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SANTA SEVERA: TORNA ALLA LUCE LA CHIESA ALTO MEDIEVALE

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SANTA SEVERA: TORNA ALLA LUCE LA CHIESA

ALTO MEDIEVALE

E ’ stato il Sindaco di Santa Marinel-la Dr. Pietro Tidei a dare

l’annuncio di quella che si sta delinean-do come una delle più importanti sco-perte archeologiche avvenute negli ulti-mi decenni nel territorio del litorale nord di Roma, lungo le coste dell’antica Etru-ria marittima. In seguito agli interventi di restauro in corso nel Castello di Santa Severa, nel sito dell’antica Pyrgi, il gruppo di lavoro guidato dall’archeologo Dr. Flavio Enei, direttore del Museo Civico, ha rinvenuto i resti di una grande chiesa rimasta per secoli sepolta sotto il cortile della rocca castellana. I lavori di scavo stratigrafico, condotti con la supervisione della D.ssa Rita Co-sentino della Soprintendenza Archeolo-gica per l’Etruria Meridionale, hanno portato alla scoperta della chiesa più antica del castello, probabilmente dedi-cata proprio alla martire Severa, secondo la tradizione flagellata a Pyrgi nel 298 d.C. insieme ai fratelli Calendino e Mar-co, all’epoca dell’imperatore Dioclezia-no. Grazie all’opera dei volontari specializ-zati della nostra Associazione, da anni impegnata per la tutela e la valorizzazio-ne dei beni culturali dell’antico territorio ceretano e pyrgense, il monumento sta tornando alla luce in tutto il suo splen-dore ed interesse storico-archeologico. Il paziente intervento di scavo che in silen-zio va avanti da mesi, sta evidenziando l’esistenza di un edificio di almeno 11 metri di larghezza, suddiviso in tre nava-

te scandite da colonne in muratura, provvisto di un’abside centrale, ampia circa 3,5 metri, con tracce di affreschi, conservato per più di tre metri di altezza. E’ molto probabile che si tratti dei resti della chiesa altomedievale dedicata a Santa Severa, ricordata già in documenti del IX secolo e vissuta forse fino agli inizi del XVI secolo, quando fu in parte demolita ed interrata. La chiesa, a detta delle fonti, era costruita vicino al mare, presso la rocca castellana, esattamente nel luogo dove secondo la tradizione era avvenuto il martirio della Santa e dei suoi fratelli. E’ proprio in quella posi-zione, ben descritta dagli antichi, che è stata a lungo cercata e finalmente ritro-vata. Anche la D.ssa Cosentino che su-perv i s iona g l i s cav i , in s ieme all’assistente Sig. Giuseppe D’Urso, che tra i primi ha visto affiorare la muratura dell’abside, è molto interessata e soddi-sfatta della scoperta che sta senza dub-bio restituendo un pezzo importante di storia all’intero comprensorio. Il rinvenimento rimuove l’alone di leg-genda che ricopriva da tempo la figura dell’antica martire cristiana, ormai quasi dimenticata, per restituirla alla realtà storica in tutta la sua concretezza. Il culto di Santa Severa, esistito almeno fin dal IX secolo è andato avanti, senza soluzione di continuità fino agli anni Settanta del Novecento quando ancora la statua devozionale veniva portata in processione. La festa di Santa Severa, in origine fissata il 5 giugno, fu in seguito spostata al 29 gennaio. Soltanto ai giorni

nostri, negli ultimi decenni, il culto è stato di fatto quasi del tutto dimenticato. La Santa che per secoli ha dato il nome ad una delle più note e belle località della costa tirrenica a nord di Roma, sostituendo nelle carte l’antichissimo nome di Pyrgi, si sta ora prendendo la rivincita, sta per tornare alla luce con la sua chiesa originaria sorta “iuxta ma-re” (presso il mare) nel luogo della se-poltura della martire, vera o presunta che sia. Il Sindaco Tidei ha deciso di organizzare proprio per il 5 giugno, festa di Santa Severa, una prima presentazione delle scoperte archeologiche e dei lavori in corso che a breve trasformeranno il Ca-stello in uno dei più importanti poli cul-turali e turistici del litorale laziale. Le opere, finanziate dalla Provincia di Roma e curate dal “Servizio Restauri” diretto dal Dr. Roberto Del Signore, consentiranno di recuperare un comples-so architettonico di grande interesse storico ed artistico, un bene di primaria importanza per l’Italia centrale, una stra-ordinaria occasione di crescita civile e culturale nonché di lavoro e di sviluppo economico per Santa Marinella.

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ECCEZIONALE SCOPERTA ARCHEOLOGICA NEL CASTELLO

RIAFFIORA LA PIU’ ANTICA CHIESA DI SANTA SEVERA

Notiziario del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite,

Registrazione presso il Tribunale di Civitavecchia N. 07/02 del 20/10/2002

Stampato in proprio, in distribuzione gratuita

Direttore Responsabile:

BARBARA CIVININI [email protected]

Coordinamento scientifico:

Flavio Enei [email protected]

Organizzazione: Claudio Carocci

[email protected]

Sede:

c/o Castello di Santa Severa Segreteria del Gruppo Cerite tel. 0766/571727

Redazione: Claudio Carocci, Angelo Ciofi, Valerio Contrafatto, Oreste Fusco, Fabio Papi,

Roberto Zoffoli.

Hanno collaborato: Franca Gentile, Mario Mazzoli, Renato Tiberti,

Gampiero Marcello, Stefano Giorgi, Anna Gruzzi, Simona Vagelli, Naya Youssoufian,

Fotografie: Archivio Gatc,

Archivio Carocci, Enrico Cosimi.

La raccolta degli articoli apparsi su L’Aruspice è disponibile sul sito Internet www.gatc.it

Per qualsiasi segnalazione inerente la tutela di beni storici, archeologici e monumentali del territorio cerite,

per suggerimenti, proposte di collaborazione al giornale, lettere, richieste di recensioni di libri o

mostre, scrivete all’indirizzo e-mail [email protected]

Castello di Santa Severa: i resti della chiesa altomedievale in corso di scavo nella piazza della Rocca

Insieme al direttore Flavio Enei, sono attualmente impegnati a turno nel can-tiere di scavo stratigrafico i soci: Fabio Papi, Simona Vagelli, Emanuela Ricci, Livio Fornari, Renzo Avanzi, Massimo Balsani, Enrico Balsani, Luciano Ga-gliardi, Matteo Marinaro, Giampiero Marcello, Stefano Giorgi, Michele Di Gennaro (sicurezza), Onorio Licausi (aspetti medico-sanitari). In particolare per i rilievi e la documen-tazione grafica: Marco Fatucci, Giusep-pe Ricci, Silvio Fontana, Natalie Neu-haus. Per la documentazione fotografica e video: Enrico Cosimi, Roberto Malde-ra, . Il primo intervento di conservazione dei reperti è assicurato dalla restauratrice Anna Gruzzi, coadiuvata dal settore restauro del Gruppo con i soci Renato Tiberti, Naya Youssoufian, Valerio Con-trafatto, Flora Cecinelli, Isabella Schweitzer, Fausta Luciani, Gabriella Nalon, Lorenzo La Macchia, Veronica Di Santo.

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L’impegno del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite nello scavo

Castello di Santa Severa: un momento dello scavo nella Casa del Nostromo (foto E. Cosimi)

CIAO GAETANO Il 30 giugno ci ha lasciati Gaetano Camboni, socio fondatore dell’Associazione, grande amico ed appassionato studioso del nostro territorio. Ci piace ricordarlo mentre illustra ai nostri occhi sbalorditi la sua straordinaria collezione di vecchie cartoline di Santa Marinella e Ladispoli, le sue città di nascita e di adozione. “Frammenti di Storia” che con amore e certosina pazienza ha ricostruito nel corso di decenni di sistematica raccol-ta di “Immagini spedite” in giro per il mondo. Ha lasciato a tutti noi un bel libro e tanti ricordi di piacevoli giornate passate insieme.Caro Gaetano, mancherai a tutti noi e a questi luoghi di mare che hai amato tanto e ai quali hai dedicato con vera passione molto del tuo tempo.

G. Camboni: Ladispoli 1909 cartolina tratta dal libro Ladispoli nelle sue cartoline dalle origini agli anni ‘60

La copertina del libro sulla raccol-ta delle cartoline d’epoca.

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VOLONTARI PER I BENI CULTURALI CONVEGNO AL CASTELLO DI SANTA SEVERA

S abato 16 dicembre 2006 ha avu-to luogo il 2° Convegno del

Gruppo Archeologico del Territorio Cerite, la nostra benemerita associa-zione di volontariato che opera dal 1999 nell’antico territorio ceretano, con particolare presenza nei comuni

di Santa Marinella, Cerveteri e Ladi-spoli. Il convegno “Volontari per i Beni Culturali” ha fatto il punto su gli importanti contributi dati dal Gruppo negli ultimi due anni di atti-vità per la ricerca, la tutela e la valo-rizzazione del patrimonio storico-archeologico, in collaborazione con gli Enti locali e la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridio-nale, il Museo del Mare e della Na-vigazione Antica. L’Associazione, iscritta all’albo uffi-ciale regionale nel settore cultura è oggi una ONLUS forte di circa 200 soci residenti nel litorale nord di Ro-ma, soprattutto tra Ladispoli e Civi-tavecchia. Il Gruppo, conta tra le sue fila archeologi, filologi, storici dell’arte, architetti e studiosi del mondo antico con i quali si propone di divulgare la conoscenza della sto-

ria del comprensorio, attivandosi per permettere la partecipazione diretta dei cittadini alle iniziative di salva-guardia, studio e recupero funzionale delle testimonianze del passato. La manifestazione di sabato è stata aperta dal saluto del Sindaco di La-

dispoli Gino Ciogli e da quello delle altre realtà associative culturali ope-ranti nel comprensorio tra le quali la Sezione “Asfodelo” di Italia Nostra con Laura De Meis e Il Cenacolo Ceretano con Settimio La Porta, il Nucleo Sommozzatori di Santa Ma-rinella con Alberto Borruso. Numerosi relatori hanno presentato le principali attività ed i progetti rea-lizzati. Flavio Enei ha introdotto con l’intervento“Volontari per i beni cul-turali: l’impegno del Gruppo Arche-ologico del Territorio Cerite”, sono seguiti i contributi di Stefano Giorgi e Giuseppe Fort “Un Centro Studi Marittimi per la ricerca, la tutela e la valorizzazione del patrimonio arche-ologico sommerso ceretano-pyrgense”, di Mario Mazzoli “La collaborazione con ASSO e Studio

Blu per le ricerche subacquee e ter-restri”, di Anna Gruzzi e Renato Ti-berti “Scavi e scoperte nel Castello di Santa Severa: i primi interventi di conservazione dei reperti”. Fabio P a p i h a p r o s e g u i t o c o n “Ricognizioni archeologiche per lo

studio e la tutela del territorio”, Simona Va-gelli ha quindi illustra-to “Le attività di divul-gazione scientifica, didattica e turismo so-ciale”, Franca Gentile “La ricerca in archivio: le ultime scoperte”. La Professoressa Dora Mazzarani e Gianluca Funari studente liceale di Ladispoli hanno trat-tato di “Archeologia nella scuola: il progetto Alsium con il Liceo Pertini di Ladispoli”. Massimo Dentale ha illustrato “La salva-guardia di Torre Flavia a Ladispoli: i primi interventi”, Bar-bara Civinini e C l a u d i o C a r o c c i

“L’Aruspice 2000-2006: la rivista dell’Associazione”, Giampiero Mar-cello “Il Gruppo on line: il nostro sito web”. Il Convegno è proseguito con gli interventi di Roberto Zoffoli e Vale-rio Contraffatto su “Ladispoli: l’apertura al pubblico della villa ro-mana della Posta Vecchia” quindi, la Segretaria Naya Youssoufian ha chiuso il convegno con il suo inter-vento “Il G.A.T.C: una ONLUS per la salvaguardia dei nostri beni cultu-rali”. In questo numero dell’Aruspice ab-biamo deciso di raccogliere “Gli atti del convegno” per costituire una me-moria di quanto è stato fatto dall’Associazione negli ultimi anni.

L’apertura del convegno da parte del direttore del Museo del Mare di Santa Marinella, F. Enei (foto Cosimi)

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E ’ con grande piacere che ho raccol-to l’invito del Gruppo Archeologi-

co Cerite per intervenire in questo con-vegno allo scopo di illustrare l’accordo che sottende alla sistematica collabora-zione tra la ASSO e STUDIO BLU PRODUCTION con il Museo del Mare e della Navigazione Antica di Santa Marinella. Credendo fortemente nell’approccio di team e nell’apporto che i volontari spe-cialisti possono portare alla ricerca ed alla conoscenza, prima di iniziare, spen-derò qualche parola sulla ASSO e sul suo modello organizzativo. A.S.S.O. sta per: Archeologia, Subac-quea, Speleologia ed Organizzazione. E’ nota per le sue capacità operative nei settori della ricerca archeologica subac-quea e delle ricerche speleologiche in aree naturali ed artificiali, sia asciutte che sommerse. E’ una onlus altamente specializzati, con pochissimi soci che hanno operato la scelta di voler essere in pochi, di puntare tutto sulla qualità e di essere concretamente aperti verso altre organizzazioni e realtà istituzionali cre-dibili. Questa strategia, il lavoro ed il tempo ci hanno premiati. Vantiamo mol-te collaborazioni con enti istituzionali, un curriculum operativo di tutto rispetto. Siamo presenti in qualità di membri o relatori in commissioni tecniche e scien-tifiche e siamo spesso invitati, come in questo caso, per conferenze e corsi spe-cialistici. Abbiamo scelto questo modo di operare perché ci consente di ottenere grandi vantaggi, come poter decidere celermente e imparare dagli altri, dotan-doci delle competenze che talvolta ci mancano, reperendole ovunque esse si trovino e senza alcuna rigidità interna. A.S.S.O. si sostiene solo grazie al pro-prio lavoro. I contributi di enti pubblici sono eufemisticamente rari e i ricavi provengono esclusivamente dai rimborsi per convenzioni di ricerca, assegnazione di incarichi da parte di Università e So-printendenze o dagli eventuali introiti ottenuti da ditte che ci chiedono consu-lenze, progettazione ed esecuzione di attività e ricerche pertinenti ai nostri campi d’azione. Gli utili sono solo un miraggio poiché i ricavi, molto scarsi rispetto ai costi delle attività, vengono reinvestiti interamente nell’associazione o in ricerche operative secondo i dettami del no-profit e delle

leggi sul volontariato. Per le attrezzature specialistiche abbiamo alcuni partner storici che ci forniscono: computer, me-tal detector, attrezzature per la respira-zione e per le immersioni, custodie su-bacquee per telecamere ed altri strumen-ti. Grazie a questi rapporti abbiamo la p o s s i b i l i t à d i e s s e r e s e m p r e all’avanguardia e di ottenere economie rilevanti perché, diversamente, non po-tremmo permetterci attrezzature di tale qualità e quantità. Chi ce le fornisce, invece, oltre che per simpatia ce le asse-gna per ottenere suggerimenti finalizzati al miglioramento dei prodotti o dei ser-vizi associati.

Come dicevamo, la ASSO si occupa di ricerche, prospezioni, rilevamenti, scavi e recuperi di ambienti, giacimenti o re-perti archeologici sommersi o sotterra-nei. Opera in mare, laghi, fiumi, grotte sommerse, cavità naturali, sotterranei, strutture idrauliche, sepolture, cunicoli e pozzi. In tutti questi ambienti, e nelle sue attività, è costantemente affiancata da Studio Blu Production (SBP), orga-nizzazione notoriamente affermata nel settore della documentaristica scientifi-ca, archeologica e di avventura. Ora, quale migliore opportunità per un team come ASSO e SBP, che non opera-re in un contesto così importante e credi-bile quale quello offerto dal Museo della Navigazione Antica e dal network di conoscenze, competenze, risultati che questo comporta? In un territorio notoriamente ricco di storia, e un fondale marino solo parzial-

mente esplorato, un gruppo di perso-ne e di specialisti entusiasti e compe-tenti, ha dimostrato con i fatti cosa sia capace di realizzare un laboratorio sperimentale di archeologia navale,

un sistema museale e divulgativo sotto gli occhi di tutti. Volevate che ci facessi-mo sfuggire un’occasione del genere ? Personalmente ritengo questa collabora-zione sia foriera di buoni risultati e il clima nel quale si sono effettuate le pri-me collaborazioni non ha fatto altro che confermare questa impressione. Certo si tratta di un progetto sfidante; dobbiamo immediatamente dare concretezza alle attività, superare la pastoie burocratiche e gli impedimenti che si frappongono e, soprattutto, dobbiamo di lavorare insie-me come una vera squadra. A questo punto, per i immaginare i risul-tati della cooperazione, credo che più

delle parole contino le splendide imma-gini che Studio Blu Production ha realiz-zato per portare gli spettatori nel mondo della ASSO e alle quali lascio spazio. Un “viaggio” in imprese ed emozioni, come sempre frutto della grande compe-tenza ed entusiasmo di Marco Campo-lungo. Amico fraterno, noto operatore cinema-tografico subacqueo, anima e fondatore di SBP, compagno di tante imprese ed avventure che, pochi giorni fa, ci ha lasciati nel corso di una immersione con un apparato a circuito chiuso. Con lui se ne andato un pezzo importan-te delle nostre organizzazioni e anche una bella fetta del nostro cuore. Ciao Marco !

Mario Mazzoli

Dalla collaborazione con la ASSO e la Studio Blu Production nasce LA RICERCA NEI FONDALI MARINI

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I l sito web del GATC www.gatc.it nasce l'8 giugno 2001. E' perciò entrato nel suo

sesto anno di presenza "in rete". Non sono pochi se pensiamo che Internet come lo co-nosciamo adesso, il World Wide Web (WWW o semplicemente "web" in gergo), nasce per il grande pubblico nel 1995, quan-do comincia a diffondersi Netscape Naviga-tor, il programma (detto "browser") che ha reso facile a milioni di utenti comuni muo-versi nella rete internazionale di computer collegati tra di loro, detta "Internet". Prima dell'avvento di Netscape Navigator, Internet era un mondo difficile, caratterizzato da uno schermo nero sul quale pochi iniziati digita-vano sequenze magiche di caratteri per acce-dere ai computer di tutto il mondo. I colori, le belle pagine formattate, le immagini, i link complicati, serviti pronti da "cliccare" con un

tasto del mouse per saltare da un sito web ad un altro (a proposito: browser viene da "to browse", termine inglese che significa con-sultare uno o più libri saltando le pagine senza un piano definito) ebbene tutto questo, di cui oggi non sapremmo forse più fare a meno, esiste solo da una dozzina d'anni. Il nostro sito web è “online”, è cioè visibile per gli utenti del WWW da circa la metà della esistenza del mondo web stesso. Essere visi-bile non significa però essere visti. Quanti sono gli utenti che visitano il nostro sito web? In fondo alla pagina di introduzione di www.gatc.it, chiamata dagli internauti “home page”, è presente un contatore, che ad oggi, 16 dicembre 2006, segna oltre novemi-la visitatori unici dal 30 marzo 2002. Si tratta di coloro che durante una sessione di naviga-zione sul web hanno richiesto e caricato la home page del nostro sito web almeno una volta. Senza entrare in dettagli tecnici, ciò vuol dire che tra tutti gli utenti della rete mondiale ogni giorno cinque sei di loro con-sultano la nostra home page. Sono numeri significativi, se si considera che il nostro è

un sito web di nicchia, dedicato ai beni cultu-rali e alla ricerca archeologica di una regione ben delimitata, il territorio cerite, in lingua italiana. Alcuni siti web non mostrano un contatore per non scoraggiare il visitatore dal ritornare: vedendolo quasi fermo potrebbe deprimersi, pensando di essere tra i pochi lettori di un sito web, e decidere di non visi-tarlo più, come i passanti di una via di negozi evitano le vetrine di fronte alle quali non si ferma nessuno. Il contatore fornisce però una misura parziale delle visite al sito web del GATC. I visitatori non sempre del web pas-sano dalla home page, l'accesso principale di un sito web; qualcuno entra dalla finestra della cucina, qualche altro dal garage, qual-che altro ancora dal camino come Babbo Natale. Ciò è legato ai cosiddetti “motori di ricerca”(il più famoso è Google,

www.google.com), che analizzano e classifi-cano costantemente milioni di pagine su internet, in modo da facilitare la ricerca di contenuti specifici. Altre statistiche fornisco-no una idea più articolata del traffico relativo al sito www.gatc.it. Dal 28 marzo 2004 al 14 dicembre 2006 sono state viste oltre mezzo milione di pagine dal nostro sito web, con una media giornaliera di cinquecento pagine. I grafici del traffico mostrano selvagge flut-tuazioni da un mese all'altro, ma è visibile una incoraggiante tendenza alla crescita a partire dall'estate 2004, dopo che Cerveteri è stata dichiarata, insieme a Tarquinia, sito archeologico protetto dall'UNESCO. Su base settimanale le visite al nostro sito registrano un andamento crescente da domenica a mer-coledì e un calo verso il fine settimana. E' confortante, tuttavia, che anche il sabato e la domenica gli accessi al sito web rimangono su valori piuttosto elevati. Chi ci rende visita lo fa anche a proprie spese da casa, non solo gratis dal posto di lavoro. Il traffico su base oraria registra i valori più bassi tra le cinque e le sette del mattino, anche se è tutto som-

mato sostenuto durante tutto l'arco delle ventiquattro ore. Probabilmente la nostra "audience" è distribuita su tutti i fusi orari. L'analisi delle provenienze dei visitatori sulla base del suffisso geografico del dominio da cui proviene la richiesta (“.it” per Italia e “.uk” per il Regno Unito) e del suffisso di contenuto (“.edu” per le università) ci dicono che i nostri visitatori sono in buona parte italiani, ma significative sono anche le ri-chieste che provengono da altri paesi euro-pei, da università USA, da paesi dall'Ameri-ca Latina (Brasile e Argentina in testa), e persino da paesi per noi lontanissimi dell'A-sia e del Pacifico, come Giappone e Austra-lia.L'analisi delle pagine visitate in base ai contenuti fornisce altri elementi di valutazio-ne. La metà delle pagine viste proviene dalla sezione dedicata al nostro giornale, “L'aruspice”. Seguono le pagine visitate dedicate alla recensione di libri e ai resoconti di viaggi e di escursioni. Sono sulla cresta dell'onda gli articoli dedicati agli usi e costu-mi nell'antichità (i vestiti: 18.000 richieste; le acconciature delle donne romane: 12.800; l'alimentazione e il matrimonio greco-romano: 8.800 ciascuno); ai monumenti famosi (il Vallo di Adriano: 17.000), le re-censioni ai libri sulla civiltà degli etruschi e dei romani (“The Etruscan Cities and Ro-me”, in inglese, di Scullard: 11.200; “Le origini di Roma” di Ogilvie: 4.900) ma non solo (“Il Medioevo” di Gatto: 7.900). Buono il traffico che tocca le pagine che con i co-siddetti links indirizzano verso altri siti web di argomento storico e archeologico (“La storia nella rete”: 4.900), ma non solo (“I musei”: 3.500). In un ambito di interesse locale, i numeri sono più bassi, essendo più limitato il bacino di utenti, ma tutt'altro che trascurabili: “Il castellaccio dei Monteroni”: 3.700; “Notizie locali”, raccolta di brevi notizie di interesse del territorio cerite: 3.600; “Cerveteri. Da città di tombaroli e palazzinari a patrimonio dell'umanità”: 3.200; “Un po' di luce sulla storia antica di Ceri”: 3.100; “Paesaggi negati”: 3.000; “Cerveteri in bilico tra UNESCO e abusivi-smo”: 2.800; “Giacinto Bruzzesi, un ceretano tra i Mille”: 2.500. Mediamente inferiore, invece, i numeri sui settori di attività dell'as-sociazione: le pagine di apertura delle sezio-ni dedicate ai settori restauro, subacquea e ricognizione segnano rispettivamente 3.300, 1.500 e 1.300 richieste. Occorre investire di più per arricchire i contenuti delle sezioni dedicate ai settori. l contatore del nostro sito web finora è sempre aumentato. Ciò è inco-raggiante, ma è anche uno stimolo a non adagiarsi, perché se l'aggiornamento del sito web viene trascurato nel giro di poco tempo il traffico dei visitatori diminuisce. Il sito web deve costantemente rinnovarsi, soprat-tutto nel contenuto. Forse può essere utile incontrarsi per viaggiare insieme nella rete sui temi dell'archeologia e della storia e di-scutere come migliorare il nostro sito web. A presto!

Giampiero Marcello

IL GRUPPO ON LINE: IL SITO WEB

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LE ATTIVITA’ DEL CENTRO STUDI MARITTIMI (C.S.M.)

L ’inizio dell’attività operativa del Centro Studi Marittimi (C.S.M) del

Museo del Mare e della Navigazione Anti-ca di S.Marinella risale alla fine del 2003 quando, a seguito di reiterate segnalazioni di attività clandestine subacquee, il diretto-re Enei e lo scrivente decisero di interveni-re per salvaguardare e documentare ciò che rimaneva del cospicuo patrimonio sommerso giacente nelle acque antistanti la villa romana con annesso porto e pe-schiera in località “le Grottacce” in corri-

spondenza del Km 58,200 della statale Aurelia, dove l’Itinerarium Maritimum di epoca antonina (II sec. d.C.) qui localizza la stazione di Panapione. Il primo impianto della villa risale alla metà del I sec. d.C. con successive trasfor-mazioni ascrivibili al III sec. d.C. La parti-colarità dell’edificio sta nel fatto che esso era dotato di ben 14 cisterne per la conser-va dell’acqua dolce, alimentate da un ac-quedotto che sfruttava una vicina sorgente. La peschiera a pianta semicircolare poggia su una piattaforma in pietraforte ed è co-struita in opera cementizia. E’ costituita da almeno sei vasche e da un canale che dall’apice dell’emiciclo convogliava le acque per il ricambio all’interno. Tra due vasche fu recuperata una grata in piombo ancora in situ con funzione divisoria ora custodita presso il Museo del Mare e della Navigazione Antica. La larghezza è di 1,195 metri l’altezza di 0,55 metri, lo spessore di 0,02 metri, per un peso che raggiunge i 135 chilogrammi. Numerosi sono i fori per il passaggio dell’acqua del diametro di 0,02 e 0,01 metri, quest’ultimi realizzati successivamente ed in modo disordinato per aumentare il flusso

dell’acqua. Di eccezionale importanza risulta essere la posizione ancora in opera della grata per poter risalire all’antico li-vello del mare di duemila anni fa. Infatti il bordo inferiore della stessa, poggiato su una soglia, risultò sommerso a circa 1,30/1,40 metri, sotto l’attuale livello. Tale misurazione indica il livello del mare all’epoca della costruzione della peschiera, mentre l’altezza della grata andava a co-prire con un certo margine di sicurezza superiore l’escursione di marea che nel

Mar Tirreno risulta essere di 0,40/0,45 metri. Tale risultato è suffragato da recenti studi sulle variazioni del livello del mare in generale e sul mar Tirreno in particola-re, che possono essere riassunti nei se-guenti movimenti naturali: eustasia, cioè l’innalzamento del livello del mare, tetto-nica, ovvero la struttura e le successive fasi di assestamento della crosta terrestre, ed infine l’isostasia glaciale ed idrica dovuta al peso delle colonne di ghiaccio ed acqua sul mantello terrestre che ha forti caratteristiche di elasticità. Questi nuovi risultati scientifici mutano notevolmente le precedenti considerazioni riguardo il livel-lo antico del Mar Tirreno che calcolavano l’innalzamento del mare da duemila anni a questa parte in 0,60/0,65 metri. Per quanto riguarda il piccolo porto che sorge ad est del promontorio, esso è deli-mitato da una massicciata frangiflutti che si sviluppa dal limite orientale della pe-schiera in direzione SO-NE per una lun-ghezza di circa 170-180 metri, ed una lar-ghezza di 25 metri ripiegando poi a Nord verso l’imboccatura . E’ costituito da un accumulo di pietre di piccole dimensioni e da un muro in calcestruzzo poggiato sul

bordo esterno con funzione di frangi onda largo 1,50 metri ed alto 0,80 metri. L’area così delimitata copre una superficie di ca 7000 metri quadri, mentre la profondità attuale è compresa tra 1,5 e 3,00 metri a cui vanno aggiunti 1,00/1,20 metri d’interro costituito da uno strato di matta (alghe e sabbia) e da uno sottostante di materiale ceramico, mattoni e pietre. Le nostre ricerche hanno portato alla riscoper-ta di almeno tre relitti di imbarcazioni romane nel suo interno, già studiati negli anni 70/80 dallo scrivente nell’ambito dell’attività del Gruppo Archeologico Ro-mano (G.A.R.). In particolare quello inda-gato, definito A, giace a soli 1,20 metri di profondità e la struttura lignea dello scafo è visibile per ca 4,20 metri di lunghezza per 2,70 metri di larghezza. Si riconoscono almeno otto corsi di fasciame ancora in connessione con il consueto sistema a mortase e tenoni, il paramezzale con la scassa dell’albero e due paramezzalini, alcune ordinate ed il paiolato. Si tratta certamente di una imbarcazione che non superava i 12-13 metri di lunghezza per 4-5 m. di larghezza la cui propulsione dove-va contare più sulla spinta dei remi che su quella di una vela. All’inizio del 2005 l’attività si è poi concentrata nello spec-chio di mare compreso tra il castello di S. Severa e la punta di Macchia Tonda, ful-cro del progetto Pyrgi Sommersa. Le no-stre ricognizioni hanno subito dato buoni risultati con la scoperta di un relitto medie-vale o rinascimentale ( probabilmente una Galea) dentro il porto canale a 2,00/2,50 metri di profondità in prossimità della scogliera di difesa moderna del castello. Di tale relitto rimangono i resti per una lunghezza di 12-13 metri di una chiglia larga 0,20 metri con una mastra al centro larga 0,40 metri per 1,20 metri, e di ordi-nate lunghe 2,00 metri, larghe 0,16 metri altrettanto distanti tra loro. Tra gli oggetti rinvenuti, che facevano probabilmente parte del carico dell’imbarcazione, attrez-zature veliche (anelli e ganci) e ceramica rinascimentale. Infine molta attenzione è stata posta alla determinazione del livello del mare in epoca etrusca basandoci sullo studio di alcune strutture sommerse, sco-perte e rilevate negli anni passati, compre-se tra il castello e l’area dei templi. In par-ticolare un pozzo etrusco che può essere datato in base ai materiali ivi rinvenuti nel V secolo a.C. il cui fondo è situato ad una profondità di 2,60 metri, farebbe determi-nare l’innalzamento del livello del mare dall’epoca etrusca ad oggi ad almeno 2,20 metri.

Stefano Giorgi

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M i occupo delle ricerche di archi-vio e bibliografiche che riguar-

dano la storia di Santa Severa e del territorio cerite, di cui fa parte il nostro gruppo. Per questo motivo consulto testi antichi e moderni, pergamene e manoscritti che si trovano nelle varie biblioteche romane, ma a volte mi reco anche fuori Roma. Per il nostro 2° Convegno ho presentato tre carte nautiche, conservate presso la Biblioteca Guarnacci di Volterra. Sono carte poco note, rispettivamente del XV, XVI e XVII secolo: - di Pietro Roselli, eseguita nel 1447 “in civitate maioricana”; - di Diego Homem, portoghese, datata al 1560; - di Placidus Caloiro e Oliva, eseguita “ in Nobili Urbe Messanae anno 16..”. Sono disegnate tutte su pergamena e rappresentano il bacino del Mediterra-neo con l’indicazione di tutti i porti, i promontori, i fiumi e le principali città. In tutte è indicato il porto di Santa Se-vera seguito da Capo Linaro e Civita-vecchia. Le carte nautiche iniziano ad essere prodotte alla fine del XIII secolo fino agli inizi del XVIII. La più antica è la Carta Pisana, datata intorno al 1290 che si trova a Parigi. In tutte le carte nautiche è sempre indicato il porto di Santa Severa. Nella Carta Pisana è indicato con “scasivera” per Sancta Sivera.

Importanti documenti si trovano nelle varie biblioteche di Roma. Presso la Biblioteca Nazionale Centrale è conservato il Codice Farfense del IX secolo, che narra la passione e il marti-rio di Santa Severa e testi-m o n i a l’esistenza di una tomba ve-nerata dalla p o p o l a z i o n e “in loco quod nominatur pi-gris iuxta mare miliaro ab urbe roma trigesimo quinto”. La Biblioteca Apostolica Va-ticana custodi-sce il codice m a n o s c r i t t o Regesto di Far-fa che Gregorio di Catino iniziò a com-pilare alla fine dell’XI secolo, dove è riportato il primo documento che nomi-na la località “civitatis sanctae severa-e”, nell’atto di donazione fatto a favore della Abbazia di Farfa nel 1068 da “gyrardus inclitus comes filius bonae memoriae girardi incliti comitis habita-tor in territorio maritimano”, identifica-to come Gerardo di Galeria, figlio di quel Gerardo che faceva parte di una delle fazioni in lotta per la nomina del

Pontefice, tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XI. Altro importante documento, del 1482, è il passaggio di proprietà della tenuta di Santa Severa all’Ospedale di Santo Spirito, registrato negli atti del notaio capitolino Camillo Be-nimbene, nel Fondo S. Spirito dell’Archivio di Stato di Ro-ma. Tale proprietà viene man-tenuta per circa 5 secoli du-rante i quali vengono operati interventi di manutenzione e di abbellimento, firmati con gli stemmi del Precettore in carica, come quello sopra il portale della chiesa che è di Agostino Fivizzani, Commen-datore che la fece costruire nel 1594. Recentemente è stato trovato un altro stemma, che potrebbe

provenire da un’altra tenuta, si tratta dello stemma della famiglia Spinola che ha dato all’Ospedale S. Spirito due Commendatori: - Giovanni Battista Spinola dal 1688 al 1689; - Giorgio Spinola, parente del preceden-te, che dal 1706 al 1711 ha coadiuvato il

Commendatore Bernardino Casali, trop-po vecchio, morì infatti a 92 anni. Stemmi di famiglie nobili che si sono succedute nella proprietà della tenuta di Santa Severa, si trovano in un mano-scritto del XVII secolo presso la Biblio-teca Angelica. Un manoscritto sulle stesse famiglie si trova presso la Biblio-teca Vallicelliana. Il fondo più impor-tante sulle vicende del Castello di Santa Severa è quello dell’Ospedale di S. Spi-rito, presso l’Archivio di Stato di Roma, che contiene piante e disegni, catasti e registri di conti. Inoltre nell’Archivio di Stato si trovano i catasti: - catasto alessandrino (1659-1661) o chigiano, voluto da Papa Alessandro VII (Fabio Chigi) - catasto piano, noto come gregoriano, iniziato nel 1803 da Papa Pio VII e ri-preso poi da Papa Gregorio XVI, che verrà acquisito dallo Stato Italiano nel 1870. Altro interessante fondo si trova presso l’archivio del Museo del Risorgi-mento, situato sopra il Vittoriano, dove si possono consultare le vedute che il capitano di Stato Maggiore francese C. Vertray disegnò lungo il percorso della via Aurelia, da Civitavecchia a Roma, quando, nel 1849, l’esercito francese venne per abbattere la Repubblica Ro-mana. Spedizione che si concluse con la sanguinosa battaglia sul Gianicolo.

Franca Gentile

LA RICERCA IN ARCHIVIO

Stemma del Commendatore Carlo Dondini da una pianta di Castel di Guido

Particolare della carta nautica di Pietro Roselli del 1447

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Q uando è iniziata questa avventura il Gruppo Archeologico Cerite non

avrebbe mai immaginato di imbattersi in interessanti affreschi della S. Severa romana e alto medioevale. In un primo momento si è pensato ad un rinvenimen-to fortuito, successivamente, la mole del materiale e lo studio accurato della stra-tigrafia suggerirono una serie di quesiti a cui si potrà rispondere solo dopo il com-pletamento dell’indagine archeologica. Si tratta, infatti, del riempimento di una porzione degli ambienti indagati costitu-ito da un gran numero di frammenti di intonaco dipinto e mosaico, non siamo, quindi, di fronte al crollo della decora-zione pittorica di una parete ma, i manu-fatti hanno diversa origine nel tempo e

nello spazio. La Soprintendenza Archeo-logica per l’Etruria Meridionale ha rite-nuto indispensabile predisporre un pron-to intervento per rallentare la velocità del degrado dei reperti rinvenuti. Un oggetto sepolto da un tempo più o meno lungo avrà, infatti, raggiunto un equili-brio con l’ambiente che lo circonda e il momento dello scavo sarà, quindi, alta-mente traumatico, l’assenza di luce e condizioni stabili di umidità e tempera-tura verranno repentinamente modificate e il degrado, da questo istante in poi, sarà accelerato. Il compito del restauratore specializzato nella conservazione archeologica è quel-

lo di rallentare, quanto più possibile, le alterazioni dei manufatti e garantire la leggibilità delle informazioni che ci tra-mandano. Una serie di metodiche codifi-cate dall’Istituto Centrale per il Restau-ro, dall’ICCROM e da altri enti vengono applicate per quanto riguarda il recupero sullo scavo, l’imballaggio, il trasporto, l’immagazzinamento e il restauro degli oggetti. La tecnica esecutiva dei dipinti murali, di epoca romana scoperti a S. Severa è relativa al “buon fresco” nasce, in origine, per proteggere il muro e di-viene un modo per decorare ambienti interni ed esterni. La parete veniva rego-larizzata con uno strato di calce e inerte grossolano, chiamato rinzaffo, seguito da un secondo strato di calce e inerte a granulometria media, detto arriccio con un terzo strato di calce e inerte sottilis-simo, l’intonachino, su cui si fissava il colore attraverso la reazione chimica della carbonatazione. La natura dell’affresco che lo rende un lapideo artificiale non lo protegge da tutta una serie di problemi conservativi che riguardano sia lo strato pittorico che la preparazione. Nel momento del recupero l’intera superficie dei fram-menti appariva ricoperta di depositi coerenti e incoerenti (terriccio e incro-stazioni), che impedivano il riconosci-mento della cromia e degli elementi decorativi, e, sugli strati preparatori, erano presenti, inoltre, fessurazioni e fratturazioni. Le operazioni di restauro, hanno previsto la pulitura e il consoli-damento della preparazione, mentre è stata eseguita la qualificazione della superficie pigmentata (pulitura leggera) allo scopo di riconoscere la tipologia del colore e la presenza di figure.

Il risultato è stato “stabilizzare” lo stato di conservazione ed acquisire nuovi dati che riguardano la presenza in quella fase del sito di alcuni tipi di affreschi, ricon-ducibili al terzo e al quarto stile pompe-iano, insieme ad altri con caratteristiche tecnologiche e decorative di un epoca più tarda. Il restauro costituisce un mo-mento di conoscenza e, in quest’ottica, si auspica il proseguimento delle opera-zioni con la ricerca delle pertinenze tra i frammenti, l’assemblaggio e il trasferi-mento delle composizioni significative su un apposito supporto che, con gli altri materiali recuperati sullo scavo, si vor-rebbe vedere esposti in una mostra di-dattica.

Lo scavo non ha visto solo la scoperta di un gran numero di intonaci dipinti, ma, nello stesso riempimento sono affiorati, grandi frammenti di mosaico pavimenta-le bianco a decorazioni geometriche nere, con porzioni di massetto ancora presenti. Vitruvio ci riferisce che la tec-nica dei pavimenti musivi di epoca ro-mana prevedeva tre strati preparatori, un primo di pietrisco fine, un secondo (statumen) compatto di malta ed un ter-zo (nucleus) con frammenti di terracotta, le tessere erano allettate direttamente nel nucleus. Come ci insegna lo studio delle tecniche artistiche la realtà si discosta spesso dalle notizie riportate dalle fonti letterarie, infatti, i mosaici recuperati nello scavo del Castello di S. Severa sono costituiti da uno spesso strato di calce e inerti grossolani, “a fresco”, co-me per la pittura murale, su cui si impo-sta un sottile strato di malta che accoglie le tessere in pietra. I problemi conserva-tivi riguardavano la perdita di tessere del margine e le fessurazioni della prepara-zione. Dopo la documentazione grafica e fotografica dell’insieme e delle parti che lo compongono con le loro connessioni si è proceduto alla pulitura, al consolida-mento e alla velatura delle tessere del bordo dei mosaici che costituivano la zona a rischio per la perdita del materia-le. Appositi supporti in legno erano stati realizzati a misura per alloggiare i reper-ti che sono stati fatti scivolare su questi, trasportati fuori dallo scavo e collocati in un locale idoneo alla loro conserva-zione.

Anna Gruzzi

PRIMI INTERVENTI DI CONSERVAZIONE SUI REPERTI DELLO SCAVO DI S. SEVERA

Frammento di affresco di epoca romana

Parte di mosaico geometrico in bianco e nero

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S iamo un gruppo di persone che de-dica il proprio tempo al recupero

dei reperti. In questi anni abbiamo ini-ziato la nostra attività sotto la guida del compianto Sergio Sallusti, con la ricom-posizione degli scheletri di Pian Sultano che ha consentito ad un nostro socio di effettuare una ricerca accurata sulle ca-ratteristiche somatiche (altezza e struttu-

ra dei defunti) e soprattutto sul tipo di alimentazione (carenze o eccessi alimen-tari), sul tipo di attività lavorative (lavori agricoli o pesanti, leggeri) e sulle malat-tie e probabili cause di decesso. In questa prima fase si è formata una squadra affiatata e molto motivata a voler continuare nel lavoro di eventuale restauro. Ognuno di noi ha frequentato a proprie spese corsi di restauro in loco che purtroppo non risultano confortati dal rilascio di attestati. Nonostante ciò abbiamo proseguito nella nostra attività cercando di coinvolgere anche la soprintendenza, vedi il tentativo di ricatalogazione di tutti i reperti abban-donati negli scantinati de “La Posta Vec-chia”, (circa 20.000). Ma dopo un par-ziale lavoro di recupero e suddivisione per categorie di materiali, ceramiche, marmi, vetri, metalli, ecc. non ci è stato dato il permesso di proseguire. Nel frat-tempo il GATC, denunciando anche il progressivo degrado dei mosaici policro-mi che si trovano sempre a “La Posta Vecchia” (le strutture in acciaio poste sotto i mosaici, data la vicinanza del mare, si stavano ossidando facendo spaccare i mosaici stessi). Sempre in accordo con la soprintenden-za, la squadra di restauro eseguiva un accurato rilievo delle zone degradate e interessate dalle strutture metalliche con apposita apparecchiatura messaci a di-sposizione da un nostro associato, per-

mettendo alla soprintendenza, vista la cronica mancanza di loro mezzi e perso-nale, di appaltare i lavori per la messa in sicurezza e ripristino dei mosaici stessi. Successivamente, con lo scavo nel ca-stello di S. Severa davanti al museo, la nostra attività è stata rivolta praticamen-te al recupero, pulizia dei reperti, alla suddivisione di tutti i frammenti per tipologia di materiale (ceramica, marmi, vetri, metalli, intonaci, ecc) e alla catalo-gazione con quel lavoro certosino di scrivere su ogni bordo di frammento ritrovato con inchiostro di china nero o bianco a seconda del colore del materia-le l’unità di scavo dove è stato rinvenuto il pezzo. Poi siamo passati alla compilazione del-l e s ch ed e . Lavo r o f a t t o con l’indispensabile aiuto dell’archeologo Dr. Flavio Enei per il riconoscimento esatto dei reperti (i vari tipi di ceramica) oltre che alla numerazione dei pezzi, il tipo di materiale, ecc. per poi raccoglier-li e conservarli in apposite cassette e classificarli per numero di unità di sca-vo. Ciò permetterà lo studio dei reperti in tempi successivi. Qualche elemento del gruppo si è anche specializzato nella ricostruzione grafica delle sagome degli oggetti più significa-tivi. Usando il compasso, il profilome-tro, riga e squadre si riesce a ricostruire la sezione e la vista dell’oggetto con il conseguente riconoscimento e attribu-zione dell’epoca. In ultima analisi con la supervisione di un archeologo del gruppo (nella nostra associazione ce ne sono almeno quattro) possiamo procedere all’assemblaggio e alla ricomposizione di oggetti ceramici da effettuarsi con collanti reversibili e, se l’oggetto raggiunge circa il 70% dell’insieme, anche al reintegro dei pez-zi mancanti con l’aiuto di gesso dentisti-co e ossidi vari in combinazione secon-do le modalità e i dosaggi previsti dalla soprintendenza. Ora, con gli scavi alla “Casa del nostro-mo” siamo ancora nella fase di pulitura e cernita, infatti non abbiamo ancora catalogato tutti i reperti anche se un paio di vasi di uso domestico di epoca medie-vale sono stati assemblati e integrati e una brocca solo assemblata, lasciata cioè senza integrazioni non avendo raggiunto il 70% della consistenza. Questo per quanto riguarda il lavoro da

noi svolto, mentre per il futuro mi preme rammentare quanto asseriva il compian-to Ludovico Magrini riguardo i volonta-ri: “ I danni che il patrimonio culturale ha subito dalla sorda ostilità degli am-bienti ufficiali nei confronti del volonta-riato organizzato, ostilità che purtroppo è ancora ben viva in molti ambienti ac-cademici e di riflesso in molte Soprin-tendenze, sono stati enormi: mentre l’Italia veniva letteralmente saccheggiata da un esercito di tombaroli, corsa in lungo e in largo da mercanti d’arte senza scrupoli che acquistavano tutto, dal vaso d’Eufronio ai documenti degli archivi parrocchiali, dai reperti rubati nei musei ai frammenti ceramici recuperati dai butti medievali, soprintendenti, ispettori, professori universitari, assistenti aveva-no un solo incubo: quello di qualche centinaio di volontari organizzati e di-chiarati che chiedevano di collaborare con lo Stato per difendere, valorizzare e soprattutto – massimo degli scandali! – ricercare. Furono scomodati sommi giuristi e av-vocature di Stato per sancire che nell’Italia democratica tutto è permesso nel nome della libertà, salvo che la ricer-ca archeologica, compresa quella di ri-cognizione superficiale, di raccogliere un frammento ceramico da un campo arato e, orrore!, di studiarlo e pubblicar-lo! Resteranno memorabili alcuni processi contro giovani dei Gruppi Archeologici accusati di aver sottratto ai campi arati fondi di pocula acromi di epoca romana. Più o meno negli stessi anni in cui il Lisippo bronzeo di Fano faceva la com-parsa nel Paul Getty Museum di Mali-bù.”

Renato Tiberti

IL SETTORE RESTAURO DEL GRUPPO CERITE

Scodella in maiolica arcaica dallo scavo

Scavo di S. Severa: ceramica in maiolica arcaica

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Da a l cun i ann i mi in t e r e s so dell’organizzazione delle visite guidate alle strutture della villa romana situate nella zona sottostante l’albergo di Palo Laziale, frazione di Ladispoli, comune-mente noto come “La Posta Vecchia”. Attività questa iniziata nel 2000 a cura di Roberto Zoffoli e sviluppatasi ininter-rottamente fino alla data odierna, in con-seguenza della quale è stato realizzato un totale di visitatori stimato in circa 2000 presenze, risultato che può essere ritenuto più che lusinghiero stante il limitato numero di mesi di apertura dell’hotel durante l’anno. Tale progetto culturale ha trovato rea-lizzazione in seguito all’accesso a que-sto importante sito archeologico accor-dato a suo tempo dalla proprietà dell’albergo alla nostra associazione, che ha continuato a consolidarsi in que-

sti anni grazie alla fattiva ed insostituibi-le collaborazione che il GATC ha frat-tanto fornito, finalizzata proprio alla valorizzazione ed alla tutela della villa in argomento. La struttura che ospita l’albergo nasce nel 1706, edificio realizzato per volontà di Livio I Odescalchi, a quel tempo pro-prietario dell’attiguo castello, su proget-to dell’architetto Raiffi, destinata a perti-nenza di quella fortezza. Nell’Ottocento verrà destinata a stazione di posta e cambio cavalli, a cui farà seguito, suc-cessivamente, un servizio di locanda. Una testimonianza al riguardo ci è forni-ta da George Dennis, diplomatico ingle-se studioso della cultura etrusca, che

trovandosi a transitare sulla via Aurelia, trascriverà in un memoriale la circostan-za di aver pernottato presso la “Posta Vecchia” di Palo Laziale definendola, fra l’altro, un “luogo accogliente”. Un secolo dopo, precisamente nel 1966, il petroliere californiano Paul Getty ac-quisterà tale struttura con l’intento di trasformarla in villa. Durante i lavori di consolidamento dell’ edificio tornano alla luce i resti della villa romana. Dieci anni dopo il magnate in argomento ven-derà lo stesso ad una società che lo de-stinerà ad albergo, giustappunto la “Posta Vecchia”. La storia di questa villa marittima va collocata fra il II-I secolo a.C. ed il IV-V secolo d.C.. Si tratta di un sito archeolo-gico composto principalmente da due specifici settori: a) la pars urbana, area destinata ad abi-

tazione del proprietario della villa, com-prensiva degli ambienti di servizio, oggi situata nella zona sottostante dell’hotel. Al suo interno è possibile ammirare: la vasca dell’impluvium posta al centro dell’atrium, di forma rettangolare in opera vittata con tracce di successive fasi di rivestimento in marmo e opus signinum, vasca perimetrata da un corri-doio in opus signinum, del tutto lacuno-so; un tratto di corridoio con pavimenta-zione in arte musiva policroma del IV sec. d.C., con motivi floreali e geometri-ci, in parte lacunoso; una parete di detto corridoio recante tracce di decorazione marmorea costituita da lastre di marmo cipollino contornate da cornici di marmo

africano e porfido rosso, oltrechè un gradino in marmo (verosimilmente l’ingresso della stanza del tablinum); una pavimentazione a mosaico policro-mo con motivi floreali e geometrici del IV sec. d.C., arte musiva riferita alla stanza del triclinio; l’antiquarium, rica-vato da un ambiente di servizio della villa, circostanza desumibile dalla pre-senza in detto luogo di tracce di un fo-gnolo, proveniente forse da una vasca, che degrada nelle immediate vicinanze di una pozzetto di scolo delle acque, con pareti interne in opera reticolata, munito di pedarole. In questo locale vengono esposti parte dei reperti rinvenuti duran-te gli scavi della villa, fra i quali si men-zionano varie tipologie di anfore, fram-menti di marmi, ceramica sigillata afri-cana e italica, lucerne ed altro interes-sante materiale. b) la pars rustica, costituita dall’area adibita presumibilmente ad azienda agricola e relativi servizi, oggi sparsa nella zona adiacente l’ingresso dell’albergo. Della stessa sono visitabili: un cortile costituito da una pavimenta-zione rettangolare in opus spicatum , a tratti lacunosa, che risulta delimitata in un lato da un tratto di mura in opera reticolata a cui si appoggiavano tre pila-stri con volta a botte dei quali rimango-no solo le basi con tracce di rivestimento in marmo lunense; una cisterna del II-I sec. a.C., discretamente conservata, lun-ga 24 metri e larga oltre 3 metri, con volta a botte, recante ancora molte tracce del suo originario rivestimento in opus signinum. Inoltre, in una saletta attigua alla hall dell’albergo è esposta una tela del ‘700 raffigurante la Posta Vecchia, attribuita alla mano artistica di Gaspard Van Wit-tel, pittore fiammingo nato nella seconda metà del 1600, considerato il maestro del vedutismo europeo. Probabilmente è l’unico quadro a olio che riproduce questa antica stazione di posta. Un ac-querello dell’artista francese Claude Lorraine, esposto al Louvre a Parigi ed un disegno del tedesco Philipp Ackert, ora all’Accademia di Vienna, si pongo-no tra altre rare opere aventi per sog-getto la Posta Vecchia. Naturalmente, quanto finora ho cercato di illustrare non rende giustizia alla bel-lezza e all’importanza di questo patri-monio archeologico, sicuramente meri-tevole di essere visitato.

Valerio Contrafatto

LA VILLA ROMANA DE “LA POSTA VECCHIA”

La Posta Vecchia ed il Castello Odescalchi, visti da Google Maps

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I l settore ricognizione del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite

nasce nel 1999 dall’esigenza di creare all’interno dell’associazione un gruppo di persone specializzato nella ricerca archeologica per mezzo della ricogni-zione sul campo e lo studio dei reperti, con finalità di schedatura, tutela e con-servazione di tutte le presenze archeolo-giche del territorio comprendente l’area

da Castel di Guido fino a S. Marinella, inclusi i monti Ceriti e Tolfetani. Obbiettivo prioritario del Settore Rico-gnizione è la conoscenza approfondita del territorio antico, lo studio delle sue radici e della sua storia, per essere in questo modo meglio compreso e di con-seguenza più tutelato e salvaguardato. Dall’anno 2000 il settore collabora con il Dr. Enei alla ricognizione sistematica dell’antico Ager Caeretanus, fornendo un valido supporto per la stesura della nuova carta archeologica del territorio di Cerveteri. Un corso propedeutico alla ricognizione prepara i soci che intendano partecipare alle attività in programma. Il corso, sud-diviso in due fasi, una teorica in sede ed una pratica sul campo, vuole fornire le basi ai neo “ricognitori” per essere inse-riti, in un secondo momento, nell’organico operativo del settore dove potranno approfondire una propria spe-cializzazione: fotografia e rilievo arche-

ologico, disegno reperti, schedatura digitale dei dati. Parallelamente alle attività in programma, il Settore orga-nizza periodicamente, a scopo divulgati-vo e conoscitivo del territorio, trekking, escursioni, passeggiate archeologiche-naturalistiche in collaborazione anche con altre associazioni (Gruppo dell’Erbario, Associazione Pedalando). Tra le più riuscite: week-end sui monti

della Tolfa; il trekking “Passeggiando nel passato”di 18 km da Tolfa paese al Castello di S. Severa su tracciati antichi; l’escursione archeo-naturalistica in mountainbike nel bosco di Manziana.

In questi sette anni di attività il Settore si è trovato a percorrere un territorio con zone spettacolari (cascate Voltoloni) con paesaggi bellissimi in alcuni punti ancora poco accessibili e incontaminati (monti Ceriti), ricchi di flora e fauna, di presenze e siti archeologici sconosciuti ed inediti. Ma anche un territorio disa-strato, scomposto e disperso nel suo tessuto topografico originario, violenta-to della sua antichissima storia con sca-vi clandestini (Statua, Cerveteri), scassi distruttivi con arature su ville romane (Borgo S. Martino), lottizzazioni scelle-rate e ristrutturazioni “fai da te” di anti-chi casali (Casal dei Guitti), atti di van-dalismo su beni archeologici (Tomba delle Statue, Tomba delle Colonne Dori-che). Un territorio di cui ne è stato fatto scempio anche a livello paesaggistico con discariche abusive di rifiuti di ogni tipo, edificazioni nei boschi, valutazioni di impatto ambientale non rispettate.

IL SETTORE RICOGNIZIONE

Veduta aerea dell’insediamento medievale di Castiglione

Lamina d’oro con inscrizione greca rinvenuta nel sito di Statua (Ad Turres)

Cerveteri, (Casale dei Guitti): la chiesa medievale di San Paolo “ristrutturata”

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Della ricca e densa attività che in questi anni il nostro Settore ha svolto si presen-ta un sunto delle principali scoperte, dei siti rinvenuti e delle più eclatanti azioni di tutela e denuncia effettuate sul nostro territorio: Castiglione delle Monache (Torreimpietra), Loterno (Tragliata), Saxum (Sasso). Tre siti pressoché sco-nosciuti di epoca medioevale, di cui il Settore Ricognizione ne ha rinvenuto le strutture abitative fortificate con mura, torri, silos, cimiteri e la documentazione della loro storia da antiche fonti scritte e topografiche. Attualmente i tre siti sono oggetto di studio con il rilievo delle strutture, dei reperti con documentazio-ne didattica finale. Statua (Aurelia), Tomba delle Statue (Ceri), Casal dei Guitti (Cerveteri). Tre azioni di tutela, come in località Statua - l’antica Ad Turres - dove è stata

sottratta agli scavatori clandestini una lamina d’oro con un’iscrizione in greco del V secolo d.C.; Tomba delle Statue, dove un atto vandalico ha danneggiato uno degli esempi più antichi di scultura funeraria etrusca (VII secolo a.C.) e la denuncia-scandalo del casale fortificato di Casal dei Guitti, edificato su un’antica chiesa del XII secolo cementa-to e deturpato con un restauro ”fai da te”. In questi ultimi anni all’interno del Settore Restauro si sta formando un

“serbatoio” di soci ricognitori interessati alla formazione del neo settore di Prote-zione Civile, in cui la padronanza dell’uso delle carte topografiche e foto aeree, la conoscenza del territorio e l’organizzazione tattica di squadra, sono i presupposti essenziali per un organico operativo, il cui obbiettivo è il recupero di beni culturali in caso di calamità e disastro naturale.

Fabio Papi

Saxum: le strutture di una delle torri della cinta difensiva del castello

Torre Pascolaro: il luogo dell’insediamento medievale

Escursione in mountain bike “Archeobiciclando” sulla antica strada romana nel Bosco di Manziana

La Regione Lazio con delibera No. D0377 del 14/2/06 ci ha iscritti nell’albo regionale delle ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale). Ciò comporta molteplici vantaggi tra i quali la possibilità di accedere a fondi regio-nali per le nostre varie iniziative, poter impiegare giovani del servizio civile, usufruire - dalla prossima dichiarazione dei redditi -degli eventuali fondi messi a disposizione dello stato con il 5 per mil-le che sarà previsto sulle prossime di-chiarazioni dei redditi e la detrazione da parte dei soci della quota associativa da effettuarsi nella denuncia dei redditi. Quest’anno abbiamo ottenuto un finan-ziamento per il progetto “Pyrgi sommer-sa” e ci stanno lavorando i soci del Cen-tro Studi Marittimi.

Abbiamo inoltrato domanda per il finan-ziamento del progetto “Archeobus” che già in passato ha avuto larghi consensi e aspettiamo risposta. Per chi non lo sa consiste in visite guidate sul territorio con un pullman. Siamo inoltre inseriti in un progetto del Centro di servizio del Volontariato che ci segue e ci consiglia sulle varie prati-che, chiamato “Bianca e Bernie” per coinvolgere i giovani dai 18 ai 27 anni che hanno richiesto di fare il servizio civile. In pratica questi ragazzi saranno impegnati nella gestione della segreteria, nel controllo del territorio e in tutte le altre attività dell’Associazione. Noi in cambio cercheremo di formarli nel cam-po dei beni culturali, nella conoscenza storico archeologica del comprensorio,

nozioni di ricognizione, di scavo archeo-logico, di restauro e conservazione e nella gestione della segreteria. Questa esperienza sarà molto importante per i giovani perché prima di tutto verrà riconosciuta nell’ambito di una loro fu-tura occupazione, inoltre permetterà loro di guadagnare qualcosa e sarà anche un arricchimento personale. Questo progetto dovrebbe partire verso la fine di quest’anno. Una ulteriore possibilità di ampliamento delle nostre attività risiederebbe anche nell’iscrizione alla Protezione Civile, in quanto un gruppo di soci si è già propo-sto per effettuare un corso per la salva-guardia e il recupero dei beni archeolo-gici in caso di calamità. Attività, questa, che darebbe ulteriore lustro alla nostra associazione.

Naya Youssoufian

IL GATC: UNA ONLUS PER LA SALVAGUARDIA DEI NOSTRI BENI CULTURALI

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D a sempre l’uomo sente il bisogno di varcare la soglia alla scoperta

del Mondo e la avverte come una neces-sità innata verso la conoscenza di altre civiltà, di luoghi e genti, per la compren-sione della storia che ci ha preceduto che dà un senso alla propria coscienza ed alla profonda consapevolezza di se stessi. La nostra avventura alla scoperta del territorio e della storia inizia nel lontano 1999 con un’escursione che, fin da allo-ra, ha assunto un significato simbolico, a Populonia, la mia terra, con il battesimo del fuoco della nostra guida d’eccezione Flavio che ci accompagnerà poi per tutti questi anni con grande passione ed entu-siasmo. Da allora il percorso non si è mai inter-ro t to e come g l i e s p lo ra to r i dell’Ottocento siamo andati in terre vici-ne e lontane. Il settore è sempre stato uno dei più atti-vi fin dalla costituzione del gruppo; i soci con grande entusiasmo hanno sem-pre partecipato alle molteplici iniziative organizzate per far conoscere il territorio e le più importanti località storico-archeologiche italiane ed estere. Corsi, visite guidate, gite, escursioni e viaggi di studio, sono tutte proposte ac-colte con grande partecipazione di pub-blico. Il Gruppo nel corso degli anni ha portato centinaia di persone alla scoperta del

territorio, dell’Italia antica e di alcune importanti località d’interesse archeolo-gico del mediterraneo. Tra i viaggi di studio si annoverano quelli effettuati in Tunisia, Egitto, Mal-ta, Creta e Turchia. Viaggi destinati ad avvicinare i soci alla conoscenza delle civiltà che hanno fatto la storia del no-stro mondo. Le numerose gite di uno o più giorni hanno invece spaziato tra la preistoria ed il medioevo nel centroitalia e nel meridione. Da Velia a Pisa il Grup-po ha cercato di porsi in contatto diretto con gli antichi tra musei, aree archeolo-giche e monumenti di straordinario inte-resse: Pompei, Ercolano, Baia e i Campi

Flegrei, Cuma, Oplontis, Pozzuoli, Pae-stum, Velia, Ischia, le Ville Vesuviane, Napoli, Palestrina, Tusculum, Roma, Veio, Cerveteri, Civitavecchia, Tarqui-nia, Cosa, Orbetello, Vetulonia, Roselle, Populonia, Arezzo, Pisa, Lucca, sono solo alcune delle città antiche che sono state visitate e studiate con attenzione. Nonostante le numerose mete raggiunte molto resta da conoscere e da scoprire. L’affascinante viaggio tra le cose anti-che proseguirà negli anni per il piacere dei nostri soci e di coloro che si avvici-neranno al Gruppo per la voglia di parte-cipare e di arricchire il proprio bagaglio culturale.

Simona Vagelli

I VIAGGI NEL PASSATO

Letture nell’Odeon a Pompei (foto Carocci)

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In questi giorni ricorre il compleanno de l’Aruspice, infatti sette anni fa nasceva il primo numero che poi non era altro che un numero di prova, questi però portava la dicitura di primo anno e nu-mero uno. Questo numero zero (così) da noi ribattezzato, si apriva con un edito-riale di Flavio Enei a presentazione del giornale ed anche del novello Gruppo Archeologico, stesso articolo riproposto nel numero uno dell’anno dopo, gli altri articolisti di quel numero furono Simona Vagelli, Massimo Dentale, Massimo Sbordoni, Fabio Papi, Franca Gentile ed inoltre il sottoscritto, sei misere e picco-le pagine a formare un numero ormai esaurito, per così dire “chi ce l’ha, ce l’ha”. Dopo pochi numeri, esce un nu-mero importante è quello dedicato al ritrovamento della lamina d’oro da parte di Fabio Papi, reperto recuperato al bi-vio dell’Aurelia per Ceri in località Ad Turres . Altro numero importante è stato lo spe-ciale su Torre Flavia, è il numero 2 del quarto anno di vita del giornale, numero che accompagna una campagna di sensi-bilizzazione intrapresa dal Gruppo Ar-cheologico Cerite per le fatiscenti condi-zioni della torre medesima. Dal nostro giornale l’urlo di disperazione della Tor-re in agonia, ai cittadini ed alle istituzio-ni. Seguono poi numeri dedicati a vari argomenti, come presentazioni di varie mostre, articoli su Cerveteri, la strada romana scoperta nel borgo medievale del Castello di Santa Severa, e con essa il corpicino di un neonato di epoca ro-mana sepolto fuori dall’uscio di casa. Il numero speciale dedicato a Giacinto Bruzzesi, ceretano, colonnello garibaldi-no, scritto da Angelo Ciofi Iannitelli, numero molto importante nella storia del giornale, anche perché è il primo nume-ro che adotta il colore nella pagina di copertina. Il contenuto è il frutto di un grandissimo lavoro di ricerca che Ange-lo fa anche nella speranza di sensibiliz-zare il comune di Cerveteri, sulla figura del suo illustre concittadino grande pro-tagonista del nostro risorgimento. Quest’estate a Cerveteri si è svolta una mostra itinerante del Museo dei Bersa-glieri di Porta Pia di Roma, e con mera-viglia abbiamo scoperto dentro una ve-trinetta, tra una sciabola ed una pistola del generale La Marmora, il nostro gior-

nale l’Aruspice, aperto nella pagina dell’assalto di Villa Corsini. Quest’anno sono accadute molte cose importanti e abbiamo cercato di presen-tarle in due numeri, proprio perché le situazioni, le scoperte sono state così rilevanti che le energie per produrre il giornale, sono state spese per queste cose. Stiamo già lavorando per il prossi-mo numero che conterrà un dossier sugli ultimi scavi e ritrovamenti dentro il Bor-go del Castello di Santa Severa. Abbia-mo portato tutto questo negli uffici e nelle biblioteche comunali, sulle scriva-nie dei sindaci ceriti, nelle edicole, nella rete telematica internet, nelle scuole, insomma lo abbiamo portato in mezzo a noi ed a voi ed è questo che continuere-mo a fare, ci ergeremo sentinella sui problemi archeologici del nostro com-

prensorio, pronti a dare l’allarme se qualcosa dovesse non andare per il verso giusto. Vorrei personalmente ringraziare tutta la redazione e soprattutto i collaboratori e poi i due direttori Barbara Civinini e Flavio Enei per il paziente lavoro svolto ma soprattutto vorrei dedicare un pen-siero a colui che intraprese il viaggio in quest’avventura giornalistica ma che poi ha proseguito da solo un'altra avventura, che spero sia molto più fruttuosa della nostra: Sergio Sallusti. Ora in viaggio verso nuove scoperte e nuovi restauri. Un invito a tutti, infine, a partecipare in qualsiasi modo alla vita del giornale, con contributi scritti, foto e suggerimen-ti. Alla prossima mia ciurma..

Claudio Carocci

L’ARUSPICE SI STA FACENDO GRANDE

CITTA’ DI SANTA MARINELLA - “MUSEO DEL MARE E DELLA NAVIGAZIONE ANTICA”

“COSE, UOMINI E PAESAGGI DEL MONDO ANTICO” Ciclo di Conferenze di divulgazione scientifica 2007 - Castello di Santa Severa, ore 21,15

Venerdì 13 luglio “Castelli Templari in Terra Santa”

Dott. Giuseppe Fort (Direttore Museo Civico di Capena)

Venerdì 20 luglio “Le origini di Roma: le imprese del fondatore e la nascita della città”

Prof. Paolo Carafa (Università della Calabria)

Venerdì 27 luglio “Archeologia navale a Venezia e nella sua laguna”

Prof. Luigi Fozzati, Prof. Marco D’Agostino (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto - Università degli Studi di Venezia)

Venerdì 10 agosto

“Le più antiche presenze umane nell’Italia centrale” Prof. Italo Biddittu (Istituto Italiano di Paleontologia Umana)

Venerdì 17 agosto

“Il Tevere: un’antica via per il Mediterraneo” Prof. Claudio Mocchegiani Carpano

(Ministero per i Beni Culturali - Responsabile Sezione Tecnica per l’Archeologia Subacquea)

Venerdì 24 agosto “Scavi archeologici nel Castello di Santa Severa: la scoperta della chiesa altomedievale”

Dott. Flavio Enei (Direttore Museo del Mare e della Navigazione Antica)

Venerdì 31 agosto “Variazioni del livello del Mare Mediterraneo”

Dott. Fabrizio Antonioli (paleoclimatologo ENEA)

Mercoledì 12 settembre “Leopoli-Cencelle: tredici anni di ricerche archeologiche”

Prof.ssa Letizia Pani Ermini, Prof.ssa Francesca Romana Stasolla (Università degli Studi di Roma “La Sapienza)

Venerdì 14 settembre

“Thefarie Velianas tra Caere e Pyrgi” Prof. Giovanni Colonna (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

Venerdì 21 settembre

“Nuovi dati dall’agro vulcente: le ricerche a Marsiliana D’Albegna” Prof. Andrea Zifferero (Università degli Studi di Siena), Dott. Andrea Camilli (Soprintendenza Archeologica per

la Toscana)

Sabato 22 settembre “Etruschi e stranieri nei santuari di Pyrgi”

Prof.ssa Maria Paola Baglione (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

Venerdì 28 settembre “Dal giorno del Sole al giorno del Signore: il tramonto del paganesimo”

Alessandro Magrini (studioso di filologia e storia antica)

GRUPPO ARCHEOLOGICO DEL TERRITORIO CERITE