sco e la croce dipinta Rubens l’italiano - Marsilio Editori · pubblicò Le crociate viste dagli...

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la Repubblica DOMENICA 6 NOVEMBRE 2016 48 RCULT { PERUGIA U na visita alla mostra France- sco e la croce dipinta, allestita all’interno della Galleria Nazio- nale dell’Umbria (fino al 29 gennaio 2017, nella Sala Podiani), può partire da un’opera di sicura datazione: un’iscrizione la ricorda realizzata nel 1272, al tempo di papa Gregorio X. La monumentale croce era stata dipinta per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia dove, all’interno di un sarcofa- go paleocristiano, riposavano le spoglie di frate Egidio di Assisi, il “terzo compa- gno” di Francesco. Viene attribuita a un pittore, di cui non conosciamo il nome e che è noto co- me “Maestro di San Francesco”. Si trat- ta di un capolavoro della pittura del Cen- tro Italia nel Duecento e rappresenta la testimonianza più antica, giunta sino a noi, della raffigurazione di San France- sco d’Assisi in adorazione ai piedi della croce e forse proprio la prima in assolu- to. Qui il santo, genuflesso, viene rappre- sentato in contatto fisico con il Cristo: gli sfiora un piede con una mano. Altre otto opere si possono osservare lungo il percorso espositivo e coprono di fatto un cinquantennio dagli anni Set- tanta del Duecento agli anni Venti del Trecento: anni particolarmente signifi- cativi per la storia della Chiesa e della sua azione nella società in un dialogo ser- rato tra le sue componenti più vivaci, tra le quali rientrava sicuramente il movi- mento francescano. Su un altro capolavoro ci si può soffer- mare, se non altro per il fatto che viene esposto al pubblico per la prima volta do- po un lungo restauro. Si tratta di una cro- ce dipinta proveniente dal monastero domenicano femminile di San Paolo ad Orvieto ed è databile nell’ultimo decen- nio del Duecento. Viene attribuita a un altro artista restato anonimo e conosciu- to come “Maestro di Varlungo”, ritenuto tra i più originali della pittura fiorentina del suo tempo. La mostra è curata da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria; il catalogo viene pubblica- to da Silvana Editoriale. MILANO P reparata dalla ghiotta anticipa- zione del dicem- bre scorso, quan- do Palazzo Mari- no ha offerto all’ammirazio- ne dei milanesi la folgorante Ado- razione dei pastori di Fermo, apre i battenti in Palazzo Reale una grande mostra su Rubens, che non obbedisce al consueto e un po’ consunto taglio antologi- co delle tante che l’hanno prece- duta, ma si è proposta l’encomia- bile intento di illustrare, con op- portuni esempi ed eloquenti con- fronti, un tema tanto cruciale quanto, sorprendentemente, inedito a livello espositivo: il rap- porto vitale che legò il sommo pit- tore fiammingo all’Italia (Ru- bens e la nascita del Barocco, Pa- lazzo Reale, catalogo Marsilio, fi- no al 26 febbraio). Come affermano in catalogo la curatrice, Anna Lo Bianco, e David Jaffé, autorevole membro del comitato scientifico, il rappor- to tra il pittore fiammingo e il no- stro Paese fu biunivoco. Se, infat- ti, Rubens divenne sé stesso solo grazie al debito contratto con l’ar- te e la cultura italiana, antiche e moderne, non meno grande fu l’ascendente che la sua trascinan- te pittura esercitò sugli artisti ita- liani delle generazioni più giova- ni, da Bernini a Pietro da Corto- na, da Giovanni Lanfranco a Guercino, da Domenico Fetti a Luca Giordano, per citare solo i principali, di cui sono proposti in mostra opportuni esempi, messi a diretto confronto con una tren- tina di capolavori del maestro fiammingo. Un influsso che tra- smise un impulso determinante al nascente Barocco europeo, co- me intuirono in due libri che han- no tracciato la via all’odierna ras- segna, Giuliano Briganti (Pietro da Cortona o della pittura baroc- ca, 1962) e Michael Jaffé (Ru- bens and Italy,1977). Quando Peter Paul Rubens, nel maggio dell’anno giubilare 1600, si mise in viaggio alla volta dell’Italia aveva 23 anni ed era già un artista piuttosto afferma- to. Figlio di un importante uomo politico di Anversa, esiliato in Germania perché sospettato di simpatie calviniste, e di una don- na cattolica che aveva fatto bat- tezzare sia lui che suo fratello maggiore Philip, Peter Paul ave- va ricevuto ad Anversa un’otti- ma educazione umanistica alla scuola di un colto letterato della celebre casa editrice Plantin e aveva acquisito fin da ragazzo maniere da gentiluomo. Dopo un precoce apprendistato presso due pittori di seconda fila, era sta- to accolto nella bottega del mag- giore pittore locale, Otto van Veen, che amava firmarsi latina- mente Vaenius per sottolineare la sua scelta italianizzante. Gra- zie a lui, Peter Paul aveva cono- sciuto la pittura veneta, ma an- che la scultura antica, soprattut- to attraverso la mediazione delle stampe raffaellesche. Nel 1598 era stato accolto come maestro autonomo nella gilda cittadina e l’anno dopo aveva collaborato con Vaenius negli apparati per l’ingresso trionfale in Anversa dei nuovi principi delle Fiandre, Alberto VII d’Asburgo e Isabella Clara Eugenia, di cui sarebbe di- venuto pittore di corte e tra i più Rubens GIUSEPPE M. DELLA FINA PERUGIA Francesco d’Assisi e il ritratto “ritrovato” ANTONIO PINELLI Il Grand Tour del fiammingo che si sentiva genovese ©RIPRODUZIONE RISERVATA LA MOSTRA A MILANO Da sinistra, in senso orario, Peter Paul Rubens: Le figlie di Cecrope scoprono Erittonio infante (1615-1616); Ritratto della figlia Clara Serena Rubens (1615-1616); Ganimede e l’aquila (1611-1612), sono alcune delle opere in mostra a Palazzo Reale fino al 26 febbraio OGGI MUSEI STATALI GRATIS Torna “Domenica al museo”: musei e siti archeologici statali sono gratis. La lista su www.beniculturali.it l’italiano

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laRepubblicaDOMENICA 6 NOVEMBRE 2016 48RCULT

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PERUGIA

Una visita alla mostra France-sco e la croce dipinta, allestita all’interno della Galleria Nazio-nale dell’Umbria (fino al 29

gennaio 2017, nella Sala Podiani), può partire da un’opera di sicura datazione: un’iscrizione la ricorda realizzata nel 1272, al tempo di papa Gregorio X. La monumentale croce era stata dipinta per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia dove, all’interno di un sarcofa-go paleocristiano, riposavano le spoglie di frate Egidio di Assisi, il “terzo compa-gno” di Francesco.

Viene attribuita a un pittore, di cui non conosciamo il nome e che è noto co-me “Maestro di San Francesco”. Si trat-ta di un capolavoro della pittura del Cen-tro Italia nel Duecento e rappresenta la testimonianza più antica, giunta sino a noi, della raffigurazione di San France-sco d’Assisi in adorazione ai piedi della croce e forse proprio la prima in assolu-to. Qui il santo, genuflesso, viene rappre-sentato in contatto fisico con il Cristo: gli

sfiora un piede con una mano. Altre otto opere si possono osservare

lungo il percorso espositivo e coprono di fatto un cinquantennio dagli anni Set-tanta del Duecento agli anni Venti del Trecento: anni particolarmente signifi-cativi per la storia della Chiesa e della sua azione nella società in un dialogo ser-rato tra le sue componenti più vivaci, tra le quali rientrava sicuramente il movi-mento francescano.

Su un altro capolavoro ci si può soffer-mare, se non altro per il fatto che viene esposto al pubblico per la prima volta do-po un lungo restauro. Si tratta di una cro-ce dipinta proveniente dal monastero domenicano femminile di San Paolo ad Orvieto ed è databile nell’ultimo decen-nio del Duecento. Viene attribuita a un altro artista restato anonimo e conosciu-to come “Maestro di Varlungo”, ritenuto tra i più originali della pittura fiorentina del suo tempo.

La mostra è curata da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria; il catalogo viene pubblica-to da Silvana Editoriale.

MILANO

Preparata dalla ghiotta anticipa-zione del dicem-bre scorso, quan-do Palazzo Mari-no ha offerto all’ammirazio-

ne dei milanesi la folgorante Ado-razione dei pastori di Fermo, apre i battenti in Palazzo Reale una grande mostra su Rubens, che non obbedisce al consueto e un po’ consunto taglio antologi-co delle tante che l’hanno prece-duta, ma si è proposta l’encomia-bile intento di illustrare, con op-portuni esempi ed eloquenti con-fronti, un tema tanto cruciale quanto, sorprendentemente, inedito a livello espositivo: il rap-porto vitale che legò il sommo pit-tore fiammingo all’Italia (Ru-bens e la nascita del Barocco, Pa-lazzo Reale, catalogo Marsilio, fi-no al 26 febbraio).

Come affermano in catalogo

la curatrice, Anna Lo Bianco, e David Jaffé, autorevole membro del comitato scientifico, il rappor-to tra il pittore fiammingo e il no-stro Paese fu biunivoco. Se, infat-ti, Rubens divenne sé stesso solo grazie al debito contratto con l’ar-te e la cultura italiana, antiche e moderne, non meno grande fu l’ascendente che la sua trascinan-te pittura esercitò sugli artisti ita-liani delle generazioni più giova-ni, da Bernini a Pietro da Corto-na, da Giovanni Lanfranco a Guercino, da Domenico Fetti a Luca Giordano, per citare solo i principali, di cui sono proposti in mostra opportuni esempi, messi a diretto confronto con una tren-tina di capolavori del maestro fiammingo. Un influsso che tra-smise un impulso determinante al nascente Barocco europeo, co-me intuirono in due libri che han-no tracciato la via all’odierna ras-segna, Giuliano Briganti (Pietro da Cortona o della pittura baroc-

ca, 1962) e Michael Jaffé (Ru-bens and Italy,1977).

Quando Peter Paul Rubens, nel maggio dell’anno giubilare 1600, si mise in viaggio alla volta dell’Italia aveva 23 anni ed era già un artista piuttosto afferma-to. Figlio di un importante uomo politico di Anversa, esiliato in Germania perché sospettato di simpatie calviniste, e di una don-na cattolica che aveva fatto bat-tezzare sia lui che suo fratello maggiore Philip, Peter Paul ave-va ricevuto ad Anversa un’otti-ma educazione umanistica alla scuola di un colto letterato della celebre casa editrice Plantin e aveva acquisito fin da ragazzo maniere da gentiluomo. Dopo un precoce apprendistato presso due pittori di seconda fila, era sta-to accolto nella bottega del mag-giore pittore locale, Otto van Veen, che amava firmarsi latina-mente Vaenius per sottolineare la sua scelta italianizzante. Gra-

zie a lui, Peter Paul aveva cono-sciuto la pittura veneta, ma an-che la scultura antica, soprattut-to attraverso la mediazione delle stampe raffaellesche. Nel 1598 era stato accolto come maestro autonomo nella gilda cittadina e l’anno dopo aveva collaborato con Vaenius negli apparati per l’ingresso trionfale in Anversa dei nuovi principi delle Fiandre, Alberto VII d’Asburgo e Isabella Clara Eugenia, di cui sarebbe di-venuto pittore di corte e tra i più

Rubens

GIUSEPPE M. DELLA FINA

PERUGIA

Francesco d’Assisie il ritratto “ritrovato”

ANTONIO PINELLI

Il Grand Tour del fiammingoche si sentiva genovese

©RIPRODUZIONE RISERVATA

LA MOSTRA

A MILANO

Da sinistra, in senso orario, Peter Paul Rubens: Le figlie di Cecrope scoprono Erittonio infante (1615-1616);Ritratto della figlia Clara Serena Rubens (1615-1616); Ganimede e l’aquila (1611-1612), sono alcune delle opere in mostraa Palazzo Realefino al 26 febbraio

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TORINO

Correva l’anno 1096 quando papa Urbano II pro-clamava la lotta agli infedeli e la riconquista della Terra Santa incitando migliaia di uomini ad armarsi e partire. Inizia così Cabaret Crusa-

des l’epica trilogia di film di Wael Shawky (Alessandria d’Egitto, 1971), presentata nella retrospettiva al Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli che racconta le crociate dal punto di vista degli arabi. La mostra, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria (fino al 5 febbraio), è un intenso percorso dalla luce al buio che si sviluppa sotto l’alta volta della spettacolare Manica Lunga interamente dipinta di blu. Costellato di torri e ar-chitetture che ricordano minareti e castelli, fortificazio-ni e chiese, il percorso termina in quella che potrebbe es-sere la navata di una chiesa, dove, seduti su banchi di le-gno si assiste, nella penombra, all’ultima proiezione. Mentre al centro ci si imbatte in un giardino pensile in miniatura con piante, fiori e marionette in vetro e cera-mica, magnifiche sculture, curate in ogni dettaglio, rea-lizzate dall’artista stesso che diventano i personaggi dei tre film in mostra: The Horror Show File, The Path to Cai-ro, The Secrets of Karbala.

I film sono infatti interamente interpretati da mario-nette che si muovono a scatti, parlano, urlano, combatto-no, mettono in scena invasioni, battaglie, intrighi, strate-gie belliche e vendette personali, spargono morte e di-struzione all’insegna della fede, che diventa fanatismo e fondamentalismo, e cela ambizioni economiche e politi-che. Le scenografie sono deserti, montagne, palazzi e cit-tà, da Costantinopoli, a Gerusalemme, Aleppo, Il Cairo, Bagdad, Damasco. L’atmosfera è straniante, i paesaggi magici, il trauma storico, messo in scena dalle marionet-te, acquista una dimensione distante, surreale, immagi-nifica, ma non per questo meno drammatica, anzi resa ancora più intensa e minacciosa dall’assonanza con i più recenti sviluppi della storia contemporanea.

Nel lavoro di Shawky, (mostre a Documenta di Kas-sel, a PS1|MoMA di New York, Serpentine Gallery di Lon-dra), la storia slitta nell’immaginazione, realtà e narra-zione si sovrappongono, toccando un nodo fondamenta-le nella costruzione storica: la compresenza di diversi punti di vista. Contaminazioni, evocazioni, suggestioni, culture orientali e occidentali, incalzano nei film e nella mostra, così come le fonti vanno dai discorsi di papa Ur-bano II allo storico libanese Amin Maalouf che nel 1983 pubblicò Le crociate viste dagli arabi.

Anche alla Fondazione Merz dove Wael Shawky realiz-za un’intensa installazione site specific, curata da Abdel-lah Karroum, che ruota intorno alla trilogia di film Al Ara-ba Al Madfuna, il racconto slitta fra fiaba e realtà. Qui il visitatore si perde in un deserto di sabbia che evoca l’o-riente e le sue architetture, mentre il film che dà il titolo all’intera mostra, distilla storie e tradizioni antiche e mi-steriose del villaggio di Al Araba Al Madfuna, vicino al si-to archeologico di Abidos dove si trovano le rovine del tempo del faraone Seti. Nel film i colori sono invertiti, i cieli notturni sono bianchi e le stelle puntini neri, mentre architetture monumentali e cunicoli sotterranei diventa-no scenografie surreali di una narrazione storica aperta.

Da non mancare infine al Castello di Rivoli la grande mostra dell’inglese, Ed Atkins, realizzata in collaborazio-ne con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che ospi-ta Safe Conduct, l’opera più recente dell’artista. Qui ne-gli spazi bianchi e razionali dell’architettura si Silvestrin Aitken scandaglia in megaschermi sospesi a identità per-se fra mondi digitali e universi cosmici.

A CURA DI LUISA SOMAINI

VENEZIA

TancrediGuggenheim“La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba”. La mostra rende omaggio all’artista con il quale Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera e dedicandogli alcune mostre, tra cui una memorabile personale proprio a Palazzo Venier dei Leoni nel 1954.

Dal 12 novembre

ROMA

Alvaro SizaMAXXIIl museo invita a riflettere sull’opera del grande architetto portoghese, attraverso disegni, progetti e oggetti che rivelano il suo rapporto con il sacro. In mostra lavori realizzati per il Santo Padre, disegni figurativi e progetti di architettura per edifici italiani e non solo.

Dal 9 novembre

ROVERETO

Umberto BoccioniMARTNel centenario della morte del maestro, esposte 150 opere tra disegni, dipinti, sculture, incisioni, foto d’epoca e documenti, provenienti da collezioni non solo italiane, in un percorso diverso da quello della retrospettiva, allestita a Milano.

Fino al 19 febbraio

BASILEA

Pollock figurativoKunstmuseumLa mostra esplora l’opera giovanile del protagonista dell’action painting, documentandone il debito verso la pittura regionale americana, le opere di El Greco, Rembrandt, il barocco italiano e poi Picasso e i muralisti messicani.

Fino al 22 gennaio

PARIGI

MexicoGrand PalaisPanoramica sulla creatività affermatasi in questo paese tra il 1900 e il 1950. La mostra, organizzata con l’ Istituto Nacional de Bellas Artes e il Museo Nacional de Arte del Mexico presenta l’opera dei protagonisti di questa stagione, come Rivera, Kahlo e Tamayo.

Fino al 23 gennaio

MONACO DI BAVIERA

Murano GlassPinakothek der ModerneUn viaggio in 200 oggetti creati dai maestri dell’arte vetraria. La mostra, organizzata con la Triennale di Milano e la Biennale di Venezia, propone opere prodotte da Venini, Archimede Seguso e Barovier & Toso che hanno saputo coinvolgere celebri artisti e designer.

Fino al 20 novembre

fidati ambasciatori. Inoltre, fre-quentando l’anziano e autorevo-lissimo traduttore in fiammingo di Seneca Justus Lipsius, Rubens aveva affinato la propria cultura, assimilando i precetti filosofici della tolleranza e dell’amicizia in-tellettuale.

Egli era dunque già attrezzato ad assorbire l’impatto dell’arte antica e del lin-guaggio figurativo italia-no, ma gli otto anni del suo soggiorno nel Bel Pae-se ne forgiarono a tal pun-to la cultura e i comporta-menti, da lasciare in lui, vi-ta natural durante, un in-sopprimibile desiderio di tornare in quella che con-siderava la sua seconda patria, e in particolare a Genova, la città che più di qualsiasi altra assomiglia-va alla sua Anversa, con quel grande porto formi-colante di navi e aperto ai traffici con tutto il mondo.

La prima tappa del suo viaggio in Italia fu, però, Venezia, dove Peter Paul assimilò la tradizione loca-le della potenza espressi-va del colore che, innesta-ta nel suo nativo talento, deter-minò quel fuoco d’artificio di esplosioni cromatiche e dramma-tici contrasti di luce e ombra, che divennero la sigla inconfondibile della sua “pittura concitata”. Per-fino Bellori, il cui compassato gu-sto classicistico era pur così anti-tetico a quello di Rubens, non po-

té fare a meno di elogiarne «il fuo-co ne’ colori, la veemenza nelle mani, l’impeto nel pennello». Poi vennero le tappe lombarde di Mi-lano, con l’agnizione di Leonar-do, e Mantova, dove Rubens fece la sua prima esperienza di pitto-re di corte, essendo chiamato dal duca Vincenzo I Gonzaga a rico-

prire il ruolo che era stato di Mantegna e di Giulio Romano. Seguirono Ge-nova e Firenze, dove assi-stette al matrimonio per procura tra Maria de’ Me-dici, sua futura commit-tente, e il re Enrico IV. E, infine, Roma, dove egli assimilò la sintassi della “maniera” italiana, ap-prendendo da Raffaello e Michelangelo un linguag-gio capace di trascendere la realtà, per rivelarne la bellezza senza tradirne la carnale evidenza; im-parando da Barocci e Cor-reggio a proiettare lo spettatore in uno spazio illusorio ma di sbalorditi-va credibilità, e succhian-do avidamente la nuova linfa naturalistica di pit-tori a lui contemporanei,

come i Carracci e Caravaggio. A tutto ciò, aggiunse di suo una fe-condità d’immaginazione davve-ro inesauribile, e quella capacità di “esagerare”, che un secolo più tardi Diderot avrebbe indicato come la dote imprescindibile di ogni grande “pittore di storia”.

APRE PARIS PHOTO EDIZIONE N. 20

Il Grand Palais ospita la rassegna di fotografia dal 10 al 13 novembre: 183 gli espositori (parisphoto.com)

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LE MOSTRE

DA VEDERE

IN ITALIA

E IN EUROPA

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Una scena di Cabaret Crusades di Wael Shawky a Rivoli L’artista è in mostra anche alla Fondazione Merz di Torino

CLOE PICCOLI

CASTELLO DI RIVOLI

Le crociatecon gli occhidi un egiziano

a cura di Silvia Silvestri

I visitatori

della settimana

VISITATORI

FINO AL 29 GENNAIO

Hokusai Hiroshige Utamaro

11.763

MILANO

Palazzo Reale

FINO AL 19 FEBBRAIO

LOVE. L’artecontemporaneaincontra l’amore

10.532

ROMA

Chiostro del Bramante

FINO AL 27 NOVEMBRE

15^ Mostra Internazionaledi Architettura. Reportingfrom the front

21.250

VENEZIA

Giardini della Biennale- Arsenale

FINO AL 22 GENNAIO

Escher

10.990

MILANO

Palazzo Reale

FINO AL 22 GENNAIO

Ai Weiwei. Libero

10.754

FIRENZE

Palazzo Strozzi

L’OPERA

Seneca morente (1615-1616)