Santa Teresa di G. B. e la sua pioggia di rose

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Il numero di novembre del periodico "Santa Teresa di Gesù Bambino e la sua pioggia di rose" dei PP. Carmelitani Scalzi di Verona-Tombetta.

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3Santa Teresa Novembre 2015

MISSIONARI SENZA BATTELLOdi Madeleine Delbrêl

AM

ICI D

I TE

RE

SA

A santa Teresa di Lisieux patrona di tutti i missionari con e senza bat-tello perché faccia di questo libro ciò che vorrà

Delle persone che amano“Come io vi ho amati”. Questo non è un consiglio, non è da scegliere. Da duemila anni in cui tentiamo di obbedire a Gesù Cristo, noi abbia-mo fatto un tale catalogo di virtù che non sappiamo ben discernere l’essenziale dall’accidentale. Povertà, giustizia, onestà, obbe-dienza … e tutto il resto. Sì, certo, “ma tutto questo non serve a nulla se voi non avete la carità”.Ci tocca amare di quella carità che non è fatta di mani d’uomo, di quella carità che è divina.E quale caricatura non ne sarà già stata data: la filantropia, l’altrui-smo, la solidarietà. La carità non si apprende che nel cuore del Cristo e nella mappa del suo cuore che è il vangelo.Noi abbiamo fatto delle distinzioni che non ci era stato chiesto di fare. Da un lato i comandamenti con i quali siamo, in linea di principio, d’accordo: “Tu non ucciderai, tu non ruberai”. Dall’altro, quelli che noi consideriamo in pratica esage-rati: “Se qualcuno ti chiede il man-tello, dagli anche la tunica”. Tende-re l’altra guancia quando ti hanno schiaffeggiato, rendere servizio a coloro che esigono che li si serva; trattare come figli coloro che fanno cattiverie e ci deridono. Amare in quel modo là, sarebbe veramente fare scandalo, poiché non si è abi-tuati a quel modo là.E anche quando noi abbiamo ri-cevuto dal cuore del Cristo questa lezione, quando abbiamo orientato

il nostro cuore all’insegna del buon senso, non ci resta che capovol-gere le buone maniere apprese nel mondo perbenista, non ci re-sta che fare un bello scandalo di carità. Prendiamoci un pezzettino della nostra vita, mettiamoci la ca-rità del Cristo in libertà: vediamo tutto ciò che può fare, tutto ciò che vuole fare, e lasciamola fare. Voi cambierete treno, aspetterete in una sala d’attesa in piena not-te. La carità del Signore è in voi in mezzo a questa sala d’attesa. Che farà? Che dirà questa signora dai modo così convenevoli, questo si-gnore così corretto quando condi-viderete il caffè del vostro termos con il vostro vicino di destra, il vo-stro pane e il vostro formaggio con la vostra vicina di sinistra, se voi avvolgete quel bambino nel vostro mantello … Ma che dirà il Cristo se voi non lo farete? La santa chiesa attende dei santi e i santi sono co-loro che amano. La santa chiesa tiene il suo cuore nelle sue mani, il cuore di nostro Signore, Gesù Cristo.Chi accetterà di riceverlo?Chi accetterà di amare?Ma non è tutto.

A cura della Provincia Veneta dei Carmelitani ScalziVicolo Scalzi, 13 - 37122 VeronaCon approvazione ecclesiastica.Autorizzazione tribunale di Verona 20/01/1966 n. 191Dir. Responsabile: p. Antonio Maria Sicari ocdRapp. legale: p. Umberto Raineri ocdDirettore: p. Giacomo Gubert ocdN° Repertorio ROC.: n. 24593 del 06/06/2014Foto: Foto Soave via L. Manara, 10 - Verona www.flickr.com

Redazione: Padri Carmelitani Scalzi Santuario di s. Teresa del Bambino Gesù Via Volturno, 1 - 37135 Verona tel. 045.500.266 - fax 045.581.214Impaginazione: Grafiche Vilcar - Villa Carcina (Bs)Stampa: Litografia Casagrande via dell’Artigianato, 10 Colognola ai Colli (VR)Spedizione: Nuova Zai - via A. Secchi, 7 - Verona

Altare della Riforma (1962), Teresa di Gesù benedicei primi missionaricarmelitani.

vita

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ario

Ricordiamo che tutti i primi giovedì del mesela santa messa sarà offertaper tutti i nostri devoti lettorialle ore 8.00 e alle ore 18.30 (ora italiana).

www.radiosantateresa.it

Ascolta anche tu

Radio SantaTeresa

ACCOLITATOIl 5 settembre scorso, durante la s. Messa delle 18.30, il nostro parrocchiano Pierre Toglo è stato istituito accolito dal parroco p. Gino Toppan ocd su mandato del vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti. Pierre proseguirà il suo percorso di formazione in vista dell’ordinazione diaconale.

le radici della missione

sommarioAmici di TeresaMissionari senza battello 3-5

CALENDARIO 2016

Pagine TeresianeIl Miracolo di santa Teresina 30-34

Affidati a santa TeresaNella pace del Signore 35

ROMA, Domenica 18 Ottobre 2015La Chiesa ha due nuovi santi

LUIGI E ZELIA MARTIN

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3Santa Teresa Novembre 2015

MISSIONARI SENZA BATTELLOdi Madeleine Delbrêl

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A santa Teresa di Lisieux patrona di tutti i missionari con e senza bat-tello perché faccia di questo libro ciò che vorrà

Delle persone che amano“Come io vi ho amati”. Questo non è un consiglio, non è da scegliere. Da duemila anni in cui tentiamo di obbedire a Gesù Cristo, noi abbia-mo fatto un tale catalogo di virtù che non sappiamo ben discernere l’essenziale dall’accidentale. Povertà, giustizia, onestà, obbe-dienza … e tutto il resto. Sì, certo, “ma tutto questo non serve a nulla se voi non avete la carità”.Ci tocca amare di quella carità che non è fatta di mani d’uomo, di quella carità che è divina.E quale caricatura non ne sarà già stata data: la filantropia, l’altrui-smo, la solidarietà. La carità non si apprende che nel cuore del Cristo e nella mappa del suo cuore che è il vangelo.Noi abbiamo fatto delle distinzioni che non ci era stato chiesto di fare. Da un lato i comandamenti con i quali siamo, in linea di principio, d’accordo: “Tu non ucciderai, tu non ruberai”. Dall’altro, quelli che noi consideriamo in pratica esage-rati: “Se qualcuno ti chiede il man-tello, dagli anche la tunica”. Tende-re l’altra guancia quando ti hanno schiaffeggiato, rendere servizio a coloro che esigono che li si serva; trattare come figli coloro che fanno cattiverie e ci deridono. Amare in quel modo là, sarebbe veramente fare scandalo, poiché non si è abi-tuati a quel modo là.E anche quando noi abbiamo ri-cevuto dal cuore del Cristo questa lezione, quando abbiamo orientato

il nostro cuore all’insegna del buon senso, non ci resta che capovol-gere le buone maniere apprese nel mondo perbenista, non ci re-sta che fare un bello scandalo di carità. Prendiamoci un pezzettino della nostra vita, mettiamoci la ca-rità del Cristo in libertà: vediamo tutto ciò che può fare, tutto ciò che vuole fare, e lasciamola fare. Voi cambierete treno, aspetterete in una sala d’attesa in piena not-te. La carità del Signore è in voi in mezzo a questa sala d’attesa. Che farà? Che dirà questa signora dai modo così convenevoli, questo si-gnore così corretto quando condi-viderete il caffè del vostro termos con il vostro vicino di destra, il vo-stro pane e il vostro formaggio con la vostra vicina di sinistra, se voi avvolgete quel bambino nel vostro mantello … Ma che dirà il Cristo se voi non lo farete? La santa chiesa attende dei santi e i santi sono co-loro che amano. La santa chiesa tiene il suo cuore nelle sue mani, il cuore di nostro Signore, Gesù Cristo.Chi accetterà di riceverlo?Chi accetterà di amare?Ma non è tutto.

A cura della Provincia Veneta dei Carmelitani ScalziVicolo Scalzi, 13 - 37122 VeronaCon approvazione ecclesiastica.Autorizzazione tribunale di Verona 20/01/1966 n. 191Dir. Responsabile: p. Antonio Maria Sicari ocdRapp. legale: p. Umberto Raineri ocdDirettore: p. Giacomo Gubert ocdN° Repertorio ROC.: n. 24593 del 06/06/2014Foto: Foto Soave via L. Manara, 10 - Verona www.flickr.com

Redazione: Padri Carmelitani Scalzi Santuario di s. Teresa del Bambino Gesù Via Volturno, 1 - 37135 Verona tel. 045.500.266 - fax 045.581.214Impaginazione: Grafiche Vilcar - Villa Carcina (Bs)Stampa: Litografia Casagrande via dell’Artigianato, 10 Colognola ai Colli (VR)Spedizione: Nuova Zai - via A. Secchi, 7 - Verona

Altare della Riforma (1962), Teresa di Gesù benedicei primi missionaricarmelitani.

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Ricordiamo che tutti i primi giovedì del mesela santa messa sarà offertaper tutti i nostri devoti lettorialle ore 8.00 e alle ore 18.30 (ora italiana).

www.radiosantateresa.it

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Radio SantaTeresa

ACCOLITATOIl 5 settembre scorso, durante la s. Messa delle 18.30, il nostro parrocchiano Pierre Toglo è stato istituito accolito dal parroco p. Gino Toppan ocd su mandato del vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti. Pierre proseguirà il suo percorso di formazione in vista dell’ordinazione diaconale.

le radici della missione

sommarioAmici di TeresaMissionari senza battello 3-5

CALENDARIO 2016

Pagine TeresianeIl Miracolo di santa Teresina 30-34

Affidati a santa TeresaNella pace del Signore 35

ROMA, Domenica 18 Ottobre 2015La Chiesa ha due nuovi santi

LUIGI E ZELIA MARTIN

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4 Santa Teresa Novembre 2015Santa Teresa Novembre 2015

C’è anche l’altra faccia dell’unico comandamento: “Tu amerai il Si-gnore tuo Dio”. “E tu l’amerai con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forza, con tutta la tua anima, con tutto il tuo spirito”.Quando le persone credono in Dio, noi pensiamo che tutto vada bene. E tuttavia Dio non ha det-to: “Tu crederai”, ma “tu amerai”. Questi essere che ha reso vivi in modo soprannaturale per mezzo della fede, non hanno che un co-mandamento ricevuto da lui che è di amarlo e di amarlo con tutto ciò che è il loro essere e di amarlo al di sopra di tutto.Dio non ha detto: “Tu Giovanni, tu Pietro, tu Maddalena, tu amerai perché tu sei qualcuno di eccezio-nale e il tuo amore sarà per me un piacere particolare”. Dio ha detto al mondo intero: “Il primo e il mag-giore dei comandamenti è questo: tu amerai il Signore tuo Dio”. A tutti, a ogni persona è stato detto questo. È il fatto di averlo compreso che ha generato i mis-sionari. “L’amore non è amato”, gridano i missionari di ogni tempo e di tutti i generi. Questo li conso-la molto poco circa il fatti di avere qualche briciola d’amore di Dio nel cuore se delle moltitudini restano di ghiaccio davanti a “quella cosa così buona che migliore non po-trebbe essere”. Se essi sapesse-

ro che Dio non desidera che loro stessi, senza dubbio il loro povero amore sarebbe loro sufficiente; ma Dio desidera il mondo e cosa non farebbero per donarglielo.Santa Teresa del Bambin Gesù, patrona dei missionari, da detto: “Nel cuore della Chiesa, mia ma-dre, io sarò l’amore”. E spiega in un modo lirico, che noi classifiche-remmo volentieri come romantico, come si possa, nella chiesa, pro-durre amore.Questa pagine letta e riletta da co-loro che amano santa Teresa come da quelli che non l’amano, non è in realtà presa sul serio in tutta la sua verità profonda. Ciò che ha voluto dirci, ciò che ha vissuto, ciò che produce nella sua vita delle così stupefacenti conseguenze, è che amare produce nella chie-sa amore. È che, nell’unità infran-gibile della Chiesa, coloro che amano versano secondo la misu-ra del loro amore, della carità per così dire allo stato puro. La carità è nella chiesa ciò che il sangue è per il nostro cuore. “Ho compreso che aveva un cuore”, ci dice an-cora santa Teresa. Amare è essere il cuore della chiesa, è inviare del sangue al membro più lontano, più anemico del suo corpo. Ma non sbagliamoci. Questa lezione d’a-more non è una lezione all’acqua di rose, anche quando essa è data dalla santa delle rose.Amare non è vibrare o fare del sen-timentalismo: questo ce l’hanno già fatto comprendere. Ma ama-re non è nemmeno soltanto fare il proprio dovere: e questo noi lo sappiamo meno.Tre operaie lavorano insieme, esse possono farlo con la stessa sotto-missione alla volontà di Dio: non sarà con lo stesso amore.Si ama quando la volontà si sot-tomette, ma anche quando essa vuole con tutte le sue forze come

il migliore dei bene, come il solo bene di cui ha desiderio, la cosa che in quel momento Dio le offre di fare, sia godere, sia patire.In amore, vi è tutta una gamma di intensità e questa intensità si mi-sura in base alla nostra gioia.Ma questo amore non appartiene che a esseri liberi, a esseri che si sono liberati di loro stessi, che una buona volta sono usciti da se stes-si. Non si ama fin tanto che si resta segregati in se stessi.Santa Teresa del Bambin Gesù si chiama anche del “Volto Santo”.E non è casuale presso questa missionaria. In effetti, il santo volto di Gesù Cristo p il supremo con-trollo della liberazione da sé.Al missionario, a quest’uomo ri-piegato su se stesso, Dio chiede questa essenziale conversione di abbandonare se stesso, di liberare il proprio fondo.L’amore si ottiene a questo prezzo. San Francesco d’Assisi ha comin-ciato ad amare davvero il giorno in cui, appeso al collo imputridito di un lebbroso, ha baciato con la sue labbra di carne ciò che egli aveva maggiormente in orrore. Al di fuori della croce non vi è amore possi-bile ed è perché Dio vuole che noi l’amiamo che ci dà il diritto di sof-frire. Che i missionari siano stati chiamati all’una o all’altra di que-ste due strade, essi sono chiamati

alla croce, sia che Dio la doni loro, sia che essi la prendano.Non ci sono grandi o piccole cro-ci: vi è la croce e basta, di cui noi riceviamo, questa mattina, questa sera, domani, dopodomani, un pezzo, piccolo o grosso.È la croce che, nascosta in una telefonata, ci impedisce di donare l’amore stesso, la croce nascosta nella nostra penna che ritarda la nostra corrispondenza, la croce che, nascosta nel nostro lavoro, fa temere il lunedì, la croce che, na-scosta nella vita, ci fa annoiare, la croce scoperta nella morte che ci fa piangere.“Adora tutto ciò che hai bruciato”, gridano tutti i santi al di là di tutti i battesimi, se vuoi essere libero per l’amore.E questo amore che Dio ci chiede di dargli, tanto vasto in noi quanto il sangue nelle nostre vene, è l’a-spetto più luminoso del nostro la-voro missionario.Poiché, con il nostro compito, noi agiamo su anime di cui la grazia, in definitiva, deciderà.Ma per mezzo dell’amore noi com-piamo anche un atto universale e indispensabile alla chiesa.Poiché, ci dice sempre santa Tere-sa, “è l’amore che fa i missionari” ed è ancora l’amore che fa i con-vertiti.

AM

ICI D

I TE

RE

SA

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ICI D

I TE

RE

SA

Ordinazione presbiterale di p. Giuseppe Lauri, il

12 settembre scorso, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacra-toria di mons. Enrico dal Covolo, vescovo titolare

di Eraclea e rettore della Pontificia Università

Lateranense.

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4 Santa Teresa Novembre 2015Santa Teresa Novembre 2015

C’è anche l’altra faccia dell’unico comandamento: “Tu amerai il Si-gnore tuo Dio”. “E tu l’amerai con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forza, con tutta la tua anima, con tutto il tuo spirito”.Quando le persone credono in Dio, noi pensiamo che tutto vada bene. E tuttavia Dio non ha det-to: “Tu crederai”, ma “tu amerai”. Questi essere che ha reso vivi in modo soprannaturale per mezzo della fede, non hanno che un co-mandamento ricevuto da lui che è di amarlo e di amarlo con tutto ciò che è il loro essere e di amarlo al di sopra di tutto.Dio non ha detto: “Tu Giovanni, tu Pietro, tu Maddalena, tu amerai perché tu sei qualcuno di eccezio-nale e il tuo amore sarà per me un piacere particolare”. Dio ha detto al mondo intero: “Il primo e il mag-giore dei comandamenti è questo: tu amerai il Signore tuo Dio”. A tutti, a ogni persona è stato detto questo. È il fatto di averlo compreso che ha generato i mis-sionari. “L’amore non è amato”, gridano i missionari di ogni tempo e di tutti i generi. Questo li conso-la molto poco circa il fatti di avere qualche briciola d’amore di Dio nel cuore se delle moltitudini restano di ghiaccio davanti a “quella cosa così buona che migliore non po-trebbe essere”. Se essi sapesse-

ro che Dio non desidera che loro stessi, senza dubbio il loro povero amore sarebbe loro sufficiente; ma Dio desidera il mondo e cosa non farebbero per donarglielo.Santa Teresa del Bambin Gesù, patrona dei missionari, da detto: “Nel cuore della Chiesa, mia ma-dre, io sarò l’amore”. E spiega in un modo lirico, che noi classifiche-remmo volentieri come romantico, come si possa, nella chiesa, pro-durre amore.Questa pagine letta e riletta da co-loro che amano santa Teresa come da quelli che non l’amano, non è in realtà presa sul serio in tutta la sua verità profonda. Ciò che ha voluto dirci, ciò che ha vissuto, ciò che produce nella sua vita delle così stupefacenti conseguenze, è che amare produce nella chie-sa amore. È che, nell’unità infran-gibile della Chiesa, coloro che amano versano secondo la misu-ra del loro amore, della carità per così dire allo stato puro. La carità è nella chiesa ciò che il sangue è per il nostro cuore. “Ho compreso che aveva un cuore”, ci dice an-cora santa Teresa. Amare è essere il cuore della chiesa, è inviare del sangue al membro più lontano, più anemico del suo corpo. Ma non sbagliamoci. Questa lezione d’a-more non è una lezione all’acqua di rose, anche quando essa è data dalla santa delle rose.Amare non è vibrare o fare del sen-timentalismo: questo ce l’hanno già fatto comprendere. Ma ama-re non è nemmeno soltanto fare il proprio dovere: e questo noi lo sappiamo meno.Tre operaie lavorano insieme, esse possono farlo con la stessa sotto-missione alla volontà di Dio: non sarà con lo stesso amore.Si ama quando la volontà si sot-tomette, ma anche quando essa vuole con tutte le sue forze come

il migliore dei bene, come il solo bene di cui ha desiderio, la cosa che in quel momento Dio le offre di fare, sia godere, sia patire.In amore, vi è tutta una gamma di intensità e questa intensità si mi-sura in base alla nostra gioia.Ma questo amore non appartiene che a esseri liberi, a esseri che si sono liberati di loro stessi, che una buona volta sono usciti da se stes-si. Non si ama fin tanto che si resta segregati in se stessi.Santa Teresa del Bambin Gesù si chiama anche del “Volto Santo”.E non è casuale presso questa missionaria. In effetti, il santo volto di Gesù Cristo p il supremo con-trollo della liberazione da sé.Al missionario, a quest’uomo ri-piegato su se stesso, Dio chiede questa essenziale conversione di abbandonare se stesso, di liberare il proprio fondo.L’amore si ottiene a questo prezzo. San Francesco d’Assisi ha comin-ciato ad amare davvero il giorno in cui, appeso al collo imputridito di un lebbroso, ha baciato con la sue labbra di carne ciò che egli aveva maggiormente in orrore. Al di fuori della croce non vi è amore possi-bile ed è perché Dio vuole che noi l’amiamo che ci dà il diritto di sof-frire. Che i missionari siano stati chiamati all’una o all’altra di que-ste due strade, essi sono chiamati

alla croce, sia che Dio la doni loro, sia che essi la prendano.Non ci sono grandi o piccole cro-ci: vi è la croce e basta, di cui noi riceviamo, questa mattina, questa sera, domani, dopodomani, un pezzo, piccolo o grosso.È la croce che, nascosta in una telefonata, ci impedisce di donare l’amore stesso, la croce nascosta nella nostra penna che ritarda la nostra corrispondenza, la croce che, nascosta nel nostro lavoro, fa temere il lunedì, la croce che, na-scosta nella vita, ci fa annoiare, la croce scoperta nella morte che ci fa piangere.“Adora tutto ciò che hai bruciato”, gridano tutti i santi al di là di tutti i battesimi, se vuoi essere libero per l’amore.E questo amore che Dio ci chiede di dargli, tanto vasto in noi quanto il sangue nelle nostre vene, è l’a-spetto più luminoso del nostro la-voro missionario.Poiché, con il nostro compito, noi agiamo su anime di cui la grazia, in definitiva, deciderà.Ma per mezzo dell’amore noi com-piamo anche un atto universale e indispensabile alla chiesa.Poiché, ci dice sempre santa Tere-sa, “è l’amore che fa i missionari” ed è ancora l’amore che fa i con-vertiti.

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Ordinazione presbiterale di p. Giuseppe Lauri, il

12 settembre scorso, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacra-toria di mons. Enrico dal Covolo, vescovo titolare

di Eraclea e rettore della Pontificia Università

Lateranense.

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Quando si parla di missioni, non si pensa subito spontaneamente solo ai paesi dell’Africa, dell’A-sia e dell’America Latina? Ma esistono altri territori di missione dei quali sappiamo poco o nien-te, dove alcuni apostoli hanno compiuto cose straordinarie. Uno di questi, pioniere dell’estremo nord, fu il francese p. Arsène Turquetil omi (1876-1955), il quale diede inizio alle pri-me missioni presso gli esquimesi. Con temperature di -50° e in circostanze di vita estreme, viene meno ogni desiderio di avventura, roman-ticismo o ambizio-ne. Solo che si offre completamente a Dio e aspetta tutto da Lui, può resistere. Padre Turquetil descrisse i pro-blemi iniziali della missione nel-le zone del ghiaccio perenne, la mentalità degli esquimesi, le dif-ficoltà quotidiane, ma anche gli aiuti eccezionali delle grazie di Dio.

Vescovo dell’Artide

Il francese Arsène Turquetil, della diocesi di Lisieux, desiderava di-ventare missionario fin dalla sua infanzia. Più tardi, da novizio della Società missionaria degli Obla-ti dell’Immacolata (OMI), ascoltò con entusiasmo la conferenza del

vescovo itinerante Grouard sul modo di vivere degli esquimesi e sui suoi infruttuosi tentativi di mis-sione. Da uel momento p. Turque-til recitò novene su novene per essere inviato missionario presso di loro.

Nel 18999, dalla sua Normandia, il giovane sacerdote arrivò a Sa-

skatchevan in Cana-da, nella missione degli indiani pres-so il lago Caribou in Manitoba. “Ci sono esquimesi nel territo-rio della missione?” chiese p. Turquetil al responsabile p. Gasté. “Oh, sì! Vuo-le occuparsi di loro? Da trenta anni prego perché venga qual-cuno per questo servizio! Quanti anni

ha?”. “Ventiquattro”. “Se trenta anni fa qualcuno mi avesse detto che avrei dovuto aspettare ancora sei anni per la nascita di un sacer-dote che avrebbe portato la Lieta Novella ai più abbandonatati, mi sarei scoraggiato … Ma ora lei è qui!”.

Per 42 anni, p. Turquetil fu mis-sionario nelle alte zone del nord e dal 1932 fu il primo vescovo nella nuova diocesi di Churchill-Hudson Bay.

La sua parrocchia, che arrivava fino al Polo Nord, agli inizi fu forse la più estesa del mondo, cinque volte più grande della Germania

IL “MIRACOLO” DI S. TERESINA

da “Trionfo del Cuore”, novembre-dicembre 2013

agli inizi della missione nell’Artico canadese (I)P

AG

INE

TE

RE

SIA

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all’epoca della Prima Guerra Mon-diale. Ma per anni non ci fu nean-che un parrocchiano!

Difficili tentativi di missione

Oltre al suo grande zelo missio-nario, Arsène Turquetil aveva por-tato con sé molte eccellenti qua-lità: era un cacciatore esperto e un buon cuoco, poi però imparò a mangiare anche pesce e carne crudi come usano gli esquimesi. Si adoperò come falegname, fab-bro, maniscalco, imparò a guidare con abilità la slitta trainata da cani e in seguito a pilotare l’aereo. P. Arsène fece anche ricerche sulla lingua degli esquimesi e sulla loro scrittura; tradusse libri di preghie-ra e il catechismo. Più tardi com-pose e scrissi inni e canti per i cat-tolici esquimesi.

Nel 1901, il suo primo viaggio mis-sionario mostrò al giovane sacer-dote tutta la durezza del suo apo-stolato. Novecento chilometri a nord del lago Caribou, insieme ad alcuni compagni, incontrò i primi esquimesi che trattavano pellicce con gli indiani. Questi primi riferi-rono che ben presto sarebbero ar-rivate altre famiglie esquimesi, ma si aspettò invano. Il piccolo grup-po, con le slitte, riprese il cammi-no in direzione nord-est per incon-trarli, ma tutto quel che trovarono si ridusse ad alcuni igloo vuoti e ad un morto sepolto secondo la tradizione, cioè sdraiato sulla ter-ra ghiacciata e coperto di pietre. Stremati furono costretti a tornare indietro.

P. Turquetil espresse i suoi senti-menti con queste parole: “Questo misero paese di ghiaccio e ster-minati campi di neve resi duri dal

gelo e sena alcuna traccia di ve-getazione, è del tutto diverso dalla bella Francia. Nonostante questo, è nata in me tanta felicità per es-sere stato chiamato a portare il Vangelo a questo popolo, che for-se vive nelle condizioni più difficili al mondo. Il freddo era gelido, con temperature al di sotto dei 50°. Le riserve di cibo esaurite.

Non c’era più legna per prepara-re il tè; questo significava correre, correre per giorni, senza tè, senza fuoco, nonostante la stanchezza e il freddo estremo. Abbiamo pro-ceduto con fatica, soprattutto io, perché il giorno precedente mi si era congelato il ginocchio sinistro. Tutti noi abbiamo avuto sintomi di congelamento sul volto e con le guance e i nasi neri assomigliava-mo ai neri del Congo”.

Ma p. Turquetil non volle rinun-ciare e fece un secondo tentativo. Nel 1906 partì con un solo com-pagno e dopo cinque settimane arrivò ad un campo di esquimesi. Era un periodo di carestia. Que-sto non scoraggiò il missionario. Si costruì una capanna di pelle di foca e si dedicò ai malati, fa-cendo visita alle varie famiglie senza rinunciare a parlare di Dio. Visse con gli esquimesi per sette mesi, ma anche questa volta non si verificò nessuna conversione. Solo nel 92, sei anni più tardi, p.

Santa Teresa Novembre 2015Santa Teresa Novembre 2015 31

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Mons. Turquetil e p. Girard in abiti esquimesiElementi tipici della regione dello Nunavut, in CanadaLa regione dello Nunavut nel CanadaP. Turquetil al lavoro sulla macchina per scrivere la lingua inuit, da egli stesso inventata.Mappa delle tappe mis-sionarie di p. TurquetilP. Turquetil, primo vescovo del Nanavut

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Quando si parla di missioni, non si pensa subito spontaneamente solo ai paesi dell’Africa, dell’A-sia e dell’America Latina? Ma esistono altri territori di missione dei quali sappiamo poco o nien-te, dove alcuni apostoli hanno compiuto cose straordinarie. Uno di questi, pioniere dell’estremo nord, fu il francese p. Arsène Turquetil omi (1876-1955), il quale diede inizio alle pri-me missioni presso gli esquimesi. Con temperature di -50° e in circostanze di vita estreme, viene meno ogni desiderio di avventura, roman-ticismo o ambizio-ne. Solo che si offre completamente a Dio e aspetta tutto da Lui, può resistere. Padre Turquetil descrisse i pro-blemi iniziali della missione nel-le zone del ghiaccio perenne, la mentalità degli esquimesi, le dif-ficoltà quotidiane, ma anche gli aiuti eccezionali delle grazie di Dio.

Vescovo dell’Artide

Il francese Arsène Turquetil, della diocesi di Lisieux, desiderava di-ventare missionario fin dalla sua infanzia. Più tardi, da novizio della Società missionaria degli Obla-ti dell’Immacolata (OMI), ascoltò con entusiasmo la conferenza del

vescovo itinerante Grouard sul modo di vivere degli esquimesi e sui suoi infruttuosi tentativi di mis-sione. Da uel momento p. Turque-til recitò novene su novene per essere inviato missionario presso di loro.

Nel 18999, dalla sua Normandia, il giovane sacerdote arrivò a Sa-

skatchevan in Cana-da, nella missione degli indiani pres-so il lago Caribou in Manitoba. “Ci sono esquimesi nel territo-rio della missione?” chiese p. Turquetil al responsabile p. Gasté. “Oh, sì! Vuo-le occuparsi di loro? Da trenta anni prego perché venga qual-cuno per questo servizio! Quanti anni

ha?”. “Ventiquattro”. “Se trenta anni fa qualcuno mi avesse detto che avrei dovuto aspettare ancora sei anni per la nascita di un sacer-dote che avrebbe portato la Lieta Novella ai più abbandonatati, mi sarei scoraggiato … Ma ora lei è qui!”.

Per 42 anni, p. Turquetil fu mis-sionario nelle alte zone del nord e dal 1932 fu il primo vescovo nella nuova diocesi di Churchill-Hudson Bay.

La sua parrocchia, che arrivava fino al Polo Nord, agli inizi fu forse la più estesa del mondo, cinque volte più grande della Germania

IL “MIRACOLO” DI S. TERESINA

da “Trionfo del Cuore”, novembre-dicembre 2013

agli inizi della missione nell’Artico canadese (I)

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all’epoca della Prima Guerra Mon-diale. Ma per anni non ci fu nean-che un parrocchiano!

Difficili tentativi di missione

Oltre al suo grande zelo missio-nario, Arsène Turquetil aveva por-tato con sé molte eccellenti qua-lità: era un cacciatore esperto e un buon cuoco, poi però imparò a mangiare anche pesce e carne crudi come usano gli esquimesi. Si adoperò come falegname, fab-bro, maniscalco, imparò a guidare con abilità la slitta trainata da cani e in seguito a pilotare l’aereo. P. Arsène fece anche ricerche sulla lingua degli esquimesi e sulla loro scrittura; tradusse libri di preghie-ra e il catechismo. Più tardi com-pose e scrissi inni e canti per i cat-tolici esquimesi.

Nel 1901, il suo primo viaggio mis-sionario mostrò al giovane sacer-dote tutta la durezza del suo apo-stolato. Novecento chilometri a nord del lago Caribou, insieme ad alcuni compagni, incontrò i primi esquimesi che trattavano pellicce con gli indiani. Questi primi riferi-rono che ben presto sarebbero ar-rivate altre famiglie esquimesi, ma si aspettò invano. Il piccolo grup-po, con le slitte, riprese il cammi-no in direzione nord-est per incon-trarli, ma tutto quel che trovarono si ridusse ad alcuni igloo vuoti e ad un morto sepolto secondo la tradizione, cioè sdraiato sulla ter-ra ghiacciata e coperto di pietre. Stremati furono costretti a tornare indietro.

P. Turquetil espresse i suoi senti-menti con queste parole: “Questo misero paese di ghiaccio e ster-minati campi di neve resi duri dal

gelo e sena alcuna traccia di ve-getazione, è del tutto diverso dalla bella Francia. Nonostante questo, è nata in me tanta felicità per es-sere stato chiamato a portare il Vangelo a questo popolo, che for-se vive nelle condizioni più difficili al mondo. Il freddo era gelido, con temperature al di sotto dei 50°. Le riserve di cibo esaurite.

Non c’era più legna per prepara-re il tè; questo significava correre, correre per giorni, senza tè, senza fuoco, nonostante la stanchezza e il freddo estremo. Abbiamo pro-ceduto con fatica, soprattutto io, perché il giorno precedente mi si era congelato il ginocchio sinistro. Tutti noi abbiamo avuto sintomi di congelamento sul volto e con le guance e i nasi neri assomigliava-mo ai neri del Congo”.

Ma p. Turquetil non volle rinun-ciare e fece un secondo tentativo. Nel 1906 partì con un solo com-pagno e dopo cinque settimane arrivò ad un campo di esquimesi. Era un periodo di carestia. Que-sto non scoraggiò il missionario. Si costruì una capanna di pelle di foca e si dedicò ai malati, fa-cendo visita alle varie famiglie senza rinunciare a parlare di Dio. Visse con gli esquimesi per sette mesi, ma anche questa volta non si verificò nessuna conversione. Solo nel 92, sei anni più tardi, p.

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Mons. Turquetil e p. Girard in abiti esquimesiElementi tipici della regione dello Nunavut, in CanadaLa regione dello Nunavut nel CanadaP. Turquetil al lavoro sulla macchina per scrivere la lingua inuit, da egli stesso inventata.Mappa delle tappe mis-sionarie di p. TurquetilP. Turquetil, primo vescovo del Nanavut

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Turquetil, con il connazionale p. Leblanc, un bretone, nella zona centrale del territorio esquime-se, sulla costa occidentale della Hudson Bay, fondo finalmente la prima missione, “Chersterfield Inlet” intitolata a “Nostra Signora della Salvezza”. Quanto fu difficile imparare la lingua degli esquimesi soo con l’aiuto dell’udito e di una

matita! Per li indigeni non vi era divertimento più grande che ride-re sugli errori degli “studenti”. A volte radunavano tutti gli abitan-ti del campo per far ascoltare le frasi errate del missionario e poi riderne insieme. Ma non fu questo il sacrificio più grande! Purtroppo nessuno si avvicinava alla fede!

È da ammirare la ferma speran-za di p. Turquetil che soleva dire: “Nella Chiesa di Dio non contano le cifre” e anche: “L’attività, da sola, non è determinante; la pre-senza del missionario fra la po-polazione è la testimonianza d’af-fetto che avrà la sua efficacia”. In una lettera a benefattori e amici scrisse: “Mi resta ancora di sup-plicarvi per una preghiera, al fine di rendere feconda la nostra fati-ca in terra nuova. È vero, la terra dove si svolge la nostra esisten-za è triste e sconsolata, una lotta senza fine. Ma qui vivono uomini che senza la nostra presenza non potrebbero mai conoscere la vera fede. Potremmo augurarci una

felicità più grande? Qui non ci aspettiamo le comodità della vita. Se fosse stata questa la nostra in-tenzione, saremmo andati altrove. Ma la divina grazia ci sarà di so-stegno e anche la forza dell’inte-ressamento dei nostri amici per la missione. Un grazie a tutti coloro che ci aiutano. Dio vi ripagherà e noi non vi dimenticheremo nelle lunghe soste davanti al Santissi-mo”.

Una classe di scolari originali

Per il futuro della missione, i due sacerdoti decisero di puntare sui figli degli esquimesi. Con gioia e con molto successo, p. Leblanc teneva ogni giorno incontri di ca-techismo.

P. Turquetil descrisse alcune buf-fe situazioni: “La scuola ha degli aspetti originali e ‘stravaganti’. Quando arrivano, i bambini grida-no a squarciagola: ‘Buongiorno, padre, buon giorno!’. Nel mezzo delle lezione si possono udire del-le osservazioni che fanno sorride-re. Una volta dall’esterno si sono sentiti i passi di un ritardatario e

un ragazzo ha detto: ‘Scommet-tiamo che è mia moglie’. È anda-to di corsa ad aprire la porta e ad accompagnare la futura moglie in classe. I bambini sono promes-si già dalla culla e fin da piccoli si chiamano ‘marito’ e ‘moglie’. Ma vogliono essere indipenden-ti come i loro genitori. Perciò mi pare giudizioso aspettare per il battesimo e la Prima Comunione, nonostante molti siano già ben preparati. Potrebbero allontanarsi da un momento all’altro e ritor-nare da noi solo dopo tanti anni. Sono anche troppo giovani per avere una fede ferma e rimanere fedeli a Cristo”.

Grandi proveNel 916, i due bravi missionari su-birono dure prove: p. Leblanc si ammalò e a questo straordinario catechista pesò più la sua inattività che l’estenuante apostolo quoti-diano. Seguirono poi due tragiche notizie per lui: la morte dell’anzia-no padre e quella dei suoi due fra-telli nel corso della Prima Guerra Mondiale. Tutto questo accelerò il suo deperimento fisico. Con le la-crime agli occhi aveva letto la let-tere che, dalla Francia, le cognate vedove avevano fatto scrivere dai loro bambini: “Torna, zio, le nostre mamme piangono tutto il giorno e anche noi”. L’esemplare missio-nario morì nel settembre del 1916 a soli 32 anni. Nello stesso anno, p. Turquetil ricevette un’altra triste notizia: i suoi confratelli p. Rou-vière e p. Leroux erano stati uccisi da due esquimesi. Avevano allora ragione quelli che proponevano di rinunciare alla missione presso questo popolo? Anche il vescovo Charlebois si pose questa do-manda. Ma p. Turquetil non volle desistere e chiese al vescovo di

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Turquetil, con il connazionale p. Leblanc, un bretone, nella zona centrale del territorio esquime-se, sulla costa occidentale della Hudson Bay, fondo finalmente la prima missione, “Chersterfield Inlet” intitolata a “Nostra Signora della Salvezza”. Quanto fu difficile imparare la lingua degli esquimesi soo con l’aiuto dell’udito e di una

matita! Per li indigeni non vi era divertimento più grande che ride-re sugli errori degli “studenti”. A volte radunavano tutti gli abitan-ti del campo per far ascoltare le frasi errate del missionario e poi riderne insieme. Ma non fu questo il sacrificio più grande! Purtroppo nessuno si avvicinava alla fede!

È da ammirare la ferma speran-za di p. Turquetil che soleva dire: “Nella Chiesa di Dio non contano le cifre” e anche: “L’attività, da sola, non è determinante; la pre-senza del missionario fra la po-polazione è la testimonianza d’af-fetto che avrà la sua efficacia”. In una lettera a benefattori e amici scrisse: “Mi resta ancora di sup-plicarvi per una preghiera, al fine di rendere feconda la nostra fati-ca in terra nuova. È vero, la terra dove si svolge la nostra esisten-za è triste e sconsolata, una lotta senza fine. Ma qui vivono uomini che senza la nostra presenza non potrebbero mai conoscere la vera fede. Potremmo augurarci una

felicità più grande? Qui non ci aspettiamo le comodità della vita. Se fosse stata questa la nostra in-tenzione, saremmo andati altrove. Ma la divina grazia ci sarà di so-stegno e anche la forza dell’inte-ressamento dei nostri amici per la missione. Un grazie a tutti coloro che ci aiutano. Dio vi ripagherà e noi non vi dimenticheremo nelle lunghe soste davanti al Santissi-mo”.

Una classe di scolari originali

Per il futuro della missione, i due sacerdoti decisero di puntare sui figli degli esquimesi. Con gioia e con molto successo, p. Leblanc teneva ogni giorno incontri di ca-techismo.

P. Turquetil descrisse alcune buf-fe situazioni: “La scuola ha degli aspetti originali e ‘stravaganti’. Quando arrivano, i bambini grida-no a squarciagola: ‘Buongiorno, padre, buon giorno!’. Nel mezzo delle lezione si possono udire del-le osservazioni che fanno sorride-re. Una volta dall’esterno si sono sentiti i passi di un ritardatario e

un ragazzo ha detto: ‘Scommet-tiamo che è mia moglie’. È anda-to di corsa ad aprire la porta e ad accompagnare la futura moglie in classe. I bambini sono promes-si già dalla culla e fin da piccoli si chiamano ‘marito’ e ‘moglie’. Ma vogliono essere indipenden-ti come i loro genitori. Perciò mi pare giudizioso aspettare per il battesimo e la Prima Comunione, nonostante molti siano già ben preparati. Potrebbero allontanarsi da un momento all’altro e ritor-nare da noi solo dopo tanti anni. Sono anche troppo giovani per avere una fede ferma e rimanere fedeli a Cristo”.

Grandi proveNel 916, i due bravi missionari su-birono dure prove: p. Leblanc si ammalò e a questo straordinario catechista pesò più la sua inattività che l’estenuante apostolo quoti-diano. Seguirono poi due tragiche notizie per lui: la morte dell’anzia-no padre e quella dei suoi due fra-telli nel corso della Prima Guerra Mondiale. Tutto questo accelerò il suo deperimento fisico. Con le la-crime agli occhi aveva letto la let-tere che, dalla Francia, le cognate vedove avevano fatto scrivere dai loro bambini: “Torna, zio, le nostre mamme piangono tutto il giorno e anche noi”. L’esemplare missio-nario morì nel settembre del 1916 a soli 32 anni. Nello stesso anno, p. Turquetil ricevette un’altra triste notizia: i suoi confratelli p. Rou-vière e p. Leroux erano stati uccisi da due esquimesi. Avevano allora ragione quelli che proponevano di rinunciare alla missione presso questo popolo? Anche il vescovo Charlebois si pose questa do-manda. Ma p. Turquetil non volle desistere e chiese al vescovo di

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affidati a s. teresadargli ancora una possibilità. La risposta fu: “Se nel corso di un anno non avrà alcuna speranza di conversione per gli esquimesi, dovrà chiudere la missione”. Voleva dire sperare solo in un miracolo!

Soltanto alcuni granelli di terra

“L’ora della grazia giunse sena che io me ne accor-gessi”, scrisse p. Turquetil molti anni dopo. “Nel-la prima settimana, fissatami dal vescovo, venne nella missione un esquimese dal sud, che non avevo mai visto. Mi portò due lettere indirizzate a me. Non ho mai saputo che me le aveva scritte e come il direttore dell’ufficio postale di Churchill abbia potuto correre il rischio di darle alla prima persona diretta a Chesterfield, che dista 600 chi-lometri verso il nord. La busta che aprii per prima

conteneva un libricino di otto pagine: ‘Il piccolo fiore di Lisieux’, Lisieux della mia diocesi! Fino a quel momento non avevo sentito né letto nulla di questa santa. La sua figura mi entusiasmò. Sfogliai il libretto: carmelitana a 15 anni, amava tanto la neve, pregava molto per i missionari e aveva promesso di trascorrere il suo Cielo facendo del bene sulla terra. Lessi soli i titoli, ma sentii un forte desiderio di ‘rifugiarmi’ in questo piccolo fio-re. Se avesse potuto convertire gli esquimesi! La seconda busta conte-neva un foglio, piegato in quattro, con all’interno pochissima terra e una nota: ‘Questa terra è stata trovata sotto la prima bara del piccolo fiore di Lisieux. Con questa ella compie miracoli’. Prima di coricarmi misi tutti i miei desideri nella preghiera e parlai a santa Teresa come se l’avessi avuta presente. Anche il giorno successivo pensammo a lei e parlammo solo di lei. Poi si fece buio e alcuni esquimesi, dopo la caccia, entrarono a riscaldarsi da noi. Mi sedetti all’armonium. Come spesso accadeva, essi si allinearono alle mie spalle per osservare i movimenti dei miei piedi e delle mie amni. Il mio confratello Prime Girard passò dietro di loro e, come concordato, senza che se ne accorgessero, gettò sui loro folti ca-pelli uno o due granelli della terra ricevuta nella lettera. Così tramite santa Teresina si realizzò un grande miracolo”. [segue]

Santa Teresa Novembre 2015 34

nella pace del signore

Mamma Maria Grazia e papà Stefano affi-dano a santa Teresa la lorobambina Isabel Gobbidi Bovolone (VR).

Tommaso Piccinno è nato lo scorso 8 agosto. Papà Elia e mamma Elisa con nonni, bisnonni e parenti tutti lo affidano a santa Teresa.

Tommaso Gallo di Verona compirà presto tre anni (il 19 dicembre). Papà Alessio e mamma Viviane lo affidanoa santa Teresa.

Santa Teresa Novembre 2015 35

Per i suoi 3 anni i nonni mettono sotto la prote-

zione di s. Teresa di G. B. la loro nipotina

Viola Franchini di Quaderni (Verona)

GELMINA BIGHELLINI(m. 8/08/2004) di Ca’ d. Oppi (VR)

Sono già trascorsi 11 anni da quando ci hai lasciati ... In tutti noi

è rimasto un vuoto immenso. Il tuo ricordo vivrà sempre nei nostri cuori. Con amore la tua famiglia

BRUNO OTTOBONInel IV anniversario della

scomparsa (17-11-2011),Sommacampagna (VR)

“Sei sempre nei nostri cuori”i figli e i nipoti.

CLEMENTINA FEDRIZZIved. MANFRIN

(n. 21/10/1920 m. 6/11/2013)“Nel nostro animo sarà

sempre vivo il tuo ricordo”

GIULIO CREMADi Palà (VR) morto il 22/11/2012

“Il tempo passa,ma tu sei sempre nei

nostri cuori e vicino e noi”.

GIUSEPPE LANZAnel primo anniversario della scomparsa (4 ottobre 2014),la tua famiglia ...ciao, papà,

San Pietro in Valle (VR)

ROMANO FIORINI - EDO FIORINI - LIDIA VEZZANILidia Vezzani ved. Fiorini, Porto Mantovano (MN)

“Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25).

LUCIA CREMONESI Ved. BORSATTI

n. 7/05/1926 - m. 29/11/2011, nel IV anniversario della morte

(Corsico - Milano)

NICOLÒ MOLINARINel V anniversario della scompar-sa, Oppeano 4 novembre 2010. “Pregate, sorridete, pensatemi...Il vostro sorriso è la mia pace”.

NIZARO ROSALa nipote Zita affida al Signore

la cara zia di Crespadoro (VI), da tanti anni nostra sostenitrice e

devota a santa Teresa.

PASQUA VANINI (m. 5 agosto 2015), Verona

Noi sappiamo che tu vegli su di noi, le tue figlie.

le rose di s. teresaCLAUZIO MICELI ESIMONA LIBERTO

di Ribera (AG) si sono sposati nel Signore lo scorso 18 luglio. Eccoli in chiesa nel giorno del matrimonio e poi a Lisieux, nel giardino dei Buissonnets, durante la loro viaggio di nozze.Li affidiamo a santa Teresa!

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affidati a s. teresadargli ancora una possibilità. La risposta fu: “Se nel corso di un anno non avrà alcuna speranza di conversione per gli esquimesi, dovrà chiudere la missione”. Voleva dire sperare solo in un miracolo!

Soltanto alcuni granelli di terra

“L’ora della grazia giunse sena che io me ne accor-gessi”, scrisse p. Turquetil molti anni dopo. “Nel-la prima settimana, fissatami dal vescovo, venne nella missione un esquimese dal sud, che non avevo mai visto. Mi portò due lettere indirizzate a me. Non ho mai saputo che me le aveva scritte e come il direttore dell’ufficio postale di Churchill abbia potuto correre il rischio di darle alla prima persona diretta a Chesterfield, che dista 600 chi-lometri verso il nord. La busta che aprii per prima

conteneva un libricino di otto pagine: ‘Il piccolo fiore di Lisieux’, Lisieux della mia diocesi! Fino a quel momento non avevo sentito né letto nulla di questa santa. La sua figura mi entusiasmò. Sfogliai il libretto: carmelitana a 15 anni, amava tanto la neve, pregava molto per i missionari e aveva promesso di trascorrere il suo Cielo facendo del bene sulla terra. Lessi soli i titoli, ma sentii un forte desiderio di ‘rifugiarmi’ in questo piccolo fio-re. Se avesse potuto convertire gli esquimesi! La seconda busta conte-neva un foglio, piegato in quattro, con all’interno pochissima terra e una nota: ‘Questa terra è stata trovata sotto la prima bara del piccolo fiore di Lisieux. Con questa ella compie miracoli’. Prima di coricarmi misi tutti i miei desideri nella preghiera e parlai a santa Teresa come se l’avessi avuta presente. Anche il giorno successivo pensammo a lei e parlammo solo di lei. Poi si fece buio e alcuni esquimesi, dopo la caccia, entrarono a riscaldarsi da noi. Mi sedetti all’armonium. Come spesso accadeva, essi si allinearono alle mie spalle per osservare i movimenti dei miei piedi e delle mie amni. Il mio confratello Prime Girard passò dietro di loro e, come concordato, senza che se ne accorgessero, gettò sui loro folti ca-pelli uno o due granelli della terra ricevuta nella lettera. Così tramite santa Teresina si realizzò un grande miracolo”. [segue]

Santa Teresa Novembre 2015 34

nella pace del signore

Mamma Maria Grazia e papà Stefano affi-dano a santa Teresa la lorobambina Isabel Gobbidi Bovolone (VR).

Tommaso Piccinno è nato lo scorso 8 agosto. Papà Elia e mamma Elisa con nonni, bisnonni e parenti tutti lo affidano a santa Teresa.

Tommaso Gallo di Verona compirà presto tre anni (il 19 dicembre). Papà Alessio e mamma Viviane lo affidanoa santa Teresa.

Santa Teresa Novembre 2015 35

Per i suoi 3 anni i nonni mettono sotto la prote-

zione di s. Teresa di G. B. la loro nipotina

Viola Franchini di Quaderni (Verona)

GELMINA BIGHELLINI(m. 8/08/2004) di Ca’ d. Oppi (VR)

Sono già trascorsi 11 anni da quando ci hai lasciati ... In tutti noi

è rimasto un vuoto immenso. Il tuo ricordo vivrà sempre nei nostri cuori. Con amore la tua famiglia

BRUNO OTTOBONInel IV anniversario della

scomparsa (17-11-2011),Sommacampagna (VR)

“Sei sempre nei nostri cuori”i figli e i nipoti.

CLEMENTINA FEDRIZZIved. MANFRIN

(n. 21/10/1920 m. 6/11/2013)“Nel nostro animo sarà

sempre vivo il tuo ricordo”

GIULIO CREMADi Palà (VR) morto il 22/11/2012

“Il tempo passa,ma tu sei sempre nei

nostri cuori e vicino e noi”.

GIUSEPPE LANZAnel primo anniversario della scomparsa (4 ottobre 2014),la tua famiglia ...ciao, papà,

San Pietro in Valle (VR)

ROMANO FIORINI - EDO FIORINI - LIDIA VEZZANILidia Vezzani ved. Fiorini, Porto Mantovano (MN)

“Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25).

LUCIA CREMONESI Ved. BORSATTI

n. 7/05/1926 - m. 29/11/2011, nel IV anniversario della morte

(Corsico - Milano)

NICOLÒ MOLINARINel V anniversario della scompar-sa, Oppeano 4 novembre 2010. “Pregate, sorridete, pensatemi...Il vostro sorriso è la mia pace”.

NIZARO ROSALa nipote Zita affida al Signore

la cara zia di Crespadoro (VI), da tanti anni nostra sostenitrice e

devota a santa Teresa.

PASQUA VANINI (m. 5 agosto 2015), Verona

Noi sappiamo che tu vegli su di noi, le tue figlie.

le rose di s. teresaCLAUZIO MICELI ESIMONA LIBERTO

di Ribera (AG) si sono sposati nel Signore lo scorso 18 luglio. Eccoli in chiesa nel giorno del matrimonio e poi a Lisieux, nel giardino dei Buissonnets, durante la loro viaggio di nozze.Li affidiamo a santa Teresa!

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SOSTEGNO € 15,00BENEFICENZA: € 25,00

VERSAMENTOC.C.P. 213371

OFFERTEORARIO SANTE MESSEORARIO FERIALE:7.00 - 8.00 - 9.00 - 10.00 16.30 - 18.30ORARIO FESTIVO:7.30 - 8.30 - 9.30 - 10.3012.00 - 16.30 - 18.30

Uscita dell’autostradaVERONA SUDPrenotazione pellegrinaggiTel.: 045.500.266

PADRI CARMELITANI SCALZI Santuario di S. Teresadel Bambino Gesù Via Volturno, 137135 Verona - tel. 045.500.266 fax [email protected]

CHIESA GIUBILARE nell’Anno santo della misericordiaIl nostro santuario di Verona-Tombetta, dedicato a santa Teresa di Gesù Bam-bino, Dottore nella “Scienza dell’Amore divino”, la Santa che volle offrirsi come vittima all’Amore misericordioso del Buon Dio, dall’8 dicembre 2015 diventerà chiesa giubilare, sino al 20 novembre 2016. Il vescovo monsignor Giuseppe Zen-ti ha infatti scelto la nostra basilica assieme ad altri santuari tra i maggiormente frequentati dai fedeli veronesi. Essi saranno dunque al centro di iniziative, meta di pellegrinaggi e luogo di incontri di preghiera per tutto il prossimo anno.

IL LOGO DEL GIUBILEOIl logo rappresenta una summa teologica della misericordia e dal motto che lo accompagna. Nel motto, tratto da Lc 6,36 “Misericordiosi come il Padre”, si pro-pone di vivere la misericordia sull’esempio del Padre che chiede di non giudi-care e di non condannare, ma di perdonare e di donare amore e perdono senza misura (cfr Lc 6,37-38). Il logo è opera di padre Marko Ivan Rupnik. L’immagine, molto cara alla Chiesa antica – perché indica l’amore di Cristo che porta a com-pimento il mistero della sua incarnazione con la redenzione – propone il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito. Il disegno è realizzato in modo tale da far emergere che il Buon Pastore tocca in profondità la carne dell’uomo e lo fa con amore tale da cambiargli la vita. Un particolare, inoltre, non può sfuggire. Il Buon Pastore con estrema misericordia si carica l’umanità, ma i suoi occhi si confondono con quelli dell’uomo. Cristo vede con l’occhio di Adamo e questi con l’occhio di Cristo. Ogni uomo quindi scopre in Cristo la propria umanità e il futuro che lo attende. La scena si colloca all’interno della mandorla, anch’essa fi-gura cara all’iconografia antica e medioevale che richiama la compresenza delle due nature, divina e umana, in Cristo. I tre ovali concentrici, di colore progressiva-mente più chiaro verso l’esterno, suggeriscono il movimento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. D’altra parte, la profondità del colore più scuro suggerisce anche l’imperscrutabilità dell’amore del Padre che tutto perdona.C

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