Santo Stefano di Sessanio L’Aquila · Il rumore dei nostri passi riecheggia per le vie del borgo,...

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cronaca Albergo diffuso Santo Stefano di Sessanio L’Aquila turismo DANIEL KIHLGREN camini secolari Rivitalizzazione fuliggine UNA MATTINA NELL’ALBERGO DIFFUSO muri a secco scale Profumo d’antico Arti e mestieri contemporaneo scale autenticità Jannis Kounellis VALLATA Geppetto Memoria eco APE CROSS voci Venerdì 7 maggio 2010 via della lana

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cronaca

Albergo diffuso

Santo Stefano di Sessanio L’Aquila

turismo DANIEL KIHLGREN camini secolari Rivitalizzazione fuliggine

UNA MATTINA NELL’ALBERGO DIFFUSO

muri a secco scale Profumo d’antico Arti e mestieri contemporaneoscale autenticità

Jannis Kounellis VALLATA Geppetto Memoria eco APE CROSSvoci

Venerdì 7 maggio 2010

via della lana

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cronaca

Il rumore dei nostri passi riecheggia per le vie del borgo, tra il tubare di piccioni, il grac-chiare delle cornacchie e il canto di maggio delle rondini.Intorno a noi spesse mura a secco, il Parco Nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga.Caratteristico abitato d’altura, circondato da un perimetro murario fortificato, rappre-senta solo uno tra i numerosi borghi arroccati dell’Italia Centrale.Oggi S.Stefano ospita Sextantio, esclusivo albergo diffuso progettato da Daniel Kihl-gren, giovane investitore che negli ultimi cinque anni si è aggiudicato all’interno di questo centro storico un patrimonio immobiliare di circa 3500 mq, facendone impen-nare i prezzi fino a qualche migliaio di euro al mq.Dopo le grandi emigrazioni nei primi decenni del ‘900 del borgo non restavano che romantici ruderi, oggi riconvertiti, con un approccio di tipo conservativo, a struttura ricettiva.Il restauro, quasi un omaggio all’arte povera di J.Kounellis, di cui scorgiamo un libro, appoggiato su una vecchia panca di legno, ripropone gli arredi interni autoctoni, i clas-sici mobili della nonna e la scura fuliggine di camini secolari, accostati a elementi dalle linee contemporanee come i bianchi sanitari delle lussuose camere. Si sente il Profumo d’Antico, lo stesso riportato su una delle suggestive insegne di legno infisse sopra le botteghe artigianali del borgo. Il restauro ha forse privato il centro della sua genuina autenticità di borgo abbandonato, ma al tempo stesso ha saputo rivitalizzarlo. Qui la vita sembra scandita dai ritmi di lavoro appartenenti al passato, lontani dalla frenesia cittadina. Turisti, prevalentemente inglesi e nordamericani, vi cercano un angolo di relax alla riscoperta dell’Italia vera, dell’Italia inespressa, ci racconta il gestore dell’al-bergo.Un’ aspirapolvere, le ruote di una carriola, la macchina tosaerba, e il motore scoppiet-tante di un’ Ape Cross, carico di sedie da regista, sono i protagonisti delle giornate a Santo Stefano. Sull’uscio della porta ci accoglie il personale dell’albergo: un’anziana signora con la scopa in mano ed Elvira, giovane romena, in Italia da appena un mese. I loro discorsi sono semplici, un mix di accento abruzzese e di cadenza dell’est Europa: -“Se vinco il Super Enalotto mi compro tutto l’albergo diffuso”. Dopo una visita alle bot-teghe delle arti e mestieri in cui si lavorano formaggi caprini, tessuti di canapa e lana, emblema della fervente attività pastorale locale, si mangia da “Geppetto”, ristorante più che casereccio dove le lampade sono ricavate da coppi di terracotta e dalla cui finestra si scorge il campanile che domina la vallata sottostante.In questo borgo, si ha l’impressione di perdersi, ma poi ci si ritrova sempre nelle due stesse piazzette: Medicea e del Prete, dove dominano scale e texture di pietra, si sente l’eco delle voci dei pochi abitanti, il collare di un gattino randagio è fatto con un sem-plice filo di lana e i vasi di fiori sono ricavati da tronchi di legno.Accoglienti e sorridenti, i pochi abitanti di Santo Stefano non paiono così chiusi. Dal fi-nestrino dell’Ape Cross, che impazza per le vie del borgo, la mano dell’anziano guidato-re ci saluta, il rumore del suo motore apre e chiude il sipario della nostra visita al Borgo.

camini secolari Rivitalizzazionecontemporaneo

Memoria via della lana

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cronaca

Castelvecchio Calvisio L’Aquila

QUIETE IRREQUIETA NEL BORGO FANTASMA

Venerdì 7 maggio 2010

Abbandono terremoto SOLITUDINE SUONO DELLE CAMPANE Speranza fede religiosa

prospettive scale finestre silenti Emigrazione Rua delle Sentinellescale autenticità

M.C.Escher PIETRA fantasmi Memoria eco SILENZIOvoci ultime anime

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cronaca

Il rumore dei nostri passi riecheggia per le vie del borgo, al numero 10 di via Del forno, non c’è un citofono. Nessuno risponde. La soglia in pietra è liscia, consunta dal passaggio, ma nessuno la attraversa più.Varcato l’ingresso ci troviamo di fronte ad uno scenario di solitudine. Uno spazzo-lino, qualche bottone, un ramo d’ulivo secco, un’immaginetta della Madonna, un calzino logoro, vecchio come come colui che deve aver dormito in questa casa, spadellato in questa vuota e triste cucina.Pare di essere sul set di un film dell’orrore, popolato da fantasmi, in queste stanze silenziose, stanze di un borgo abbandonato: Castelvecchio Calvisio. Per le viuzze del centro non un rumore, solo il suono delle campane, risuona per tutto il borgo.In un luogo tanto denso di memoria si scatenano gli scatti fotografici che tentano di cogliere il suggestivo, quanto malinconico sapore di questo borgo.All’ emigrazione, avvenuta a partire dagli anni ’60, fino al pressoché totale abban-dono negli anni ’80 , causato da scarsa accessibilità, assenza di occasioni di lavoro e di servizi di prima necessità, si è aggiunta la tragedia del terremoto dell’Aquila, che si è fatto sentire anche in queste case. A raccontarcelo è Fausto Di Battista, re-sidente all’Aquila, che, insieme al fratello, sta trasformando la casa natale dei suoi genitori a Castelvecchio, in una residenza di villeggiatura estiva.

Gli abitanti legati alle proprie origini, come ognuno di noi , non vogliono abban-donare i ricordi familiari, sperano nell’intervento di qualche buon santo, che come Kihlgren a S.Stefano di Sessanio, avendo “lu soldi”, possa ridare vita a questo centro disabitato. Di Battista, incontrato, quasi per miracolo nel borgo, continua il suo racconto: la speranza di tutti è quella di una rivitalizzazione del borgo attraverso il turismo.Il borgo di Castelvecchio, propone un turismo all’insegna della natura, della tran-quillità e dell’enogastronomia, tra i prodotti tipici la zona offre: lenticchie, zaffera-no di Navelli e il non plus ultra, l’olio.Salutato il nostro intervistato, disponibile persino a offrirci “nu café”, continuiamo a camminare tra le rue . Ovunque balconi senza soletta e scale senza parapetto né fine. Ricordano i mondi impossibili del grafico olandese Escher che soggiornò per lungo tempo in Abruzzo, visitando Sulmona e tanti altri paesi.Se non ci fossero i contatori dell’Enel, si dubiterebbe della presenza dell’elettricità.Una tendina, un vaso fiorito e uno stendibiancheria sono i pochi segni di vita delle circa 160 anime rimaste qui a Castelvecchio.Il nostro percorso si conclude in via delle Sentinelle. Mi chiedo chi possa fare la guardia a questo luogo. La strada è chiusa, un muro interrompe la visuale sull’am-pia vallata che circonda il borgo, verso l’ermo colle. Non resta nessuno da intervi-stare, solo noi stessi.

SUONO DELLE CAMPANE Speranza fede religiosa

Rua delle Sentinelle

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cronaca

pietra

Castel del Monte L’Aquila

strada TRASFORMAZIONE piazzetta lastricata Emigrazione cantiere

BORGO STORICO E NUOVO CENTRO A CONFRONTO

textures scale centro arroccato Borghi d’Italia nuovo villaggioscale abitudini

Cinta muraria MONTAGNE Botteghe Memoria bar SILENZIOvoci

Venerdì 7 maggio 2010

Dislocazione

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cronaca

Sono le h 18.00. Nei due bar di Castel Del Monte, affacciati sulla strada, è ora di giocare a carte. “Eravamo quattro amici al bar” citando la celebre canzone di Gino Paoli. Per noi è invece l’ora di un caffè, prima di proseguire il nostro tour tra i borghi abbandonati d’Abruzzo.Il barista ci interroga sul perché della nostra visita, non mi sento un’ ospite molto gradita, ho la netta sensazione di aver interrotto, con il mio ingresso nel locale, la routine della partita pomeridiana.Il borgo di Castel Del Monte differisce da S.Stefano di Sessanio e Castelvecchio Calvisio. Ai piedi del centro storico arroccato, sono presenti edificazioni moder-ne, esempi di edilizia anni ’60, abitazioni, di scarso valore architettonico, dagli infissi in alluminio dorato, per intenderci.Il borgo in questi anni è stato investito da un discreto fenomeno di ripopola-mento. Gli emigrati, rientrati a casa, alle vecchie e malandate case in pietra, hanno preferito edificare nuove abitazioni, dotate di moderni comfort.Castel Del Monte è annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. Sorseggiando il mio caffè domando al barista che cosa ne pensi. Forse però siamo troppo abituati alle bellezze che ci circondano, saggio Marcel Proust a definire Il vero viaggio non come di nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.Lasciato il villaggio moderno si risale verso il centro storico. La visita al paese antico può iniziare da Porta S. Rocco, che un tempo era parte della cinta difen-siva, ancora visibile. “Lavori in corso” cita un cartello. Il borgo è un centro in trasformazione, costellato da rossi tubi flessibili e betoniere.Nonostante il borgo sia in fase di ristrutturazione, al momento della nostra visita regna il silenzio. In mezzo alla piazzetta lastricata una palla da gioco, ma nes-sun bambino gioca per le strada. Il territorio comunale è incluso nella Comunità montana Campo Imperatore-Piana di Navelli.La sua vicinanza alla piana di Campo Imperatore ha favorito la pastorizia. Ironia della sorte, sulla via del ritorno, un bianco cane da pastore abruzzese, poi ribattezzato maremmano, attraversa la strada.Attorno a noi il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, una natura un po’ desolante, dai toni freddi. Difficile non pensare ai paesaggi della romantica Sehnsucht di Friedrich. Sono le stesse montagne che fanno da sfondo a Fon-tamara, il più celebre romanzo dell’autore abruzzese Ignazio Silone che scrive: “A chi sale a Fontamara dal piano del Fucino, il villaggio appare disposto sul fianco della montagna grigia brulla e arida come su una gradinata”. …E Silone scrive ancora: ” Fontamara somiglia dunque , per molti lati, a ogni villaggio me-ridionale il quale sia un po’ fuori mano, tra il piano e la montagna, fuori dalle vie del traffico, quindi un po’ misero e arretrato e abbandonato dagli altri”.Castel Del Monte, uno dei borghi più belli d’Italia, uno dei numerosi borghi abruzzesi in via di abbandono, un’ importante occasione di memoria e di stu-dio . Questi centri attestano processi territoriali che hanno interessato il centro Italia, portano i segni dell’uomo, testimoniano i rapporti in trasformazione tra montagna e sostenibilià.

Emigrazionenuovo villaggio

Memoria Dislocazione

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cronaca

paesaggio campana torre merlata verdi tornanti Inaccessibilità natura

UNA ROCCA SOLITARIA TRA I MONTI DELLA LAGA

ristrutturazione rocca Profumo d’antico Arti e mestierisolitudine

autenticità

VALLATA romantico Briganti monti BONIFACIOfiori

Sabato 8 maggio 2010

paesaggio

Valleinquina Teramo

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Il percorso verso Valleinquina è lungo e tortuoso, attraverso il parco nazio-nale del Gran Sasso e i Monti della Laga.Verdi tornanti, pecore e bianchi pastori abruzzesi si susseguono lungo il tragitto.Ancora una volta silenzio e solitudine sono le sensazioni che ci accompa-gnano, solo i bar al ciglio della strada sono sempre popolati.Sono i Bar italiani, i corrispondenti dei bistrot francesi o dei fast food americani che caratterizzano il nostro paese, riportano vecchie insegne di marchi di caffè o gelato e hanno sedie in plastica affacciate sulla strada.Le rare botteghe che incontriamo sono vecchie drogherie, una sorta di bazar che rifornisce i paesani del latte, dalle gabbie per uccelli sino alle ciabatte.Qui nei paesi del teramano il mercato si fa lungo la strada provinciale, attorno ad un’ ape cross, ormai emblema del nostro viaggio, e poche ban-carelle di frutta e verdure si riuniscono le anziane locali.Lasciati i centri abitati, intorno a noi solo le montagne.Sotto il monte Feltrone numerosi punti panoramici e tavoli da pic-nic. Un uomo in tuta da benzinaio smuove la terra sul suo appezzamento che pare una piccola e verde terrazza senza parapetto affacciato sulla valle sottostante.Il nostro viaggio prosegue all’ombra delle imponenti e un po’ brulle mon-tagne circostanti, incrociamo una frazione di Valle Castellana, si chiama Macchia di Sole come i rari sprazzi di luce che di rado illuminano la strada.Giunti a Vallenquina di fronte a noi un piccolo borgo, o meglio un agglo-merato di casupole attorno ad un antica rocca.Vallenquina è tutta raccolta attorno ad una rocca del XVII secolo appar-tenuta ai Bonifacio.La sua posizione tanto romantica, quanto inaccessibile ha determinato la continua sottoposizione del borgo a fenomeni di brigantaggio e succes-sivamente all’abbandono. Le poche case, circondate da iris e mughetti in fiore, sono ormai solo rotta di vacanze estive.Lo scenario è quello di un borgo-castello medievale, non mancano una chiesetta con le campane, la torre della rocca merlata, recentemente ri-strutturati all’insegna di un restauro “stilistico” alla Viollet-Le-Duc.

verdi tornanti Inaccessibilità

solitudineBriganti

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cronaca

SENTIERO

Serra Teramo

STANZE VUOTE natura circostante Abbandono solitudine

UN BORGO, UN SENTERO, UN ABITANTE

muri crollati monti chiesa solitaria TERREMOTO desolazioneautenticità

ultimo abitante VALLATA anziano Memoria eco SILENZIOvoci

Sabato 8 maggio 2010

macerie

borgo fantasma

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cronaca

natura circostante Abbandonodesolazione

Memoria borgo fantasma

L’intero borgosi affaccia sul sentiero:solitudine

Questo potrebbe essere un haiku, breve composizione giapponese dal-la rigida metrica, incentrato sul borgo di Serra.Serra è un piccolo borgo tra i monti della Laga.L’intero villaggio, ormai ridotto a ruderi, si affaccia su un unico e sen-tiero sterrato che si conclude in una grande terrazza verde sulla vallata circostante.Solo una chiesa senza né tetto né porta si staglia solitaria su una piccola altura all’ingresso del borgo.Viaggia la fantasia: le sue mura sconsacrate sembrano pronte ad ac-cogliere luminose sculture contemporanee oppure ad essere lasciate vuote, invitando alla memoria e alla riflessione come nella Vide stanza di Yves Klein.Un solo abitante, un anziano abita ancora qui a Serra.Ci riceve borbottando e richiude con sospetto la porta di casa sua, l’uni-ca dagli infissi moderni in alluminio.Una sola anima rimasta e la tomba del cane Vasco :“Vivere, oggi voglio stare spento”.Spento come questo villaggio che oggi sembra appartenere interamen-te all’ultimo anziano qui residente.Un solo bidone della spazzatura, certo non raccolta dall’Amsa, contiene un maglione logoro, guanti da lavoro, certo oggetti prima appartenuti all’unico abitante, ormai custode honoris causa del borgo.Dentro le case vecchi mobili abbandonati, negli scatti fotografici un gruppo di sedie ricorda le installazioni povere e minimaliste di Kounellis, artista già ritrovato a S.Stefano di Sessanio.All’uscita dal borgo due contadini tagliano mucchi di legna fresca, acca-tastati sul rimorchio del trattore come cumuli di Arman o di Pistoletto.Non sarà forse un caso che il vicino borgo di Castelbasso sia diventato una rocca dell’arte contemporanea ?Lasciamo il borgo interrogandoci: sarà giusto riappropriarsi di questi borghi, appartenenti agli ultimi abitanti, custodi della materia e della memoria?Quale strategia progettuale può garantire la persistenza della memoria di queste realtà, senza stravolgerne l’autenticità?I borghi sono un patrimonio tout-court da valorizzare e, secondo la defi-nizione di sostenibilità, da tramandare alle generazioni future.

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ARTE CONTEMPORANEA

Castelbasso Teramo

turismo FONDAZIONE MENEGAZ ristoranti e bar Rivitalizzazione

IL BORGO DELL’ ARTE SOSPESO TRA LE COLLINE E L’ ADRIATICO

restauro musica Profumo d’antico eventi cultura prodotti tipiciautenticità

seconde case VALLATA Parrocchia COLLINE MARE voci

Sabato 8 maggio 2010

MOSTRA GUIDO GUIDI

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Il primo incontro cha facciamo a Castelbasso è Mario, residente a Roma.Mario, una sessantina d’anni, legge il suo libro poliziesco “Il giudice e il suo boia”, di Dürrenmatt, seduto su una solitaria panchina affacciata sulla vallata.Di fronte a lui il massiccio del Gran Sasso, ce ne indica la cima, nascosta dalle nuvole.Mario risiede a Roma e come tanti altri abitanti della capitale o di Milano ha trovato qui a Castelbasso il rifugio ideale per le sue gite fuori porta.Strade che corrono fra le montagne del Centro Italia, colline che digrada-no verso l’ Adriatico, ad appena due ore d’ auto da Roma, in queste verdis-sime zone dal clima temperato dove verdi diversi disegnano pendii.Castelbasso, sulle colline della Valle del Vomano, tra il Gran Sasso e l’ Adria-tico, è un borgo medioevale ad un passo da Teramo, d’ inverno conta ap-pena cento abitanti, cinto da ruvide mura, con una storia fatta di monaci, feudatari e pastori, con la sua torre pentagonale e la chiesetta trecentesca di pietra.Castelbasso non rientra infatti nel numero di borghi d’Abruzzo in stato di abbandono, il suo centro a partire dall’esperienza del 1987 Castel d’arte, grazie all’associazione Amici di Castelbasso si è trasformato in una piccola rocca dell’arte.Castelbasso è conosciuta a livello nazionale per aver ospitato artisti con-temporanei del calibro di Burri, Pistoletto, Fontana, Schifano, Baj e tanti altri ancora.In questi giorni la Fondazione Melvina Menegaz ospita una personale de-dicata al fotografo Guido Guidi con la serie “Fiume07”.L’esperienza dell’arte contemporanea, inizialmente guardata con sospetto dai suoi abitatanti, ha permesso la rivitalizzazione del centro del borgo.Oggi tra le case in pietra, ristrutturate secondo moderni criteri del restau-ro, si scorgono candele, bar e un ristorante, testimonianze dei flussi di turisti che si accalcano per le vie del borgo nei periodi estivi attratti dalle numerose iniziative proposte da “Castelbasso progetto cultura” .Acciaio e terracotta, musica e teatro, pecorino e naturalmente arte hanno letteralmente invaso questo piccolo centro storico abruzzese.E’ un luogo da transumanza artistica, «Lo spopolamento di Castelbasso sembrava inarrestabile» spiega Osvaldo Menegaz, fondatore dell’associa-zione “Amici per Castelbasso”, «noi vogliamo rivitalizzarlo con la cultura». Prossimo appuntamento con Alighiero Boetti e la coppia di giovani artisti Bianco-Valente che proietteranno installazioni luminose alla Dan Flavin sulle mura del borgo.

ristoranti e bar Rivitalizzazioneprodotti tipici