Sandra Fratticci - articoli Culturalazio

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10 ottobre 2008 - Pubblicato su www.culturalazio.it Mumbai i diari dalla megalopoli Il film documentario di Giorgio De Finis presentato alla Casa Dell’Architettura di Roma. Fino al 9 novembre Peacebuilding - architetture e identità nelle aree di conflitto. Persone, persone e ancora persone. Che camminano, parlano, gridano, corrono, giocano e studiano sempre e solo nelle strade, gli unici luoghi disposti ad ospitarle, mentre tutt’intorno si stagliano immobili e silenziosi gli immensi grattacieli che ospitano case ed uffici destinati ad un’altra Casta. È questa la Mumbai di Giorgio De Finis, un complesso urbano che sfugge allo sguardo descrittivo dell’osservatore e che continua ad espandersi lasciando cogliere soltanto le sue stridenti contraddizioni ed i suoi contrasti. Prima tappa di un viaggio alla scoperta delle 40 città più popolate del pianeta, sulla nuova Bombay grava il peso schiacciante dei numeri: una densità di 29.000 abitanti per km², destinata ad arrivare a 33.000 nei prossimi 5 anni; 6 milioni di pendolari che ogni giorno si riversano nelle strade cittadine alla ricerca di un lavoro; 60% di senzatetto; 5° posto nella classifica mondiale delle città più inquinate, all’interno di un’economia nazionale che cresce con ritmi vertiginosi, raggiungendo picchi del 2.000%. Un film che cerca di dare un volto ad una realtà indefinita ed indefinibile, raccontandone le molteplici sfaccettature, concentrandosi sui progetti edilizi per poi spaziare dall’economia alla politica, dalla religione all’arte, ma assumendo sempre come punto di partenza e di arrivo la maggioranza senza voce degli indigenti , strato sociale che continua a gonfiarsi annoverando tra le proprie file anche gli appartenenti alla piccola borghesia imprenditoriale ed impiegatizia. Ricostruendo le dinamiche generali che hanno portato, nel 2007, al superamento della popolazione rurale da parte di quella urbana, questo documentario pone una domanda fondamentale: “C’è un limite alla possibilità di espansione di una città?” ed invoca con forza nuove politiche sociali che orientino lo sviluppo della città in una direzione che non sia soltanto quella della speculazione e del profitto. Il racconto si snoda tra immagini, testimonianze, interviste, fotografie in bianco e nero, alternando montaggi a stacco e dissolvenze, luci ed ombre, fragore e silenzio, graduali rallentamenti e brusche accelerazioni, con una miscela espressiva avvincente che coinvolge lo spettatore dall’inizio alla fine. L’anteprima di Mumbai, diari dalle megalopoli, è stata proiettata lunedì 6 ottobre presso la Casa Dell’Architettura di Roma, promotrice insieme al Comune di Roma e all’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia dell’iniziativa Peacebuilding - architetture e identità nelle aree di conflitto , centrata sul ruolo dell’architettura nei processi di ricostruzione delle aree interessate da instabilità e conflitti. Fino al 9 novembre presso la Casa dell’Architettura, sarà ospitata una mostra dedicata a Medioriente, Balcani e paesi Baltici.

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10 ottobre 2008 - Pubblicato su www.culturalazio.it

Mumbai – i diari dalla megalopoli Il film documentario di Giorgio De Finis presentato alla Casa Dell’Architettura di Roma. Fino al 9 novembre Peacebuilding - architetture e identità nelle aree di conflitto.

Persone, persone e ancora persone. Che camminano, parlano, gridano, corrono, giocano e studiano sempre e solo nelle strade, gli unici luoghi disposti ad ospitarle, mentre tutt’intorno si stagliano immobili e silenziosi gli immensi grattacieli che ospitano case ed uffici destinati ad un’altra Casta. È

questa la Mumbai di Giorgio De Finis, un complesso urbano che sfugge allo sguardo descrittivo dell’osservatore e che continua ad espandersi lasciando cogliere soltanto le sue stridenti contraddizioni ed i suoi contrasti. Prima tappa di un viaggio alla scoperta delle 40 città più popolate del pianeta, sulla nuova Bombay grava il peso schiacciante dei numeri: una densità di 29.000 abitanti per km², destinata ad arrivare a 33.000 nei prossimi 5 anni; 6 milioni di pendolari che ogni giorno si riversano nelle strade cittadine alla ricerca di un lavoro; 60% di senzatetto; 5° posto nella classifica mondiale delle città più inquinate, all’interno di un’economia nazionale che cresce con ritmi vertiginosi, raggiungendo picchi del 2.000%. Un film che cerca di dare un volto ad una realtà indefinita ed indefinibile, raccontandone le molteplici sfaccettature, concentrandosi sui progetti edilizi per poi spaziare dall’economia alla politica, dalla religione all’arte, ma assumendo sempre come punto di partenza e di arrivo la maggioranza senza voce degli indigenti, strato sociale che continua a gonfiarsi annoverando tra le proprie file anche gli appartenenti alla piccola borghesia imprenditoriale ed impiegatizia. Ricostruendo le dinamiche generali che hanno portato, nel 2007, al superamento della popolazione rurale da parte di quella urbana, questo documentario pone una domanda fondamentale: “C’è un limite alla possibilità di espansione di una città?” ed invoca con forza nuove politiche sociali che orientino lo sviluppo della città in una direzione che non sia soltanto quella della speculazione e del profitto. Il racconto si snoda tra immagini, testimonianze, interviste, fotografie in bianco e nero, alternando montaggi a stacco e dissolvenze, luci ed ombre, fragore e silenzio, graduali rallentamenti e brusche accelerazioni, con una miscela espressiva avvincente che coinvolge lo spettatore dall’inizio alla fine. L’anteprima di Mumbai, diari dalle megalopoli, è stata proiettata lunedì 6 ottobre presso la Casa Dell’Architettura di Roma, promotrice insieme al Comune di Roma e all’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia dell’iniziativa Peacebuilding - architetture e identità nelle aree di conflitto, centrata sul ruolo dell’architettura nei processi di ricostruzione delle aree interessate da instabilità e conflitti. Fino al 9 novembre presso la Casa dell’Architettura, sarà ospitata una mostra dedicata a Medioriente, Balcani e paesi Baltici.

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14 novembre 2008 - Pubblicato su www.culturalazio.it

Attenti al colpo di Grazia Dall’11 novembre al 7 dicembre al Teatro dei Satiri “Zittotu”, Spettacolo di prosa di e con Grazia Scuccimarra. Musiche di Pino Cangialosi e Grazia Scuccimarra. Luci: Angelo Giuliani.

Ironica critica della società italiana che non risparmia nessuno. Dall’esordio, impietoso a destra e poco tenero anche a sinistra, si scatena un vortice satirico che inghiotte, uno dopo l’altro, i troppi mali che affliggono la nostra moribonda società. Dal precariato giovanile ai giovani con gli slip in vista, dal sesso all’amore, passando per la famiglia, la scuola, la sanità, l’immigrazione, le banche e la raccolta differenziata. Vivace ed energica più che mai, Grazia Scuccimarra torna sul palco del Teatro dei Satiri ed al grido di “Zittotu” arringa una sala gremita che pende letteralmente dalle sue labbra. Non si fermano mai quelle labbra, instancabili ed irriverenti, cantano e parlano, pronunciano l’impronunciabile, regalano frecciate, battute e burleschi aneddoti che scatenano risa ed applausi. Tra una sgridata al bambolotto semi-calvo e un ammonimento al fantasma che pensa ancora di avere voce in capitolo, la Scuccimarra rimette ognuno al proprio posto. Le sue veementi provocazioni, sospese tra ironia e serietà, divertono ed infiammano il pubblico. Frizzanti sferzate, si abbattono sugli spettatori e li invitano a guardarsi intorno, a vedere la degenerazione crescente del nostro Paese, l’idiozia annidata ormai

in ogni angolo, via e parte. Stranamente nessuno sembra accorgersene. Eppure è sotto gli occhi di tutti e tutti contribuiscono ad alimentarla. Una polemica schietta e colloquiale, sicuramente spassosa, che ci invita a rivedere anche le nostre posizioni e a valutare meglio le nostre responsabilità. Troppo comica per essere offensiva, la sua satira si trasforma in un balsamico cortocircuito mentale capace di risvegliare dal torpore anche gli animi più narcotizzati. "La nostra società - dice la Scuccimarra - sta vivendo un grande equivoco in cui valori e disvalori si scambiano di ruolo, confondendo le idee a chi non ha né tempo né voglia per decodificare i subdoli messaggi che giungono da quel potere che tutto manipola e adatta a sé stesso". Il suo spettacolo aiuta proprio a far questo, a prendere coscienza della spazzatura che ci circonda, per decidere se vogliamo iniziare a far pulizia o continuare a vivere in una discarica. Perfetto per chi è convinto che l’Italia sia alla deriva. Assisterà ad un assolo avvincente dal principio alla fine. La gravità dei temi affrontati è stemperata dallo stile brioso e canzonatorio. Il ritmo spumeggiante non perde mai un colpo, giocando con i tempi e le pause in un’altalena di discese e salite che creano terreno fertile per ogni battuta. L’ironia graffiante ha un effetto liberatorio. Lo spettatore è rapito. Il divertimento assicurato.

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28 gennaio 2009 - Pubblicato su www.culturalazio.it

The Prozac Family Dopo il successo della passata edizione, torna in scena al Teatro Parioli di Roma dal 27 gennaio all’8 febbraio “The Prozac Family” dell’autore e regista Marco Costa. Con: Paola Minaccioni, Alessandra Mastronardi, Maurizio Di Carmine, Eros Galbiati e David Simone Vinci. Scene: Tiziana Liberotti. Costumi: Alessandro Bentivenga. Musiche: Stefano Switala.

Commedia pop che descrive con ironia graffiante le schizofrenie della famiglia moderna. Prendete una figlia adolescente (Alessandra Mastronardi) alle prese con un turbolento primo amore (Eros Galbiati), aggiungete un padre in piena crisi di mezza età (Maurizio Di Carmine) ed una madre che cerca di rimettere insieme i cocci (Paola Minaccioni), innaffiate con una generosa dose di Prozac e, ciliegina sulla torta, guarnite con un sedicente Guru pseudo-brasiliano (David Simone Vinci), shakerate bene ed otterrete i Temperini: una esplosiva, esilarante e struggente famiglia del ventunesimo secolo.

“Tutto è iniziato quando papà ha deciso di andare a lezione di capoeira” spiega Margherita, raccontando al suo diario delle calamità che si stanno abbattendo sulla famiglia Temperini. Aurelio cerca disperatamente di combattere gli anni che passano rifugiandosi in un delirio New Age che include pratiche spirituali orientali, dieta a zona, danze brasiliane e viaggi in giro per il mondo a caccia del karma perduto, o forse mai cercato. A guidarlo verso la completa deriva spirituale è il Maestro Pachito, un tuttologo emulo di Don Nascimento che farà una fine ben peggiore. A tentare di scongiurare il cataclisma è invece Lucrezia, che cerca disperatamente di riconquistare il marito sforzandosi di assecondarlo nella sua nuova vita pur di salvare la famiglia. La pedanteria di Aurelio però è talmente disarmante che ogni tentativo di riconciliazione degenera in una scenata isterica seguita da angosciante rimorso e annessa crisi di pianto. Menomale che a consolarla ci sono le sue medicine e le lunghe conversazioni immaginarie con Bruno Vespa, altrimenti rischierebbe di uscirne pazza! E così, tra scene di ordinaria follia e conversazioni surreali che segnano un declino forse inarrestabile, Margherita impara a fare da sé, dimostrando molta più saggezza dei suoi paranoici genitori. Tra sit-com e dramma, lo spettatore è continuamente spiazzato, ride di gusto ad una battuta ma non sa se la prossima lo lascerà sconcertato, assapora questo nettare agrodolce di comicità e disperazione, amore e odio, acume e idiozia. E’ rapito dal ritmo serrato, dai testi brillanti, dalle splendide scenografie, dagli effetti spettacolari e, soprattutto, dall’intensità dell’interpretazione. Una satira amara che mette in luce, con straordinaria lucidità, tutte le falle della famiglia odierna, Prozac family ma anche tv family, intrappolata nelle maglie di un consumismo dilagante che tutto sopprime. Famiglia impazzita, drogata e stordita, incapace di sopravvivere a sé stessa e di lasciare ai propri figli un sia pur minimo sentore di valori. Ce la consegna così Marco Costa, esagerata eppure vera, impacchettata in una bella carta colorata che nasconde però un regalo rotto che non si può aggiustare.