Sanzioni disciplinari ai dipendenti guardie giurate: la ... la qualifica di guardia giurata, atteso...

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Sanzioni disciplinari ai dipendenti guardie giurate: la duplice competenza del Questore e del datore di lavoro Renzo La Costa I poteri disciplinari del questore, nonostante la loro ampiezza, non escludono quelli propri del datore di lavoro, che sono limitati al più ristretto ambito della regolazione privatistica del rapporto di lavoro. Conseguentemente, deve ritenersi il datore di lavoro legittimato all'irrogazione delle sanzioni disciplinari conseguenti alle violazioni delle modalità di espletamento della prestazione fissate dai regolamenti interni, dai contratti collettivi e da quelli individuali. Così si è espressa la Corte di Cassazione ( sent. 30 luglio 2013 nr. 18268 ) dirimendo la questione sollevata da una guardia giurata che eccepiva il provvedimento disciplinare adottato dal datore di lavoro. Con primo ricorso al Giudice del lavoro il dipendente già con qualifica di guardia giurata presso un istituto di vigilanza privata, impugnava il licenziamento disciplinare irrogatogli perché sorpreso mentre era addormentato durante un servizio notturno di piantonamento fisso e per altre precedenti contestazioni disciplinari. Si rigettata la domanda e proposto appello dal lavoratore, la Corte d'appello rigettava anche l'impugnazione. La Corte, premesso che l'irrogazione della sanzione disciplinare competeva al datore di lavoro e non al questore, rilevava che il protocollo interno di qualità dell’istituto prevedeva che tutti i servizi erogati dalla società fossero sottoposti ad ispezioni mensili senza preavviso e che, nel caso di specie, l'accertamento ispettivo era stato compiuto da personale dell'Istituto, nel rispetto degli artt. 2 e 3 dello statuto dei lavoratori. Esclusa ogni discordanza tra i fatti contestati e quelli su cui era basato il licenziamento, ritenute attendibili le testimonianze dei componenti della squadra ispettiva che aveva riscontrato la mancanza disciplinare, la Corte accertava la veridicità dei fatti contestati. Considerata la gravità del complesso dei comportamenti contestati, il giudice riteneva irrimediabilmente minato il rapporto fiduciario tra il datore ed il lavoratore e giustificata l'irrogazione della sanzione espulsiva. Avverso questa sentenza il dipendente proponeva ricorso . Tra le altre motivazioni, si eccepiva la violazione della specifica normativa applicabile (art. 4 del r.d.l. 12.11.36 n. 2144) , avendo ritenuto il giudice che l'irrogazione della sanzione competesse al datore di lavoro e non al questore, essendo quest’ultimo titolare del potere disciplinare sulle guardie giurate. Ha premesso la suprema Corte che il t.u. sulle leggi di p.s. 18.06.31 n. 773 assoggetta a licenza prefettizia l'esercizio dell'attività di vigilanza privata (artt. 133-134) e dispone che la nomina delle guardie sia approvata con decreto prefettizio (art. 138). La vigilanza sul servizio reso da tali istituti è, invece, rimessa al questore (r.d.l. 26.09.35 n. 1952 e r.d.l. 12.11.36 n. 2144), prevedendosi che "fermo restando il rapporto di impiego tra guardie e titolari della licenza di polizia" gli istituti che impiegano non meno di venti guardie sono posti "per quanto riguarda il servizio" alle dipendenze del questore, rimettendo a quest'ultimo anche la vigilanza sul loro ordinamento (art. 1 del r.d.l. 2144). Fatta questa premessa, ad avviso del Collegio, si è rilevato che la disciplina del rapporto di lavoro delle guardie dipendenti degli istituti di vigilanza privata è sottoposta ad un duplice regime, di carattere privato per quanto riguarda la disciplina del rapporto di impiego, di

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Sanzioni disciplinari ai dipendenti guardie giurate: la duplice competenza del Questore e del datore di lavoro Renzo La Costa

I poteri disciplinari del questore, nonostante la loro ampiezza, non escludono quelli propri del datore di lavoro, che sono limitati al più ristretto ambito della regolazione privatistica del rapporto di lavoro. Conseguentemente, deve ritenersi il datore di lavoro legittimato all'irrogazione delle sanzioni disciplinari conseguenti alle violazioni delle modalità di espletamento della prestazione fissate dai regolamenti interni, dai contratti collettivi e da quelli individuali. Così si è espressa la Corte di Cassazione ( sent. 30 luglio 2013 nr. 18268 ) dirimendo la questione sollevata da una guardia giurata che eccepiva il provvedimento disciplinare adottato dal datore di lavoro. Con primo ricorso al Giudice del lavoro il dipendente già con qualifica di guardia giurata presso un istituto di vigilanza privata, impugnava il licenziamento disciplinare irrogatogli perché sorpreso mentre era addormentato durante un servizio notturno di piantonamento fisso e per altre precedenti contestazioni disciplinari. Si rigettata la domanda e proposto appello dal lavoratore, la Corte d'appello rigettava anche l'impugnazione. La Corte, premesso che l'irrogazione della sanzione disciplinare competeva al datore di lavoro e non al questore, rilevava che il protocollo interno di qualità dell’istituto prevedeva che tutti i servizi erogati dalla società fossero sottoposti ad ispezioni mensili senza preavviso e che, nel caso di specie, l'accertamento ispettivo era stato compiuto da personale dell'Istituto, nel rispetto degli artt. 2 e 3 dello statuto dei lavoratori. Esclusa ogni discordanza tra i fatti contestati e quelli su cui era basato il licenziamento, ritenute attendibili le testimonianze dei componenti della squadra ispettiva che aveva riscontrato la mancanza disciplinare, la Corte accertava la veridicità dei fatti contestati. Considerata la gravità del complesso dei comportamenti contestati, il giudice riteneva irrimediabilmente minato il rapporto fiduciario tra il datore ed il lavoratore e giustificata l'irrogazione della sanzione espulsiva. Avverso questa sentenza il dipendente proponeva ricorso . Tra le altre motivazioni, si eccepiva la violazione della specifica normativa applicabile (art. 4 del r.d.l. 12.11.36 n. 2144) , avendo ritenuto il giudice che l'irrogazione della sanzione competesse al datore di lavoro e non al questore, essendo quest’ultimo titolare del potere disciplinare sulle guardie giurate. Ha premesso la suprema Corte che il t.u. sulle leggi di p.s. 18.06.31 n. 773 assoggetta a licenza prefettizia l'esercizio dell'attività di vigilanza privata (artt. 133-134) e dispone che la nomina delle guardie sia approvata con decreto prefettizio (art. 138). La vigilanza sul servizio reso da tali istituti è, invece, rimessa al questore (r.d.l. 26.09.35 n. 1952 e r.d.l. 12.11.36 n. 2144), prevedendosi che "fermo restando il rapporto di impiego tra guardie e titolari della licenza di polizia" gli istituti che impiegano non meno di venti guardie sono posti "per quanto riguarda il servizio" alle dipendenze del questore, rimettendo a quest'ultimo anche la vigilanza sul loro ordinamento (art. 1 del r.d.l. 2144). Fatta questa premessa, ad avviso del Collegio, si è rilevato che la disciplina del rapporto di lavoro delle guardie dipendenti degli istituti di vigilanza privata è sottoposta ad un duplice regime, di carattere privato per quanto riguarda la disciplina del rapporto di impiego, di

carattere pubblicistico per quanto riguarda le prerogative di ordine pubblico alle stesse conferite. Pertanto, l'art. 4 del r.d.l. 2144, per il quale "è attribuito al questore il potere disciplinare sulle guardie particolari in servizio ... con facoltà di sospenderle immediatamente e ritirare loro le armi di cui fossero in possesso, salvo il provvedimento di revoca del prefetto" , deve essere interpretato nel senso che i poteri disciplinari del questore, nonostante la loro ampiezza, non escludono quelli propri del datore di lavoro, che sono limitati al più ristretto ambito della regolazione privatistica del rapporto di lavoro. Conseguentemente, deve ritenersi il datore di lavoro legittimato all'irrogazione delle sanzioni disciplinari conseguenti alle violazioni delle modalità di espletamento della prestazione fissate dai regolamenti interni, dai contratti collettivi e da quelli individuali. Avendo il giudice di merito accertato che la condotta del dipendente aveva ad oggetto esclusivamente le modalità di esecuzione della prestazione, deve ritenersi correttamente assegnato al datore il potere disciplinare, con conseguente rigetto del primo motivo. Il lavoratore aveva anche lamentato la violazione degli art. 2 e 3 dello statuto dei lavoratori, sostenendosi l'illegittimità dell'utilizzo di guardie giurate per l'espletamento di compiti di vigilanza sull'attività lavorativa, diversi da quelli consentiti di esclusiva tutela del patrimonio aziendale (art. 2), nonché per la mancata previa comunicazione dei soggetti incaricati della sorveglianza sull'attività lavorativa (art. 3). Al riguardo la Corte ha ritenuto soddisfacente la motivazione del giudice di merito, in quanto, in ragione dell'accertamento di fatto dallo stesso compiuto, emerge che l'attività ispettiva compiuta è frutto di un preciso piano di verifica della qualità del servizio reso, previsto dall'apposito "manuale" vigente presso l’istituto. Per le disposizioni ivi vigenti ed in ragione della natura dell'attività aziendale detta verifica di qualità doveva necessariamente essere svolta sul servizio svolto dalle guardie dipendenti dell'istituto. Il compito ispettivo assegnato ai tre dipendenti che rilevarono l'inadempienza del lavoratore prescindeva, tuttavia, dalla circostanza che essi rivestissero la qualifica di guardia giurata, atteso che la funzione ad essi assegnata era quella della mera vigilanza, secondo il ruolo assegnato direttamente dal regolamento dell'istituto. Le disposizioni dell’art. 2 dello statuto invocate dal ricorrente, pertanto, sono state ritenute estranee alla presente controversia in quanto i dipendenti investiti del ruolo ispettivo avevano la qualità di semplice personale di sorveglianza, ex art. 3 dello statuto, essendo irrilevante la circostanza che essi avessero anche la qualità di guardia giurata. Infondati anche gli altri motivi, con rigetto del ricorso in questione.