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1 SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003) Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO (Curriculum Interprete e Traduttore) Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA Dalla Confusio Linguarum all’ UNL Program, il sogno di una Lingua Universale. RELATORI: CORRELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri prof.ssaMariaNocito prof. Kasra Samii prof.ssaClaudia Piemonte CANDIDATA: ANDREA PRINCIPIA ANNO ACCADEMICO 2013/2014

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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)

Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma

TESI DI DIPLOMA DI

MEDIATORE LINGUISTICO

(Curriculum Interprete e Traduttore) Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE

IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

Dalla Confusio Linguarum all’ UNL Program, il sogno di una Lingua Universale. RELATORI: CORRELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri prof.ssaMariaNocito prof. Kasra Samii prof.ssaClaudia Piemonte

CANDIDATA: ANDREA PRINCIPIA

ANNO ACCADEMICO 2013/2014

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Sommario 

Introduzione ______________________________________________ 6  

Capitolo 1 ________________________________________________ 8 

1.1 Confusio Linguarum  8 

1.2 Adamo <<nominibus suis>>  9 

1.3 Greci  11 

1.4 Dante  12 

1.5 Ebraico  15 

1.5.1 Sant’Agostino  15 

1.5.2 Storia ebraico  16 

1.5.3 Postel  17 

1.5.4 Il Furore Linguistico  18 

1.6 Altre tesi  21 

1.7 Poligenetica delle Lingue  23 

1.7.1 Tesi pre- ebraica  24 

1.7.2 Ipotesi Nazionalistiche  26 

1.7.3 Filosofi contro il Monogenetismo  30 

 

Capitolo 2 ____________________ Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.1 Alfabeto egizio  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2 Orapollo  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3 Kircher e l’Egitto  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.4 La stele di Rosetta  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.5 Le critiche sui geroglifici  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.5 Kircher e il cinese  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.6 Linguaggio dei segni  Errore. Il segnalibro non è definito. 

 

Capitolo 3 ____________________ Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.1 Modello semiotico di lingua naturale  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2 Pasigrafia e pasilalia  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2.1 Kircher e la pasigrafia  Errore. Il segnalibro non è definito. 

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1.2.2 Cave Beck  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2.3 Becher  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2.4 Kaspar Schott  Errore. Il segnalibro non è definito. 

 

Capitolo 4 ____________________ Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.1 Le Lingue Artificiali  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2 Lingue “a priori” e Lingue “a posteriori”  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.1 Lingue Filosofiche “a priori”  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.2 Bacone  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.3 Descartes  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.4 Comenio  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.5 Lodwick  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.6 Wilkins  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.7 Dalgarno  Errore. Il segnalibro non è definito. 

 

Capitolo 5 ____________________ Errore. Il segnalibro non è definito. 

1. Le Lingue Filosofiche, dall’Illuminismo all’Europa  Errore. Il segnalibro non è 

definito. 

1.2 Il SoReSol  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2. Le Lingue Ausiliarie Internazionali (LIA)  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.1 Il Volapük  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.2 L’Esperanto  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.2.1 La storia  Errore. Il segnalibro non è definito. 

2.2.2 La grammatica  Errore. Il segnalibro non è definito. 

 

Conclusioni __________________ Errore. Il segnalibro non è definito.  

 

 

 

 

 

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Introduction __________________ Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.1 Artificial languages  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.2 A posteriori and a priori languages  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3 1600. An extraordinary period for England  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3.1 Francis Bacon  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3.2 René Descartes  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3.3 Jan Amos Komenský  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3.4 Francis Lodwick  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3.5 John Wilkins  Errore. Il segnalibro non è definito. 

1.3.6 George Dalgarno  Errore. Il segnalibro non è definito. 

Conclusion ___________________ Errore. Il segnalibro non è definito.  

 

1.Die Neue Sprache der Enzyklopädie _____ Errore. Il segnalibro non è definito. 

2. SoReSol  Errore. Il segnalibro non è definito. 

3. Konstruierte Sprachen oder Plansprachen  Errore. Il segnalibro non è definito. 

4. Volapük  Errore. Il segnalibro non è definito. 

5. Esperanto  Errore. Il segnalibro non è definito. 

5.1 Geschichte  Errore. Il segnalibro non è definito. 

5.2 Grammatik  Errore. Il segnalibro non è definito. 

Schlusswort __________________ Errore. Il segnalibro non è definito. 

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Introduzione

Sin dalle origini del mondo, l’uomo si è sempre trovato a dover

comunicare o comunque a provare a farlo: sia per necessità, come all’epoca

degli uomini delle caverne dove per cacciare c’era bisogno di cooperazione

all’interno del gruppo di caccia; sia per piacere, come nei secoli più recenti,

con la lingua dei poeti e degli scrittori, usata per esprimere i sentimenti e lo

stato d’animo del proprio Io interiore. La lingua è mutata, cambiata: da una

struttura di base composta da soggetto, verbo e predicato, ad una più ricca,

dando vita ad uno strumento potente in grado di scatenare guerre, o descrivere

il mondo sotto molti punti di vista.

Con la lingua si crea, si distrugge e si ferisce, e ovviamente, non ce n’è

solo una: la lingua cambia anche da paese a paese, da città a città. È difficile

trovarne una uguale ad un’altra, ci sarà sempre qualche sfumatura, anche la

minima impercettibile, che differenzia un “dialetto” da un altro. Non ci

rendiamo mai conto di quanto sia vasto il nostro patrimonio linguistico e molte

volte tendiamo a soffocare le minoranze linguistiche e dialettali, come ad

esempio quelle dei piccoli borghi, in favore dei concetti di uniformità e

standardizzazione della lingua.

Tali concetti non nascono forse dalla necessità di sentirci parte di

qualcosa, che sia un sistema, una nazione o il mondo, anche se divisi sotto

molti punti di vista?

L’uomo nel corso della sua storia ha sentito il bisogno di unire il mondo,

di cancellare le diversità, i fraintendimenti e i conflitti generati dalla presenza

di plurilinguismo; tale unità doveva verificarsi, però, sotto tutti i punti di vista.

Come vedremo nel corso di questa tesi, lo studio e la ricerca di una

lingua unica, in grado di abbattere tutti i muri e in grado di innalzare l’uomo

verso Dio, sono stati favoriti o per meglio dire, alimentati, da due bisogni

primari. Questi bisogni sono importanti, sia perché sono alla base dell’operato

dell’uomo, sia perché permettono di dividere la storia della ricerca della lingua

perfetta in due grandi filoni.

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La prima parte, comprenderà quel lungo periodo storico che va dalla

Torre di Babele(quindi dalla Confusio Linguarum)agli albori del 1600.

Il carburante che alimenterà il percorso a ritroso che ci porterà alla

“riscoperta” della lingua originale, primaria o <<adamica>>1come la chiama

Umberto Eco, sarà la volontà dell’uomo di tornare al principio, di riscoprire la

lingua che uscì dalla bocca del primo uomo esistito sulla Terra(in altre parole

Adamo)o, come sostengono alcuni, la lingua che usò Dio nel rivolgersi per la

prima volta a quest’ultimo.

La seconda parte invece, riguarderà l’arco di tempo che va dal 1600 fino

ai nostri giorni, dove il combustibile della ricerca non sarà più l’aspetto

religioso, ma quello filosofico e soprattutto quello commerciale, passando

dall’idea utopica di lingua perfetta, alla più materiale idea di lingua pratica.

L’aspetto filosofico prevarrà nei primi anni con filosofi del calibro di

Kircher, Komensky (italianizzato Comenio) , Becher e Dalgarno che si

adopereranno per comporre una lingua basata soprattutto su numeri e

poligrafie, in grado di sintetizzare ed analizzare tutte le lingue presenti in

natura.

Con la nascita dell’Europa invece, si punterà alla creazione di Lingue

internazionali ausiliarie (LIA) per favorire un’unità linguistica, non puntando

più ad una lingua perfetta e soprattutto sacra, ma ad una lingua perfezionata,

avente una grammatica molto semplice, in grado di annientare tutte le difficoltà

e gli ostacoli insiti in ogni idioma.

                                                            1 U. Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma-Bari, 1993

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Capitolo 1

1.1 Confusio Linguarum

« Tutta la terra aveva una sola

lingua e le stesse parole. Emigrando

dall'oriente gli uomini capitarono in

una pianura nel paese di Sennaar e vi

si stabilirono. Si dissero l'un l'altro:

"Venite, facciamoci mattoni e

cociamoli al fuoco". Il mattone servì

loro da pietra e il bitume da cemento.

Poi dissero: "Venite, costruiamoci

una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non

disperderci su tutta la terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli

uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un solo popolo e

hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno

in progetto di fare non sarà loro possibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro

lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse

di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò

Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li

disperse su tutta la terra. »2

Il pezzo sopra citato, riguarda l’episodio della Torre di Babele descritto nel

libro della Genesi 11. Quest’ultimo ha un risvolto molto importante sulla diffusione e

sulla nascita di nuove lingue, perché si pensa che da questo punto della storia

dell’uomo, si sia creata la Confusio Linguarum.

In questo passo ci si riferisce alla costruzione di questa Torre, sul fiume Eufrate

nel Sennaar, in Mesopotamia, da parte degli uomini che volevano arrivare al cielo e

raggiungere Dio. Secondo quanto narrato, all'epoca essi parlavano tutti la medesima

                                                            2Genesi, 11,1-9

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lingua e invece di seguire l’ordine di Dio che li esortava a disperdersi e creare vita,

sfidarono la sorte per la gloria. A quel punto Dio creò scompiglio facendo in modo

che le persone parlassero lingue diverse impedendo così la terminazione della torre.

Interpretando questo passo della Genesi, molti intellettuali considerarono la

creazione di lingue diverse come una punizione divina, secondo alcuni studi infatti,

sarebbero 72 le lingue venutesi a creare da quell’episodio, e con il passare degli anni,

si divisero creando la tanto agognata pluralità delle lingue.

Seguendo quindi questa tesi, uomini di chiesa come Sant’Agostino tentarono in

tutti i modi di scoprire o meglio di riscoprire la lingua <<adamica>>, ritenuta perfetta

e senza peccato, cercando in questo modo una via per ricongiungersi al Signore.

Ma questi studi, andranno a ritroso nella storia della Genesi, in quanto bisogna

<< cominciare dall’inizio>>3ovvero dalla creazione del mondo e di Adamo ed Eva.

1.2 Adamo <<nominibus suis>>

Nello studio e nella ricerca della lingua <<adamica>>, molti filosofi e linguisti

si sono interrogati sulle vicende narrate nel libro della Genesi. Quest’ultimo infatti,

costituisce una testimonianza importante sulla nascita della lingua primordiale,

perfetta e senza peccato, che è stata dimenticata e trasformata dagli uomini con il

passare del tempo, portandoli a formulare varie ipotesi su questo argomento.

La più avvalorata tra quest’ultime è sicuramente l’ipotesi di Adamo come

Nomoteta, ovvero come colui che inventò la prima forma di linguaggio.

Nel libro della Genesi (2, 19 sgg.) si dice che << Dio plasmò ancora dal suolo

tutte le fiere della steppa e tutti i volatili del cielo e li condusse all’uomo per vedere

come li avrebbe chiamati; e in qualunque modo l’uomo avrebbe chiamato ogni

essere vivente, quello doveva essere il suo nome.>>.

Leggendo questo passo, il quesito che ci si pone è questo: su quali basi Adamo

ha nominato gli animali?

A questa domanda non c’è una risposta specifica, si sa solo che, continuando a

leggere la Genesi, Adamo ha chiamato tutti gli animali ed ogni essere vivente <<

                                                            3U. Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma-Bari, 1993, p.13

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nominibus suis>> ovvero con il loro nome, il vero nome, quello giusto e che gli

spettava secondo un disegno divino. In questo modo l’uomo ha stabilito la propria

superiorità su tutte le specie e le cose create da Dio.

L’argomento dell’attribuzione dei nomi, verrà ripreso in seguito da Claude

Duret, un giudice che nella sua opera: Thrésor de l’histoire des langues de cet

univers, si occuperà della riscoperta della lingua adamica affermando, come vedremo

in seguito, che la lingua ebraica è la lingua utilizzata da Adamo per esercitare la

“professione” di Nomoteta.

Il filosofo Filone attribuisce ad Adamo l’origine del linguaggio, essendo il

primo nato sulla Terra e avendo una capacità gnoseologica che gli permetteva di

denominare e chiamare ogni cosa con nomi che rispecchiano in modo perfetto la

natura delle cose. Questi nomi, che hanno una valenza divina, sono così perfetti che

chiunque li senta non può che trovarsi d’accordo con il Nomoteta.

La domanda che sorge spontanea è: perché se i nomi dati da Adamo erano

perfetti, si sono persi o moltiplicati?

Sempre secondo Filone, questo fenomeno si è verificato a causa

dell’allontanamento di Adamo ed Eva dal Paradiso. La cacciata di questi ultimi dal

Regno dei Cieli non ha fatto altro che allontanare il Nomoteta dalla vera essenza

delle cose, dandogli una visione più “umana”. Come sappiamo, un oggetto può

essere interpretato in molti modi, ed è per questo che gli uomini hanno dato nomi

diversi ad una cosa, seguendo le sensazioni e le impressioni che quest’ultima gli

dava.

Questa teoria però stride con quella della Torre di Babele,poiché seguendo

quella del filosofo, si deve appoggiare anche la tesi riguardante il plurilinguismo

prima dell’avvento della Confusio Linguarum.

Se affermassimo che, dopo la cacciata dal Paradiso da parte di Dio a discapito

di Adamo ed Eva, la lingua si sia moltiplicata a causa dell’impossibilità dell’uomo di

vedere la vera essenza delle cose, non potremmo appoggiare la tesi della Confusio

Linguarum, che ha accompagnato tutto il Medioevo e soprattutto, andremmo contro

anche il passo della Genesi dove si afferma che, dopo il Diluvio Universale, <<tutta

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la terra aveva una lingua sola e parole uguali.>>4; perciò questa tesi venne

momentaneamente abbandonata e verrà ripresa negli anni a venire.

Un’altra ipotesi sulla lingua primordiale riguarda la creazione del mondo ed il

dialogo tra Adamo e Dio. Questa congettura afferma che sia stato Lui il primo a

parlare:<< Dio disse: ’Sia la luce!’. E la luce fu. […]e chiamò la luce giorno e le

tenebre notte.[…] Dio chiamò il firmamento cielo.>>e che, rivolgendosi ad Adamo

per la prima volta dopo averlo creato, disse: << Tu potrai mangiare di tutti gli alberi

del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi

mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti >>.5La questione

primaria che accompagnerà l’uomo lungo tutto il Medioevo fino al 1600 non sarà

cosa ha detto veramente Dio ad Adamo, ma in quale lingua Dio si è rivolto a lui. A

questa domanda si è trovata subito risposta.

Gran parte della tradizione ha sposato l’idea secondo la quale Dio si sia rivolto

ad Adamo non con parole, ma bensì tramite fenomeni atmosferici quali: colpi di

tuono, lampi, vento e così via, come affermato dalla Bibbia nelle pagine successive,

ed infondendo nell’ uomo la speranza di una lingua che è << intraducibile in termini

di idiomi noti>>ma che << viene tuttavia compresa da chi la ode, per un dono o

stato di grazia particolare>>.6

1.3 Greci

In Grecia, si sentiva la necessità di riscoprire le origini della lingua e

soprattutto di crearne o sceglierne una che fosse in grado di unire e far comunicare

tutte le genti.

Il paese conobbe un periodo di splendore, il commercio e gli scambi erano

molto frequenti e spesso i greci si trovavano a dover comunicare anche con popoli

stranieri che amavano definire Barbaroi, perché secondo loro balbettavano e

rendevano le loro parole incomprensibili. Gli stoici, si interrogarono molto spesso su

questi stranieri e ne dedussero che anche i barbari come i greci avessero delle

                                                            4 Genesi,11, 1 sgg. 5Ibid. 6 U. Eco, op. cit., pp.13-14 

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immagini nella mente e che, come i greci, avessero la capacità di associarli ai suoni

della loro lingua e ovviamente non a quella greca.

Andando avanti con il tempo i filosofi greci stabilirono che il greco fosse la

lingua della ragione, poiché l’unica in grado di associare l’idea ad un discorso.

Analizzando la lingua greca infatti, si può notare che la parola: Logos, sta ad

indicare sia l’idea che il discorso. Non conoscendo la lingua dei Barbaroi e quindi

non essendo in grado di capire i loro discorsi, i greci credevano che gli altri popoli

non fossero capaci di formulare pensieri filosofici o di interrogarsi sul mondo che li

circondava, motivo per cui era impensabile che gli egizi avessero avuto la capacità di

sviluppare una propria sapienza.

Con l’espansione della Grecia, la lingua greca diventerà importante e

soprattutto “internazionale”. Dopo le conquiste di Alessandro Magno, il greco viene

scolarizzato passando da filosofico a comune, trasformandosi in lingua ufficiale in

cui verranno scritte le opere di molti filosofi, quali Plutarco e Aristotele.

Questa lingua sopravvivrà anche all’espansione e al potere dell’Impero

Romano diventando una lingua culturale, parlata dai patrizi e da tutti gli intellettuali

romani, negli scambi, nel commercio e in ambito scientifico. Mentre la lingua greca

viene “accantonata”, il latino diventa la lingua dell’Impero, una lingua parlata da

tutte le regioni conquistate dai Romani e che smorzerà lo scandalo della pluralità

delle lingue con l’aiuto di un altro tipo di unità, quella religiosa basata sul politeismo.

1.4 Dante

Raggruppando e catalogando i vari filosofi e scrittori che hanno affrontato il

tema della lingua universale e perfetta, parliamo del primo progetto importante ed

originale che prevede uno studio compulsivo della lingua e la creazione di una

perfetta in grado di unire il mondo.

Lo studio è stato effettuato dal famoso Dante Alighieri, il quale individua nel

volgare l’origine di tutti i dialetti di tutte le lingue che conosciamo.

Secondo lui infatti quest’ultimo è in grado di sostituire il latino in quanto

lingua naturale avente però una grammatica universale ma allo stesso tempo

artificiale.

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Nell’opera De vulgari eloquentia, Dantestudia ed analizza l’episodio della

Confusio Linguarum, ed afferma che dopo questo avvenimento le lingue si sono <<

moltiplicate ternariamente, prima seguendo una divisione tra le varie zone del

mondo, poi all’interno dell’area […] romanza, distinguendosi in lingua d’oc, lingua

d’oil e lingua del sì.>>.7

Quest’ultima si è divisa, quasi frammentata, in una moltitudine di dialetti che,

come accennato nel primo capitolo variano da zona a zona.

Se si vuole trovare una lingua illustre, bisogna analizzare ogni volgare

regionale, così facendo se ne creerà uno che sarà:

• Cardinale: che funga cioè da regola;

• Regale: adatto ad un regno nazionale;

• Curiale: che venga utilizzato in ambito giuridico e che sia fonte di saggezza.

Nella seconda parte del De Vulgari Eloquenttia,Dante comincia a proporre le

prime regole grammaticali della lingua che lui definisce Volgare Illustre, molto

simile alla lingua adamica, della quale si definisce il creatore.

Nel suo libro fa una profonda distinzione tra lingua primaria e secondaria, dove

la primaria non è altro che la lingua che apprendiamo fin da piccoli non conoscendo

le regole grammaticali, mentre la seconda è la lingua che Dante definisce scolastica e

che identifica con il latino<<perpetuo e incorruttibile>>8mantenuto dalla Chiesa e

parlato dai dotti e a scuola.

Seguendo questo ragionamento, il poeta afferma che il volgare sia una lingua

pura, nobile perché la prima ad essere utilizzata dal genere umano grazie anche alla

sua naturalezza e alla sua paradossale universalità. Tutte le persone fin da piccole

imparano il volgare dai loro genitori senza sapere le regole grammaticali,

(caratteristica comune a tutti). Ovviamente il volgare sarà diverso a seconda della

regione in cui ci troviamo, ma è comunque una lingua “spontanea”, usata per esporre

i propri sentimenti, o le proprie sensazioni: << L’uomo […] è guidato dalla ragione

che nei singoli assume forme diverse di discernimento e di giudizio, e ha bisogno di

                                                            7U. Eco, op. cit., p.41 8D. Alighieri, De Vulgari Eloquentia 

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una facoltà che gli permetta di palesare attraverso un segno sensibile un contenuto

intellettuale.>>9. In altre parole, l’uomo ha bisogno di associare le proprie

sensazioni ed emozioni a qualcosa di razionale.

Dante sa anche che la facoltà di linguaggio è immutabile e permanente, ma sa

anche che la lingua può essere soggetta a mutamenti che avvengono nel tempo e che

può essere arricchita dalla creatività umana.

Riprendendo la Bibbia, in particolare la Genesi, il poeta si interroga sulla

lingua primordiale, affermando che il primo dialogo avvenuto in Paradiso non è

quello tra Adamo e Dio ma bensì quello tra Eva ed il Serpente, sostenendo che Dio si

sarebbe rivolto ad Adamo utilizzando sempre agenti atmosferici e mai parole, come

sostiene gran parte della tradizione.

Ponendosi domande circa la lingua adamica, identifica nell’ebraico la lingua

che << costruirono le labbra del primo parlante>>.10Secondo Dante infatti, dopo la

torre di Babele, la lingua adamica venne “consegnata” ai figli di Eber, padre degli

ebrei, che la tramandarono distinguendola così dalle altre lingue, che chiama Lingue

della Confusione.

Con l’analisi dei volgari e la costruzione di una grammatica perfetta, si muove

verso la restaurazione di una lingua edenica e universale, il volgare illustre, che darà

modo al poeta di << rendere le parole adeguate a ciò che debbono esprimere>>. 11Seguendo questa idea di “restauratore della lingua”, Dante considera la molteplicità

come uno strumento potente, che gli permetterà di creare una lingua perfetta e

naturale senza sentire la necessità di riscoprire e rispolverare vecchi idiomi ormai

perduti.

                                                            9U. Eco, op. cit., p.45 10 D. Alighieri, op. cit. 11 U. Eco, op. cit., p.53 

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1.5 Ebraico

1.5.1 Sant’Agostino

Per spiegare questo paragrafo, abbiamo bisogno di

abbandonare il Medioevo per un po’ e tornare alla

diffusione del cristianesimo. In questo periodo infatti la

ricerca della lingua Adamica comincia a farsi strada e un

personaggio degno di nota di nome Sant’Agostino si farà

primo testimone di un paradosso linguistico riguardante

l’Antico ed il Nuovo Testamento. Sarà inoltre il primo ad

interrogarsi sulla Lingua del Mondo.

Sant’Agostino, è stato il più importante esponente del cristianesimo,

rappresentante della religione cattolica, vescovo, filosofo e teologo latino.

Durante i suoi studi notò come la religione cristiana si basasse su testi

non latini; in quanto l’Antico Testamento fu scritto in ebraico ed il Nuovo

Testamento in greco. Il filosofo, ignorando tutte e due le lingue così come la

maggior parte della popolazione di quel tempo, si pose il problema su come far

capire ancora meglio la parola originale del Signore, senza mediatori che

potessero alterarla, come a suo dire fecero gli ebrei. Pensò ad una lingua

perfetta in grado di “smascherare” i tratti allegorici delle Sacre Scritture ed

interpretarli in maniera omogenea: quindi una lingua che fu<<istituita dal suo

creatore>> e che << può essere solo interpretata>>.12

Sant’Agostino ritiene che,prima della Confusio Linguarum,l’ebraico sia

la lingua primordiale, ma non ha nessuna intenzione di approfondire la sua

ricerca in quanto è a proprio agio con il latino e mette in conto già da subito

che il mistero della lingua primordiale non possa essere svelato da nessuno.

                                                            12U. Eco, op. cit., p.21

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1.5.2 Storia ebraico

Dopo qualche secolo, il tema dell’ebraico come lingua adamica viene

ripreso da Isidoro di Siviglia, vescovo di Siviglia e venerato dalla Chiesa

Cattolica, che lo definisce Dottore della Chiesa. Il Santo afferma che: <<Tre

sono le lingue sacre: l’Ebraico, il Greco ed il Latino, che si distinguono in

modo particolare nel mondo intero: in queste tre lingue Pilato scrisse sulla

croce del Signore la causa della sua condanna>>.13

Continuando a parlare dell’idea secondo la quale l’ebraico sia la lingua

primordiale, ci avvicineremo sempre più al Medioevo dove comincia a

prendere vita la tesi monogenetica della lingua, ovvero quella già portata avanti

da Sant’Agostino e prima di lui da Origene , filosofo e teologo greco, di una

lingua che abbia dato vita a tutte le altre; in altre parole una Lingua Madre.

Tra il XVI e XVII secolo questa tesi diede vita alla riscoperta e allo

studio dell’ebraico, considerata per tutto il Medioevo l’unica lingua veicolare,

vale a dire una lingua di grande diffusione che permettesse a parlanti di varie

nazionalità di interagire tra loro.

Ovviamente la tesi dell’ebraico come lingua primordiale è molto ampia.

Molti dotti e studiosi si sono interrogati su questo problema e sarebbe quindi

molto complesso enunciarli tutti, per cui ci occuperemo soltanto di quegli studi

definiti da Umberto Eco <<esemplari>>.

 

                                                            13A. Valastro Canale, Etimologie o origini, UTET, Torino, 2006, IX, 1, 3

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1.5.3 Postel

 

Il primo utopista che si interessò nello

studio della lingua perduta, fu Guillame Postel,

un astronomo, linguista e umanista nonché

consigliere del re di Francia.

Durante tutta la sua vita intraprese molti

viaggi in Oriente che gli permisero di

apprendere l’arabo, l’ebraico e il siriano che,

insieme con il greco, lo faranno diventare

professore di lingue straniere.

Essendo in contatto con queste lingue, in particolare modo con l’ebraico,

scrisse un libro dal nome De originibus seu de hebraicae linguae et gentis

antiquatate, nel quale afferma che l’ebraico discende direttamente da Noè e

che da esso derivano altre lingue come l’arabico, l’indico, il caldaico ed il

greco, anche se in minima parte.

Nello stesso anno (1538) affronterà uno studio su 12 alfabeti di lingue

diverse racchiusi nell’opera Linguarum duodecim characteribus differentium

alphabetum, Introductio affermando che tutte le lingue derivino dall’ebraico e

sottolineerà anche l’importanza della lingua come strumento di fusione tra i

popoli.

In De orbis terrae concordia (1544), sostiene che i problemi linguistici

nascano da un’instaurazione di una concordia universale; parlare la stessa

lingua permette alle altre fedi di capire che il messaggio di tutte le religioni è

comune e che è ora di riportare i principi di una religione naturale.

Era desiderio dello studioso unire tutti i popoli sotto un'unica lingua,

favorendo e garantendo così la pace e l’armonia tra le persone sia sotto un

punto di vista umano, sia sotto quello religioso;<< C’è solo un genere umano,

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un solo mondo, un solo Dio, così deve esserci stata una sola lingua, una lingua

santa, divinamente ispirata all’ uomo.>>.14

Questa idea lo porterà a condannare la persecuzione degli ebrei e a

rischiare la vita per mano della Santa Inquisizione, ma verrà risparmiato grazie

ai suoi meriti scientifici.

Parlando di Adamo come Nomoteta, ritiene che sia normale che per

essere in grado di dare il nome alla cose che lo circondano, egli dovesse

apprendere la lingua. Nel libro De originibus, seu, de varia et potissimum orbi

Latino ad hanc diem incognita aut inconsyderata historia,afferma che Adamo

sentì da Dio la lingua e la imparò come si fa con tutte le lingue materne:

tramite la voce.

La follia nata dalla morte della sua migliore amica Johanna lo condurrà

nel chiostro di Saint-Martin-des-Champs a Parigi, attualmente sede del

Conservatoire National des Arts et Métiers, dove morirà nel 1581 dimenticato

da tutti.

1.5.4 Il Furore Linguistico

Con Postel si inizierà ad analizzare in maniera sempre più maniacale la

derivazione di tutte le lingue dall’ebraico, spostando l’attenzione dalla

restituzione di una lingua adamica allo studio ossessivo di tutte le lingue e della

loro struttura e soffermandosi molto più sui vocaboli che sulla struttura

grammaticale.

Un esempio calzante è quello di Conrad Gessner, naturalista,teologo e

bibliografo svizzero, che nel Mithriadateseffettuerà un incredibile parallelismo

tra 55 lingue, scoprendo che nessuno degli idiomi comparati presenta delle

discendenze o delle contratture provenienti dall’ebraico.

Per far crollare questa tesi, scienziati e dotti di quel tempo si daranno ad

uno studio forsennato delle etimologie. Questa “febbre delle etimologie” non

era una novità di quel tempo: anche Isidoro di Siviglia, confrontando le famose

72 lingue createsi dopo la Confusio Linguarum, ha dato vita ad un “gioco

                                                            14 G. Postel, De Phoenicus Litteri, 1550

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etimologico” in cui ad esempio: << corpus è contrazione di corruptus perit,

homo deriva da humus, poiché è nato dal fango, iumenta deriva da iuvat,

poiché il cavallo aiuta l’uomo […]>>.15

Seguendo questo studio si arriva al 1613, anno in cui Claude Duret,

nell’opera Thrèsor de l'histoire des langues de cet Univers, spazia dall'origine

delle lingue all'esame di tutte quelle note, dimostrando così l’aspetto

primordiale dell'ebraico e ritenendo che il nome degli animali contenga il

significato della loro “storia naturale”: << l'aquila si chiama nesher, nome che

è in accordo con shor e isachar, di cui uno significa guardare e l'altro essere

diritto, perché questo uccello ha sopra tutti la vista ferma e sempre levata

verso il sole […]. Il Leone ha tre nomi, vale a dire aryeh, labi, layish. Il primo

viene da un altro che significa strappare, lacerare; il secondo si rapporta alla

parola leb che significa cuore, e laab, e cioè essere in solitudine. Il terzo

significa ordinariamente un leone grande e furioso, e ha analogia con il verbo

yosh, che significa calpestare […] perché questo animale calpesta e malmena

la propria preda.>>.16Questa associazione è possibile perché, secondo Duret,

l’ebraico ha mantenuto la sua purezza originale senza mai farsi contagiare da

altre lingue.

Molto prima, nel 1606 Etienne Guichard scrisse L’harmonie

étymologique des langues in cui, partendo dalla concezione che l’ebraico fosse

la lingua più semplice avente solo tre radicali, cominciò ad intrecciare questi

ultimi per creare anagrammi, inversioni e così via, ad esempio: <<Batar in

ebraico significa dividere. >>questo perché<< per inversione di produce

tarab, da tarab si arriva al latino tribus, e dunque a distribuo, e a dividere

>>17. Continuando in questo modo, Guichard riesce a creare milioni di

etimologie, molte delle quali sono attendibili.

Studiando l’ebraico si nota che la struttura delle parole, in particolare dei

suoni, è molto simile a quella degli organi fonatori e quindi facilmente

riproducibili; su questo principio si svilupperà l’idea che prevede

l’insegnamento della lingua ai sordomuti, sviluppata da Mercurius van

                                                            15 U. Eco, op. cit., p.91 16 Claude Duret ivi p. 40 17 Guichard ivi p. 147 

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Helmont nel libroAlphabeti veri naturalis Hebraici brevissima delineatio in

cui si ammette l’esistenza di una lingua primitiva che risulta naturale anche a

chi non ha mai avuto la facoltà di parlare (ovvero i sordomuti).

Nel suo libro elabora 33 incisioni degli organi fonatori degli esseri umani

e compara parti come lingua, palato, ugola e glottide alle lettere ebraiche.

18

Questa tesi risulta essere azzardata, in quanto si dovrebbe pensare che

Dio, durante l’atto della creazione di Adamo, avesse creato una lingua perfetta

e pura e che abbia generato dal fango una struttura fisiologia adatta a

riprodurla.

Un altro studioso che si interessò alla lingua primordiale fu

Kircher,gesuita, filosofo, storico e tedesco del XVII secolo, il quale riteneva

che dall’ebraico fossero derivati 5 dialetti: il caldaico, il samaritano, il siriaco,

l’etiopico e l’arabico; spiegando che questi ultimi si sono divisi con il passare

del tempo, dando vita alle lingue che conosciamo oggi.

                                                            18 M. van Helmont, Alphabeti veri naturalis Hebraici brevissima delineatio, 1667

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Secondo il filosofo, le cause della scissione sono due:

Politiche: date dai continui cambi di governo, migrazioni,

conquiste, espansioni, guerre e commerci;

Culturali: avendo tradizioni diverse, le persone saranno sempre

più impegnate a cercare una lingua che li rispecchi in tutto e per

tutto.

La tesi secondo la quale l’ebraico sia la lingua primordiale andrà

scemando, soprattutto nel periodo del Rinascimento dando vita, come vedremo

nei capitoli seguenti, a tesi sempre più basate sulle lingue madri , ma che

porteranno con il tempo a tesi nazionaliste dove la propria lingua viene

considerata dai parlanti come pura e primordiale.

1.6 Altre tesi

Durante il Rinascimento, si abbandonò la tesi secondo cui l’ebraico fosse

la lingua primitiva, per sposare quella dell’esistenza di diverse lingue madri

che metterebbe in dubbio l’episodio della Torre di Babele.

Giuseppe Giusto Scaligero, nell’opera Diatriba de europaeorum linguis,

individua 11 famiglie di lingue di cui 4 maggiori e le altre minori, che si

trovavano sparse in tutto il continente europeo e avevano tratti comuni, essendo

geneticamente imparentate.

Facendo uno studio approfondito della Bibbia, si nota come non vi sia

nessun chiaro riferimento o spiegazione in merito alla lingua primordiale, e in

questi anni si farà spazio l’idea secondo la quale la divisione delle lingue sia

avvenuta prima dell’ episodio della Torre di Babele e che, il fenomeno della

Confusio Linguarum, altro non sia che un processo naturale della formazione

delle lingue. Ne seguirà quindi un focus sulla creazione di una grammatica

comune.

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Richard Simon, nella Histoire critique du Vieux Testament, scarterà

l’ipotesi dell’ebraico come lingua primordiale, affermando che ogni civiltà ha

una mentalità ed un pensiero proprio, essendo una creazione dell’uomo.

Anche Leibniz ritiene che la lingua primaria sia irrecuperabile, anche con

uno studio forsennato e quasi maniacale della storia del mondo. Con questi

presupposti, si ritorna all’idea secondo la quale, << le parole sono impiegate

dagli uomini come segni delle loro idee >>19. Secondo Locke, filosofo e

medico britannico, se questo pensiero fosse vero, allora i suoni sarebbero

connessi alle idee << non per alcuna connessione naturale, […] poiché in tal

caso non ci sarebbe tra gli uomini che un solo linguaggio, ma per una

imposizione volontaria >>.20

Si è di fronte ad un cambiamento di idee, già da questo periodo si

abbandona in maniera graduale l’aspetto religioso e sacro della lingua, per

dedicarsi ad un approccio razionale ed alla creazione di una lingua che sia

perfetta dal punto di vista grammaticale.

Già Thomas Hobbes, filosofo  britannico, nel 1651 nella sua opera di

filosofia politica il Leviatano, nel capitolo Del Linguaggio, abbandona da

subito la Bibbia ammettendo che Dio abbia insegnato ad Adamo a parlare e a

dare il nome alle cose, ma dopo questo episodio egli abbia continuato a

nominare gli animali e le cose che aveva intorno a sé tramite le esperienze e le

emozioni di quel momento, aggiungendo nomi inventati,<< as the experience

and use of the creatures should give him occasion >>21, dando vita ad una

pluralità di lingue già prima dell’avvento della Confusio Linguarum, nella

Torre di Babele.

La stessa idea era condivisa dal filosofo Epicuro, il quale sostiene che i

nomi delle cose fossero stati assegnati secondo la natura degli uomini, secondo

le emozioni e particolari percezioni; quindi non è sbagliato pensare che,

essendoci al mondo stirpi diverse tra loro, si siano formate lingue diverse e che,

successivamente, i vari popoli si siano accordati per decidere il nome più

adatto ed eliminare così ogni ambiguità.

                                                            19U. Eco, op. cit. , p.97 20 J. Locke, Essay concerning human understanding, 1690 21 J. Locke, op. cit.

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Questa tesi viene supportata anche da Lucrezio il quale dichiara: <<

Pensare che un uomo abbia potuto dare il nome a ogni cosa e che gli altri

abbiano appreso da lui i primi vocaboli, è folle. Infatti se era capace di notare

ogni cosa con una voce ed emettere suoni con la lingua, perché non si

dovrebbe pensare che anche gli altri hanno saputo farlo allo stesso tempo?

[…] è così strano che il genere umano, in possesso della voce a seconda delle

impressioni sensoriali? […] Dunque se le varie sensazioni guidano gli animali

ad emettere suoni diversi benché siano muti, quanto è giusto che i mortali

abbiamo potuto indicare oggetti diversi con suoni diversi>>22

Queste tesi influenzeranno molto il pensiero dei dotti del XVII secolo,

che cominceranno a parlare di poligenetica delle lingue.

1.7 Poligenetica delle Lingue

Come osservato finora, esistono due differenti teorie sull'origine del

linguaggio umano: la prima è l’Ipotesi monogenetica ,che parla del linguaggio

come una facoltà innata e che rimanda tutte le lingue esistenti ad una sola; ed

un'altra chiamata Ipotesi poligenetica che prevede la presenza di diversi ceppi

primordiali.

Il primo sostenitore di quest’ultima tesi è senza dubbio Isaac de La

Peyrère, un filosofo  francese  libertino, autore della teoria del preadamitismo;

che anticipa il poligenismo, secondo la quale dall'analisi della Bibbia si può

dedurre che prima ancora di Adamo esistessero simultaneamente molte coppie

umane.

Il filosofo nell’opera Systema theologicum ex prae-adamitarum

hypothesi, spiega come la tesi di un’unica lingua prima dell’avvento della

Torre di Babele sia impossibile. La sua opera, infatti, altro non è che una

raccolta di testimonianze di missionari ed esploratori che si erano recati in zone

abitate da antiche civiltà aventi una storia più remota dell’avvento della Torre

di Babele, come ad esempio la Cina, che andavano a formare un’umanità pre-

adamica.

                                                            22Lucrezio, De Rerum Natura, V, 1041-1090

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L’ebraico appare detronizzato e<< se le specie si erano sviluppate in

condizioni diverse, e la capacità linguistica dipende dalla evoluzione e

dall’adattamento all’ambiente, allora c’è stata poligenesi >>.23Un sostenitore

della poligenetica è senza dubbio Giambattista Vico il quale, durante i suoi

studi, traccia una successione genetica del linguaggio che va dalla lingua

parlata dagli dei a quella degli eroi fino ad arrivare a quella degli uomini,

creando 3 diverse lingue:

Geroglifica << o sia sagra ovvero divina >>parlata dagli dei;

Simbolica << per segni o per imprese eroiche >> parlata dagli

eroi;

Pistolare << per comunicare i lontani tra loro i presenti bisogni

della lor vita >>parlata dagli uomini.

Vico, afferma inoltre, che queste lingue, sono state create

contemporaneamente e che si sono sviluppate a seconda dei bisogni degli

uomini, degli dei e degli eroi, rafforzando ancora di più la tesi secondo la quale

<<[…] onde sono usciti tanti costumi diversi; così dalle loro diverse nature e

costumi sono nate altrettante lingue >>24 . Il filosofo abbandona la tesi

dell’ebraico in favore di un’altra verità, la quale prevede un grande flusso

commerciale che ha dato vita ad un traffico di influenze culturali. Si vede

infatti che i Fenici, spinti da necessità mercantili, portarono in Egitto e in

Grecia la loro cultura e i loro caratteri prendendo dagli egizi i geroglifici e li

adattarono alla numerazione delle loro mercanzie.

1.7.1 Tesi pre- ebraica

Tra il XVI e il XVII secolo, la tesi del filosofo de La Peyrère si fa spazio

nella mente di diversi filosofi in maniera crescente, grazie ad esploratori e

missionari che compiono viaggi in terre remote, come ad esempio la Cina, e si

                                                            23U. Eco, op. cit., p.100 24G. Vico, Scienza nuova seconda, p.445 

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fanno testimoni di una realtà diversa da quella occidentale, scoprendo

l’esistenza di civiltà molto più antiche di quella ebraica sostenendo così la tesi

secondo la quale non sia l’ebraico la lingua primordiale.

Nel 1669 un architetto inglese di nome John Webb nel suo trattato “An

historical essay endeavoring the probability that the language of the empire of

China is the primitive language” avanza l’ipotesi secondo la quale Noè sia

approdato in Cina con la sua Arca e si sia stabilito lì dopo il Diluvio e che sia

proprio il cinese la lingua primordiale pura e incontaminata, perché questa

civiltà non partecipò alla costruzione della Torre di Babele e quindi fu immune

alla Confusio Linguarum. Grazie alla loro posizione non furono “contaminati”

da popoli stranieri ed invasioni, conservando così il proprio patrimonio

linguistico.

Oltre a questa ipotesi, ne troviamo un’altra che si fonda sulla formazione

meccanica delle lingue, il cui anticipatore è Charles de Brosses. Magistrato,

filosofo, linguista e politico  francese, egli azzarda una teoria naturalistica, in

quanto si fonda sull’idea dei suoni assegnati alle cose a seconda delle

emozioni, sia materialistica, perché secondo il filosofo un linguaggio può

essere ridotto a operazioni fisiche.

Tuttavia, De Brosses, non rinuncia all’idea di una lingua primordiale che

sia<< comune a tutto il genere umano, che nessun popolo al mondo né

conosce né pratica nella sua semplicità primeva, e che nondimeno tutti gli

uomini parlano, e che costituisce il primo fondo del linguaggio di ogni

paese.>>25

Compito del linguista è quello di analizzare i meccanismi delle varie

lingue, di individuare delle radici primitive che siano universali e che allo

stesso tempo appartengano a tutte le lingue europee e orientali. Sulla base di

questa tesi il pastore protestante Antoine Court de Gébelin pubblica nove

volumi dal titolo Le monde primitif anlysé et comparé avec le monde moderne,

dove cerca innanzitutto di indagare sulle origini del linguaggio grazie alla

rilettura dei miti antichi, scoprendo che << ogni parola ha la propria ragione

                                                            25De Brosses, Discours préliminaire, XIV XV

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e che questa ragione deriva dalla Natura >>26e che ogni alfabeto non è altro

che una Scrittura Geroglifica Primitiva che viene limitata ad un numero

ristretto di caratteri radicali.

Per trovare la lingua delle origini il pastore comincia una spettacolare

analisi etimologica del greco, del latino e del francese costruendo, alla fine, una

Grammatica Universale che costerà al pastore l’aggettivo verace, per la voglia

di riscoprire una lingua madre e allo stesso tempo creare una grammatica

universale.

Nello stesso libro, avanzerà l’ipotesi secondo la quale fu il celtico la

prima lingua parlata dagli abitanti dell’Europa e che da esso derivino lingue

come il greco, il latino, il tedesco e così via. Questa teoria sarà il punto di

partenza di quelle che saranno le molte altre tesi che vedranno filosofi e dotti

considerare la propria lingua madre come la famosa Lingua Primordiale.

 

1.7.2 Ipotesi Nazionalistiche

Se anche ci fossero state lingue superiori ad altre non era certo per una

correttezza grammaticale, ma solo ed esclusivamente per ragioni politico-

militari.

Già prima del 1600, ovvero nel VII secolo, nell’opera Auraceipt na n-

Éces (I precetti dei poeti) alcuni grammatici irlandesi fecero il primo tentativo

di definire i vantaggi del volgare gaelico rispetto alla grammatica latina,

rifacendosi all'ipotetica struttura e ai materiali di costruzione della Torre di

Babele,<< Altri affermano che nella torre c’erano esclusivamente nove

materiali, cioè argilla e acqua, lana e sangue, legna e calce, pece, lino e

bitume >> questi nove materiali, secondo i grammatici, altro non erano che le

parti di una lingua ovvero << […]nome, pronome, verbo, avverbio, participio,

congiunzione, preposizione, interiezione.>>.27Prendendo in considerazione

ciò, si nota come la struttura della lingua sia riconducibile a quella della Torre.

Nel libro si ritiene che il gaelico sia il primo idioma in grado di sovrastare il

                                                            26A. Court de Gébelin, Discorso preliminare volume III, p.IX 27Auraceipt na n-Éces (i precetti dei poeti) aa. vv. 

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problema della Confusio Linguarum e chela formazione delle 72 lingue, sia

avvenuta ritagliando e incollando vari pezzi di favelle presenti e imparate dai

72 discepoli, ma l’ampiezza e la bellezza di ogni lingua derivano

dall’irlandese.

Ci troviamo quindi di fronte alla prima tesi nazionalistica, che come

abbiamo visto, vedeva l’irlandese come la lingua adamica, generatrice di tutti i

nomi, ma è normale affermare che questa tesi avrà vita breve, sostituita da

quelle di altri filosofi e dotti che vedranno le proprie lingue madri come lingue

primordiali; come ad esempio Giovan Battista Gelli, nella sua Dell’origine di

Firenze, afferma che sia il toscano la lingua primordiale in quanto discenda

dall’ etrusco e che l’aramaico noaico sia stato sviluppato a Firenze.

Il XVII secolo ci offre degli spunti assai curiosi di <<nazionalismi

linguistici>>28. Uno tra questi, o comunque il primo di cui parleremo sarà il

fisico, umanista e linguista olandese Goropius Becanus (Jan van Gorp)con

Origines Antwerpianae, il quale ammette tutte le argomentazioni sulla

perfezione dell'ebraico ritrovandole nella sua lingua madre ovvero l'olandese e,

tramite una dimostrazione genealogica, ci mostra come i discendenti di Iafet

fossero antenati della civiltà neerlandese e che, non partecipando alla

costruzione della Torre di Babele, siano rimasti immuni alla Confusio

Linguarum.

Più tardi, nel 1612, la tesi fiamminga viene ripresa dai linguisti Abraham

Mylius e Adrian Schrickius rimanendo valida fino al XIX secolo con il barone

De Ryckholt,il quale pubblicò nel 1868 La province de Liège…Le flamand

langue primordiale, mère de toutes les langues dove afferma che << il

fiammingo è la sola lingua parlata presso la culla dell’umanità >>e che<<

esso solo è la lingua, mentre tutte le altre, morte o viventi, non ne sono che dei

dialetti o dei gerghi più o meno mascherati>>.29

Vicino a questa tesi se ne fa strada un’altra, quella promossa da Georg

Stiernhielm, linguista e poeta svedese con l’operaDelinguarum origine

praefatioe portata avanti da Andreas Kempe con l’opera Die Sprachen des

Paradises, in cui racconta la storia della seduzione del serpente nel giardino                                                             28 U. Eco, op. cit., p.107 29 U. Eco, op. cit, , p. 107 

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dell’Eden, immaginando una pluralità linguistica primordiale che vede Dio

parlare svedese, Adamo danese e la presenza di un serpente francofono.

Anche Olaus Rudbeck, scienziato e scrittore svedese, nella sua magnifica

opera Atlantica sive Manheim vera Japheti posterorum sedes ac patria,

dimostra come la Svezia fosse stata patria di Iafet e di tutta la sua discendenza

dando vita a tutti gli idiomi gotici; inoltre arriva a riconoscere il proprio paese,

la Svezia come la mitica Atlantide, il paese da cui si siano diffuse le lingue del

mondo.

L’affermarsi di questa teoria è favorita dal fatto che in quel periodo la

Svezia aveva una posizione autorevole in Europa ed era considerata una

potenza.

Ovviamente il grande boom delle tesi nazionalistiche non poteva non

interessare la Germania, che a quel tempo poteva vantarsi di non essere mai

stata soggetta ad invasioni o comunque ad influenze provenienti da popoli

stranieri, rimanendo una lingua pura, più ricca dell’ebraico in vocaboli (si

pensa infatti ad una derivazione dell’ebraico dal tedesco), più semplice del

greco, più potente del latino.

Primo dei tanti sostenitori di questa teoria è il famoso Lutero, per il quale

questa lingua è quella che più di tutte si avvicina a Dio, seguito poi da Konrad

Pelikan (in latino Conradus Pelicanus), che nel 1533 nei suoi Commentaria

bibliorum, sottolinea le varie analogie presenti tra tedesco ed ebraico senza

però definire quale sia la Uhrsprache (ovvero lingua primordiale).

Nel periodo barocco, Philipp Harsdörffer arriva anche ad elogiare la

lingua tedesca nell’opera Frauenzimmer Gesprӓchspiele, sostenendo che la

lingua tedesca << parla con le lingue della natura, esprimendo ben

percepibilmente tutti i suoni […]. Essa tuona col cielo, […] sibila coi venti,

[…] ruggisce come il leone, […]. La natura parla, in tutte le cose che diano un

suono di sé, il nostro linguaggio tedesco, e perciò molti hanno voluto asserire

che il primo uomo Adamo non poté chiamare gli uccelli e tutti gli animali della

terra se non con le nostre parole. […] e perciò non c’è da meravigliarsi che

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tutte le nostre parole radicali in gran parte coincidano col linguaggio sacro.

>>30.

Anche Leibniz, non riesce a resistere ai propri impulsi nazionalistici e,

avvicinandosi all'argomento nei Nouveaux essais, individua effettivamente una

discendenza con la lingua adamica e dopo anni di ricerche e comparazioni,

ritiene plausibile l’ipotesi della derivazione del tedesco antico dal celtico, che

peraltro è comune ai Germani e ai Galli, originari entrambi dagli Sciti. Sulla

scia di queste intuizioni, Leibniz ipotizza un atlante linguistico, arrivando ad

affermare la primordialità del tedesco.

Naturalmente il discorso del celtico come lingua primordiale porta, in

Gran Bretagna, l’avvocato e linguista radicale gallese Rowland Jones a

sostenere che

<<La lingua inglese è la madre di tutti i dialetti occidentali e del Greco,

sorella anziana delle lingue orientali, e , nella sua forma concreta, la lingua

viva degli Atlantici e degli aborigeni dell’Italia, delle Gallie, della Britannia,

che fornì ai Romani tanti dei loro vocaboli che non sono di origine greca, e I

loro nomi grammaticali, nonché molti dei nomi principali di mote parti del

globo […]. I dialetti e la sapienza celtica derivano dai circoli del Trismegisto,

Ermete, Mercurio o Gomer […] e la lingua inglese conserva in modo più

peculiare le sue derivazioni da questa che è la più pura delle sorgenti del

linguaggio.>>31.

Come accennato all’inizio del paragrafo, le ipotesi nazionalistiche si

fanno spazio tra il XVII e il XVIII secolo, dove l’interesse comune è quello di

instaurare una supremazia sul continente europeo, facendo sì che si abbandoni

sempre di più la tesi di una lingua primeva, in favore di un metodo di

comparazione etimologico che, come osserveremo, darà vita ai dizionari

sinottici.

                                                            30Philipp Harsdörffer, Frauenzimmer Gesprӓchspiele, p. 335 31Rowland Jones, The Circles of Gomer, remarks on the circles of gomer, p.31

 

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1.7.3 Filosofi contro il Monogenetismo

Come osservato, il XVIII secolo fu il periodo in cui le tesi

monogenetiche fondate sulla lingua adamica andavano scemando sempre più

fino a scomparire nella mente degli illuministi.

Un esempio calzante è l’Essai sur l’origine des langues di Jean-Jacques

Rousseau, pubblicato nel 1781, ma molto prima Vico aveva affrontato questo

tema, sostenendo che la lingua delle origini assume connotazione negativa in

quanto quest’ultima viene espressa per metafore e dettata da passioni e

sentimenti, cantata più che parlata con una grammatica irregolare:definita da

du Bos nel Reflexions critiques sur la poésie et sur la peinturecome lingua

dell’età delle caverne.

Questo secolo vede i dotti divisi tra ipotesi razionalistiche e empiristico-

sensistiche. Ovviamente, molti dei filosofi saranno influenzati dai principi

cartesiani e quindi tenderanno verso una razionalizzazione della grammatica:

<<la parola è una sorta di quadro di cui il pensiero è l’originale>>e<<

devono esserci dei principi fondamentali comuni a tutte le lingue, la cui verità

indistruttibile è anteriore a tutte le condizioni arbitrarie o fortuite che hanno

dato nascita ai vari idiomi che dividono il genere umano>>. 32

Ci si interroga sulla modalità con cui gli uomini abbiano cominciato a

comunicare per la prima volta. In Des signes di Joseph- Marie Degérando,

linguista, pedagogo e filantropo francese, si crea un quadro in cui si vedono gli

uomini delle caverne intenti a conoscersi e a studiarsi a vicenda, comunicando

attraverso suoni e imitazioni che però possono dare luogo ad equivoci. Per

nominare gli oggetti vicini e quindi presenti, basta indicarli senza bisogno di

parlare, quindi si ricorrerà ad un linguaggio imitativo; se però ci si riferisce ad

oggetti lontani o a stati d’animo si ricorrerà all’uso di un linguaggio figurato,

dove per esempio la fiamma o il fuoco rimanda ad una passione viva.

Ma come tutte le cose, questi segni avranno significati diversi a seconda

dell’ambiente in cui ci si trova e per questo, Jancourt (pedagogo, compositore e

fagottista francese) nella voce Langue dell’ Encyclopédie afferma che se da

                                                            32N. Beauzée, Grammaire générale, 1767

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diversi geni dei popoli nascono diverse lingue, significa che non ci sarà mai

una lingua universale perché ogni nazione o popolo non avrà mai le stesse idee

e non proverà mai gli stessi sentimenti: ogni lingua esprime una visione diversa

del mondo.

Su questa linea di pensiero si muove anche Humboldt, il quale nel Über

die Verschiedenheit des menschlichen Sprachbaues und ihren Einfluss auf die

geistige Entwicklung des Menschengeschlechts, asserisce che ogni lingua ha

una innere Sprachform ( una propria forma) che esprime la visione del mondo,

propria di un popolo; quindi la tesi della monogenetica a questo punto sembra

essere solo un mero ricordo; ma questo non significa che alcuni filosofi

“conservatori” non si rifacciano alla lingua adamica e quindi alla Bibbia.

Un esempio calzante è quello di J. Barrois che nella Dactylologie et

langage primitif restitués d’apres les monuments, sostiene che il linguaggio

che usò Dio non fu verbale ma mimico: <<la designazione dei diversi animali

fatta da Adamo si componeva di una mimica speciale che ricordava la forma,

l’istinto, l’abitudine o le qualità, e infine la caratteristica delle loro proprietà

essenziali.>>;33. Solo nel dialogo con Noè Dio usa le parole e secondo il

filosofo la Confusio Linguarum è nata proprio perché l’uomo non ha saputo

unire il linguaggio gestuale a verbale.

Nel prossimo capitolo vedremo come la potenza delle immagini può

essere usata per comunicare con gli altri, riscoprendo i geroglifici degli Egizi e

gli ideogrammi cinesi.

                                                            33 U. Eco, op. cit, , p.31