesso ceto. L’ “albergària”, poi, fu una imposizione signorile, che una comunità doveva pagare al proprio signore superiore (il princeps sovrano), quando costui cavalcava con le proprie truppe in quel luogo. Dovere relativo alla somministrazione di cibo e abiti, convertiti, col tempo, in una somma di denaro. E’ vero che il piemontese conosce i termini obèrge, col significato di “luogo d’alloggio” ed obèrgista, nel senso di “albergatore”, ma si tratta di modelli cittadini e colti. Infatti, nelle campagne, un tempo, osto comprendeva già in sé, sia la somministrazione di vitto, che d’alloggio.

veramente, occorre rimarcare che, per tutto il

Medioevo, i locali che offrirono ospitalità furono spesso esercizi equivoci.

E ciò anche perché il “viaggiare” era considerato fatto normale, ma non di tutti i giorni. Era ammissibile compiere un “pellegrinaggio religioso”, per sciogliere un voto. Era necessario viaggiare per causa di guerra. Se, poi, la guerra era contro gli infedeli, allora il pellegrinaggio le era semplicemente abbinato.

Furono i mercanti a sconvolgere tale visione, con la loro esigenza impellente di traffici. Quindi, anche negli Stati cisalpini (appartenenti o meno ai Savoia), gli òsto ebbero particolare rilievo nelle località che furono sedi di mercati e di fiere. Di qui, la necessità di distinguere i locali “equivoci” dagli “onorati”.

Per fare ciò, le Comunità e gli Stati basso medievali dovettero iniziare a richiedere agli abitanti ed agli esercenti di sottostare ad autorizzazioni e divieti.

I più espliciti furono gli Statuti della Comunità di Sanfront, emanati nel 1369 dal Marchese di Saluzzo, che al capo 174, imposero la chiusura delle taverne dopo l’ultimo suono di campana o l’ultimo suono di corno, detto “della ristretta”. Se qualcuno fosse stato trovato a bere all’interno dei locali dopo tale orario avrebbe dovuto pagare tre soldi. Nella stessa pena sarebbero incorsi l’oste o l’ostessa o chi vendesse vino nella propria abitazione, a meno che non potessero provare che il vino dovesse essere portato all’esterno di quelle mura o di averlo venduto a persona forestiera ivi alloggiata.

Negli Statuti Comunali bargesi del 1374, invece, il Conte di Savoia, al capo 74, vietò ai soli cittadini alcuni tipi di giochi d’azzardo (ludus taxillorum, ludus talicie carnium). Divieto che fu sempre valido, tranne che dal Natale all’Epifania (il periodo equivalente all’antico Carnevale). Rimaneva libero il gioco per puro divertimento, senza puntare danaro. I forestieri, però, potevano giocare impunemente d’azzardo, ma solo sotto i portici e i Bargesi potevano fare altrettanto nei paesi vicini, perché questa era l’usanza del tempo. S’intendevano per

portici, anche quelli all’esterno delle osterie, naturalmente.

Nel XV secolo, scacciati dai locali, però, gli appassionati del gioco (ad tabulas, ad scacos, ad cartas nec ad pilam seu ballam) si diedero appuntamento addirittura sulle tombe del cimitero, che, si trovavano nei pressi della pieve di S. Giovanni Battista. Così, la Comunità dovette deliberare appositamente, per far cessare il malcostume (cfr. Ordinati della Comunità di Barge, vol. I).

Il gioco d’azzardo era connesso strettamente all’abuso del vino, alle liti ed all’esercizio della prostituzione.

Le donne addette al “mestiere più vecchio del mondo” erano ospitate in una vera e propria casa di tolleranza. Essa, secondo gli atti del Consiglio della Comunità di Barge, fu permessa ufficialmente il 7 giugno 1456, cioè, prima che la sifilide giungesse in Europa dall’America. Di questa casa sappiamo solo che esistette nel Borgo Vecchio e che il permesso di erigerla venne concesso alle stesse “donne pubbliche”. Il provvedimento, quindi, mirò esplicitamente a sanare la piaga della prostituzione delle vagabonde, ma si spinse oltre, perché volle prevenire le soperchierie dei lenoni, permettendo a queste donne di divenire padrone di loro stesse. Non si sa quando questa attività terminò. Certo è che la casa di tolleranza era anche un po’ taverna.

A Barge, si amava il vino: il primo documento, che sia giunto fino a noi e nel quale compaia una vinea risale al 27 agosto 1203 (Cartario dell’Abbazia di Staffarda, I, 107). Sempre nelle nostre zone, la bevanda alcolica in questione piaceva un po’ asprigna, perché in tal modo era considerata maggiormente dissetante. Naturalmente, si trattava di una scusa: il vino diveniva asprigno, perché la vite non veniva potata molto, volendo spingere al massimo la produzione d’uva. Inoltre, si teneva il fogliame lontano dal suolo, perché si preferiva alla vigna bassa, l’ontin , cioè l’alteno: un modo di tenere le viti alte, che permetteva di sfruttare lo spazio agricolo tra i filari per seminarvi segale, frumento, lupini, fave e ceci (frequenti prima della comparsa delle patate, che qui si diffusero tardivamente, solo nei primi anni del XIX secolo).

Comunque, la Comunità di Barge, al capitolo 63 dei precitati Statuti del 1374, vietava assolutamente l’importazione di vini forestieri e parimenti accadeva in tutti i luoghi limitrofi. Semplicemente si ammetteva l’importazione del vino prodotto oltre i confini comunali da Bargesi, che detenessero vigneti altrove. Prima, però, essi avrebbero

dovuto chiederne il permesso al Consiglio generale dei capi di casa ed alla Credenza, giurando sul Vangelo di non introdurne una goccia di più, sotto sanzione di sessanta soldi astesi, oltre alla perdita del vino.

Nel 1438, la disposizione fu sostituita da una norma nuova, emanata da Ludovico di Savoia, che si presentò come ancora maggiormente restrittiva, mirando a vietare non solo l’introduzione in Barge a fini di vendita del vino prodotto fuori dei confini comunali, ma anche il suo semplice transito durante il periodo di normale vendita dell’analogo prodotto bargese. Nel contempo, aumentavano le eccezioni e si concedeva di introdurre vino prodotto altrove non solo ai Bargesi proprietari di vigneti in altri comuni (purché si trattasse di vino prodotto in tali vigneti), ma anche agli ufficiali sabaudi (purché fosse vino destinato al loro uso personale).

La grande considerazione che circondava il vino bargese in Piemonte emerge dalle poche frasi latine dedicate a Barge dal padre Andrea Rossotti di Mondovì, nel 1667: “Oppidum Bargense nobile et tum populi frequentia, tum virorum generositate, tum optimi vini generatione, tum commercii commoditate. Populum habuit armis deditum, manu promptum, et vindictae avidum".

Una zona vinicola di particolare rinomanza era considerata quelle delle terre rosse di Assarti; continuazione d’un’area che s’estende fino a Bricherasio, tramite Bagnolo, Bibiana e Campiglione-Fenile. Il vino qui prodotto aveva goduto di ottima fama fino alla metà del ’700 circa. Il Garola, ad esempio, cita una composizione poetica in lingua latina, di “autrice” ignota e che va a sostegno delle affermazioni precedenti:

Salve dulce merum conussum munere, Salve dolce vinello bevuto insieme,

Bargae o Barge,

delicium cordis delizia del cuore,

totius orbis amor. amore di tutta la terra.

Spiritus evehitus Lo spirito si solleva

sublimis vina libendo bevendo sublimi vini

Sublimata vides, (e) le cose appaiono sublimate,

qui bibit inde furit. (tant’é che) chi lo beve impazzisce.

Nella stesura definitiva del Bandi Campestri bargesi del 1732, il capitolo 4 contiene una norma, che impone la vendemmia a partire soltanto dal giorno individuato ogni anno dal Consiglio Comunale locale, con l’intervento del Giudice o dal solo Giudice, in caso il Consiglio risultasse scaduto e si fosse arrivati ormai al 15 settembre. La decisione sarebbe stata comunicata tramite una grida pubblicata all’Albo Pretorio. La pena relativa sarebbe stata di dieci soldi per ogni rubbo d’uva vendemmiata fuori tempo o di lire cinque, per ogni brenta di vino fatta con tale uva. I non possessori di vigne ed alteni avrebbero pagato il doppio. Intanto, una sanzione pecuniaria avrebbe colpito anche coloro i quali avessero vendemmiato una vigna o alteno fuori tempo ed esportato le uve fuori del territorio comunale: in tal caso, a seguito d’un sopralluogo giudiziale, si sarebbe fatto esperire un estimo del carico e la pena sarebbe stata attribuita in proporzione.

Una simile tutela è concepibile solo in quanto l’uva ed il vino bargesi dovettero essere considerati prodotti preziosi, tanto è vero che una disposizione simile non è ripetuta nei Bandi Campestri del 1816; epoca di declino della produzione.

Nel 1811, l’avvocato bargese Carlo Perotti, però, citò ancora la brunetta di Barge come vitigno (pur usando la definizione specie di uvaggio) che avrebbe meritato di venir annoverata fre le primaticcie, e buone. Eppure fu già il saluzzese Eandi, nel 1835, a scrivere che ormai i vini di Assarti sarebbero diminuiti di bontà, proprio a causa del fatto che sarebbero state mescolate le originarie uve brùnëtte con altre varietà, dette allora nérëtte. L’appello lanciato da Perotti, che avrebbe voluto salvare le prime, creando appositi

“pubblici vivaj (in cui le specie di uve le più primaticcie e zuccherose e migliori venissero allevate ed educate sino all’età di due o tre anni a solo oggetto di distribuire poi tali specie gratis a tutti que’ locali, che desiderosi sono di migliorare i lor vini )”.

Non fu ascoltato e se ne videro le conseguenze. A ciò si aggiunsero, verso la metà del secolo XIX, i danni arrecati da nuovi flagelli, come l’oidio e la filossera.

Così, solo negli ultimi anni, grazie ad una viticoltura moderna e razionale ed all’intervento diretto di esperti, a Barge si è riusciti nuovamente a produrre ottimi vini e ad ottennere per alcuni, addirittura la D.O.C.

scena ispirata ad osteria quattrocentesca

ciclo di affreschi del castello di Issogne – affresco raffigurante il “corpo di guardia”

zone di cerniera tra il mondo gallo-occitano e

quello gallo-padano, le nostre località ai piedi delle Alpi occidentali furono, per l’intero Medioevo, fortemente influenzate dalla cultura transalpina.

Un elemento caratterizzante, così, fu dato dall’esistenza delle Confratrie di santo Spirito, esistenti nell’intera Francia Meridionale, ma pure nei Cantoni Svizzeri di Lingua Francese, che costituirono un importante polo aggregativo per la cittadinanza, costituendo il nucleo pre-politico delle istituzioni comunali, che gestì, originariamente anche un ingente patrimonio di terre comuni.

In Barge, la tradizione di tali Confratrie (dette, qui, Frairìe), di natura civile e non religiosa, fu presente fino al XVI secolo ed a loro furono collegate anche tradizioni gastronomiche importanti. Infatti, ogni anno, proprio le singole Confratrie organizzarono per i soci i tradizionali banchetti del Lunedì di Pentecoste.

In quelle occasioni, si tiravano fuori da ogni Casa della Confratria, le tovaglie di canapa, i cavalletti, le panche e i grandi pentoloni, dove abili cucinieri cuocevano il piatto principe del convito: maiale e ceci. Infatti, questo legume, quasi del tutto sconosciuto alla cucina piemontese attuale, era d’uso diffusissimo nella nostra regione fino al XVIII secolo. I piatti non venivano usati e il cibo era servito su larghe e spesse fette di pane. Ognuno aveva diritto a un bicchiere di vino ed anche ad un pezzo di formaggio.

Esclusi dal banchetto, naturalmente, tutti gli estranei alla associazione.

tornando al discorso sugli òsto piemontesi, bisogna ricordare che lo Stato sabaudo prese ad occuparsi abbastanza presto di essi, così come dei loro avventori e clienti di vario genere.

Ad esempio, un Ordine sovrano, firmato dal duca Carlo Emanuele I ed emanato il 19 agosto 1619, cioè, in un momento nel quale le casse statali stentavano a riempirsi, si richiamò già ad analoghi atti normativi posti in essere dai “Serenissimi predecessori”.

Esso stabilì che ogni persona che avesse ricevuto forestieri in casa propria, a qualunque titolo, avrebbe dovuto denunciarne la presenza agli ufficiali addetti al rilevamento, sotto pena di cento scudi o altra lasciata all’arbitrio ducale. In particolare, gli Hosti, Tavernieri, e facenti donzene, & altri che alloggiaranno & speseranno Forastieri (...) che si fermeranno nelli Stati nostri sì per passaggio che per loro negoty avrebbero dovuto esigere da ognuno, per ciascuna notte, le seguenti cifre:

- per ogni uomo a cavallo, quattro grossi

- per ogni uomo a piedi, un grosso

- per ogni mulo o cavallo carico in più, un grosso.

L’esazione sarebbe stata fatta direttamente dall’ospitante, che avrebbe dovuto “consegnare” ogni sera i dati dell’ospitato.

Il 3 ottobre, poi, un nuovo Ordine ducale venne a precisare che l’obbligo di consegna sarebbe gravato anche su chi avesse offerto ospitalità gratuita in casa propria a parenti o amici e su chi avesse ospitato studenti, o persone che fossero venute ad “imparare essercitij” (leggi, “apprendisti”) o lavorare in campagna (leggi “lavoratori stagionali” e “guardiani di animali”). In tali casi, però, non si sarebbe dovuto pagare alcunché.

Il nuovo Ordine impose pure agli Osti e affini di non coglier l’occasione di questa tassazione, per aumentare i loro guadagni personali. Esso portò la tassa a sei grossi per l’uomo a cavallo e tre

grossi, per l’uomo a piedi, asserendo falsamente che così stava già scritto nell’Ordine precedente. Inoltre, con tale normativa, il duca di Savoia impose un vero e proprio calmiere ai prezzi praticati dagli osti:

- non più di di 9 fiorini e 6 grossi, per un uomo a cavallo, ospitato di giorno e di notte, compresa la biada di mattina e sera, candele e fuoco

- non più di 5 fiorini, per un uomo a piedi, tra giorno e notte (“a pensione completa”, diremmo oggi)

- non più di 2 fiorini e 6 grossi, per il solo vitto.

Tali avrebbero dovuto risultare i conti, già inclusivi delle imposizioni statali, con la sola condizione, che, la tassa di soggiorno sarebbe stata abbassata in proporzione all’eventuale calo del prezzo dell’oro e dell’argento.

Gli obbligati alla consegna avrebbero dovuto versare gli importi delle tasse di soggiorno ai Ricevitori del Tasso e della Taglia (appaltatori delle imposte personali e fondiarie). Costoro, quadrimestralmente, avrebbero dovuto versare a loro volta i proventi, detratte le loro spettanze, al Thesoriero Generale.

L’urgenza di far affluire il denaro al centro dalle periferie spinse, poi, il Savoia medesimo a percorrere presto un’altra via. In effetti, l’anno successivo, 1620, il sovrano affidò i proventi della tassa di soggiorno ad Agostino Lascaris di Nizza, sulla base d’un contratto di “accensamento quadriennale”, che previde il versamento immediato “una tantum” di una somma determinata nelle casse statali da parte del concessionario.

Il 23 maggio 1620, Carlo Emanuele I di Savoia rese noto a tutte le Comunità dello Stato ed a tutti gli esercenti interessati, che Lascaris aveva acquisito tali diritti e che il contratto sarebbe entrato in vigore un mese dopo l’interinazione (registrazione ufficiale) già avvenuta proprio il 19 maggio.

Quest’ordine ducale del 23 maggio, precisò che si dovesse esigere:

- per ogni cena all’osteria effettuata da un soggetto a cavallo ricadente nelle disposizioni già in vigore, 5 fiorini e 6 grossi (i fiorini per la sola cena)

- per ogni cena all’osteria effettuata da un soggetto a piedi ricadente

nelle disposizioni già in vigore, 3 grossi, oltre ai 2 fiorini e 9 grossi stabiliti per la sola cena

- 3 grossi anche da chi avesse solo mangiato, senza dormire (costui, però, non avendo pagato il diritto dove avesse solo cenato, anche se si fosse trattato di case proprie o d’amici, avrebbe dovuto pagarlo nell’esercizio in cui fosse, poi, andato a passare la notte)

- per ogni mulo o cavallo carico, 1 grosso

- dai conducenti di carrozze, 3 grossi per caduno e per i cavalli delle carrozze 1 grosso a testa.

Lascaris si mise subito al lavoro per trarre il massimo profitto dall’operazione e pretese che, localmente, la tassa pesasse anche sul capo di “cittadini, borghesi e terrieri”, che si fermavano all’osteria a pranzare e tornavano a dormire nelle loro case. Le lamentele si sprecarono e fu iniziata una causa vera e propria. L’Avvocato patrimoniale del Duca sostenne, nel corso di questa, che il Lascaris avrebbe esorbitato dal mandato contrattuale, che sarebbe stato sì generale, ma assoggettato agli Ordini ducali precitati, che avrebbero escluso simili soggetti dalla tassazione. Dal canto suo, invece, l’“accensatore” (cioè, il concessionario) puntò la propria linea difensiva proprio sulla “generalità” del mandato ottenuto. Alla fine, il 10 agosto 1620, per tagliare la testa al toro, il Duca emanò un Ordine che impose espressamente di pagare la tassa anche al residente, che, semplicemente, avesse pranzato all’osteria.

proprio grazie all’obbligo di consegna, sono giunti fino a

noi i registri degli “Hosti”, esercenti in Barge tra il 1619 ed il 1620 (Archivio Storico Municipale del Comune di Barge, Libro di consegne di Vitoaglie, Persone e Censi, Abili alle Armi dal 1612 al 1622, faldone n. 1274). Veniamo, così, a sapere che, a quell’epoca, esistevano in paese ben sei òsto.

All’ ‘insegna dello

Scudo di FranciaIl locale “all’insegna dello Scudo di Francia”, era gestito da Giovanni Battista Ruscone. Il nome dell’osteria-locanda era legato al simbolo che appariva sullo scudo in ferro appeso sulla porta d’ingresso: il “giglio” dorato dei re transalpini. Perché un simile nome? Probabilmente, perché era nato al tempo della dominazione francese, già nel secolo precedente oppure in quanto il titolare mirava ad attirare nel proprio esercizio la clientela proveniente dalla Francia.

Certo è che si trattava d’un locale che rendeva bene. Basti controllare i possessi fondiari dell’oste. Da un registro di possessioni denominato Consegna della Rivoyra e Gabiolla e contenuto nel precitato faldone n. 1274, risulta che proprio “messer Battista Ruscone” fosse titolare della proprietà allodiale (libera proprietà tagliabile, cioè soggetta a

tassazione fondiaria) su sette giornate piemontesi di terreno, concesse a massaria a Chiaffredo Gorrino, la cui famiglia era composta di tre persone e che dalla coltivazione, la quale avveniva avvalendosi d’una celloyra (aratro) tirata da vache, ricavava quattro sacchi di segale ed un sacco di castagne. Sette giornate erano un’estensione notevole, per quel tempo, almeno in questa area. Basti dire che, proprio nella zona di Ripoira-Gabiola la proprietà era frammentatissima: <allora, il maggior “particulare” era Ludovico Thorosano, discendente dei Signori del consortile originario di Bagnolo ed industriale nel settore delle armi da fuoco, che possedeva ben 18 giornate, ma non poteva dirsi certo latifondista; poi, seguiva a ruota l’avvocato Francesco Ugonino, degli Ugonini di Cavour, originari di Luserna, che possedeva 15 giornate; dopo, ancora, il conte di Luserna, che aveva acquistato una cascina di 10 giornate appartenente ai Soave, seguito da pochi altri professionisti o ricchi commercianti. La maggior parte dei coltivatori diretti, invece, possedeva una giornata o due. Il nostro oste sette.

Andiamo, allora, a farci gli affari suoi. Dalla “Consegna” precitata possiamo vedere quanti clienti ospitò.

Le presenze, dal 19 ottobre 1619 al 23 giugno 1620, risultano essere le seguenti (comprensive di presenze iterate più giorni da parte del medesimo soggetto):

295, con cavallo

73, a piedi

Non si trattava sempre di persone diverse, quindi, ma il numero attesta una buona clientela ed accredita il locale nella categoria degli “alberghi con stallaggio”.

Ciò che conta, poi, è la qualità della clientela. Vi sono certo i postiglioni delle varie linee, colle loro carozze e relativi viaggiatori, ma pure persone di rango, come il Molto Illustre Signor Renato Sesto di Torino Consigliere dello Stato; l’Illustrissimo Signor Thesoriere Verdina di Pinerolo; il Capitanio Gullielmo Salvay di Luserna o il Capitanio Fernando Prato di Ceva ed il Signor Scipione Solaro di Macello.

L’impressione, comunque, è che la maggior parte siano professionisti e commercianti. Qualche ebreo, come il banchiere Moisé Levi Fubini di Torino. Qualche transalpino: borgognoni, vallesani, provenzali alpini. Alcuni vi giungevano a cavallo, ma molti anche a piedi.

La distinzione si vede anche dai titoli: quello di “Signore” è riservato alle persone di rango, anche se i veri potenti si meritano un “Illustrissimo” o “Molto Illustre”. Chi ha un titolo d’istruzione (persone dedite alle professioni) o dimostra dalle maniere di appartenere ai ceti dominanti, anche se non è un potente, viene classificato dall’oste in questa prima categoria.

Invece, le persone di tale medesima classe, ma che giungano da aree francofone, vengono invece definite col titolo “Signor Monsù” o semplicemente “Monsù”.

Al di sotto, ci sono i “Messeri”: i pari dell’oste. Commercianti e maestri artigiani. Ciò significa che, a quel tempo, la parola romanza locale mëssé non veniva riferita solo al suocero (come si fece, poi, a partire dal secolo successivo) e che il monsù/mossù non era ancora entrato nell’uso corrente, almeno per definire i sudditi sabaudi cisalpini.

Inoltre sotto al messere, si trova, poi, nella visione del mondo posseduta da Ruscone, chi non merita altro che l’annotazione del nome e del cognome. La gente comune.

La Croce BianchaLa “Croce Biancha” era il nome dell’osteria con stallaggio che costituiva la maggior concorrente di quella precedente. Un nome che le veniva dall’insegna di Casa Savoia: “una croce bianca in campo rosso”, adottata per la prima volta da Amedeo II (1103-1148), il primo Savoia ad assumere il titolo di Conte. D’altronde, come scrisse, nel 1519, il poeta di corte “Ghinghelinghino di Chieri”, ovvero Pietro Jacomello, nel componimento poetico (definito, allora, “barzelletta”)

El Piemonte è ‘l primo fiore:

Barge may è stata stancho

A servir la Croce Biancha

Sempre may gli è stato francho

Né gli fece may falanza.

Ma tuta sua posanza

A servire gli vol dare.

Il patriottico oste della “Croce Biancha”, nel 1619/20, era il bargese Pietro Bezone (Bessone) detto “Meliga”.

Le presenze nel suo locale, dal 20 ottobre 1619 al 19 giugno 1620, risultano essere le seguenti (comprensive di presenze iterate più giorni da parte del medesimo soggetto):

157, con cavallo

126, a piedi

Di conseguenza, numericamente inferiori, per quanto riguarda le persone giunte a cavallo, ma superiori, per i clienti giunti a piedi (compresi quelli che usufruivano delle carrozze pubbliche di linea).

Tra la clientela di Pietro Bezone figuravano, anche in questo caso, individui ricchi e poveri. Gente che arrivava da lontano, come Messer Bernardino Lazarino, di Padova o Messer Francesco Arcangelo, romano. Mercanti della zona di Barcelonette, più precisamente di Saint Paul-sur-l’Ubaye, come Honorato Signoreto (Honoré Signoret, capostipite del casato bargese dei Signoretti) o Honorato Arnas. Bargesi residenti altrove, come i membri di un ramo dell’antica famiglia degli Amedei, trasferiti a Giaveno. Poi, gente dell’intera regione: innanzitutto, molti commercianti, specialmente pinerolesi, al tempo delle fiere. Militari, come il capitano Tomaso Grassi di Mondovì. L’ebreo Abraam Laudi di Torino, che si può immaginare commerciante di canapa. Nobili savoiardi, come monsù de Vandieres e monsù de Mollieres, probabilmente soldati.

La Croce Rossa

La “Croce Rossa”, gestita dall’oste Bernardo Santena era un altro esercizio pubblico del quale conosciamo il nome, grazie alla “Consegna” precitata. Essa doveva il proprio nome allo stemma della Comunità di Barge, cioè quello della medievale Lega Lombarda, alla quale Barge aderì nella prima metà del XIII secolo: una croce rossa in campo bianco. Secondo il Dupré-Theseider, proprio questo stemma deriverebbe dall’inversione degli smalti del vessillo imperiale (croce bianca in campo rosso).

Quello in questione, se lo poniamo in confronto con l‘òsto precedente, era decisamente più modesto, in quanto offriva ospitalità per la notte a poche persone, la maggior parte delle quali giungevano a piedi.

In effetti, possediamo solo l’elenco degli ospiti dal primo gennaio 1620, al 30 marzo di quello stesso anno e vi troviamo:

13 presenze, a piedi

2, con cavallo.

Tutti messeri e nessuno signore.

Invece, di altri tre esercizi non conosciamo il nome, ma solo quello dei proprietari, che rispettivamente erano: Dominico Lorenti, Pietro Fiotero e Antonio Chialveto (Chialvetto) di Crissolo.

Nel primo, trovavano spesso alloggio persone che giungevano dalla val Pellice (Rorà, Luserna, Famolasco, Bricherasio), ma anche qualche monregalese, qualche saluzzese e i soliti Amedei di Barge, residenti altrove. Interessante, comunque, osservare il transito di persone

esercitanti mestieri itineranti, come il luganese Francesco Cotella (certo, impiegato in qualche arte connesse all’edilizia) o gli altaresi Berlica e Ferero (che dovevano essere commercianti o artigiani del vetro, che si produceva in grandi quantità proprio in quel paese della provincia di Savona). La maggior parte della clientela di messer Lorenti è composta da persone di umile condizione, tanto che solo il maestro luganese si merita il titolo di messere. Dal 2 gennio al 9 marzo, appena 24 presenze e tutte di persone appiedate.

Invece, l’òsto di Pietro Fiotero doveva trovarsi nel Borgo Inferiore, perché la maggior parte degli ospiti proveniva dal Saluzzese (Saluzzo, Busca, Costigliole, Manta). Pochi monregalesi e due viaggiatori provenienti da Gap, a piedi, quindi, probabilmente, merciai colportori (marsé). Dal 23 dicembre 1619 al 28 maggio 1620, appena 14 presenze e di persone tutte appiedate.

In ultimo, l’òsto del crissolese Antonio Chialvetto, al quale si rivolgevano specialmente avventori provenienti dalla montagna, fossero dell’Alta val Po o di quella del Varaita o, ancora, di Ristolas, nel Queyras. Non mancavano, comunque, clienti originari del Saluzzese (Saluzzo, Pagno, Manta, Busca, Dronero) o della pianura (Morello, Carignano, Carmagnola, Genola) e, addirittura, langhetti (La Morra d’Alba). Due, poi, addirittura, bagnolesi, che avevano preferito sostare temporaneamente in Barge, prima di tornare alle loro vicine residenze. Possediamo, purtroppo, solo le denunce eseguite dal 23 ottobre 1619 al 22 dicembre: 43 presenze di persone appiedate; il che lascia immaginare una clientela più numerosa di quella del precedente esercizio, ma, comunque, composta da persone di umile condizione, perché a nessuno è riservato neppure l’appellativo di messere.

Registro della Consegna fatta dalli Hosti et particolari di Bargie qualli hanno Logiati forestieri

In virtù del’ordine di Sua Altezza Reale Dato in Torino Li 3 di ottobre 1619,

pubblicato in Bargie Li 15 detto ottobre per me ricevuto d’ordine delli Signori Sindici Gaspare Rogero et Giovan Pietro biancho

Maxinj

Nomi delli Hosti di BargieMesser Battista ruscone Hoste del scudo di francia

Messer Pietro bezone meliga hoste della croce biancha

Alli 19 ottobre 1619 Messer Battista Ruscone Hoste del scudo di francia consegna haver in casa sua logiatiIl signor Marc’Antonio Bosio di pecetto a Cavalo ff g 6Il signor martino pascha ressidente in Torino a Cavalo ff g 6Il signor Lodovico miolis di Pinerolo a Cavallo ff g 6Il signor Lorenzo martini di Cargnano a Cavalo ff g 6

Alli 20 ottobre detto Ruscone consegna

Li sudetti Signori Bosio, Pascha, Miolis et Martini tutti a Cavallo ff 2Più il Signor Gioan Antonio Surdo di Torino a Cavallo ff g 6Più messer Gioan Michele Pautazo di Cargnano a Cavalo ff g 6

Li 21 ottobre detto Ruscone consegna

Li sudetti Pascha, martini et Pautazo, tutti a Cavalo a g 6

Li 22 ottobre il sudetto Ruscone consegna

Li sudetti Pascha et Martini, a Cavallo ff 1Più l’Illustrissimo Signor Thesoriere Verdina di Pinerolo, à Cavalo ff g 6Il Signor Gioan Battista Rasini di Pinerolo, a Cavallo ff g 6

Li 23 ottobre detto ruscone consegna

Li sudetti Pascha et Martini, à Cavalo, non altri ff 1

Li 24 ottobre detto Ruscone consegna

Li sudetti Pascha et Martini ambi à Cavallo ff 1Più il Signor Lelio Mola e Messer Nicolla Mondetto, ambi di Cargnano à Cavallo ff 1

Ff 12 g 6

Li 25 ottobre 1619, detto Ruscone del scudo di francia Consegna

Il Signor Lelio molla di Cargnano à Cavallo ff g 6Il Signor Lorenzo martini di Cargnano, à Cavallo ff g 6Il Signor martino pascha residente in Torino, à Cavallo ff g 6

Li 26 detto ottobre deto ruscone consegna

Li sudetti Martini e Pascha ambi à Cavallo ff 1Più biagino sestero di Villafranca à piedi g 3

Li 27 deto ruscone consegna

Li sudetti Martini e Pascha, à Cavallo ff 1

Li 28 detto ruscone consegna

Il Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6Il Signor Lodovico miolis di Pinerolo, a Cavallo ff g 6Il Signor martino pascha residente in Torino, à Cavallo ff g 6

Li 29 detto ottobre il sudetto ruscone consegna

Li sudetti Bosio, Miolis, et Pascha, tutti à Cavallo ff 1 g

Li 30 ottobre detto ruscone consegna

Li medemi Signori Bosio, Miolis, et Pascha come sopra ff 1 g

Li 3Novembre detto ruscone consegna

Il sudetto Signor Martino pascha residente in Torino, à Cavallo ff g 6Il Signor Michel’Angelo valfredo di Torino, à Cavallo ff g 6Messer Luciano gastaldo di Monchalieri, a piedi ff g 3Messer Gioanni dullur di Susa, a piedi ff g 3

ff 9 g

Li 4 novembre 1619 Il sudetto ruscone hoste consegna

Il Signor martino pascha, residente in Torino, à Cavalo ff g 6

Li 5 novembre detto ruscone consegna

Il Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6Il Signor martino pascha, residente in Torino, à Cavalo ff g 6

Li 6 novembre 1619 deto ruscone consegna

Il Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6Il Signor martino pascha, residente in Torino, à Cavalo ff g 6Il Signor Carlo francesco Bolla di Bubiana, à Cavallo ff g 6Gioan Battista bianco di Luserna, a piedi, ff g 3P. Anselmo reggio di Castino, a Cavallo ff g 6

Li 7 novembre detto ruscone consegna

Il sudetto Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6Il Signor martino Pascha, residente in Torino, à Cavalo ff g 6Il sudetto P. Anselmo reggio di Castino, a Cavallo ff g 6Il Signor Gioan Solaro di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Ludovico tagasso di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Michele rubiano, Placido prinzo di pinerollo, ambi à piedi ff g 6

Li 8 novembre detto ruscone consegna

Li Signor Marc’Antonio bosio di pezeto a Cavallo ff g 6

Li 9 novembre detto ruscone consegna

Il medesimo Signor Bosio sollo,à Cavallo ff g 6

Li 10 novembre detto ruscone consegna

Il sudeto Signor bosio di pezeto à Cavallo ff g 6Più Pietro gozanello di S.fronte à Cavallo ff g 6

ff 8 g 9

Li 11 novembre 1619 detto Ruscone consegna

Il Signor Marc’Antonio bosio di pezzetto , à Cavallo ff g 6Pietro gozanello di S. fronte à piedi ff g 3Giovanni Castello di Cuneo, à piedi ff g 3Il banchiere Moisé Levi Fubini hebreo in Torino, à Cavalo ff g 6

Li 12 novembre detto Ruscone consegna

Il Signor Moisé Levi Fubini hebreo di Torino, à Cavalo ff g 6Il Signor Capitanio Martino balogno di Raconiggi, à Cavalo ff g 6Il Signor Capitano Alessandro Mulazano di revello, à Cavalo ff g 6Il Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6Gioanni Castello di Cuneo, à piedi ff g 3

Li 13 novembre detto ruscone consegna

Il Signor Marc’Antonio bosio di pezetto, à Cavallo ff g 6Ludovico miolis di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 14 novembre 1619 detto ruscone consegna

Il Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6

Li 15 novembre detto ruscone consegna

Il sudeto Signor Marc’Antonio bosio, à Cavallo ff g 6 Li 16 novembre detto ruscone consegna

Il già deto Signor Marc’Antonio bosio di pezeto, à Cavallo ff g 6

Li 17 novembre detto ruscone consegna

Il medemo Signor Bosio, a Cavallo ff g 6Signor Moisé Levi Fubini ebreo di Torino, à Cavallo ff g 6Gioanni Castello di Cuneo, a piedi ff g 3

Li 24 novembre 1619 detto battista ruscone hoste del segno del scudo di francia consegna

Sebastiano Santena di CardéBernardino della Matta di MoriondoChristoforo della Matta di Moriondo tutti à piedi ff 1Bernardo dell’agliaza di Moriondo

Li 25 novembre detto ruscone Consegna

Il Signor Henrico henrici d’ivrea a Cavallo ff g 6Signor Gioanni battista Mattalia di Scarnafigi a Cavallo ff g 6Messer Andrea deris d’Ivrea a Cavallo ff g 6Petrino deMaria di Scarnafigi a Cavallo ff g 6

Li 26 novembre Il sudetto ruscone consegna

Signor Gioanni Battista Mattalia di Scarnafigi a Cavallo ff g 6Il Signor Andrea Serra di piozasco, à Cavallo ff g 6Petrino de Maria di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6

Li 27 novembre deto ruscone consegna

Li sudetti signori Mattalia et Serra con detto Maria tutti à Cavallo ff 1 g 6

Li 28 novembre detto ruscone consegna

Il detto Signor Gioanni Battista Mattalia di Scarnafigi a Cavallo ff g 6Il detto Signor Andrea Serra di piozasco, à Cavallo ff g 6Il Signor Gioan Pietro gastaldo di Torino, à Cavallo ff g 6Petrino de Maria di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6

Li 29 novembre detto ruscone consegna

Il detto Signor Gioanni Battista Mattalia di Scarnafigi a Cavallo ff g 6Il detto Signor Andrea Serra di piozasco, à Cavallo ff g 6Petrino de Maria di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6

ff 9 g 6

Li 10 decembre 1619 detto ruscone consegna

Il Signor Prospero della parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Gioanni Battista Mattalia di Scarnafigi a Cavallo ff g 6Petrino de Maria di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Il Signor Domenico Clerici di Torino, à Cavallo ff g 6Il detto Signor Andrea Serra di piozasco, à Cavallo ff g 6Pietro Cravesan di Cravesana,à Cavallo ff g 6

Li 11 decembre 1619 detto ruscone Consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Il Signor Prospero della parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Andrea Serra di Piozasco, à Cavallo ff g 6Pietro Cravesan di Cravesana,à Cavallo ff g 6Il Signor Giacobino bonino di Cavaler magiore, à Cavallo ff g 6Il Signor Domenico Clerici di Torino, à Cavallo ff g 6Messer Giacomo Maynero di S.fronte à Cavallo ff g 6Chiaffredo Gianino di S.Fronte, à piedi ff g 3

Li 12 decembre 1619 detto ruscone Consegna

Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Andrea Serra di Piozasco, à Cavallo ff g 6

ff 8 g 3

Li 13 decembre 1619 detto ruscone consegna

Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Andrea Serra di Piozasco, à Cavallo ff g 6Carlo Arnaldo della Briga, à Cavallo ff g 6Signor Dominico Ollivaro di Pigna (sic, ma “Briga”) à Cavallo ff g 6

Li 14 decembre 1619 detto ruscone consegna

Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Andrea Serra di Piozasco, à Cavallo ff g 6Il Signor Giulio Cesare ranicola di Torino, à Cavalo ff g 6Il Signor Gioanni sione di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 15 decembre detto messer ruscone consegna

L’Illustrissimo Signor Cavaliere Osasco di Torino, à Cavalo ff g 6 Il Signor francesco osasco di osasco, à Cavalo ff g 6Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Steffano ghignaro borghignone, à piedi ff g 3Gioanni giuliano d’Ambire, à piedi ff g 3

Li 16 decembre detto ruscone consegna

Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Giulio Cesare belliardo di villafranca, à Cavallo ff g 6Il Signor Gioanni Verniano di Torino, à Cavalo ff g 6

Li 17 decembre detto Ruscone consegna

Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Giulio Cesare belliardo di villafranca, à Cavallo ff g 6Il Signor Gioanni Viviani di Torino, à Cavallo ff g 6

ff 9 g

Detto Ruscone il medesimo giorno 17 decembre consegna anchora

L’Illustrissimo Signor Renato Sesto Consegliere dello Stato di Torino, à cavalo ff g 6Messer Gioan Domenico fetta di Cargnano, à Cavallo ff g 6Gioan Domenico Savio di Castagnole, à piedi ff g 3Vincenzo beltramino della volvera, à piedi ff g 3

Li 18 decembre il sudetto ruscone consegna

Il Signor Prospero della Parona di Susa, à Cavallo ff g 6Messer Giulio Cesare biliardo di villafranca, à Cavallo ff g 6Messer Gioanni Viviani di Torino, à Cavallo ff g 6L’Illustrissimo Signor Renato Sesto Consegliere dello Stato di Torino, à piedi ff g 6Messer Domenico fetta di Cargnano, à Cavallo ff g 6Gioan Domenico Savio di Castagnole, à piedi ff g 3Vincenzo beltramino della volvera, à piedi ff g 3

Li 19 decembre 1619 detto ruscone consegna

Il Signor Giulio Cesare billiardo di villafranca, à Cavallo ff g 6Messer Gioanni Viviani di Torino, à Cavallo ff g 6L’Illustrissimo Signor Renato Sesto Consegliere dello Stato di Torino, à piedi ff g 6Messer Gioan Domenico fetta di Cargnano, à Cavallo ff g 6Gioan Domenico Savio di Castagnole, à piedi ff g 3Vincenzo beltramino della volvera, à piedi ff g 3

Li 20 decembre 1619 detto ruscone consegna

Messer Giulio Cesare billiardo di villafranca, à Cavallo ff g 6Messer Gioanni Viviani di Torino, à Cavallo ff g 6L’Illustrissimo Signor Renato Sesto di Torino, à piedi ff g 3Messer Domenico fetta di Cargnano, à Cavallo ff g 6Gioan Domenico Savio di Castagnole, à piedi ff g 3Vincenzo beltramino della volvera, à piedi ff g 3Il Signor Gullielmo salvai di Luserna à Cavallo ff g 6

ff 8 g 9

Li 21 decembre il sudetto Ruscone consegna

Signor Capitanio Gullielmo Salvay di Luserna, à Cavallo ff g 6Signor Bartolomeo Ainaldo di Torino, a Cavallo ff g 6

Li 22 decembre il detto ruscone consegna

Signor Capitanio Gullielmo Salvay di Luserna, à Cavallo ff g 6Signor Bartolomeo Ainaldo di Torino, a Cavallo ff g 6Gioanni Cagliato di pinerolo, à piedi ff g 3

Li 23 decembre Il detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Il Signor Giacomo Ainaldo di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 24 decembre detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6

Li 25 decembre detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6

Li 27 decembre detto ruscone consegna

Gullielmo raschiero di Cavaller magiore, à piedi ff g 3Dominico raschiero di Cavaller magiore, à piedi ff g 3Gioannoto perone di fruzasco, a Cavallo ff g 6Antonio testa di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 28 decembre detto ruscone consegna

Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Gullielmo raschiero, Dominico raschiero ambi di Cavaller magiore, à piedi ff g 6

ff 6 g 9

Li 29 decembre 1619 detto ruscone consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à Cavallo ff g 6Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Gullielmo raschiero di Cavaller magiore, à piedi ff g 3Dominico raschiero di Cavaller magiore, à piedi ff g 3

Li 30 decembre sudetto ruscone consegna

Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Gullielmo raschiero di Cavaller magiore, à piedi ff g 3Dominico raschiero di Cavaller magiore, à piedi ff g 3Petrino de Maria di Scarnafiggi, à Cavallo ff g 6

L’ultimo dicembre detto ruscone consegna

Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Gioan Battista appo di Polanghera, à Cavallo ff g 6Battista Colombetto di Polanghera, à Cavallo ff g 6

ff 4 g 6

1620Il Primo di Genaro 1620 Il sudetto Ruscone consegna

Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Gioanni garsino di S. Paulo, à piedi ff g 3

Li 2 Genaro sudetto il medemo Ruscone consegna

Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Giacomo Massimino di Torino, à piedi ff g 3Messer filipo negri di saluzo, à piedi ff g 3Petrino de Maria, Christoforo brigna, ambi di scarnafigi, à piedi ff g 6

Ff 2 g 3

1620Li 3 Genaro 1620 Il sudetto Ruscone consegna

Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Allesandro mollinato di Torino, à Cavallo ff g 6Petrino de Maria, Christoforo brigna, ambi di scarnafigi, à piedi ff g 6Messer Gioan Giacomo Massimini di Torino, à piedi ff g 3

Li 4 Genaro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Giacomo MassiminiMesser Gioan Antonio Massimini ambi di Torino, à piedi ff g 6Petrino de Maria, Christoforo brignaFrancesco sicardoGioanni Mallerano, tutti di Scarnafiggi , à piedi ff 1

Li 5 Genaro 1620 detto Ruscone Consegna

Messer Gioan Giacomo MassiminiMesser Gioan Antonio Massimini ambi di Torino, à piedi ff g 6Signor Marco Aurelio ferraro, medico di Luserna, à Cavalo ff g 6

Li 6 detto Genaro Il sudetto Consegna

Messer Gioan Giacomo e Messer Gioan Antonio Massimini di Torino, à piedi ff g 6

Li 7 detto Genaro Il medesimo ruscone consegna

Messer Gioan Giacomo e Messer Gioan Antonio Massimini di Torino, à piedi ff g 6

Li 8 Genaro Il medemo Consegna

Il Signor Amedeo Leontio di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Giacomo Massimini di Torino, à piedi ff g 3Allesandro mollinato di Torino, à Cavallo ff g 6Pietro garis di Pinerolo, à piedi ff g 3Gioanni garsino di S. Paulo, à piedi ff g 3

ff 7 g 6Li 12 Genaro detto Ruscone Consegna

Messer Domenico OllivaroMesser Domenico frasca ambi di Niza, à Cavalo ff g 6

Li 14 Genaro Il medemo Consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di LusernaMesser Richiardo maria di Luserna, ambi à Cavallo ff g 6

Li 17 Genaro Il medemo Consegna

Signor Domenico OllivaroMesser Domenico frasca ambi di Niza, à Cavalo ff g 6Il Signor Gullielmo SalvayMesser Richiardo maria, ambi di Luserna, à Cavallo ff g 6Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Glaudo Chiateley francese à Cavallo ff g 6

Li 19 Genaro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6Glaudo Cabari francese à Cavallo ff g 6

Li 21 detto Il medemo ruscone Consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna,à cavallo ff g 6Il Signor Capitanio fernando prato di Ceva, à Cavallo ff g 6

Li 22 detto Genaro Il sudetto ruscone consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna,à cavallo ff g 6

A dì 9 Genaro Il sudetto Ruscone Consegna

Il Signor Antonio Leontio di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Pietro gay di Pienrolo, à piedi ff g 3Messer Tomaso albiuno di Torino, à Cavallo ff g 6Gioan domenico bezo di Turino, à Cavallo ff g 6

ff 7 g 3

Li 23 Genaro 1620 detto Ruscone Consegna

Il Signor Gullielmo Salvai di Luserna, à cavallo ff g 6Il Signor Gioanni Silano di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Il signor Ludovico tagazo di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 24 Genaro detto Ruscone consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à cavallo ff g 6Il Signor Giulio guillelma di pinerollo, à Cavallo ff g 6Signor Antonio Gianinetto di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Gioan battista Mattalia di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6Petrino Maria di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6

Li 25 Genaro detto ruscone consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à cavallo ff g 6Gioan battista Mattalia di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6Petrino Maria di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6

Li 28 detto Genaro Il sudetto ruscone Consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à cavallo ff g 6Giob d’Orla di Luserna, à piedi ff g 3

Li 29 Genaro il sudetto Consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à cavallo ff g 6Gioan battista Mattalia di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6Giuseppe beltramo di Luserna, à cavallo ff g 6Gioanni gartino di S. Paulo, à piedi ff g 6Signor Scipione Sollaro di Macello, à Cavallo ff g 6Gioanni di Toboreta, di Luserna, à piedi ff g 3Gioan battista biancho di Luserna, à piedi ff g 3

ff 9

Li 30 Genaro 1620 detto ruscone consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à cavallo ff g 6Gioan battista Mattalia di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6Messer Anselmo reggio di Castino, à Cavallo ff g 6

Li 31 Genaro detto ruscone consegna

Il Signor Gullielmo Salvay di Luserna, à cavallo ff g 6Gioan battista Mattalia di Scarnafigi, à Cavallo ff g 6Messer Anselmo reggiodi Castino, à Cavallo ff g 6

Il primo febraro detto ruscone consegna

Messer Gioan Battista quattroculi di rivoli, à Cavalo ff g 6Signor Gioanni Cravino di Scalenghe, à Cavallo ff g 6Messer durando dotta di Cargnano, à Cavallo ff g 6Signor francesco Martina d’Erasca, à Cavallocon un servitore à piedi ff g 9

Li 3 detto febraro Consegna detto ruscone

Il signor Gioan berra di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 4 detto febraro il medemo consegna

Il Signor Gioan battista verdina di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Il Signor Gioan battista rasini di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Battista quattroculi di rivoli, à Cavalo ff g 6

Li 5 febraro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Baldessare Perbecha di Luserna, à Cavallo ff g 6

Li 6 febraro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6

ff 8 g 9

Li 7 febraro 1620 detto Ruscone consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6

Li 8 febraro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6

Li 9 febraro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6

Li 10 febraro detto ruscone consegna

Il Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Il Signor francesco fabri di Niza, à Cavallo ff g 6

Li 11 febraro Il detto ruscone consegna

Li predetti Signori Alvernia e fabri, ambi à Cavallo ff 1

Li 12 febraro Il medemo consegna

Signor Dominico Ollivaro di bregua, à Cavallo ff g 6Carlo Ainaldo di bregua, à Cavallo ff g 6Il Signor francesco fabri di Niza, à cavallo ff g 6Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6

Li 13 febraro Il sudetto ruscone consegna

Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Il Signor francesco fabri di Niza, à cavallo ff g 6Il Signor Battista rasinj di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 14 Il medemo consegnaSignor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Signor francesco fabri di Niza, à cavallo ff g 6Signor Gioan battista rasini di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Nicola papardo valesano, à Cavallo ff g 6

ff 9 g 6

1620 Li 15 febraro detto ruscone consegna

Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Signor francesco fabri di Niza, à cavallo ff g 6Nicola papardo valesano, à Cavallo ff g 6Signor Gioan battista rasini di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 16 febraro detto ruscone consegna

Signor Gioan Battista Alvernia di Cravesana, à Cavallo ff g 6Signor francesco fabri di Niza, à Cavalo ff g 6Nicolao papardo valesano, à Cavallo ff g 6

Li 17 febraro detto ruscone consegna

Li prenotati signor Alvernia di Cravesana, Signor fabri di Niza, et papardo valesano tutti à Cavalo ff 1 g 6

Li 27 febraro 1620 detto ruscone consegna

Il Signor Antonio Leontio di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Lorenzo Mondelli di Carmagnola, à Cavallo ff g 6

Li 28 febraro detto ruscone consegna

Il Signor Monsù Vodriero di bergogna, à Cavallo ff g 6Lazaro grognin di bergogna, à piedi ff g 3

Li 2 marzo detto ruscone consegna

Signor Dominico ollivaro della brigha, à Cavallo ff g 6Il Signor Vauchiero Archiere della guardia di Sua Altezza Serenissima, à Cavallo ff g 6

Li 3 marzo detto ruscone consegna

Il Signor Vauchiero Archiero sudetto, à Cavallo ff g 6Il Signor Dominico ollivaro della brigha, à Cavallo ff g 6Il Signor Prospero della parona di Susa, à Cavallo ff g 6

Li 4 marzo il medemo Consegna

Tutti li sudetti consegnati vauchiero ollivari et della parona, tutti à Cavallo come sopra ff 1 g 6

ff 10 g 9Li 5 marzo 1620 detto ruscone consegna

Il Signor Vauchiero Archiero della guardia di Sua Altezza Serenissima, à Cavallo ff g 6Il Signor Dominico ollivaro della brigha, à Cavallo ff g 6Il Signor Prospero della parona di Susa, à Cavallo ff g 6

Li 6 marzo Il sudetto ruscone consegna

Il Signor Prospero della parona di Susa, à Cavallo ff g 6Il Signor Giulio Cesare zoncho di Saluzo a Cavallo ff g 6

Li 8 marzo detto ruscone consegna

Il Signor Durando dotta di Cargnano, à Cavallo ff g 6Il Signor Girolamo Canonico di Cargnano, à Cavallo ff g 6

Li 9 marzo detto ruscone consegna

Signor Durando dottaSignor Gieronimo Canonico di cargnano, ambi à Cavallo ff 1

Li 20 marzo Il sudetto ruscone consegna

Il Signor Dominico ollivari della brigha, à Cavallo ff g 6

Li 21 marzo detto Ruscone consegna

Il Signor Dominico ollivaro della brigha, à Cavallo ff g 6

Li 22 marzo detto ruscone consegna

Il sudetto Signor ollivari, à Cavallo ff g 6

Li 23 detto

Il medesimo Signor ollivari, à Cavallo ff g 6

Li 24 detto

Il giàdetto Signor ollivari, à Cavallo ff g 6

Li 25 detto

Il medemo Signor ollivari, à Cavallo ff g 6

Li 26deto marzo Consegna

Il giadetto Signor ollivari, à Cavallo ff g 6

ff 8

Li 27 marzo detto ruscone Consegna

Il Signor Dominico ollivari della briga, à Cavallo ff g 6Messer Giulio Cesare billiardo di villafranca,à cavallo ff g 6

Li 30 marzo Il Sudetto Consegna

Messer Giulio Cesare Oytana di virle, a Cavallo ff g 6Steffano rosso di virle, à Cavallo ff g 6

Il primo aprile detto Ruscone consegna

Signor Dominico lucani di Polonghera, à Cavallo ff g 6Signor Steffano torta di Polonghera, à Cavallo ff g 6

ff 3

Li 15 aprile 1620 detto ruscone Consegna

Il Signor Lorenzo beinasco di Torino, à piedi ff g 3Signor Gioan Battista rasini di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 3 maggio 1620

Il Signor prospero della balma di susa a cavalo ff g 6

Li 4 sudetto

Detto signor di susa a cavallo ff g 6

Li 5 sudetto

Detto signor di susa a cavallo ff g 6

Li 6 sudetto

Detto signor a cavallo ff g 6

Li 7 sudetto

Detto signor bauma di susa a cavallo ff g 6

ff 3 g 3

Li 21 maggio + 1620

Il signor Anibal Eymar di villa franca, à piedi ff g 3

Li 22 sudetto 1620

Il signor Eymar di villafranca, à piedi ff g 3

Li 23 sudetto 1620

Il signor Glaudo Bernardi di turino, a cavallo ff g 3

Il Detto giorno

Il signor petrino cravero di miraboc, à cavallo ff g 6

Li 28 maggio 1620

Messer Bartholomeo belion di carde, a piedi ff g 3Michael sola di virle, à piedi ff g 3

Li 29 sudetto 1620

Diomede Stropi di cavure, a piedi ff g Messer Perera di savigliano a piedi ff g 3Stefano Teso di savigliano a piedi ff g 3

Michael scarsella di Verzuolo a piedi ff g 3

Li primo Giugno 1620

Antonio Liontio di torino a cavallo ff g 6Con suo nipote Signor Lorenzo di torino a cavallo ff g 6

Li 7 Giugno 1620

Il Signor Liontio di torino a cavallo ff g 6Il signor Lorenzo a cavallo ff g 6

ff 5Li 16 Giugno 1620

Il Molto Illustre Signor Renato Sesto di Turino, à cavallo ff g 6Il Signor Gioan dominico fetta di Cargnano, à cavallo ff g 6

Li 17 Giugno 1620

Detto Signor Sesto di Turino, à cavallo ff g 6Detto Signor fetta di Cargnano, à cavallo ff g 6

Li 21 Giugno 1620

Il Signor Antonio Liontio di torino a cavallo ff g 6Il Signor Lorenzo suo nipote di torino a cavallo ff g 6

Li 22 Giugno 1620

Detto Signor Liontio di turino a cavallo ff g 6

Li 23 sudetto 1620

Il signor gioan tomaso leanso di rivalda à cavallo ff g 6Il signor Ottavio leanso di polanghera, a cavallo ff g 6Il signor Gioan Battista razzino di Pinerolo, a cavallo ff g 6

Ff 5

Consegna del Hoste Messer Dominico LorentiLi 2 Genaro 1620 Consegna

Danilo Morglia di rorata a piediChaffredo BergoPietro DeyodoFilipo Bergo , di famolasco tutti a piedi ff 1

Li 22 Genaro il sudetto consegna

Gioannino tealdo del Mondovì a piedi ff g 3

Li 27 detto

Antonio Leoneto di BricherasioPietro Re di Luserna, ambi a piedi ff g 6

Li 29 detto genaro consegna

Allessandro tavera di Luserna a piedi ff g 3

L’ultimo giorno

Antonio Amedeo di Bargie a piedi ff g 3Messer francesco Cotella di Lugano a piedi ff g 3

Li 5 febraro Lorenti consegna

Antonio Amedeo di BargieGiacomo tealdo del MondovìGioannino tealdo del MondovìGioan antonio cattino di revelloFrancesco dionisio di PinerolloEmanuele dionisio di Pinerollo, tutti a piedi ff 1 g 6

Li 6 febraro detto Lorenti Consegna

Antonino Amedeo di BargeGioanni messo di bargeGioan antonio cattino di revello, tutti a piedi ff g 9

Li 10 febraro detto Lorenti Consegna

Antonino albera di costioleGiacomo brigna di saluzo , ambi a piedi ff g 6

Li 9 marzo detto Consegna

Gioan ludovico ambero di mombercelliGioanino berlica del altareBartolomeo ferero del altare. Tutti a piedi ff g 9

Ff6 g 0

Li 12 aprile 1620

Petrino maria di Scarnafigi, a Cavallo ff g 6Antonio Brigna di scarnafigi a Cavallo ff g 6

Li 21 maggio Il sudetto Consegna

Georgio Garrassino di Domodossola, a piediGioannino garrassino di Domodossola a piedi, ambi ff g 6

Li 24 maggio sudeto

Gioanni Matheo Carrena di garavinoGioan Ludovico ambrosio di montisello, ambi a piedi ff g 6

Li 26 detto maggio Consegna

Sebastiano e francesco galiziani di Salluzo a piedi ff g 6Paulo beravista di Saluzo a piedi ff g 3Gioanni Cerrutto di bubiana a piedi ff g 3Paolo danesio di bubiana a piedi ff g 3Steffano Montalto di savigliano a piedi ff g 3Dominico galliano di torino a piedi ff g 3Filliberto solero di sansecondo a piedi ff g 3Pietro bertea di sansecondo a piedi ff g 3Battista buriasco di sansecondo a piedi ff g 3Pietro giordana di bubiana a piedi ff g 3Bartolomeo Emaro di bubiana a piedi ff g 3Gioan Antonio Emaro di bubiana a piedi ff g 3

Li 29 sudetto maggio Consegna

Steffano montalto di savigliano a piedi ff g 3Battista tesio di savigliano a piedi ff g 3Gioan Ludovico ambrosio di monticello a piedi ff g 3

Ff 5 g

Alli 30 maggio 1620

Bernardino ganba di mondovi, a piedi ff g 3Gioan maria chleria del mondavi ff g 3

Li 31 maggio Lorenti Consegna

Bernardo Gamba del Mondovi a piediGioan Maria Cleria del Mondovi, a piedi ambi ff g 6

Li 2 giugno 1620 detto Consegna

Tomaso grangis di caramagna ff g 3Stefano montalto di savigliano a piedi ff g 3Gioan Ludovico Ambrosio di montisello ff g 3Honorato de ughi di savigliano ff g 3Gioan pietro cavalina di canelli a piedi ff g 3Bartolomeo Porta del Mondovi a piedi ff g 3

_______________________ff2 g 6

ff 15 g 3

Li 18 giugno 1620

Vincenzo Mirelli del Mondovì a piedi ff 0 g 3

Ff 15 g 6

Li 23 giugno 1620Mazinj

Seguono le Consegne fatte per messer Pietro bezone Hoste della Croce bianca di Bargie

Li 20 ottobre 1619 detto bezone ha consegnato

Messer Bernardino Montegrande di Chieri à piedi ff g 3Andrea Martino di brigua à piedi ff g 3Francesco richiardo di brigua à piedi ff g 3

Li 23 ottobre detto bezone consegna

Il Reverendo messer Bruno bertoloto d’ostana à piedi ff g 3Messer Gioanni Lazarino di padova à Cavallo ff g 6Messer Bernardino Lazarino di Padova à piedi ff g 3Messer Antonio ludovico negri di savigliano à cavalo ff g 6

Li 24 ottobre detto bezone consegna

Henrico bertolino di torino, à piedi ff g 3

Li 25 ottobre Il detto consegna

Gioanni pinta di Cargnano, à piedi ff g 3Georgio biacha di Cargnano, à piedi ff g 3

Li 28 ottobre detto bezone consegna

Messer Giacobino amedeo ressidente in giaveno, à piedi ff g 3Gioan antonio amedeo ressidente in giaveno, à piedi ff g 3

Li 29 ottobre il predetto Consegna

Battista richiardo di Casteldelfino, à piedi ff g 3Gioanni Giuliano di Casteldelfino, à piedi ff g 3

L’ultimo ottobre detto bezone Consegna

Honorato signoretoHonorato Arnas, ambi di S. Paulo, à piedi ff g 6Messer francesco Arcangelo romano, à cavallo ff g 6

ff 5

Il primo novembre 1629 detto Pietro bezone ha consegnato

Messer Dominico Terlone di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Biagio Reinero di sommaria del bosco , à piedi ff g 3Antonio bertorello d’ostana, à piedi ff g 3

Li 8 novembre detto Bezone Consegna Andrea autino et Chiaffredo girardi di paisana, a piedi ff g 3Messer Catalano Mollinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Corrado nolli di Luserna, à piedi ff g 3

Li 10 novembre detto Bezone hoste consegna

Giuseppe cattaneo di pinerollo à piedi ff g 3Messer Catalano Mollinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 11 detto novembre Il medemo bezone consegna

Il sudetto Catalano Molinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 12 novembre detto bezone consegna

Il medemo Mollinati di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Signor Reinero Rebufo di Saluzo, à Cavallo ff g 6Messer Allessandro tarditi di saluzo, à piedi ff g 3Gioanni Bollato di saluzo soldato di giustizia, à piedi ff g 3Messer Giacobino padre etGioan antonio figliolo, de amedei di Barge, ressidenti in giaveno, à piedi ff g 6

Li 13 di novembre detto bezone consegna

Messer Giacobino amedeo padre et Gioan antonio figliolo, de Amedei di Barge, ressidenti In giaveno, à piedi ff g 6

ff 5 g 9

Li 13 novembre 1619 Pietro bezone hoste della Croce biancha sudetto Consegna

Il Signor Reinero Rebuffo di Saluzo, à Cavallo ff g 6Messer Allessandro tardito di saluzo, à piedi ff g 3Gioanni sellero di saluzo, à piedi ff g 3Signor francesco grimaldo di Cuneo, à Cavallo ff g 6Signor Gioanni rambregho di Cuneo, à Cavallo ff g 6

Adì 14 novembre detto bezone consegna

Messer Catalano Mollinati di Pinerollo, à Cavallo ff g 6

Li 15 novembre deto bezone Consegna

Signor francesco dahero di Torino, à Cavallo ff g 6Signor Gioan Michele oggeri di Cargnano, à Cavallo ff g 6

Li 24 novembre detto bezone Consegna

Lorenzo della fama di saluzo, à piedi ff g 3Constanzo tutella di savigliano, à piedi ff g 3Paulo Teso di saluzo, à piedi ff g 3Signor Gioan Antonio cardino di pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Glaudio fabri di pinerolo, à piedi ff g 3Messer Mauritio de Livons di buriasco, à piedi ff g 3Sebastiano adagna di santena, à piedi ff g 3Gioanneto santa di Pinerolo, à piedi ff g 3Battista micheleti di pinerolo, à piedi ff g 3Dominico Terlone di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Dominico Cassiano di pinerolo,à piedi ff g 3Battista anello di pinerolo, à piedi ff g 3Secondo fasianero di buriasco, à piedi ff g 3Gaspar barbarino del Mondovì, à piedi ff g 3

ff 7 g 6

Li 25 novembre detto Bezone hoste consegna

Messer Mauritio schinero di Pinerolo, à piedi ff g 3Sebastiano rosagna di Pinerolo, à piedi ff g 3Gioanoto schupino di pinerollo, à piedi ff g 3Gioanni Duretto di Pinerollo, à piedi ff g 3Simondo renavero di Pinerollo, à piedi ff g 3Battista agollo di Pinerolo, à piedi ff g 3Gioan silvestro pelicero di Pienrolo, à piedi ff g 3Gioannoto prone di pinerollo, à piedi ff g 3Anverso socho di pinerollo, à piedi ff g 3

Li 26 novembre detto Bezone consegna

Il Signor francesco daheris di Torino, à Cavallo ff g 6Signor Gioan Antonio Roggeri di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 27 novembre il sudetto bezone consegna

Il Signor francesco daherio di Torino, à Cavallo \ ff g 6Signor Gioan Antonio roggero di Torino, à Cavallo ff g 6Lorenzo armando di pinerollo, à piedi ff g 3Michele rubiano di pinerolo, à piedi ff g 3

Li 28 novembre detto bezone consegna

Il Signor francesco daherio et Signor Gioan Antonio rogero di turino, à Cavallo ff 1Lorenzo Armando di Pinerollo, à piedi ff g 3Michele rubiano di Pinerolo, à piedi ff g 3Martino de nogei di Turino, à piedi ff g 3

ff 5 g 6

Li 29 novembre 1619 dico 29 novembre 1619 detto messer Pietro bezone hoste della Croce biancha consegna

Il Signor francesco daherio di Torino, à Cavallo ff g 6Signor Gioan Antonio roggero di Torino, à Cavallo ff g 6Pietro Mirando di Delfinato, à piedi ff g 3

Li 30 novembre detto bezone consegna

Il Signor francesco daherio di Torino, à Cavallo ff g 6Signor Gioan Antonio roggero di Torino, à Cavallo ff g 6Signor Vincenzo di cercenasco à Cavallo ff g 6Battista Manfredo di Luserna, à piedi ff g 3Andrea Mattyo di Paesana, à piedi ff g 3Batista passeroto di Paesana, à piedi ff g 3

Li 3 decembre 1619 detto Bezone consegna

Battista Manfredo di Luserna, à piedi ff g 3Signor Gioan Antonio roggero di Torino, à Cavallo ff g 6Catalano Mollinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3Messer Carlo pittavino di Revello, à piedi ff g 3Messer Donato arfacio di Pinerollo, à piedi ff g 3Pietro belmodo d’onzino, à piedi ff g 3

Li 4 decembre detto Bezone consegna

Catalano Mollinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3Messer Carlo pittavino di Revello, à piedi ff g 3Lodovico dramite di s. fronte, à piedi ff g 3Steffano bertorello d’ostana,à piedi ff g 3

Ff 7 g 3

Li 7 decembre 1619 detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 8 decembre 1619 detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 9 decembre detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3Messer Donato giuliano di Pinerollo, à piedi ff g 3

Li 10 decembre 1619 detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3Messer Donato giuliano di Pinerollo,à piedi ff g 3

Li 11 decembre detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 12 decembre detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 13 decembre detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 14 decembre detto bezone consegna

Il predetto Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3Gioan battista Manfredo di Luserna, à piedi ff g 3

Li 15 decembre detto bezone consegna

Messer Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 16 decembre detto bezone consegna

Il detto Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 17 decembre detto bezone consegna

Il medemo Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Ff 3 g 6

Li 18 decembre 1619 detto bezone consegna

Gioan Paulo senegha del Mondovì, à piedi ff g 3

Li 20 decembre il sudetto consegna

Messer Gioan Antonio Rogero di Torino, à piedi ff g 3

Li 21 detto consegna

Messer Gioan Antonio Rogero di Torino, à piedi ff g 3Messer Bernardino montegrande di Chieri, à Cavalo ff g 6

Li 22 decembre detto bezone consegna

Messer Gioan Antonio Rogero di Torino, à piedi ff g 3Messer Bernardino montegrande di Chieri, à Cavalo ff g 6

Li 30 decembre detto Bezone consegna

Messer Gioan Antonio Rogero di pinerollo, à piedi ff g 3

Ff 2 g 3

1620Il primo Genaro 1620 detto Bezone consegna

Messer Gioan Antonio Rogero di Pinerollo, à piedi ff g 3

Li 2 Genaro detto bezone consegna

Messer Gioan Antonio Rogero di Pinerolo, à piedi ff g 3Antonio girado Provenzale, à piedi ff g 3

Li 4 Genaro detto bezone consegna

Gioanni Bricha di Chieri, à piedi ff g 3Messer Bernardino Montegrande di Chieri, à Cavallo ff g 6

Li 8 genaro detto bezone consegna

Battista sillano di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Giacomo Sebastiano della Manta, à piedi ff g 3

Ff 4 g 6

Li 9 Genaro 1620, detto Bezone consegna

Messer Catalano Molinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Il Signor Capitano Tomaso grassi del Mondovì, à Cavallo ff g 6Georgio Cacia del Mondovì, à cavallo ff g 6Lorenzo Amadi di Pinerolo, à piedi ff g 3Biagio Pinty di Pinerollo, à piedi ff g 3

Li 10 Genaro detto bezone Consegna

Messer Rolando Ascheri di Torino, à Cavalo ff g 6Messer Catalano Mollinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 12 Genaro detto bezone consegna

Messer Donato Alfacio di Pinerolo, à piedi ff g 3

Li 14 Genaro detto bezone consegna

Messer Dominico Terlone di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Antonio siorero di Pinerolo, à piedi ff g 3

Li 20 Genaro detto bezone consegna

Messer Gioan battista quatroculi di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 21 detto Genaro Il sudetto Consegna

Il predeto Messer Gioan battista quatroculi di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 23 detto Genaro Il sudetto consegna

Antonio Grimaldi provenzale à piedi ff g 3

Li 27 Genaro detto bezone Consegna

Messer Gioan Dominico TerloneGioan Giacomo ginetta,ambi di Pinerolo, à Cavallo ff 1Gioan Giacomo vitargo di pinerolo, à piedi

ff 6 g 3

Li 29 Genaro 1620 Il sudetto bezone Consegna

Messer Dominico Terlone di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Gioan Battista reysini di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Antonio regis di pinerollo,à Cavallo ff g 6Antonio seneroPietro regiFrancesco tosca, di Pinerollo, tutti à piedi ff g 9 Li 30 genaro detto bezone Consegna

Messer Dominico Terlone di pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Battista resini di pinerollo, à Cavallo ff g 6Messer Antonio regis di pinerollo,à Cavallo ff g 6Antonio senero di PinerolloPietro regi di pinerolloFrancesco toscha, di pinerollo, tutti à piedi ff g 9

Li 7 febraro detto bezone Consegna

Michele Andrea eAndrea Martino della val di tigna, à piedi ff

g 6

Li 10 febraro detto bezone consegna

Signor tomaso Landolfo di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Catalano Molinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Constanzo fastello di Saluzo, à Cavallo ff g 6Gioan tomaso dosso di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Michelle varia di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 11 febraro Il sudetto consegna

Messer tomaso Landolfo di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Gioan tomaso dossi di pinerolo,à Cavalo ff g 6

Ff 8 g 6

Li 12 febraro 1620 detto bezone Consegna

Signor tomaso Landolfo di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Gioan tomaso dosso di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Gioan Battista grandi di Torino, à Cavallo ff g 6

Li 19 detto febraro detto bezone Consegna

Abraam laude di turino, à piedi ff g 3

Li 20 febraro Il sudetto consegna

Abraam laude di turino, à piedi ff g 3

Li 21 febraro Il detto bezone Consegna

Messer Donato Alfacio di Pinerolo, à piedi ff g 3Francesco Poscia di Pinerolo, à piedi ff g 3

Li 26 febraro 1620 detto bezone Consegna

Messer Antonio rogero di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Abraam laude di turino, à piedi ff g 3Messer francesco Caselli di Saluzo, à piedi ff g 3

Li 27 febraro detto bezone Consegna

Messer Antonio roggeri di Pinerollo, à Cavallo ff g 6Abraam laude di Turino, à piedi ff g 3

Li 28 detto Il medemo Consegna

Abraam laude di Turino, à piedi ff g 3

Li 29 febraro detto bezone Consegna

Abraam laude di turino,Gioan Battista Manfredo di Miraboch, ambi à piedi ff g 6

Li 4 marzo detto bezone consegna

Abraam laude hebreo di turino, à piedi ff g 3Messer Glaudio mira soldato della guardia, à cavallo ff g 6Messer Anthonio prinzo soldato della guardia, à Cavallo ff g 6

Ff 6 g 3

Li 22 marzo detto bezone Consegna

Messer Glaudio mira soldato della guardia di Sua Altezza, à cavallo ff g 6Battista grisano soldato come sopra, à Cavallo ff g 6Andrea Matyo di paesana, à piedi ff g 3

Li 23 detto marzo Il sudetto Consegna

Messer Glaudio mira soldato della guardia di Sua Altezza, à cavallo ff g 6Battista grisano soldato come sopra, à Cavallo ff g 6

Li 2 aprile Il sudetto consegna

Messer Giuseppe ferero di pinerolo, à Cavallo ff g 6Messer Giuseppe martelli di pinerolo, à Cavallo ff g 6Gianni ferrato di pinerolo, à Cavallo ff g 6Abraam laudi ebreo di turino, à piedi ff g 3

Li 3 aprile Il sudeto Consegna

Messer Glaudio mira soldato della guardia di Sua Altezza, à cavallo ff g 6Messer Battista grisano soldato della guardia, à Cavallo ff g 6

Li 4 aprile Il sudetto Consegna

Messer bartholomeo martelli di pinerolo, à Cavallo ff g 6 Messer Giuseppe martelli di pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 6 detto aprile Il sudetto bezone Consegna

Li sudetti messeri bartholomeo e Giuseppe martelli di Pinerolo, ambi à cavallo ff 1 gSignor Gioanni silano di pinerolo, à cavallo ff g 6

Li 9 aprile Il sudetto Consegna

Messer Catalano mollinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 10 aprile detto Consegna

Il sudetto Mollinati, à Cavallo ff g 6

Li 11 aprile detto bezona consegna

Il sudetto Mollinati, à Cavallo ff g 6

ff 8 g

Li 30 aprile 1620 detto bezone Consegna

Messer Gioan francesco Losia di fossano, à Cavallo ff g 6Messer Catalano mulinati di Pinerolo, à Cavallo ff g 6Signor arbano valati di turino, à Cavallo ff g 6

Li 21 aprile 1620

Signor francesco ferari di turino, à cavallo ff g 6Bartholomeo gamba di turino, à piedi ff g 3

Li 3 maggio 1620

Messer Gioan francesco Losia di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 4 maggio 1620

Messer Gioan francesco Losia di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 5 maggio 1620

Messer Gioan francesco Losia di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 6 maggio 1620

Messer Gioan francesco Losia di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 7 sudetto 1620

Detto Messer Losia, à Cavallo ff g 6

Li 9 sudetto

Detto Messer Losia, à Cavallo ff g 6

Li 10 sudetto

Signor gironimo murigio di turino, à cavallo ff g 6

ff 5 g 9

+

Messer Gioan Giusepe villa di turino, à piedi ff g 3Messer Giuseppe giangio di pissa, à piedi ff g 3

Li 11 sudetto 1620

Messer Gioan francesco Losia di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 13maggio 1620

Andrea Rosso di Moretta, à piedi ff g 3Messer Gioanni Battista Losia di fossano, à Cavallo ff g 6

Li 18 sudetto

Antonio gorgie della manta, à piedi ff g 3

Li 23 maggio 1620

Signor gustavo pinsia di carmagnola, a cavallo ff g 6Nicola pinetto di carmagnola, a cavallo ff g 6

Li 24 sudetto 1620

Signor antonio epreta di turino, à cavallo ff g 6Signor ottavio fontanella di turino, à cavallo ff g 6Signor tomà vurpasso di turino, à cavallo ff g 6Messer Dominico Terlone di Pinerolo, à Cavallo ff g 6

Li 25 sudetto

Signor antonio epreta di turino, à cavallo ff g 6Signor ottavio fontanella di turino, à cavallo ff g 6Signor tomà vurpasso di turino, à cavallo ff g 6

ff 6 g

Li 26 sudetto 1620

Messer antoni epreta di turino, à cavallo ff g 6Messer andrea serra di piosascho, à cavallo ff g 6Signor monsu moliere à cavallo ff g 6

Li 28 sudetto 1620

Messer antonio epreta di turino, à cavallo ff g 6Messer serra di piosascho, à cavallo ff g 6Signor monsu moliere à cavallo ff g 6Messer molinati di pinerollo à cavallo ff g 6Gioan Battista guan di asti, à piedi ff g 3Messer gioaneto vati, à cavallo ff g 3Giusepe richa di moreta à piedi ff g 3

Li 29 sudetto 1620

Messer Catalano molinati di pinerolo à cavallo ff g 6monsu de molieres à cavallo ff g 3Gioan antoni epreta di turino, a cavallo ff g 3Messer serra di piosascho, à cavallo ff g 6Gioan Battista negro della manta, à piedi ff g 3

Ff 6 g

Li 30 sudetto 1620

Messer Catalano molinati di pinerolo à cavallo ff g 6monsu de molieres à cavallo ff g 3

Li 31 sudetto 1620

monsu moliere à cavallo ff g 3

Il primo giugno detto bezone Consegna

monsu de Mollieres à cavallo ff g 3

Li 2 giugno Il sudetto bezone Consegna

Monsu de Mollieres à cavallo ff g 3Messer Battista Regi eAntonio Regi, ambi di Pinerolo, à cavallo ff 1

Li 4 giugno

Monsu de mollieres à cavallo ff g 3

Li 7 giugno 1620

Messer Bernardino montegrande di chero, à cavallo ff g 6Messer Dominico terlone di pinerolo, à cavallo ff g 6

Li 16 giugno

Monsu de vandieres, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista rasino di Pinerolo, à cavallo ff g 6Messer Lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6

Li 17 sudetto

Monsu Vandieres, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista rasino di pinerolo, à cavallo ff g 6Messer Lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6

ff 8 g Li 18 giugno 1620

Monsu de Vandieres, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista Rasino di Pinerolo, à cavallo ff g 6Lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6

Li 19 giugno 1620

Monsu de Vandieres, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista rasino di Pinerolo, à cavallo ff g 6

Li 12 giugno

Messer porta di torino, à cavallo ff g 6Monsu di Vandieres, a cavallo ff g 6Più servitore di monsù gran pua di savoia, à cavallo ff g 6Messer lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6

Li 13 giugno sudetto

Messer pietro di torino, à cavallo ff g 6Monsu de vandieres, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista Rasino di pinerolo, à cavallo ff g 6Messer Lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6Più gioanni pinia di savoia, à cavallo ff g 6

ff 7 g

Li 14 sudetto bezone Consegna

Messer porta di torino, à cavallo ff g 6Monsu de Vandieres, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista Rasini di pinerolo, à cavallo ff g 6Messer Lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6gioanni minia di savoia, à cavallo ff g 6

Li 15 sudetto

Messer porta di torino, à cavallo ff g 6Monsu de vandieres, à cavallo ff g 6Messer Lazaro minia di torino, à cavallo ff g 6Messer Gioan Battista Rasini di pinerolo, à cavallo ff g 6Gioanni pinia di savoia, à cavallo ff g 6

ff 5 ---- 7 8

esposto al Commissaro Serra ff 37 – 9 6 – 9 ff 72 – 3 6 – 3

5 – 9 9 6 – 3

8 – 6 6 – 6 4 – 6 3 – 6 7 – 3 6 – 9 7 – 6 6 – 6 5 –______ff 110 –

Li 23. Decembre 1619 Pietro fiotero hosteIn barge Consegna

Daniele garnero con suo figliolo ambi di Costigliole, à piedi ff g 6

Li 16 Genaro 1620 detto fiotero Consegna

Giacomo Sebastiano della manta, à piedi ff g 3Antonio balma di buscha, à piedi ff g 3

Li 24 genaro Il sudetto Consegna

fillipo emaro di verzollo , a piedi ff g 3spirito barbero di verzolo, a piedi ff g 3Giacomo Butina di verzolo a piedi ff g 3

L’ultimo Genaro detto fiotero Consegna

Gioanni rosso di saluzo, à cavallo ff g 6

Li 12 febraro Il sudetto fiotero Consegna

Giacomo sebastiano della manta a piedi ff g 3

Li 13 febraro Il sudetto Consegna

Giacomo sebastiano della manta a piedi ff g 3 Li 8 marzo 1620 detto fiotero Consegna

Gioanni brunoGioanni de pauli, ambi di Gapo, à piedi ff g 6

Li 13 marzo detto fiotero Consegna

Giacomo sebastiano della manta a piedi ff g 3 Li 28 magio 1620 detto fiotero consegna

francesco bava del Mondovì detto bava à cavalo| ff g 6francesco dema et detto dema à piedi| ff g 3

ff 4 g 3

. 1620 .Seguono le Consegne de forestieri fatte

Per Bernardo Santena hoste della Croce rossa à me Maxini desposte dalla Comunità

Il primo Genaro 1620 detto Bernardo Consegna

Messer Antonio Lanzetto di Garressio a piedi ff g 3

Li 2 Genaro 1620 Il sudetto Consegna

Messer Antonio Lanzetto di Garressio a piedi ff g 3

Li 3 Genaro Il sudetto Consegna

Messer Antonio rogiero di Torino, à piedi ff g 3Messer Antonio vicario di garresso a piedi ff g 3

Li 4 Genaro detto santena Consegna

Messer Antonio rogero di Torino, à piedi ff g 3Messer Antonio vicario di garresso a piedi ff g 3

Li 5 Genaro Il sudetto Consegna

Messer Antonio rogero di Torino, à piedi ff g 3

Li 6 Genaro Il predetto Santena Consegna

Messer Antonio rogero di Torino, à piedi ff g 3Messer Antonio vicario di garresso a piedi ff g 3

Li 7 Genaro Il sudetto Consegna

Messer Antonio vicario di Garresso a piedi ff g 3

Li 26 Genaro Il sudetto Consegna

Gioanni Daciano |Bernardino Caramello tutti del Mondovi a piedi| ff g 9Gioan Andrea daciano |

ff 3 g 3

Li 30 marzo

Messer Gioan antonio oytana di virle a cavallo ff g 6Steffano rosso d’esso loco a cavallo ff g 6

ff 1

3 – 3_______

ff 4 – 3

+Seguono le Consegne fatte

per Antonio Chialveto di Crizolo hoste ressidente In barge

In virtu del ordine di S.A. Serenissima delli 3 ottobrepublicato in Bargie li 15 detto –

Primo Li 23 ottobre 1619. detto Chialveto Consegna haver logiato in Casa suoa

Gioan Michele autina di Cargnano, à piedi ff g 3Camillo vinovo di vinovo a piedi ff g 3Gioanni barrero d’Unzino a piedi ff g 3

L’ultimo ottobre Il sudetto Chialveto Consegna

Antonio Avena di Carmagnola, à piedi ff g 3Steffano pichapera di paesana a piedi ff g 3Gioanni barrero d’Unzino a piedi ff g 3

Li 7 novembre detto Chialvetto Consegna

Constanzo fantone di Crizolo a piedi ff g 3Giacomo bastiano della manta a piedi ff g 3Antonio viardo della manta a piedi ff g 3Gioanni ferrero di Cherasco a piedi ff g 3Antonio baile di san secondo a piedi ff g 3

Li 8 novembre detto Chialveto consegna

Gioanni barrero d’Unzino a piedi ff g 3

Li 15 detto Il medemo Consegna

Chiaffredo arnaudo di Castel delfino a piedi ff g 3Gioanni bianchi di castel delfino a piedi ff g 3Gioanni de micheli di Castel delfino a piedi ff g 3

ff 3 g 9

Li 17 novembre 1619 detto Chialveto Consegna

Antonio arnaudo di buscha a piedi ff g 3Giacomo bastiano della manta a piedi ff g 3Matteo rosso della manta a piedi ff g 3Antonio viardo della manta a piedi ff g 3Chiaffredo arnaudo della manta a piedi ff g 3

Li 25 novembre Il sudetto Chialveto Consegna

Martino riva di pagno a piedi ff g 3Lorenzo Lafoyna di Saluzo a piedi ff g 3Gioanni Cotella di Murello a piedi ff g 3Gullielmo godana di Murello a piedi ff g 3

Li 26 novembre Il medemo Chialveto Consegna

Giacobino Castellano di bagnolo, a piedi ff g 3Chiaffredo ribota di Bagnolo a piedi ff g 3 Li 7 decembre Il sudeto Consegna dico li 7 decembre 1619.

Gioanni Cotella di restolazo a piedi ff g 3Antonio Cotella di restolazo a piedi ff g 3Giacomo bastiani della Manta a piedi ff g 3Lazarino bastiano della Manta à piedi ff g 3Matteo rosso dellaManta à piedi ff g 3Antonio Emaro della manta à piedi ff g 3

Sabato li 14 decembre detto Chialveto Consegna

Lazarino bastiano della Manta à piedi ff g 3Tomaso gallo della Manta Con stantio suo figliolo tuti a piedi ff g 6Giulio grasso di genolla à piedi ff g 3Gioanni barrero d’Unzino à piedi ff g 3

ff 5 g 6

Domenica Li 15 decembre 1619 detto Chialveto Consegna

Tomaso pietra della Morra a piedi ff g 3Gioanni accuto della Morra à piedi ff g 3Giacomo bastiano della manta à piedi ff g 3

Li 19 decembre detto Chialvetto Consegna

Georgio aymaro di Dronero à piedi ff g 3Gioanni aedie di Dronero à piedi ff g

Ff 1 – 3

Li 22 decembre 5 – 6

6 – 9

vale certo la pena ripubblicare un bel “tòni”

(composizione poetica piemontese) del Diciassettesimo secolo, per comprendere quale aria si potesse respirare nelle osterie dell’epoca.

La cansson dij dësbaocià(La Canzone dei bisboccianti)

da: CLIVIO G.P., Poesie piemontesi del Seicento, in: “Musicalbrandé”,n. 40, Dzèmbër 1968

I veuj fé savèj ’sta vòta Voglio far saper questa voltaa tuta la giovëntù a tutta la gioventùch’a s’é fait ’na bela nòta che s’è fatta una bella nota’d soe prime vi(r)tù. delle sue prime virtù.’D putagn e l’ostaria Delle puttane e dell’osteria e lo gieu ch’i ven apres e del gioco, che tien dietroa i pòrta la ròba via portando via gli averie l’onor, ch’é peuj ’l pés. e l’onore, ch’è anche peggio.

Cand a van a bon-e ròbe Quando vanno a divertirsia’n vardo pà ant’andé, non guardano dove vanno,ma serco carmasse e giòbe. ma cercano puttane e donnacce.Buto a mal i sòj dné Ripongono male i loro denarie peuj lëcco su ’n bel pàira e poi leccano un bel paio’d polin bin a l’ojà di polletti ben in salsae la barba dventa ràira, e la barba divien rada,la testa tuta plà. la testa completamente calva.

Cand a l’han ël mal ëd Franssa, Quando hanno la sifilidech’é cassà fin ant’ij òss, cacciata fin nelle ossaventa fé patì la panssa, devon far patir la panciamangé pòch, spende an gròss mangiar poco e spender un grossoe peuj fan la caranten-a e poi fanno la quarantena

ant’o let con dij bischeujt. nel letto coi biscotti.A sò dispet pòrto la pen-a Soffrono a loro dispettoe brajo tuta la neuit. e gridano la notte intera.

I giovent ch’l’han fait la preuva I giovani che han provatoa san bin s’a ij é gran vagn, conoscono bene il gran guadagno,ma a’s dis “chi sèrca, treuva” ma si dice: “chi cerca, trova”e “chi ha mal, a l’è sò dagn”. e “chi soffre, è affar proprio”. Chi ’n veul fé com le polaje, Chi vuol fare come i polli, ch’i piumo ògni ses mèis che li spiuman ogni sei mesilassa sté coste canaje lascia stare queste canagliech’a son pien-e dë mal franssèis. che sono piene di mal francese.

S’a van a l’ostarìa Se vanno all’osteria’s fan dé dij bon capon, si fan servire buoni capponi,“pòrta, pòrta volatije”, “porta, porta i volatili”,pèss, ’d ròst e peuj vin bon. pesci, arrosto e buon vino.Cand a l’han mangià a soa pòsta Quando han mangiato a volontàSë pnasso lo mostass, si puliscono il baffone, e pagon bin madama l’òsta. E pagano bene la signora ostessa.Peuj van tuit a solàss. Poi van tutti a sollazzarsi.

Së carcun ven ancontreje, Se qualcuno l’incontra,a i dan un bon buton gli danno un buon spintonee së l’aotr i veul peuj déje, e se l’altro reagisce,casso man e fan costion, alzano le mani e fan questioni,tich e tach, an una fròta, tic e tac, in un attimo,l’un é mòrt, e l’aotr l’é frù. ci scappa il morto ed il ferito.A sta mal chi à fait la bòta, Sta male l’aggressore,ma sta pes chi ha arssèivù. ma sta peggio l’aggredito.

Da lì a pòch i ariva ij sbiri Di lì a poco giungono gli sbirrich’i men-o su an përzon, che li portano in prigione,e son peuj al cul dël siri e finiscono accanto al ceroch’ël fisch a i dà un piumon. perdendo i loro averi.Cand a l’han përdù la ròba Quando han poi perso i benie ch’a son peuj liberà e son stati liberati,tut ij mond i fan la bòba tutti fan loro le smorfietut al longh dë le contrà. mentre camminano in strada.

Përchè la ròba a j avanssa E siccome restan loro troppi beni

cand a’n san peuj còsa fé, quando non sanno che farsene,për venì a la tèrssa usanssa, si dedicano al terzo uso,dal bordel van a giuvé dal bordello vanno a giocarecon ’na bon-a gibassera con un buon carnieredë scù d’òr e pistolat. di scudi d’oro e di pistole.Fan saoté tut a primiera, Rischiano tutto a “primiera”, a gilé o a piccat a “bazzica” o a “piccat”.

L’un comenssa a crijé: “Vada!”, Uno inizia a gridare: “Punta!”,l’aotr varda d’andé lest. L’altro bada a puntar svelto.Së për sòrt ël gieu j agrada, Se per sorte il gioco gli è a favoreCon bon cheur fa: “Vada ël rest!”, di buon cuore dice: “il resto!”,ma s’a ven a l’arbusa, ma se va tutto a rovescio,a stà cacc com s’a fus mut. Ammutolisce.Lo compagn ch’ha bon acusa Intanto il compagno giocaE ‘nt’un corp ij ìntia tut e in un solo colpo lo ripulisce.

E ’s le carte a lo stofio, E se le carte lo stufano,a’s buto a giuvé a i dà si metton a giocare ai dadie tuit chij chë perdo sofio e tutti sbuffano i perdenti, e peuj a ‘s ten-o scorssà. che poi debbon patir gli stenti. Chi dëstaca, chi biastëma Chi inveisce, chi bestemmiacom fan i carëton, come fanno i conducenti di carri,e chi giura sessa tëmma e chi giura senza timoretal e cal, Baco e Macon. tal e quale, Bacco e Maccone.

Cal chë perd sèrca e arssèrca Chi perde cerca e ricercapër trové d’aitr dné per trovar altri denarie s’ël pare a n’ha ant l’èrca, e se il padre ne ha nel cassone,treuva ël meud ëd dës-ciavé trova il modo di aprirlocon ëd ciav e lime faosse. con chiavi false e lime.Ròbo un pòch e peuj torno a leu Rubano e tornano a posto.Buto la borsa ant le caosse, Cacciano la borsa nelle calze,da lì a ’n pòch a torno al gieu. di lì a poco tornano al gioco.

Ma voiait, pòvër pare, Ma voialtri, poveri padri,mostré nen ch’o i pòrte amor! non mostrate il vostro amore!Le carësse sran amare, Le carezze saranno amare,prima, a voi e, peuj, a lor. prima, a voi e, poi, a loro.Tnì pur curta la brila Tenete pur corta la brigliae vardé ‘d deje pé, e guardate di dar di piede,

castiéje, për finìla, castigateli, per finirla,tant ch’o i peusse costumé. finché li possiate migliorare.

Cand a fan ëd chëste fale Quando compiono simili falledé ’d man a bon baston mettete mano a un buon bastonee tocheje su le spale e battete loro le spallea mëzura dë carbon fino a farle nere come carbonee s’a son tala rassa, e se sono di tale razza,ch’a n’a veujo domëstijé inaddomesticabile,fèje andé fòra ’d casa, mandateli via di casa,ch’a ’s ne vogno vagné. che se ne vadano a guadagnare.

A i n’è mile, d’avantage ce ne son più di mille,tut ël dì për le contrà, tutto il giorno in strada,ch’a’s men-o apress un page che si portano dietro un paggioe pòrto la spà da là, e con la spada al fianco,con ’na piuma su la testa con una piuma sul cappello,o da Guelf o da Giblin alla destra od alla sinistra,van fasend ògni dì festa van facendo festa ogni giornoe son peuj chij chë’n fan mai bin. e son poi quelli che non fan mai bene.

A ’s treuvo peuj a cola Si trovano poi al punto,ch’a bisogna caminé che bisogna camminarecon carcòsa sot l’assëlla con qualcosa sotto l’ascellapër engagé ca dij Giudé da impegnare presso gli Ebrei.Al’acàd ëdcò talvòta, Accade anche tavolta, cand a l’han tut angagià, quando hanno impegnato tutto,ch’i parent pòrto la bòta che i parenti faccian le smorfiepërchè son fòj figurtà. Përché ci fan la parte degli scemi.

Pare e mare empio le tasche Padre e madre empiono le borsedë dné, për fè cabiàl, di denaro, per capitalizzare,i sòj fìj, con tante frasche, i loro figli, come tante frasche,a buto peuj tut a mal. mandano, poi, tutto a male.Ma tratàt ch’ël pare dura Ma finché dura il padrestà con la testa ënt’ël sach sta con la testa nel sacco.Cand a l’é ant la sëpoltura Quand’è nella tomba,a va peuj tut a basach. va poi tutto in rovina.

Tant i savi, com i sempi, tanto i savi, come gli scempi,dren sërché, për vive bin, dovranno cercare, per viver bene,

e la pijo për esempi, e prendano l’esempioda carcun ëd sòj vzin, da qualcuno dei loro vicini,ch’a l’han già fait saoté an malora che han già fatto andare in maloratuta la ròba ch’a l’aven. tutti i beni che possedevano.Crèìme mi, ch’a l’é talora Credete a me, ne esistono taloraS’ha n’avësso a në manggren. che ne mangerebbero tanto che n’avessero.

Fan pioré fin-a ’l galin-e, Fanno piangere perfino le galline, cand a son ant’ël grané, quando sono nel granaio,mangio ël grand dle cassin-e mangiano il grano delle cascinee s’èmpio da chërpé. e si riempiono fino a crepare.Or a l’han përdù l’uzanssa, Ora han perso l’uso,ch’a i n’é pà, rëstà falàp. ché non ce n’è più, rimasti al verde.Van fazend la frësca danssa Van facendo la fresca danzaed l’han tavòta ël golé fiap. e hanno talvolta il gozzo floscio.

E përchè ch’le richësse E perché le ricchezzee i dné s’ne son fuìt, e i denari se ne sono fuggiti,ò i santì tiré d’usse li sentite parlar di miseriechë ’n san peuj mach ëd sùit, che san solo d’asciutto,e pòrto la testa bassa, e portano la testa bassa,van fazend d’armanach, rimuginano,a paisso un pò la grassa e cercano nel loro saccoch’al aven cassà ënt’ël sach. il grasso rimasto.

Ma përchè mangé bzògna ma siccome bisogna mangiarea fan peuj risolussion si risolvono, poi,d’andé via con vërgògna d’andarsene con vergognapër lo mond, sërché patron. per il mondo a cercar padrone. Cand a son an Franssa ò Roma Quando sono in Francia o a Romaa manggren ëd pan e d’aj mangeranno pane ed aglio e voran esse an brass a mòma e vorranno essere in braccio a mammae ven-e a strijé i cavaj. e finiranno a strigliar cavalli.

Stan un pòch e peuj ij’agreva Stan un poco e poi li aggravad’isté lì, fé cal mësté, di star lì a far quel mestiere,mangé pòch e bèive d’éva mangiar poco e bere acquae tavòta, travajé. e, talvolta, lavorare.A l’avàito s’ant casa Sbirciano se in casaa j è nént da dé ’d man, non ci sia nulla da rubar,s’a j é carcòsa ch’a i piasa, se qualcosa piaccia loro,

lëco via e, peuj, së’n van. lo leccan via e, poi, se ne vanno.

A la fin, ven una neuva: Alla fine, giunge una notizia:“Sgnor tal va apres un mul, “Il tal signore va dietro a un mulo,mi l’hai vist andé a la pieuva, io l’ho visto sotto la pioggia,tut strassà, mostrand ël cul!”. tutto stracciato, mostrando il culo!”Ven un aotr e dis ch’a j’éra Viene un altro e dice che lui c’eracand ël tal fu amassà. quando il tale fu ammazzato. Ij aitr van su na galera: Gli altri sono al remo d’una galera:è cast ël fin dij dësbaocià. quest’è la fine dei gozzoviglianti.

Questa reprimenda secentesca s’inserisce bene nel clima controriformato, proprio d’un secolo che vide alternarsi senza posa pestilenza, guerre ed occupazioni straniere.

storia amara, la vicenda vissuta da un Bagnolese in quel di Barge, sullo scorcio del XVII secolo, in un’osteria locale, denominata “all’insegna del Gallo”, ma storia che merita d’essere ricordata, per comprendere meglio quell’epoca lontana. Correva precisamente l’anno 1691, quando il malcapitato Steffano Buttigliero fu Emanuelle fu prelevato a forza da una squadra armata valdese e trascinato a Barge, per essere interrogato. A quel tempo, naturalmente, un interrogatorio senza tortura pareva fatto assolutamente inconcepibile …Ecco, quindi, il resoconto che ne fecero l’anno dopo alcuni testimonî oculari:

“L’anno dei Signore mille seicento novanta due et alli otto di ottobre in Bagnolo Giudicialmente avanti noi Gioan Antonio Bertone nodaro Colleggiato et Procuratore Provinciale del presente luogo et l’Illustrissimo Signor Horatio Albertengo de Signori del medesimo.

Constituti personalmente li Signor Pietro Francesco Rossetti speciaro, Giorgio Tagliaferro cirogico et Battista Roscasso tutti sì del presente luogo che ivi habitanti, li quali alla semplice richiesta, et instanza di Maria vedova del fu Emanuelle Buttigliero d’esso luogo, in parola di verità, luoro giuramento, mediante in mani mie, prestato toccate per caduno corporalmente le Scritture, tanto unitamente che separatamente hanno detto et attestato, dicono et attestano quanto infra segue:

Ritrovandosi noi sudetti attestanti circa il fine del mese di novembre dell’anno or prossime scorso, sopra la Piazza pubblica di questo luogo, in compagnia di molta gente, che al presente non ne habbiamo precisa memoria, si capitò di passar sopra detta Piazza l’hor fu capitano Pellenco della Valle di Luserna con una squadra d’huomini seco armati et gionto che esso fù in detta Piazza, et dal canto dell’Alla d’esso luogo verso ponente, vide Steffano Buttigliero sotto li portici ivi vicini, lo fece chiamare da qualcheduno di detti soldati, qual sentendosi subito portato da detto Pellenco, et chiamatoli che cosa li commandava, il medesimo Pellenco li chiamò se era lui quello che si chiamava Steffano Buttigliero, all’hora il medesimo li disse di sì, esser lui quello, indi esso Pellenco li soggiunse che era lui quello che cercava, et che se Monsù di Bagnolo non gli faceva giustizia, era lui quello che gliela

farebbe, rinfacciandoli che esso Butigliero si era trovato con quelli che avevano uciso ò sia assassinato uno delli suoi Relligionari sopra la Rippoira, al che esso Buttigliero se gli opponeva che mai persona lò puotrebbe sostennere che lui havesse usato alcun’atto offensivo ad alcuna persona, salvo solamente contro li francesi come inimici di Sua Altezza Reale suo Principe e Padrone, et nel mentre di ciò si discorreva, sendo esso Buttigliero statto circondato da molti di detti uomini ò sian Soldati, di fatto lo fece camminare alla volta di Bargie, et io Ruscasso dà ivi a poco mi son portato anche in detto Bargie et andato nel’Hosteria di messer Chiaffredo Reani sotto l’insegna del Gallo, ove vidi esso Buttigliero in casa desso Reani, circondato et guardato dà detti soldati, da quali era oltre modo beffeggiato come se fosse stato un’assassino pubblico, indi à due ò tre giorni, doppo sendo di nuovo esso Buttigliero ritornato a Bagnolo, quello habbiamo noi attestanti veduto tutto abruggiato le mani et ditta, dicendoci esser stato in tal modo malamente maltrattato da detto Pellenco, il qual’anche gli aveva per strada preso diverse doppie che haveva secco, una pistola et suo vestito, et poi messoli delle mechie accese in mezo le ditta, talmente che non puoteva muover le ditta, et poi, per causa di tali abrugiamenti, gli è sovragionto un grande tumore dalli gomiti in giù, di modo tale che è restato tutto una crosta, che non puoteva muover le brachia e mani sudette, senza patire eccessivo dollore, qual gl’ha continuatto delli mesi continui inanti d’esserne guarito, et per esser tale la verità Haverlo liberamente attestato, chiedendo Ttestimonialli.Presenta ivi la sudetta Maria vedova Bottigliera, la quale come Madre, et per interesse di detto Steffano Buttigliero suo figliolo ne chiede di quanto sopra publiche Testimonialli.Le quali noi sudetto et sottoscritto nodaro collegiato et Procuratore Provinciale le habbiamo concesse et ricevute et in fede manualmente sottoscritte, dattate

Seguono le sottoscrizioni nel Registro Giorgio tagliaferro, Pietro francesco Rossetti, segno di detto Ruscasso

Manualmente sottoscritto Bertone, Procuratore Provinciale”.

un periodo di relativa calma fu il Diciottesimo secolo,

almeno paragonato al Diciassettesimo, se non si considerino il suo cattivo inizio e la pessima fine, all’insegna delle guerre, generate sempre dalla vicina Francia.Proprio in quel secolo, si assisté all’ascesa incredibile della borghesia, che si sarebbe preparata a salire saldamente al potere. Quindi, le classi presero a separarsi più nettamente. Gli altoborghesi venivano nobilitati in cambio di denaro. I nobili, nuovi e vecchi, s’inurbavano e trasformavano i vecchi castelli (opere ancora militari, ma ormai inadeguate) sparsi nelle campagne in residenze per la “villeggiatura estiva”.

In Barge, paese che nel XVIII secolo superò già i 7000 abitanti, si contavano una trentina di famiglie agiate: piccoli latifondisti, professionisti, protoindustriali (padroni di filande o di fabbriche di candele). Costoro non frequentavano certo i locali per plebei, ma si riunivano nei salotti, scambiandosi reciproca visita o erano clienti dei soli locali considerati “civili”: le quattro farmacie, che offrivano anche cicchetti e uova al tegamino e l’unico caffè, aperto sulla piazza di san

Giovanni e chiamato, per tale motivo “Caffè della Piazza”, classificato dal Governo nella categoria dei “Cabaretti”.

Gli òsto erano rimasti interamente al popolo, che ne aveva fatti sorgere un po’ ovunque: in ogni luogo dove si potesse ospitare un barile ed appendere una semplice frasca alla porta.

Nel frattempo, si iniziava a distinguere i veri alberghi, chiamandoli obèrge ed i loro titolari obërgista.

Nel frattempo, il popolo piemontese continuava ad amare il vino. Padre Ignazio Isler, proprio allora, scrisse “Il Testamento di Giacomo Tross” , quel personaggio che pretende:

Ch’a’m scrivo ansima a’n marmo Che mi scrivano sul marmocost epitafi an stampa: quest’epitaffio a stampatello:“L’é sì slongà ant la tampa “Qui giace nella fossacol povër Giaco Tross, quel povero Giacomo Trosso,përchè ch’una sol vòta, perché una volta sola,an leu d’andé giù an cròta, invece che in cantina,l’è andait bèive al poss”. é andato a bere al pozzo”.

nel 1764, Barge apparteneva già alla Provincia di

Saluzzo, perché erano state ridisegnate le circoscrizioni e la Comunità in questione era stata staccata dalla Provincia di Pinerolo.Il Comandante Militare provinciale era, allora, il Luogotenente di Cavalleria e Dragoni Angelo Ottaviano Malingry, Cavaliere di Bagnolo e proprio costui, il primo gennaio, emanò Pubblici Provvedimenti per il mantenimento del buon ordine, validi anche nelle località minori, che dicevano:

“Gli Osti, Cabarettieri, Locandieri, e simili della presente Città dovranno in ogni sera, prima delle ore due di notte, fare la Consegna per iscritto al Governo delle Persone,alle quali daranno alloggio nelle loro Osterie, Taverne, Locande e Case, colla espressione de’ loro Nomi, Cognomi, Patria, Grado, e Professione del Luogo, da cui vengono, di quello, a cui sono incamminati, della qualità delle armi, onde saranno muniti, e della vettura, di cui si fossero valsi per il loro viaggio: E dovranno altresì tenere un libro affogliato, in cui annoteranno ogni sera la medesima Consegna, per presentarlo ad ogni occorrenza, e bisogno, sotto pena, in caso di qualche contravenzione, di due Scuti. Lo stesso dovrà praticarsi sotto l’incorso della medesima pena dagli osti, ed altre persone sovra nominate, abitanti ne’ Sobborghi, e Case in vicinanza di essa Città; facendo l’accennata Consegna alli rispettivi cantonieri, ed altri incaricati della incombenza di quella ricevere, ed avranno questi l’obbligo di recarla al Governo. In mancanza di tali Preposti a ricevere detta Consegna, dovrà questa addirittura portarsi al Governo dagli Osti, ed altri suddetti, come resta disposto dal Capo seguente.

Passate le ore undici di Francia della notte (nota: cioè, le 23 ora attuale) non sarà permesso a alcun Acquavitaro, Oste , Locandiere, Cabarettiere, e simile, di dare ricovero, e da bere, e mangiare a qualunque sorta di Persone, nelle loro osterie ed abitazioni, alla riserva delle alloggiate in esse, e descritte come sovra in Consegna, e dovrà altresì caduno di loro chiudere le Porte delle stesse Osterie, Botteghe, e Case, sotto pena di Scuti due: E nel caso che per tal riguardo se gli facessero da taluno

minaccie, o violenze,sarà questo punito colla pena di alcuni giorni di Crottone a proporzione dell’eccesso; ove però capitassero Forestieri di notte , dopo già fatta la detta Consegna, potranno gli Osti dar loro alloggio, con rimettere la Consegna di essi al Governo,cioè nella medesima sera, se giungono prima delle dieci ore di Francia, e nella mattina susseguente, se vi giungono dopo tal’ora.

Si dichiarano anche tenuti alla prescritta Consegna que’ particolari, che sono soliti albergare, cioè, che dànno alloggio, affittano Camere,ò somministrano Cibaria a Persone, che vengono da fuori della Città, e suoi Borghi per ivi fermarsi qualche rempo per loro interessi, o Liti, o per imparare, od insegnare, od esercire qualche Professione, ò per qualunque altra causa; onde dovranno immediatamente consegnare al Governo le dette Persone, nel modo sovra circostanziato, colla espressione di più della Casa, della indicazione del sito dove trovansi dette Camere, e del tempo, e fine, per cui dovranno fermarsi; e saranno altresì obbligati di avvisare lo stesso Governo nel caso, che si venisse da alcuna di dette persone ad abbandonare essa Casa prima del tempo consegnato, oppure a continuare dopo lo stesso tempo, il tutto sotto pena di Scudi due.

Le Persone, che vengono, come si è detto ne’ precedenti Capi, alloggiate, dovramnno fedelmente dar le notizie, che sono, come sovra, loro chieste per l’effetto di essa Consegna, sotto pena Crottone, fino a che vi abbiano adempiuto; e saranno altresì rimesse al Giusdicente , per l’opportuno procedimento, e gastigo, nel caso, che alcuna di esse venisse a riconoscersi per mala qualità sospetta, e maggiormente poi se rea di qualche specifico mancamento.

La medesima provvidenza avrà pur anche luogo contro le Persone, che non si qualificassero con verità alle Pattuglie solite a farsi notte tempo per la Città.

Capitando nelle Osterie,Cabaretti, Locande, e Case, Disertori,Banditi, Oziosi, e Vagabondi, persone sospette in genere di furti, o di vita disonesta, od altri Malviventi; dovrà in tali casi ogni Oste, Cabaretiere, Locandiere, e Padrone dare immediatamente aviso al Governo, perché li si possa far arrestare, e consegnare al suo Giudice competente per il dovuto procedimento e castigo; e rispetto alle Terre dellaProvincia dorassi un tale avviso per l’anzidetto fine recare al Giusdicente sotto la medesima pena; e quanto alla Città di Savigliano, ed alli luoghi ne’ quali

vi sono Distaccamenti di Truppe, seguirà l’accennato avviso alli Comandanti della Truppa medesima.Ove, poi, alcuno de’ Disertori, o de’ Malviventi suddivisati capitasse in qualcheduna delle Terre di questa Provincia, in cui il di loro arresto fosse per esser difficile, o per ragioni del poco numero de’ Serventi di Giustizia, o per riguardo alle attinenze, che colà avessero, si avvisano i Giusdicenti di dovercene in questi casi ragguagliare con tutta sollecitudine, e segretezza, perché si possano danoi prendere con essi le misure più giuste per accertarne l’effetto, col mezzo anche del braccio militare e per quindi farne la consegna a’ Giudici competenti per l’anzidetto necessario provvedimento, e castigo. E quando detti Giusdicenti non avessero tempo di darci un tale ragguaglio, perché anche ogni piccola dilazione potesse servir di scampo ai medesimi Disertori, e Delinquenti, e così rimanerne pregiudicata la Giustizia, in questi casi dovranno essi prevalersi dei mezzi delle Regie Leggi loro prescritti, ed anche quel del braccio de’ Soldati Nazionali, che trovansi alle loro case, per farne seguire il suddetto arresto.Raccomandando qui, a tale proposito, l’esatto adempimento degli obblighi ingiunti dalle Regie Costituzioni Lib. 4 Tit. 33, e dei Regj Editti 10 Gennajo 1738., e 2 Settembre 1752. a tutti gli Uffiziali di S.M., Giusdicenti, Amministratori delle Comunità, ed a qualunque altro intorno all’arresto di detti Disertori,ed anche de’ Soldati, che passassero nelle Città, Terre, e Luoghi di loro Giurisdizione, senza la solita Licenza stampata, e debitamente sottoscritta; et altresì intorno alle proibizioni ai Portolani, e Barcajuoli, di passare, o traghettare essi Disertori,ed ogni altro, di dare loro ricovero, ajuto, favore, o consiglio, e di fare con loro verun contratto di munizioni da Guerra, Armi, Vesti, Bagaglio, né di qualunque altra cosa.E rammemorando altresì l’osservanza delle Citate Costituzioni Lib. 4 Tit. 32, e de’ Regj Editti 5 Gennajo 1740., 31 Gennajo 1750., e Manifesti Senatorj 16 Novembre 1740., 3 Febbrajo 1750., e 7 Gennajo 1754. per le parti, diligenze, e mezzi ivi stabiliti, che debbonsi praticare da’ Giusicenti, Amministratori di Comunità e da chiunque altro, per l’arresto, ed estirpazione de’ Banditi, Stradajuoli, Ladri, Vagabondi, ed altri Malviventi; e singolarmente di prender prontamente le armi contro i medesimi: facendo loro presente l’incorso nelle pene prescritte dalle sovraccitate Leggi contro i contravventori, i quali ad un tal fine saranno rimessi ai loro rispettivi Giudici competenti.

Si proibisce agli Osti, e Cabarettieri, ed a qualsivoglia altra Persona di far credito eccedente soldi quindici ai Soldati di qualsivoglia Reggimento, che venisse a ritrovarsi di Guarniggione in questa Città, sotto pena della perdita del loro credito, salvo che vi fosse la licenza in iscritti del suo Capitano, o Luogotenente, o di altro Ufficiale dello stesso Reggimento; imponendosi la pena di giorni tre di Crottone, a chiunque si facesse lecito di accomprare, o ricever a titolo di pegno da’ Soldati qualunque cosa, senza il detto permesso in iscritto (oltre quella di Scudi due, e della perdita del denaro pagaro, qualora si tratti d’armi, vestiario, bagaglio, munizioni da Guerra, e simili); così pure dai Servidori degli Ufficiali, quando si tratti di cose , intorno alle quali possa verosimilmente sospettarsi, che non siano proprie degli stessi Servidori.

...

cominciò, il secolo XIX, con un grave fatto di sangue,

maturato nell’humus dell’osteria popolare: il luogo principe nel quale i delinquenti stringevano amicizia e progettavano i propri colpi. Nel 1810, proprio a Barge, si formò, infatti, una banda di malviventi, che venne, però, rapidamente stroncata dalle forze dell’ordine.In effetti, il primo della banda era Chiaffredo Bosio fu Giovan Pietro, soprannominato “il Dragone”, a causa dei trascorsi militari. Un cinquantenne che esercitava proprio la professione di oste.

I suoi complici erano Giuseppe Giusiano fu Antonio, scalpellino di 34 anni; Giovan Lorenzo Travaglio fu Giovan Antonio, contadino di 44 anni; Domenico Lorenzato fu Giacomo (soprannominato “Gniola”), scalpellino di 27 anni; Chiaffredo Primo fu Pietro, contadino di 35 anni e Domenico Cottura fu Giovan Pietro, carbonaio settantenne.

I sei malviventi avevano pensato di compiere una rapina a mano armata a Bibiana, nella casa di campagna di Tommaso Raimondo. Vi entrarono con la scusa di essere stati inviati dal Maire (il “Sindaco di nomina governativa”, d’epoca napoleonica) per arrestare uno straniero Qui, i familiari del proprietario furono spinti in un angolo della stalla e guardati a vista da una parte della banda, mentre il capofamiglia fu trascinato per i capelli nella stanza da letto e costretto a consegnare 14.990 franchi in denaro e circa 1.500 franchi in beni mobili di valore (perle d’oro, camicie, drappi da letto e capi d’abbigliamento). La banda se ne andò, infine, minacciando di morte i malcapitati.

Per non far scoprire che essi erano bargesi, i malviventi fuggirono in direzione di Cavour, dove nascosero la scatola con l’oro ed altri beni, ritrovati in seguito dalla Gendarmeria. In seguito, si incontrarono nel punto di riunione prestabilito, la casa del Bosio, dove divisero il bottino. Questo venne ritrovato a suo tempo dalla forza pubblica nelle loro rispettive abitazioni. La Corte di Giustizia Criminale Speciale di Torino li condannò tutti alla pena di morte, in applicazione degli articoli 8; 9 e 29 della legge 18

pluvioso anno 9. La Corte di Cassazione di Parigi confermò definitivamente la prima sentenza, l’8 marzo 1811 (se ne conserva copia nell’Archivio Storico del Comune di Barge, fra gli atti criminali d’epoca napoleonica).

Questo avvenimento non sta a significare che la stragrande maggioranza degli avventori degli òsto popolari fossero malviventi... anzi, si trattava di gente comune: lavoratori che non alzavano la testa per l’intera settimana, ma che, specialmente il sabato sera, incontravano gli amici, giocavano a carte o a bocce (ancora realizzate in legno, che, allora, venivano chiamate “rùbate”) e, non di rado, affogavano i dispiaceri nel vino.

Purtroppo, dei tanti nomi di queste osterie del primo Ottocento sono arrivati fino a noi solo due, ma abbastanza pittoreschi: il primo è

“La Scimmia”, perché sùmia, in piemontese significa “sbronza”

e l’altro “La Capra”, in quanto crava ha il medesimo significato.

l’Ottocento fu il vero secolo della borghesia al potere

e se i nobili avevano frequentato i salotti, il nuovo ceto non disdegnò i caffè. Quindi, proprio con la diffusione dei modelli sociali della classe dirigente borghese, parallelamente, si diffusero sempre più i locali raffinati.

Lo sventramento di un intero isolato, per la costruzione di Piazza Nuova (ora, Piazza Garibaldi), nel 1856 e la successiva costruzione del nuovo palazzo municipale di Barge, su progetto dell’ “ajutante Ingegner Viara, di Torino”, avvenuta nel periodo compreso tra il 1859 e il 1866, portò con sé l’apertura di nuovi grandi caffè.

Il primo, in onore della conquistata Unità nazionale, fu chiamato

Caffè Italia e, più raffinato per arredamenti e esperienza del primo gestore, Andrea Dondi, attrasse subito la clientela altoborghese, che lentamente abbandonò il vecchio Caffè della Piazza, gestito a quel tempo da Gioanni Bonetto, che inutilmente cercò di sventare la costruzione di Piazza Nuova, firmando la petizione promossa dall’avvocato Gaspare Cogo, ben presagendo la prossima sventura.

Il secondo, invece, fu chiamato Caffè degli Operai, in quanto puntò ad una clientela meno raffinata, ma non meno numerosa, composta soprattutto da artigiani e commercianti del centro: “operaj” solo nel senso lato ottocentesco del termine, cioè “gente che vive del proprio lavoro e non di rendite fondiarie”.

Inoltre, in parallelo, anche il panorama della ristorazione e dell’accoglienza si venne a modificare.

Verso la metà del secolo XIX, esistevano in Barge alberghi considerati di ottima categoria. Essi offrivano, nel contempo, lo stallaggio e il servizio di ristorazione, aperto anche a chi non volesse usufruire dell’alloggio. Un servizio che prese sempre maggior piede, perché, l’Ottocento fu il tempo dei grandi banchetti ufficiali.

Il primo era il Cannone d’Oro, in via Dana Borga. Esso doveva il suo nome, comune a quello di molti altri locali analoghi sparsi un po’ per tutto il Piemonte, ma anche in regioni vicine, come la Lombardia (vedi il caso della città di Varese), alla solita leggenda che avrebbe voluto un grande tesoro, costituito proprio da un “cannone di metallo prezioso”, sepolto nelle vicinanze da un esercito nemico in rovinosa fuga. L’Albergo-Ristorante in questione era ospitato in un palazzo antico (attuale Casa Margaria, ospitante la Birreria La Marionetta), che venne ristrutturato nel corso del XIX secolo, per dotarlo di camere moderne, ognuna indipendente e con accesso dal ballatoio. I servizi igienici erano anch’essi esterni, al fondo della balconata, su ogni piano: infatti, gli standard restavano, comunque, quelli del tempo. Inoltre, due grandi saloni, uno al pian terreno e uno al primo piano, erano dedicati alla ristorazione. Il Cannone d’Oro ospitò più volte il conte Camillo Benso di Cavour , durante i suoi tour elettorali.

Il secondo locale era L’Aquila Nera, l’edificio del quale fu costruito ex novo nella prima metà del secolo, in via Roma (attuale Casa Palmero). Il suo nome era dovuto al fatto che nello stemma sabaudo originario esistesse un’aquila nera imperiale, in campo dorato. Poi, successivamente, specialmente nelle raffigurazioni sei-settecentesche, il nuovo scudo dei Savoia (la croce bianca in campo rosso) fu posizionato sul petto dell’aquila. Nel 1857, quando vi si tenne il pranzo ufficiale, in occasione della fondazione della prima Società Operaia di Mutuo Soccorso locale, il

ristorante-albergo era gestito dalla famiglia Cleretti. Costoro appartenevano ad una stirpe già esistente in Barge nel XVIII secolo. Agli inizi dell’800, fu attivo in paese un geometra Pietro Cleretti, che la “Statistica personale bargiense” considera morto il 17 ottobre 1824. Un ramo dei Cleretti si dedicò alla professione di “Oste, caffettiere e confettiere”, non solo in Barge, ma anche in Lombardia, a Cassano Magnago (vicino a Gallarate, prov. di Varese). Alla medesima famiglia appartenne il cav. Carlo Cleretti, eroe delle guerre d’indipendenza, che combatté nel 1848, in Lombardia; nel ’54, in Crimea; nel ’59, a Montebello e Solferino e che partecipò nuovamente alle imprese del ’60, ’61 e ’70, meritandosi la medaglia d’argento al valor militare. Morì in Barge, il 12 novembre 1898. la linea maschile è estinta, mentre in linea femminile risulta essere stato erede dei Cleretti il signor Dino Chiarpotti, scomparso da pochi anni.

Il Leon d’Oro, invece, era ospitato in una vecchia casa già appartenute alla Certosa di Collegno e, ancor prima ai frati del Convento di San Salvatore del Monte Bracco. Nel 1826, proprio per adattarla ad albergo, fu costruita una nuova manica dell’edificio, che, al momento della edificazione (1888/1889) della nuova tettoia mercatale, opera dell’ing. Camillo Riccio di Torino, fu nuovamente ristrutturata per ospitare le Scuole Elementari (fino al 1913) e le abitazioni di impiegati pubblici (ad es. quella del Segretario comunale, fino al 1963). In seguito, vi si sarebbe trasferito anche l’Ufficio Postale ed, ora, vi troviamo la Biblioteca Civica “M. Ginotta” e l’Ufficio Turistico di Barge. L’albergo, nel 1888, apparteneva anch’esso alla famiglia Cleretti.Chiuso il Leon d’Oro, la sua licenza venne acquistata dai proprietari del Cannone d’Oro. Infatti, proprio a causa della chiusura del primo

albergo, il secondo fu ampliato e venne chiamato Grande Albergo del Leone e Cannone d’Oro, nome che non ebbe molta fortuna, perché già ai primi del Novecento si tornò all’originario Cannone d’Oro.

Comunque, negli ultimi decenni dell’Ottocento, venne aperto anche un

altro locale, chiamato Trattoria del Giardino, che, in

seguito, avrebbe preso il nome di Corona Grossa. Esso fu importante luogo di ritrovo, specie nel momento delle principali fiere e, in particolare, durante la cosiddetta “féra dij giustà”, cioè dei piccoli vaccai, che venivano ceduti con contratto a tempo, dai loro stessi

genitori ai contadini. Padri e ragazzi si sistemavano di fronte agli olmi del viale ed attendevano l’arrivo di ciaboté e cassiné. Costoro davano un rapido sguardo alla dentatura dei piccoli, come se si fosse trattato d’animali e, poi, con uno sputo e una stretta di mano, suggellavano l’affare, in cambio di prodotti dei loro fondi. Di lì si passava ai tavoli delle osterie. Il primo titolare della Trattoria del Giardino, cioè colui che fece costruire l’immobile ospitante la trattoria, che si trovava sul viale allora intitolato a Vittorio Emanuele II, era originario di Cardé e si chiamava Bernardi. In precedenza, costui era partito dall’Italia giovanissimo, per finire servitore di un lord inglese, che, alla propria morte, avendolo preso a benvolere, gli legò un piccolo gruzzolo. Pensò, allora, di cercar fortuna a Roma, appena divenuta italiana: città che aveva attratto moltissimi piemontesi. Bernardi, però, riuscì solo a trovarvi moglie e ritornò in Piemonte, decidendo di mettersi in affari proprio a Barge, ponendo a frutto l’esperienza acquisita nelle casa del nobile straniero. Qui, nacque il figlio Romolo, che sarebbe divenuto pittore famoso, del gruppo detto “I 25 della Campagna Romana” e Vice Presidente della “Biennale di Roma”. Egli, tra il 1916 e il 1917, fu incaricato di sovrintendere al restauro interno di Palazzo Venezia, sempre nella capitale. Tornato in Piemonte nel 1937, aprì il proprio studio in via Carlo Alberto, a Torino, dove prima era quello di Casorati. Tornò spesso a Barge, dove sfollò nel 1942, in Casa Bianchi d’Espinosa e, poi, acquistò il castello inferiore dal medesimo Bianchi. Mancò nel 1956 e fu sepolto a Saluzzo.

Nel 1883, venne realizzata la nuova Stazione ferroviaria, capolinea sulla tratta Barge-Bagnolo P.-Campiglione-Bricherasio. Inoltre, con la costruzione, terminata nel 1915, della linea tranviaria passeggeri/merci “Barge-Revello”, da parte della “Compagnie Générale des Tramways du Piémont”, avente sede a Bruxelles (in quanto fondata dal belga Berrier-Delaleu e, poi, passata ad un suo compatriota, il Coumond), finalmente si realizzava il sogno di congiungere, seppure a scartamento ridotto, il Pinerolese a Cuneo, formando quello che venne chiamato un “anello integrato”. Nuovi mezzi di comunicazione e le linee passeggeri aperte portarono

all’apertura di nuovi locali. Uno fu la Locanda della Stazione, a pochi passi dalla stazione ferroviaria, proprio sulla

piazza della Stazione e l’altro il Ristorante delle Due Stazioni, in viale Torino, prossimo alla stazione tranviaria.

Ancora alla fine del secolo XIX, poi, il signor Filippo Tribolo, conosciuto in paese come Flip dël Cordo, acquistò la licenza di un

locale che aveva per insegna L’Antico Cervo. Sempre la famiglia Tribolo fece, poi, costruire un edificio moderno, in Piazza Statuto, di fronte al peso pubblico, per impiantarvi un grande Albergo-

Ristorante. Mutò presto il nome di tale esercizio in Albergo Torino, perché il popolo aveva preso a definirlo “Cit Turin”, in omaggio ai villeggianti che qui giungevano dalla ex capitale sabauda.

quali fossero le condizioni di alloggio, nei secoli

passati, non lo possiamo minimamente immaginare, se non ci rifacciamo a fonti d’epoca.

Per puro caso, un anziano bargese, Antonio Quaglia, conservò gelosamente un diario del nonno Antonino (classe 1839), che raccontava le proprie peripezie durante il servizio militare, svolto immediatamente dopo la conquista del Meridione d’Italia e durante la lotta al brigantaggio. Si tratta d’uno dei tre unici diari del periodo delle Guerre d’Indipendenza, scritti da persone del popolo e pubblicati.

Alcuni passaggi del testo mostrano quanto spartani fossero gli alloggi della gente comune, durante i viaggi.

“Il 29 novembre di lunedì partendo con tutto il mio bagaglio e con la sciabola à bajonetta, è con il permesso di giorni 60: da Portici per ferovia arivo a Napoli il deto giorno verso serra: dormendo à una locanda. Locanda dei Giardinetti. Pagando centesimi venti. 2 in un leto”.

Nel Sud, più arretrato, ci si divideva il letto anche tra sconosciuti, si potrebbe pensare... mai lasciarsi ingannare dalle apparenze, però...

“Il Giovedì 2 dicembre, verso le 7 antimeridiane arivo al Porto di genova, felice.Quindi andando dal Comando di Piazza firmandosi il foglio di licenza ecc.Il detto giorno verso le 3 pomeridiane arivo à Trufarello, dormendo in una locanda in compagnia, pagando tra leto e cibi lire 1 centesimi 20 ognuno, dormendo 3 individui in un sol letto ecc.”.

Quindi, dividere il letto con sconosciuti (e tali erano sicuramente costoro, perché il soldato Quaglia era partito solo), a quel tempo, per i ceti popolari, era semplicemente la prassi, ovunque, Piemonte compreso.D’altronde, neppure a casa propria tutti possedevano un vero letto.

fino agli anni Sessanta del secolo XX, i tavoli delle

osterie popolari erano animati, oltre che da gente comune, da una “fauna” umana, che ben avrebbe meritato le classificazioni dei naturalisti.

In primo luogo, venivano gli “pseudo-eremiti”. Non gente che si era ritirata a far vita ascetica, ma persone che avevano abbandonato le rispettive abitazioni familiari, per viver da soli, sulla montagna, al riparo di una pietra aggettante (barma). Di qui, scendevano raramente a valle, praticamente soltanto per potersi concedere un po’ di divertimento all’osteria.

La tradizione doveva essere antica, perché una “Fontana dell’eremita” è già indicata come esistente in quel di Monte Bracco, nel Catasto comunale del 1771.

Comunque, il più vecchio ricordo preciso d’un simile eremita “laico” si riferisce a Giovanni Ribotta (1833/1904), detto Ribòta dla gròta. Costui era un ex contadino-scalpellino originario della zona di Capoloira. Ad un certo punto della propria esistenza, decise di occupare una barma nei pressi del castello superiore. Già quand’era ancora in vita, il suo misero riparo era meta di gite turistiche e l’eremita accettava di buon grado anche di farsi ritrarre in fotografia, accanto alla propria capanna di frasche. Le escursioni al suo ricovero continuarono anche una volta morto e il pittore locale Azeglio arrivò a dipingerne sulla roccia la sua immagine, sopra la sorgente che sgorga nelle vicinanze. Sempre sulla viva roccia, poi, si poteva leggere questo pietoso epitaffio, ormai scomparso:

GIANNI RIBOTTA, NATO DI GIOVANNIFU, DI STATURA, PICCOLO E GOBBETTO,ESIL DI MEMBRA, D’ANIMO ALLEGRETTO,VINTO DALLA PASSION D’IMBALSAMARE,

FE’ SUA GROTTA UN MUSEO DI SERPI, UCCELLI,CONIGLI, RICCI, TOPI E PIPISTRELLI.

SENZA SOLDI E DOVENDO PUR MANGIARE,STATUI’ SUO CIBO USAUAL LUMACHE E BISCIE

ED ALTRE ED ALTRE BESTIE, FREDDE E LISCIE.NON L’ACQUA AMAVA, MA LA GRAPPA E IL VINO:

PER CIONCIARNE, FACEVA IL MENDICANTEE IL VENDITORE DI CERINI AMBULANTE.OVUNQUE E CON CHIUNQUE S’ADATAVA,

PER UNA CICCA, A RACCONTAR LA STORIADI SUA PRIGIONIA INGIUSTA E DI SUA GLORIA.

MORI’ NEL QUATTRO, QUI, LASCIANDO IL POSTO,CHE OCCUPO’ TANTI ANNI, DA TROMBETTIERE

SVEGLIA DEL SESTO GENIO FERROVIERE.

Quest’ultimo richiamo parrebbe dovuto al fatto, che il Ribotta, ogni mattina, dal proprio osservatorio privilegiato, scorgendo la vaporiera arrivare sbuffante da Bagnolo, avvisasse i Bargesi con una squillo della tromba militare, che si sarebbe portato a casa, come souvenir del proprio servizio prestato nel Genio Ferrovieri.

Qualche decennio dopo, successore di Ribotta e del suo mito, fu Luigi Girri, detto Giòto, un trovatello, deceduto nel 1964, quando si decise che era troppo vecchio per lasciargli trascorrere un altro inverno sotto la roccia e lo si ricoverò presso l’Ospedale Civile. In breve tempo, così, si spense davvero. Ne possediamo una sola immagine, già a colori, nella quale pare il ritratto di un profeta biblico. E’ seduto di fronte a un fojòt di minestra calda, dal quale attinge con un grosso cucchiaio. Sul tavolo, un bicchiere di vino rosso. La scena fu colta all’osteria di “Pòto”, a S.Rocco.Giòto non volle lasciare la sua grotta neppure durante la seconda guerra mondiale e rischiò la vita, perché una granata tedesca cadde poco lontano dall’antro, uccidendogli qualche animale.

Un altro pseudo-eremita famoso in zona fu, poi, Gian Gròss di Monte Bracco, che arrivato a casa dalla prima guerra mondiale, trovò la moglie fra le braccia d’un'altra persona e, dopo aver completamente scoperchiato la casa di famiglia, per costringere l’anzidetta ad andarsene, si costruì un precario riparo di fortuna sotto una barma e vi si trasferì definitivamente. Dopo poco, individuò un’altra barma e col tempo, trasformò entrambe in vere abitazioni trogloditiche: una estiva e l’altra invernale. Anche Gian Gròss lo si vedeva poco, se non all’Òsto dël Lanssor.

Seduti ai tavoli delle osterie bargesi, s’incontravano anche soggetti che vantavano trascorsi con la giustizia. Un anziano era addirittura conosciuto col nome di “Cajenna”, perché sarebbe riuscito a fuggire

dal noto bagno penale della Guyana francese, proprio come “Papillon” o, guarda caso, un altro personaggio nato a Barge, Alfonso Pomini, che sul tema della propria fuga pubblicò nei primi anni Settanta un libro per i tipi di Einaudi: “Il ballo dei pescicani”.

Tra i frequentatori, inoltre, non mancavano noti pelandroni professionali. Come quel tizio, che girava le campagne chiedendo l’elemosina e ad una persona, che, mossa da pena, l’aveva accolto alla propria tavola in cambio della promessa d’un piccolo aiuto nel lavoro, terminato il pasto, rispose in bargese stretto: “Mi, ora, von via!” (Io adesso me ne vado!). “Ma vén-ës pà pì travajé, con l’aviës dit ?” (Ma non vieni più a lavorare, come avevi promesso ?). “Travajéja chi l’ha fam!” (Lavori chi ha fame!). Ormai, era sazio.

La “fauna umana” da osteria la creava una società che poco o nulla concedeva ai poveri di sostanze o di spirito, perché ancora relativamente intrisa del concetto di auto-aiuto (il self-help teorizzato dai liberali riformati inglesi), che non risolveva nulla, se non sollevare le coscienze dei più abbienti.

Fino ai primi anni Settanta, le morti per assideramento, lungo la strada del ritorno a casa, dopo una notte passata a bere e cantare, non si contavano o non si volevano contare. Qualcuno riusciva ancora a mettersi nel proprio letto e terminava i giorni qualche tempo dopo in ospedale. Così, non finiva neppure nella statistica.

Un’altra causa di morte frequente era la cirrosi...e portava, spesso, ad una sofferenza atroce.

Ai tavoli d’osteria s’incontravano, però, anche persone interessanti. Come Nòto (Giuseppe) Gastaldi, volontario nel contingente italiano che aveva combattuto in Spagna a lato del Tercio, ma acceso comunista dopo la guerra. Di professione, costui faceva il barbiere abusivo, almeno da quando lo Stato fascista non s’era messo in mente di tassare il suo lavoro regolare e la sua insegna. A dire il vero, proprio il fatto della tassa sull’insegna non l’aveva digerito mai! Così, aveva sfidato per decenni tutti i regimi succedutisi nel tempo, spuntandola, col tacito consenso della clientela e pure dei suoi colleghi regolari. Nòto aveva elevato la sua passione per il vino a perfezione e frequentava solo amici che potessero essergli pari nella bisboccia, come l’inseparabile elettricista Riccardo Picco. Era arrivato addirittura a farsi dipingere

un quadro d’una scimmia che portava sulle spalle una capra (scimmia e capra, in piemontese, sono sinonimi di “sbronza”) e recante scritte misteriose, che lui diceva comprensibili solo dagli ubriaconi. L’opera fu eseguita dall’artista russo Bòris Gheorghevic Krutiev, sfuggito alla rivoluzione d’ottobre e ospitato con altri profughi a Luserna, in Villa Olanda, un’istituzione protestante. Gastaldi morì naturalmente di cirrosi, dopo atroci sofferenze.

Picco e Gastaldi, in osteria, erano come il gatto e la volpe. Sempre pronti a scherzare. Una volta, riuscirono a far passare una medaglia d’oro commemorativa della rivoluzione russa come “medaglia del centenario dell’Ospedale Civile”. Qualcuno bussò alla porta della capo infermiera, suor Rinaldina, per sapere come si potesse ancora averla in dono, a manifestazione conclusa. Intanto, i due se la ridevano.

Oppure, sempre in osteria, s’incontravano figure come quella di Pietro Giaime: grande eroe della prima guerra d’Africa... a suo dire. Raccontava di esser stato acquartierato in un fortino preso continuamente d’assalto dai beduini e d’aver salvato la figlia del capitano. Forse, in gioventù, aveva visto un film muto. L’ufficiale avrebbe allineato i reparti e chiesto chi si sarebbe offerto volontario. “Partito Giaime!”: avrebbero risposto gli altri. “Rompete le righe!”: fu la reazione dell’ufficiale, rassicurato. Ed ecco Giaime cavalcare nel deserto e strappare la ragazza al beduino che l’aveva rapita. Ritornato al forte: “Vuoi sposare mia figlia o tornare in licenza al tuo paese? Scegli!”. “Andare a Barge, sor capitani!”. Ed eccolo imbarcato su un aereo, che sarebbe atterrato alla Crocera. Peccato che la pista della Crocera fosse stata costruita dai Tedeschi solo durante la seconda guerra mondiale. Chi si permetteva di farglielo notare, si meritava, naturalmente, un sonoro schiaffone. Resta , tuttavia, il fatto che, ancor oggi, a Barge, molti conoscono ed usano il detto: “Partito Giaime! (Rompete le righe!)”.

Altri nomi, come quello di Chélòto dla Prùcia, che, in preda ai fumi dell’alcool, girava il paese sbraitando genericamente contro i politici, accomunati in un’unica categoria (la “cràcia, cràcia, cracìììa”) o Frìo, che, zaino in spalla, si gettava a terra urlando “Passo del giaguaro!” e altri ancora ritornano alla mente e sono solo quelli delle ultime generazioni, perché i precedenti se li è ingoiati la storia.

archivio di vecchie memorie, le carte della “Società

di Mutuo Soccorso tra gli Operaj di Barge” (S.O.M.S.) ci offrono un’interessante serie di documenti che possono essere assai utili a tracciare una storia dei locali pubblici bargesi.

Innanzitutto, fin dal primo atto sociale, risalente al 1857, troviamo il caffettiere e albergatore Carlo Cleretti tra i membri della Direzione della S.O.M.S. e, poiché l’organizzazione interna prevedeva la suddivisione in dieci “classi” di mestiere, nella sezione “locandieri”, si vede, sempre accanto a Cleretti anche il nome di un certo Michele Chiappero.

L’11 aprile 1858, invece, il caffettiere Garnero chiese il permesso alla Società di Mutuo Soccorso d’utilizzare l’insegna “degli Operaj”, ma la Direzione rispose che il Municipio era l’unico ad avere tale potere e che proprio l’Ente comunale aveva appena concesso al caffettiere Gioanni Bonetto di esercire sotto quel nome. Infatti, quest’ultimo, che, in precedenza, era titolare di un esercizio in piazza san Giovanni, detto “Caffè Monviso”, decise d’aprirne uno nuovo sotto i portici del palazzo comunale, proprio sul lato opposto al “Caffè Italia”.

Nel 1859, si inaugurò la tradizione del “bal paré masqué” di Carnevale, organizzato dalla S.O.M.S.: una manifestazione che si protrasse per decenni, a scadenza fissa. Essa venne ospitata, inizialmente nel Teatro Cogo, che s’affacciava sulla piazzetta del Teatro (davanti a quella che oggi è la casa del dott. Luciano Gontero). In seguito, trasformato il teatro medesimo in Scuole Elementari ed essendo stato costruito il nuovo palazzo municipale, il ballo fu trasferito nel salone consiliare. Sappiamo che, nel 1861, il caffettiere Gioanni Genovesio, titolare del “Caffé Monviso”, vinse la gara per il servizio di buffet.Il biglietto d’ingresso costava 80 centesimi e l’orchestra veniva da Pinerolo. Suonò :

- Polka e Mazurka- Courente (ballo occitano molto diffuso in zona)- Scottish (ballo scozzese, giunto tramite la Francia in Piemonte) e Valzer-Courente.

Quindi, ripartì nuovamente dalla Polka. L’attestazione non è irrilevante a fini musicologici. Nel 1868, la Guida o Annuario della Città e Circondario di Saluzzo, opera del Gullino, ci dice che Barge aveva toccato quota 9191 abitanti.

Verso la fine del secolo XIX, proprio la S.O.M.S. si fece carico di organizzare la festa campestre della frazione Combe, che cadeva la seconda domenica d’agosto. Per tradizione secolare, in quel giorno, tutti i Bargesi si liberavano delle rispettive occupazioni e, muniti di sporta, priù o meno ricca di leccornie, a seconda del ceto, salivano in questa località che si trova sui primi contrafforti del massiccio del Bracco e si sistemavano sull’erba dei prati. Nata come festa popolare, però, divenne in breve anche festa borghese: gli appartenenti a quest’ultimo ceto, infatti, la amarono molto e, con la regia della S.O.M.S., i principali ristoranti e trattorie locali spostarono per tre giorni l’anno le proprie cucine alle Combe, sotto tendoni. Non mancavano mai neppure i balli a palchetto.

Nel 1885, il 16 settembre, venne inaugurata la tratta ferroviaria Barge-Bricherasio: grande fu il concorso di Autorità e di pubblico, roboanti i discorsi e pantagruelico il banchetto, tendenzialmente aperto a tutti, ma che costava 4 lire (due giorni di paga per un operaio del tempo).

In quello stesso anno, nacque in Barge un “Circolo Operaio”, sorta di associazione giovanile avente uno statuto organico ad imitazione di quello della S.O.M.S. e gestente un ritrovo, dove si poteva ballare e consumare bevande. Esso sopravvisse fino al 1907, quando i soci si erano ormai ridotti a sette.

Nel 1887, si festeggiò il trentennale della fondazione della S.O.M.S. e da quell’incartamento scopriamo che il caffettiere “all’insegna degli Operaj” era, in quel momento, Giovan Battista Cleretti e il titolare del “Caffè Italia” si chiamava Francesco Cagliero.

Dalle carte di una sodalizio rivale della Società di Mutuo Soccorso, la Società Bargese di Mutua e Beneficenza per Infermi ed Inabili al Lavoro, nata per scissione il primo maggio 1878, emerge, invece, un altro nome di gestore di caffè, attivo nel 1890: “Gioanni Bonaccossa, caffettiere liquorista”.

Nel 1892, le due Società si fusero, poi, fondando una sola Società Generale di Mutuo Soccorso. La decisione fu presa già nell’anno precedente, il 27 settembre,. durante un banchetto sociale della prima S.O.M.S., tenutosi al “Leon d’Oro”, al quale furono già invitati gli esponenti del secondo sodalizio.

La Società Generale ebbe bisogno di una nuova bandiera e l’avvocato Alfredo Chiappero la volle donare, per farsi un po’ di propaganda elettorale. Così, il 9 settembre 1894, sotto la tettoia municipale, tutta parata a festa con profusione di drappeggi e mazzi di fiori, si fece il banchetto d’onore. A vincere la gara per il servizio di ristorazione fu Leopoldo Perocchio della “Trattoria Del Passatempo”. La quota di partecipazione fu prevista in 3,25 lire.Il menu fu rigorosamente formato secondo le direttive della Società Operaia e previde:

- Antipasto assortito- Bue al Madera- Minestra giardiniera- Financière- Polli arrosto 1/4 caduno – Insalata- Frutta e formaggio- Vino da pasto 1 litro caduno- Barbera 1/4 caduno

Durante il pranzo, la Società Filarmonica di Barge, diretta dal maestro Zelioli, eseguì un concerto dei seguenti brani:

- Ai nostri monti (marcia di F. Zelioli)- Pout Pourri (dall’Opera “Un Ballo in Maschera” di Verdi)- Fantasia (dall’Opera “Carmen” di Bizet)- Sinfonia (dall’Opera “Poeta e Contadino” di Suppé)- Porte Bonheur (Polka di F.Zelioli).

Il cronista della “Gazzetta Piemontese”, annotò diligentemente il

modo nel quale venne accolta, al termine del pranzo “una nuova deputazione di...150 bottiglie, accolte con la più cordiale espansione e rumorosamente vuotate”.

Altra notizia di un pranzo ufficiale, sempre presso “Il Passatempo”, risale al 1898, quando vennero inaugurati i dipinti di due benefattori: il senatore Giovan Battista Bertini e il dottor Tomaso Perassi. Durante il convito, proprio Perassi tenne una conferenza su “Barge, dall’età romana al tempo presente”.

Nel 1907, invece, in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione del sodalizio operaio, si tenne un pranzo sotto la tettoia comunale. Il servizio fu effettuato Antonio Tribolo, figlio di Filippo (detto “Flip del Cordo”), gestore dell’ “Albergo Torino”. Tra le carte della Società se ne conserva la “minuta” (cioè, il “menu”), ma essa corrisponde quasi totalmente a quella precedentemente vista. Le portate iniziarono, infatti, con un “Antipasto assortito” e continuarono con “Bue al Madera guernito”, “Minestra alla Giardiniera”, “Financière”, “Pollo arrosto”, “Insalata”, “Frutta”, “Formaggio” e “Dolci”. Un litro di vino a disposizione per ogni invitato. Il tutto al prezzo di 3,50 lire, cioè più di quanto un cavatore potesse guadagnare, allora, in una giornata di lavoro.La “Vedetta del Monviso” e la “Gazzetta del Popolo” scrissero di quattrocento convitati e di un servizio inappuntabile .Il pranzo sarebbe stato allietato anche in tal caso da un Concerto, tenuto, però, dalla Filarmonica di Carmagnola, diretta dal maestro Antonino Parola. Il programma prevedeva: la Gran Marcia dell’Incoronazione, dall’opera “Il Profeta” di Meyerbeer; Pout-pourri dal Ballo “Le Due Gemelle” di Ponchielli; Valzer “Violette di Parma” di Beccucci e una Danza Andalusa di Tarditi.

L’età dei pranzi ufficiali si protrasse, però, ancora per pochi anni, praticamente fino allo scoppio della Guerra di Libia (1912) e allo sciopero dei lavoratori lapidei contro il sistema daziario vigente (1914). La “Belle Epoque” si concluse, comunque, nel bagno di sangue della Grande Guerra (1915-1918), che causò la morte della migliore gioventù, anche a Barge, come attestano gli elenchi che si leggono sul monumento ai Caduti. Poi, venne l’epidemia di spagnola, l’avvento del fascismo al potere, la crisi del 1929 e la nuova guerra del 1940-1945...Tempi assai duri, insomma.

nel secolo XIX, il popolo credeva ancora, senza tentennamenti alle “masche”. Con tale termine, non s’intendevano le “streghe diaboliche”, come qualcuno ancora vorrebbe far credere, ma, in primo luogo, persone che avrebbero condotto una vita normale, ma che, parallelamente, avrebbero posseduto il “dono” della trasformazione in animali e di produrre altri effetti, gradevoli o sgradevoli, anzi, addirittura palesemente nocivi (un dono trasmesso loro da altre “masche”, magari in eredità o derivato dal possesso di un particolare “libro magico”).

Proprio una bella storia di masche, ambientata negli ultimi decenni dell’Ottocento e coinvolgente un oste bargese, titolare dell’Osteria

dell’Aquila Nera (perché rilevatario della licenza del precedente albergo-ristorante omonimo, che era stato già chiuso), venne testimoniata e scritta negli anni Ottanta del XX secolo, in italiano povero, da un parente del medesimo, il signor Beppino Vincenti:

“C’era una trattoria o osteria dove poi ci fu la cartoleria di Camilla Maccagno, di fronte alle scuole elementari, che poi la cedette alla signora Michelina Baravalle ... e nel cortile adiacente c’era un carradore, che lavorava a far carri nuovi ed a riparare i vecchi. Io avevo foto di questa osteria, prima della Grande Guerra, con l’onorevole Giolitti che usciva dalla porta ed altre con i miei zij, che ne erano i gestori: mia zia Placida e lo zio Giovanni. Veniamo ai fatti: dunque, i miei zij, una certa notte, improvvisamente, si senton tirar via le coperte ... accendono una candela e non riescono a veder nulla e questo accade per tutta la notte. Mia zia non volle più dormirvi, la sera successiva, così mio padre andò a tener compagnia allo zio. Mio papà avrà avuto vent’anni e non aveva paura, ma quella notte fu di tregenda. Non soltanto le coperte, questa volta, ma rumore di piatti, di bicchieri, delle pentole che volavano, battendo assieme, con un fracasso assordante. Scendono: niente di rotto, tutto a posto e così per tutta la notte. La terza sera, anche, sembrava il finimondo, perché addirittura i fusi dei carri nuovi ballavano. La quarta, mio padre prese la rivoltella ed, a mezzanotte in punto, i due sentirono distintamente uno sferragliare di catene. Mio padre aprì la finestra verso il viale e videro una scrofa grossissima, che trascinava una catena. Cercò la pistola e sparò, ma nell’eccitazione, non riuscì a colpirla (a dire loro e di molti altri, se fosse stata colpita, ci sarebbe stata la sorpresa di vedere la persona che “giocava di fisica”. Si diceva che fosse la signora R. o la signora F., moglie di un farmacista o anche, mi si perdoni, Don M.).

Si diceva che i Sacerdoti studiassero la fisica ???????”.

Come in tal caso, molte altre volte, nei racconti del popolo, in ambito cattolico, erano indicati come mascon proprio i “preti” (anche se, sovente, ma non sempre, si sarebbe aggiunto che costoro non avrebbero usato i poteri magici a fini maligni, ma, piuttosto, per spaventare le persone e riportarle sulla “retta via”).La “fisica”, secondo il popolo, sarebbe stata l’arte magica: vera e propria materia di studio, in circoli ristretti.

un interessante “elenco di pubblici esercizi”, datato

1917, si conserva presso l’Archivio Storico Municipale di Barge. Esso distingue i locali in varie categorie e, territorialmente, tra quelli del capoluogo e quelli delle singole frazioni.Il panorama è, comunque, completo, anche se non si conoscono i nomi degli esercizi e li si deve, piuttosto indovinare da quelli dei titolari.

Nel centro urbano, sono censiti cinque gestori di “Alberghi con Alloggio”:

- Tribolo Pietro Antonio di Filippo, piazza Statuto (Albergo Torino)

- Lauro Camillo, viale Vittorio Emanuele II (Trattoria del Giardino, poi Corona Grossa)

- Maccagno Giacomo, viale Vittorio Emanuele II (Trattoria Aquila Nera)

- Tribolo Teresa di Filippo, via Asilo Infantile (Albergo Cannone d’Oro)

- Rasetto Michele, via Maestra (Trattoria del Gallo; esistente nel luogo dell’attuale Trattoria della Società Operaia, ma operante sulla base di diversa licenza e con diversa insegna).

I semplici “Ristoranti e Trattoria senza Alloggio” del centro urbano erano nove, gestiti da:

- Moschetti Maria Maddalena, piazzale della Stazione (Trattoria della Stazione)

- Castellano Rosa, Borgo Inferiore- Barale Catterina, via Maestra- Frencia Chiaffredo (detto “Scatolìn”; Trattoria Italia), via del

Teatro- Galletto Chiaffredo, piazza S. Rocco- Marconetto Clotilde, via Maestra- Cottura Michela, via Verdi (Tripoli)- Perrone Margherita, piazza S. Giovanni

- Perrone Michele, piazza S. Rocco (Del ponte).

I “Caffè e Bar, con vendita di vini e liquori” , sempre nel centro erano gestiti da:

- Giaj Maria, piazza S. Giovanni (Caffè della Piazza, poi Caffè Roma)

- Vottero Maria Maddalena, via Maestra (Osteria della Fontana, dove oggi esiste il negozio del signor Sanino)

- Perassi Bartolomeo, via Maestra- Airasca Domenico, via Maestra- Turba Giovanni, via Maestra- Giaj Cesare, piazza S. Giovanni (Caffè Monviso, nel palazzo

municipale, sul lato opposto rispetto a quello dell’attuale Caffè Roma)

- Demarchi Andrea, via Maestra- Cagliero Francesco, piazza Vittorio Emanuele III (Caffè Italia)- Coero Borga Massimo, piazza Vittorio Emanuele III (Caffè degli

Operai, ora Bar Centrale)- Reinaudo Pietro (detto “Procìn”), piazza del Mercato

(Pasticceria-Bar Reinaudo, ora, Pasticceria Michienzi).

Numerosissime, fino a raggiungere il numero di diciannove, le semplici osterie del centro, gestite da :

- Beltramone Teresa, via Paesana- Beccaria Anna, piazza Vittorio Emanuele III- Beltramone Caterina in Perrone, via del Gallo (Osteria

Americana, nei pressi dell’ospedale civile)- Echis Antonio Giuseppe, via Paesana- Reinaudo Maria Maddalena, via Scuole- Cocco Carola Candida, piazza S. Rocco- Vottero Rocco, via Maestra- Libeccio Sebastiana, via Bagnolo - Comba Michele, Borgo Superiore- Galfré Carlo, via Principe Amedeo- Comba Giuseppe., via Maestra- Cedrone Francesco, via del Gallo- Vincenti Giuseppe, Borgo Superiore- Boiero Domenico, Borgo Superiore- Ghirardi Michele, via Maestra

- Palmero Maria Margherita, via Maestra- Perrone Giovanni, S. Rocco- Rossa Chiaffredo, via Maestra- Perrone Filippo, via Maestra

In frazione Assarti, esisteva un’osteria, gestita da Alessandro Valsagna.

A Mombracco, si trovavano la Trattoria del Convento, gestita da Giovanni Rossetto e l’Osteria del Lansor, gestita da Chiaffredo Lorenzati (detto “Brische”).

In frazione Mondarello, invece, esistevano sei osterie, gestite da:

- Reinaudo Pietro Giovanni- Solaro Catterina in Amè- Lorenzati Chiaffredo (Roj)- Reinaudo Maria vedova Gontero- Margaria Teresa Domenica- Solaro Antonio (Tabachìn)

A S. Martino, c'eran una trattoria gestita da Maria Clara Bessone e quattro osterie gestite da:

- Demarchi Matilde- Salvai Maria Maddalena vedova Priotto- Primo Chiaffredo- Carle Maria vedova Beltramone

Addirittura, un’osteria esisteva a Ripoira ed era gestita da Lucia Ermenegilda Bosio.

In pianura, cioè in regione Gorrette, poco lontano dall’attuale Crocera, esisteva la trattoria di Margherita Freiria in Bessone e, in regione Galleane, l’osteria di Giacomo Abbate Daga.

Come si vede, le donne titolari di esercizi pubblici erano molte e ciò vale specialmente per le piccole osterie, i cui proventi erano magri e fungevano unicamente come integrazioni del reddito principale del marito, esercitante un’altra attività.

Da un elenco più recente, risalente all’anno 1935 e mostrante solo le autorizzazioni alla vendita di bevande superalcoliche (liquori, escluso il vino), si nota una situazione parziale, ma già leggermente mutata.

L’Albergo Torino e il Cannone d’Oro risultano ancora in mano, rispettamente a Pietro Antonio Tribolo fu Filippo e Teresa Tribolo fu Filippo; fratello e sorella.Cesare Giaj ha chiuso il suo Caffè su piazza San Giovanni ed ha rilevato il Caffè Italia, mentre il Caffè Centrale, che ha già questo nuovo nome, viene ora gestito da Bongiovanni Antonio.Il Caffè Roma, invece, è gestito da Angela Perassi fu Domenico.Un’ultima licenza per i superalcolici è anche attribuita a Salvina Bertone, titolare della Trattoria Due Stazioni di viale Torino. I restanti locali, evidentemente, possono solo limitarsi alla vendita di vino e bevande non alcoliche.

la villeggiatura dei benestanti a Barge, tra alti e bassi,

continuò anche nel periodo tra le due guerre.Restavano molte ville, costruite nei decenni precedenti dall’alta borghesia, che si popolavano nel periodo estivo e continuavano a sussistere pur sempre alberghi frequentati da italiani e da stranieri.

Ad esempio, una statistica del mese di aprile 1935 ci parla di 60 “viaggiatori” ospitati negli alberghi bargesi in quel solo mese, per un numero complessivo di 108 giornate.Di questi, la maggioranza (56) erano italiani, ma uno era tedesco e un altro svizzero, mentre gli ultimi due erano classificati tra i “czeco-slovacchi, jugoslavi e ungheresi”, senza ulteriori precisazioni. La presenza di stranieri in paese, però, era specialmente dovuta al forte commercio di mele, che comportava rapporti frequenti degli esportatori locali più importanti (come i fratelli Carle) con importatori dei Paesi dell’Europa centrale ed era dovuta anche ai rapporti con la Svizzera e la Germania, intrattenuti dalla ditta lapidea “La Quarzite”, estrattrice delle famose pietre “Bargioline” e che, dal 1930, era proprietà della famiglia zurighese Hess (che aveva rilevato un’altra precedente ditta, appartenuta al console svizzero Lang).

Nel 1936, intanto, l’Ente Provinciale per il Turismo di Cuneo così descriveva gli alberghi locali nella propria guida “Gli Alberghi della Provincia di Cuneo” :

BARGE (m.457), Poste, Telegrafo, Telefono e Ferrovia

Cannone d’Oro, orario 9-11, bagni, termosifone, telefono, aperto tutto l’anno; camere singole a un letto: min. 4, max. 4; camere a due letti: min. 6, max. 6; pensione: min. 13, max. 13; pasti: 1.6.6

Torino, orario 8-11, bagni, termosifone, autorimessa, aperto tutto l’anno; camere singole a un letto: min. 3,

max. 5; camere a due letti: min. 6, max. 10; pensione: min. 12, max. 18; pasti 2.6.6

Il clima di località di villeggiatura emerge ancora, d’altronde, chiaramente, in questa prosa di Michele Ginotta, tratta dal suo scritto “Un’escursione al Viso”, pubblicato postumo, nel 1945, ma redatto in epoca fascista:

Scambiati i convenevoli coll’avanguardia dei compaesani rientriamo rumorosamente in Barge pedibus calcantibus partecipando le impressioni della gita ai premurosi nuovi compagni di marcia.Rasentiamo un caffè.“ Si manda giù un gelato? ” invita il dottore. “ No ” fa l’avvocato, “Ha la silhuoette del Viso!”. E’ ancora tutto imbronciato, e lancia torbide occhiate all’incauto avversario di disputa.Interponendo i nostri buoni uffici riusciamo a riappacificare i due vecchi amici.Mentre stiamo delibando la consumazione passa ondeggiando la gentile compagna di viaggio al braccio del suo maturo sostegno: il trepido causidico resta col cucchiaio tra i denti: “ Chi è quell’apparizione? ”, chiede al cameriere : “ Una villeggiante ” risponde flemmatico l’interrogato. Il sorriso mette dei lampi negli occhi stanchi del fervido aspirante, che sente rigermogliare in cuore la speranza. “ Al postutto” commenta il pedagogo, “ non sarebbe poi gran male se questa gita, che poteva chiudersi col truce epilogo di una tragedia eschilea, finisse invece come una buona commedia dell’antico stampo, con un matrimonio: sarebbe la meno terribile delle catastrofi, giacché le vittime si limiterebbero presumibilmente a due!”.Il compagno ha un guizzo di gioia ed alza il sorriso degli occhi al tremulo incanto, che piove dalle stelle.

Il fascismo, però, fece arrivare a Barge anche i “treni popolari” e, per la prima volta, si videro gli operai torinesi a spasso, per il paese. La gente del luogo non amava molto questo tipo di turismo, che non consumava nulla. Soprattutto, non amava il senso di superiorità di questi cittadini dei ceti popolari, che vivevano nel mito dell’ “élite operaia” e ritenevano i provinciali dei sempliciotti o “paisàn”, che a Torino è sinonimo di

contadini. Una di queste signore torinesi, vedendo i portici medievali di Barge, esclamò: “Oh... che pòrti bass!”. La risposta pronta d’una bargese del tempo, allora, in perfetto torinese, fu: “Còsa ch’a veul, col biètt da doe lire, i passoma mach lò-lì” (Cosa vuole, col biglietto ferroviario da due lire sono compresi solo questi).

... e per concludere, restando in tema, una canzone popolare ...

GIRO LE BETOLE

Giro le Bétole, giro i caffè,tutti mi guardano,non so il perché.

Tutti mi guardano,mi dicon: “ Sei bella!Pari una stella,caduta dal ciel!

Caduta dal cielo, mandata da Dio,che bel paradiso,che andiamo a goder!

Godere si può, goder si porrìao anima mia,consola ’sto cuor!

Consola ’sto cuore, consola ’sto amore,dalle mie penemi devi levar! ”.

“Levarti non posso, perché c’è la guerra,su questa terratu devi morir! ”.

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Michele GINOTTA, Un’escursione al Viso, Calandri, Moretta 1944.

Il Panorama AttualeBAR “ITALIA”Piazza Garibaldi, 10Tel. 0175.346389

Originariamente, fu un locale storico ottocentesco, ma, poi, venne continuamente rinnovato secondo i gusti della modernità. Gestito dalla società “ La Fornace” di Massimiliano Pieretto & C. a partire dal 10 dicembre 1997, è ospitato in 7 locali al piano terreno del Palazzo Municipale bargese. Si tratta di una Caffetteria, Sala thé e Gelateria (produzione propria; specialità “Brasiliana”, un gelato tradizionale, tramandato da molti decenni), con annessa Sala Giochi e TV.

CAFÉ “CENTRALE”Piazza Garibaldi, 13Tel.0175.346382http:// it-it.facebook.com/people/Cafe-Centrale/1628761349.

Locale storico, nato verso la metà dell’Ottocento e continuamente rinnovato, in seguito. Dal 2001 è gestito da “ Obabar” di Francesca Roccamatisi. Offre servizi di caffetteria, cocktail bar, wine bar ed è specializzato in aperitivi. Inoltre, espleta un servizio di ristorazione veloce e pizzeria. Funziona pure come vero e proprio ristorante. Infatti, la saletta rinnovata dispone di 30 coperti. Sono proposte serate musicali e cene a tema. Sono presenti anche una saletta etnica, dalle luci soffuse ed un ampio dehors. Il locale è corredato di tv con bouquet sport.

CAFFE’ “ROMA”Piazza San Giovanni, 5Teò. 0175. 846www.cafferoma.itwww.myspace.com/caffe_roma_barge

Locale storico alla francese (tipo “Bistrot”), in ambiente settecentesco, arredato con pezzi originali del secolo XIX, concepiti fin dall’origine per questo specifico Caffè. La nuova gestione ( Marco Polo snc di Romano Vanzin & C.) vi opera dal 4 luglio 1992. Il servizio offerto comprende: Caffetteria, Sala Thé, Ristorazione veloce, Paninoteca, Gelateria, Internet e wi-fi zone, vasta offerta di stampa quotidiana, nazionale e locale, nonché di settimanali e mensili. La specialità della casa sono il tradizionale “bicerìn” piemontese (caffè, panna e cioccolata), i “gòfri” (wafers artigianali, prodotti all’instante e da mangiarsi ancora caldi) e l’ampia scelta di tisane.

BAR “MAZZINI 38”Viale Mazzini, 38Cell. 333.2023404 La Caffetteria in questione è stata aperta nell’anno 2004 da Erika Ribotta ed è ospitata in 2 locali che si affacciano sul principale viale cittadino. L’attività è gestita con spirito metropolitano, per

cui l’apertura è anticipata alle 6 del mattino e la chiusura alle 20. Oltre al servizio caffetteria, vi si possono gustare panini e gelati. E’ presente un ampio dehors.

“MILK & COFFEE”Via Costanzo Carle, 90

Nel 2008, Giovanni ed Edoardo Griot, in società con Massimo Gatti, hanno deciso di aprire nel centro storico cittadino una Gelateria, che produce in proprio gelati e torte-gelato. Il servizio Caffetteria si caratterizza per il fatto che il caffè usato per le tazzine viene torrefatto direttamente. Il locale funziona quindi, anche come Torrefazione, con vendita al pubblico di caffè tostato. E’ punto di distribuzione dei famosi liquori della Ditta familiare “Baratier” di Pomaretto (Val Chisone). Possiede TV, all’interno e dehors, sotto il porticato esterno.

CAFFE’ “DEL BORGO”Via Verdi, 4Tel. 0175.343362

E’ stato aperto il 2 agosto 2001 da Aldo Turco: persona con vasta esperienza nel settore. Si tratta di un bar gestito con spirito e orari metropolitani, in cui si offrono anche piatti di ristorazione veloce. Specialità della Casa sono certamente le torte ed i biscotti di produzione propria. L’ambiente è corredato di TV, con bouquet digitale terrestre “Mediaset Club”. Il locale possiede anche un nuovo dehors fisso e riscaldato, in via Verdi, proprio all’angolo con viale Mazzini.

CAFFE' “DEL VIALE”Viale MazziniTel. [email protected] (bardelviale)

E' l'erede del “Bar Castello”, originariamente funzionante all'interno del castello inferiore di Barge e portato nel condominio di viale Mazzini negli anni Settanta del secolo scorso. Dal maggio 2006, è gstito da Luca Paschetta, che ha scelto il nuovo nome “Caffè del Viale”. Si tratta di una caffetteria di stile moderno, corredata di TV con bouquet “Sky” e di sala con “slot machines”.

“GAZEBO” BARPiazzetta della MadonnaTel. cell. 348.7030509

Caffetteria collocata in un simpatico gazebo metallico, di sapore “retro”, creato nell’ambito della completa ristrutturazione della piazzetta. La vista sul castello inferiore è particolarmente bella. Il locale è attualmente gestito da Simona Bruno Franco ed è specializzato nell’offerta di colazioni, aperitivi, panini e toast. Vengono utilizzati a richiesta “prodotti senza glutine”.

BAR “JOLLY” e DISCO-PUB “LA BOLGIA”viale Stazione

Il Bar “Jolly” è una moderna caffetteria, ospitata in uno stabile recente, esistente nei pressi della rotatoria per Bagnolo. Funziona come bar diurno e rispetta la chiusura domenicale. Il nuovo titolare gestisce contemporaneamente il Disco-Pub “La Bolgia”, esistente lungo il medesimo viale. Tale locale, pensato per una clientela giovane, è stata solo recentemente aperto in luogo della Pizzeria “Il Covo”. I servizi offerti sono: caffetteria-bar; ristorazione e pizzeria a mezzogiorno e sera; Venerdì e Sabato, musica disco; Domenica, disco-music '70/80, con ballerine di Latino Americano, ragazze immagine, spettacoli freestyle, concerti live. Resident dj: Jhonny Roger. Specialità “scrigno del diablo”. Tre locali interni: sala ristorazione, sala disco e sala fumatori.

BIRRERIA “LA MARIONETTA”Via Dana Borga 5Tel.0175 345173

In uno storico palazzo del centro, che già ospitò il Ristorante “Cannone d’Oro”, è nata nel 1983 la Birreria “La Marionetta”, fondata da Franco Dessì e Giovanni Martina. Attualmente, questo locale è gestito sempre da uno dei fondatori, Franco, assieme alla sorella Maria Paola. Sul piccolo palco debuttarono molti gruppi musicali del Pinerolese, il più importante dei quali è certamente “Africa Unite”. Oltre al normale servizio di birreria, vi si offre anche un servizio di ristorazione, che propone primi piatti freschi, taglieri e una scelta fissa di secondi piatti. In estate, viene aperto un simpatico dehors nel cortile.

PASTICCERIA – CAFFE’ – CONFETTERIA “LUCIANO”Largo Cesare Battisti 2 (angolo Piazza S. Giovanni)Tel.0175.346397

Nato come caffè, fu trasformato nei primi decenni del Novecento in pasticceria dal signor Reinaudo, detto “Procìn”, che si specializzò in una famosa bottega artigiana saluzzese. Nel 1934, durante la prima esposizione campionaria denominata “Ottobrata bargese”, l’azienda lanciò il prodotto che più la fece conoscere: i “Bargesini al Rhum”. Oggi, essa è gestita dai Fratelli Michienzi, che la ereditarono nel 1999 dal loro zio. Le produzioni artigianali di pasticceria fresca e secca seguono rigorosamente la tradizione piemontese. L’esercizio è stato uno dei primi ad aderire, con specifici suoi prodotti, al progetto della Denominazione Comunale d’Origine (De.C.O.). Accanto all’attività principale, i fratelli Michienzi si dedicano anche alla vendita di confetti e caramelle delle migliori marche e offrono al pubblico un servizio di caffetteria. In estate, funziona un piccolo dehors.

PASTICCERIA “DOLCI MOMENTI”Viale Mazzini

Pasticceria con annessa sala da thè e dehors esterno. Servizio caffetteria e gelateria. Déhors estivo.

“SUNRISE” Cafèvia Bagnolo 52Tel. 0175.343147

Il nome si deve alla sua eccezionale posizione panoramica, con vista ad Oriente. Locale moderno e giovanile, aperto nel 2006, in un nuovo edificio di via Bagnolo. Offre servizi di caffetteria, tavola calda, coktail bar, centro scommesse sportive autorizzato, slot machines.

Ristorante “d’ANDREA”Via Bagnolo, 37 (località “Belvedere”)Tel. 0175.345735Cell. 333.3216665e-mail: [email protected]

Aperto nel 1972 da Andrea Roberto, col nome di “Belvedere”, è passato al figlio Marco, cuoco professionista e, ora, costui lo gestisce con la moglie Mara Banchio, che si occupa della sala. Situato lungo la provinciale che conduce verso Bagnolo Piemonte, la val Pellice ed il Pinerolese, è composto da due sale, un ingresso e un dehors. Propone cucina del territorio (rivisitata): in particolare, piatti a base di pesci e funghi. Il titolare è stato promotore dell’Associazione Ristoratori Bargesi e aderisce all’iniziativa “Eccellenza al Palato” di Regione Piemonte, Confartigianato e CNA. Il locale è segnalato dalla Guida Gantié e ha ottenuto due forchette Michelin. Chiusura il Mercoledì.

RISTORANTE “ ’D LA PICOCARDA”Via Cardè, 71 (Crocera di Barge)Tel. 0175.30300 E-mail: [email protected]

Nel gergo della vecchia mala torinese, la “ picocarda” era un tipo d’orologio ovvero la cosiddetta “cipolla” da taschino. Titolare di questo ristorante, aperto nel 1996, è lo chef Giuseppe Picotti, che già aveva gestito altri due ristoranti bargesi: lo storico “Cannone d’Oro” e, poi, il “Belvedere”. Collocato in una vecchia cascina, completamente ristrutturata, “La Picocarda” offre servizio di ristorazione per un massimo di 45 coperti. Il suo cuoco predilige i prodotti locali, ma ciò che caratterizza davvero questo ristorante nell’ambito del panorama regionale è la cucina a base di pesci di mare, acquistati direttamente all’asta di Imperia. Chiuso il Lunedì sera e il Martedì. Ferie ad agosto

RISTORANTE “ËL SACOCIN”Via Costanzo Carle, 135Tel. 0175. 343625

Nato nel 1995, per volontà dei giovani coniugi Massimo Aimar e Manuela Comba, questo Ristorante, che sorge sulla Piazzetta della Madonna, a pochi passi dal castello, si è subito caratterizzato per la cucina raffinata e creativa (tradizionale rivisitata, anche a base di funghi e tartufi, in stagione). Il nome richiama, in piemontese, il “taschino del panciotto” d’altri tempi. Vi sono presenti tre sale da 40 coperti. Citato su: Guida Espresso 2007, Critica e Golosa 2007,

Paolo Massobrio, La Gola in Tasca di Alice. Ha ottenuto il Marchio di Qualità 2007/8 della Camera di Commercio di Cuneo.

RISTORANTE “SAN GIOVANNI”Piazza S. GiovanniTel. 0175346078

Locale realizzato nel 1992, cercando l’equilibrio architettonico tra l’antico e il moderno. E’ gestito da Giangiacomo Moschetti , che è l’erede di una famiglia impegnata per decenni nel settore della ristorazione, essendo stata titolare del “Cannone d’Oro”. La nuova cuoca sta tentando di tornare a privilegiare la cucina tradizionale piemontese, senza abbandonare del tutto quella innovativa. I coperti sono 50. L’orario è recentemente cambiato (tutti i Mercoledì, Giovedì e Venerdì, aperto solo solo a cena; Sabato e Domenica, aperto tutto il giorno. Lunedì e Martedì, chiuso)

TRATTORIA LOCANDA DEL CONVENTO “La Genzianella”Via Monte Bracco , 63Tel. 0175.346398sito Internet: www.locandadellatrappa.it

Si trova da decenni nell’edificio comunale che già ospitò la scuola frazionale di Mombracco, in prossimità della ex Trappa. Dal 2000, è gestito da Anna Gaido, che offre un servizio di bar, ristorazione e ospitalità. I coperti sono 80 all’esterno, cui si aggiungono altri 100, all’esterno, nella stagione estiva. La cucina, curata dal figlio della titolare, offre un vasto menu di piatti tipici locali: antipasti tipici piemontesi, fritto misto piemontese, funghi, zuppe, selvaggina, gran bollito, vini regionali. Si presta grande attenzione a privilegiare prodotti del territorio. Sopra la Trattoria, al primo piano dell’edificio, si trovano le camere per gli ospiti, che hanno complessivamente 10 posti letto. Il locale è aperto tutto l’anno, nonostante sia a circa 1000 metri d’altitudine. All’esterno esistono piazzole per solarium e giochi bocce.

TRATTORIA “NUOVA SOCIETA’”Via Carle Costanzo, 54Cell. 3391006123

Si tratta di un tradizionale Bar e Trattoria con Sala Carte, che è l’erede della tradizione della “Società Generale di Mutuo Soccorso fra gli Operai di Barge” bargese. Situato nel cuore del centro storico, i suoi spazi sono ricavati in un antica abitazione medievale restaurata da poco, sotto i portici della quale è ospitato il dehors. Dal 2005, è gestito da Luca e Miriam. Offre cucina tipica casalinga piemontese: vi si possono, perciò, trovare le ancioe al vèrt (acciughe in salsa verde), i tomin (formaggio fresco locale), il bros (altro formaggio tipico piemontese), antipasti fatti in casa ed altri piatti della tradizione familiare d’un tempo. Il tutto è innaffiato da sincero vinello del luogo. I coperti sono 55.

OSTERIA “IL GALLO”, TRATTORIA “LE BELLE ARTI”via Monte Media 16Tel. 0175. 346394

“Il Gallo” è la più antica osteria tuttora esistente in Barge. Dagli inizi del '900, si trovava ospitata in un vecchio palazzo di viale Mazzini, che è stato solo recentemente abbattuto e sostituito da un nuovo condominio. Nel dopoguerra, all'osteria in questione era annessa la Sala Danze “Aurora”. La storica titolare, signora Domenica ha continuato la propria attività anche dopo la dipartita del marito Chiaffredo. In seguito all'acquisto del piano terreno dell'ottocentesca villa Ferrero, vi ha aperto la Trattoria “Belle Arti”, così chiamata per l'accurato restauro a cui sono stati sottoposti gli affreschi in stile Liberty presenti in quel luogo. L' “Osteria del Gallo”, invece, è stata trasferita in una piccola pertinenza moderna della villa medesima. Per un certo periodo, sono continuate anche le danze, in un nuovo padiglione realizzato nel cortile, ma ormai da alcuni anni questo servizio al pubblico è stato soppresso.

TRATTORIA-BAR “DIN DON”Via Paesana, 83 (Mondarello)Cell. 333.1271878 338.8881225

Locale a conduzione familiare, gestito, a partire dal 2005, da Mauro e Luisella. E’ l’erede delle vecchie Osterie della frazione Mondarello. L’immobile che lo ospita sorge lungo la direttrice per Paesana e Crissolo, che porta al Monviso. Il nome gli viene dal campanaccio per bovini, che il gestore ha appeso sopra la porta d’ingresso. I coperti interni sono 30 e quelli all’esterno, 80. La cucina è quella tipica piemontese, con particolare attenzione per la cacciagione, per le grigliate miste e la carne alla brace. L’offerta si estende non solo al pranzo ed alla cena, ma anche alle tradizionali “ marende sinòire” piemontesi.

TRATTORIA “DEL GIARDINO” Via Crocetta, 1Tel. 0175.346384

Bar-Trattoria di vecchia tradizione della frazione San Martino, in quanto erede di una antica Osteria, situata lungo la provinciale per Saluzzo. La gestione attuale è subentrata nel 1986. Ne è titolare Maria Margherita Veglia, coadiuvata dal proprio figlio. Il locale offre piatti di tradizione locale, ma la sua specialità sono certamente gli antipasti tipici, i primi e secondi piatti casalinghi, funghi, bollito, bagna caoda ed il fritto misto alla piemontese, il tutto innaffiato con vini di Assarti e altri vini regionali. I coperti sono 60. E’ in progetto un dehors estivo. Agli orari di pranzo: menù fissi per lavoratori. A cena e nel weekend: possibile prenotazione.

TRATTORIA SAN MARTINOVia S. Martino 110Tel. 0175.346428

Appartenente alla famiglia Rolando dal 1948, si tratta di un locale storico della frazione San Martino, esistente lungo la provinciale e, più precisamente, nelle vicinanze della rotatoria che conduce, da una parte, verso Revello e, dall’opposta, in direzione di Cavour e della Statale dei

laghi di Avigliana (che passa a circa 5 km). Offre un servizio di bar e trattoria, con un max. di 70 coperti in sala. La cucina è quella tipica piemontese, casalinga, con vasto assortimento di antipasti, fritto misto, minestra con trippa, dolci fatti in casa e vini locali e regionali. L’assortimento è legato alla stagione. Le prenotazioni sono gradite. Chiuso Martedì sera e Mercoledì.

TRATTORIA “LUNA D'ARGENTO”Via Cuneo (Statale laghi d'Avigliana – Crocera di Barge)Tel. 320.2652094

Gestita dalla signora Franca Rolando, è una trattoria aperta nell'anno 2006. Ristorazione fresca a pranzo e anche a cena (ma, in tal caso, solo su prenotazione, nell giornate di Venerì, Sabato e Domenica). Menu turistico. Servizio caffetteria.

“LA PICCOLA CUCINA”Via Cuneo 24/B (Statale laghi d'Avigliana – Crocera di Barge)Tel. 333.1968328

Trattoria-bar esistente presso il distributore di carburanti della frazione Crocera. E' gestito dal 2006 dai coniugi Marconetto. Offre normalmente il servizio di caffetteria e ristorazione fresco (solo a pranzo). Slot machines.

RISTORANTE-PIZZERIA-BAR “AL CAMPO”Via Azienda Moschetti , 5(presso il Palazzetto dello Sport)

Dal 2008, il cuoco Paolo Margaria ha assunto la gestione del Ristorante degli Impianti Sportivi Comunali bargesi. La conduzione è di tipo familiare e la ristorazione tradizionale piemontese (comprendente piatti del tempo che fu, come la “finanziera”). In pratica si tratta d’una cucina valorizzante i prodotti del territorio (carne, funghi, pesce) e i vini locali. I coperti sono 120. Due gli spazi principali accessibili al pubblico: un salone per banchetti e una sala più piccola, per cene più intime. Il tutto è completato, all’esterno, da un ampio dehors ed un’area verde. A mezzogiorno: menu fisso (con doppia scelta per ogni portata). Si prevedono serate a tema.

PIZZERIA-RISTORANTE “LA VECCHIA STAZIONE”Piazza Stazione 5Tel. 0175. 349127www.lavecchiastazione.it

Erika De Cristofaro ha aperto questo locale, ex novo, nell'anno 2003, in ambienti precedentemente occupati da una discoteca e prima ancora, da una sala danze. Il servizio di ristorazione viene offerto sia a mezzogiorno, che a cena, mentre il forno per le pizze è acceso solo di sera. Tra le specialità si annoverano i piatti di pesce e gli antipasti, sia nazionali, che tipici della tradizione piemontese. La pizzeria offre anche il servizio da asporto. I coperti sono 120 al pian terreno, più 30 nella sala superiore. Il ristorante effettua anche il servizio “catering” ed è disponibile per pranzi e cerimonie. Chiusura settimanale: il Martedì sera.

PIZZERIA “LA NUOVA RUOTA”via Bagnolo 31Te. 0175.346130

Questo locale è la prima pizzeria aperta in Barge, nell'ormai lontano 1982. L'attuale titolare, Marco Benedetto, l'ha rilevata nell'anno 2000. Attualmente, egli offre contemporaneamente, sia il servizio di ristorazione comune, che quello di pizzeria. I coperti sono 180, all'interno e 72, nel déhors. Sono possibili cene intime, in separé. Tra le specialità culinarie si annovera, in particolare, la grigliata mista di pesce e carne, cotta in forno a legna.Apertura esclusivamente serale.

“ALTER” HOTEL E “LACET BAR”Cat. ****piazza Stazione 1 tel: 0175 349092 prenotazioni telefoniche al n. tel. 199.763.642 (0,11 € / minuto)www.alterhotel.it .

Carte di Credito accettate: American Express; Mastercard; Pagobancomat; Visa Lingue straniere parlate dal personale: Francese; Inglese.Servizi generali: Reception 24h con check-in e check-out rapidi, Deposito bagagli, Deposito sci, Cassetta di sicurezza. Parcheggio gratuito. Riscaldamento. Giardino. Camere non-fumatori, Camere anallergiche, Camere insonorizzate, Camere / strutture per ospiti disabili, Ascensore. Animali domestici ammessi. Navetta verso i principali aeroporti (Milano Malpensa, Torino Caselle, Cuneo Levaldigi).

Da una struttura industriale dei primi del Novecento, nata per ospitare una distilleria e, poi, una manifattura di pizzi e merletti, è stato recentemente ricavato un hotel di charme dalla società “Agnes sas” di Silvio Luciano. Per il recupero architettonico è stato prediletto un allestimento che pone al centro l’attenzione per il design ed a cui si affianca una collezione d’arte e fotografia contemporanea. Le camere dell'Alter hanno tutte linee pulite e spazi generosi e sono accessoriate con materiali di alta qualità, dai dettagli unici: infatti, dispongono di aria condizionata, cassaforte, telefonia Bang & Olufsen, connessione Internet wireless gratuita, televisori a schermo piatto con programmazione satellitare, doccia-idromassaggio e alcune offrono una terrazza privata, con vista sul bel parco. Ogni mattina viene distribuita gratuitamente, al piano, frutta fresca, acqua naturale e frizzante e quotidiani. L'area fitness (dotata di attrezzature technogym) è integrata con il campo da tennis (nel parco) e il campo da squash (interno), una sala per il bagno turco e docce-idro. Nell'area massaggi, possono essere richiesti trattamenti estetici e rilassanti. Un brunch è consumabile presso il Bar “Lacet”, situato in un luogo tranquillo, tra la Hall e il parco, dove svetta un bel cedro atlantico. I cibi a disposizione fanno riferimento alla ricca offerta della enogastronomia piemontese, spaziante dalla tradizione alla contemporaneità. La caffetteria è aperta anche ai non ospiti e rappresenta l'idale per un appuntamento di lavoro, un caffè o un cocktail tra amici,in un ambiente di classe . I clienti dell'hotel possono anche cenare o pranzare in un'apposita sala o, se il tempo lo permette, sulla terrazza panoramica. Su prenotazione, è possibile visitare l'esposizione di auto d'epoca ospitata nei sotterranei, battezzata col nome di “Garages United”: vi sono presenti automobili Fiat e Lancia degli anni '20 e '30 del Novecento.

BED&BREAKFAST “VILLA TERESA” Cat.** Via Cursaglie, 9 Tel. e Fax +39 0175 343902 -Cell. +39 328 3012583 E-mail: [email protected]

La struttura è ospitata in una recente villa, disposta su 2 livelli. Ai locali ai piani indicati va aggiunta la mansarda ed una prossima minipalestra. L’edificio è circondato da 2000 metri di giardino (messo a disposizione per eventuali feste, comunioni, matrimoni) ed è immerso nel verde. Vi si gode una magnifica vista della catena montuosa del Monviso e della Rocca di Cavour. La zona è particolarmente tranquilla, in quanto lontana dal caos della grande città.

BED&BREAKFAST “IL BOSCO DELLE TERRECOTTE”Cat. *** Via Vigne di Spagna 18Tel. e fax +039 0175 343671 - cell. 333 7107551 - 339 4353859www.ilboscodelleterrecotte.it.E-mail:[email protected]. Il bosco delle terrecotte è un bed and breakfast immerso nella quiete delle vigne e dei boschi della collina di Barge. Ideale punto di partenza per escursioni in montagna nello splendido scenario del Monviso, o nella incantevole cornice di Saluzzo. Agli ospiti viene proposto di condividere lo spirito di tutela e di valorizzazione dell'ambiente che caratterizza la vita dei gestori, Marco e Silvia, e che si rispecchia nelle scelte attuate nella ristrutturazione della cascina, con criteri di bioedilizia e di sostenibilità ambientale, garantiti dall’acquisizione del marchio europeo Ecolabel.Il B&B accoglie gli ospiti in confortevoli camere a tema (ognuna è dedicata ad un fiore), dall’arredo curato e personalizzato.Gli ospiti, durante la loro permanenza, possono assaporare la quiete del paesaggio circostante, sperimentare le tecniche di lavorazione e cottura della ceramica raku, intraprendere percorsi in mountain bike con le bici a loro disposizione, partecipare ad una vendemmia, o semplicemente rilassarsi al sole regalandosi il tempo di leggere un buon libro.

AZIENDA AGRITURISTICA “CASCINA NUOVA” Via Soleabò, 27 Tel. 0175.30132 - Fax 0175.390800E-mail: [email protected]

La famiglia che gestisce questa struttura ha deciso di fuggire dalla città nel 1998. Dopo l’acquisto di questa cascina di pianura, risalente al 1870 ed una sua ristrutturazione durata ben tre anni, la decisione di attrezzarla a fini agrituristici, mantenendo il nome della tenuta agricola.La conduzione è di tipo familiare. La nonna si dedica prevalentemente alla cucina e alla lavorazione dei prodotti orto-frutticoli. Il nonno fa l’agricoltore e, occasionalmente, aiuta la moglie in cucina, La figlia Laura aiuta la madre nella preparazione di marmellate, conserve, agnolotti e tagliatelle e, con il marito Dario accoglie gli ospiti dell’agriturismo nella sala ristorante. Proprio Dario si divide tra il maneggio dei cavalli e la coltivazione “fuori suolo”, in serra, delle fragole e , a cielo aperto, di piccoli frutti, che vengono direttamente venduti o utilizzati per la preparazione delle marmellate..E’ prevista, in futuro, la realizzazione di camere, per l’accoglienza di ospiti.

ENOTECA “LA DOLCE VITE”Via Costanzo Carle, 99Tel. cell. 348.7643962/346.6608868

Rivendita tradizionale di prodotti tipici e vini locali e nazionali, aperta nel 2003 e gestita da Maria Gabriella Reinaudo assieme al consorte Silvio Locatelli, sommelier professionista e degustatore ufficiale. L’attività si caratterizza per la grande valorizzazione delle tipicità locali e regionali ed aderisce alla filosofia dei “prodotti a km zero”.

AZIENDA VITIVINICOLA “LE MARIE” di Valerio Raviolovia S. Defendente [email protected]. e fax 0175. 345159cell. 335.6441042 – 333.7436495

“Le Marìe” è il nome di due cascine (“Marìa Veja” e “Marìa Neuva”) esistenti nel territorio vinicolo di Assarti: appellativo che si spiega con il fatto che il terreno rosso di tale zona fosse considerato “marì”, cioè cattivo, per coltivazioni differenti da quella della vite. Da alcuni anni, questa azienda sta riportando agli onori del passato i vitigni classici del “PINEROLESE D.O.C.” (Barbera, Dolcetto, Freisa e Bonarda), producendo vini rossi di carattere e di schietta personalità. La maggior parte dei medesimi sono ottenuti in purezza, mentre dall’abbinamento di uve Barbera (45%), Nebbiolo (45%) ed altri vitigni autoctoni (10%) nasce il “Debarges”. Accanto ai rossi, però, “Le Marìe” produce anche una quantità ridotta di due ottimi bianchi da tavola: il “Blanc de Lissart” ed il “Blançonnay”. Il numero totale di bottiglie annualmente prodotte assomma a circa 20.000. L’intera famiglia Raviolo si occupa dell’attività vitivinicola con dedizione, passione ed amore, avvalendosi della collaborazione dell’enologo Gianfranco Cordero. Su una proprietà agraria di 11,5 ettari complessivi, quelli vitati sono circa 6, cui si aggiungono altri 4 ettari condotti in affitto. L’esposizione dei vigneti è a Sud-Est. L’altitudine 350 metri slm. Il tipo di terreno è sub-acido, con alto contenuto di argilla. Il microclima è asciutto e ventilato, con buona esposizione al sole. La densità del piantamento è pari a 4000-5000 ceppi per ettaro, a seconda del tipo di vitigno. Il sistema di allevamento è il Guyot semplificato, con un solo capofrutto, per favorire la maturazione. Viene operato, naturalmente, un diradamento dei grappoli. La resa per ettaro è pari a 65 quintali per il Dolcetto e un poco di più per le altre uve. L’epoca della raccolta: fine settembre, inizio ottobre. L’affinamento del vino Barbera e Desbarges avviene per 4 mesi in acciaio e 12 in legno di rovere. Il Dolcetto, la Bonarda, la Freisa e i vini bianchi restano in acciaio per 7/8 mesi. La durata dei vini prodotti varia dai 7 anni, circa, per Barbera e Desbarges e 3 o 4 anni per il Dolcetto. La tesatura di servizio dei rossi è di 18°/20°. La cantina è visitabile ogni Sabato dalle 8,30 alle 12 e dalle 14,30 alle 18,30 e negli altri giorni (compresa la Domenica), su appuntamento.

AZIENDA VITIVINICOLA “GIORGIO BELTRAMO”Via Cardè 5Tel. 0175.346900Cell. 340.2317597 e 339.6805272

La famiglia Beltramo produce vini da moltissime generazioni, sempre in quel di Barge, ma, in particolare, Giorgio Beltramo ha iniziato a vinificare con metodi moderni solamente dal 1996.

Per un certo tempo, proprio costui è stato contitolare dell’azienda “Le Marìe”, mentre oggi opera sul mercato direttamente col proprio nome, coadiuvato dal figlio. I suoi vigneti si trovano tutti nella zona detta Assarti, a circa 360 m. slm, con una esposizione Sud/Sud-Est. Si tratta di due ettari di terreni vitati argillosi, sub-acidi. Il sistema di allevamento è il Guyot, con diradamento dei grappoli. La densità dell’impianto raggiunge una media di 4000 ceppi per ettaro. La resa media è di 65 quintali per ettaro. L’epoca di raccolta delle uve cade, in genere, verso la metà di ottobre. “Beltramo” produce un Pinerolese Dolcetto a D.O.C. (in purezza) e il “Nero di Luna”, un Pinerolese Rosso a D.O.C. (Nebbiolo 80% e Barbera 20%), oltre al vino da tavola Bianco del Viso. Le bottiglie s’aggirano complessivamente sulle 3000, mentre per il momento si privilegia ancora la vendita di vino sfuso. Per quanto concerne il Dolcetto, si effettua una di raspatura e pigiatura soffice. La fermentazione avviene in botti d’acciaio a temperatura controllata. In particolare, la fermentazione malolattica ha luogo prima dell’inverno. Gli altri vini rossi sono lasciati 2 mesi in vasca d’acciaio e per 10 mesi vengono affinati in botti di rovere. La longevità di tali vini si aggira sui 5 anni. Vanno serviti a una temperatura ottimale di 18° (Dolcetto)/20° (Nero di Luna). La cantina è visitabile il Sabato dalle 8,30 alle 12 e dalle 14,30 alle 18,30 e negli altri giorni, su appuntamento.