SCENARI Nuovi modelli di crescita · Yuri van Geest —, e il tasso sta ulteriormente...

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SCENARI INNOVAZIONE/1. Dalla crescita incrementale a quella esponenziale Nuovi modelli di crescita Guardare all'innovazione come a un modo per proteggersi dai disruptors non è una strategia vincente. Meglio perseguire un cambiamento radicale delle attività e renderle scalabili I nnovazione non è un termine nuovo, soprattutto per quanto riguarda il fare impresa. Circola da tempo: anche qui, su queste pagine, lo abbiamo descritto, inseguito e proposto in modi diversi. Abbiamo visto, parlando con premi Nobel e capi d'azienda, che uno dei paradigmi più forti tra quelli che cercano di tratteggiare i meccanismi dell'innova- zione è quello disegnato da Clayton M. Christensen per la prima volta nel 1995 con l'articolo "Disruptive Technologies: Catching thè Wave" e poi nel 1997 con il libro // dilemma dell'innovatore. L'innovazione dirompente e incontenibile è quella che, abilitata dalla tecnologia, cambia gli schemi dei mercati. Molto spesso viene da fuori dei settori nei quali gli attori del mercato sono sclerotizzati sulle proprie, antiche innovazioni. E questi ultimi, se non imparano a travolgere i paradigmi che loro stessi hanno contribuito a costruire, e non cannibalizzano i propri prodotti, il proprio core business, sono desti- nati a scomparire. Accelera il ritmo del cambiamento «II 90% delle aziende che cinquant'anni fa erano par- te della lista Fortune 500 oggi non esiste più dice Yuri van Geest —, e il tasso sta ulteriormente accele- rando». Van Geest, assieme Salim Ismail e Michael S. Malone, è autore di Exponential Organizations, pubblicato in Italia da Marsilio, in cui descrive quello l'impatto di una serie di tecnologie che stanno con- vergendo. L'impatto è incredibile. Ci sono aziende, come QI Nanophotonics, che stanno rivoluzionando i sistemi biometrici e la trasmissione delle informa- zioni. Non si parla più di Wireless Fidelity WiFi, ma di Light Fidelity, LiFi». Basta poco per rimettere completamente in discussione un intero settore già consolidato e creare nuove opportunità, spazi per nuovi attori. «E poi - dice van Geest - ci sono i ro- bot, le nanotecnologie e le intelligenze artificiali. I robot che costruiscono nuove generazioni più avanzate di robot. Le nanotecnologie utilizzate come strumenti per costruire nuove genera- zioni più avanzate di nanotecnologie. E le intelligenze artificiali che sognano nuo- ve generazioni di intelligenze artificiali, anche queste sempre più progredite» Niente è più scontato. Giocare in difesa è inutile Van Geest è il fondatore e Ceo del ramo olandese del- la Singularity Universi- ty, il think tank na- to nella Silicon Veci *»;> 60 LIMPRESAN°6/2016

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SCENARIINNOVAZIONE/1. Dalla crescita incrementale a quella esponenziale

Nuovi modellidi crescitaGuardare all'innovazione come a un modo per proteggersi dai disruptors non è unastrategia vincente. Meglio perseguire un cambiamento radicale delle attività erenderle scalabili

Innovazione non è un termine nuovo, soprattuttoper quanto riguarda il fare impresa. Circola datempo: anche qui, su queste pagine, lo abbiamodescritto, inseguito e proposto in modi diversi.Abbiamo visto, parlando con premi Nobel e capi

d'azienda, che uno dei paradigmi più forti tra quelliche cercano di tratteggiare i meccanismi dell'innova-zione è quello disegnato da Clayton M. Christensenper la prima volta nel 1995 con l'articolo "DisruptiveTechnologies: Catching thè Wave" e poi nel 1997 conil libro // dilemma dell'innovatore.L'innovazione dirompente e incontenibile è quellache, abilitata dalla tecnologia, cambia gli schemi deimercati. Molto spesso viene da fuori dei settori neiquali gli attori del mercato sono sclerotizzati sulleproprie, antiche innovazioni. E questi ultimi, se nonimparano a travolgere i paradigmi che loro stessihanno contribuito a costruire, e non cannibalizzano ipropri prodotti, il proprio core business, sono desti-nati a scomparire.

Accelera il ritmo del cambiamento«II 90% delle aziende che cinquant'anni fa erano par-te della lista Fortune 500 oggi non esiste più — diceYuri van Geest —, e il tasso sta ulteriormente accele-rando». Van Geest, assieme Salim Ismail e MichaelS. Malone, è autore di Exponential Organizations,pubblicato in Italia da Marsilio, in cui descrive quello

l'impatto di una serie di tecnologie che stanno con-vergendo. L'impatto è incredibile. Ci sono aziende,come QI Nanophotonics, che stanno rivoluzionandoi sistemi biometrici e la trasmissione delle informa-zioni. Non si parla più di Wireless Fidelity WiFi, madi Light Fidelity, LiFi». Basta poco per rimetterecompletamente in discussione un intero settore giàconsolidato e creare nuove opportunità, spazi pernuovi attori. «E poi - dice van Geest - ci sono i ro-bot, le nanotecnologie e le intelligenze artificiali.I robot che costruiscono nuove generazioni piùavanzate di robot. Le nanotecnologie utilizzatecome strumenti per costruire nuove genera-zioni più avanzate di nanotecnologie. E leintelligenze artificiali che sognano nuo-ve generazioni di intelligenze artificiali,anche queste sempre più progredite»Niente è più scontato.

Giocare in difesa è inutileVan Geest è il fondatore eCeo del ramo olandese del-la Singularity Universi-ty, il think tank na-to nella Silicon

Veci*»;>

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Valley dall'idea di Peter Dia-mandis e Ray Kurzweil, con ilcontributo di aziende come laNasa e Google. L'obiettivo è diagire da strumento per costru-ire una differente cultura im-prenditoriale e da incubatore,partendo dalla considerazioneche il mondo in generale, delquale le imprese ovviamentefanno parte, è cambiato radi-calmente e per sempre. «Molteaziende - spiega a "L'Impresa"van Geest, che a Milano hapartecipato a un evento or-ganizzato da The EuropeanHouse Ambrosetti - guardano all'innovazione comea un modo per proteggere se stesse dalla globalizza-zione. Proteggersi cioè dai disruptors che provengonoda altri mercati e da altri settori. E una strategia chepenso abbia senso nel breve periodo ma che alla lunganon funziona più. Anzi, alla lunga ci perdi».La ricetta per creare un'azienda che sia in grado diavere successo non è quella di chiudersi in difesa,ma di perseguire un cambiamento radicale. «Pensoche la cosa migliore per i grandi sia trasformarecompletamente le proprie attività. Creare dellestart-up separate dal resto e capaci di crescere in

modo esponenziale, aumentando e completandoil business tradizionale dal di fuori. Creare delle

start-up cioè che siano disruptive di se stesse,sia per quanto riguarda i prodotti e i servizi

che per quanto riguarda le organizzazioni.Creare una nuova organizzazione capa-

ce di sovvertire e quindi rivitalizzare ilbusiness iniziale». Si riesce? «Nove

volte su dieci no. Ma ci sonoaziende che lo fanno sempre,

e sono cresciute in manieraesponenziale: Apple, Goo-

gle, Facebook, Amazon,ma anche Ali Babà,

Baidou, Xiaomi».

Cosa sbagliatein EuropaLa geografia delle aziende espo-nenziali ha il sapore dell'hi-tech, di un mondo dove ci simuove a grande velocità, dovele competenze sono altamentetecnologiche e dove soprattut-to si fanno grandi scommesse,grandi sbagli, grandi e repentinicambiamenti di rotta.«Fallire è fondamentale. Il mag-gior rischio nel business di oggiè di non prendere nessun ri-schio. Un'attitudine che in Ita-lia è sin troppo diffusa. Perché

se non fallisci come impiegato o come dirigente, seiinutile. Se giochi sempre sul sicuro, è altrettanto sicuroche andrai male. Devi sempre essere un passo vicinoal successo: per farlo devi essere anche a un passo dalfallimento. Invece, in Italia e direi in Europa, se falliscidiventi un perdente, fai bancarotta, diventi un paria. Esbagliato. Perché così si emargina il talento, l'energia.Non è possibile che nelle aziende diventino Ceo quelliche non hanno mai fatto errori, perché vuoi dire chenon hanno mai preso veramente dei rischi. Invece chepunire gli errori, bisognerebbe celebrarli, abbracciarli,esaltarli. Soprattutto perché oggi puoi sbagliare veloce,spesso, e cambiare altrettanto rapidamente direzione:stampa 3D, prototipazione rapida, sistemi avanzati dilogistica, cloud, progettazione. Se un'idea non funzio-na, altrettanto repentinamente al modo con il quale èstata messa in moto la si toglie, si uccide tutto».

La domanda giusta da porsiAlla fine è una questione di mentalità: "Come po-tremmo riuscire a fare questo...", si chiedono gliimprenditori della Silicon Valley. "Come possiamoevitare che ci succeda questo..." si chiedono quellidalle nostre parti. Strozzati da leggi e regolamenta-zioni, da vincoli infrastrutturali e sistemici, da risorsedisponibili e competizione serrata. Ma al tempo stes-so in forte affanno quando si tratta di saper innovare.Quanti programmatori ha assunto la vostra aziendanell'ultimo anno, chiedeva un vecchio consulentecercando di aprire una conversazione con un'aziendaper poi vendere il suo prodotto, cioè la consulenza.

La domanda probabilmente resta valida, perché èvero che il software si sta mangiando tutti

i settori di business e la rapidità diinnovazione dipende dal pos-

sesso e dalla capacità

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di attivare la risorsa informatica e di rete.«Però io credo - dice van Geest - chel'era delle grandi consulenze sia finita pervari motivi. Il primo è che ogni anno chepassa chiudono o stringono i cordoni delborsellino le grandi aziende clienti dellaconsulenza. Poi, i colossi di questo settoresono sempre più appesantiti da costi edifficoltà nel riorganizzarsi, cambiandonatura e velocità».

Le imprese devono aprirsial mondoIn realtà, le carte sono cambiate più inprofondità. «Un'azienda non può pensaredi rivoluzionare il suo business tutta dasola. Ma la chiave non è più nella consu-lenza tradizionale, che è entrata in crisi eforse può fornire qualche stimolo inizialema poco altro. Può portare un po' di ideefresche, dare qualche suggerimento sulletecniche di calibrazione del viaggio dellasingola azienda. Ma ormai, come accadenella scuola, anche nel business le cose piùinteressanti sono in rete e non sono piùsui banchi. Le aziende devono abbracciareil mondo, partecipare vivendolo, facendocose. Andare vicino ai punti caldi dell'in-novazione, organizzare workshop internicon protagonisti esterni, coinvolgere tuttiquanti, dentro e fuori. Questo vuoi direogni tanto spostarsi e altre volte restare acasa con nuovi ospiti. In ogni caso, l'obiet-tivo deve essere aprirsi alla circolazionedelle idee, tirare fuori l'intelligenza ovun-que la si trovi, perché ormai è distribuita.Innovare non è più una cosa che può esserefatta in modo programmatico, seguendo leprocedure, all'interno degli steccati. Tuttiinvece sono responsabili in azienda diraccogliere idee e punti di vista innovativi,insight su quel che succederà. Tutti quantihanno questa nuova responsabilità».

L'impatto sui lavori tradizionaliII cambiamento che stiamo affrontandoè particolare anche perché innesca dina-miche inedite o, comunque, non previste.Come quella della decentralizzazione, cheha effetti sia sul fronte dei clienti che suquello delle imprese e delle istituzioni. «Ilcambiamento - dice van Geest - toccatanti aspetti. La seconda rivoluzione in-dustriale ha colpito gli operai, che in largaparte sono stati sostituiti dalle macchine.

La nuova rivoluzione porta con sé, graziealle intelligenze artificiali e all'informa-tizzazione, una nuova ondata distruttivaper i lavori tradizionali questa volta deicolletti bianchi. Impiegati, quadri, diri-genti, in tantissimi settori diversi verran-no spazzati via completamente».Non ci sarà semplicemente più bisognodi loro come non c'è più stato bisognodelle dattilografe dopo che il personalcomputer è entrato negli uffici. «La nuo-va consulenza - dice van Geest -, di cuiancora ci sarà in parte bisogno comunque,sarà molto diversa da quella attuale: saràfatta da servizi su misura, bespoken, daboutique, con forte presenza di sistemiinformatici evoluti (Big data, analitici,intelligenza artificiale) a fare la differenzadietro le quinte». Sarà anche la consulenzaguidata dagli algoritmi più che dai centristudi. E dalla capacità di relazionarsi conle interfacce di programmazione dellegrandi piattaforme e contenitori dei dati.

Il quid delle organizzazioniesponenzialiAlla fine il problema dell'innovazioneche abbiamo sollevato al principio è ab-bastanza semplice da un punto di vistateorico, sostiene van Geest. Il modello dibusiness delle aziende tradizionali è basa-to su una crescita lineare e incrementale.La tesi della Singularity University, di vanGeest e degli altri, è che sia possibile unmodello alternativo basato sulla crescitaesponenziale, cioè su imprese che uti-lizzino nuove tecniche per accelerare inmaniera esponenziale la propria crescita ela scalabilità della propria organizzazionee della propria capacità di competere sulmercato. In parte perché è possibile e inparte perché è possibile anche per gli altri.Non mancano gli esempi di narrazionedelle aziende che nel modo delle piat-taforme hanno messo in piedi questotipo di strategia per raggiungere risultatiineguagliabili da parte della loro compe-tizione. Da Apple a Facebook, perdendosiin decine di altri esempi, le "organizza-zioni esponenziali" apparentemente sonotutt'altro che unicorni sul mercato. Restada vedere fino a che punto questo ritrattodell'innovazione è verosimile. •

A.Di.@antoniodini

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