SCAVI DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA IN PERÙ ... · Nacional de Antropologia e Historia,...

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FIG. I - SILLUSTANI - CHULPA SCAVI DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA IN PERÙ RELAZIONE PRELIMINARE G LI ACCORDI . tra l'Italia e il Perù: in occasione del VIaggiO che In questo Paese fece Il Presidente Gron chi, prevedevano l'istituzione di una Missione Archeologica Italiana, che avrebbe dovuto svol- gere ricerche e scavi in territorio peruviano. L'incarico di costituire la Missione fu affidato al prof. Paolo Gr aziosi, direttore dell'Istituto di Preistoria e Protostoria dell'Uni- versità di Firenze, il quale prese i necessari contatti con il Ministero degli Affari Esteri e quello della Pubblica Istru- zione, che dovevano assumersi l'onere di finanziare la Missione. Quest'ultima venne costituita ufficialmente nel 1962 dalla Commissione per l'Archeologia Precolombiana, che si era riunita a Firenze nella primavera di quell'anno. Allo scrivente ne fu affidata la direzione, e furono invitati a farne parte la dottoressa Ernesta Cerulli, assistente di Etnologia all'Università di Roma, e il dotto Italo Signo- rini, anch'egli etnologo. Il 27 settembre 1962 la Missione partiva in aereo per Città del Messico, dove si fermò per cinque giorni. Fu- rono stretti contatti assai cordiali con i dirigenti del Museo Na cional de Antropologia e Historia, prof. Davalos Hur- tado, Ignacio Bernal e Castillo Negrete, e con essi visitati, oltre al Mus eo e al Castello di Chapultepec, l FIG. 2 - SILLUSTANI, CHULPA - PARTE SUPERIORE r66 centri antichi di Cuicuilco, Teotihua- dm, Tula e Tenayuca. Furono visitati anche alcuni monumenti dell'epoca co- loniale, come il monastero di Tepot- zl;in. Avendo avuto così una prima vi- sione dei monumenti dell' America La- tina, la Missione proseguì il suo viaggio alla volta di Lima, dove fin dal primo momento trovò nella nostra Amba- sciata un valido appoggio, specialmente per quel che concerneva la definizione della complessa pratica relativa al per- messo di scavo. Gli archeologi peruviani che erano a Lima mostrarono il loro positivo in- teressamento alla Missione e ai suoi compiti, dando al Ministero della Educazione Pubblica il parere favorevole per l'inizio degli scavi, e si misero a disposizione dei membri della Missione stessa per faci- litare la visita a musei e località archeologiche. Mentre si attendeva che venisse rilasciato il permesso di scavare, la Missione effettuò alcune escursioni e viaggi nei dintorni di Lima e in alcune località del Perù, di grande interesse archeologico. Pertanto a Lima furono il Museo Nazionale, quello di ceramiche precolombiane che prende il nome da Larco Herrera, alcune huacas (piramidi sacre), tra cui quella detta Juliana con l'annesso Museo di San Isidro, e nei dintorni il complesso architettonico di Puruchuco con il suo Museo, la città preincaica di Caja- marquilla, le rovine preincaiche e incaiche di Pachacamac. Fu pure visitata la fortezza Chimù di Paramonga, nota come La Fortaleza, posta a circa 200 km. a Nord di Lima, presso la Carretera Panamericana. In seguito la Missione si recò ad Arequipa, e quindi a Puno sul lago Titicaca, da cui fu effettuata l'escursione a Sillustani, nota per le chulpas, costruzioni in pietre squa- drate a forma di torre, con copertura a cupola, usate come sepolcri (figg. 1-2). Tappa seguente fu il Cuzco, la capitale dell'impero incaico, nelle cui strade sono ancora moltissimi resti di muri incaici, sia in opera quadrata che in poli- gonale, i quali sostengono costruzioni moderne, come il muro circolare del Kori-Cancha (il Giardino d 'oro del tempio del Sole), su cui poggia una parte della chiesa di San Domenico. Tra questi muri è famoso quello, in opera poligonale, in cui è " la pietra dei dodici angoli" (fig. 3). Questo e gli altri si fanno ammirare per la perfezione delle commessure, e la perfetta messa in opera che ricorda la tecnica greca, sia nel poligonale che nell'opera quadrata, la cui somiglianza esteriore con opere greche sembra ac- cresciuta dalla presenza su molti blocchi delle così dette bugne di presa, che tuttavia nell'architettura peruviana si trovano sempre a coppie, e sono di significato quanto mai incerto. Un altro punto di esteriore e casuale contatto con il mondo classico è dato dalla forma delle porte dei monumenti incaici, che sono trapezoidali, cioè rastremate in alto, come quelle etrusche (fig. 4). Tutti i complessi archeologici intorno al Cuzco furono visitati dalla Missione: prima di tutto la grande fortezza di Sacsayhuaman (fig. 5) (la fortezza del Falcone), co- struita con grossi blocchi, a tre ordini di cortine con ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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FIG. I - SILLUSTANI - CHULPA

SCAVI DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA IN PERÙ

RELAZIONE PRELIMINARE

G LI ACCORDI cultur~li ~tabi1iti . tra l'Italia e il Perù: in occasione del VIaggiO che In questo Paese fece Il

Presidente Gronchi, prevedevano l'istituzione di una Missione Archeologica Italiana, che avrebbe dovuto svol­gere ricerche e scavi in territorio peruviano. L'incarico di costituire la Missione fu affidato al prof. Paolo Graziosi, direttore dell'Istituto di Preistoria e Protostoria dell'Uni­versità di Firenze, il quale prese i necessari contatti con il Ministero degli Affari Esteri e quello della Pubblica Istru­zione, che dovevano assumersi l'onere di finanziare la Missione. Quest'ultima venne costituita ufficialmente nel 1962 dalla Commissione per l'Archeologia Precolombiana, che si era riunita a Firenze nella primavera di quell'anno. Allo scrivente ne fu affidata la direzione, e furono invitati a farne parte la dottoressa Ernesta Cerulli, assistente di Etnologia all'Università di Roma, e il dotto Italo Signo­rini, anch'egli etnologo.

Il 27 settembre 1962 la Missione partiva in aereo per Città del Messico, dove si fermò per cinque giorni. Fu­rono stretti contatti assai cordiali con i dirigenti del Museo Nacional de Antropologia e Historia, prof. Davalos Hur­tado, Ignacio Bernal e Castillo Negrete, e con essi furon~ visitati, oltre al Museo e al Castello di Chapultepec, l

FIG. 2 - SILLUSTANI, CHULPA - PARTE SUPERIORE

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centri antichi di Cuicuilco, Teotihua­dm, Tula e Tenayuca. Furono visitati anche alcuni monumenti dell'epoca co­loniale, come il monastero di Tepot-zl;in. Avendo avuto così una prima vi­sione dei monumenti dell' America La­tina, la Missione proseguì il suo viaggio alla volta di Lima, dove fin dal primo momento trovò nella nostra Amba­sciata un valido appoggio, specialmente per quel che concerneva la definizione della complessa pratica relativa al per­messo di scavo.

Gli archeologi peruviani che erano a Lima mostrarono il loro positivo in­teressamento alla Missione e ai suoi

compiti, dando al Ministero della Educazione Pubblica il parere favorevole per l'inizio degli scavi, e si misero a disposizione dei membri della Missione stessa per faci­litare la visita a musei e località archeologiche.

Mentre si attendeva che venisse rilasciato il permesso di scavare, la Missione effettuò alcune escursioni e viaggi nei dintorni di Lima e in alcune località del Perù, di grande interesse archeologico. Pertanto a Lima furono visitat~ il Museo Nazionale, quello di ceramiche precolombiane che prende il nome da Larco Herrera, alcune huacas (piramidi sacre), tra cui quella detta Juliana con l'annesso Museo di San Isidro, e nei dintorni il complesso architettonico di Puruchuco con il suo Museo, la città preincaica di Caja­marquilla, le rovine preincaiche e incaiche di Pachacamac. Fu pure visitata la fortezza Chimù di Paramonga, nota come La Fortaleza, posta a circa 200 km. a Nord di Lima, presso la Carretera Panamericana.

In seguito la Missione si recò ad Arequipa, e quindi a Puno sul lago Titicaca, da cui fu effettuata l 'escursione a Sillustani, nota per le chulpas, costruzioni in pietre squa­drate a forma di torre, con copertura a cupola, usate come sepolcri (figg. 1-2). Tappa seguente fu il Cuzco, la capitale dell'impero incaico, nelle cui strade sono ancora moltissimi resti di muri incaici, sia in opera quadrata che in poli­gonale, i quali sostengono costruzioni moderne, come il muro circolare del Kori-Cancha (il Giardino d 'oro del tempio del Sole), su cui poggia una parte della chiesa di San Domenico. Tra questi muri è famoso quello, in opera poligonale, in cui è " la pietra dei dodici angoli" (fig. 3). Questo e gli altri si fanno ammirare per la perfezione delle commessure, e la perfetta messa in opera che ricorda la tecnica greca, sia nel poligonale che nell'opera quadrata, la cui somiglianza esteriore con opere greche sembra ac­cresciuta dalla presenza su molti blocchi delle così dette bugne di presa, che tuttavia nell'architettura peruviana si trovano sempre a coppie, e sono di significato quanto mai incerto. Un altro punto di esteriore e casuale contatto con il mondo classico è dato dalla forma delle porte dei monumenti incaici, che sono trapezoidali, cioè rastremate in alto, come quelle etrusche (fig. 4).

Tutti i complessi archeologici intorno al Cuzco furono visitati dalla Missione: prima di tutto la grande fortezza di Sacsayhuaman (fig. 5) (la fortezza del Falcone), co­struita con grossi blocchi, a tre ordini di cortine con

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bastioni sporgenti con una disposizione simile a quella dei denti di una sega, disposizione che rileva una notevole sapienza nell'arte delle fortificazioni, inquantochè impedisce l'attacco fron­tale, e obbliga gli assalitori, quando sono a distanza ravvicinata, a esporre ai difensori un fianco scoperto: è lo stesso principio delle Porte Scee. I muri sono costruiti con blocchi poli­gonali di granito, talora di dimensioni enormi - " ciclopici" - nella cinta esterna e negli spigoli dei corpi avan­zati a dente di sega (fig. 6). Nelle cinte interne i blocchi, sempre poligonali, sono più piccoli, e di forma più vicina all'opera quadrata. Interessanti e carat­teristiche dell'architettura incaica sono le porte d'ingresso alle varie cinte, ra­stremate in alto e con architrave mo- FIG. 3 - CUZCO, MURO INCAICO - LA PIETRA DEI 12 ANGOLI

nolitico; i montanti, come nell'archi-tettura classica, sono ricavati dalla mura tura stessa (fig. 7). Lo stesso tipo di porta è in altre costruzioni incaiche, come nella famosa città del M achu Picchu, in cui l'archi­tettura è più raffinata - oltre al poligonale si ha un 'opera quadrata che ricorda molto quella isodomica - e dove, oltre alle porte di questa forma, si hanno anche finestre e nicchie: è ben nota la così detta " Casa delle tre finestre II' Tra i monumenti principali vanno ricordati il così detto Torreon - Tempio del Sole, che è un edificio absidato dalla struttura regolarissima, e l' Intihuatana - osservatorio solare - nel quale è uno gnomone ricavato dalla roccia, su una piattaforma elevata. Presso l'ingresso sono due finestre dalla caratteristica forma rastremata. Ma ciò che soprattutto colpisce nel Machu Picchu è l'impianto urba­nistico di questa straordinaria città, aggrappata, si direbbe, alla cima e alle parti più alte delle pendici di una montagna a 2500 metri sul livello del mare, ed elevata a picco sulla Valle dell'Urubamba, che scorre impetuoso 800 metri al disotto. La città si svolge intorno a una piazza rettangolare, con serie di terrazze digradanti costruite con pietre, che hanno lo scopo di sostenere gli edifici, e nello stesso tempo hanno la funzione di strade: esse sono intersecate da gradinate, che hanno la funzione di vie trasversali (fig. 8).

Simile nella disposizione urbanistica, ma più piccola, è la città fortificata di Ollantaytambo, situata nella Valle dell'Urubamba. Ambedue le città - Machu Picchu e Ollantaytambo - sono considerate le ultime roccaforti degli Incas dopo la conquista spagnola e la conquista del Cuzco, capitale dell'Impero Incaico. Non si può af­fe rmare, tuttavia, che esse appartengano in blocco al­l' ultimo periodo inca, e neppure che a questo popolo si debba il loro primo impianto: le diverse strutture dei muri corrispondono probabilmente a periodi diversi, ed è quindi possibile che la loro fondazione sia di alcuni secoli anteriore allo stabilimento dell'impero, che in genere si pone intorno al 1250.

Anche altri complessi monumentali della regione intorno al Cuzco si prestano a considerazioni analoghe: così

Puka Pukara (la Fortezza Rossa), costituita da un grup­po di ambienti - casermette, depositi, casematte -intorno a un cortile centrale. Le strutture sono in pietre piccole e irregolari, quasi certamente preincaiche, mentre al Tampu Machay (così detto "Bagno dell'Inca", in realtà una piccola fortezza), una perfetta struttura po­ligonale con le caratteristiche porte rastremate si so­vrappone a un'opera meno regolare, di piccole pietre: pertanto il preincaico e l'incaico si sono avvicendati

FIG . 4 - PORTE RASTREMATE INCAICHE (MACHU PICCHU)

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FIG. 5 - SACSAYHUAMÀN - I TRE ORDINI DI MURA DELLA FORTEZZA INCAICA

in questa costruzione, che sorge sopra una sorgente. Sulla facciata sono alcune porte cieche, poco profon­de, probabilmente garitte per sentinelle.

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FIG. 6 - SACSAYHUAMÀN - BLOCCHI" CICLOPICI" DI UN CONTRAFFORTE ESTERNO

Prettamente incaica è invece un'altra grande costru­zione che sorge vicino alla precedente: il Kkenko, detto " Anfiteatro Incaico". Per la sua forma potrebbe piut­tosto essere paragonato a un teatro del mondo classico: è un'ampia spianata semicircolare, il cui arco è addossato a un rialzo del terreno, nel quale, con pietre poligonali, sono costruiti dei seggi intervallati tra loro a distanze re­golari. Di fronte ai seggi, al centro del diamentro del semi­cerchio, sotto una roccia diritta come un betilo naturale, e un altro seggio ricavato nella roccia stessa: qui, durante le adunanze, doveva sedere l'Inca, davanti ai capi o go­vernatori delle varie regioni (i curacas), i quali riferivano sugli avvenimenti nelle zone di loro competenza, sull'am­ministrazione, e ricevevano ordini. Il complesso del Kken­ko è completato da una grotta naturale, ma allargata arti­ficialmente, nella quale è un altare per sacrifici.

Un altro grandioso monumento nella stessa zona è il così detto" Trono dell ' Inca" , il quale però ha carattere completamente rupestre: di fronte alla fortezza di Sa­chsayhuamin, in un mammellone di roccia granitica, è incavato un grande seggio fiancheggiato da gradinate: qui l'Inca sedeva davanti al popolo adunato in pre­ghiera.

I monumenti incaici sono relativamente tardi, se consi­derati in relazione a quelli del mondo classico, essendo tutti compresi fra il secolo XIII e il XVI, ma evidente­mente non possiamo contrapporre i due mondi senza tener conto delle differenze d'ambiente e delle diverse possibilità che si sono verificate nell 'uno e nell 'altro. Nel mondo mediterraneo, più raccolto, varie influenze si sono incrociate e sovrapposte, generando forme d'arte nuove, ma soprattutto la natura stessa ha fornito mezzi che hanno favorito il progresso, e che invece sono mancati alle po-

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polazioni meso e sud-americane. Un elemento determinante della forma e dello sviluppo della civiltà è stato senza dubbio la mancanza di animali da tiro, inquantochè cavalli e buoi non sono stati introdotti che dopo la conquista spagnola (1532) : pertanto le popola­zioni incaiche e preincaiche non di­sponevano che del llama, un camelide originario degli altopiani della Sierra, che può essere utilizzato solo come animale da carico, ma non porta pesi superiori ai 40, 50 kg. e non può essere cavalcato. Quindi gli antichi Peruani, come i Mesoamericani, non conoscevano la ruota, per lo meno come macchina utilizzabile, I ) e per conseguenza il carro, da viaggio e da trasporto, e perciò le enormi pietre che sono servite a costruire opere come la fortezza di Sachsayhuaman (alcune pie­

FIG . 7 - SACSAYHUAMAN - MURO DEL SECONDO RECINTO E INGRESSO AL TERZO

tre di questa pesano 200 tonnellate), e quelle servite per altri monumenti incaici, sono state trasportate a forza di brac­cia, con il solo ausilio di corde e rulli. Quanto ai metalli, mentre erano noti quelli preziosi e il rame, mancava il ferro, e gli strumenti con cui le pietre venivano lavorate erano litici: la considerazione di queste difficoltà non fa che accrescere la nostra ammirazione per la perfezione tecnica che era stata raggiunta. Come quella Azteca, an­che la civiltà Incaica era in pieno sviluppo, e fu brusca­mente interrotta dall'arrivo degli Spagnoli. Ma essa era stata una forza espansiva, che aveva riunito in un unico impero i vari popoli dell'odierno Perù e aldilà dei confini di questo, popoli che già per loro conto avevano sviluppato civiltà assai notevoli, con forme d'arte assai alte : per il Perù basterebbe pensare alla ceramica Mochica, con la splendida serie dei vasi-ritratto, e alle manifestazioni artistiche dei diversi popoli nei vari periodi, che non si sono limitate alla ceramica dipinta o configurata e alla coroplastica, ma hanno dato prodotti di alto livello nella scultura in pietra e nell'architettura: si pensi alle sculture di Chavin e a quelle di Tiahuanaco.

Il materiale assai deperibile, usato per le costruzioni sulla costa, cioè il mattone seccato al sole (adobe), ha fatto sì che di molti monumenti preincaici non siano rimasti che scarsi resti, ma talora, come a Pachacamac o a Moche (Huaca del Sole), 2) le tracce rimaste danno un'idea della loro grandiosità. Nella città Chimu di Chan-Chan sulla Costa settentrionale, i muri, pur essendo del suddetto materiale, sono adorni di eleganti fregi a rilievo, 3) mentre a Panamarca sono notevoli resti di pittura a fresco di stile Mochica.4)

In questo primo viaggio non abbiamo avuto la possibi­lità di compiere molte esplorazioni, e ci ripromettiamo di fa rne altre in avvenire, ma abbiamo potuto constatare quale immenso campo di ricerche il Perù offra ancora all'archeologo. Le ricerche, finora, sono state rivolte più che altro alle necropoli, le quali hanno offerto, non solo agli archeologi, ma anche agli scava tori clandestini, una messe veramente straordinaria di oggetti, soprattutto vasi,

spessissimo di qualità assai alta, e tessuti con magnifici disegni, che servivano ad avvolgere i morti nel così detto fardello o fardo. Per quel che riguarda le città, il lavoro è stato limitato alla pulizia dei monumenti coperti dalla sabbia nelle zone desertiche (per es. Pachacamac), o dalla foresta tropicale (Machu Picchu), oppure è consistito nel restauro di elementi affioranti (Puruchuco), ed è an­cora arretrato il lavoro di rilevamento dei centri abitati. Pertanto abbiamo ritenuto che fosse più utile per la Mis­sione dedicare la propria attività all'esplorazione e allo studio di una città della costa. È infatti sulla costa, anzichè

FIG. 8 - MACHU PICCHU, VISTO DALLO HUAYNA PICCHU

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~~~'&I! muri dello strato superiore

» degli strati inferiori

a : deposit o votivo; ~ : tombe; 1-4: ambienti del

com plesso sacrale; 5-7: santuari sulla huoco;

a-I: p3vimenti di strati inferiori; m-n: tagl io

nella huoco,

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FIG . 9 - IL COMPLESSO CERIMONIALE SCAVATO: SONO INDICATE LE STRUTTURE DEI VARI LIVELLI

nel retroterra montano, che si possono trovare i resti più antichi: sulle montagne, anche se è prematuro affer­marlo, è probabile che si siano stanziate popolazioni ve­nute dalla selva, che hanno risalito il versante orientale delle Ande. 5)

Le più antiche civiltà del Perù si sono sviluppate sulla costa, che è sabbiosa e desertica, e ha consentito condi­zioni di vita tali da permettere stanzia menti umani solo in prossimità delle valli dei fiumi, sicchè in ogni località la cultura ha avuto una facies propria - naturalmente senza escludere rapporti tra l'una e l'altra - fino al fiorire di altre civiltà che hanno irradiato le loro manifestazioni artistiche in tutto il Paese (Tiahuanaco), o che a queste hanno unito l'espansione politica (Chimu). Pertanto era naturale che la Missione rivolgesse la sua attenzione a una città della costa centrale, situata a poca distanza da Lima - circa 25 km. - nella valle del fiume Rimac. Si tratta

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di Cajamarquilla, le cui rovine coprono un'area vastissima nella quale si riconoscono edifici di vario genere: case con cortili, strade, piazze, piramidi sacre (huacas), for­tezze. I muri sono in grandi blocchi di argilla cruda sec­cati al sole, ottenuti con casseforme : è la struttura detta tapia. 6) Lo stato di conservazione è migliore che in altre città, ma non se ne conosce nè il nome antico, nè alcun elemento della sua storia, 7) per cui si ignorano tanto l'epoca della sua fondazione, quanto quella della sua fine. Non fu conosciuta dai Conquistadores, ed è ignorata dai Cronisti. Si aggiunga che, oltre a pochi saggi superficiali e a qualche restauro eseguito da Tello, non vi sono mai stati effettuati scavi o ricerche sistematiche: pertanto Cajamarquilla costituiva un obiettivo quanto mai inte­ressante per la Missione. Non ne è mai stato effettuato un rilievo, ma la fotografia aerea ci ha dato un'idea della vastità (4 km. quadrati) del campo di rovine, e della

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complessità della sua pianta, in cui spic­cano almeno quattro momicoli o piramidi, che potrebbero essere templi o fortezze. 8)

Alcuni particolari colpiscono immedia­tamente il visitatore: uno è costituito dalla particolare struttura dei comples­si o blocchi d'abitazione, i quali con­stano di un certo numero di ambienti di varia grandezza, disposti senza or­dine apparente, comunicanti tra loro per mezzo di piccole porte, e con una sola uscita verso l'esterno i inoltre gli ambienti non hanno finestre, e le por­te spesso sono nascoste o protette da una specie di quinta: più che abita­zioni di un paese caldo, sembrano quel­le di località fredde, battute dal vento. La spiegazione di questo fatto è dupli­ce: mancanza di finestre e protezione avanti alle porte possono effettivamente essere una difesa contro il vento che,

FIG. IO - SALA I : LIVELLO ORIGINARIO SOTTO LA TRIBUNA, E MURI E PI 0 8 DEGLI STRATI INFERIORI

come abbiamo avuto modo di sperimentare, può sollevare turbini di quella sabbia impalpabile da cui è costituito il deserto costiero in cui è costruita Cajamarquilla, oppure i costruttori seguivano tradizionalmente una tecnica usata in paesi freddi, probabilmente della Sierra. 9)

Personalmente propenderei per la seconda ipotesi, perchè i turbini di sabbia, anche quando spira il vento, si producono prevalentemente quando la sabbia stessa è rimossa per cause non naturali: quando si scava, per esempio, o quando passa un veicolo veloce, cosa che nel­l'antichità naturalmente non avveniva, non essendoci veicoli.

Un altro elemento, che non solo colpisce il ViSitatore, ma è pure sconcertante, è l'enorme quantità di fori ro­tondi sul terreno, tutti molto regolari, del diametro di 45-50 cm. Sono aperti in una falda alluvionale di limo indurito, dello spessore di circa 40 cm., sotto al quale il terreno friabile si allarga in una cavità più ampia nella parte inferiore. Si osservano dappertut-

di questi ultimi, tuttavia, non è stato del tutto inutile ai fini archeologici, perchè trivellando il terreno anche dove non c'erano tombe, hanno fatto sì che in alcuni dei loro scavi si vedessero resti di pavimenti in terra battuta coperti d'argilla, a diversi livelli, il che faceva supporre l'esistenza nella città di varie stratificazioni, corrispon­denti a diversi periodi struttivi, cosa che è stata confer­mata dagli scavi.

Per iniziare lo scavo è stato scelto un complesso che per la sua posizione e le sue caratteristiche rivelava una certa importanza. Esso si trova infatti non lontano dalla parte settentrionale della cinta muraria, lungo una strada in direzione Est-Ovest, che passa fra due grandi spianate circondate da mura, e costeggia una grande piramide, separando questa dal complesso scelto per lo scavo. Que­st'ultimo (fig. 9) è costituito da un gruppo di ambienti circondati da un muro, con unico accesso nella parte meridionale, e ad oriente si appoggia a una piccola huaca

to, sia all'interno degli edifici che al­l'esterno, nelle strade, e non di rado contengono nidi di avvoltoi. Erano rite­nuti comunemente granai, ma il fatto che in alcuni di essi si trovassero ancora ossami e resti di tessuti, ci aveva in­dotto a pensare che in realtà si trattasse di tombe. Sembrava opporsi a questa supposizione la presenza della necro­poli scavata da Max Uhle immediata­mente fuori della città, a SO di essa, ma nel corso degli scavi abbiamo trovato un certo numero di sepolture del ti­po suddetto "a bottiglia "' ancora intatte e con la bocca suggellata da una pietra, per cui ogni dubbio è caduto, e ci siamo convinti che quelle che si vedono in così gran numero, aperte e violate, sono il risultato dell'opera in­faticabile degli huaqueros. IO) Il lavoro

FIG. II - SALA 4: DUE MURI SOVRAPPOSTI, RESTI D'INTONACO SU QUELLO SUPERIORE, E RAMPA D'ACCESSO ALLA TRIBUNA

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FIG. 12 - MURI E Pi S OS DEGLI STRATI INFERIORI NELLA SALA l

(piramide). L'ambiente sottostante a questa, che abbiamo distinto col n. I, è una specie di grande aula a cielo sco­perto, la cui parte settentrionale, più alta rispetto al resto, resa accessibile mediante una breve scalinata al centro e

FIG. 13 - SALA l: ·FOCOLARE E Pi S O AL DISOTTO DEL PAVIMENTO DELL'ULTIMA FASE, VISIBILE A SINISTRA

una rampa inclinata all'estremità SInistra, è caratteriz­zata da una banchetta, fatta di tapia come le restanti strut­ture, che corre lungo i tre lati, Ovest-Nord-Est di questa parte soprelevata. Un altro ambiente dalle stesse carat­teristiche, e la presenza della huaca, strettamente con­nessa al complesso, mettono in evidenza il carattere ceri­moniale di questo. La sua struttura consta principalmente della Sala n. I, che a SO si protende in un'appendice formante un 'ala trapezoidale: infatti il muro meridionale, nel suo primo tratto è obliquo. Per comodità di descri­zione questa parte è stata chiamata ala di SO, ma in realtà essa fa parte dell'ambiente n. I.

A fianco - dalla parte occidentale - di questo am­biente ve ne è, come abbiamo detto, un altro simile -n. 2, ma più piccolo: anche questo ha la parte setten­trionale sopraelevata, e resa accessibile mediante due brevi rampe. Anche in questo caso una banchetta corre lungo tre lati della parte sopraelevata. Questo ambiente, mediante strette porte, comunica con altri due, ambedue rettangolari: uno, più stretto, alle spalle del n. I, l'altro a Sud del n. 2. Le due porte sono in angolo: a NE e a SO, e sono ambedue strettissime. Un altro passaggio, all'estremità occidentale dell'ambiente I, mette questo in comunicazione con il n. 2, che viene così a comunicare anche a Sud con quello n. 3. Tutti erano a cielo scoperto, dato che dovevano servire per riunioni di carattere pub­blico in una località dove non piove mai: chiaramente l'ambiente n. I doveva servire per cerimonie più impor­tanti di quelle che si tenevano nel n. 2, e quindi con mag­giore concorso di popolo.

Come si è detto, l'insieme è completato dalla piccola piramide adiacente a esso a Est, sulla cui sommità S0110 stati messi in luce due piccoli ambienti, evidentemente due santuari, forse tempietti del Sole e della Luna.

Lo scavo non si è limitato a rimettere completamente in luce le strutture affioranti, ma è stato condotto anche in profondità.

Per avere un'idea della stratigrafia del luogo furono aperti due pozzi quadrati di m. 4 di lato, a poca distanza dallo scavo principale, precisamente in una grande spia­nata, circondata da muri, situata immediatamente a Nord di esso. La scelta del luogo fu determinata dal fatto che l'interno della spianata è completamente sgombro da costruzioni, ove si eccettuino i muri che la recingono, e che, ovviamente, appartengono all'ultima fase della città.

I risultati ottenuti sono i seguenti : Pozzo n. 1. Alla profondità di 0,05 dal piano di calpestio

è venuta in luce la sommità di un muretto in tapia, che occupa la parte orientale del pozzo, e la cui superficie ha un andamento regolare e rettilineo. La sua altezza è di m. 0,30.

Un pavimento in terra battuta, coperto da un sottile strato di argilla pressata e levigata, lievemente inclinato da Sud a Nord, occupa quasi tutta l'estensione del pozzo: a causa dell'inclinazione la parte meridionale è a m. 0,20 dalla superficie, e quella settentrionale a m. 0,30. Tra l'estremità orientale di questo pavimento (pisa) e il muretto, alla profondità di m. 0,30, vengono in luce frammenti di ceramica utilitaria, non decorata, rossi cci a,

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FIG. 14 - SALA I: IL P ACH A M ANCA (STRATO II), E P1 S OS DELLO STRATO III

marrone e nera, e due frammenti in stile Maranga. Al disotto del pavimento il terreno è completamente sterile.

Pozzo n. 2. Alla profondità di m. 0,65 è venuto in luce un pavimento simile a quello del n. I, che occupa tutta l'ampiezza del pozzo, e nella parte orientale è attra­versato da un muretto in direzione NE-SO, largo m. 0130, interrotto da una porta larga m. 0,54. La sommità di questo muro che, come nel caso precedente, è regolare e uniforme come se fosse stata tagliata, è a m. 0130 dal piano di calpestìo attuale. Già a questo livello hanno cominciato a venire in luce frammenti ceramici degli stili Maranga e Interlocking, II) che si sono trovati fino alla profondità di m. 0,65, cioè sul pavimento, dove tuttavia erano me­scolati con ceramica utilitaria rossa e nera, prevalente. Si è potuto constatare, inoltre, che il pavimento messo in luce era un rifacimento: infatti 5 cm. al disotto ve ne era un altro, i cui bordi combaciavano con il piede del muro: in questo breve spazio fra i due pavimenti si sono trovati alcuni frammenti ceramici di stile Maranga.

Il pavimento inferiore non era in buone condizioni, ma in esso si aprivano numerosi buchi, che evidentemente sono stati la ragione del rifacimento con un nuovo strato di argilla pressata. Affondando lo scavo in questi buchi, il cui diametro varia da 30 a 50 cm., si è constatato che alcuni frammenti di ceramica, sia utilitaria che Maranga e Interlocking, si trovano in uno strato di arena di fiume, alla profondità di m. 0,75-0,77 e, più rari, insieme a ceneri e a qualche osso animale, alla profondità di m. 1,20. Al disotto di questo livello la stratigrafia è archeologicamente sterile. Gli strati geologici si susseguono in quest'ordine:

da m. 0,65 a m. 0,80: sabbia di fiume j da m. 0,80 a m. 1,20: strato di limo indurito (ya­

pana)j da m. 1,20 a m. 2,20: sabbia mista a ciottoli per

50 cm. circa, al disopra di un altro strato di limo indurito, che in realtà continua ancora, ma del tutto sterile, oltre la profondità di m. 2,20. A questo livello lo scavo è stato interrotto, data l'inutilità di approfondirlo ancora.

I risultati del saggio stratigrafico in questo punto si pos­sono così riassumere: nello strato subaereo, corrispondente

FIG. 15 - SALA I : STRATI II E Illi IL III ROTTO DA UN INTERRO

alle strutture visibili, cioè all'ultima fase di Cajamarquilla, la poca ceramica che s'incontra è utilitaria e atipica.

Immediatamente al disotto sono strutture, che, nella parte superiore, appaiono tagliate alla stessa altezza, in maniera regolare, come se si fosse voluto preparare il piano per le nuove costruzioni che dovevano sorgere al disopra, in un periodo che è - naturalmente - più re­cente: a queste strutture corrisponde stratigraficamente la ceramica degli stili Maranga e Interlocking.

Lo strato alluvionale di limo indurito, che qui si è tro­vato alla profondità di m. 0,80, è quello in cui sono state aperte le imboccature circolari delle tombe .. a bottiglia II'

La ceramica Maranga, benchè rara, si è trovata anche al disotto di questo livello, fino alla profondità di m. 1,20: pertanto gli strati al disotto di quello subaereo vanno da­tati entro i termini cronologici di questo tipo di ceramica, cioè tra il 200 e il 700 d. C.

FIG. 16 - SALA 3: VASO VOTIVO

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FIG. 17 - SALA I : ALA DI SO ; È VISIBILE LA BASE DEI MURI

SULLO STRATO DI YAPA l A

Anche nel complesso cerimoniale lo scavo è stato con­dotto stratigraficamente. Nella sala I, in cui lo scavo è stato praticato in tutta la sua estensione, si sono conseguiti i risultati più interessanti. Infatti, anche qui, come nei pozzi I e 2, immediatamente al disotto del piano di cal­pestio dell'ultimo periodo sono venuti in luce alcuni muri, anche questi in blocchi di tapia, ma con un aspetto più regolare di quello dei muri superiori ; inoltre, anche in questo caso i muri dello strato inferiore si presentano tutti della stessa altezza, cosa che conferma l'ipotesi che siano stati tagliati quando si è proceduto all'ultima rico­struzione della città. Sembra, tuttavia, che questi muri siano stati utilizzati in due periodi, poichè racchiudono ambienti con pavimenti a due diversi livelli, che anche in questo caso, come i pisos dei due pozzi stratigrafici, sono di terra battuta con una sottile copertura di argilla pressata e lisciata (fig. IO). I muri degli strati inferiori hanno uno spessore minore di quello dei muri superio­ri : mentre questi ultimi raggiungono i 60-70 cm., gli altri non superano i 35-40; l'oscillazione delle misure è dovuta al materiale, che non consente una perfetta regolarità.

La sommità di questi muretti inferiori si trova al li­vello del piede delle strutture dell'ultimo periodo, anzi nella sala I si può osservare che un muro del secondo strato, in direzione Nord-Sud, sostiene la scaletta d'accesso

FIG. 2 0 - IMBOCCATURE DI TOMBE

A "BOTTIGLIA Il

alla parte soprelevata della stessa sala (fig. IO). Talora, come nella sala 2 (fig. II), si può osservare che un muro di strato inferiore è stato utilizzato per appoggiarvi la base di quello dello strato superiore: nella fig. 9 si vede il muro orientale, che nella parte inferiore è più largo, mentre quella superiore è più stretta e nel disegno è resa in nero (questo muro corrisponde a quello che nella fig. II

è più in basso e, dopo aver fiancheggiato la rampa d'ac­cesso alla parte soprelevata, finisce contro quest'ultima). Si osserva pure che tanto i muri inferiori, quanto quelli superiori, erano ricoperti da un sottile strato d'intonaco, conservato solo in alcuni punti, costituito da un velo d 'ar­gilla (fig. I I), che solo in pochi punti è rimasto ade­rente alla superficie.

Nel disegno a fig. 9 il diverso tratteggio mette in evi­denza i muri degli strati inferiori, differenziandoli da quelli superficiali: mentre quelli superiori sono semplicemente tratteggiati - sono tratteggiate anche le banchette delle sale I e 2 - gli altri sono indicati a reticolo. Fra que­sti si nota un muro che taglia longitudinalmente quasi tutta la sala I, situato quasi al centro di essa, ma con andamento obliquo (WNW-ESE) rispetto a quelli late­rali della sala stessa. È il medesimo muro, la cui estre­mità settentrionale, come abbiamo visto nella fig. IO, passa sotto la scaletta d'accesso a quella specie di tribuna

FIGG. 18, 19 - SALA I : INTERRO DI TRE BAMBINI, CON DUE CRANI DI LLAMA, SOTTO AL P J O II - INTERRO DI CANE

soprelevata che si trova all'estremità settentrionale della sala. Nella fig. 12

possiamo seguirne l'andamento dalla suddetta scala, che s' intravvede in parte in primo piano, a sinistra, fino alla sua estremità meridionale, dove piega ad angolo, formando due bracci in direzioni opposte. Osservando la pian­ta, si può constatare che a Nord questo muro deve continuare al disotto della •• tribuna" , e del muro che la limita a Nord, e ricompare con lo stesso andamento nel vano retrostante n. 4, per una lunghezza di m. 2,60, per poi piegare in direzione del muro della sala 2, con andamento quasi perpendi­colare ad esso. A Sud della "tribuna"

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oltre al muro trasversale ne sono comparsi altri, i quali però hanno un andamento parallelo od ortogonale a quelli dello strato superiore, e delimitano piccoli ambienti, ciascuno con il suo pavimento, posti a livelli leggermente diversi (fig. 9, a-i). Nella fig. 12 si vedono quelli che in pianta sono contrassegnati dalle lettere a, d, e, ad Ovest del muro trasverso, e ad Est parte di quelli indicati con c, f, g, mentre nella fig. IO si vedono quelli a, b, d. Il pavimento c della pianta, ai piedi della " tribuna '" è visibile in secondo piano nella fig. 13: è un pavimento in terra battuta, senza copertura d'argilla lisciata, e corrisponde all'ultima fase: qui lo scavo non è stato approfondito, espressamente per lasciare una testimonianza dell'ultimo livello raggiunto dalla città prima del suo abbandono. Nella stessa fig. 13 si vede l'ambiente f, nel quale è una specie di focolare, e a m. 0,50 al disotto del piano c è un pavimento sul quale sono due grossi ciottoli, che con tutta probabilità sono stati usati come pietre da macina (metate). Adiacente a questo, a Sud, è l'ambiente g (in primo piano nella fig. 14), in cui è un forno di tipo polinesiano (pachamanca), co­stituito da un letto di pietre poste su un piano d'argilla. 12)

Questo pavimento è a un livello più alto di quello f: nella fig. 14 si vedono i diversi livelli, anzi sotto al pavimento f se ne intravvede un altro, ancora più basso, per cui, a questo punto dello scavo, possiamo dire di avere individuato al­meno tre strati. In alcuni punti lo strato più basso è stato rotto per deporre cadaveri semplicemente interrati (fig. 15).

Nella sala 2, al piede del muro Sud è stata trovata una de­posizione di oggetti: evidentemente un'offerta votiva, forse in relazione con la costruzione del complesso (fig. 9 IX). Vi era stata seppellita una grande alla d'argilla rossastra, non decorata, di forma globulare, con larga bocca circo­lare e due anse orizzontali (fig. 16), che conteneva un altro vasetto e una zucca.

Nella sala 3, al piede dei muri dell'ultima fase era lo strato di limo indurito (yapana), nel quale, quasi al centro, era stata incavata una tomba, che è stata trovata depredata e semidistrutta, ma a quanto pare, di forma rettangolare. In essa non erano rimasti che alcuni frammenti - che hanno permesso la ricostruzione quasi totale - di un vaso policromo di stile M aranga con elementi Interlocking, del quale parleremo in seguito (fig. 38).

Nell'ala di SO della sala I (fig. 17) non si sono trovate che scarse tracce di muri degli strati inferiori.

Come già si è detto, negli strati II e III la ceramica che si è trovata è degli stili Maranga e Interlocking.

Le sepolture che si sono trovate entro il complesso sono di due tipi: a semplice interro, oppure nelle tombe a Il bottiglia", poste agli angoli, o sotto i muri dello strato più alto, e che nella fig. 9 sono contraddistinti con ~ . 13)

Gli interri erano talora multipli, come in un caso (fig. 18), in cui sono stati posti, l'uno accanto all 'altro, i corpi di tre bambini, avvolti in panni di stoffa, formanti l'usuale fardo, in cui sono avvolte tutte le mummie peruviane. ' 4)

Accanto erano i crani di due llama, evidentemente sacri­ficati agli spiriti dei defunti. Il cranio di uno dei bambini appariva svuotato e riempito con batuffoli di cotone: molto probabilmente questa deposizione ha il significato di un'offerta, e si deve presumere che, come i llama, anche i bambini siano stati sacrificati. Offerte particolari erano

FIG. 21 - INTERNO DEL F A RDO DI UN BAMBINO

i cani, che venivano in terra ti avvolti nel fardo (fig. 19), come esseri umani, e depositati in prossimità di tombe : nella fig. 19 si vede, appunto il fardo, di un cane, e alla sua sinistra la pietra di chiusura di una tomba a " bottiglia ". Queste hanno l'imboccatura circolare, che veniva chiusa con una o più pietre, che in qualche caso potevano essere sostenute da un paletto messo di traverso all'imboccatura, come si vede nella fig. 20: sono qui riprodotte le due tombe che nella fig. 9 sono immediatamente all'esterno del re­cinto del complesso, a SE.

Un esempio del modo in cui si presenta una deposi­zione all'apertura del fardo è dato dalla fig . 21: si tratta dell'interramento di un bambino che - come in tutti i casi d'interro - non è mummificato. Aperto l'involucro di stoffa, si sono trovate le ossa del deposto, avvolte in

FIG. 22 - IL RIEMPIMENTO FRA J DUE MURI DEL CA LLEJON

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L basurQ

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basura, pisCJ

O~I ================~ ______________ ~tm.

FIG. 23 - STRATI GRAFIA DEL CA LLEJÒN

una stuoia di giunchi, insieme a una certa quantità di pan­nocchie di mais, di zucche, di arachidi (manì), e lucuma. 15)

Le tombe a •• bottiglia •• , cosi dette per la loro forma allargata in basso, contengono deposizioni mul tiple;

FIG. 24 - AMBIENTE 6 SULLA SOMMITÀ DELLA H UACA: CAVITÀ

PER OFFERTE (IL TAGLIO DI UN MURO DI STRATO INFERIORE)

morti, che si trovano più o meno mummificati, erano av­volti nel fardo in posizione rannichiata, o piuttosto accoc­colata, con la testa in alto. In qualche caso si è constatato che, per far luogo all'ultima deposizione, le altre sono state spostate violentemente contro le pareti della tomba, facen­dole cadere in disordine. I corredi comprendono ceramica utilitaria, coppe ottenute da scorze di zucca, semplici o cerimoniali : in questo caso pirografate o bulinate, e inoltre strumenti di legno per tessere e filare, qualche oggetto in rame: coltelli sacrificali (turni), spilloni (tupu), braccialetti, e infine oggetti d'osso. Al disopra di una tomba, come of­ferta era depositata una statuina fittile femminile (fig. 32), che insieme ad altri oggetti sarà descritta in seguito.

Sulla sommità della huaca a Est del complesso affiora­vano muri di tapia delimitanti alcuni ambienti: sono stati completamente esplorati finora quelli che nella pianta a fig. 9 sono indicati con i nn. 5, 6, 7. Sia in quello n. 5 che in quello n. 6 - che riteniamo due piccoli santuari, pro­babilmente dedicati al Sole e alla Luna - si sono trovate delle cavità sul pavimento di terra battuta, che erano state riempite con frammenti di grandi vasi non decorati: anche in questo caso, come nella stanza n. 2 in cui si è trovato un vaso sepolto, si deve trattare di qualcosa di rituale: probabilmente si tratta di vasi che, dopo essere stati usati per i sacrifici, sono stati rotti e sepelliti, perchè non potessero più essere usati dagli uomini. Nella cavità dell'ambiente n. 6 (fig. 22) si intravvede il taglio di un muro che passava al disotto di quello affiorante, ed è quindi più antico. Nello stesso ambiente sono due piani rialzati: uno che corre lungo tutto il muro Sud, ed ha un'altezza di m. 0133, e una larghezza di m. 1,96; l'altro, posto contro il muro Ovest, è alto m. 0,16, e finisce sotto al primo, ed è largo m. l,50. Ambedue sono rivestiti di un intonaco di argilla pressata e lisciata.

Un altro saggio di notevolissima importanza è stato compiuto sulla huaca, partendo dalla sommità. Il suo scopo era di accertare la presenza di eventuali strutture sottostanti, che rivelassero meglio la forma della pira­mide. che attualmente ha l'aspetto di una collinetta di

FIG. 25 - TAGLIO NELLA H UACA: I DUE MURI DEL CALLEJòN, E IL MURO TRASVERSO SUPERFICIALE

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sabbia. Si voleva anche vedere se, come accade in molte piramidi messicane, aveva subito varie ricostruzioni, l'una sull'altra. Ma appena iniziato lo scavo, alla profon­dità di IO cm. dalla sommità, sono venuti in luce due muri paralleli, in direzione NO-SE, distanti fra loro me­tri l,IO, ambedue in tapia. Di essi, quello occidentale ha una larghezza di m. 0,52, l'altro di m. 0,37. Formano una specie di corridoio (callejòn), della lunghezza di m. 32, che all'estremità settentrionale piega ad angolo retto, in direzione Ovest. Questi due muri nella parte meridionale passano al disotto di uno trasversale, chiaramente visibile nella fig. 23, che appartiene all'ultima fase struttiva della città (pertanto, nella fig. 9 abbiamo distinto con m ed n le due parti del corridoio, a Nord e Sud di questo muro). Si è potuto osservare che la sommità dei muri del callejòn è stata tagliata, dandole un'inclinazione dai due lati Sud e Nord, in modo da seguire le pendici della huaca che si aveva l'intenzione di costruire; lo spazio tra i due muri è stato riempito con i frammenti dei blocchi di tapia che erano stati rotti per effettuare il taglio (fig. 24). I blocchi di questi muri più antichi, pur essendo fatti dello stesso materiale degli altri, hanno un aspetto più regolare, anche perchè le dimensioni sono minori, e somigliano maggior­mente a una struttura in pietra. L o scavo nel callejòn ha dato questi risultati: a partire dalla sommità dei muri (IO cm. sotto quello della huaca, fig. 25):

alla profondità di m. 0,47 inizia a trovarsi ceramica M aranga in frammenti;

a m. 2,25, insieme al Maranga compare un coccio Nieveria tipico, 16) con punti bianchi su fondo rosso, al disopra di una linea bianca su fascia nera;

a m. 2,30, ceramica Maranga mista a Interlocking e utilitaria, su uno strato di rifiuti (basura), alto pochi centimetri (2-3);

a m. 2,80 è la sommità di un altro muro posto sulla stessa verticale di quello sovrastante, sia da un lato che dall'altro, ed è conservato per un'altezza di 15 cm., cioè fino alla profondità di m. 2,95;

a m. 2,95 inizia uno strato di terra e basura, alto 15 cm., sotto al quale, a m. 3,10, cOqlpare un pavimento (piso) del tipo noto, in terra battuta, cQp.erto da uno strato d'ar­gilla pressata e lisciata.

Concludendo, abbiamo questa successione di muri: I) muro della fase finale, in direzione Est-Ovest; 2) muri del callejòn fino alla profondità di m. 2,30; 3) muri del callejòn, che dalla profondità di m. 2,32

arrivano a quella di m. 2,80; 4) muri del callejòn da m. 2,80 a m. 2,95 di profondità; 5) strato di basura e terra, da m. 2,95 a m. 3,10; 6) pavimento (piso).

Quindi i muri del callejòn hanno subito tre rifacimenti successivi: fra il primo e il secondo, dall'alto, è passato un breve periodo di tempo, che ha permesso l'accu­mularsi di uno straterello di rifiuti (livello 3); fra gli altri due la successione dei muri è denunciata dall'allinea­mento imperfetto dei blocchi sulla verticale. La ceramica finisce alla profondità di m. 2,30, quindi tutto ciò che è al disotto di questo livello si deve presumere anteriore al periodo rappresentato dagli stili Maranga, Nieveria, Interlocking.

12

FIG . 26 - BORSETTA DI STOFFA CON DISEGNI DI STILE INTERLOCKING

Dopo una sola campagna di scavi è prematuro parlare di una datazione della città, perchè finora abbiamo ele­menti solo per quel che riguarda gli strati inferiori: infatti la ceramica affiorante è assolutamente atipica. Tuttavia

FIG . 2 7 - PARTICOLARE DEL RETRO DELLA STESSA BORSETTA

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FIG. 28 - PARTE DI CINTURA DI STOFFA CON DISEGNI DI STILE INTERLOCKING

un dato sembra certo: nel complesso scavato e in tutte le altre parti della città che abbiamo esplorato, non si è trovato nulla di incaico, per cui l'abbandono di Cajamar­quilla deve essere avvenuto in epoca preincaica. Un ele­mento di notevole interesse sembra essere costituito dal fatto che tutti i muri degli strati inferiori si presentano con la sommità regolare, sempre alla stessa altezza, per cui sembra logico pensare che essi siano stati tagliati per preparare il riempimento e la nuova superficie per costruire la città dell'ultimo periodo. Vi devono essere stati però dei periodi di abbandono, almeno nella parte da noi sca­vata, altrimenti non si spiegherebbero i pavimenti rotti per gli interri, come quelli dellefigg. 15 e 18j in quest'ulti­mo, anzi, che era nell'ambiente l, ai piedi del muro di strato inferiore che lo separa dall'ambiente g, a sinistra dei piccoli fardos si vede il pavimento rotto, sotto al quale è uno strato di basura, il che significa ::he il muro è stato in uso in due periodi successivi. Le due tombe a .. bot­tiglia" dello stesso ambiente l hanno l'imboccatura a 80

cm. al disotto del piede del muro Est, per cui debbono essere più antiche di esso e dell'ultima fase dell'intero complesso. Invece quelle dell'ala SO della sala I sono appena al disotto del livello dei muri, ma qui lo strato di yapana, in cui sono sempre aperte le imboccature, è quasi affiorante, come nella sala 3.

È difficile datare le tombe, perchè la ceramica in esse contenuta è utilitaria e non decorata, e i tessuti ritrovati erano generalmente in condizioni di conservazione così deplorevoli, che non se ne poteva trarre alcun elemento utile. Fanno eccezione una borsa (figg. 26-27) e un fram­mento di cintura (fig. 28), ambedue di stile Interlocking.

FIG. 29 - CERAMICA UTILITARIA DALLE TOMBE

La ceramica utilitaria, d'argilla nerastra o rossiccia, comprende alcune pentole, e una notevole quantità di vasi di un tipo particolare che, a quanto pare, finora non si era trovato in Perù. Si tratta di olle a corpo ovoidale, più o meno allungato, con due anse orizzontali a nastro nel punto di massima espansione, e con il collo modellato in modo da formare un altro vasetto dal ventre rigonfio, sovrapposto al primo (fig. 29).

Le coppe cerimoniali, fatte con scorza di zucca (mate), sono molto interessanti per i disegni che su di esse sono incisi a bulino. Talora si tratta di motivi geometrici, talora, invece, sono naturalistici: figure umane, felini, ecc. Ne presentiamo due (fig. 30): nell'una è rappresentato un pesce stilizzato fra motivi geometrizzanti, che sono però anch'essi stilizzazioni di pesci spinte all'estremo j nel­l'altra sono delle specie di onde ricorrenti, o volute, simili a quelle che s'incontrano nella ceramica Proto-Lima, 17)

e sul bordo è il motivo del signo escalonado, frequentissimo nello stile Tiahuanaco, ma che comincia in periodo pre­Tiahuanaco. Ne consegue che anche le tombe, come le costruzioni, degli strati inferiori vanno datate al periodo degli stili Maranga-Interlocking. È un periodo lungo, ma per il momento non è possibile arrivare a una preci­sione maggiore.

Tra gli oggetti rinvenuti nelle tombe, mer;tano di essere ricordati i tre seguenti, in osso, provenienti dalla Tomba 3:

l) Asta di bilancia, rettangolare, ricavata da una co­stola. Nello spessore è incavato un foro al centro, che attraversa la lamina in tutta la sua larghezza, mentre altri due forellini sono alle estremità del lato inferiore, messi in comunicazione con altri due sui lati brevi, in modo da formare due canaletti obliqui. Pertanto la sbarretta doveva essere attraversata da un filo di sospensione, mentre altri due fili scendevano dai canaletti laterali, alle cui estremità dovevano essere fissati con un nodo. Sulle due facce la lastrina è ornata con circoletti incisi, che seguono tre lati del rettangolo, e da altri che formano, a gruppi di quat­tro, tre rombi (fig. 31, al centro). Lunghezza m. 0,056j

larghezza m. 0,020.

2) Asticella simile alla precedente, ma più stretta e più lunga j i cerchietti incisi, presenti anche qui sulle due facce, sono disposti a quincunx (fig. 31, in basso). Lun­ghezza m. 0,08j larghezza m. 0,013.

3) Asticella con decorazione a giorno. La parte in­feriore, alta 8 mm., decorata sulle due facce con una fila di cerchietti incisi, serve di base a una fila di sei uccellini, che si contrappongono a tre a tre ai lati di un elemento centrale, nel quale passa il foro mediano verticale. Gli uccellini sono caratterizzati dall'ampia coda e dal lungo e sottile becco j quest'ultimo tocca la coda dell'uccello antistante j tutti hanno un grande occhio indicato con un cerchio inciso uguale a quelli della base, e sotto ciascun

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FIG. 30 - COPPE CERIMONIALI RICAVATE DA SCORZE DI ZUCCA, CON DECORAZIONE BULINATA

uccello è un forellino rotondo (fig. 31, in alto). La sbarretta è stata trovata in due pezzi e con tracce di bruciatura. Lunghezza m. 0,089; altezza m. 0,017.

Una bilancina quasi identica a que-sta 18) è al Museo Britannico. Sono conservati in questa anche i fili uscen­ti dai forellini, e da un lato una delle reticelle che sostituivano i moderni piattelli.

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FIG. 3I ASTE DI BILANCINE D'OSSO

formano uno spesso cercine. Poco al disotto della bocca sono i seni, conici e distanziati, con un piccolo incavo al posto dei capezzoli. Delle braccia - di riporto - il de-

stro manca e il sinistro è rotto, ma

Molto interessante è pure la figu­rina fittile femminile di cui avev'ilmo già fatto cenno parlando delle tombe, inquantochè fu trovata nell'angolo SE del complesso, in prossimità della tomba meridionale dell'ambiente l. Giaceva sul dorso con i piedi verso l'angolo, allo stesso livello della pietra di chiusura della tomba (80 cm. sotto al piede del muro Est). La figurina (fig. 32), in argilla rossiccia, è assai rozza e informe; la testa, conformata a taglio d'ascia, è leggermente incur­vata all'indietro. Non c'è modellato, e non vi sono differenziazioni tra le diverse parti del corpo, per cui il volto è attaccato al tronco, senza il minimo accenno al collo. Nel volto spiccano il grande naso aquilino, la bocca dalle grandi labbra aperte, gli occhi, amig­daloidi e sporgenti, le cui palpebre FIG. 32 - FIGURINA FITTILE FEMMINILE

è chiaro che doveva essere assai corto, come cortissime e informi sono le gambe, che terminano a punta. Sopra alle braccia sono due fori comuni­canti, evidentemente per far passare una cordicella per poter appendere la figurina. Sul volto sono resti di pittura, consistenti in linee nere paral­lele, mentre sulla testa è una specie di diadema od ornamento inciso, fatto di triangoli punteggiati, tra due linee parallele, parimenti incise. Il rilievo dato ai seni, e il chiaro accenno al sesso fanno pensare a una dea della ferti lità e della fecondità : il fatto che era stata posta presso una tomba vuole probabilmente esprimere il noto con­cetto della vita che sorge dalla morte, in relazione con la morte durante l'inverno e la resurrezione in estate delle piante, concetto comune alle religioni primitive a fondo agrario, ripreso poi dalle religioni misterioso­fiche classiche, in cui la morte e la resurrezione della divinità adombra­no la morte e la resurrezione della

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FIG. 3 3 - FRAMMENTI MARANGA DAI POZZI STRATI GRAFICI E DAL TAGLIO NELLA H UACA (1,3,4) FRAMMENTO INTERLOCKING (2) DAL POZZO STRATI GRAFICO

FIG. 34 - CERAMICA MARANGA DAL POZZO STRATIGRAFICO N . 2

FIG. 35 - CERAMICA MARANGA DALLA SALA I, DAI POZZI STRATIGRAFICI E DAL TAGLIO DELLA H UACA

natura, e quindi la morte del corpo e la vita dell'anima. La statuina è alta m. 0,145.

A prima vista questa figurina ricorda i così detti Cu­chimi/cos, statuine fittili femminili dell'arte e del periodo Chancay (1000-1200 d. C.), che pure rappresentano una divinità, 19) ma è chiaro che la nostra è molto più arcaica.

La ceramica dipinta. - Purtroppo si sono trovati quasi esclusivamente frammenti di ceramica dipinta, di cui mostriamo un'esemplificazione alle figg. 33-36. Tipi e motivi non differiscono da quelli pubblicati dal Kroeber nell'opera già citata i per lo più si tratta della varietà Ma­ranga del Proto-Lima, mentre alcuni sono chiaramente Interlocking, come. il secondo frammento da sinistra della fig. 33. Abbiamo però due esemplari in buono stato di conservazione che, meglio dei frammenti, possono darci un'idea delle forme e dei motivi della ceramica dipinta degli strati inferiori di Cajamarquilla.

Il primo fu trovato nella tomba depredata della sala 3. Dai frammenti si è ricomposta più della metà del vaso, per cui la forma è certa (fig. 37). Ha la bocca circolare,

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con basso collo cilindrico, quindi il corpo si allarga molto verso il basso, raggiungendo la massima espansione oltre la linea mediana i la parte inferiore è a calotta schiacciata, con base leggermente concava. È coperto da un'ingub­biatura lucida color arancio, su cui è stesa la decorazione consistente in fasce formanti angoli di colore rossiccio, contornati da linee brune fra due linee bianche. Sul lab­bro, tra due linee brune, è una serie di zig-zag rossi cci, nel cui interno è un puntino nero: essi delimitano delle linee spezzate, risparmiate, le cui estremità si allargano a triangolo con un puntino mediano, formando il motivo della" testa con occhio" , che si alterna in alto e in basso, ed è caratteristico dello stile Interlocking. Un vaso con simile decorazione sull'orlo è pubblicato dal Kroeber nel suo" Proto-Lima ". 20) Altezza m. 0,15 i diametro bocca m.o,125·

Anche il secondo vaso (fig. 38) proviene da ua tomba depredata, ai piedi della huaca, a Sud. Ha una forma parti­colare: quella di una specie di coppa a fondo piatto, con le pareti oblique, che si restringono verso l'alto, con un

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FIG . 36 - CERAMICA MARANGA DALLA SALA

manico appuntito da un lato, e dalla parte opposta un cannello leggermente obliquo verso l'alto. La forma si ritrova nel Tiahuanaco costiero, 21) evidentemente ripresa dai tipi ceramici della costa, con qualche leggera modi­fica. Il Kroeber 22) illustra un'ansa conica del tipo di quella del nostro vaso, ma ne pubblica tre, uscite dalla piramide 1 5 di Maranga. Egli pensa che appartenessero a vasi del tipo che qui si descrive, che venivano usati per arrostire il mais: in tal caso il cannello avrebbe avuto lo scopo di fa r uscire il fumo. La mancanza di ogni traccia di bru­ciatura sul nostro vaso fa pensare che avesse puro scopo cerimoniale. Esso era in frammenti, ma si è potuto rico­struire quasi integralmente. Come il precedente ha un'in­gubbiatura color arancio i sul corpo sono due serie di chevrons bianchi fra due serie di tre cerchietti rossicci con l'interno bianco, con un punto rossiccio nel mezzo. Manico e cannello sono pure rossicci nella parte superiore, che è orlata di bianco, e solcata da striature bianche. Questo è un bell'esempio di stile Maranga. Altezza metri 0,07i diametro bocca m. 0,138.

Nel 1944 il Kroeber scriveva che il Proto-Lima " è una fase finale pre-Tiahuanaco, probabilmente intrecciantesi con Interlocking Ili 23) nel suo lavoro sul Proto-Lima 24)

mantiene questo punto di vista, aggiungendo che in gran parte Proto-Lima è Interlocking. Non possiamo che es­sere d 'accordo con l'Autore, sia osservando gli esempi che egli adduce, 25) sia esaminando i particolari del nostro vaso fig. 37.

Secondo il Mason, 26) Interlocking e Proto-Lima sono contemporanei, e vanno datati al 300-400 d. C., cioè entro il periodo 200-700 assegnato al Proto-Lima da F. Anton, 27) che tuttavia ne pone il massimo fiorire nel 500.

Per il momento non possiamo trarre conclusioni rela­tive alla cronologia della città, ma da quanto è emerso dagli scavi possiamo asserire che durante un periodo di alcuni secoli, che in ogni caso scende oltre il 700 d. C., ha subìto varie ricostruzioni (da due a quattro secondo i luoghi), e infine ha assunto l'aspetto di cui rimangono gli avanzi in superficie, in un periodo certamente pre­incaico che, data la sottigliezza dello strato di sedimento che lo separa dai muri inferiori, non può essere molto più recente. In attesa che i nuovi scavi ci forniscano ele­menti più sicuri di cronologia, possiamo avanzare l'ipo­tesi che l'ultima fase della città non sia posteriore al 1000

d. C. Del resto, l'assoluto silenzio delle cronache a suo riguardo, prova che dopo l'abbandono, causato forse da un eccessivo inaridimento del luogo, dovuto probabil­mente a uno spostamento del letto del Rimac, se ne era perduta la memoria, per cui l'ultima fase di Cajamarquilla non può essere tropo recente. P. C. SESTI ERI

Mi è grato ricordare il giovane archeologo peruviano, dr. Francisco Iriarte­Brenner. del Museo del Puruchuco che, destinato dal Ministerio de Educa­cion Publica come osservatore dei lavori della M issione, ci è stato di continuo, affettuoso aiuto, sia con la sua esperienza di s tudioso, sia nel portare a termine le complesse pratiche burocratiche che purtroppo, in tutte le parti del mondo, sono lo sgradevole complemento di ogni lavoro scientifico, e sia nella scelta degli operai.

I) Tuttavia giocattoli fi ttili con ruote - per lo più figurine di animali -sono stati trovati nel Messico. Cfr. H ASSO von WINNING, Figurillas de barro sobre ruedas, procedences de M exico y ei Viejo M undo, in Amerindia, I, Monte ­video 1962, p . II SS., e M. W . STIRLING, Wh eeled Toys Irom Tres Zapotes, Veracruz, ibid., p. 43 ss.

2) ] . A. MASON, L e antiche civiltà del Perù, Firenze 1961, t raduzione di D ario Sabbatini (dalla serie Penguin Books 1957), tavv. I, 2; II, L

3) Ibid., tav. II, 2. 4) D . BONAVIA, A M ochica Painting at Paiiamarca, Peru, in American

Antiquity, 26, n. 4, 1961, p. 540 SS.

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FIG. 37 - VASO DIPINTO CON ELEMENTI DEGLI STILI MARANGA E INTERLOCKING

FIG. 38 - VASO DIPINTO DI STILE MARANGA

5) La 14 Casa delle tre finestre" del Machu Picchu sarabbe una prova di questa teoria, inqua~tochè sarebbe la trasformazione in pietra di case lignee di una tribu amazzonia, le cui abitazioni avevano, appunto, tre finestre. Cfr. H . BINGHAM, La città perduta degli In cas, ed. U Il Triangolo " (Cino del Duca), Milano 1959: II Salcamayhua, che nel 1620 descrisse le antichità peruane, aveva detto che il primo Inca, Manco il Grande, aveva ordinato che venissero eseguite opere murarie sul luogo della sua nascita, e precisa­mente un muro di pietra con tre finestre Il.

6) In Perù, oltre alla tapia, è molto usata la tecnica, comune anche al Mes­sico e altre località della Mesoameric3, deU'adobe, o mattone crudo, di di­mensioni normali. I blocchi di tapia vengono detti anche adobones.

7) Cfr. quanto dice in proposito ] . IMBELLONt, alla voce Andina Protostoria, in Enc. Univo dell'Arte, Vol . I, col. 342.

8) ]. IMBELLONI, loc. cito Uno di questi, all'estremità occidentale deUa città, fu denominato da J. T ello If Tempio della Luna", ma senza alcun elemento di sicurezza. Gli altri sono in zone più centrali della città, due molto vicini l'uno all'altro: il più piccolo di questi è stato da noi parzialmente sca­vato.

9) Colpisce pertanto il contrasto con le case finestrat e del Machu Picchu, che denunciano la loro origine tropicale.

lO) Scavatori clandestini, il cui nome deriva da huaca, che significa cosa sacra, piramide, e per traslato località archeologica; huaco è il vaso antico, O anche il reperto archeologico in generale; huaquero è il cacciatore di tesori.

II) Lo. stile Maran ga è una varietà del Proto-Lima e, come l'Interlocking, è datato tra il 200 e il 700 d. C . Vedi A. L. KROEBER, Proto-Lima, a Middle Period Culture 01 Peru, Chicago 1954; ]. ]IJ6N y CAAMANO, Maranga, Con­tribucidn al conocimiento de las aborigenes del Valle del Rimac, Perù, Quito 1949. Per la ceramica di Nieveria, varietà del Proto-Lima, trovata nella ne­cropoli di Caiamarquilla, cfr. R. D 'HARCOURT, La Céramique de Cajamar­quilla-Nieveria, in }ournal de la Société des Américanistes de Paris, XIV, 1922, p. 107 sS.

12) Questo tipo di forno è ancora in uso, anche nelle Haway : le pietre ven­gono coperte con rami secchi a cui si dà fuoco e vengono fatte arroventare; su esse poi si pone la carne da cuocere, che viene coperta con altri rami, che pure vengono accesi.

13) Ad eccezione di quella della Sala 3. che è al centro di essa. ed è di un tipo diverso dalle altre. Tuttavia abbiamo osservato in molte altre costru­zioni di Cajamarquilla tombe isolate o a gruppi, nell'interno degli ambienti, nel centro di essi; perciò, nop so fino a che punto si possa pensare che nel caso del nostro scavo si tratti di una disposizione rituale in relazione con la costruzione, tanto più che talora - come le due del vano l - esse hanno l·imboccatura a 80 cm. sotto il piede del muro, per cui debbono essere molto anteriori ad esso, mentre le ultime due, poste all'esterno del complesso, sono ai piedi del muro Est, ma 50 cm. sotto la base del muro meridionale di recinzione (fig. 20). La denominazione di granai , che trovammo comune­mente accettata, era già acquisita nel secolo scorso: cfr. E. G . SQutER, Peru, Travel and Exploration in the Land 01 the Inca" London 1877. p. 91.

14) Come è noto, i cadaveri precolombiani, privati delle viscere, venivano avvolti in molteplici strati di tessuti, talora con disegni di grande pregio. Dentro a questa specie di pacco, detto fardo, venivano posti anche alcuni oggetti di corredo, e non di rado mais e frutta. Poichè la deposizione avve­niva in zone desertiche, dal clima secco, il cadavere si disseccava, subendo un processo di mummificazione, che può essere più o meno completo, a se­conda dell'umidità del suolo. Poichè il clima di Caiamarquilla è secco-umido, inquantochè non piove, ma durante la notte si formano banchi di nebbia umi­da che, a seconda della stagione, persistono più o meno a lungo durante la giornata, è assai raro che il processo di mummificazione s ia completo, e che i tessuti siano in buono stato di conservazione.

15) La li lucuma " (Lucurha bifera Mai.) è un frutto che assomiglia, per il colore e la forma, alla castagna, ma non ne ha nè la durezza nè la spessa scorza. Costituiva uno degli alimenti principali della dieta dei peruani precolombiani. Cfr. M. A. TOWLE, The Ethnobotany 01 Precolumbian Peru. Chicago 1961. p. 76, tav. III. 5.

16) R. D ' HARCOURT, op. cito 17) A. L. KROEBER. op. cit., figg. 46. 51. 18) T . A. ]OVCE. South American Archaeology. L ondon 1912. p. 130. fig. IIk.

In questa mancano i cerchietti incisi nella parte inferiore, non decorata a giorno, ma i due gruppi di tre uccellini sono assolutamente identici .

19)]. A. MASON. op. cit., tav. LV (le figurine di sinistra) . 20) A. L. KROEBER. op. cit., fig. 25. pp. 43, 44. 21) Handbook 01 South American Indian" Val. 2. Washington 1946, tav. 39C. 22) A. L . KROEBER. op. cit •• fig. 6,. p. 82. 23) Riportato in KROEBER, op. cit., p. 123. 24) A. L. KROEBER. op. cit .• loc. cito 25) Ibid .• fig. 29. 26) ]. A. MASON. op. cit •• p. 32. 27) F . ANTON, Alt Peru und ,eine Kun't. Leipzig 1962. p. 106, e tavola

cronologica a p . 93.

S. MARIA ROSSA DI MONZORO, GIÀ S. MARIA DELLA MISERICORDIA

DI CUSAGO

NOTE D'ARCHIVIO

C IRCA una settantina d'anni fa, già nel volume del Fumagalli, Santambrogio e Beltrami, I) la chie­

setta, allora denominata Santa Maria Rossa presso Mon­zoro (ed in tal modo indicata nelle mappe catastali del 1856, 2) si presentava "rovinata pressochè total­mente nell'interno, divenuta umile deposito di legnami e materiali diversi ,,: nè il suo destino mutava in seguito, poichè non la trovo inclusa nella serie di restauri proget­tati ed effettuati dall'Ufficio Regionale per la conserva­zione dei Monumenti in Lombardia e di cui, dal 1893, lo stesso Beltrami era Direttore; nè la sua fortuna fu migliore dopo il 1955' quando si iniziò il recupero della mirabile Crocefissione e della Madonna e Santi (per opera di Ottemi Della Rotta), ora nei civici Musei del Castello Sforzesco di Milano.

Solo recentemente l'Amministrazione Comunale ha provveduto a far proseguire l'operazione di strappo dei lacerti pittorici rimasti ancora in loco.

Fu appunto in quell'occasione, considerando le mo­deste storiette tardo quattrocentesche delle pareti del coro, sovrapposte ai nobili affreschi viscontei qui ormai perduti, che notai come vi si narrassero fatti della vita di San Nicolò da Tolentino (fig. 1). Mi sembrò quindi probabile che l'edificio non fosse stato chiesa sussidiaria degli Olivetani di Baggio, come tradizional­mente e inesplicabilmente si ritiene, ma fosse piuttosto da collegarsi all'ordine degli Agostiniani; e che l'ipo­tesi fosse questa giusta, vengono ora a provarlo alcuni documenti rinvenuti per una fortunata circostanza tra le carte degli Eremitani di S. Agostino di San Marco in

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