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ANIMA

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anima

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ermis segatti

animaViaggio nell’invisibile dell’uomo

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redazione: Edistudio, Milano

isbn 978-88-566-3400-6

i edizione 2014

© 2014 - eDiZiOni Piemme spa, milano www.edizpiemme.it

anno 2014-2015-2016 - edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

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PreambOlO a Più VOciA proposito di Anima Dio Oltre

Queste pagine non intendono vestirsi da trattato filosofico-teologico sul tema dell’anima. negli ul-timi anni sono usciti molti saggi sul tema e intorno a essi si sono sviluppati dibattiti accesi e complessi. Quanto basta.

Qui si vuole piuttosto provare a percorrere al-cune prospettive che – a proposito di anima, Dio, Oltre – aiutino semplicemente a “mettersi in cam-mino” lungo poche domande chiave.

tutto è nato dall’idea di riunire alcune persone, di estrazione diversissima, in gran parte giovani, per iniziare un confronto e raccogliere suggestioni, provocazioni e spunti prima di cominciare a scri-vere. È accaduto all’inizio del marzo 2013 in una piccola libreria indipendente di torino. c’erano matteo, studente di lettere classiche, ateo dichia-rato, impegnato in un giornale online; chen, fre-sco di studi in ingegneria gestionale, cinese, da poco assunto in un’azienda del settore automo-bilistico; isabelle, insegnante franco-olandese di mezza età, valdese, in italia da 27 anni; said, pro-

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gettista meccanico in un’impresa di robotica, ma-rocchino, membro attivo tra i giovani musulmani; alberto, psicologo quarantenne che si occupa di devianza in carcere e lavora con i mediatori cul-turali; Daniela, madre di tre figli, consulente del lavoro, catechista in una parrocchia cattolica, fau-trice convinta e militante della campagna “bilanci di giustizia”; moustapha, senegalese, islamico sui generis, vicino al cristianesimo di cui «pratica al-cuni riti», universitario specializzando in relazioni internazionali; Verin, dalla repubblica del congo, laureando in comunicazione d’impresa, da sem-pre interessato alla filosofia; alina, rumena or-todossa, che sta ristudiando giurisprudenza per-ché la stessa laurea conseguita a bucarest non le viene riconosciuta nel nostro paese; e infine em-manuele, farmacista trentenne, genitore da pochi mesi: dopo una formazione cattolica “normale” è ora stimolato dal confronto aperto e sincero con l’amatissima moglie chiara, non credente, che lo sta ponendo di fronte a «quesiti che non mi sarei mai sognato di farmi…».

Quell’incontro inusuale – durato un’intera matti-nata – si è rivelato una vera sorpresa, un’emozione intensa e inaspettata. spesso mi sono trovato in cir-costanze analoghe in paesi lontani, io straniero e cristiano, in contesti di altre tradizioni religiose, in condizione di minoranza. Più raramente qui a to-rino, la mia città, tra molte fedi. eppure, il caleido-scopio composito di quella mattinata è la mia città

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di oggi. e in prospettiva ogni città del mondo. Un contesto dove, di volta in volta, ci sentiamo ospi-tali e bisognosi di ospitalità.

comunque è raro trovarsi intorno a un tavolo, equidistanti, su temi così intimi e profondi.

l’incontro fra queste persone mi ha fornito un’antenna in più su una globalità che talvolta confonde, intorno a tre parole lanciate come pro-vocazione: Anima, Dio, Oltre. la condivisione si è rivelata davvero sorprendente nell’ascolto di sentimenti, idee e opinioni così come sorgevano sul momento.

alcuni sono partiti subito dall’altissimo: «Dio c’è», esordisce Daniela. «il mio Dio c’è. certo, nel tempo è cambiata la relazione con lui. ma come si fa a vivere senza Dio? Per me è un qualcuno con cui parlo. l’idea che mi sono fatta io e che tutti, bene o male, vivono con Dio. lo chiamano in modi diffe-renti. ma vivono con lui». matteo osa: «sono stato educato, come tanti, secondo le abitudini cattoli-che. ecco, abitudini, appunto. Ho coltivato negli anni astio nei confronti di rituali, messe, liturgie e quant’altro: secondo me ingabbiano un rapporto che deve essere assolutamente libero. così ho maturato risentimento contro ogni tipo di istituzione, preti o chiesa, che si mettessero tra me e Dio. adesso sono in mezzo al guado, incuriosito, ma non so bene dove approderò».

c’è chi allarga ancora lo sguardo. Verin: «adesso si dà grande importanza al progresso e si crede poco

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a ciò che non si vede; mi chiedo, chi dovesse “par-tire da zero” come potrebbe avere fede in Dio senza prove tangibili?». isabelle prova a mediare: «il con-cetto di Dio è cambiato molto nelle diverse culture, ha ormai declinazioni molto diverse». moustapha incalza: «i miei genitori erano molto credenti; fino a 19 anni vivevo in africa ed ero sicuro dell’esi-stenza di Dio. Da quando sono in italia ho iniziato a perdere la fede. Forse perché sono solo. Oppure, molto più probabilmente, perché ho osservato bene quanto mi stava intorno. e mi sono convinto che Dio, chiunque esso sia, ha dimenticato il mio po-polo. la mia gente povera ha sempre pregato. con immensa fiducia. e lui non ha mai risposto. mai. mi trovo in un mondo corroso dal consumismo an-che quando la crisi morde forte, in cui la gente non crede, anzi è spesso beffarda, indifferente, persino sacrilega, ma ha comunque molte più cose, c’è be-nessere diffuso, è fortunata e vive nell’abbondanza. il mio popolo no. Verrà ricompensato dopo o da qualche altra parte?».

anima, Dio, Oltre. Ogni dettaglio alimenta un fiume in piena. «Dio, per me, è energia cosmica, siamo tutti una molecola di Dio. chiedete a una persona di spiegare che cos’è l’amore. non lo può spiegare, però lo sente, almeno se ne fa o ne ha fatto un minimo di esperienza. no, Dio non dà ascolto ai più poveri della terra. e la causa della miseria nei paesi del terzo o del “quarto” mondo è dovuta an-che alle religioni. la gente è disorientata.»

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«in cina» interviene chen «ti martellano, dicono che Dio non esiste. così gli altri sostengono che i soldi sono il Dio dei cinesi…». alberto racconta di un navigatore solitario: «Durante una tempesta in pieno Oceano Pacifico si precipitò in cabina a sfo-gliare tutti i libri di famosi navigatori che aveva collezionato con pazienza certosina. cercava una mediazione utile, e utilizzabile, tra le varie risposte degli altri, per uscire vivo dalla tempesta. Dio non è qualcuno o qualcosa, ma è una ricerca». Poi cita il filosofo emil cioran: «non amo i profeti e nep-pure i grandi fanatici. giudico i profeti dalla loro capacità di dubitare. il resto è assolutismo». em-manuele, sulla stessa lunghezza d’onda, ha con sé un brano del teologo raimon Panikkar: «i cristiani si trovano davanti a una domanda che non si può più eludere: posso vivere la profondità e la pienezza del messaggio cristiano e contemporaneamente far spazio dentro di me alle altre religioni senza asse-gnare loro un ruolo secondario? È possibile essere un “vero” cristiano senza essere esclusivista o fa-natico? non ho altra alternativa che essere un cri-stiano tiepido che professa un cristianesimo annac-quato? il cristiano autentico deve essere per forza intollerante? e quanto alla verità, perché non po-trebbe essere pluralista?».

in quel nostro particolarissimo confronto sono emersi nodi problematici su cui grandi pensatori si sono affaticati per secoli. il confronto, però, ci ha svelato in maniera palese che nel tempo presente

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abbiamo una possibilità mai emersa prima con tale intensità. Finora abbiamo abitualmente detto, cre-duto e concepito anima, Dio e Oltre ciascuno dentro la propria fede, separati dagli altri credo religiosi; abbiamo proclamato, taciuto o negato, ognuno per conto proprio. ciascuno nella propria terra, all’om-bra della propria cultura. Ora, per la prima volta, in modo impellente, riesce sempre più difficile dire Dio fra molte fedi. i confini storici del passato co-minciano a non tenere più. altre fedi o diversi modi di appartenere alla stessa fede (credenti, quasi cre-denti, “ritornanti”, neofiti, fuoriusciti: ormai le de-finizioni corrono numerose) stanno “sulla soglia”.

nella condizione attuale si possono aprire spazi fecondi: porre il discorso dal profondo del proprio esistere, con tutto il suo carico di punti interroga-tivi. corano, antico e nuovo testamento, e molte tradizioni religiose, ripetono che una chiave fonda-mentale sta nel rimettersi sulla “via”.

ragionando ancora su anima, Dio e Oltre, al-berto insiste: «bene il percorso, ma mi spaventa identificare Dio come risposta; preferisco immagi-nare Dio come “luogo” dove cercare una risposta. mi affascinano il dubbio e il mistero, li trovo più vitali». Parla alina: «Dio ci conosce fin dalla crea-zione. Perché ha messo alla prova adamo ed eva e ancora adesso lo fa? Quanto siamo in grado di sof-frire per lui? Un genitore che ama i figli chiede cer-tamente delle prove, ma non fino al punto di pre-tendere di sacrificare dei bambini…».

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considerazioni ed esperienze personali si acca-vallano: «troppi punti interrogativi, la risposta può essere un Dio soggettivo e personale?»; «c’è chi vive male se non ha punti esclamativi e si aggrappa alle religioni per avere una risposta»; «il tema dell’anima è forse terreno di più facile confronto, che spaventa meno di Dio?». confidenze, quasi sus-surrate: «l’anima è un’invenzione dell’uomo per la paura della morte? sbaglio a credere nella reincar-nazione delle anime?». ancora Daniela: «l’anima caratterizza il profilo di una persona. Ognuno di noi è una ghianda che poi diventerà un albero. Penso ai miei figli e alla pianta che fatica a crescere. in ogni caso corpo e anima stanno insieme; la vita di fede è anche una vita di carne. l’anima è immortale? in ogni persona c’è qualcosa che la rende speciale. Pos-siamo considerarci fortunati in Occidente. la cul-tura è un lusso, ma purtroppo non è più cibo per l’anima». apre una cartelletta ed estrae l’immagine di un dipinto: è la cacciata dal Paradiso terrestre di masaccio: «cupa disperazione, per me è l’icona del dolore originario».

emmanuele, a questo punto, sbotta: «io balbetto ogni volta che mi viene chiesto di confrontarmi sul dolore. mi zittisce il dolore di amici con figli disa-bili o deceduti, il grido di disperazione di chi soffre da anni a causa di patologie cronico-degenerative. spesso taccio perché mi sembra di fare più bella fi-gura. l’onnipotenza di Dio permette questo? È dav-vero un mistero senza fondo».

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Qualcuno richiama la domanda del Vangelo: «che ti giova se possiedi tutto il resto, ma perdi l’anima?». O meglio: «che cosa temi qualora sco-prissi di avere un’anima?». tant’è che potremmo quasi azzardare: «chi è senz’anima scagli la prima pietra!»1.

1 Volutamente questo libro non ha note e non fa riferimento a testi, saggi o autori salvo pochissime eccezioni. si vorrebbe che co-autori di que-sto volumetto diventassero i lettori, in un dialogo libero con chi lo ha steso comunicando pensieri, dubbi e osservazioni a [email protected].

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Dire l’anima

constato la mia anima, ne ho certezza. Quale? se provo a descriverla, le parole abbondano e mancano allo stesso tempo. ancor meno riescono a formulare una definizione piena. l’anima appare evidente e inafferrabile: sapere che ci sia sembra addirittura ovvio, oltre ogni dimostrazione, ma chiarire che cosa sia risulta assolutamente arduo.

Fin da principio: è meglio chiedere “che cosa sia” o “chi sia” l’anima? certamente è vita. ma la vita cos’è? Vivo la mia anima o essa vive di me? È lei che parla o è qualcosa di cui parlo e a cui parlo? O è forse tutto questo insieme e simultaneamente?

sono interrogativi che presentano margini di stu-pore e persino di smarrimento, mentre denunciano la natura di un rapporto che per un verso mi appartiene quant’altri mai e nello stesso tempo sfugge a ogni presa. sono le domande di sempre dei pensatori, cre-denti e non, e dell’uomo come tale, senza aggettivi.

la nostra civiltà ci consegna una sua particolare visione quando usa la parola “anima”. la vuole simile al soffio, all’alito del vento: si avverte ed è

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sfuggente, richiama il primo segnale della vita e l’ultimo respiro. la ragione per cui la nostra civiltà nell’uso comune scelse tale riferimento privilegiato si perde nel tempo. Dice molto dell’anima e nello stesso tempo assai poco.

altre civiltà preferirono diverse sue “eccellenze” per tentarne la definizione. spesso esaltarono la ra-gione che comprende o la volontà che sceglie o il cuore che avvince ed è avvinto o il fegato e le viscere che ne somatizzano il profondo insondabile.

al di là di ciò che prevalse, le molteplici poten-zialità dell’anima non si sono potute racchiudere in una sola voce.

Dell’anima, in alcune civiltà, si accentua con forza il carattere spirituale, per distinguerla qualitativa-mente dalla fisicità immediatamente visibile e tangi-bile della corporeità. l’anima, con la sua tensione a cercare un senso globale di sé e dell’universo, viene considerata parte di un altro mondo, trascendente, a cui in definitiva apparterrebbe. in altre civiltà, in-vece, l’anima e la sua corporeità si protendono ol-tre la morte in un rapporto permanente con i vivi e con la propria trascorsa fisicità.

la visione biblica collega anch’essa l’anima a un soffio, quello primordiale di Dio, e alla trasmissione, in quel soffio, di un’impronta della sua immagine finché egli non ne tronca il respiro.

sotto varie forme e vari linguaggi emerge dell’anima il suo mistero. in diversa misura le grandi tradizioni spirituali dell’umanità cercano di var-

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carne la soglia. ma come mosè di fronte al roveto ardente devono “togliersi i calzari”. in ciò sta forse una cifra dell’anima, che si sottrae a ogni appropria-zione. nel linguaggio religioso si parla di mistero.

ma il mistero non è un segreto.il segreto suppone un oggetto solo al momento

ignoto, esiste comunque la possibilità di averne esperienza piena. Una volta tolto il velo che lo sot-trae alla conoscenza, nulla più resta di ignoto. al contrario, l’avvertenza dell’anima come mistero in molte culture vuole affermare che quanto più si va a fondo tanto più si avverte il limite di ciò che si co-nosce. il mistero, proprio attraverso ciò che si cono-sce, manifesta il limite della conoscenza.

Per questo la percezione del mistero si accompa-gna allo stupore. non solo l’anima, ma il mondo nel suo complesso non è oggetto unicamente di spiega-zioni, bensì di meraviglia. l’anima desta sorpresa per il solo fatto che esista.

e poi per la straordinaria ordinarietà di ciò che di-spiega. molto più che nel passato si è oggi in grado di descrivere aspetti del suo operare e di scendere nel profondo infinitesimale di alcune sue “infra-strutture organiche”. ma essa ancor più che nel pas-sato va oltre ogni definizione analitica.

la percezione del mistero non separa di per sé credenti e non credenti. con varie sfumature en-trambi possono essere persuasi che proprio il pro-gredire delle conoscenze può aprire o addirittura potenziare la percezione dell’illimitato che ci sovra-

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sta nell’infinitamente grande e nell’infinitamente piccolo. il credente, a differenza del non credente, vi scorgerà la traccia di una presenza, pur essa mi-steriosa, infinita ma non anonima. così per l’anima.

tuttavia molti non credenti, nel contesto di uno straordinario sviluppo delle conoscenze scientifi-che, non amano parlare di misteri. sono persuasi, al contrario, che non esistano affatto. esistono sem-mai solo segreti. anche quelli che oggi si ritengono misteri presto o tardi si scoprirà che non sono tali, poiché tutto sarà pienamente svelato col progre-dire dei saperi. Potranno cambiare le ipotesi inter-pretative, ma nulla tendenzialmente vi è e vi sarà di misterioso nell’uomo e nell’universo. anche lo spirito e le sue manifestazioni non costituiscono un mistero, ma solo un’area più raffinata e complessa dell’unico mondo reale senza oltre.

in prima approssimazione si constata che da sempre le grandi tradizioni spirituali sono con-vinte che l’anima, pur essendo realissima, rappre-senti un mistero, e lo dicono attraverso il linguag-gio tradizionale, affermando che è invisibile, che non si riduce cioè solo a ciò che si vede o si riesce a sperimentare.

affermano pure che la sfera dell’invisibile è parte della realtà quanto, se non più, del mondo visibile e che precisamente l’anima rappresenta il ponte pri-vilegiato sia per attestarlo sia per comunicare con l’essere invisibile per eccellenza, che è Dio.

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«anima mia!»

«anima mia!», espressione che consegna ardore di desideri in versi e in prosa e perfino li confida all’in-differenza dei muri, alle cortecce di alberi ignari. Un eccesso poiché non è “sua” in senso proprio e pieno nemmeno l’anima di chi vorrebbe quella altrui. Per eccedenza entra qui la volontà di possesso d’anima anche in chi non saprebbe dire che cosa sia o per-sino non crede che ci sia. È la denuncia involonta-ria di un potere ambìto ma improbabile.

in realtà nulla si possiede definitivamente e to-talmente sul pianeta terra, meno che mai l’anima. anzi, niente così poco ci appartiene, nel senso di possesso, quanto la stessa nostra vita. Per tutti, cre-denti e non credenti, essa è data. Dalla impersonale natura, dice il non credente, o da una natura quasi fosse dio, dice un panteista, oppure siamo voluti da un Dio ben identificato, come fermamente so-stengono i credenti di molte tradizioni religiose. ma sempre per tutti l’anima è data, senza che ne siamo in definitiva padroni, né al principio né alla fine. e ancor meno dopo la fine, come i credenti in Dio fer-

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mamente sperano. la vita è in qualche misura pla-smabile, certo, dalla coscienza, la straordinaria com-ponente fissa dell’anima, appunto, sulla base di quel principio di responsabilità che oggi viene for-temente evocato da chi vede i rischi di una libertà priva di senso.

a rigore, neppure Dio possiede la “mia” anima, da quanto mi volle altro da sé. almeno secondo la visione biblica e cristiana, nel volermi tale, attra-verso gli eventuali passaggi che l’evoluzione pro-pone, mi rese cosciente di avere un’identità, questa sì “mia”, nel senso di specifica.

bene esprime al credente questo straordinario rapporto, intenso e nello stesso tempo libero, l’imma-gine della spiaggia che tanto meglio affiora quanto più l’oceano si ritira.

l’anima pur non essendo “mia” proprietà asso-luta, è tuttavia l’anima di cui posso parlare in esclu-siva e a cui ancor più in esclusiva posso parlare. non è solo oggetto. È, ancor più, mia interlocutrice intima, che mi parla e di cui dico, che penso e mi pensa. lampada, giudice, spia, amica.

e così avviene per analogia nel rapporto tra l’anima e la sua corporeità. non è una protesi e neppure un componente. È inerente e conferisce identità. benché dell’anima si dica che ha un corpo e benché del corpo si dica che ha un’anima, recipro-camente non si “possiedono” né sono pensabili in condizione di separatezza.

al seguito di sempre più potenti tecnologie che

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consegnano dati ad altissima risoluzione, l’anima osserva l’intreccio estremamente articolato delle sue infrastrutture biologiche a livello infinitesimale. con stupore scopre un mondo che non le era un tempo neppure immaginabile. lo avverte quasi come un complesso estraneo, in quanto non fa parte della sua ordinaria consapevolezza. eppure è inerente. È come se l’anima avesse perso la memoria dei suoi percorsi evolutivi e quindi non li percepisse come “suoi”, ora che le appaiono non più attraverso gli occhi, unico suo strumento di osservazione per mil-lenni. mediati dalle nuove tecnologie, le offrono una percezione immensamente dilatata delle sue pro-fondità fisiche. i percorsi, i salti di qualità dall’infi-nitesimo organico al livello di coscienza spirituale di cui oggi è dotata, non fanno parte ormai della sua attuale memoria né riesce più a sapere quando e come prese l’avvio la memoria per eccellenza, l’au-tocoscienza come luogo ordinario e straordinario dell’anima che sa e giudica di se stessa. Un amico, scienziato e credente, molto cortesemente mi chiede di scendere dalla gloria di Dio che gli spazi immensi dei cieli narrano, come canta un bel salmo della bib-bia, agli altrettanto sconfinati universi dell’infinita-mente piccolo, non meno eloquenti. anzi – lui ne è convinto – ancor più.

Proprio il nesso così stretto tra l’anima e il suo straordinario universo organico apre uno spiraglio sull’orizzonte ben più sconfinato della relazione tra la realtà spirituale e quella che con sempre maggior

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difficoltà viene definita con la parola complessiva e generica di “materia”.

in varie tradizioni culturali e religiose non esiste propriamente nulla che sia solo materia.

la materia viene in vario modo strettamente av-vinta, inglobata nella sfera dello spirito, fino quasi a fondersi in essa. ciò avviene quando in alcune spi-ritualità si ritiene che il mondo materiale sia popo-lato, inabitato da presenze spirituali. Fino alle so-glie della modernità si pensò – anche in condizioni generali di cristianità – che tra noi e il cielo stellato esistesse nel mondo sublunare una sfera di azione disponibile a forze preternaturali benevole o malva-gie alle quali spettava il potere di influire su eventi naturali e umani eccezionali, come le pestilenze, le catastrofi climatiche e anche avvenimenti sconvol-genti l’assetto sociale o destabilizzanti la struttura spirituale dell’individuo. con componenti malva-gie di queste potenze preternaturali potevano strin-gere rapporti di alleanza anime disposte a conse-gnarsi al loro influsso per ottenere almeno parte dei loro poteri, attratti – si pensava – dalla trasgressi-vità in ambito morale che tali forze esibivano, ma ancor più dall’ambizione di partecipare al loro po-tere. le donne vi erano particolarmente coinvolte, in quanto la loro anima si credeva fosse particolar-mente arrendevole di fronte alla seduzione. Persino la loro intelligenza si riteneva fosse preda della ir-razionalità. contro questo maneggio del mondo in-termedio fra materia e spirito si accanirono ondate

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successive di campagne inquisitorie sia religiose sia civili le quali presumevano di riuscire a individuare con precisione le tracce di simili connubi tra terra e cielo. la pena di coloro che si riteneva ne fossero parte connivente era particolarmente feroce. Po-teva contemplare persino dieci gradi in crescendo, viste le forze in gioco, e la stessa condanna al rogo aveva l’intento pedagogico di rendere infine giusti-zia: poiché i colpevoli si riteneva avessero forzato e violato la natura dell’anima umana piegandola a poteri preternaturali, così esemplarmente il loro corpo doveva essere forzato a scomporsi tramite il fuoco nei suoi elementi primordiali.

Delle lotte tra queste potenze intermedie e l’anima umana rende testimonianza abbondante la nostra iconografia nelle numerose e spettacolari rappre-sentazioni di conflitti fra angeli e demoni già qui sulla terra, e alla fine trasferite nell’immaginario dell’oltretomba. non solo in arte, ma di tutto ciò si disputò ampiamente in specifiche sezioni dei ma-nuali di geografia e di politica, e tanto più di filo-sofia e teologia.

seguì in Occidente l’era del disincanto e dei “lumi” che liquidò questo sistema di figurazioni sotto la voce “oscurantismo”. Dal settecento in poi, niente più streghe e demoni o angeli tra loro in mi-litante contrasto, ma solo la grande macchina del mondo. Per la verità le presenze intermedie di an-geli e demoni furono bandite solo dalla cultura uf-ficiale, mentre sotto traccia ricomparvero con altra

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veste, addirittura in alcune correnti razionaliste in doppio petto.

l’intenzionalità di catturare la sfera materiale nell’orbita della spirituale si è riattivata inaspetta-tamente dentro la stessa modernità e postmoder-nità. soprattutto sull’altra sponda dell’atlantico si è diffusa una visione entusiasta di rinnovato rap-porto vitalistico con l’universo e con la natura. si suppone che tutto, in fondo, sia olisticamente ridu-cibile a energia, dove materia e spirito sono inter-cambiabili. ne segue una vera e propria spiritua-lità dell’interazione e dello scambio continuo tra il microcosmo uomo e il macrocosmo universo, nella persuasione che l’uomo sia giunto a un grado evo-lutivo di conoscenza e di favorevole congiuntura cosmica così propizio e alto da poter aprire un rap-porto privilegiato di acquisizione e potenziamento del proprio sé, in una trasfusione continua di “ener-gia” con la “e” maiuscola alla personale “energia” con “e” minuscola. Persino a comando e in diretta. l’indefinita disponibilità di energia cosmica ci intro-durrebbe in un’era di evoluzione straordinaria del potenziale umano, il quale finora sarebbe rimasto solo latente e mai pienamente sviluppato. in que-sta visione olistica dove tutto è energia si incentiva una “presa d’anima” sull’intero universo. si confe-risce anima alla realtà cosmica, dall’infra-atomico alle costellazioni e alle galassie.

Operazione per certi versi affascinante di rivalsa dello spirito rispetto allo sconfinato panorama di

Page 23: animaapi2.edizpiemme.it/uploads/2014/09/9788856634006-anima.pdfscopio composito di quella mattinata è la mia città PreambOlO a Più VOci 7 di oggi. e in prospettiva ogni città del

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scoperte su orizzonti dell’universo così abissali e pure così muti di senso e, forse, di vita. nello stesso tempo si percepisce una forzatura dello spirito sulla materia e della materia sullo spirito quando si vor-rebbe dare anima all’energia ed energia spirituale al cosmo nel suo insieme. la distanza che li separa e li distingue sembra che possa aprire rapporti solo di conoscenza, semmai di contemplazione e di stupore ma unicamente su iniziativa dello spirito dell’uomo senza attendersi alcuna vera partnership sullo stesso piano dalle immensità degli spazi e degli universi. nessun’altra comunicazione interattiva pare pen-sabile se non quella che parte dallo spirito umano e proprio dalla condizione privilegiata della sua in-termedia fisicità.

stimolante rimane la domanda (per ora del tutto aperta) se e dove la materia manifesti punti di pas-saggio tra l’inorganico e il vivente. interrogativo che si rivolge per analogia anche al rapporto tra corpo-reità e spirito nell’uomo. Un importante pensatore della nostra premodernità, cartesio, se l’era chie-sto e riteneva di averne pure trovato il ponte nella ghiandola pineale. non convinse affatto già i suoi contemporanei. manzoni lo tradusse in burla. ep-pure la questione rimane.