SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo....

32
1 SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C I MISTERI DI HARRY BURDICK ANNO SCOLASTICO 2014-2015

Transcript of SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo....

Page 1: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

1

SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO

AUGUSTO CAPERLE

CLASSE II C

I MISTERI DI HARRY BURDICK

ANNO SCOLASTICO 2014-2015

Page 2: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

2

INTRODUZIONE

Nel 1953 Peter Wenders lavorava in una casa editrice per bambini a Chicago, quando una sera bussò alla sua porta un uomo: si presentò come Harris Burdick e gli consegnò 14 disegni. Ognuno era stato realizzato, spiegò Burdick, per uno dei 14 racconti che aveva scritto e che erano a loro volta accompagnati da numerose illustrazioni. Peter Wenders rimase affascinato da quei disegni e disse a Burdick che gli sarebbe piaciuto leggere i racconti il mattino dopo. Così Burdick lasciò a Wenders i quattordici disegni. Ma non tornò l’indomani. Né il giorno dopo. Di Harris Burdick non si seppe più nulla. Negli anni a venire Wenders provò a scoprire chi fosse quell’uomo e che cosa gli fosse accaduto, ma a nulla valsero i suoi sforzi. A tutt’oggi Burdick è una figura avvolta nel mistero. Wenders si trovò quindi con 14 disegni senza storia e senza un modo per rintracciare quelle storie. Tutto ciò che restava ad accompagnare le illustrazioni erano delle didascalie di poche parole. Wenders conservò comunque le illustrazioni e le loro didascalie e dopo un po’ di anni le mostrò a Chris Van Allsburg, l’illustratore di Jumanji e The Polar Express, due libri da cui poi sono stati tratti i film omonimi. Van Allsburg racconta che quando Wenders gli mostrò i libri, gli rispose che «era molto difficile guardare i disegni e le didascalie senza immaginare una storia». Wenders sorrise e si ripresentò dopo pochi secondi con una scatola impolverata: dentro c’erano decine di racconti, tutti ispirati ai disegni di Burdick. Li avevano scritti, nel corso degli anni, i figli di Wenders e i loro amici. Le illustrazioni ne I misteri di Harry Burdick e le didascalie stringate e misteriose sono ora a disposizioni della fantasia dei bambini. In passato anche scrittori famosi sono partiti dai disegni di Burdick per inventare le loro storie. Nel 2011 è

stato anche pubblicato un libro, The Chronicles of Harry Burdick con le storie di 14 scrittori ispirate al lavoro di Burdick: tra loro ci sono Stephen King, Tabitha, Linda Sue Park, Kate DiCamillo, Jules Feiffer, Luis Sachar e lo stesso Chris Van Allsburg. Chissà, magari le intenzioni di Harry erano proprio queste? Far scrivere generazioni sui propri disegni. Fatto sta che hanno molto ancora da raccontare. Anche i ragazzi della 2C si sono cimentati in questa impresa: dare una storia a questi disegni avvolti nel mistero. Ci è sembrato che si ispirassero al genere fantasy e quindi abbiamo deciso di scegliere questa tipologia. Ognuno ha adottato quello che ispirava maggiormente e ci siamo lasciati trascinare dalla fantasia. Buona lettura,

Wanna Bianchi

Page 3: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

3

MATTEO BALLINI – LUDOVICO BRESCIANI

COLOMBE OSCURE

Correva un anno freddo, cupo, e il sole sembrava essere rimasto imprigionato dentro una nuvola. Adam Johns abitava in una piccola casa, a Liverpool. Poco prima sua moglie Johanna lo aveva lasciato e si era presa metà di tutti i suoi soldi. Erano così innamorati all'inizio, ma ciononostante Adam aveva avuto come un presentimento: sapeva che non sarebbe durato. Nella sua dimora il signor Johns teneva soltanto brutti ricordi, non ci voleva più vivere. Il caso volle che la sua ricca zia morì e, non avendo figli, l'eredità andò a finire nelle sue mani. Quella graziosa signora possedeva una casa molto grande, nella periferia di Londra … era l'occasione giusta per trasferircisi. Non ci pensò due volte prima di fare i bagagli e prendere la prima carrozza per Londra. Da piccolo andava molto spesso da sua zia, ma non si ricordava la casa così diroccata. L'erba non era stata tagliata da anni, forse un secolo. Il sole stava per tramontare, “Meglio entrare” Disse fra sé e sé. C'era un insopportabile odore di muffa e la polvere gli infastidiva il naso. Salì nella prima camera che trovò, doveva essere quella di sua zia a giudicare dall'eleganza dell'arredamento. La prima cosa che vide fu un grosso specchio rotto. Si guardò nel proprio riflesso. Adam aveva dei bei occhi, azzurri e grigi, parevano di ghiaccio, aveva i capelli color cenere, che gli scendevano fino a metà del collo. Spostò lo specchio e si trovò davanti un muro bianco, bianco e vecchio. Decise che quella sarebbe stata la sua camera. Quella parete era troppo vuota, la voleva decorare. Cercò una tappezzeria, la prima che trovò si trovava in un vicolo della città. Non era il massimo del pregio quel negozio, ma non conosceva bene la città, quindi dovette per forza entrare. Era tutto molto vecchio, come se nessuno avesse mai toccato quegli oggetti da un'infinità di tempo. L'articolo che lo attrasse di più fu un arazzo raffigurante delle colombe e non poté che comprarlo. Una volta ritornato a casa, lo attaccò al muro. Era molto suggestivo. Non sapeva perché, ma quell'opera gli dava un non so che di tranquillità. Si era fatto tardi perciò andò a dormire. Erano passate solo poche ore, quando Adam fu svegliato da uno strano rumore, sembravano cinguettii di uccelli. Si alzò dal letto e vide un miracolo: le colombe si stavano staccando dall'arazzo. Le Colombe stavano diventando di un colore cupo con occhi fiammanti e becchi malefici e stavano trasportando dalla finestra tutti gli oggetti che aveva in casa. Il povero signor Jones era disperato perché stava perdendo tutto in pochissimo tempo come quando giochi a Las Vegas. Provò a fermare le colombe, ma quando toccò appena il letto una colomba sputò lingue di fuoco dagli occhi, gli ferì la mano e perse i sensi. Al suo risveglio la casa era stata svuotata e al suo interno si trovavano solo un muro vuoto, lui stesso e il vecchio scatolone in cui si trovava la tappezzeria con le colombe. Si alzò, aggiustò un po’ la vista e dopo qualche istante vide dentro lo scatolone un libro che spariva e riappariva. Lo acchiappò al momento giusto e sopra si leggeva:” Incantesimo per ladri esperti, capitolo 2, COLOMBE MALEFICHE”. Adam lo aprì alla prima pagina e lesse per un po’. ”Per prima cosa mettere tappezzeria ammuffita con ricamo di colombe all’interno di un pentolone e versare filtro oscuro. Poi aggiungere acqua, mescolare e cuocere per due giorni. A questo punto il gioco è fatto. NOTA BENE: SE IL PENTOLONE VERRA’ ROVESCIATO ENTRO 48 ORE, MORIRANNO L’EVOCATORE E ANCHE LE COLOMBE. LEGGERE ATTENTAMENTE IL LIBRO ILLUSTRATIVO VOLUME 2 PLUS E L’ATTIVAZIONE DELLE COLOMBE VERRA’ ESEGUITA IN 16 ORE. Adam non perse tempo: si diresse immediatamente verso quel negozio di stoffe dove lo aspettava il suo peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto dalla voce” Adam si avvicinò velocemente al pentolone “Ti prego non ribaltarlo, per favore!” “Perché non dovrei farlo tu mi hai distrutto la casa e hai profanato i tesori di famiglia. Ma prima di mettere fine alla tua vita dimmi perché hai fatto questo.” Il signor Jones era sfinito e in quel momento arrivò la risposta di Jefferson: ”Il potere è una buona ragione e in questo mondo il potere domina e significa tutto.” In quel momento Adam lanciò la pentola e Jefferson e le sue colombe sparirono per sempre. Il signor Jones si sedette in un angolo, ripensò alla sua vita a ciò che gli era successo finora e finalmente fu felice.

Page 4: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

4

Page 5: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

5

CATERINA MENEGATTI

NEVILLE E IL REGNO SEGRETO Era una notte come le altre. Neville era andato a letto presto, poiché l’indomani sarebbe dovuto andare a scuola. Dormiva beatamente e sognava di giocare nello stadio più importante della città e di essere il miglior giocatore di baseball dell’intero mondo. Un colpo di vento gli scompigliò i capelli e un brivido gli percorse la schiena. Si sedette infastidito sul materasso e notò che la finestra era aperta. Si alzò per chiuderla, ma lucciole piuttosto grandi stavano cercando di entrare. Cercò di scacciarle, arrivavano sempre più numerose e dopo poco si unirono formando la parola SEGUICI, poi volarono fuori dalla finestra, fermandosi ad aspettare. “Ma come faccio a seguirvi fuori dalla finestra!?” Chiese sbigottito Neville e in quel preciso istante dei minuscoli pallini dorati lo fecero librare in aria e lui iniziò a fluttuare per la stanza. Provò ad attaccarsi alla barchetta di legno sulla mensola, ma la sua mano scivolava e lui volava sempre più in alto, fino ad attaccarsi sulla lampada, dove rimase aggrappato giusto il tempo per darsi una spinta per afferrare i bordi della finestra. Si spinse fuori e seguì le strane creature che volavano sopra al tetto e si posavano vicino al comignolo. Neville si sedette sul bordo del tetto e le lucciole iniziarono a spegnersi, ad allungarsi, a stringersi, a colorarsi e infine diventarono persone minuscole con le orecchie a punta e i capelli di sfumature diverse e la pelle di un azzurro invisibile. “Piacere di conoscerti, io sono Angie, Regina di Trasformandia, e dobbiamo potarti con noi.” A parlare era stato un folletto femmina con i capelli violetti e gli occhi gialli che portava una collana con un borsellino e un diamante attaccato sopra. Angie continuò “Siamo il popolo dei folletti amici, ci trasformiamo ognuno in un animale o in un oggetto diverso e siamo noi che facciamo nascere i bambini, li aiutiamo a crescere, li proteggiamo e gli doniamo pace, amore per il prossimo e generosità, caratteristiche che non tutti apprendono. Siamo piccole creature che di notte andiamo nelle stanze dei bimbi e distribuiamo una piccola quantità di polvere magica con un ingrediente sempre diverso per ogni notte, la mettiamo sotto il cuscino. In questo ultimo periodo è sorto un grande problema: il mago Evil ha formato un regno dell’orrore, vuole schiavizzare tutto il mondo e ovviamente lui desidera esserne a capo così il mondo sarà pieno di odio e disprezzo, avarizia e tutti i difetti. L’ingrediente essenziale che tiene attaccato il mondo e porta la pace sono i bambini che permettono agli adulti di vivere serenamente, e quindi vuole distribuire a tutti i bambini del mondo una porzione di odio e di disprezzo che permetta di rimanere cattivi per l’eternità … Portando così a un mondo dove il buio domina su tutto e tutti. Evil per riuscire a dare ai bambini la polvere magica stregata non solo può trasformarsi in tutto ciò che vuole (caratteristica che in pochi hanno) ma ha creato dei sieri, delle pozioni che immette nell’aria delle stanze del nostro regno e dei miei folletti, questo gas le paralizza il cervello e loro sono imprigionati nel loro stesso corpo, vedono e sentono ma non possono reagire, sono comandate da lui e devono distribuire cattiveria al mondo.” Neville era affascinato dalla storia ma ancora non capiva cosa centrasse lui… ”Noi non ci facciamo vedere né da adulti e né da bambini, perciò ti chiediamo di mantenere questo segreto … ebbene ti abbiamo chiamato perché sei l‘unico bambino al mondo che ha appreso il massimo numero di bontà, di amore, di pace e di generosità (sono molto affascinata da questo e ti faccio i miei complimenti) e sei l’unico che potrebbe resistere al potere negativo della polvere magica cattiva e che potrebbe sconfiggere Evil, perciò ti chiediamo di venire con noi nel nostro mondo e di aiutarci” Neville non sapeva cosa rispondere, ma alla fine accettò perché non voleva che il mondo diventasse un luogo di persone crudeli e disse: “Vi aiuto con piacere, contate pure su di me.” Quando accettò, tutte le persone dalle orecchie a punta si buttarono giù dal camino, eccetto Angie che gli lanciò una manciata di polvere magica e Neville divenne piccolissimo e, senza indugiare, si buttò e arrivò in un regno, nel centro di una città che sembrava uguale a uno qualsiasi che Neville avesse visto, solo che al posto dei soliti negozi di abiti o alimenti c’erano altri posti magici dove vendevano oggetti insoliti. Per un po’ di tempo Angie portò Neville a fare un giro nella città e nel frattempo gli spiegò altre curiosità su Trasformandia, come ad esempio che quel sacchettino che ogni folletto amico aveva al collo conteneva la

Page 6: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

6

polvere magica e in un altro sacchettino, utilizzato come braccialetto di identificazione, c’era il potere più forte del folletto. Improvvisamente arrivò un omino dalle orecchie a punta più piccolo degli altri e corse agitatissimo, strillando e dicendo “Regina Angie… Evil ha colpito ancora e siamo rimasti in pochissimi ha portato via moltissimi folletti e li ha straformati in piccoli insetti crudeli, inoltre le scorte di polvere magica sono esaurite. Evil le ha rubate tutte e questa stessa notte colpirà.” Scoppiò in lacrime e tornò nell’edificio da cui era uscito; Angie rimase immobile e seria. “Bene, Neville abbiamo bisogno di te, non possiamo aspettare, ti diamo questo borsellino pieno di polvere magica che ti servirà per volare … tutto il resto lo capirai da solo.” Prese la mano di Neville e si rilanciò su per il camino per tornare nel mondo reale, pronti per combattere. °°°°°°°°° Le strade erano deserte, non si sentiva alcun rumore a parte il fruscio del vento e Neville sussultò vedendo un ombra piuttosto grande che volava furtiva da una finestra ad altra, circondata da minuscole bestioline blu. Angie senza aspettare si fece avanti, iniziò a saltare da un tetto all’altro. Neville la seguì a fatica. Lei colpì Evil alla spalla, ma essendo molto minuta, lui si girò, le tirò un pugno nello stomaco e lei cadde a terra. Neville scattò, chiuse la mano in un pugno, poi la riaprì di getto e ne uscirono scintille rosse che andavano dritte verso la faccia di Evil, bloccato da una ventata di polvere grigia. Neville ribatté e mandò una striscia verde luccicante, questa volta fermata subito e riuscendo a schivare appena in tempo un lampo bianco, sgusciò via e fortunatamente trova la finestra della sua camera dove pochi istanti prima si trovava a dormire, era ancora aperta così prese la mazza da baseball, che teneva sempre a portata di mano, ritornò verso Evil che con un gesto chiamò tutte le bestiole blu e nere verso di lui, e d’istinto le colpì con la mazza da baseball, ma erano troppe e molte riuscirono ad attaccarsi sulla sua faccia e iniziarono a morderlo e a graffiarlo. Delle scintille viola lo colpirono ai piedi e lui rimase sospeso in aria, svenuto. Una bolla trasparente si richiuse lui, un’altra su Angie e un’altra ancora su tutto l’esercito di lucciole buone rimasto intatto. Evil disse “Ahahaah pensavate davvero di potermi sconfiggere?! In pochissimi istanti il mondo diventerà un mio possesso e voi, appena le mie bestiole compiranno il loro dovere e distribuito a tutti i bambini una porzione di polvere cattiva, verrete con me ad ammirare il capolavoro che ho compiuto e poi … vi farò a pezzetti”. Nel cielo compare la percentuale di bambini colpiti dalla polvere letale e le lucciole cattive procedevano ad una velocità impressionante. Neville, dopo qualche decina di minuti, guardò il cielo e vide che indicava 85% … ripensava a tutti i suoi amici, alla sua famiglia, alle feste, ai giochi, alle risate e anche alle cattiverie commesse. 90% … non poteva permettere che il mondo cadesse nelle mani di Evil! 95% … doveva fermarlo non poteva lasciare che Evil uccidesse lui e tutti i folletti! 99,9%, con la forza del pensiero provava a far esplodere la bolla e ammazzare Evil … 100%, non aveva più alcuna speranza e chiuse gli occhi, quando un onda dorata uscì dalle sue mani, dalle sue gambe, dalla sua pancia. Le bolle iniziarono a scoppiare e le lucciole cattive tornarono buone, la polvere magica resa nera ritornò del colore naturale ed Evil diventò un piccolissimo puntino bianco che urlava e si dimenava. Angie lo rinchiuse in una gabbietta e con un tocco di dita lo fece sparire completamente. Tutti si abbracciano e Neville, incredulo per quello che aveva fatto, venne avvolto in un cerchio di abbracci, pianti di gioia e grida. °°°°°°°°°° Neville si trovava accanto alla regina nel centro della città, dove era stato poco prima, era seduto con dei cerotti sparsi sulla faccia e le mani ricoperte di una crema profumata blu. Angie diceva: “Dobbiamo tutti rendere infinite grazie al nostro Neville per aver salvato tutti noi. Con la sua bontà immensa e la sua voglia di far tornare la pace nel mondo è riuscito solo con il pensiero a scoppiare tutte le “bolle prigioni” E tutta la polvere magica cattiva distribuita si è trasformata in polvere assolutamente perfetta. Ti ringraziamo di cuore per aver definitivamente eliminato il male dal mondo (impresa che proviamo a compiere da anni) e per averci permesso di continuare il nostro lavoro. Se hai bisogno, ti basta chiamarci e, quando vuoi, noi saremo qui pronti ad aspettarti a braccia aperte. Ormai è giunta l’alba ed è arrivato il momento di tornare a casa. Ti auguriamo una vita piena di amore e felicità“.

Page 7: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

7

Neville “Grazie a voi che da tempo donate la pace al mondo vi siamo tutti immensamente grati, vi prometto che non dirò a nessuno della vostra esistenza e, se avete ancora bisogno di me, sapete dove trovarmi” Neville ringraziò ancora, fece un cenno con la testa e una corrente di aria fredda lo avvertì che sarebbe dovuto tornare a casa. Pochi istanti dopo venne aspirato da un laser, l’ultimo sguardo a Angie che gli fece l’occhiolino prima di ritrovarsi sul tetto di casa sua. Tornato nelle sue dimensioni normali, appoggiò il piede sul cornicione della finestra, si aiutò con le mani, si mise a letto e si riaddormentò, sognando per l’intera notte Trasformandia, contento di aver trovato nuovi amici e soprattutto di aver salvato entrambi i mondi.

Page 8: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

8

FRANCESCA D’ANGELO

LA ZUCCA STREGATA

Come ogni Halloween, mia madre prende una zucca per intagliarla, ma quest'Halloween è stato molto movimentato. Entro in cucina e vedo mia madre e mia sorella Brook che sta mangiando. Oh, dimenticavo, c'è anche la zucca sul tavolo. Tanto per la cronaca io odio Halloween e le zucche visto che mio padre è morto il giorno di Halloween. Stava andando con la macchina a prendere una zucca e ha fatto un incidente, mentre penso a quel giorno, sento mia madre dirmi: <<Buon Halloween! Ti va una buonissima colazione.>> La ringrazio e le dico di sì, poi chiedo a mia sorella: <<Come va?>> So che anche le odia questo giorno, ma lei e più piccola e forse soffre ancora di più, nonostante siano passati cinque anni. Lei mi risponde: <<Certo e tu?>> Rispondo sì, poi mia sorella chiede a mia madre se può intagliare la zucca in camera nostra e mia mamma risponde di sì. Prima che mia sorella arrivi in stanza, mi metto a cercare un orecchino che ieri mi era cascato sotto il letto "Eccolo" Sto per uscire, quando sento parlare mia sorella: <<Adesso ti trituro stupida zucca...>> Non fa in tempo a finire che la zucca dice: <<Tagliami e a ogni fetta potrai esprimere un desiderio!>> Mia sorella ribatte: <<Provo, ma se non funziona ti brucerò!>> "Come?" Mi chiedo da quando in qua le zucche esprimano desideri e parlino. Ok ci troviamo a Canberra (Australia) e qui spesso succedono cose strane, ma non così strane. Mia sorella prende un coltello e taglia una fetta e dice: <<Voglio mio padre torni vivo>>. Non faccio in tempo a pensare che sento suonare il campanello. Mia sorella corre via ad aprire la porta ed io esco dalla stanza. Papà! È lui, non ci credo! Corro ad abbracciarlo e urlo: <<Mamma!!!>> Che giunge subito da me e quando vede papà urla, poi dico a mio padre: <<Sei qui, papi?>> Mia sorella lo abbraccia e corre in camera. Vado più tardi ad origliare, sta dicendo <<Voglio essere ricca>> E "pum" mi trovo in una villa poi sento: <<Voglio essere la più bella di tutta la mia scuola>> e conclude con <<Stupida zucca>>. Entro in camera, ma "pum" mi trovo in strada con degli abiti sporchi e seduta a terra con mia sorella. Le urlo: <<Cosa hai fatto?!>> Lei dice: <<Ho tagliato l'ultima fetta e mi sono fatta male quindi ho detto... e tu come fai a saperlo...>> Le dico che l'ho spiata e afferma sarcastica: <<Brava Clara ... comunque mi sa che la zucca ci ha concesso l’opposto! Siamo povere, papà non c’è più e sono diventata bruttissima!>> Mi scendono due lacrime e penso cosa stiamo facendo, "distruggiamo i desideri?" Subito penso che dobbiamo bruciare quelle fette di zucca. Racconto la mia idea a mia sorella che tira fuori le fette di zucca e io con l'accendino, che avevo in tasca, brucio le fette e "pum"… Siamo a casa, vedo la mamma e la abbracciamo e si stupisce che siamo così affettuose. Noi non rispondiamo e continuiamo ad abbracciarla. Lo so è bello poter avere tutto quello che si vuole, ma non possiamo cambiare il destino.

Page 9: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

9

FILIPPO FERRANTE – NICOLA GIAROLA

L’ARPA MAGICA

Stavo passeggiando assieme al mio cane nel bosco vicino a casa mia, quando tutt’ad un tratto, sentii delle strane voci che provenivano dalla cascata del bosco. Mi avvicinai per dare un’occhiata e vidi una strana persona barbuta con capelli lunghi brizzolati, vestito con dei pantaloni marroni e con un telo che gli copriva il busto della stessa tinta dei pantaloni. La cosa che mi colpì di più dell’uomo erano i suoi strani occhi che brillavano di un blu intenso. Scorsi anche uscire dalla cascata una ragazza con capelli lunghi rossi come il vestito. Lei estrasse dalla tasca uno strano scrigno di piccole dimensioni. Lo aprì e ne estrasse una bacchetta che diede al signore. Lui a sua volta, pronunciando delle strane parole, fece apparire una arpa. Il mio cane però in quel momento cominciò ad abbaiare e i due maghi mi notarono. Corsi più velocemente che potevo e andai a nascondermi sopra a una quercia. I maghi proseguirono, pensando che io fossi andato più avanti. Allora incuriosito ritornai alla cascata: là giaceva l’arpa magica. Da dietro la cascata uscii un essere di piccole dimensioni con delle ferite sul volto. Io lo soccorsi. Lui allora per ricambiarmi mi invitò nel suo regno che si trovava aldilà della cascata, in una grotta. Ci spiegò che il regno si chiamava Ofle e che era appena stato devastato da quei due strani maghi. Ci raccontò anche che lui era il sovrano e che quegli stregoni avevano appena rubato un’arpa magica che ora però erano riusciti a riprendersi.

Page 10: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

10

DANIEL KAEMPFER

LA CASA SHUTTLE

Se l’aspettava, la gente, che prima o poi sarebbe partita. Forse non in quel modo, ma comunque… C’erano sempre urla e lamenti. C’era stata una ragazza che voleva vedere se effettivamente la casa aveva qualcosa di strano. Decise che da sola avrebbe avuto troppa paura, quindi porto con sé il suo cane. Il pomeriggio successivo prese il necessario e andò nella casa. La controllò per bene la casa e non contena decise di passare la notte lì. Andò nella camera da letto e cominciò a dormire con il suo cane sotto le coperte. Dopo un po’ sentì dei guaiti. Si svegliò e chiamò il cane, che le leccò la mano, in segno di presenza. Si rimise a letto, e di nuovo senti dei rumori. Il cane la rassicurò ancora leccandole la mano. Si svegliò il mattino successivo, chiamò il suo fedele amico, per ritornare a casa. Non lo trovò, finchè non andò in bagno. Il suo cane era morto impiccato e una scritta sul muro, scritto col sangue, recitava: NON SOLO I CANI SANNO LECCARE. Da allora la luce del bagno, al piano di sopra rimase sempre accesa, con una sagoma di un cane dentro, finchè non decise di volatilizzarsi… un giorno la casa salì in alto nel cielo e di essa non si seppe più nulla.

Page 11: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

11

ANNA MORANDO

ROXY E LE PIETRE MAGICHE DEL TRONO DI BHOH

Roxy era una bellissima ragazza alta, con i capelli biondi mossi e gli occhi color nocciola. Era scappata dalla sua città nativa, Novosibirsk, con sua madre e suo fratello Ambon perchè nella sua patria era arrivata un'ondata di peste dalla Mongolia e dal Kazakistan. Suo padre era morto pochi mesi prima a Novosibirsk per colpa di quella malattia infettiva che ormai aveva contagiato quasi l'intera Russia. Però, prima di morire, aveva lasciato a Roxy due piccole pietre bianche sulle quali c'era scritto “HAPPY END” e aveva detto a lei di tenerle sempre con sé, che le avrebbero portato fortuna. La famiglia di Roxy decise di emigrare negli Stati Uniti; avevano quindi stabilito di prendere un aereo in direzione Los Angeles. Mindoro, un amico di famiglia, aiutò la madre della ragazza a comperare dei biglietti aerei a basso costo con la compagnia Russian Air Lines. Il giorno della partenza era vicino e Roxy e sua madre incominciarono a preparare i bagagli. Alle tre del pomeriggio del 6 maggio Roxy con il resto della sua famiglia salì sull'aereo che dopo venti minuti partì. Passate nove ore di volo l'aereo fece sosta a Parigi, dove i passeggeri passarono la notte. Roxy e la sua famiglia furono ospitati in uno ostello a cinque chilometri dall'aeroporto. La mattina seguente vennero svegliati da una gentile cameriera che disse loro che una hostess era venuta a prenderli per riportarli in aeroporto dovo sarebbe ripartito il volo. La madre e i due figli, arrivati all'aeroporto, salirono sull'aereo. Roxy si sentì molto sicura su quell'aereo e fece un pisolino. Quando si svegliò la bellissima ragazza russa si ritrovò sulla sabbia dorata in una piccola isola. Si alzò da terra e notò molte ferite sul suo braccio destro e sulle gambe. Roxy gridò a squarciagola il nome di sua madre e di suo fratello, ma non ricevette alcuna risposta. Vide che l'aereo era squarciato a metà e che il pilota era morto dissanguato come tutti i passeggeri. Gridò di nuovo il nome di Ambon e lo vide sdraiato sulla sabbia con accanto sua madre, la quale aveva una grande ferita sulla testa. La ragazza aiutò sua madre ad alzarsi e la fece sedere su un sedile dell'aereo. Estrasse un fazzoletto di carta dalla tasca della felpa, lo bagnò con dell'acqua salata di mare e lo mise sulla sua ferita. Contemporaneamente Ambon costruì una piccola barella con dei tronchi di palma e con dei teli abbandonati in riva al mare, per far sdraiare la madre addolorante. Roxy staccò delle noci di cocco da un albero e, dopo averle tagliate con un coltellino multiuso di Ambon, diede da bere il succo alla madre e al fratello. Si fece sera e Roxy accese un grande falò per scaldarsi e per cuocere dei pesci pescati dal fratello. Lei si allontanò dal luogo dove l'aereo era caduto per cercare del cibo da mangiare l'indomani. Si inoltrò nel cuore dell'isola seguendo un piccolo sentiero attorniato da felci e palme. Ad un certo punto sulla sua destra, notò un grande trono di pietra dedicato alla regina Caroline XX del Kenya. Roxy era molto stanca e si sedette sul trono di pietra e dopo alcuni secondi si trovò in uno sterminato campo di granoturco. Si avvicinò un grande troll che si presentò: “Io sono Dalney un troll. E tu invece chi sei?” “Caro Dal... Dal... Dalney” disse la ragazza “Io sono Roxy, una ragazza ragazza russa che con mio fratello e mia madre, ci stavamo trasferendo in America, ma purtroppo il nostro aereo è caduto su una piccola isola. Alcuni minuti fa stavo camminando in un sentiero quando ho notato un tronco e per la stanchezza mi ci sono seduta sopra e sono finita qui. Dove mi trovo?” gli chiese Roxy. “Benvenuta nel regno di Bhoh” le rispose Dalney “Il regno è sempre stato un luogo dove troll e umani convivevano in pace; ma cento anni fa una strega cattiva di nome Celery raccontò bugie sui troll e fece prendere paura agli umani, che scapparono dal regno di Bhoh a gambe levate e non tornarono mai più. Inoltre la cattivissima Celery ci tolse tutta la nostra magia positiva e rese il piccolo regno un luogo non visitabile, chiudendolo con il portale del trono di Caroline XX. L'unica speranza per il nostro regno sono due pietre bianche con sopra incisa la scritta HAPPY END”. A Roxy vennero subito in mente le due pietre bianche che il padre le aveva donato due mesi prima.

Page 12: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

12

Le estrasse dalla tasca dei jeans e le consegnò a Dalney. Il troll andò a chiamare il re del piccolo regno che consegnò a Dalney uno scettro. Dalney inserì le due pietre nello scettro reale con alcune parole magiche aprì il portale che dall'isola del trono dedicato a Caroline XX portava al regno di Bhoh. Tutti i troll recuperarono la loro magia e fecero un grande banchetto in onore della loro salvatrice: Roxy. Inoltre il re, felice del gesto che aveva compiuto Roxy per il piccolo regno, le disse che avrebbe esaudito qualsiasi suo desiderio. La ragazza accettò e chiese che la sua famiglia vivesse felice a Los Angeles. Il desiderio si avverò e Roxy, Ambon e la loro madre andarono ad abitare in una grande villa nella periferia di Los Angeles. Fortunatamente la madre venne operata in testa per la grande ferita che aveva e guarì presto e vissero felici e contenti.

Page 13: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

13

LORENZO OTTAVIANI

IL FINALE DEL LIBRO Era una serata d'inverno come tutte. Ogni volta dopo cena leggevo il mio racconto, mi sdraiavo sul letto, accendevo la mia lampada e cominciavo a leggere. Ma quel capitolo era talmente monotono e un po' inquietante che mi addormentai. Sognavo uccelli, rose e tulipani. Fino a quando il cielo diventò scuro e spaventoso, morivano uccelli e fiori, era diventato un incubo. Mi svegliai con il fiatone, il cuore che batteva all'impazzata e accorgendomi di essere intrappolata in dei rovi che sbucavano dal mio libro, urlai ed essi mi mollarono. Spaventata corsi in un'altra camera e passai la notte in bianco. Alla mattina ritornai e guardai il libro, sembrava tutto in ordine, presi la scopa e mi avvicinai; spaventata tirai una bastonata sopra di esso e lui non si mosse. Arrivo la sera e volevo affrontare la paura, andai in camera e mi misi a leggere il libro, ma c'era qualcosa che non quadrava perché la storia era un giallo e ora era un fantasy che narrava di un libro incantato che perseguitava nei sogni chi lo leggeva. Spaventata presi il libro e lo bruciai, ma mentre bruciava vidi le piante uscire e aprire le porte per un mondo magico, inciampai e ci caddi dentro, entrai nella storia. Non potevo uscire da quel meraviglioso mondo incantato, ma sapevo una cosa: il finale del libro lo potevo modificare a mio piacimento visto che ero la protagonista.

Page 14: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

14

CATERINA de’MANZONI

PATRIAM LANTERNIS

Ricky! Che fai! Aspettami! - Il ragazzo sbuffò: -Ma perché sei sempre così lenta?!- Valentina e Riccardo erano usciti per lasciar “discutere” (come avevano detto loro) i genitori. Trovandosi in piena estate, non sapendo che cosa fare e, avendo vicino alla casa presa in affitto un lago...la risposta era ovvia. Vale aveva due anni in meno di Riccardo, che ne aveva undici. In compenso però la ragazzina era sveglia, forte e intelligente. A differenza di Ricky che agiva sempre d’impulso: spesso si ritrovava a compiere azioni prima di avere bene in mente cosa mettere in atto. I ragazzi erano fratelli. Lei con occhi verdi, come fanali, che ispiravano una grandissima fiducia. Capelli castano-chiaro e una spruzzata di lentiggini sul naso. Lui, invece, aveva occhi azzurro chiarissimo, a volte si scambiava per grigio e capelli biondi, sembravano d’oro. –Giochiamo a un gioco? - Chiese Ricky non appena entrambi ebbero attraversato delle pietre ed erano arrivati a riva. –No! Tanto vinci sempre tu! - -Allora migliora! - Rispose Ricky con un sorriso beffardo. Dopodiché raccolse sei sassolini, tre per ciascuno e li distribuì. Il primo a lanciare fu lui, dicendo: -Chi riesce a fare più rimbalzi vince, okay? - Vale sembrò pensarci su, dopotutto papà le aveva insegnato come si fa e lei aveva appreso anche qualche trucchetto: -Ci sto! - Decise nello stesso momento in cui il sassolino compieva il suo terzo e ultimo rimbalzo. Riccardo gonfiò il petto: -Prova a battermi, bambinetta! - Valentina prese un suo sasso della tasca, si concentrò, provò il movimento...e il sasso lasciò la sua mano. Fece ben quattro rimbalzi prima di affondare nell’ignoto mondo sottomarino del lago. Ricky stava fissando Valentina a bocca aperta. Lei si girò lo guardò in faccia e disse: -Vediamo se riesci a fare di meglio, bambinetto! - E rise. Riccardo allora prese un altro sasso. Si concentrò, pregò la pietra in silenzio, e tirò. Il sassolino fece solamente due rimbalzi. –Bè, se adesso tu fai più di me hai diritto ad avere un centesimo dai miei risparmi. - -Sì, certo, cosa ci faccio con un centesimo io, Irene mi darà solo un quinto della caramella! Voglio almeno cinque centesimi. - -Okay, affare fatto. - Si strinsero la mano e Vale si preparò a tirare. Purtroppo, però, ci mise troppa forza nel tirare e il sasso andò a fondo subito dopo un minuscolo rimbalzo. Ricky scoppiò a ridere e Vale disse: -Ecco, adesso Irene non mi darà più la caramella! - E si mise a ridere insieme al fratello. I due non si accorsero però che avevano aperto un vortice il quale, dal centro del lago, andava a ingrandirsi fino a diventare grande come il lago stesso. A quel punto i ragazzi si erano fermati, a bocca aperta a vedere quel terrore della natura. –Guarda Vale: dentro al vortice c’è una luce strana...- Ma non andò avanti, perché Valentina era stata portata via dalla voragine. Preso dal panico Riccardo si buttò. Fu una brutta idea, davvero una brutta idea. Si svegliò prima Valentina. Si trovava in una foresta con alberi alti alti e verde scuro. Era notte, ma non sembrava. Infatti, tutte sparpagliate per terra, in cielo, incastrate fra gli alberi, c’erano lanterne cinesi che emanavano una luce azzurrina. Le fiamme al loro interno sembravano parlare. Vale chiamò Riccardo che si svegliò di soprassalto: -Cosa c’è?! Dove siamo?!- -Sta calmo! Non ne ho la più pallida idea. - Aggiunse poi sconfortata. –Bè, è venuto il momento di scoprirlo, no? - Ricky sorrise a Vale, che non ricambiò. Insieme si avviarono per un sentiero lungo il bosco. Camminando i fratelli scoprirono che, ascoltando attentamente, sentivano le voci delle lanterne che si lamentavano: ”Non ne posso più di Lucia!” “Dovevano eleggere qualcun altro come regina.” “Per me hanno fatto bene, invece.” Curioso, Ricky, si avvicinò ad una di esse e le chiese: -Scusa, dico a te, posso chiederti una cosa? - La lanterna sembrò girarsi spaventata: -Ehi, mamma mia, che modi bruschi questi umanoidi! - Riccardo sbuffò: -Sì, okay, vabbè, sono maleducato, prepotente eccetera eccetera. Ora, potresti, gentilmente, dirci che cosa è questa foresta? - La lanterna sembrò scioccata. –Possibile che tu non lo sappia?! Siamo a Patriam Lanternis, il paese delle lanterne. Qui, tutte le lanterne lanciate in aria dagli umani, si ritrovano. L’unico inconveniente che ti rovina la luce, è che non puoi spostarti. Rimani bloccato per colpa di questi rami. - Vale intanto si era avvicinata e aveva ascoltato: -Se noi ti liberassimo e ti portassimo con noi a casa dove potresti stare libera...verresti e ci spiegheresti come uscire? – La lanterna sembrò pensarci su:-Okay, accetto, ma ad una condizione. - -Dimmi tutto- disse affannato Riccardo. –Mi comprerete quella buona fragranza alla lavanda che mi piacerebbe avere! - Riccardo, sorpreso, rispose: -Tutto qui? Bene allora. Mettiamoci in marcia. –

Page 15: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

15

Camminando la lanterna, che poi scoprirono chiamarsi Lara, raccontò loro della regina crudele che regnava a Patriam Lanternis. In teoria, la regina dovrebbe essere quella con più esperienza, ma Lucia, l’attuale regina, aveva ucciso l’ex-regina, prendendole il posto. Lara spiegò anche che la loro luce, era la loro vita. Se si spegneva, loro morivano. –Per uscire però dovete per forza passare per il palazzo della Regina: solo lì si trova il modo per andar fuori. Molte di noi ci hanno già provato, ma serve una combinazione speciale che nessuno ha mai indovinato, neanche Lucia. - Valentina ci pensò su: “Potrebbe essere una combinazione a seconda di quante lanterne c’erano per albero.” Così prese a osservare meglio gli alberi: le lanterne in essi erano sempre dello stesso numero: dieci. Distribuite a caso, ma sempre dieci. Intanto, anche Ricky pensava ad un modo per indovinare la combinazione: “Potrebbero essere il numero di volte che la fiammella di Lara guizza”. Così, alla fine del giorno, contò dieci volte. Subito dopo essersi accampati per la notte, i due fratelli attesero che Lara si addormentasse (cioè che si affievolisse leggermente la fiamma), per consultarsi. Si scambiarono le ricerche e, dopo un lungo momento di silenzio, Vale disse: -Secondo me il numero dieci c’entra eccome in questa situazione. Potrebbe essere la combinazione per uscire di qui: uno e zero. - -Probabile- disse Ricky. – Ma non penso. Di sicuro ci sarebbero arrivate prima di noi queste lanterne, non trovi? - Dopo un altro breve minuto di silenzio Valentina rispose: - Sì, hai ragione. - Rassegnati, si costrinsero a dormire. Il giorno dopo Lara li svegliò elettrizzata dandogli una buona notizia: -Sveglia sveglia dormiglioni! Ora che è giorno ho scoperto che ci manca meno di un’ora al palazzo reale! - Ancora intorpiditi dal sonno si alzarono e si avviarono verso la meta. Quando Lara li avvisò di alzare gli occhi lo spettacolo che si parò davanti ai loro occhi era magnifico: un castello con alte torri a punta si stagliava contro l’alba mattutina, rendendo ancora più chiaro l’azzurrino che lo ricopriva. Su ogni punta si trovavano delle lanterne...speciali. Invece che la solita luce gialla, loro avevano una luce azzurra. Ricky e Vale, ammutoliti, avanzarono dietro a Lara che procedeva con passo sicuro verso il portone principale. L’interno era semplicemente splendido. Ancorate a terra con fili, lanterne fluttuanti di vari colori, davano al castello un tocco vintage. Nell’enorme salone c’erano due vetrate in stile gotico, raffiguranti una lanterna grande, con la corona in testa, seduta su un trono, e sotto di essa, piccole lanternine. Davanti ai tre si aprivano due rampe di scale che, incrociandosi, portavano a due corridoi diversi. Davanti alle scale, su un trono fatto d’ambra, sedeva altezzosa, Lucia, la Regina di Patriam Lanternis. Incapaci d’aprir bocca, Vale e Ricky aspettarono che fosse Lara a parlare per prima: -B-buongiorno, mia Somma, Leggendaria, Magnifica Regina. - Un sorriso compiaciuto trovò casa sulle labbra di Lucia: -Qual buon lume vi porta in mia presenza? - Vale si schiarì la voce e disse: -Mi scusi, credo di aver trovato la combinazione per uscire dal paese delle Lanterne. - Una risata agghiacciante uscì dalla bocca della Regina. –Davvero pensi che io creda a queste maldicenze?! Poveri sciocchi! Siete solo dei ladri venuti a rubare il mio tesoro! - Detto questo schiocco due volte le dita ingioiellate. –Guardie: sbatteteli nelle prigioni! - Ma a quel punto Riccardo era già scattato. Aveva preso la scala di destra e ora correva tre scalini alla volta. Su, su, su. Arrivato in cima un lungo corridoio gli si apriva davanti. In fondo vedeva una porta: “È lì che devo andare” Decise il suo istinto. Così prese a correre. Arrivato in fondo, prendendo più velocità possibile, si schiantò con la spalla contro la porta che, essendo vecchia, si spezzò sotto il suo peso. Intanto Valentina lo aveva raggiunto e Lara teneva occupate le guardie. Arrivati dentro la stanza, i due la scoprirono vuota, e eccezione di uno specchio che dava sul lago da cui tutto era cominciato. Ma, all’improvviso, apparve sulla sua superficie una schermata verde che diceva: -Digitare il codice prego- E sotto di essa una tabella di numeri. –Vale! che combinazione è?!- Chiese Riccardo con la voce colma di panico. –Non lo so! Prova “1,0”. - Rispose altrettanto terrore. Riccardo provò, ma il computer rispose: -Mi dispiace, codice errato. Rimangono solo due tentativi. - Presi dall’angoscia i fratelli cominciarono a pensare a qualche altro modo per sbloccare l’uscita. –Prova il numero di vetrate che c’erano al piano di sotto, anche perché ci sono pure due scale! - Rispose Valentina. Riccardo permette il tasto velocemente, ma lo schermo proiettò la stessa risposta di prima. –Okay, ragioniamo. Come abbiamo fatto ad arrivare qui? - Pensò Vale ad alta voce. –Emm...Con i sassi...- -Sì! Certo! Ti ricordi, per caso quanti rimbalzi hanno fatto? - -Sicuro! Prima tre poi quattro, poi due e infine uno. - -Quindi “3,4,2,1”. Ma certo! Che scema! Tre più quattro più due più uno fa dieci! Dieci lanterne, dieci guizzi! Sbrigati: scrivi “3,4,2,1” - Così fece Riccardo. Il computer scrisse: -Complimenti siete liberi da Patriam Lanternis. Buon viaggio e grazie per averci fatto visita! –

Page 16: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

16

Proprio in quel momento comparve Lara sulla soglia: -Portatemi con voi, vi prego! - Lo specchio, intanto, cominciava a curvarsi, formando una spirale. –Su Lara! Seguici presto! - Rispose Ricky. I tre saltarono simultaneamente e altrettanto simultaneamente caddero nell’acqua gelata del lago. Sentendo il tonfo i genitori si precipitarono a vedere, preoccupati che non fossero i loro figli. Li tirarono fuori, compresa la lanterna e porsero loro delle coperte. Li portarono in casa e si fecero raccontare ciò che era accaduto. Lara visse con i fratelli, continuando a splendere, ricordando loro della bella esperienza che li aveva uniti. -Che bella storia nonno Harris! Raccontacene un’altra! Ti prego, ti prego, ti prego!!!- Scoppio in una risata piena d’affetto e gioia. –Magari domani. Ora andate a letto bambini. - Con il loro solito scalpiccio si avviano verso le camere da letto. Mi volto, e dietro di me la lanterna che funge da lampada in salotto mi fa l’occhiolino.

Page 17: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

17

VIOLA BENATTI

LE PIETRE MAGICHE

“Guarda! Ha fatto quattro rimbalzi, ho vinto ancora io.” Disse Tom. Matilde era stata sconfitta un’altra volta, non era molto abile nel far rimbalzare i sassi sull’acqua. Si sedette sotto un pino appoggiando la testa alla corteccia umida dell’albero. L’aria fresca le attraversava i capelli raccolti in una mezza coda. “Ora devo andare, ci vediamo ancora domani, qui alla stessa ora, intanto tu allenati!” ribadì Tom sparendo nel bosco. Matilde era lì, immobile, seduta, con gli occhi chiusi, ad ascoltare i rumori della natura. Il fruscio delle foglie e il ronzare degli insetti era rilassante. Si toccò la camicetta bianca con un dito, per abbottonarla. Visto che era all’ombra, cominciava ad avere un po’ freddo, ma questa aria fantastica le impediva di alzarsi. Poi però si ricordò della promessa fatta a Tom, si sarebbe dovuta allenare con il rimbalzo dei sassi sull’acqua. A malincuore Matilde si alzò e, chinandosi sul bordo dell’acqua per prendere un ciottolo, sotto l’acqua poco lontano da lei, vide due pietre che luccicavano. Le afferrò, bagnandosi le mani, e provò a lanciarle una dopo l’altra. Con grande stupore vide che le pietre rimanevano sull’acqua e non affondavano come tutti gli altri sassi. Le due pietre era arrivate ormai all’altra sponda del lago, così Matilde andò da quella parte e le prese in mano. Era una ragazza intelligente e molto curiosa. Guardava le due pietre molto attentamente, con le sopracciglia aggrottate e un’espressione seria. “Se stanno a galla, allora, se le predo in mano e cammino sull’acqua in teoria rimango a galla anche io...” pensò Matilde. Così strinse in ogni mano una pietra e, dopo essersi fatta coraggio, mise il primo piede sull’acqua e dopo l’altro e così via... Cominciò a correre velocissima sul laghetto e vide che rimaneva galla! Tutto ad un tratto, senza pensarci, lasciò andare una delle pietre e perciò, cadde nel lago. La pietra stava precipitando sul fondo, quindi Matilde si immerse in acqua, ma dopo vari e inutili tentativi, essendo ormai i suoi polmoni privi d’aria, dovette risalire in superficie. I suoi vestiti erano fradici, le sue orecchie ronzavano per il grande sforzo, così si distese sull’erba alta e chiuse gli occhi. Ad un tratto sentì una mano posarsi sul suo viso, aprì gli occhi intimorita e vide accanto a se una figura sconosciuta. Una ragazza dai lunghi capelli neri, occhi blu e orecchie a punta. Aveva uno strano sorriso sulle labbra, improvvisamente allungò una mano verso Matilde e le appoggiò sul petto la pietra mancante sussurrandole: “Tieni queste pietre sempre con te, non darle mai a nessuno, esse ti proteggeranno e ti aiuteranno nei momenti di difficoltà”. Così come la ragazza era apparsa, a piccoli balzi raggiunse la riva del lago e con un tuffo si immerse. Matilde, ancora incredula da questa apparizione, si alzò in piedi, mise le due pietre in una mano e osservandole pensò a tutto ciò che la ragazza le aveva detto e al modo in cui avrebbe potuto raccontarlo al suo amico Tom. Matilde corse a casa, prese dello spago da cucina e si chiuse in camera. Il giorno dopo, come sempre, partì di buon’ora per andare da Tom nel bosco, con la sua borsa di cuoio sulla spalla destra. Lui era già arrivato, lei lo vide da lontano, era seduto sulla sponda del laghetto a tirare sassi sull’acqua. Lei gli arrivò alle spalle e gli mise al collo, molto delicatamente, la collane che aveva costruito con una delle pietre magiche, l’altra collana gemella era appesa al suo esile collo. Tom la guardò con occhi interrogativi e Matilde disse: “Voglio condividere la mia fortuna con te”, e poi cominciò a raccontare tutto a Tom. Chissà perché proprio a lei era capitata una cosa simile, non si saprà mai.

Page 18: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

18

ARCOSTI ELISA ROSE – ELISA RIGHETTI

LA MALEDIZIONE C’era una volta un piccolo bambino di nome Sharnek, che aveva una sorella, Shelia. Erano gemelli, nati lo stesso giorno, stessa ora, stessi instanti, stessa madre. Avevano però qualcosa di diverso dalla madre e dal padre. Loro erano bassi e goffi e verdi, mentre i genitori erano normali. Non ci fecero caso, erano piccoli e tutto ciò che importava loro era esser felici, strani ma felici. Erano diversi dagli altri. Ma a loro non importava, i loro genitori li amavano lo stesso, così com’erano. Arrivò il giorno in cui dovettero andare a scuola. Si prepararono le camicie bianche, Shelia prese la gonna nera e Sharnek pantaloni neri, entrambi scarpe nere e una cravatta a strisce gialle e rosse. Partirono per ‘l’avventura’. Non l’avessero mai fatto! Furono presi in giro da ragazzini che li inseguivano ridendo del loro aspetto e corsero a casa tra le lacrime. I genitori li obbligarono giorno dopo giorno ad andare a scuola, sebbene loro non volessero. Venivano derisi e guardati male dalle maestre. Nessuno li voleva. Scapparono così su una collina, in una piccola grotta. Lì nessuno li avrebbe derisi o costretti a far cose che non volessero fare. Come passatempo iniziarono a leggere dei libri di magia e diventarono bravi maghi. Era il loro gioco preferito far incantesimi. Dopo un paio di anni decisero di farsi coraggio e tornare a casa. In fondo, sentivano la mancanza dei genitori. Li amavano con tutto il cuore e avevano passato quei due anni con l’ansia per la loro assenza. Ebbero però una sgradevole accoglienza. Trovarono la loro dolce casa in fiamme e i loro genitori erano morti, sotto le macerie. Shelia, la sorella di Sharnek, non sopportò il dolore e dopo pochi giorni si lasciò cadere in un lago e morì annegata: non sapeva nuotare. Sharnek era distrutto, aveva perso tutto. Si rifugiò nella grotta. Provò, dopo molto tempo, a uscire e a farsi vivo in paese, ma fu deriso nuovamente. Si sentiva morire dentro. Voleva porre fine a tutto quel dolore, lasciandosi morire, ma nel più profondo era assetato di vendetta. Diventò un eccellente mago. Passò anni a studiare pozioni e nuove formule. Un giorno andò vicino al lago dove la sorella era morta e vide qualcosa in mezzo all’acqua: sirene. Erano meravigliose, avevano pinne color porpora e capelli che svolazzavano intorno al loro viso. Si fermò a guardarle, ma loro iniziarono a scappar via, impaurite. Era arrabbiato, molto. Nessuno lo voleva neppure loro. Scagliò un incantesimo e rinchiuse le fanciulle nei ciottoli del sentiero e disse: “Le vostre preghiere verranno udite solo da coloro che verseranno su di voi lacrime di vero dolore!”. Lasciò così quel luogo, ma non prima di aver finito di scagliare la sua ira. Impose un altro maleficio: “Tutti i gemelli di questo paese maschio e femmina, un giorno mentre saranno assenti, la loro casa andrà in fiamme. Al loro ritorno i genitori saranno morti. Verranno poi perseguitati da disgrazie per tutta la vita, come è successo a me!” Aggiunse con la voce rotta. In fondo anche lui era buono, ma la sua ira era tale da averlo portato ad esser cattivo. Si nascose nella grotta e giorno dopo giorno si accorse della gravità di ciò che aveva fatto. Aveva distrutto le vite di molte coppie e le vite delle sirene. Provò a evocare una magia per togliere quei malefici, coperto dai sensi di colpa com’era, ma li aveva coperti con un sigillo. Solo altrettanta energia poteva togliere i sigilli. Ma era debole, soprattutto dopo quelle magie proibite. Era un caldo pomeriggio, il sole era alto nel cielo e scaldava tutta la valle. ”Oggi è una bellissima giornata. Perché non andate un po’ al lago a giocare?” disse loro la madre. I ragazzi si guardarono sbuffando. Perché uscire di casa quando la mamma stava facendo i biscotti? Ma alla fine cedettero e, appena furono fuori, si accorsero che quel calore li rendeva felici e si ritrovarono a saltellare lungo il sentiero. Sorridevano e galoppavano per la stretta stradina ricoperta di rosei ciottoli che luccicavano sotto i raggi del sole: avevano in sé qualcosa di magico.

Page 19: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

19

Non ci fecero caso, spensierati com’erano. Arrivarono al bordo del lago e iniziarono a raccontare. Erano dei gemelli strani, almeno ritenuti così da almeno mezzo paese. Non erano ragazzi di compagnia, al centro dell’attenzione o sempre alle feste. Se possibile, preferivano starsene in camera loro a raccontarsi a vicenda storie. Storie non qualsiasi, ma in tema alla giornata. Ad esempio se era nuvoloso, decidevano di raccontare storie tristi, se era serena storie felici. Ma in quel luogo, in quel boschetto, vicino al lago, si sentivano circondare da un alone di mistero e di paura. Il tema di quel giorno erano le storie paurose. “Sasha, inizio io a raccontare oggi.” disse Federico. “Allora, c’era una volta un enorme troll che viveva tutto solo su una collina. Non aveva amici e quella solitudine lo tormentava parecchio. Così, un giorno, si fece forza e decise di andare giù nella valle per cercare degli amici. Aveva un concetto molto astratto della parola ‘amici’. Per lui, un amico era colui che gioca con te e che divideva con te i suoi averi. Si incamminò così giù dalla collina. Arrivato in paese molti abitanti iniziarono a scappare. Un troll verde e peloso che si aggirava nelle strade? Era un evento nuovo e pauroso. Un bambino, però, si fermò davanti a quel ‘mostro’ e iniziò a sorridere: “Ma guardatelo. Avete paura di un nano verde vestito di stracci?” disse e iniziò a ridere. Tutta la folla lo seguì nella sua risata che rimbombavano come pietre alle orecchie del povero troll. Si giurò vendetta. Corse sulla sua collinetta dentro la sua grotta e nessuno seppe mai più niente di lui. Si dice però che nel lago, questo lago, vi fossero delle meravigliose sirene e, un giorno, mentre stava passeggiando sulla riva alcune scapparono via impaurite e lui scagliò un maleficio per incastrare la loro anima in dei sassi, così da non potersi più vantare del proprio aspetto fisico. E non basta: solo delle lacrime di dolore cadute sulle pietre possono sprigionare le loro voci. Nella grotta nessuno osa entrare: dicono che l’anima del troll vagherà per sempre e che chiunque si avvicini alla sua dimora verrà ucciso senza pietà.”. La storia era davvero paurosa e Sasha era rimasta davvero pietrificata. “Wow Fede, sei davvero bravo nelle storie paurose!” Ammise lei. Un leggero venticello si sollevò nell’aria e iniziò a farsi sempre più freddo e il cielo si scuriva. Si fissarono per un momento. Sentivano che qualcosa non andava, ma non ci fecero caso. Pensavano fosse solo la storia di Federico che aveva inquietato entrambi. “Fede, vorrei raccontare la mia storia, ma ora si sta facendo freddo e voglio tornare a casa.” Disse Sasha, mentre si guardava intorno con i capelli che le svolazzavano sul volto. Andarono lentamente verso casa, ripercorrendo a ritroso il sentiero. Si tenevano stretti nelle proprie spalle; avevano molto freddo. Mancavano solo una decina di braccia per arrivare e sentirono un forte odore di bruciato. Era impresso nell’aria in una densa nuvola nera. Iniziarono a correre, pensando al peggio. Speravano che in realtà si stessero sbagliando, che qualsiasi cosa stesse succedendo non fosse nulla di grave. Ma lo spettacolo che si presentò davanti a loro era peggio del peggio dei loro pensieri. La casa era rasa al suolo in un cumolo di macerie. Solo pochi muri portanti neri erano rimasti in piedi. Era tutto distrutto. I pompieri stavano spegnendo l’incendio, ma la scura nuvola di fumo volteggiava ancora nell’aria. “Mamma! Papà!” gridò allarmata Sasha. Un pompiere l’aveva sentita e si diresse spedito verso di loro. “Volevamo salvarli, ma sono rimasti seppelliti sotto le macerie. Mi dispiace ragazzi.” disse lui con un filo di voce. Aveva il volto nero, sporco, respirava a fatica e i suoi abiti puzzavano di bruciato. I ragazzi non riuscivano a capacitarsi di quel che fosse successo, rimasero impalati al loro posto a fissare il fuoco che aveva divorato una casa, due persone e due vite ormai lontani ricordi. Dopo alcuni istanti l’uomo chiamò dei medici per visitare i bambini, ma Sasha, in preda alle lacrime, iniziò a correre per il sentiero senza una meta ben precisa. Federico, allarmato, la inseguì cercando di non pensare a nulla, voleva cancellare il dolore e le immagini della loro vecchia casa. Giunta al lago, Sasha si lasciò cadere, il vestito le svolazzava attorno e sulle ginocchia mise i gomiti che sostenevano le mani che coprivano un volto sfinito e corroso dal dolore. Le guance erano striate da grosse lacrime, gli occhi rossi e gonfi dal pianto, le labbra tremanti.

Page 20: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

20

Federico si sedette accanto a lei e si lasciò andare in un lungo e doloroso pianto. Passò tanto tempo, tanto da non poter esser contato. Era sera, o forse notte, o forse l’alba era vicina. I due gemelli si alzarono in piedi anche se con grande fatica. La testa era pesante e pendeva da tutte le parti. Sasha si sentì strana e si guardò dietro. Vide tutte le sue lacrime che risplendevano del sentiero. Anche Federico si girò ed assistettero ad un spettacolo davvero particolare. Le gocce iniziarono ad esser assorbite dalle pietre su cui giacevano e diventarono di un rosa pallido, poi sempre più vivo. La luna dava loro quel chiarore bianco e un aspetto sinistro. Federico si avvicinò ad una di quelle pietre e sentì delle voci che vi provenivano. La prese in mano e le voci si fecero più forti e diventarono quasi un grido. “Gettala Fede!” Urlò con le mani sulle orecchie Sasha. Non se lo fece ripetere e la gettò nel lago, il più lontano possibile. Ma la pietra non andò lontano, bensì cadde a pochi passi da loro e lo voci si affievolirono sempre di più. Quelle pietre avevano qualcosa di magico, di strano. Poi Sasha raddrizzò le orecchie e sentì delle altre voci arrivare dal lago. Delle bolle iniziarono a salire a galla e con esse delle parole: “Noi siamo sirene rinchiuse in ciottoli rosa. Il troll ci aveva fatto questa maledizione. Non fateci del male, vi possiamo aiutare se volete.” I due fratelli si guardarono scioccati: la storia di Federico era vera. Ma fino a che punto era vera e fino a che punto era solo una leggenda? La ragazza scosse la testa come se si volesse svegliare da un brutto sogno, un incubo. Ma era tutta realtà. “I nostri genitori sono morti in un incendio, per questo siamo venuti qua. Un posto solo e che pochi conoscono come questo è stato il nostro rifugio per piangere. Siamo stanchi e confusi. Ci sembra tutto così surreale. Almeno io credo di esser pazzo. Ma se tutto questo fosse vero e voi foste sirene pronte ad accogliere il nostro desiderio, io e Sasha faremmo qualsiasi cosa purché accettaste.” Disse tra le lacrime Federico. Sasha non lo aveva mai visto così stravolto e in preda alle emozioni. Di solito non faceva molto notare i suoi sentimenti. Solo con lei si sfogava, solo loro due si capivano a vicenda. Le altre pietre sul sentiero iniziarono a sussultare. La ragazzina si sollevò l’abito e si immerse nell’acqua recuperando il ciottolo rosa che prima il fratello aveva lanciato. “Grazie, si vede che avete un buon cuore. Vi abbiamo sentito per anni raccontare tra di voi le vostre storie e abbiamo sempre ascoltato entusiaste. Avete così tante emozioni dentro di voi che sprigionate nel racconto.” disse la voce. “Ma, la storia del troll, quella che Federico mi ha raccontato oggi, è vera?” Chiese titubante Sasha. Federico le lanciò un occhiata. Era un momento cruciale: la risposta era tutto. “Sfortunatamente sì, ma voi umani preferite tenerla come una leggenda. Il troll però ha lanciato le sue maledizioni, mentre era nella grotta: ogni coppia in questo paese o che comunque vi apparteneva e se ne è andato, che ha due figli gemelli un maschio e una femmina, moriranno a causa di un incendio. La maledizione però non finisce qui. Gli orfani saranno perseguitati a vita da una serie di disgrazie alla quale non può esser posta fine.”. Sasha iniziò a tremare. Le mani le diventarono fredde come il ghiaccio. Sul sentiero tutte le voci si erano smorzate. Loro sapevano tutto, conoscevano la maledizione e tutto sul troll, ma avendo davanti un esempio di due gemelli che avevano questa maledizione era davvero straziante, un colpo al centro del petto. Conoscevano quei ragazzini, li avevano visti giorno dopo giorno crescere sempre di più e avevano sentito le loro storie, le loro confidenze, segreti, sui loro problemi a scuola con gli amici o anche delle cotte che si erano presi. Si erano uniti alle loro risate in silenzio e avevano capito i loro stati d’animo. Ma nessuna delle sirene aveva avuto il coraggio di ammettere che la maledizione li avrebbe colpiti: erano così affezionati a loro che sarebbe stato un dolore lancinante solo pensarci. I due fratelli non si mossero neanche di un pollice. Rimasero ghiacciati, ai loro posti, fantasticando sulla serie di disgrazie che li avrebbe presi. No, non volevano capacitarsi del fatto che quella storia fosse vera. Era surreale, irreale, fantastica.

Page 21: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

21

Sasha posò a terra la pietra; ci doveva esser un modo per rompere il maleficio. “Sirene, come posso liberarvi dal maleficio?”. “L’unica cosa che può rompere tutti questi incantesimi sarebbe la magia del mago stesso. Non si sa se sia morto o sia ancora vivo, ma è molto rischioso andare sulla collina. Non siate così superficiali; ricordatevi che avete pur sempre un maleficio che ci accompagnerà ovunque e forse ogni vostra missione sarà impossibile da portare a termine.” Rispose una sirena nel sentiero con la voce tremante, rotta dalle emozioni. I fratelli si sedettero, gambe incrociate, a fissare la distesa d’acqua davanti a loro che specchiava il cielo pieno di stelle e con la luna piena. Federico finalmente riprese il controllo di se stesso e riuscì a ragionare senza farsi prendere dal panico. Come era suo solito quando stava ragionando, si mise la mano tra i capelli e li spostò all’indietro, poi lasciò la mano cadere al suo fianco e girò lo sguardo verso la collina. La grotta era bella in vista ed era stata sede di numerose leggende, storie spaventose per allontanare i bambini da lì. ‘Aspetta un attimo...allontanare i bambini di lì. Quindi forse gli adulti sapevano tutto e volevano nasconderlo ai bambini, salvarli...’ Pensò Federico. Si sentiva tradito. Lui era un ragazzo sincero e non avrebbe mai mentito per salvare i bambini, anzi, avrebbe raccontato la vera storia. Era fatto così. Sincero, fin troppo. Sasha si raccolse i capelli con una piccolo cordicina rossa che era solita portasi dietro: aveva qualcosa in mente. “Domani mattina non ci resta altro da fare.” Disse lei con rammarico. “Partiremo, sperando di poter contrattare.”. Federico se ne stette fermo al suo posto. Aveva sentito, ma aveva ben altro cui pensare. Ad esempio, lungo il tragitto come avrebbero fatto ad evitare le disgrazie che sarebbero accadute a loro? Non c’era un modo per fermarle, solo andare avanti e soffrire per poi sperare che il troll fosse benevolo. L’alba era ormai vicina e in lontananza il cielo si stava schiarendo. I due fratelli si erano addormentati alla fine, uno accanto all’altro. Le sirene si sentivano male, per quei due bambini, volevano fare qualcosa, ma cosa? Non c’era nulla che potessero fare, dovevano solo aspettare che i ragazzini si svegliassero e partissero per il loro viaggio. Dopo alcuni minuti, Sasha si svegliò e per un po’ non pensò a nulla. Poi i ricordi del giorno precedente le piombarono addosso e si sentì profondamente sola e sconfortata. L’effetto delle lacrime sulle pietre erano svanite e così anche le voci delle sirene. Sperò che fosse stato tutto un sogno. “Fede svegliati.” disse al fratello scuotendolo. “Ho fatto un sogno orribile, torniamo a casa!”. Federico pian piano aprì gli occhi e se li strofinò assonnato. Fece un grande sbadiglio e si alzò titubante. Si incamminarono verso casa. “Sasha, ho fatto un sogno assurdo, in cui morivano i nostri genitori!”. Sasha annuì e ammise che anche lei aveva fatto lo stesso sogno. Si guardarono negli occhi e iniziarono a ridere. Ma dopo poco un brivido li percosse la schiena. Videro davanti a se la casa ridotta a un cumolo nero e nastro giallo adesivo che circondava l’abitazione. Non era stato un sogno. Era tutto vero. Non avevano energie per piangere, semplicemente lasciarono le emozioni cullarli lentamente. Erano stanchi, affamati, tristi e arrabbiati, confusi e persi tra mille pensieri. Si rassegnarono presto alla dura verità e iniziarono a camminare verso la collina raccogliendo lungo il tragitto delle bacche viola. Erano buone. “Ti ricordi quando eravamo piccoli? Ci dicevano che questa collina si chiamava: -Monte Tristezza-. Quando ci ripenso mi vengono i brividi.” disse a un certo punto Federico. Doveva parlare, doveva smettere di pensare. Rinchiudersi in se stesso non sarebbe servito a nulla come sapeva benissimo anche lui. “Sì, me lo ricordo. Io avevo un sacco di paura solo ad avvicinarmi a quella collina. Appena la vedevo incominciavo a correre.” Rispose lei, iniziando a ridere. Era una risata piena d’ansia, ma che riusciva a farla sentire meglio. “Tocca ancora a te raccontare la tua storia paurosa”, le fece notare. “Ah, giusto. Allora, c’erano una volta due gemelli, un fratello e una sorella, che vivevano in una bellissima casa. Amavano alla follia i propri genitori e non ci sarebbe stata cosa che non avessero fatto per loro. Era una

Page 22: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

22

giornata bella, d’estate, e i due ragazzi decisero di uscire di casa e di andare al lago come la madre aveva chiesto loro. Passarono il pomeriggio lì e quando tornarono a casa trovarono tutto in fiamme e i genitori erano passati a miglior vita…”. Si fermò un istante. Le lacrime iniziavano a scendere. “Tornarono sconvolti al lago e, durante la notte, dai sassi iniziarono a provenire strane voci. Erano sirene rinchiuse a causa di un maleficio in quelle pietre.” . “Ok basta. Una storia davvero paurosa, ma fin troppo per me.” La interruppe lui. L’aria intorno a loro era carica di tensione e i respiri erano corti. Sentirono in lontananza la campana della chiesa suonare mezzogiorno. All’improvviso, dal nulla, apparvero due uomini vestiti di nero, il volto coperto, due pugnali in mano. “Dateci tutto ciò che avete” disse con voce cupa una. Il maleficio stava iniziando a dare i primi segni. I ragazzi svuotarono le tasche e tutto ciò che uscì furono pochi spiccioli e delle bacche. I rapitori guardarono il bottino, per niente soddisfatti. Scossero la testa e gettarono i pugnali lontani. Tirarono su le maniche della felpa nera e andarono pesantemente giù di botte. Federico si svegliò con la testa in una pozza di sangue. Il naso rosso, rotto. La testa gli girava molto ma non ci fece caso. Strappò un pezzo della sua maglietta e se la mise sul naso per fermare la fuoriuscita del sangue. Poi si ricordò della sorella e scrutò preoccupato i dintorni. La vide accasciata ad un albero, le braccia accasciate lungo i fianchi, la testa che pendeva verso destra. A gattoni si precipitò da lei: gli faceva male tutto e non riusciva a camminare. Le guardò il volto ed era viola, pieno di botte. Il vestito era sparso intorno a lei, sporco di sangue. Sulle gambe aveva numerosi graffi e la cosa più preoccupante furono i segni di mani sul suo collo. L’avevano strangolata. Federico le sentì il polso: il cuore batteva. Poi sentì il respiro ed era corto come se stesse soffocando. Si ricordò che da piccolo il papà lo mandava a prendere delle piante nel bosco, lunghe con foglie seghettate, che servivano a curare le ferite superficiali, come quelle sulle gambe di Sasha. La distese a terra, pancia in su e la fissò attentamente, mentre si allontanava per cercare quelle piante. Era preoccupato per lei, ma non poteva lasciarsi trasportare, doveva esser calmo per poter riuscire ad andare avanti. Le trovò poco più in là e ne prese un bel po’. Alcune se le mise sulle sue ferite, ma non molte. Preferì tenerle per sua sorella. Tornò da lei e fasciò le foglie sulle sue gambe. Nell’arco di pochi giorni si sarebbero rimarginate. Scese il sole e iniziò a levarsi alto nel cielo la luna. Federico accese il fuoco e si stese vicino sua sorella. La tenne d’occhio. Sembrava migliorasse, almeno il respiro si stava facendo regolare e i segni viola sul viso si stavano attenuando. Controllò le gambe. Doveva esser stato un miracolo: non aveva più niente, solo delle cicatrici. Sorrise, compiaciuto di se stesso. Prese alcune bacche. Si sedette a mangiare, quando sentì la campana suonare: mezzanotte. Quella campana era così, suonava solo per mezzogiorno e mezzanotte. Sasha lentamente aprì gli occhi. Federico la guardò stupito e allo stesso tempo felicissimo. Non la abbracciò, anche se avrebbe voluto farlo. Sentirono in lontananza dei rumori. Sembravano dei passi. Si guardarono preoccupati. Arrivarono dei lupi, con la bava alla bocca, che ringhiavano pronti ad attaccare. Erano solo due per fortuna, non un branco. Erano impauriti, che dovevano fare? Federico prese un ramo dal fuoco e lo sventolò davanti agli animali. Provarono ad attaccarlo ma lui riuscì a difendersi. Lanciò loro i bastoni incendiati e poco dopo se la diedero a gambe. “Fede, tutto ok?” chiese preoccupata la gemella, vedendolo pallido. Rispose con in un sospiro di sì, ma cadde poco dopo a terra. Sasha riuscì ad alzarsi, anche se faticosamente e cercò in tutti i modi di aver cura di lui, pur essendo anche lei malata. Il sole era alto nel cielo e finalmente Federico si svegliò. “Ho capito quando avvengono le disgrazie.” disse una voce. Era ancora confuso, ma riuscì a mettere a fuoco l’immagine e a vedere la sorella che lo stava guardando preoccupata. “Avvengono a ogni rintocco della campana, quindi a mezzogiorno e a mezzanotte. Preparati a correre, dobbiamo arrivare là il prima possibile. Manca poco a mezzogiorno.” Tagliò lei corto. Si incamminarono dopo poco, bevendo da un fiore chiamato ‘Fior d’acqua’ perché dentro di sé accumulava l’acqua. La salita era faticosa, soprattutto per due ragazzini feriti com’erano. Per le botte non c’era erba che potesse curarle. Dovevano solo aspettare.

Page 23: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

23

La grotta era vicina, la si vedeva da qualsiasi angolazione. In men che non si dica, si ritrovarono davanti alla caverna. Si girarono e videro tutta la vallata, dove avevano passato la loro vita. Videro anche la loro casa, vecchia casa. Videro anche la chiesa e le campane muoversi, poi sentirono i rintocchi. Era mezzogiorno. Un brivido percosse loro la schiena: quale sarebbe stata la disgrazia? Sentirono una leggera brezza alzarsi e poi qualcosa li toccò alle spalle. Delle mani verdi, pelose. Vennero trascinati nella grotta, poi buio. Iniziarono a gridare, avevano la paura che scorreva nelle vene. Ma la loro voce si perdeva nella caverna e urlare non servì a nulla. L’oscurità li circondava. Si sentirono cadere a terra e le due mani levarsi dalle loro spalle. Si voltarono di scatto e non videro nulla, solo buio pesto. Poi sentirono uno struscio, breve e veloce. E una piccola luce si accese: un accendino. Le mani verdi e pelose che lo reggevano, braccia piccole e un volto anziano, stanco, segnato da profonde rughe. -Allora, siete voi gli sventurati stavolta. - Disse sorridendo. Gli occhi sembravano quelli di un fantasma, pallidi com’erano. I due ragazzi non riuscirono a parlare, erano stanchi e spaventati e il corpo tremava tutto. Non c’era muscolo che rimanesse fermo. -Ne ho visti molti altri. - aggiunse iniziando a passeggiare per la grotta. -Mi presento, Sharnek. Sono uno gnomo e vivo qui da oltre cent’anni. Benvenuti. -. Sasha era spaventata, ma riuscì a parlare: -Potresti aiutarci, ti prego-. Le tremava la voce, le si spezzava a tratti in gola e in altri stonava. Se ne rese conto e con un breve colpo di tosse cercò di rimediare. Sharnek provò un lieve rantolo dentro al cuore e sentì lo stomaco stringersi. “-Aiutooo! - Gridava la bimba. Elena, capelli biondi d’orati. Il fratello che non la finiva di dimenarsi e poi la ragazza a terra. Sharnek aveva il cuore finalmente in pace. Sentiva la rabbia scendere e poi tornargli una certa calma. -Sei un mostro! Mostro!” gridava il bambino. Aveva perso la madre, il padre, la sorella e i bei tempi erano solo un lontano ricordo. Poi un colpo in testa e cadde a terra. Lo gnomo lo trascinò fuori sotto la pioggia scrosciante. Iniziava a sentirsi strano. Non gli avevano fatto nulla di male in fin dei conti. Ma la rabbia per lui era troppa e lo accecava, per cui le sue emozioni passarono in secondo piano. Gli stavano scaldando il cuore. Scosse la testa e rimosse tutto, pensò solo a come distruggere quella ragazza, lasciando il ragazzo solo come lo era stato lui. -Preparati bambina, dì addio al tuo fratellino. - Disse. Voleva vendicarsi della morte di sua sorella. Federico le lanciò un’occhiata: era sull’orlo di piangere. La storia delle sirene era vera e si stava avverando. La storia di Sharnek stava diventando la sua vita. I due gemelli si guardarono e presto tutta la loro vita passò nei loro occhi. Si abbracciarono forte, come per non voler lasciare l’un l’altro andare. Non si volevano separare, volevano vivere assieme anche nella loro tristezza e sventura. Federico non riusciva a fermarsi: era sopraffatto dalle lacrime. Sasha, invece, era più tranquilla, come se si fosse arresa al suo destino. Si alzò, con aria indifferente ripulì il vestito e fissò lo gnomo. -Bene, Sharnek, uccidimi. Ho perso i miei genitori, la mia vita e quella di mio fratello è perseguitata da disavventure. Per meritarci questo non so che abbiamo fatto, siamo solo vittime di una tua vendetta e rancore che porti verso noi umani. - Disse d’un sol fiato. -E allora vai, uccidimi. - Finì dicendo. Allargò le braccia e guardò in faccia il suo nemico, poco più alta di lei. Sharnek non capiva che gli stava succedendo, ma si sentiva in colpa. Aveva ucciso altre volte altre ragazzine ma quella aveva qualcosa che le altre non avevano. Lei aveva perso la speranza di vivere, aveva smesso di lottare. Non c’era gusto nell’uccidere chi voleva morire. E capì anche che era cosa sbagliata farlo. Lo capì solo allora. Si sentì solo, nella sua solitudine sulla collina, si sentì un assassino, si sentì uno stupido. Era un mostro! Ma se n’era accorto solo allora, perché non è prima? Guardò i ragazzini attentamente e gli venne un tanfo al cuore. Li aveva visti, da piccoli, mentre giocavano al lago. Li aveva ascoltati, li conosceva. Si ricordò di quei docili visetti che sorridevano. E sentì nelle sue orecchie le storie che si raccontavano, erano loro.

Page 24: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

24

Basta, iniziò a tremare, per lui era troppo. Lui pensava fossero stati amici, invece erano fratelli. Imprecò sottovoce: che guaio aveva fatto? Si ricordò inoltre di quelle serate in cui se ne stava solo vicino al lago, dove loro erano abituati a sedersi e le lacrime colavano. Rabbia, rabbia verso la sua vita; nessuno lo voleva. Poi le sirene tornarono a parlare, dai ciottoli, minacciandolo e cacciandolo. Avevano ragione a cacciarlo: era una bestia. Iniziò a dire a voce bassa parole incomprensibili e mise le mani dinanzi a sé. Sasha pensò che sarebbe stata la sua fine. Suo fratello la guardò pietrificato senza riuscire a far nulla. Calde lacrime gli bagnarono il volto mentre mormorava un lento “no…non è possibile”. La luce nelle mani di Sharnek si fece più intensa, sempre di più e alla fine esplose. Il cuore di Federico sobbalzò. “Addio” mormorò verso sua sorella. Non la vedeva in tutta quella luce, ma sapeva la direzione. Sentirono delle voci dall’esterno e videro al lago sirene, sirene in carne ed ossa. Sasha tornò nella grotta e trovò lo gnomo a terra, privo di forze. -Grazie. - gli mormorò. Lui rispose con un piccolo sorriso: -Sono io il cattivo in questa storia, sì, ma anche i cattivi possono sempre tornare ad esser buoni-. Si accasciò lentamente al suolo. Aveva consumato le sue ultime energie per riparare al danno del maleficio che aveva fatto. Morì con l’anima in pace di una morte dignitosa che ciascuno vorrebbe.

Page 25: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

25

GIULIA CORAZZA

VENEZIA

Erano le dieci e mezza. Al porto di Venezia molte persone aspettavano l’arrivo della grossa nave che li avrebbe portati via. L’odore del sale e del mare si confondeva con quello del fumo della sigaretta che aveva appena acceso il signore accanto a Phil. Finalmente all’orizzonte si intravedeva una figura della crociera che si avvicinava sempre di più, fino ad attraccare. Non appena il ponte della nave si abbassò, la folla formò una lunga fila spingendo gli altri per accaparrarsi i primi posti. Phil era a circa metà coda quando notò che il marinaio addetto all’entrata dei passeggeri era coperto della testa ai piedi lasciando visibili solo gli occhi, come se volesse nascondere qualcosa, ma lasciò perdere e pensò che avesse semplicemente freddo. Una volta salito sulla nave si sistemò nella sua camera e, dopo essersi fatto una doccia, decise di andare a cenare. La sala da pranzo era enorme. Alcuni tavoli di forma rotonda al centro avevano dei bouquet graziosi e stravaganti, altri invece avevano dei cesti di frutta. Il buffet era molto ricco. Phil infatti assaggiò praticamente tutto. Erano le undici e quarantacinque quando i marinai e gli inservienti, tutto d’un tratto, scomparvero. Le luci si stavano spegnendo lentamente fino a lasciare il salone completamente al buio. Anche la nave si era fermata, nonostante fosse partita da poco. Molti passeggeri si misero ad urlare per lo spavento, i bambini si svegliarono e la nave precipitò nel caos più totale. Dopo alcuni minuti di panico finalmente si calmarono e decisero di dividersi in sei squadre da dieci persone ciascuna per riuscire a scoprire cosa stesse succedendo. Phil era nella prima squadra alla quale spettava il compito di trovare i marinai per ripristinare l’ordine. Decisero di andare verso la cabina del comandante. Non era facile muoversi ai buio, ma grazie alla torcia inserita nel cellulare di alcuni riuscirono a trovarla e con l’aiuto di alcune forcine riuscirono a rompere la serratura e ad entrare. Sembrava non esserci nessuno così dopo aver ispezionato per bene la stanzetta uscirono delusi. Chiudendo la porta però sentirono un urlo soffocato provenire dalla cabina. Rientrano e videro Rob, un loro compagno di squadra, legato con delle corde alla poltrona del comandante e circondato da almeno una ventina di strani esseri. Erano alti come una botte e altrettanto grassi. La loro pelle era ricoperta di peli gialli, verdi o blu. Sulla testa avevano un paio di antenne abbastanza spesse con alcuni ciuffi disordinati sulle estremità. Rimasero per alcuni secondi senza dir nulla, un po’ per lo stupore e un po’ per la paura, finché uno di loro iniziò a parlare. “Io sono Nash, il re degli Smohk. Ci scusiamo per aver rovinato la vostra vacanza, ma è in corso un inseguimento. Stiamo infatti cercando gli Spuw, il popolo che vive nel pianeta affianco al nostro che ultimamente ha causato molti danni ai nostri orti.” Seguì un'altra pausa che si interruppe quando Phil chiese come erano finiti sulla Terra. Nash spiegò che durante una lotta tra astronavi un meteorite era caduto sull’auto-volante dei loro nemici e che quest’ultimi erano precipitati sulla Terra, proprio in questa nave. Disse anche che una delle loro caratteristiche principali è quella di trasformarsi momentaneamente in altre persone. L’effetto però dura soltanto alcune ore, dopodiché si deve bere un’intera boccetta di un liquido giallastro per assumere di nuovo le sembianze della persona che si desidera. “Dobbiamo sbarazzarci di questi Spuw … chi è con me?” disse Phil. Tutta la squadra alzo la mano tranne Rob che era misteriosamente sparito. Spaventanti iniziarono le ricerche di Rob e degli Spuw in giro per la nave. Ispezionarono ogni parte della nave senza trovare nessuna traccia dei misteriosi esseri cosi decisero di tornare alla cabina del capitano.

Page 26: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

26

Una volta entrati Phil notò che a Mery spuntava qualche pelo sulla guancia, che Jeorge nascondeva le mani nelle maniche del cappotto e che ognuno dei suoi compagni aveva qualcosa di strano. In un batter d’occhio si trovò circondato da quelli che sospettava essere Spuw. L’avevano ingannato fin dall’inizio. Erano alti come un uomo e avevano denti affilati e ingialliti dalla quale uscivano fili di bava. Anch’essi erano ricoperti di peli, ma neri con sfumature di blu. Erano orribili. Nash iniziò a farfugliare qualcosa in una lingua sconosciuta che scateno una piccola guerra. Gli Smohk tirarono fuori le spade e altre strane armi tecnologiche. Stessa cosa fecero gli Spuw. Era tutto un susseguirsi di urla e grida di battaglia. Phil, che non stava capendo nulla di tutto ciò, vide che uno dei nemici nel frattempo aveva preso il comando della nave e la stava indirizzando verso uno dei tanti canali stretti di Venezia. Persino un bambino di dieci anni avrebbe potuto accorgersi che la nave non sarebbe mai passata senza provocare danni gravissimi alle abitazioni ma lo Spuw sembrava non voler cambiare direzione. Phil allora si buttò su di lui e iniziarono a lottare per il timone facendo andare la nave prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e così via. Alla fine l’alieno, se così si poteva chiamare, ebbe la meglio e la crociera entrò nel canale distruggendo tutte le case che incontrava. Contemporaneamente gli Smohk, ignari di tutto ciò che stava accadendo fuori, erano riusciti a vincere il combattimento e legarono gli avversari con delle corde molto resistenti in modo da farli stare fermi. Nash ringraziò di cuore Phil per l’aiuto regalandogli un frammento pietra lunare che aveva il potere di cancellare una parte di passato, caricò tutto il suo popolo e gli Spuw sull’astronave che gli aveva condotti sulla Terra e partì. Quanto a Venezia, grazie alla pietra magica, tornò come prima e nessuno sospetto nulla.

Page 27: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

27

TOMMASO ZANOTTI – CARLO ZARATTINI

IL LICENZIAMENTO DI BONNIE

Era una notte buia e tempestosa ed un signore stava rientrando dal lavoro. Era Peter, proprietario di un azienda a conduzione famigliare di nome Edison, che produceva lampadine. Era il fratello del famoso Thomas, l’inventore della lampadina. Quando entrò in casa vide qualcosa muoversi sotto la moquette. Subito, spaventato, prese la sedia affianco alla porta e la lanciò verso il rilievo. Ma non successe niente, anzi si ruppe la sedia. Ripresa la calma, alzò la moquette e vide una palla di cristallo, simile a quelle che si vedono nei film in bianco e nero. Allora andò in garage e prese un martello, per provare a rompere la palla. Tornato nell’ingresso vide che non c’era più, ma al suo posto era presente una busta. La aprì e all’interno era presente un foglio, scritto con una macchina da scrivere.

“Era l’unico lavoro che avevo trovato e tu mi hai licenziato. Trema! Ridammi il posto di lavoro se non

vuoi che la tua casa venga distrutta da una palla di cristallo.

Cordiali saluti, Bonnie”

Appena richiusa la lettera, cominciarono a sbattere le porte, il gatto Felix scappò e un’improvvisa folata di vento ribaltò il tavolino con il lampadario con il primo prototipo di lampadina. Ora gli venne in mente di chi fosse la palla di cristallo, di Bonnie, la sua segretaria, che aveva licenziato quel giorno perché aveva scoperto essere una strega. Stava per buttare la lettera ma ci ripensò, come ci ripensò al contratto che proprio in quel momento stava buttando nel cestino. Il giorno dopo si recò alle poste per imbucare le lettera di risposta, indirizzata alla signora Bonnie, in cui chiedeva se fosse ancora interessata al posto di lavoro. Verso sera arrivò in ufficio una lettera con la risposta e la conferma a patto che non l’avesse più licenziata, altrimenti gli avrebbe distrutto i progetti della lampadina. Da quel giorno l’uomo ci pensò due volte prima di licenziare un dipendente.

Page 28: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

28

IACOPO CORRADI – ALESSANDRO RANCAN

LA MACCHINA DEI SOGNI Finalmente pronti…dopo tanti giorni di lavoro e innumerevoli tentativi alla fine ci siamo riusciti a far partire questa” macchina dei sogni”, così l’abbiamo chiamata. L’idea è venuta da un immagine di Harry Burdirck, in cui si vedeva un carrello da miniera modificato con l’aggiunta di una vela quadrata da barca. Purtroppo non era scoccata la scintilla del come costruirla ed eravamo parecchio sconsolati, niente ci sembrava abbastanza buono da metterlo in pratica, ma proprio quando meno te lo aspetti arriva l’idea folgorante. Camminando nei dintorni di casa, abbiamo visto dei ragazzi gareggiare con i “carretini a sfera” …in pratica una base di legno con due assi inchiodate alle estremità con quella davanti, munita di un perno che svolgeva la funzione di un manubrio-volante. Sull’asse posteriore erano messi due ruote e su quella davanti una sola, come un triciclo, le ruote erano dei cuscinetti a sfera perché resistenti e rumorosi. Fatto, avevamo l’idea, ma ora bisognava svilupparla e ampliarla. Appuntamento tutti i giorni nel dopo scuola a casa di Matteo, l’unico fornito di un capanno degli attrezzi, le menti eravamo io e Alessandro, le braccia Matteo e Elia. Recuperato, anche grazie a delle conoscenze di famiglia, il materiale necessario: il legno da un amico falegname (che oltre al legno ci ha dato preziosissimi consigli su come assemblare la base), i cuscinetti a sfera da un ferramenta che stava chiudendo il negozio per trasferirsi in un'altra quartiere, e la vela recuperata da una barca in disuso sul lago di Garda. Ci siamo messi al lavoro non senza problemi e difficoltà, in particolare quello più grosso è stato l’inserimento della vela…quasi impossibile alzarla e altrettanto inserirla, ma a furia di provare ci siamo riusciti. Ecco il lavoro terminato, anche se in realtà si tratta di carrello da miniera modificato con l’aggiunta di una vela quadrata, ma per noi è la macchina dei sogni, quindi bisognava inaugurarla con una bella corsa per la strada. Pronti via! Il tempo non promette nulla di buono, ma chi se ne importa, siamo carichi e poche gocce di pioggia certo non ci fermeranno. Purtroppo le poche gocce in breve tempo sono diventate goccioloni e poi temporale con lampi e tuoni, ma noi non abbiamo mollato e ci siamo messi in posizione pronti a far scendere da una discesa vicino a casa il nostro lavoro. “Spingi e salta su” ho urlato ad Elia il più forzuto dei miei compagni e lui così ha fatto. Partiamo lenti…e poi sempre più veloci…veloci la discesa finisce, ma apriamo la vela che subito si gonfia per il vento a favore, urliamo di gioia, la macchina funziona, ma ad un certo punto un lampo ci fa chiudere gli occhi e il tuono che ne segue ci tappa le orecchie. Ci ritroviamo distesi su di un prato con la “macchina” rovesciata, ci guardiamo un po’ scossi dal capitombolo fatto e, visto che nessuno aveva nulla di rotto, rimettiamo in sesto la macchina e iniziamo a capire che non siamo dove dovremmo essere. Il panorama che ci circonda non è famigliare, ci dovrebbero essere delle case e una strada, invece ci sono prati e capanne di legno e fango con i tetti in paglia, “ma dove siamo” ci chiediamo l’un l’altro, e ovviamente nessuno di noi sa dar risposta. “Andiamo a domandare in quella capanna” propone Alessandro e parte in quella direzione, noi lo seguiamo timorosi. Arrivato alla capanna bussa alla porta che viene aperta da una Signora anziana che ci parla in inglese; come in inglese, ma se siamo in Italia, a Verona, e dove sono le case, le strade le macchine, i nostri genitori, tutte queste domande vengono fatte tutte insieme e in italiano. La signora ci fa capire che non comprende e ci chiede di entrare al caldo e all’asciutto visto che la pioggia continua a cadere, ci offre una tazza di the caldo e lentamente per farci capire ci spiega che siamo nella contea di Cardiff nell’anno 1800 e che tutti gli altri abitanti del villaggio sono impegnati ad estrarre il carbone dalle miniere, e che se avessimo voluto rimanere lì, avremo dovuto lavorare anche noi come minatori.

Page 29: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

29

Una tragedia, da un gioco divertente ad un incubo senza capire come! La disperazione inizia a farsi strada tra di noi senza avere la minima idea di come uscirne. Intanto arriva la sera e gli abitanti del villaggio rientrano alle loro capanne, nella nostra entrano due ragazzi e un uomo enorme…che ci invita a rimanere per la notte e l’indomani si vedrà cosa fare. Ci danno da mangiare della carne con delle patate e dopo un po’ di chiacchiere misto inglese italiano, poi si va a dormire. Noi ci mettiamo vicini e parlando sottovoce cerchiamo di capire cosa sia successo e come risolvere il problema, ma ci addormentiamo uno dopo l’altro senza nessuna soluzione con la paura del risveglio…che avviene, ma in maniera del tutto inaspettata e piena di gioia, perché mi ritrovo nel mio letto e per la prima volta sento con gioia la voce dei miei genitori che mi dicono: “Iacopo dai che siamo già in ritardo non abbiamo sentito la sveglia sbrigati” e io sono felice di sentire queste voci.

Page 30: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

30

NICOLE COMERLATI

LA SUORA

Molti molti anni fa, in un posto sconosciuto una povera coppietta di campagna ebbe una meravigliosa figlia. Aveva capelli ricci e dorati e due grandi occhi blu. La bimba si chiamava Lucy, il padre James e la madre Kate. La famiglia era felice nonostante la sua povertà. Passarono gli anni e la bimba crescendo diventò sempre più bella. In quel piccolo paese sconosciuto viveva un’altra famiglia povera, ma meno felice. Il padre era un brutto stregone malvagio e la madre era molto cattiva. Anche loro avevano una figlia: era brutta con i capelli neri, sempre sporchi e con occhi neri. Lo stregone si chiamava Jem, sua moglie Carita e la piccola bimba Jenna. Tutta la famiglia si insultava in continuazione e si trattavano male. Un giorno lo stregone si accorse dello splendore della piccola Lucy e, pensando tra sé e sé disse: -Magari anche mia figlia fosse così…- e così correndo a casa guardò nei suoi libri, cercando la formula di bellezza eterna che aveva letto molti anni prima nella speranza che cambiasse sua moglie. La formula diceva: - Prendete cento capelli di una bella fanciulla insieme a tre fiori di rosa, Mescolate erbetta fresca di prima mattina e la sua rugiada. E infine fate bere il tutto al ricevente. ATTENZIONE: l’incantesimo si può spezzare se al ricevente della pozione vengono tolti cento capelli in uno stesso giorno! - Ora al mago spettava solo prendere la giovane fanciulla, anzi cento dei suoi capelli. La mattina seguente, mentre Kate andava raccogliere delle carote nell’orto, Jem si avvicinò a lei e con la sua bacchetta tramite un raggio la alzò per aria e la fece volare fino a casa. Le legò le mani e i piedi in modo che non potesse scappare e, dopo questo, iniziò a strapparle i capelli uno ad uno. Lei piangeva dal dolore e dalla paura di non ritornare più a casa. Intanto i genitori la cercavano, urlando in ogni dove il suo nome. Pensarono subito alla famiglia malvagia che viveva vicino a loro. Entrarono in casa e chiesero subito loro figlia dicendo che avrebbero dato ogni cosa per riaverla indietro. Così Jenna, dopo aver udito ciò, andò dal padre e gli disse: - Hanno detto di dare ogni cosa per riavere indietro loro figlia. Fammi questa pozione e poi, dopo avermela data, gli chiedi un riscatto di dieci monete d’argento al mese. Il padre disse: -Hai avuto un ottima idea. Bevi adesso la pozione, è giusto pronta! E dopo iniziamo a farci dare queste monete…- Così la figlia si sedette su una sedia. Con il calice in mano pieno bevette velocemente. Talmente veloce che una goccia cadde sulla sedia. Dopo aver bevuto, andò da James e Kate dicendo loro: -Potete avere indietro vostra figlia, solo se in cambio ci darete dieci monete al mese, altrimenti mio padre verrà a riprendersi la vostra figlioccia. - La giovane coppia dovette accettare nonostante la consapevolezza che un giorno non sarebbero più riusciti a mantenere quella cifra. Liberarono Lucy e tornarono a casa, mentre Jenna iniziava a trasformarsi in una bellissima fanciulla. Passarono i mesi, passarono gli anni e la famiglia continuava a pagare la cifra richiesta anche se a volte rimaneva senza pane fra i denti. Fino a che un giorno di maggio alla somma richiesta il denaro non bastava. La famiglia scappò, ma nonostante questo il malvagio stregone riuscì a trovarli e si riprese Lucy. Lucy era condannata a stare con questa sua nuova famiglia contro volere. Ogni mattina si alzava presto e preparava la colazione per tutti, lavava i panni, preparava il letto caldo alla sera con lo scaldino. E lei non riceveva niente essendo una famiglia molto povera anche questa. Era talmente povera che ormai nonostante la malnutrizione di Lucy, non riuscivano a mantenerla. Qualche anno dopo infatti la abbandonarono in un convento, dove si votò al cristianesimo e imparò alcune preghiere. La abbandonarono insieme ad una sedia. Entrata nel convento, una suora si avvicinò a lei e le disse: - Io sono Suor Giuliana, benvenuta nel nostro convento. Vieni ti presento anche le altre e dopo mangerai. - Lucy disse: - Grazie per la vostra disponibilità, ma dovrei anche andare a cercare i miei genitori. - La suora guardandolo sorrise: - Non puoi uscire e non puoi mangiare fuori dagli orari stabiliti, anche se so che sei molto affamata. Ma sai, qui non troverai né meno né più di quello che hai visto e vissuto fuori da qui a parte Gesù Cristo. Anche noi sorelle siamo povere e viviamo di quello che ci offrono gli altri- Il volto di suor Giuliana iniziò a incupirsi: - E poi non lo sapevi che i tuoi genitori sono andati con il Santo Padre…- Lucy cadde a terra e iniziò a piangere, pensando a tutto. Tutto quello che aveva vissuto con loro. Tutte le emozioni passate insieme. E che lei non ne sapeva nulla e non ha nemmeno potuto salutarli un ultima volta.

Page 31: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

31

Suor Giuliana la alzò da terra e le disse: - Dai, ora ti mostro dove vivrai da qui in poi.- Le mostrò il convento, la sua stanza, il suo rosario e iniziò a spiegargli come sarebbe funzionato tutto da lì in poi. Lucy intanto portava con sé la sua sedia. Ne era molto affezionata perché con lei ci aveva passato le sue ore peggiori e la maggior parte della sua vita. A casa dello stregone era abituata a dormire lì durante la notte, a mangiarci. Ci teneva veramente molto: era l’unica cosa che possedeva. Alcune volte sembrava addirittura che la sedia provasse delle emozioni. Dopo ave fatto il giro del convento, era arrivata l’ora di cenare. Come al solito c’era un piatto povero: pane, pasta e fagioli. Lucy ne era deliziata: era da molto che non mangiava un pasto completo. Lucy era sempre più felice della vita in convento, era felice di essere uscita da quella casa che la imprigionava. Così passò in fretta la settimana. Arrivò la domenica, dove conobbe vari sacerdoti. Due in particolare gli stavano molto a cuore: don Luigi e don Maurizio. Erano molto anziani, non vedevano più e sentivano poco. Lucy ne era veramente legata perché erano gli unici che potevano giudicarla dal carattere e non dall’aspetto minuto e sofferente. Entrando in camera, un giorno vide la sedia ormai vecchia e impolverata perché non la usava più essendo che ora aveva un letto e un tavolo su cui mangiare. Prese la decisione a malincuore di bruciarla. Quella sera prima di andare a dormire, la prese la spezzò e la buttò nella stufa. Dopo essersi riscaldata Lucy andò a letto, cadde subito in un sonno profondo. Nel frattempo la legna ormai era bruciata. Il mattino seguente la giovane fanciulla passò vicino alla stufa, quando si accorse che lì vicino vi era una sedia. La guardò e sorpresa notò che era la sua che aveva bruciato! -Oh! Misericordia! - esclamò. Si avvicinò per prenderla e provare a bruciarla di nuovo quando le scappò dalle mani. La sedia si alzò, dalle sue gambe in legno vennero fuori dei rami che presero la povera Lucy e la fecero sedere su di essa. Le vennero gli occhi cupi e la sedia tornò normale uguale a prima, tranne per una cosa. La goccia della pozione bevuta dalla figlia dello stregone era sul suo braccio. La sedia condusse Lucy nella chiesa del convento, dove trovò i due padri e si alzò in alto. I padri, essendo cechi, non si accorsero di quello che accadeva, ma sentivano una presenza nell’aria. Don Luigi disse: - Suor Giuliana sei tu? - Lucy rispose lanciandole un urlo e scomparendo dalla stanza. Nel frattempo suor Giuliana avendo assistito a tutto questo, corse verso i poveri vecchietti. - Era Lucy la ragazza nuova. La sua sedia era in alto, molto in alto e lei era seduta sopra e aveva una macchia sul braccio! - Continuava a dire cose velocemente con voce tremolante e paurosa. Don Maurizio la tranquillizzò e pensieroso disse: - Qualche giorno fa mia aveva raccontata la storia della sua vita dicendomi che quella sedia la aveva accompagnata ovunque e che era dove viveva in povertà. Ne era molto affezionata anche perché era dove era dove era caduta una goccia della pozione che aveva fatto di una bella fanciulla un’altra ragazzina. Aveva parlato di una pagina sotto il suo cuscino. - Suor Giuliana gli disse: - State qui vado a controllare! - Andò in camera prese il suo cuscino, lo alzò e notò un foglio nella fodera. Lo lesse. Felice scese subito dalle scale e si diresse verso i preti, dicendogli: - Ho trovato questo foglio… è la ricetta per una pozione. Sul fondo c’è scritto che l’incantesimo si può spezzare se al ricevente sono tolti cento capelli. Dobbiamo trovare la ragazza che ha ricevuto la pozione e prenderle cento capelli. E’ meglio se voi state qua vado io. - Così dopo aver preparato un sacchetto rosso appeso ad un bastone ed essersi messa in abiti più comodi suor Giuliana si incamminò verso casa di Lucy, dove vicino abitava la famiglia dello stregone. Trovò la casa vecchie e disabitata. Si guardò attorno dove vide un monte e a valle una grotta piena di ragnatele. Mentre si incamminava per avvicinarsi, notò la i genitori di Jenna che correvano. Corse verso la grotta e notò Lucy sopra la sedia e Jenna legata. Lucy disse a Giuliana: - Cosa ci fai qua? - Giuliana rispose: - Sono venuta a riprendere la vera Lucy. Cos’hai intenzione di fare con la povera Jenna? Lo so che si è comportata male con te, ma quello che hai imparato in queste ultime settimane è che bisogna perdonare. Provaci anche tu. - Lucy la guardò: - No! deve pagare! – Nel frattempo Jenna riuscì a liberarsi e fuggì via correndo il più veloce che poteva. Lucy cercò di uscire cercando di andarla a recuperare, ma suor Giuliana la fermò prendendole le mani. Gliele strinse. Gli occhi di Lucy iniziarono a diventare più chiari. Giuliana le disse: - Lasciala fuggire a noi tutti piaci così. Ciò che conta è il carattere. non la bellezza. La sedia iniziò a sgretolarsi, Giuliana abbracciò Lucy che cadde per terra. Lucy si riprese e insieme tornarono in convento. Lucy era di nuovo felice di aver scoperto l’amicizia e quello che conta davvero!

Page 32: SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO AUGUSTO CAPERLE CLASSE II C · 2015. 5. 30. · peggior incubo. “Jones ti aspettavo” disse l’uomo oscuro. “Cosa vuoi Jefferson? Ti ho riconosciuto

32