Sant’Anselmo d’Aosta (di Bec, di Cantebury)

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1 Sant’Anselmo d’Aosta (di Bec, di Cantebury) Biografia Anselmo nacque nel 1033 ad Aosta, da una famiglia di nobili (i suoi genitori erano Gundulfo ed Eremberga, parente del conte Oddone di Savoia). Spinto dall’esempio della religiosità materna, espresse il desiderio di dedicarsi alla conventuale, ma si scontrò con l’opposizione del padre. Seguirono difficili rapporti in famiglia, aggravati dalla prematura morte della madre. Per questo Anselmo, poco più che ventenne, lasciò Aosta per la Borgogna e poi per il nord della Francia. Nel 1059 Anselmo giunse nell'abbazia benedettina di Notre-Dame du Bec, in Normandia, per seguire le lezioni di uno dei più famosi intellettuali dell’epoca, Lanfranco di Pavia, priore e maestro della scuola del monastero. Nel 1060 prese gli ordini in quella stessa abbazia, poi divenne collaboratore del suo maestro Lanfranco, e infine suo successore come priore e maestro di arti liberali. Le testimonianze dei monaci e le lettere dello stesso Anselmo attestano che egli non seguiva i metodi didattici tradizionali, basati su una rigida disciplina e sull’apprendimento mnemonico e ripetitivo dei contenuti, ma cercava di dialogare con gli allievi, spingendoli al ragionamento e alla riflessione personale, e per questo era assai benvoluto dai suoi discepoli. Nel 1078 morì il fondatore e abate del convento di Notre-Dame di Bec, e Anselmo venne eletto (dai monaci) suo successore all’unanimità. Anselmo visse nell'abbazia di Bec per trent’anni, fino al 1093. Fu questo il periodo della sua più intensa attività, sia didattica sia di composizione teologica e filosofica: qui scrisse le due opere più note, il Monologion e il Proslogion, oltre al De grammatico, il De veritate, il De libertate arbitrii e il De casu diaboli. Nel 1093 Anselmo fu nominato arcivescovo di Canterbury (la cattedrale di Canterbury era la più importante del regno d’Inghilterra). In Inghilterra, come capo della chiesa inglese, si batté strenuamente contro i tentativi della monarchia inglese di intromettersi nelle questioni religiose, in particolare nella nomina dei vescovi, e per questo fu costretto per due volte all’esilio (lo scontro era analogo a quello che negli stessi anni opponeva il papa e l’imperatore nella Lotta per le investiture). La pacificazione tra il re e il papa gli consentì di ritornare a Canterbury, dove morì nel 1109. L'opera più famosa del periodo inglese fu il Cur Deus homo (Perché un Dio-uomo?). Anselmo ha lasciato anche un'ampia raccolta di Preghiere e di Meditazioni, nonché un nutrito Epistolario. Anselmo è ricordato non solo come teologo, ma anche come filosofo (viene talvolta definito il “padre della Scolastica1 ), soprattutto per la ricerca, sviluppata nel Proslogion, di un unum argumentum, un unico principio immediato e fondato solo su se stesso per la dimostrazione dell’esistenza e degli attributi di Dio. Fede e ragione, il Monologion L’opera teologica – filosofica di Anselmo è caratterizzata dalla fiducia nella capacità della ragione umana di illuminare e penetrare i contenuti della fede. Nell’affrontare i problemi posti dal confronto con le verità rivelate, Anselmo riserva uno spazio privilegiato alle motivazioni razionali, indicando sempre la ragione per cui si deve accogliere una determinata soluzione. Illuminante, al riguardo, è l’impegno con cui si sforza di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio. Il primo passo in questa direzione è compiuto nel Monologion (Soliloquio, 1076), scritto su sollecitazione di alcuni confratelli e allievi che avevano chiesto ad Anselmo di trattare il tema dell’esistenza di Dio senza fare riferimento all’autorità della Sacra Scrittura, bensì ricorrendo 1 La filosofia Scolastica è la filosofia insegnata nelle scuole del Medioevo, prima nelle scuole dei monasteri e delle cattedrali, e poi nelle Università medievali. E’ una filosofia che cerca la convergenza tra fede (cristiana) e ragione, ma al tempo stesso utilizza e affina gli strumenti della logica e del ragionamento rigoroso. Sant’Anselmo è considerato il primo filosofo scolastico, poi la Scolastica ha avuto il suo apice nei secoli XIII e XIV con San Tommaso D’Aquino, san Bonaventura da Bagnoregio, Duns Scoto, Guglielmo di Ockam, e infine è decaduta nei secoli XV-XVI , con il tramonto della civiltà medievale e con l’affermazione della nuova cultura umanista e rinascimentale.

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Sant’Anselmo d’Aosta (di Bec, di Cantebury)

Biografia Anselmo nacque nel 1033 ad Aosta, da una famiglia di nobili (i suoi genitori erano Gundulfo ed Eremberga, parente del conte Oddone di Savoia). Spinto dall’esempio della religiosità materna, espresse il desiderio di dedicarsi alla conventuale, ma si scontrò con l’opposizione del padre. Seguirono difficili rapporti in famiglia, aggravati dalla prematura morte della madre. Per questo Anselmo, poco più che ventenne, lasciò Aosta per la Borgogna e poi per il nord della Francia. Nel 1059 Anselmo giunse nell'abbazia benedettina di Notre-Dame du Bec, in Normandia, per seguire le lezioni di uno dei più famosi intellettuali dell’epoca, Lanfranco di Pavia, priore e maestro della scuola del monastero. Nel 1060 prese gli ordini in quella stessa abbazia, poi divenne collaboratore del suo maestro Lanfranco, e infine suo successore come priore e maestro di arti liberali. Le testimonianze dei monaci e le lettere dello stesso Anselmo attestano che egli non seguiva i metodi didattici tradizionali, basati su una rigida disciplina e sull’apprendimento mnemonico e ripetitivo dei contenuti, ma cercava di dialogare con gli allievi, spingendoli al ragionamento e alla riflessione personale, e per questo era assai benvoluto dai suoi discepoli. Nel 1078 morì il fondatore e abate del convento di Notre-Dame di Bec, e Anselmo venne eletto (dai monaci) suo successore all’unanimità. Anselmo visse nell'abbazia di Bec per trent’anni, fino al 1093. Fu questo il periodo della sua più intensa attività, sia didattica sia di composizione teologica e filosofica: qui scrisse le due opere più note, il Monologion e il Proslogion, oltre al De grammatico, il De veritate, il De libertate arbitrii e il De casu diaboli. Nel 1093 Anselmo fu nominato arcivescovo di Canterbury (la cattedrale di Canterbury era la più importante del regno d’Inghilterra). In Inghilterra, come capo della chiesa inglese, si batté strenuamente contro i tentativi della monarchia inglese di intromettersi nelle questioni religiose, in particolare nella nomina dei vescovi, e per questo fu costretto per due volte all’esilio (lo scontro era analogo a quello che negli stessi anni opponeva il papa e l’imperatore nella Lotta per le investiture). La pacificazione tra il re e il papa gli consentì di ritornare a Canterbury, dove morì nel 1109. L'opera più famosa del periodo inglese fu il Cur Deus homo (Perché un Dio-uomo?). Anselmo ha lasciato anche un'ampia raccolta di Preghiere e di Meditazioni, nonché un nutrito Epistolario. Anselmo è ricordato non solo come teologo, ma anche come filosofo (viene talvolta definito il “padre della Scolastica” 1), soprattutto per la ricerca, sviluppata nel Proslogion, di un unum argumentum, un unico principio immediato e fondato solo su se stesso per la dimostrazione dell’esistenza e degli attributi di Dio. Fede e ragione, il Monologion L’opera teologica – filosofica di Anselmo è caratterizzata dalla fiducia nella capacità della ragione umana di illuminare e penetrare i contenuti della fede. Nell’affrontare i problemi posti dal confronto con le verità rivelate, Anselmo riserva uno spazio privilegiato alle motivazioni razionali, indicando sempre la ragione per cui si deve accogliere una determinata soluzione. Illuminante, al riguardo, è l’impegno con cui si sforza di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio. Il primo passo in questa direzione è compiuto nel Monologion (Soliloquio, 1076), scritto su sollecitazione di alcuni confratelli e allievi che avevano chiesto ad Anselmo di trattare il tema dell’esistenza di Dio senza fare riferimento all’autorità della Sacra Scrittura, bensì ricorrendo

1 La filosofia Scolastica è la filosofia insegnata nelle scuole del Medioevo, prima nelle scuole dei monasteri e delle cattedrali, e poi nelle Università medievali. E’ una filosofia che cerca la convergenza tra fede (cristiana) e ragione, ma al tempo stesso utilizza e affina gli strumenti della logica e del ragionamento rigoroso. Sant’Anselmo è considerato il primo filosofo scolastico, poi la Scolastica ha avuto il suo apice nei secoli XIII e XIV con San Tommaso D’Aquino, san Bonaventura da Bagnoregio, Duns Scoto, Guglielmo di Ockam, e infine è decaduta nei secoli XV-XVI , con il tramonto della civiltà medievale e con l’affermazione della nuova cultura umanista e rinascimentale.

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esclusivamente ad argomenti razionali, logicamente ineccepibili. Ne deriva un lungo monologo nel quale si finge che il protagonista di questo “esperimento” non conosca la rivelazione e si indaga fino a che punto la ragione umana sia in grado di avvicinarsi, con le sue sole forze, ad alcune delle verità contenute nella Bibbia, che inizialmente sono - per così dire - messe fra parentesi. Il procedimento adottato da Anselmo, pertanto, si fonda su un certo numero di esperienze che possono essere fatte da chiunque, anche da chi non sa nulla della dottrina cristiana o non le riconosce validità. Le prove addotte nel Monologion per dimostrare che Dio esiste, quindi, sono del tipo detto a posteriori (“basate su ciò che viene dopo”), in quanto prendono tutte le mosse dagli effetti, ossia dalle cose sensibili, per poi procedere a ritroso e risalire sino alla loro causa (Dio). Punto di partenza è la constatazione che le cose di cui si ha esperienza ogni giorno presentano determinate caratteristiche in gradazioni diverse (per esempio, alcune sono più grandi, altre meno) e che tali differenze sussistono e sono misurabili solo in presenza di un essere che possieda ognuna di quelle caratteristiche nella sua forma assoluta, completa. In accordo con quanto insegnava Platone, le cose sono più o meno grandi (per restare all’esempio appena citato) nella misura in cui partecipano di un essere che si identifica con la grandezza in sé 2. In particolare, Anselmo applica questo modo di argomentare all’esperienza più comune fra gli uomini, cioè al fatto che ognuno desidera ciò che ritiene un bene: se ciascuno di noi può stilare una personale classifica delle cose che gli appaiono maggiormente buone, deve per forza esistere un sommo bene (il bene in sé) in virtù del quale ogni altra cosa buona risulta essere tale. Lo stesso ragionamento si può fare a proposito dei vari gradi di essere e di perfezione che contraddistinguono le cose per giungere - come fa Anselmo - a postulare l’esistenza di un unico essere dal quale tutto il resto riceve, in gradi diversi, esistenza e valore. Una volta dimostrata l’esistenza di un essere supremo, che è anche sommo bene e assoluta perfezione, Anselmo ne indaga la natura e gli attributi. In quanto perfettissimo, dovrà necessariamente essere eterno, intelligente e (come si è già accennato) creatore; infatti, tutto ciò che è finito e imperfetto, esiste grazie al principio assoluto e perfetto.

L’intelligenza della fede: il PROSLOGION Nel Monologion Anselmo ha offerto ai suoi allievi un «esempio di meditazione sulla razionalità della fede›› (era questo il titolo originario), vale a dire un insieme di considerazioni circa la possibilità di giustificare su base razionale alcuni dogmi di fede. Tuttavia, non è pienamente soddisfatto del lungo e complesso percorso argomentativo attraverso cui è giunto alle conclusioni che abbiamo visto. Ben presto, perciò inizia a chiedersi se non si possa trovare un unico argomento in grado di dimostrare, da solo, l’esistenza di Dio e tutte le altre verità che la fede cristiana insegna al suo riguardo. Convinto di averlo finalmente trovato, Anselmo lo espone nel più celebre dei suoi scritti, il Proslogion (Colloquio, l077-1078). Qui non viene più “messo in scena” un monologo, un ragionamento fra sé e sé, bensì un dialogo (o colloquio), nel quale Anselmo impersona un uomo che si rivolge a Dio per chiedergli di aiutarlo a comprendere, «in qualche modo››, ciò che crede. A differenza di quanto accaduto nel Monologion, infatti, questa volta la fede costituisce il dato di partenza irrinunciabile, e il Dio della rivelazione è posto sin dall’inizio come ciò di cui si vuole dimostrare l’esistenza e la natura. Non a caso, il titolo pensato in origine per il Proslogion era «La fede in cerca dell’intelligenza›› (Fides quaerens intellectum). Analogamente, il motto con cui Anselmo sintetizza l’atteggiamento adottato in quest’opera è «Credo per poter capire›› («Credo ut intelligam››): ogni fedele ha il dovere di mirare all’ intellectum fidei (“comprensione del dato creduto”: intelligere significa “intendere”), ossia deve approfondire quanto più possibile le verità rivelate. Infatti, fra la semplice fede, quella di chi non cerca ragioni, e la piena comprensione che sarà concessa a chiunque otterrà la vita eterna (la “visione beatifica” alla quale aspirano tutti i credenti), Anselmo individua un livello intermedio: è il livello su cui si colloca chi si sforza di innalzarsi sempre più verso una conoscenza adeguata delle verità credute; a suo parere, il credente deve alimentare costantemente la

2 Platone aveva usato l’argomento dei “gradi” per dimostrare l’esistenza delle Idee, cioè del Bene in sé, del Bello in sé ecc. : se esistono diversi gradi di Bene, deve esistere un Bene assoluto, supremo, che costituisce la causa di tutti i beni parziali. Sant’Anselmo usa questa argomentazione per affermare non più l’esistenza delle Idee, ma di Dio.

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propria fede attraverso il tentativo di intenderne sempre meglio i contenuti, a partire dalla tesi dell’esistenza di Dio. Per dimostrare che il Dio del cristianesimo esiste, il Proslogion non procede a posteriori, sulla base dei dati dell’esperienza, ma parte invece da una definizione di Dio, da un concetto mentale; si parla perciò di argomento a priori, cioè fondato su ciò che precede l’esperienza, su quello che la ragione comprende da sé. Anselmo imposta la dimostrazione sotto forma di una conversazione immaginaria con l'uomo ricordato in due salmi biblici con l’appellativo di “stolto” (“insipiens”), il quale afferma che Dio non esiste. Secondo Anselmo anche questo ateo “insipiens” possiede e comprende un concetto di Dio, perché altrimenti come potrebbe negarne l’esistenza? Ebbene la definizione di Dio, comprensibile e condivisibile da chiunque è: ciò di cui non può pensarsi nulla di maggiore (Id quo maius cogitari nequit). Tuttavia - prosegue Anselmo - se Dio esistesse esclusivamente nell’intelletto di chi comprende quella definizione, se fosse soltanto un’idea nella mente, sarebbe possibile pensarlo dotato di un’ulteriore perfezione, l’esistenza extramentale, e pertanto non sarebbe davvero «ciò di cui non può pensarsi nulla di maggiore». Quindi, per non cadere in contraddizione (per evitare che si possa concepire qualcosa di più grande di ciò di cui, per definizione, non può pensarsi nulla di maggiore), bisogna ammettere che Dio esiste tanto nell’intelletto quanto nella realtà.

Il dibattito sull’argomento a priori La celebrità e l’importanza di Sant’Anselmo nella storia della filosofia è legata soprattutto all’argomento a priori del Proslogion; infatti la dimostrazione a posteriori del Monologion non è originale, è ripresa da Platone, invece la dimostrazione a priori è del tutto originale e innovativa, e per questo ha sempre attirato l’attenzione dei filosofi, suscitando sia aspre critiche sia forti consensi.

Critiche all’argomento a priori Nel Proslogion Anselmo dialoga con l'insipiens (Sal 13, 1). Uno stesso discepolo di Anselmo, il monaco Gaunilone, obiettò che non è sufficiente pensare una cosa perché esista, anche se rappresenta la perfezione. Disse infatti che, nonostante si potesse immaginare un'isola perfetta, piena di delizie, ciò non dimostrava la sua esistenza. Rifiutò insomma il passaggio obbligato dal mondo ideale a quello reale. Anselmo ribatté dicendo che l’esempio dell'isola non era calzante, poiché l’isola non era “ciò di cui niente si può pensare di più grande". L'isola meravigliosa ha infatti una perfezione relativa e limitata ad alcuni suoi aspetti, ma non una perfezione assoluta come Dio, che è perfetto sotto ogni aspetto. San Tommaso d'Aquino (XIII secolo), nella sua Summa contra Gentiles scrive: "Tra gli atei non è a tutti noto che Egli è quanto di più grande si possa pensare". Dunque San Tommaso rifiuta la prova a priori perché ritiene che il concetto e la definizione di Dio non siano affatto universalmente noti e comprensibili; pertanto egli propose le prove a posteriori come le uniche valide per la conoscenza dell'esistenza di Dio. Il filosofo tedesco Immanuel Kant (XVIII secolo) lo rigettò totalmente, riprendendo la tesi di Gaunilone secondo cui non basta che qualcosa sia pensato perché ciò esista, quindi non è lecito il “salto” dal piano logico alla realtà, perché l’esistenza non è un predicato che possa essere dedotto logicamente, è un fatto che può essere solo constatato empiricamente.

Consensi Anselmo fu invece appoggiato (oltre che da Bonaventura da Bagnoregio e Duns Scoto nel Medioevo) da Cartesio (XVII secolo) e da Leibniz (XVII secolo) in età moderna. In particolare Cartesio, oltre a condividere e riproporre la prova a priori di Anselmo, avversò la critica di Gaunilone, tacciandola come ingannevole e inutile sofisma. Nella filosofia dell’Ottocento segnaliamo l'adesione di Hegel, che accetta la prova di Anselmo in quanto per lui non c'è il salto di cui parlava Kant tra la dimensione logica e quella ontologica, in virtù del ben noto principio idealista per cui "tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale". Infine nel Novecento il grande matematico Kurt Gödel ha condiviso l’argomento di Sant’Anselmo e lo ha riproposto in termini logico-matematici.