Schede Stuccatori Primo Ok

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Silvana Ghigonetto Le opere ticinesi di alcuni stuccatori luganesi attivi in Piemonte Dispensa “Università delle Alpi- Associazione culturale alpina “tribù di Levi” Bedigliora- Paesana 2011

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Silvana Ghigonetto

Le opere ticinesi di alcuni stuccatori luganesi attivi in Piemonte

Dispensa “Università delle Alpi- Associazione culturale alpina “tribù di Levi” Bedigliora- Paesana 2011

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Premessa Coerentemente al grande interesse di studio che in questi anni ha visto come

protagoniste le maestranze artistiche luganesi in Piemonte, nasce ora la curiosità di

sapere quali opere questi stessi mastri hanno prodotto in terra ticinese.

Sappiamo dalla storia che gli artisti venivano istruiti in Patria, e fin da bambini e

spesse volte si allenavano realizzando le loro prime opere in loco, quasi sempre nelle

chiese parrocchiali.

Sappiamo anche che la loro istruzione veniva impartita dai vecchi poiché i padri, gli

zii, i cugini e fratelli maggiori erano tutti via, impegnati sui cantieri all’estero.

Colmi di esperienza ma ormai incapaci di resistere agli sforzi lavorativi nei cantieri, i

vecchi mastri trasmettevano il mestiere ai bambini; ai figli dei loro figli.

Sappiamo inoltre che frequentemente, tornando in Ticino gli artisti luganesi spesse

volte passavano alcuni mesi di “riposo” riparando gratuitamente la chiesa del paese,

oppure se erano pittori o stuccatori ridipingendola e ridecorandola.

Ecco perché è mia convinzione che il Ticino debba essere visto come il luogo

autentico di preparazione alla lezione artistica che quelle stesse mani, a volte infantili,

altre volte frettolose e molto spesso anziane hanno grandemente realizzato altrove,

arricchendo i più bei palazzi e chiese del Piemonte.

Le opere che ho iniziato a raccogliere concernono principalmente i “gruppi

famigliari” poiché questi stessi coincidono con le “scuole”. Questo perché in futuro,

sarà importante poter riconoscere e definire con precisione tutte le singole “scuole”

all’interno dei grandi gruppi artistici di cui già sappiamo alcune cose a grandi linee,

tant’é che tra gli stuccatori e scultori oggi distinguiamo i Luganesi, i mendrisiensi, i

malcantonesi, i bleniesi, i grigionesi per differenti tecniche, impasti, rese plastiche e

compositive.

Si auspica così di poter riuscire ad identificare tra le varie scuole quelle le trainanti

all’interno di ciascun gruppo e porle in relazione l’ esperienza lavorativa dei mastri

nei cantieri all’estero.

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Indice degli artisti: Antonio Catenazzi di Mendrisio I Beltramelli di Torricella Falcone Bernardo di Bissone Antonio e Muzio Camuzzi di Montagnola Gli stuccatori Banchini di Curio

I Lamoni di Muzzano

I Negri di Fescoggia e Serocca d’Agno I Neuroni di Lugano Stazio Giovanni Battista di Agno ----0-------

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Antonio Catenazzi di Mendrisio Questo stuccatore il cui operare risulta molto intenso nel mendrisiotto dal 1704 al

1721 ed in seguito ancora in Ticino dal 1737 al 1739, è l’autore della splendida

decorazione in stucco del grande salone delle feste del Castello di S. Martino Alfieri

(1). Ma procediamo per ordine. In seguito ad un iniziale tirocinio a Baden (Svizzera

tedesca) il Catenazzi torna in Ticino dopo aver lavorato per circa sei anni con i

conterranei Giuseppe Rinaldi da Tremona e Giobatta Clerici di Meride.

A Mendrisio, nel 1704 decora la cappella di Sant’Antonio, posta nella vecchia

parrocchiale. Nel 1711 esegue lavori in stucco nella chiesa parrocchiale di

Novazzano, in particolare sono certamente sue le figure d’altare nell’oratorio

dell’Annunziata. Molto ricco, plastico ed elaborato da linee morbide poste su più

piani prospettici, l'altare si pone come la sezione di un impianto architettonico

esagonale al cui interno sono racchiusi di profilo, a tutto tondo, e in atteggiamento

estatico San Quirico con la Madre, Santa Giulitta. Ciò che stupisce in questa

composizione, estremamente ricca ed elaborata, è il vuoto centrale che si propone

all’osservatore (o meglio al fedele). Questa, da un lato alleggerisce molto

l’architettura scenica dell’altare, rendendolo soffice e spumeggiante, dall’altro si

pone come un invito (sottolineato dal braccio indicante di san Quirico) ad accedere ad

una dimensione celeste, simboleggiata dalla presa di luce centrale e dal cerchio di

cherubini contornanti. (L’opera fu così apprezzata che Catenazzi ricevette un regalo,

nell’aprile del 1725 dal priore, mastro Carlo Antonio Torriani).

Cosa sia accaduto a questo artista durante il decennio successivo non si sa. Il vuoto

documentale, della durata di circa dieci anni, lascia tuttavia supporre che il Nostro

possa essersi recato proprio in quegli anni, ossia tra il 1711 e il 1721 in Piemonte o

comunque nuovamente all’estero.

Tornato in Patria, nel 1721, con Francesco de Vargo (anch’egli stuccatore) esegue la

decorazione in facciata dell’antica chiesa prepositurale di Mendrisio di cui purtroppo

oggi si ha memoria solo attraverso una riproduzione fotografica.

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Fig. 1

Antonio Catenazzi-1711- Chiesa di Novazzano- altare in stucco con statue di santi, cherubini e

putti- Nella nicchia centrale San Quirico con la madre, Santa Giulitta.

Realizza in seguito, nel 1722, quattro sovrapporte e cinque cornici ovali, in stucco.

Queste ultime contenenti i dipinti sulla vita di San Giovanni, titolare della omonima

chiesa in cui sono inseriti.

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Fig. 2

Antonio Catenazzi- 1721- Chiesa di San Giovanni a Mendrisio

Decorazioni vegetali, floreali e figurative attorno alla nicchia della Madonna Addolorata

Questo lavoro, in particolare si presenta ricco di elementi vegetali e di putti posti a

sostegno e alla sommità della cornice ed esprime, con grande eleganza di

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proporzioni, slanci e dettagli raffinati, un raggiunto equilibrio compositivo. Nello

stesso anno, il Catenazzi parte alla volta del Piemonte, raggiungendo la località di S.

Martino Alfieri.

Fig. 3 Antonio Catenazzi- 1721- Mendrisio- Chiesa di San Giovanni- Uno dei cinque ovali in

stucco ad opera dell’artista.

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Fig. 4

Antonio Catenazzi- 1721- Mendrisio- Chiesa di San Giovanni- (particolare) putti con corone di fiori

sormontano l’ovale ripreso interamente nella foto precedente.

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Fig.5

Antonio Catenazzi-1721-Mendrisio-Chiesa di San Giovanni- (particolare) altare laterale

In quel luogo, l’imponente castello, acquistato alcuni decenni prima dalla nobile

famiglia Alfieri era in fase di piena ristrutturazione. Il progetto della trasformazione

barocca, datato al 1721* ad opera dell’ing. Bertola, particolarmente elegante, è in

perfetta sintesi con la raffinata semplicità degli stucchi del Catenazzi; sono proprio le

sue decorazioni che fanno del salone delle feste salone un vero capolavoro.

A differenza di alcuni suoi colleghi conterranei, quali ad esempio i Banchini o i

Camuzzi, in cui la decorazione in stucco è interpretata come una “nervatura” delle

superfici architettoniche o per meglio dire “una pelle sulla pelle”, gli stucchi del

Catenazzi si differenziano poiché “entrano, escono e si fondono” con l’intonaco e

quindi con la

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Fig. 6

Antonio Catenazzi- 1721- Castello di San Martino Alfieri (Asti)- Salone delle feste interamente

decorato dall’artista ticinese. Il castello è tuttora proprietà dei Marchesi Alfieri

(Gli Alfieri, sono una delle famiglie storiche, più aristocratiche ed importanti del Piemonte.

Attualmente il castello è sempre di loro proprietà ma è visitabile, su richiesta. Poiché le tenute che

lo circondano sono state predisposte per accogliere ospiti in visita alla prestigiosa azienda vinicola,

c’è sempre un certo movimento, cosicché non è impossibile chiedere di fare una visita per osservare

l’opera del Catenazzi da vicino).

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stessa architettura. Non si pongono quindi “sulla superficie” (e soprattutto non

adottano linee rette) ma “sono la superficie” stessa.

Questa stessa particolarità si riscontra nell’opera di Agostino Silva di Castel San

Pietro vissuto tra il 1620 e il 1706 (vedi cornici ovali nella parrocchiale di Morbio

inferiore).

In seguito ad un ulteriore, lungo periodo in cui si perdono le sue tracce, questi

ricompare in Patria. Tra il 1737 e il 1739 lavora all’altare della chiesa di San Nicolao

di Mendrisio e nella parrocchiale di Ligornetto (2).

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*Poiché Catenazzi in quell’anno era impegnato nella realizzazione, peraltro piuttosto impegnativa,

della Chiesa di San Giovanni a Mendrisio si presume che al castello di San Martino Alfieri sia

giunto uno o due anni dopo. Del resto, se il progetto di restauro è datato al 1721 è ovvio che i lavori

di decorazione debbano essere iniziati in ultimo, cioè a seguito di tutte le opere di ammodernamento

e perciò successive alla data di inizio lavori.

Bibl.:

(1)Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate (l’elenco è

disposto per ordine alfabetico), depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, settore

“Libreria Patria”( consultabile e non fotocopiabile, previa autorizzazione della Direzione centrale);

Aldo Crivelli “Artisti Ticinesi in Italia”, ed. UBS, 1971, p.76

(2)Aldo Crivelli “Artisti Ticinesi in Italia”, ed. UBS, 1971, p.73

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I Beltramelli di Torricella. Famiglia di stuccatori stabilitisi a Savigliano nel 1699 ed in seguito espansasi in tutto

il Piemonte. I loro nomi sono: Antonio, Pietro, Domenico e Cipriano.

I primi a giungere a Savigliano furono Pietro e Antonio che nel 1700 lavorarono

all’altare della chiesa San Giovanni (3).

Un’opera di Pietro, in Ticino, è documentata ad Arbedo (Bellinzona), nel 1698,

presso la Chiesa di San Paolo, denominata comunemente “Chiesa rossa”. Si tratta di

un intervento piuttosto modesto, inserito un modo discreto in un edificio medievale

che non riporta, come spesso avviene generalmente altrove, una forte connotazione

barocca. Infatti, la chiesa “rossa”, con tanto di soffitto ligneo e arco trionfale ad

ogiva, accoglie nei secoli XVI e XVII alcuni puntuali lavori di ornato, mantenendo

integro il suo carattere antico. Uno di questi lavori riguarda la realizzazione di santi e

colonne, nonché la decorazione in stucco dell’altare di San Nicolao, ed è

comprensivo della statua raffigurante il santo omonimo.

L’altare, molto semplice, è sovrastato da due colonne nere che sorreggono un

cartiglio di coronamento realizzato da Pietro Beltramello, ( “Beltramelli”) che è per

l’appunto indicato dal Carboneri, da Crivelli, da Max Pfister, da Langé e Passarotti

(4) come lo stesso artista che, probabilmente chiamato in Piemonte dal congiunto

Domenico (operativo a Brà nel 1699 nella chiesa dei “Battuti bianchi”) si reca a

Savigliano con Antonio, l’anno successivo per compiere, insieme a lui, opere in

stucco di una certa rilevanza.

Di Pietro e Antonio, dopo questo lavoro, si perde ogni traccia, mentre affiora quella

di Domenico che continua ad eseguire molte opere nella zona (5). Infatti, nel 1703 è a

Cherasco dove esegue la raffigurazione di Santa Maria con puttini nella chiesa di

santa Maria del Popolo, nel 1712, a Savigliano produce cinque statue per la chiesa

monastica, a Mondovì nello stesso anno lavora al cinque statue processionali e

quattro putti. Subito dopo, nel 1713, è a Cuneo. Qui realizza statue in Santa Croce.

Infine, a Saluzzo decora la Cappella dell’Immacolata, nella Chiesa di San Bernardo.

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Fig. 7

Pietro Beltramelli-1698- Arbedo (Bellinzona)- “Chiesa Rossa” decorazione in stucco dell’altare di

San Nicolao.

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L’ultimo di questa famiglia di stuccatori attivi in Piemonte è Cipriano Beltramelli,

ancora attivo nel 1761 dove lavora nella Chiesa della SS. Trinità e a Torino in

Palazzo Reale. Tantissime sono le opere lasciate da Cipriano in molte località della

provincia di Cuneo: nella Chiesa della SS. Trinità di Fossano, nella chiesa di San

Bernardino (Disciplinanti Bianchi) a Bene Vagienna, nella Confraternita della SS.

Annunziata di Busca, (detta anche Crociata Bianca), nella Parrocchiale di Busca, e

nella chiesa di Marene (Cuneo) dedicata alla Natività di Maria Vergine.

Fig . 8

Cipriano Beltramelli- XVIII sec.-Carrù (Cuneo) –Chiesa dell’Assunta, altare del SS. Rosario. Gli

stucchi ed in particolare la cartella “rocaille” sorretta da putti dorati sono opera di Cipriano.

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------------------------------------------------------------------------------------------------------- Note:

(3) Aldo Crivelli “Artisti Ticinesi in Italia”, ed. UBS, 1971, p.109 “ Pietro e Antonio: Savigliano

(1700, chiesa S. Giovanni o della Pietà, Altare)…”.

(4) “ Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate

(l’elenco è disposto per ordine alfabetico), depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano,

settore “Libreria Patria”( consultabile e non fotocopiabile, previa autorizzazione della Direzione

centrale); Aldo Crivelli “Artisti Ticinesi in Italia”, ed. UBS, 1971, p.109; Carboneri 1964,

pp.23,25,26; s. Langè-G. Pacciarotti, “Barocco Alpino-Arte e architettura religiosa del Seicento:

spazio e figuratività, torino, p.218.

(5) )Aldo Crivelli “Artisti Ticinesi in Italia”, ed. UBS, 1971, p.109

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Falcone Bernardo di Bissone Fautore di una espressività barocca, definita dal Simona « classicheggiante »,

Bernardo Falcone è autore di opere importanti sparse in molte città del nord-Italia ,

queste si situano principalmente, oltre che Bissone : Parma, Venezia, Torino, Padova

(6). Nato a Bissone, lo stesso villaggio del Borromini, e vissuto tra il 1620 ed il 1696

Bernardo Falcone è un artista ingegnoso, poliedrico, in grado di gestire la scultura ed

interpretarla in tutte le sue forme, le sue tecniche e le sue possibili dimensioni.

La sua è una vita di continui spostamenti, di appalti importanti, impegnativi. Il suo

ritmo di lavoro è incessante : produce a raffica. Improvvisamente, però dal 1669,

anno in cui lavora a Venezia alla Cappella Venier dove si firma Bernardo Falcò, si

ferma completamente per riprendere a lavorare dopo un periodo lunghissimo di ben

nove anni. Cosa sia successo, nel frattempo, non è dato sapere, ma si possono intuire

alcune difficoltà dal momento che, per ben due volte i suoi creditori, nell’intento di

pignorarlo, richiedono l’inventario dei suoi beni mobili ed immobili a Bissone.

Dagli elenchi legati agli atti del 1676 e del 1677, riportati dal Crivelli (op.cit. p. 95) si

delinea il profilo di una persona molto benestante, amante della vita, del bello e del

lusso « la casa che possedeva a Bissone, riccamente addobbata con mobili, quadri

d’autore e statue… ».

Dicevamo che la sua è una figura poliedrica e sebbene nel nostro specifico contesto si

debba osservare l’opera di questo bissonese da un punto di vista limitatamente legato

all’arte dello stucco, peraltro molto raffinato ed elegante, non possiamo omettere alla

sua fama di scultore quella di « fonditore di artiglieria assai apprezzato e richiesto

non solo nel Veneto » (7).

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Fig 9 - Madonna sulla facciata della chiesa Santa Maria di Nazareth di Venezia dello scultore Bernardo Falconi

La sintesi di queste sue capacità nella raffigurazione scultorea e nella fusione dei

metalli si identifica in uno dei suoi lavori più noti, per vistosità ed enormità delle

dimensioni : l’enorme statua bronzea di San Carlo Borromeo ad Arona (popolarmente

conosciuta con l’appellativo « San Carlone » per le sue mastodontiche proporzioni).

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Fig.10- Arona- Statua di San Carlone

Definito dal Crivelli, artista molto raffinato ed elegante « sebbene le pose delle statue,

conformemente al gusto dell’epoca siano quasi sempre «in atteggiamenti

melodrammatici ».

Autore nel 1663 di alcuni stucchi della cappella della Sindone ed in seguito, nel 1685,

dell’altare della Cappella della Sindone, nel Duomo di Torino ha lasciato traccia del

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suo operare in Ticino, nell’altare maggiore della chiesa di San Carpoforo a Bissone

(suo paese natio).

Erroneamente attribuito ai Gaggini, l’altare del Falcone (8) è datato alla metà del

XVII sec. e possiede due tabernacoli per il Santissimo, l’uno sovrapposto all’altro.

Quello sottostante, è rinascimentale ed è opera di Tomaso da Lugano, mentre quello

sovrastante ricco di sculture ed ornati è del Falcone.

Purtroppo di quest’opera pregevolissima non rimane che la struttura basilare poiché i

piccoli e graziosissimi angeli posti a sostegno del drappo a coronamento del

tabernacolo non vi è più traccia. I preziosi puttini furono rubati alcuni anni fa.

L’unica testimonianza di tali graziosi e delicatissimi capolavori in miniatura ci è

offerta dalla documentazione fotografica d’archivio. Sebbene magra consolazione

questa consente di poter avanzare una lettura analitica con la statuaria dell’altare della

Sindone a Torino.

Innanzi tutto, è sorprendente notare come questo artista si sia dimostrato abilissimo

nel cogliere e tradurre le forme umane in diversissimi atteggiamenti e proporzioni.

Questo fatto, che spesso viene sottovalutato da chi non ha dimestichezza pratica,

ossia manuale, con la scultura è da considerarsi, invece, una speciale e rara capacità

dell’artista. Come il Falcone sia potuto passare da una realizzazione rigida e

dimensionalmente colossale, come quella del san Carlone, (che dopo la statua della

libertà è considerata la più alta scultura al mondo, misura ben 20 metri ed è costituita

da lastre di rame inchiodate), alle dimensioni minuscole (pochi centimetri ) degli

angioletti in stucco di Bissone è quasi incomprensibile. E non può trovar spiegazione

che attraverso il riconoscimento di un particolare genio artistico dello scultore.

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------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6)Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, , op. cit., inedito, pagine non numerate

(l’elenco è disposto per ordine alfabetico)

7) Aldo Crivelli “Artisti Ticinesi in Italia”, ed. UBS, 1971, p. 94-95.

8) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.53: “…smagliante per

bellissime scolture ed ornati, fu attribuito ai Gaggini del XVI secolo, ma senza alcun fondamento.

Lo stile di questa finissima scultura è senza dubbio barocco, sebbene classicheggiante, del XVII

secolo. Io lo attribuisco senz’altro a Bernardo Falcone di Bissone, che fiorì in Torino…ben noto

per il suo stile classicheggiante.”

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Antonio e Muzio Camuzzi di Montagnola Come spesso accade in altri casi qui riportati, anche i Camuzzi formano una

discendenza di abilissimi stuccatori, e usano trasmettere gli insegnamenti di

quest’arte da padre in figlio. Allo stato attuale delle nostre conoscenze possiamo

affermare che il capostipite di questa dinastia è Antonio, stuccatore, capomastro e

Architetto di Montagnola.

Vissuto tra il 1655 e il 1724, questo artista è considerato, per ciò che concerne lo

stucco, diretto discendente di Alessandro Casella (9), stuccatore nelle Regge sabaude

(dal 1632 al 1645 impegnato nel castello del Valentino e al Castello di Rivoli).

Identificato come allievo del Casella è probabile che questi abbia lavorato con lui nei

cantieri sabaudi. La sua segnalazione in Piemonte (10) indica un arco di tempo

piuttosto vasto (dalla metà del XVII alla metà del XVIII secolo).

Cento anni sono uno sproposito se indicanti l’attività lavorativa di un essere umano.

Ma non solo. Per quanto riguarda Muzio, il caso è addirittura più esteso: questi

avrebbe lavorato in Piemonte e poi a Bergamo per un periodo di ben

centocinquantotto anni !

Antonio e Muzio, ritenuti fratelli dagli studiosi Santino Langè e Giuseppe Pacciarotti

(11) sono certamente stati confusi con degli omonimi nipoti, anch’essi stuccatori. E

lo si deduce da questa asserzione : « sulla scia dei Casella…operarono tra Sei e

Settecento, i fratelli Camuzio, nativi di Montagnola, che emigrarono a Bergamo per

collaborare alla decorazione di Santa Maria Maggiore.. ».

Per quanto ne sappiamo a Bergamo lavorarono: nel 1784, Francesco figlio di Muzio

(1758-1784) e, nel 1808, Muzio figlio di Francesco (autore, per altro, degli stucchi

della chiesa di san Rocco a Lugano). Siccome lo stesso Muzio non può aver vissuto

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dal 1650 al 1808, si rende necessario ricollocare tutti i documenti, in una successione

cronologica corretta (12).

Nel fare ciò non intendo affatto sminuire il prezioso lavoro di ricerca svolto dai due

studiosi italiani. Del resto li comprendo benissimo nella difficoltà di districare i

vissuti degli stuccatori ticinesi. La vita e le opere di queste maestranze si pone come

un « mare magnum » di informazioni frammentarie, nominativi contraffatti,

omonimie, date più o meno contradditorie, da porre qualsiasi studioso, benché

autorevole, a rischio di errori.

E`ovvio che i documenti riguardanti i nominativi, Antonio e Muzio, si riferiscono ad

una omonimia familiare che, nello specifico, deve necessariamente aver interessato

differenti personaggi legati tra loro da vincoli di diretta parentela : nonni, zii, nipoti.

E`quindi possibile che in Piemonte si siano recati gli appartenenti a una più antica

generazione, ovvero quegli Antonio e Muzio al seguito di Alessandro Casella e che

gli omonimi stuccatori rilevati a Bergamo siano i loro discendenti di seconda e terza

generazione.

E`inoltre ipotizzabile che i più antichi Antonio e Muzio fossero cugini, e non fratelli,

poiché, nel caso di Antonio si conoscono i nomi dei fratelli, entrambi stuccatori:

Francesco, nato nel 1653 e morto nel 1732, e Fabio, nato nel 1653 (di cui non si

conosce la data di morte, forse avvenuta all’estero). Relativamente a Muzio si

conoscono invece i nomi dei figli : Francesco e Carlo. Di Francesco, nato nel 1758 ,

si conosce la decorazione in stucco della Cappella Colleoni a Bergamo (con Carlo).

Muzio, figlio di Francesco, nato nel 1717 è invece l’autore degli stucchi della Chiesa

di San Rocco in Lugano, nel 1759.

L’opera di questi stuccatori della « Collina d’Oro » (tale è il toponimo odierno della

zona in cui nacquero i Camuzzi), è documentata a Gentilino e Castelrotto

(Malcantone). Il primo lavoro in Patria svolto da Antonio, (l’allievo del Casella

giunto probabilmente in Piemonte al suo seguito) è racchiuso nella parrocchiale di

Castelrotto, titolata a San Nazaro. Qui il nostro, che è anche architetto, decora con

abile maestria le superfici della navata dedicando particolare attenzione all’altare.

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Semplice e lineare nelle forme l’altare è affiancato da quattro colonne tortili di colore

nero che fungono da sostegno alla trabeazione conclusa da un tipano trapezoidale, il

cui vertice triangolare viene disegnato dalle sculture poste in sommità. La pregevole

statua di Maria assunta, incoronata da due angioletti alle sue spalle e spinta verso

l’alto da altri due posti ai suoi piedi, costituisce un gruppo plastico molto lieve in

Fig.11 -Antonio Camuzzi (allievo del Casella)-1690- Chiesa di Castelrotto

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Fig. 12- Antonio Camuzzi –Castelrotto (Particolare) statuaria in stucco a coronamento dell’altare

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Fig.13- Antonio Camuzzi – Castelrotto- Altare maggiore-stucchi figurativi

contrapposizione con la compattezza e la linearità sottostante. E`da notare la

posizione aggraziata e morbida della Vergine, le cui mani si congiungono

leggermente a lato, in modo da far sî che il fedele possa vederne il viso, rivolto al

cielo, in tutta la sua delicata bellezza. Altri due gruppi di angeli le stanno accanto. Al

centro dell’altare sotto la trabeazione il Camuzzi realizza una elaboratissima cornice

rettangolare, destinata ad accogliere il dipinto centrale ;questa si conclude in sommità

con un cartiglio. A lato dell’altare, sul fianco esterno delle colonne tortili, le statue di

due santi Nazzaro e Celso, titolari della chiesa, concludono la composizione.

Il secondo lavoro del Camuzzi in Patria risale al 1694. Antonio, con i fratelli Fabio e

Francesco lavora agli stucchi del coro della chiesa di Gentilino/Montagnola. Si tratta

di un’opera eseguita con lo stuccatore, ormai settantantenne, Giovanni Banchini di

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Fig.14 - Chiesa di Gentilino-Antonio Camuzzi (con Giovanni Banchini di Curio)- 1694- Questo

fregio è molto simile a quelli che compaiono nel Castello del Valentino (Torino)

Curio, allievo di Francesco Silva e continuatore del suo stile seppur barocco molto

contenuto e classicheggiante (13). Pur provenendo da due scuole diverse, quella dei

Casella e dei Silva, Antonio Camuzzi e Giovanni Banchini si associarono per

elaborare e portare a termine le decorazioni di questa chiesa, operando a tal fine una

sorta di « fusione stilistica ». La mano del Banchini (che in quest’opera fu coadiuvato

dal fratello Giacomo, anch’egli stuccatore) è riconoscibile negli angeli- cariatidi

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mentre quella, presumibilmente più giovane e dinamica, del Camuzzi si legherebbe

alle partiture dello schema compositivo .

Fig.15- Chiesa di Gentilino-Antonio Camuzzi (con Giovanni Banchini di Curio)- 1694-

Infatti, si evidenzia una scansione geometrica che nega le linee rette e le partiture « a

squadra » tipiche del Banchini (vedi chiesa di Curio) ed imposta una composizione

curvilinea, in cui le ripartizioni geometriche appaiono meno serrate e maggiormente

in rilievo.

Le cariatidi- cherubini, attribuite al Banchini e poste a sostegno della cornice centrale

della volta (ossia all’occhio contenente la raffigurazione pittorica del Padre Eterno)

assumono uno spessore progressivo molto consistente, tanto da risultare nella parte

superiore (torace, braccia e testa) sculture praticamente a « tutto tondo ».

Circa settantanni dopo i lavori di Gentilino e Castelrotto troviamo un’altra grande

opera dei Catenazzi a Lugano, si tratta della decorazione a stucco della chiesa di San

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Fig. 16 Catenazzi Bianchini-Chiesa di Gentilino- decorazione della volta

Fig 17- Catenazzi- Bianchini- Chiesa di Gentilino

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Rocco. I documenti ci dicono che nel 1759, le volte del coro della chiesa di San

Rocco in Lugano furono decorate da Muzio Camuzzi, nipote o addirittura pronipote

di quell’Antonio e quel Muzio di cui prima trattato.

Fig.18- Lugano- 1759-Chiesa di San Rocco- Stucchi centrali di Muzio Camuzzi eseguiti con Taddei di Gandria (le decorazioni delle pareti laterali sono del Neuroni)

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------------------------------------------------------------------------------------------------------ 9)Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.5.

10)Vera Comoli Mandracci (a cura di) “Luganesium Artistarum Universitas”- “Catalogo delle

famiglie d’arte luganesi attive in Piemonte” di Antonio Gili, ed Casagrande, Lugano, 1992 p. 64;

Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate (si tratta di

un elenco cartaceo che racchiude circa quindicimila nominativi ed è disposto per ordine alfabetico);

è depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, settore “Libreria Patria”.

11)Santino Langè, Giuseppe Pacciarotti “Barocco alpino: arte e architettura religiosa nel Seicento”,

ed Jaca Book, Torino 1999, p.187.

(12)A questo proposito vedere la schedatura in : Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”,

1994, , op. cit., inedito, pagine non numerate (l’elenco è disposto per ordine alfabetico).

13) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.5“Il Casella (

Alessandro, allievo del Cortonese) ebbe come continuatore Antonio Camuzzi da Montagnola,

mentre il Silva (Francesco, capostipite, allievo di Guglielmo della Porta) ebbe un continuatore in

Agostino ed in Giovanni Banchini di Curio…”

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Gli stuccatori Banchini di Curio

Originari, per il cognome stesso, di Banco di Bedigliora (Malcantone), i Banchini

sono presenti in Piemonte e, più precisamente a Vesime, nell’astigiano, nel 1646. Il

personaggio più noto di questa famiglia di stuccatori (ma anche pittori) è Giovanni

Banchini allievo del Casella (14), i cui lavori si documentano in patria nelle chiese

parrocchiali di Sessa (altare della Madonna), Curio (altare maggiore), Gentilino

(volta dell’altare maggiore) (15).

Fig.19 - Giovanni Banchini – parrocchiale di Curio

Page 32: Schede Stuccatori Primo Ok

Fig.20- Giovanni Banchini- Parrocchiale di Curio

Lo stucco piemontese del XVII sec., corrisponde, a volte, ad un fare artistico di

auspicata aulicità associato ad un carattere artigianale, di gusto forse un po`

popolaresco. Molto utilizzato a scopo puramente architettonico-decorativo, lo stucco

incrementa, nel probabile intento di ottenere un effetto scultoreo a basso costo, uno

sviluppo in campo figurativo a sostituzione della statuaria in marmo, pietra o bronzo

scarsissima nel Seicento Piemontese. E` quindi in questo contesto, similmente a molti

conterranei ed in ragione del fermento artistico venutosi a creare in Torino e nelle

provincie piemontesi, che i Banchini di Curio operano in territorio astigiano come

costruttori e stuccatori di altari. La famiglia Banchini di Curio, (ma per il nome

stesso probabilmente originaria di Banco di Bedigliora e verso la metà del 1700

Page 33: Schede Stuccatori Primo Ok

ramificatasi anche a Neggio), attesta già dal 1597, con Domenico Banchini "pittore",

l'impronta di un rilevante ramo artistico (16) .

Francesco Banchino, probabilmente figlio di Paolo, nipote di Domenico (17), cugino

di Giovanni detto "il pittore", di Giovanni stuccatore “allievo del Casella” e

Giacomo detto"lo stuccatore" (18), è tornato alla memoria attraverso studi intrapresi

in questi ultimi anni dai ricercatori piemontesi (19). I documenti lo descrivono

impegnato attorno al 1646 a Vesime, nell'astigiano, alla realizzazione dell' altare

dell'oratorio della Confraternita dell'Immacolata Concezione, recentemente restaurato

su iniziativa della Cassa di risparmio di Asti.

L'oratorio, nella sua forma attuale è la risultante di alcune fasi costruttive che tuttavia

non hanno compromesso la lettura del lavoro del mastro malcantonese. Circa

l'attribuzione a Francesco Banchino questa consegue il ritrovamento di alcuni

documenti riguardanti i lavori succedutisi nella cappella.

Sappiamo, tramite un documento del 1646, di un debito dei confratelli verso mastro

Francesco Banchino "luganese", per i lavori da lui eseguiti nella chiesa (20). Ma il

dato più importante deriva dalla lettura degli atti della visita pastorale di monsignor

Bicuti. Elena Ragusa nel suo testo (op. cit.) rileva infatti: "Nel 1648 mons. Bicuti,

contrariamente ai suoi predecessori non richiede di erigere l'altare (perchè

probabilmente esiste già ed è conforme alle disposizioni canoniche), che ancora nel

1654 risulta ben in ordine. Dunque si potrebbe ipotizzare che a tale data l'impianto

dell'altare fosse già esistente e secondo le norme liturgiche" (21). Questo ci consente

di affermare con certezza che sia stato realizzato da Francesco Banchino su un

modello tardomanierista molto diffuso nelle terre dell'astigiano meridionale (22).

Indorato e ridipinto nel 1667, viene così descritto al momento dei restauri del 2000:

"l'alzata con ricca cornice in stucco dipinto domina l'impianto dell'altare. Ai lati

della tela rappresentante l'Immacolata Concezione, due angeli cariatidi separano e

sorreggono una trabeazione a fasce con dentelli e testine angeliche. Sui timpani

spezzati una coppia di angeli reggono un cartiglio con le scritte, a sinistra: TOTA/

PULCHRA/ ES AMICA/MEA e a destra: ET/ MACULA/NON EST/IN TE. Al centro

Page 34: Schede Stuccatori Primo Ok

entro una cartella è rappresentata la colomba, simbolo dello Spirito Santo. Sulle

porte laterali sono seduti su ampie volute due angeli mancanti della tromba. Ai lti

sinistro e destro delle porte laterali, in alto, durante i restauri sono emersi lacerti di

decorazione seicentesca rappresentanti tendaggi arricciati e raccolti da cordoni con

nappina.. L'altare a urna, su un alto zoccolo a tre gradini presenta un paliotto in

stucco lucido decorato a finta mezzatura di colore rosso, gonfi modiglioni laterali

completano la partitura decorativa". L'indagine sul monumento ha poi consentito di

distinguere due fasi costruttive. La prima (che riguarderebbe Banchino) è

indubbiamente seicentesca comprende l'alzata e i varchi laterali; la seconda,

settecentesca, riguarda l'addossamento dell'urna e degli scalini col tabernacolo.

I restauri hanno rimesso in luce la policromia originaria costituita da una pittura

spessa, brillante a tinte forti e decise (rosa intenso e blu acceso) utilizzata sui fondi

per dar maggior spicco agli stucchi.

Purtroppo, al momento non conosciamo altri lavori attribuibili a Francesco Banchini,

nè in Piemonte nè nel Malcantone. Possiamo tuttavia riconoscere in questa sua opera

astigiana gli aspetti salienti di un fare artistico, nell'arte dello stucco, di indubbia

tradizione familiare.

A questo proposito rileviamo che è sufficiente osservare gli stucchi eseguiti in Ticino

sul finire del '600, da Giovanni Banchino (cugino di Francesco, morto a 72 anni nel

1696) per rendersi conto dell'esistenza di un preciso insegnamento, tramandato

attraverso consolidati modelli di chiara impronta stilistica .

Gli stucchi realizzati tra il 1694 e il 1696 da Giovanni , allievo del Casella, ormai

ultrasettantenne, nelle parrocchiali di Sessa (altare della Madonna), Curio (altare

Maggiore), Gentilino (volta dell'altare maggiore) (23) sebbene inseriti in un contesto

architettonico molto più ricco ed imponente di quello proposto dalla piccola cappella

astigiana in cui si conservano i lavori del cugino Francesco, rivelano caratteristiche

figurative analoghe tra loro, sia sotto il profilo estetico e anatomico di putti e

cariatidi, quanto nella lieve e lineare drappeggiatura degli abiti di queste ultime. Nel

caso di Gentilino, la collaborazione con Antonio Camuzzi risulta predominante

Page 35: Schede Stuccatori Primo Ok

nell'insieme compositivo della decorazione della volta posta sull'altare maggiore. Ciò

nonostante si riconosce chiaramente la mano del Bianchini negli angeli cariatidi che

sostengono l'occhio centrale. Il rilevamento di tali similitudini si rende importante

per la contestualizzazione dell'operato di Francesco Banchini in ambito piemontese.

A questo proposito, si è riusciti a rilevare a Cocconato, a Roccaverano e a San

Giorgio Scarampi la presenza di quattro altari di autore ignoto, molto simili e

pressoché coevi a quello realizzato a Vesime dal Banchini. L'evidente analogia che

lega tali lavori e, il fatto che questi siano tutti portatori di un medesimo linguaggio

compositivo, stilistico di stile tardo-rinascimentale lascia ipotizzare che siano stati

realizzati, se non proprio dal Francesco Banchini, almeno da qualche componente

della sua cerchia familiare.

Il fare artistico dei Banchini è evidentemente molto distante dai contenuti trainanti

del barocco torinese e risulta essere invece ancora fortemente intriso del linguaggio

tardomanierista. Per meglio contestualizzare i canoni estetico-formali dello stucco

diffuso dalle maestranze malcantonesi in Piemonte e cogliere più facilmente gli

aspetti formativi delle singole personalità artistiche, è necessario tener conto degli

aspetti e premesse culturali documentate sul territorio ticinese.

Nei primi decenni del '600, nel Sottoceneri, si sviluppano due tendenze stilistiche

piuttosto nette e antitetiche tra gli stuccatori dell'epoca (24). Si tratta in sostanza di

due vere e proprie "scuole" rispettivamente capeggiate da Caronesi e Mendrisiensi.

La prima, attribuita ad Alessandro Casella da Carona, allievo del Cortonese, ed autore

emergente (tra il 1632 e 45) nelle decorazioni delle sale del Castello del Valentino a

Torino, adotta con schiettezza l'esuberanza dei canoni barocchi. La seconda

tendenza, essenzialmente tardomanierista ed esplicitamente legata alla nitida

contenutezza delle forme e dei gesti, viene ricondotta a Francesco Silva di Morbio

Inferiore (Mendrisio), allievo di Guglielmo della Porta. Questi fu certamente maestro

di Giovanni Banchini (25). Sicuramente impostata su questa scia, l'arte dello stucco

dei Banchini di Curio risulta fortemente ancorata ai canoni tradizionali e adotta uno

schema compositivo inconfondibile, in cui superfici e figure si impostano

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pricipalmente su linearità e pacatezza di forme e gesti, anzichè sul "movimento"

tipico del barocco ormai molto diffuso a quell'epoca.

------------------------------------------------------------------------------------------------------

14) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.5

15) Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate (l’elenco

è disposto per ordine alfabetico), depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, settore

“Libreria Patria” ; E. W. Halter, E Medici "Curio e Bombinasco degli albori", Locarno 1993, a p.

185; Domenico Banchini, pittore esegue nel 1597 gli affreschi sulla facciata dell'oratorio della

Morella.

16) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, pp.19,23,24,25.; E. W.

Halter, E. Medici "Curio e Bombinasco degli albori", Locarno 1993, a p. 185, Francesco Banchini

di Curio, sposatosi nel 1671 con Andreina Pedrotti (al suo probabile rientro dal Piemonte), non ebbe

figli. Risulta essere ancora vivo nel 1705.

17) vedi albero genealogico: E.W. Alther, E. Medici "Curio e Bombinasco degli Albori", p. 185.

18) Elena Ragusa "Acquisizioni e restauri 1992-2000", della Fondazione Cassa di Risparmio di

Asti, Pessione (To), 2000, p. 88-93.

19) Elena Ragusa "Acquisizioni e restauri 1992-2000", op. cit., p. 88, e Archivio Curia Vescovile di

Acqui, fascicolo "Confraternita Immacolata Concezione di Vesime", pagine non numerate.

20) ibidem

21) Elena Ragusa, op. cit. p. 88: " L'impianto dell'altare riprende un modello tardo-manierista che

Elena Ragusa definisce "...molto presente sul territorio"... ma che si richiama solo ad altri quattro

esempi. Più precisamente: nell'astigiano meridionale troviamo tre casi simili:" ....l'edicola della

Madonna del rosario nella Parrocchiale di San Giorgio Scarampi...datata al 1634...,due edicole

laterali all'altare maggiore nella chiesa della Madonna di Palazzolo a Roccaverano"...ma, un

confronto calzante si identifica soprattutto nell'altare di S. Antonio, posto nella parrocchiale di

Cocconato (località a nord di Asti), compiuto nel 1679..."Il modello di base di Vesime e Cocconato

Page 37: Schede Stuccatori Primo Ok

è lo stesso ma realizzato secondo proporzioni e stile differenti: più animato a Cocconato, si veda il

panneggio delle vesti,m olto più trattenuto a Vesime ove nelle cariatidi prevale la funzione

architettonica.......Nonostante l'area ...astigiana sia stata oggetto recente di una catalogazione a

tappeto, a parte i casi di Palazzolo, San Giorgio Scarampi....e Cocconotato, non è emerso alcun...

(altro esempio di)... confronto sia per la composizione dell'alzata che per l'attribuzione di un

maestro in particolare"...

22) L. Simona "L'arte dello stucco nel Canton Ticino" Vol. II "Il Sottoceneri", Bellinzona 1949, pp.

1-2.

23) L. Simona "L'arte dello stucco nel Canton Ticino" Vol. II "Il Sottoceneri", Bellinzona 1949,

pp.13 e 25 .

24) idem

25) L. Simona "L'arte dello stucco nel Canton Ticino" Vol. II "Il Sottoceneri", Bellinzona 1949, p.

1: “Alessandro Casella allievo del Cortonese...questi è schiettamente barocco....mentre nel Silva si

rivela una certa contenutezza classica...il Silva ebbe come un continuatore....in Giovanni Banchini

di Curio”.

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I Lamoni di Muzzano Carlo Salvatore Lamoni, vissuto dal 1800 al 1860, è lo stuccatore che ha eseguito

stucchi nel Palazzo Reale di Torino e nella Sala delle Cariatidi del Castello di

Stupinigi.

Come in quasi tutti gli altri casi è anch’egli figlio d’arte; suo padre Felice Lamoni,

architetto stuccatore, vissuto dal 1745 al 1830, è ben noto in Patria per aver decorato

la Chiesa Parrocchiale di Muzzano (26). Si tratta di stucchi elegantissimi, nelle volte,

che assomigliano molto a quelli del coro della chiesa di San Rocco a Lugano di

Muzio Camuzzi.

Fig.21- XIX sec. Carlo Salvatore Lamoni- Chiesa di Muzzano

Page 39: Schede Stuccatori Primo Ok

In Ticino, quale primo lavoro, Carlo Salvatore esegue nel 1826, con Andrea Adami

di Carona, gli stucchi della facciata Chiesa dell’Immacolata a Lugano e

successivamente opera all’interno della Parrocchiale di Muzzano. In questo ultimo

caso, ad esclusione della decorazione riportata in foto, tutti i suoi stucchi sono

purtroppo andati distrutti nel corso di più recenti “restauri” .

----------------------------------------------------------------------------------------------------- 26) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.5; Max Pfister “

Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate (l’elenco è disposto per

ordine alfabetico), depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, settore “Libreria Patria”

Page 40: Schede Stuccatori Primo Ok

I Negri di Fescoggia e Serocca d’Agno Molti sono i Negri, « stuccatori luganesi » recatisi in territorio sabaudo per circa due

secoli, dal XVII al XVIII secolo. Si tratta di gruppi famigliari prevalentemente

« Malcantonesi, cioè originari della regione luganese confinante con il territorio

luinese. Due secoli di emigrazione verso il Piemonte è documentata dai nominativi lì

registrati, di cui però si è persa notizia in Patria.

La familiarità dei Negri col Piemonte, è oltretutto deducibile dal seguente

episodio che il Simona, in riferimento alla Collegiata di Agno così riporta : « gli

stucchi ell’altare di Santa Caterina d’Alessandria sono opera di Bernardo Negri

(figlio di Giovanni) di Serocca D’Agno, eseguiti nel 1886-87.

Lo stesso Bernardo Negri, nel 1888, coadiuvato da maestranze locali, eseguì i

grandiosi ornati in stucco della facciata, cornicione, capitelli corinzii, lesene su

disegno dell’ingegnere Pastore di Torino » (27).

Sarà opportuno in futuro osservare con maggiore attenzione la documentazione di

tutti gli archivi parrocchiali di Agno, Serocca d’Agno, Fescoggia, Neggio, per

scongiurare eventuali restauri (molti già avvenuti senza approfondita indagine

storica) in assenza di una più profonda conoscenza dei monumenti e degli artisti

della zona.

Il Gili (28), nell’elenco dei Negri in Piemonte, sottintende che questi fossero

frequentemente appellati « Negrini » , come pure avverte uno scambio di identità tra

Giovanni e Antonio. Ora non potendo distinguere, al momento, i singoli individui e le

loro opere in Piemonte riporto come segue il lavoro svolto da Giovanni Negri di

Serocca D’Agno (questo è un nominativo che appare in Piemonte) e da Santino Negri

di Fescoggia (Malcantone) (29), documentato per aver lavorato« agli stucchi » di

Palazzo Reale a Torino (non meglio precisati) e che in Ticino ha lasciato memoria

del suo operare nel coro della chiesa parrocchiale di Mendrisio tra il 1863 e il 1875.

Page 41: Schede Stuccatori Primo Ok

Fig.22- Santino Negri di Fescoggia, decorazione della parrocchiale di Mendrisio-1863- 1875

Circa Giovanni, per altro contemporaneo di Santino, conosciamo i suoi lavori nella

parrocchiale di Caslano e nella importante chiesa Collegiata di Agno. Nella prima

eseguì, nel 1820, la decorazione mediana, ossia la parte centrale della cappella di san

Giuseppe ; nella seconda, nel 1841, i realizzò il pulpito in stucco lucido, integrando,

con alcuni accorgimenti in parte in marmo e in parte in stucco lucido, l’altare barocco

preesistente

Page 42: Schede Stuccatori Primo Ok

Fig.23 Giovanni Negri (figlio di Bernardo operante a Torino) decorazione della facciata della

Chiesa di Agno- 1886-87.

------------------------------------------------------------------------------------------------------- (27) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.17;

(28)Vera Comoli Mandracci (a cura di) “Luganesium Artistarum Universitas”- “Catalogo delle

famiglie d’arte luganesi attive in Piemonte” di Antonio Gili, ed Casagrande, Lugano, 1992 p. 75;

Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate

(29) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p.5 e 61;

Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate.

Biblioteca Cantonale di Lugano, settore “Libreria Patria”: “Negri Santino, 1821-1894, Fescoggia,

stukkateur in Turin und Mendrisio;Turin, Pal.Real. Stukk- Mendrisio, pfarrkirke, chor, stukk;

Page 43: Schede Stuccatori Primo Ok

I Neuroni di Lugano Famiglia notissima di stuccatori luganesi. Molti sono i Neuroni elencati nei libri

d’arte ma di questi personaggi si è reso possibile, al momento, riconoscere l’opera

solo di uno di quelli recatisi in Piemonte (30); si tratta di Martino il cui nominativo si

presenta negli archivi torinesi, insieme a molti dei quali, in Patria si è persa ogni

traccia.

Il suo nome, in Ticino, insieme a quello di Carlo Neuroni (probabilmente un parente

molto stretto) appare nel 1668, anno in cui decora la cappella (posta a destra) del coro

della Chiesa parrocchiale di San Martino a Sessa.

Il suo nominativo riappare nuovamente molti anni dopo, nel 1684, e si lega alla

decorazione della chiesa Parrocchiale di Caslano (31).

Fig. 24-Carlo Neuroni-1864- Caslano- Parrocchiale-stucchi cappella laterale dedicata alla Madonna

Page 44: Schede Stuccatori Primo Ok

Fig.25 Carlo Neuroni- Caslano- Parrocchiale- stucchi figurativi

La cappella della Madonna, cosi` come quella prospiciente di San Giuseppe sono

opera sua (a parte la zona mediana di quest’ultima che è ottocentesca, realizzata da

Giovanni Negri di Serocca d’Agno, anch’egli operativo in Piemonte due secoli più

tardi).

Ricca di stucchi sul fronte e nella volta, la cappella della Madonna presenta un altare

con colonne in stucco lucido ed angeli ai fianchi. Originariamente, al centro si

trovava una tela raffigurante la Vergine, oggi si presenta una nicchia aperta in epoca

successiva. Molto simile, per elaborazione spaziale, scansione geometrica e ricchezza

decorativa, la cappella di San Giuseppe.

Page 45: Schede Stuccatori Primo Ok

Cosa fece in Piemonte non si conosce; si sa solo che il suo nominativo è indicato

nell’elenco delle maestranze, nel XVIII secolo.

Suo probabile fratello o cugino, Giovan Giacomo Neuroni, è autore nel 1684 degli

stucchi elegantissimi posti sulle pareti del presbiterio della chiesa di San Rocco a

Lugano (32).

Fig.26 - 1684- Giovan Giacomo Neuroni- stucchi -presbiterio della chiesa di San Rocco a Lugano .

Page 46: Schede Stuccatori Primo Ok

Fig.27 - 1684- Giovan Giacomo Neuroni- stucchi - chiesa di San Rocco a Lugano .

------------------------------------------------------------------------------------------------------- 30)Vera Comoli Mandracci (a cura di) “Luganesium Artistarum Universitas”- “Catalogo delle

famiglie d’arte luganesi attive in Piemonte” di Antonio Gili, ed Casagrande, Lugano, 1992 p. 75;

Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate (l’elenco è

disposto per ordine alfabetico), depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, settore

“Libreria Patria”

31) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, pp.25, 27.

32) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, p. 30 “Nella chiesa di

San Rocco gli stucchi delle pareti del presbiterio vennero eseguiti nel 1684 da Giovan Giacomo

Neuroni da Lugano e da Nicolao Carcano….Quelli notissimoi alle volte del coro vennero eseguiti

nel 1759 da Muzio Camuzzi…”.

Page 47: Schede Stuccatori Primo Ok

Stazio Giovanni Battista di Agno Dubitativamente indicato dal Max Pfister (33) come originario della vicina

Massagno, ma stando al Simona molto probabilmente “malcantonese”, questo artista,

si recò a Torino nel 1617 per decorare a stucco Palazzo “Viccobone” ossia il

padiglione di caccia preferito da Emanuele Filiberto e distrutto dai francesi durante

gli assedi del 1640 e 1706, (cosi definito da Luciana Manzo, dell’archivio storico di

Torino:

Fig.28 - 1630- Stazio Giovanni Battista- Sonvico- Oratorio di San Rocco

Page 48: Schede Stuccatori Primo Ok

“Splendides et vulnérables, certaines de ces demeures ne résistèrent …furent

gravement endommagées durant les deux sièges de 1640 et de 1706 qui détruirent la

ville et ses habitants …Le Viccobone, durant le siège de 1706 le fut irrémédiablement

détruit, pavillon de chasse préféré d'Emmanuel Philibert entouré par le Parc Royal qui

inspira à Tasso les jardins d'Armida. “).

Purtroppo il suo lavoro torinese è andato perduto ma possiamo farci un’idea, sebbene

proporzionalmente molto più modesta di Giovan Battista Stazio, osservando alcune

sue opere in Ticino. Egli é infatti l’ autore nel 1621, nella Collegiata di Agno, degli

stucchi dell’altare della Madonna. Successivamente, nel 1630, opera a Sonvico,

nell’Oratorio di San Rocco, dove realizza l’intera decorazione a stucco (34) (stucchi

nelle volte del presbiterio e nell’altare della Madonna).

------------------------------------------------------------------------------------------------------- 33)Max Pfister “ Repertorium der Tessiner Künsler”, 1994, inedito, pagine non numerate (l’elenco

è disposto per ordine alfabetico), depositato presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, settore

“Libreria Patria”

34) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949, pp. 39-41.

Page 49: Schede Stuccatori Primo Ok

Bibliografia :

(2) Luigi Simona, “ L’arte dello stucco nel Cantone Ticino”, vol. II, 1949.

1)Vera Comoli Mandracci (a cura di) “Luganesium Artistarum Universitas”- “Catalogo delle

famiglie d’arte luganesi attive in Piemonte” di Antonio Gili, ed Casagrande, Lugano, 1992.

E. W. Halter, E. Medici "Curio e Bombinasco degli albori", Locarno 1993

Elena Ragusa "Acquisizioni e restauri 1992-2000", della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti,

Pessione (To), 2000.

Archivio Curia Vescovile di Acqui, fascicolo "Confraternita Immacolata Concezione di Vesime",

pagine non numerate.

Langè-G. Pacciarotti, “Barocco Alpino-Arte e architettura religiosa del Seicento: spazio e

figuratività, Torino.