San Giovanni Suergiu 2012

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Guida ai monumenti di San Giovanni Suergiu Monumenti Aperti 2012

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29 30 Settembre 2012

San GiovanniSuergiu

Monumenti Aperti

COMUNE DI SAN GIOVANNI SUERGIU

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Federico Palmas Sindaco

Roberto Pucci Assessore alla Cultura

Sandro Madeddu Assessore al Turismo

Valentina Solinas Assessore ai Rapporti con le frazioni

Laura Deidda Consigliere comunale

Mauro Trullu Consigliere comunale

Elena Locci Responsabile settore Cultura e Turismo

Personale Amministrativo e Tecnico del Comune di San

Giovanni Suergiu

Soprintendenza per i beni archeologici province di Cagliari e OristanoSabrina CisciSede operativa di Sant’AntiocoFranco MereuAnnamaria Basciu

Beatrice Pisu

Dirigente Scolastico

Gruppo Locale di CoordinamentoSan Giovanni Suergiu

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Per il quarto anno consecutivo San Giovanni Suergiu ripro-pone le sue bellezze storiche ed ambientali alla comunità

nell’ambito della manifestazione Monumenti Aperti. Grazie all’impegno congiunto tra l’Amministrazione Comunale, la Soprintendenza per i beni archeologici, l’Istituto Comprensi-vo “Guglielmo Marconi” e le Associazioni, anche nell’edizione 2012 sarà possibile ammirare, visitare e apprezzare tutto il patrimonio storico, artistico e archeologico presente nel no-stro territorio sotto forma di numerose testimonianze. Dalla preziosa necropoli di Is Loccis Santus, efficace testimonianza di epoca prenuragica, passando per la chiesa di Santa Maria di Palmas, significativo esempio di architettura romanica, sino ad arrivare alle trincee e batterie e al Fortino Caposaldo VIII “Avellino” di Palmas Vecchio, ultimi baluardi difensivi della II Guerra Mondiale. Tra i siti vi riproporremo le Saline, per lun-ghi anni fulcro dello sviluppo economico locale e oggi sito di enorme interesse per gli stagni circostanti ricchi di avifauna migratoria e stanziale. Per l’edizione 2012 è nostra intenzione dar particolare rilievo a Palmas poiché sono in corso le celebrazioni per il cinquan-tesimo anniversario della sua fondazione.Quest’anno la manifestazione si arricchisce con l’inserimento di nuovi siti tra cui lo stabilimento chimico di San Giovanni Suergiu, esempio di archeologia industriale, la Chiesa di San Giovanni Battista, le Chiese delle frazioni (Beata Maria Vergine delle Grazie a Palmas, Sant’Elena Imperatrice a Matzaccara e San Raffaele Arcangelo a Is Urigus) e il Medau Is Gannaus, esempio dell’abitato caratteristico sangiovannese.Ancora una volta turisti, visitatori locali e curiosi avranno l’op-portunità di riappropriarsi del loro passato attraverso il varie-gato patrimonio storico, che identifica il nostro Paese come il più importante crocevia del Sud-Ovest sardo di genti e di merci nelle diverse epoche documentate. Il territorio offre le sue bellezze paesaggistiche-ambientali a tutti coloro che sa-pranno apprezzare la natura in tutte le sue peculiarità. San Giovanni Suergiu è lieta di accogliervi e di farvi apprezzare la sua cultura, la sua arte e il suo patrimonio.

Federico PalmasSindaco

Roberto Pucci e Laura DeiddaAssessorato alla Cultura

Sandro Madeddu e Mauro TrulluAssessorato al Turismo

Valentina Solinas Assessorato Rapporti con le frazioni

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Consiglio Regionale della Sardegna Claudia Lombardo Maria Santucciu Regione Autonoma della Sardegna Assessorato al Turismo Luigi Crisponi Artigianato e Commercio

Assessorato alla Pubblica Istruzione, Sergio Milia Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

Direzione Regionale per i Beni Culturali Maria Assunta Lorrai e Paesaggistici della Sardegna Sandra Violante

M.I.U.R. Ufficio Scolastico Regionale Enrico Tocco per la Sardegna Rosalba Crobu

Comune di Cagliari Massimo Zedda Enrica Puggioni

Provincia di Cagliari Angela Maria Quaquero

Ufficio Regionale Francesco Tamponi Beni Culturali Ecclesiastici

UPI Sardegna Francesco Putzu

ANCI Sardegna Cristiano Erriu Umberto Oppus

Università degli Studi di Cagliari Giovanni Melis Università degli Studi di Sassari Attilio Mastino Pinuccia Simbula

Imago Mundi Associazione Culturale Fabrizio Frongia Armando Serri

Consorzio CAMU’ Centri d’Arte e Musei Francesca Spissu Giuseppe Murru

Società Cooperativa Sociale Il Ghetto Alessandro Piludu Nicoletta Manai

Confesercenti Regione Sardegna Marco Sulis Confcommercio Sardegna Gavino Sini

Agenzia Nazionale Gianpiero Liori Sviluppo Autonomia Scolastica

Sardegna Solidale Roberto Copparoni Centro Servizi per il volontariato

Il ComitatoScientifico Regionale

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Turismo, identità e cultura, una combinazione ideale per una terra depositaria di tradizioni millenarie. Oltre che da

spiagge bianche e mare cristallino, i viaggiatori sono sempre più attratti da manifestazioni e itinerari culturali e da località d’arte della Sardegna. Una recente indagine conferma il trend, nel primo semestre 2011 nell’Isola è cresciuta del 20% la frequentazione di luoghi di interesse storico - artistico, un dato con pochi confronti in Italia. Fra le motivazioni alla vacanza, spiccano le visite al patrimonio artistico e monumentale: ‘uno scrigno di tesori’ composto in Sardegna da antichi palazzi e castelli, basiliche e musei, parchi minerari e archeologici, e disseminato sull’in-tero territorio. Un patrimonio da preservare innanzitutto, poi da riscoprire per i sardi e, nel contempo, da condividere con i visitatori con l’accoglienza della quale l’Isola è capace. Da condividere con itinerari culturali, come appunto Monumenti aperti, evento che suscita suggestioni ed emozioni uniche. La domanda turistica è orientata alla ‘memoria’ e alla cultura, perciò la Regione Sardegna promuove l’architettura storico - artistica, simbolo di identità, così da assecondare anche il profilo moderno dei nostri visitatori, culturalmente preparati, rispettosi e desiderosi, oltre che di ‘vivere’ l’unicità di paesag-gi incantevoli, anche di conoscere beni culturali e manifesta-zioni tradizionali.

Luigi CrisponiAssessore regionale del Turismo, Artigianato e Commercio

Anno dopo anno, Monumenti Aperti rappresenta un mo-mento importante che va oltre la semplice manifestazi-

one culturale. È la condivisione della conoscenza del nostro patrimonio di cultura, di memoria e di storia condivisa. È la consapevolezza che i beni culturali rappresentano veramente noi stessi, la nostra espressione artistica e creativa, interprete dell’epoca che li ha visti nascere. È la testimonianza di quanto la cultura non sia un bene privato, ma collettivo, che aspetta di essere riscoperto, esposto, valorizzato, divulgato, fruito.Con Monumenti Aperti si vive un momento popolare e di festa dove un pubblico sempre più attento e consapevole delle po-tenzialità del nostro patrimonio artistico-architettonico, diven-ta protagonista della storia della nostra Isola. La promozione del nostro grande patrimonio culturale si è trasformata nel corso degli anni, proprio grazie a questa manifestazione, in un momento festoso e popolare che raduna giovani e meno giovani, studiosi della materia e semplici curiosi, studenti e volontari culturali. Tutti ugualmente coinvolti in un’attesa op-portunità di arricchimento storico e culturale dove il nostro passato e il nostro presente si fondono per dare a tutti la consapevolezza che dobbiamo tramandarlo gelosamente, nel migliore dei modi, alle generazioni future. Sergio MiliaAssessore regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

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Tutte le indicazioni relative ai singoli monumenti e al territorio saranno reperibili all’Info Point presso Piazza IV Novem-bre che offrirà un servizio di orientamento e distribuzione del materiale informativo. Dalla stessa postazione partirà il bus navetta gratuito che accompagnerà i visitatori alla scoperta del territorio sangio-vannese.I monumenti saranno visitabili gratuitamente sabato 29 settembre dalle ore 15.30 alle ore 19.00 domenica 30 settembre dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 15.30 alle ore 19.00. L’ultimo ingresso ai monumenti Nuraghe Palmas, Trincee sotterranee e batterie della II Guerra Mondiale e la rupe “Sa Coronedda” avverrà alle ore 17.00.

Il complesso delle Saline è visitabile solo con servizio di gui-da, che partirà dall’ingresso dell’area esclusivamente alle ore 16 di sabato 29 e alle ore 10 e 16 di domenica 30 settembre.

Per la visita dei siti archeologici si suggeriscono abbigliamen-to e scarpe comode.È facoltà dei responsabili e degli organizzatori della manife-stazione limitare o sospendere in qualsiasi momento, per la sicurezza dei beni o dei visitatori, le visite ai monumenti.

Gusta il Paese Durante la manifestazione saranno aperti:

Agriturismo AgrifoglioVia Portobotte SS 195 km 95, tel. 0781.68137

Agriturismo Golfo PalmasSS195 km 91, tel. 3496683143

Agriturismo Santa LuciaSP 74 Tratalias Giba, tel. 3485668388

Hotel Ristorante Perda RubiaSP 75 km 2600, tel. 0781.699038

B&B Is Pabis loc. Is Pabis 4, tel. 3383431057/3288313762

Informazioni utili

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San Giovanni Suergiu centro paese:Mostra del Modellismo navale, locali del Mercato civicoMostra sulle Ferrovie Meridionali Sarde San Giovanni Suergiu, Piazzale FMS

Ore 18.00, Aula Consiliare in via Roma.Conferenza di Studi Il Sulcis e Palmas Suergiu dall’età moderna all’epoca contemporanea, in occasione delle celebrazioni per il 50° anniversario di Palmas Nuovo, che si chiuderanno il 14 Ottobre 2012, a cura dell’Associazione Cul-turale Palmas Vecchio, in collaborazione con l’Università degli Studi di Cagliari, la Soprintendenza Archivistica per la Sarde-gna e AMD Edizioni di Cagliari.

San Giovanni Suergiu Aperta ore 21.00Musica etnica con Natascia Capurro del Gruppo Solkinos e Gianluca “Quintomoro” Cotza & Laura Cotza

Musica Itinerante con la Banda Musicale Ennio Porrino di San Giovanni Suergiu

Medau Is Gannaus Tra... Ballus e Cantus e Antichi Mestieri

Medau Is Loccis SantusLaboratorio “dal Grano al Pane”Mostra di Ricamo Antico e Moderno

Palmas Nuovo, locali della ex Scuola ElementareMostra fotografica da Palmas Vecchio a Palmas Nuovo 1962-2012Mostra del costume sardoMostra del giocattolo anticoMostra dei macchinari e degli attrezzi agricoli

Palmas Vecchio, presso il fortino Caposaldo VIII Avellino Mostra sulla seconda Guerra Mondiale, relativa al territorio del Sulcis, (adiacente alla chiesa)

Presso la Chiesa di S. Maria di Palmas e la centrale ter-moelettrica di Santa Caterina saranno allestite mostre fo-tografiche con immagini relative agli interni, non visitabili, dei due monumenti.

Eventi Collaterali

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Storia di San Giovanni Suergiu e del suo territorio

Il centro abitato attuale ha probabile origine bizantina, ma il primo popolamento del territorio di San Giovanni Suergiu risale al Neo-litico Finale, epoca alla quale si ascrivono le più antiche sepolture rinvenute, le domus de janas della necropoli di Is Loccis Santus, che hanno restituito materiali della Cultura di Ozieri. Da questo momento in poi le tracce delle varie culture diffuse nel resto della Sardegna si moltiplicano anche nel territorio sangiovannese, di-venendo particolarmente cospicue per l’età nuragica, per la qua-le sono attestati almeno tre nuraghi complessi e numerosi altri monotorre. Anche i periodi punico e romano videro un fitto po-polamento del territorio, benché i resti di queste epoche, più labili dei precedenti, non si siano conservati in misura così imponente.In età medievale tutta quest’area rientrava nella curatoria di Sulcis o Sols, che apparteneva al Giudicato o Regno di Calari ( 900-1258), composto da sedici curatorie, La Partecipazione, nel 1257, di Ugolino della Gherardesca, Conte di Donoratico, con lo zio Gherardo, alla spedizione promossa dalla Repubblica di Pisa contro il filo genovese re di Calari, Guglielmo III-Salusio VI, procu-rò ai Della Gherardesca la sesta parte del Calaritano, compren-dente Sulcis, Decimo, Nora e Cixerri. Il Sulcis andò a Gherardo. che ne mantenne il possesso, in qualità di Signore, anche dopo lo sbarco degli Aragonesi nel 1323. La conquista della Sardegna parte dall’assedio di Villa di Chiesa, che soccombe dopo 6 mesi e gli stessi Pisani vengono sconfitti nella Battaglia di Lutocisterna. Il trattato di Pace viene firmato nel 1324. In virtù di questa resa da parte di Pisa il territorio Sulcitano, incamerato tra i possedi-menti del Regnum Sardiniae, viene infeudato a Gherardo della Gherardesca il Giovane, che nel 1350 diviene Signore di Sulci o Sols, con riconoscimento di vassallaggio nel 1352 ai re catalano-aragonesi del regno di Sardegna. Il Sulcis quindi viene comple-tamente infeudato e nel 1627 acquista il titolo marchionale, di-ventando Marchesato di Palmas e rimane tale sino al 1840, anno del suo riscatto. Sino alla prima metà del 1300 i villaggi isolani si mantengono vitali per poi gradualmente spopolarsi tra la fine del XIV e l’inizio del XV sec.. La crisi del microsistema rurale colpisce in primo luogo tutta la Sardegna meridionale, ricca di zone colti-vabili, i villaggi costieri si spostano nell’entroterra, lasciando una

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Storia di San Giovanni Suergiu e del suo territorio

voluta impressione di desolazione ed abbandono a chi giunge dal mare, al fine di scoraggiare gli assalti pirateschi, che ormai sono sempre più frequenti. I centri di San Giovanni e Palmas si ripopolano dopo il 1781 ed entrarono a far parte del feudo dei Bou-Crespi.Nel 1853 Palmas viene eretto Comune del Regno e con il R.D. del 14 Settembre 1862 assume la denominazione di Palmas Suergiu e quello che all’epoca si chiamava Suergiu ne diviene frazione. La sede comunale rimane nel paese di Palmas sino al 1890, anno del trasferimento nel più centrale paese di San Giovanni, anche se la titolazione comunale resta Palmas Suergiu. La questione con il tempo è causa di confusione tra Palmas, non più sede comunale e San Giovanni, che per questa ragione di-venta con Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 13 marzo 1950 San Giovanni Suergiu. Il paese di Palmas, divenuto frazione di San Giovanni Suergiu, perde la sua importanza ammi-nistrativa e nella seconda metà del XX sec. viene trasferito nella località di Bassa Manna. La costruzione del lago di Monte Pranu, inaugurato il 24 giugno 1851, ne è la causa. Le filtrazioni d’acqua dalla sponda sinistra della diga causano affioramenti nel centro abitato compromettendo la staticità e le condizioni igieniche di tutte le abitazioni. Il 22 Giugno 1959 l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Sardegna stabilisce che la redazione del progetto della nuova borgata di Palmas e gli accertamenti delle proprietà degli abitanti vengano affidati al Consorzio di Bonifica L’abitato di Palmas viene ricostruito tra il 1960 e il 1962 e il 16 ottobre 1962 viene inaugurato dal Presidente della Regione Sardegna Efisio Corrias con il Sindaco di San Giovanni Suergiu , Giovanni Madeddu. Nel corrente anno la borgata di Palmas compie i suoi primi 50 anni. Le celebrazioni sono iniziate il 5 agosto scorso e prosegui-ranno sino al 14 ottobre con eventi culturali ed artistici di grande spessore. La storia del territorio è però scritta anche dalle vicende che in-teressarono gli abitati delle frazioni e dei medaus, per le quali si rimanda alle singole schede (Medau Is Loccis Santus, Castello di Palmas, Postazione panoramica di Matzaccara).

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Chiesa romanica di

San GiovanniVia Garibaldi, San Giovanni Suergiu

Intitolata a San Giovanni Battista (anche se secondo alcuni anziani si tratterebbe di San Giovanni Evangelista), la chiesa, sconsacrata e in avanzato stato di rovina, si trova nella via Garibaldi, ai margini dell’abitato attuale, ma anticamente essa doveva trovarsi al centro di quel Suergiu da cui si è sviluppato il paese moderno. Essa fu la parrocchiale del comune fino al 1935: fu abbandonata per lo stato di precaria conservazione in cui versava e mai recuperata, finché ven-ne sostituita dall’attuale chiesa, inaugurata nel 1959 (pregevole sulla facciata il mosaico di Filippo Figari che rappresenta San Giovanni Battista e i frutti della terra irrigata dalla diga di Monte Pranu, in primo piano). L’edificio è segnalato per la prima volta dalle fonti nel 1341 e la sua costruzione risale probabilmente a pochi decenni prima: in base all’impianto tardoromanico e alla decorazione di matrice toscana, gli studiosi ipotizzano che la sua edificazione si possa porre tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo. Realizzata in calcare e trachite locali, si conservano oggi solo la facciata nella sua parte inferiore e alcuni tratti

del fianco settentrionale, dove si individuano una monofora e una porta architravata sormontata da una lunetta a tutto se-sto, entrambe oggi tam-ponate. La facciata pre-senta paraste d’angolo e lesene che la ripartisco-no in cinque specchi e il

portale architravato è sormontato da un arco di scarico sopracigliato; lo specchio centrale è concluso in alto da quattro archetti ogivali con un piccolo lobo. Questo impianto è confrontabile con quello della chiesa di San Ranieri (oggi Madonna del Pilar) a Villamassargia e con quello di San Nicola di Narcao (oggi distrutta, ma conservata fino al XX secolo), la cui facciata era in entrambi i casi scompartita da lesene raccordate in alto da una serie di archetti parallela allo specchio con il portale e obliqua lungo gli spioventi del frontone: si può pertanto ipo-tizzare con buon fondamento una simile prospetto anche per il mo-numento di San Giovanni. Nello spigolo sinistro della facciata, poco sotto l’altezza degli archetti, si conserva un concio che presenta una croce greca clipeata a bracci ansati scolpita a basso rilievo. Solo nei documenti d’archivio inerenti la dismissione dell’edificio (relazione dell’ufficiale sanitario e di un ingegnere incaricato) sono ricordati il soffitto ligneo a capriate e la pavimentazione in piastrelle di cotto. Per il resto, l’interno è conosciuto esclusivamente in base a una relazione effettuata nel 1933 dal parroco, che ricorda l’esistenza di un fonte battesimale in trachite “diviso in due parti” e recante l’immagine di San Giovanni Battista. Il presbiterio era separato dal resto della chie-sa da una balaustra; accanto ad essa, addossato alla parete sinistra, si trovava il semplice pulpito in legno privo di baldacchino. Il sacerdo-te ricorda poi la presenza di tre altari e di altrettante statue lignee, una del patrono, una di S. Isidoro e una di S. Biagio. Sul lato sinistro del presbiterio una porta conduceva alla sacrestia e alla canonica. Si fa cenno, infine, ad una bifora campanaria con due campane, di diverse dimensioni: probabilmente si trattava di un piccolo campanile a vela.

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Necropoli di

Is Loccis SantusLoc. Is Loccis Santus, seguire le indicazioni stradali dalla SS 126.

La necropoli di Is Loccis San-tus, costituita da 13 sepolture a domus de ja-nas, è una delle più importanti del Sulcis, in-sieme a quella di Montessu a Villaperuccio.Gli studiosi ascrivono il suo primo utilizzo, con lo scavo delle grotticelle, al Neolitico Recente, intorno al 3000 a.C., quando in tutta la Sardegna si diffuse la Cultura di Ozieri. Ma il maggior numero di reperti ritrovati in queste sepolture appartiene alla Cultura “del vaso campaniforme”, che prende il nome dal vaso a forma di campana caratteristico di quest’epoca e che fu diffusa in tutta l’Europa. Si tratta di ceramiche decorate con file di puntini e segni riempiti di materiale di colore diverso, su fondo nero o scuro, di grande pregio estetico. Questi reperti sono oggi esposti al Museo “Villa Sulcis” di Carbonia e fanno parte della Collezione Doneddu.La necropoli di Is Loccis Santus fu in uso per molti secoli, almeno fino agli inizi del II millennio a.C., prima di essere abbandonata.Uno degli aspetti più interessanti di questo sito è costituito dalla for-ma delle grotticelle: alcune di esse, infatti, presentano una planimetria che ricorda un fiore con i petali, caratteristica del Sulcis, che non si ritrova in nessuna altra parte della Sardegna. Si distinguono, inoltre, la terza tomba sulla destra a partire dall’ingresso dell’area, caratteriz-zata da un’architettura particolarmente accurata e importante, con sviluppo planimetrico longitudinale e dromos di accesso, e la tomba IV, collocata nella parte più alta della necropoli, con planimetria simile alla precedente e un corridoio di accesso pavimentato in piccoli ciot-toli. Presso questa sepoltura si individua anche un menhir abbattuto; numerosi altri si trovano ancora nelle aree circostanti il sito.Sull’altura retrostante la necropoli si conserva un piccolo nuraghe monotorre, in parte crollato. Ma la bellezza di questo sito archeolo-gico non è solo legata alle tracce delle civiltà antiche. Sulla sommità della collina, infatti, si conservano alcune postazioni antiaeree della Seconda Guerra Mondiale (entrambe queste emergenze non sono purtroppo visitabili).Infine, si può osservare da quest’area uno tra i più bei panorami del Sulcis, con vista sull’isola e sulla laguna di Sant’Antioco verso ovest, sull’isola di San Pietro a nord e sul Golfo di Palmas fino a Capo Teu-lada a sud.

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I medaus sin dal ‘700 punteggiano tutto il territorio del Sulcis ed in particolare quello di San Giovanni Suergiu, dove se ne contano anco-ra circa 60. Si trattava di piccoli agglomerati (i più grandi contano una ventina di case o poco più) in cui abitavano le famiglie che lavoravano i terreni circostanti o vi pascolavano il bestiame e spesso prendono il nome proprio dalla famiglia principale o che per prima vi era andata a stare. Un gran numero di questi borghi è oggi abbandonato, per tanti motivi legati alle trasformazioni nelle attività lavorative prevalenti e per i di-sagi connessi alla lontananza dal centro urbano principale, divenuto sempre più popoloso nel corso del XX secolo, anche grazie al gran numero di persone che dai medaus si trasferivano in centro. In realtà alcuni di essi (Is Loccis, Is Collus, Is Urigus, che oggi ha anch’es-so raggiunto dimensioni considerevoli) godevano di alcuni servizi, in particolare di strutture destinate alle scuole elementari, oggi natural-mente chiuse per mancanza di allievi e per ragioni di razionalizzazione delle spese.

Medau Is GannausLoc. Is Gannaus, sulla SP 75 seguire le indicazioni e i cartelli Monu-menti Aperti

I Medaus

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Medau Is Loccis SantusLoc. Is Loccis Santus, dalla SS 126 seguire le indicazioni per l’omo-nima necropoli e i cartelli che segnalano il borgo.Il medau di Is Loccis Santus, in particolare, è uno degli esempi più felici di questi abitati così caratteristici del territorio sulcitano. Mai del tutto abbandonato, esso negli ultimi dieci anni è stato recuperato e ristrutturato, con grande rigore filologico, da una delle famiglie che vi aveva origine, che ne ha fatto una struttura turistica ricettiva estrema-mente attenta ai valori della tradizione e al rispetto dell’architettura antica. Tutte le case sono state infatti restaurate con mattoni in terra cruda (ladiri) realizzati con il materiale argilloso a disposizione nei din-torni del medau e i tetti con canne e legno come si faceva anticamen-te. Inoltre, anche le mattonelle e gli arredi sono realizzati artigianal-mente in loco e perfino i colori delle pareti esterne sono stati preparati miscelando pigmenti provenienti dai terreni circostanti il borgo.

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Tra le costruzioni della prima fase dell’architettura romanica in Sarde-gna si annovera la chiesetta di Santa Maria di Palmas, ricordata per la prima volta nelle fonti documentarie nel 1066, quando il giudice di Càlari Orzocco-Torcotorio I de Lacon-Gunale ne fece dono ai monaci Cassinesi, insieme ad altri cinque titoli, fra i quali la non lontana chiesa di Santa Marta a Villarios. La costruzione dell’edificio si suole ricondur-re ai primi decenni dell’XI secolo, probabilmente al primo ventennio. Secondo alcuni studiosi la chiesa sarebbe stata donata nel 1089 ai monaci Vittorini di Marsiglia, ma non tutti sono concordi: l’ipotesi più verosimile è infatti che il titolo ricordato dalle fonti sia da identificare con un monumento omonimo situato nella curatoria del Campidano. La chiesa sulcitana è invece sicuramente quella ricordata sulla porta bronzea dell’abbazia di Montecassino, ove tre formelle dell’anta de-stra recano inciso l’elenco delle chiese possedute dai Cassinesi du-rante gli anni dell’abate Oderisio II, tra il 1123 e il 1126.Realizzato in conci calcarei e trachitici, l’edificio è costituito da un’aula mononavata con l’abside rivolta a nordovest e impostata su un basso zoccolo. Il fianco settentrionale è scandito da larghe paraste d’angolo, mentre tre semicolonne suddividono l’abside in specchi asimmetrici, dove si trovano due monofore; la base della semicolonna sinistra, a differenza del resto dell’edificio, è in tufo verdognolo. La facciata a capanna, molto semplice, è conservata nella sua fase romanica fino a circa due terzi dell’altezza, mentre la parte soprastante con il cam-panile a vela è da ascrivere ad un rimaneggiamento del XVIII secolo, testimoniato anche dal rosone reniforme, così come i filari superiori dei muri perimetrali. Il monumento, dopo l’abbandono del paese trasferi-to, in altra sede, cadde in rovina sino al 1996 quando venne restituito al culto ed alla collettività, grazie all’impegno di Don Nicolino Vacca, appassionato studioso della storia locale, che tanto si spese per resti-tuire al monumento la dignità storica, architettonica ed artistica.

L’interno non è visitabile, ma una mostra fotografica permetterà ai visitatori di cogliere gli aspetti più caratteristici del monumento.

Chiesa di

Santa Maria di PalmasLocalità Palmas nei pressi della SS 195, poco dopo il ponte sul rio Palmas.

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Lo spopolamento della costa sulcitana e in particolare della città di Sulci nei secoli dell’alto medioevo portò con sé un incremento signi-ficativo della popolazione delle aree che accolsero chi fuggiva dai territori ormai divenuti poco sicuri e tra queste quella in cui si trova l’attuale frazione di Palmas. A partire dal IX secolo, infatti, posse-diamo l’attestazione della Villa di Palmas di Sols (o Soxo o Sulcio, a seconda delle fonti), che divenne un centro importante prima di de-cadere intorno alla metà del XV secolo, quando venne abbandonata per essere ripopolata tra il XVIII e il XIX secoloA protezione della Villa di Palmas di Sols era una cinta di mura, di cui rimane qualche traccia, e, incorporato nel suo tracciato, il cosiddetto castello. Non rimane molto di questa struttura, almeno in assenza di indagini archeologiche più approfondite: si conservano infatti i soli resti di una torre tronco-conica in grossi conci di pietra vulcanica, che originariamente si articolava su due piani, per un’altezza originaria tra i 10 e i 12 metri circa e un diametro esterno che si lascia rico-struire per un totale di circa 7,5 metri. Potrebbe trattarsi del castello ricordato da alcune fonti, secondo le quali i Gherardesca gherardiani, cui apparteneva la Villa dopo la fine del giudicato di Càlari nel 1258, fecero erigere una struttura difensiva distrutta nel 1323 dagli Arago-nesi, a seguito dello sbarco operato proprio in questa località, nel Golfo di Palmas.Secondo altri studiosi, invece, questa struttura sarebbe stata fatta erigere nell’XI secolo dai giudici di Càlari, mentre esiste un’altra ipo-tesi secondo la quale l’opera sarebbe stata costruita dagli Aragonesi a difesa della villa dopo il loro sbarco: in mancanza di studi specifici è evidentemente difficile dire quale di queste ipotesi possa essere la più convincente.

Castello di

PalmasLocalità Palmas, svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S. Maria e proseguire per un chilometro circa.

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Sulla sommità della omonima collina, non lontano dall’antico abitato di Palmas, distrutto nel 1962 a causa delle infiltrazioni provenienti dalla vicina diga di Monte Pranu e ricostruito poco lontano su terreno più salubre, si individua un imponente nuraghe, presumibilmente di pianta trilobata, anche se la mancanza di regolari indagini scientifiche non consente di spingersi oltre nelle ipotesi.È questo uno dei nuraghi complessi presenti nel territorio di San Gio-vanni Suergiu, almeno tre per quanto si conosce fino ad oggi: Crami-nalana, Candelargiu e, appunto, Palmas. Queste importanti strutture, insieme ai numerosi nuraghi monotorre, alle tombe di giganti e ai poz-zi sacri conosciuti, costituiscono un’ulteriore, importante riprova della diffusione capillare delle strutture nuragiche anche nelle aree costiere della Sardegna, a sfatare la convinzione invalsa nell’immaginario po-polare che i nuraghi siano caratteristici delle aree interne dell’isola.Questo monumento si segnala, inoltre, per la posizione panoramica in cui si trova, dalla quale è possibile godere della vista sui territori di San Giovanni Suergiu e di Tratalias, sul bacino del Rio Palmas (che in antico poteva essere navigabile per qualche chilometro), su tutto l’omonimo Golfo e sulle isole di Sant’Antioco e San Pietro, permet-tendo al visitatore di toccare con mano i vantaggi della scelta logistica operata dagli architetti nuragici.Il monumento è raggiungibile imboccando la deviazione che dalla SS 195 conduce alla chiesetta romanica di S. Maria di Palmas e percor-rendola per poco più di un chilometro.

Nuraghe

PalmasLocalità Palmas, svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S. Maria e proseguire per un chilometro circa.

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Il sito di Monte Palmas, come gli altri modesti rilievi costieri del territo-rio, tornò ad avere importanza durante la seconda Guerra Mondiale.Sul monte sono presenti diverse trincee sotterranee che è possibile visitare anche dall’interno.Ai suoi piedi correva la linea difensiva (arco di contenimento) affidata ai reparti della 205ª Divisione Costiera del Regio Esercito Italiano. Il sito fu scelto per impiantare ben 2 batterie di artiglieria. La 36ª Batte-ria, completa di osservatorio, piazzole e camminamenti protetti, era armata con vecchi cannoni Krupp-Ansaldo modello 1906, di calibro 75 millimetri. La batteria apparteneva al XVII Gruppo Artiglieria da Posizione Costiera, inquadrato a sua volta nel 47° Raggruppamento Artiglieria con sede di comando a Carbonia. Per le caratteristiche dei pezzi, il tiro era limitato ad un compito antisbarco, con azione sulle spiagge del settore. Merita assoluta tutela l’osservatorio, ancora do-tato di colonnina di punteria in muratura e di alcune incisioni originali, praticate nella feritoia di osservazione.La seconda batteria di Monte Palmas (654ª) apparteneva invece al LXXXV Gruppo batterie della 17ª Legione della Milizia Artiglieria Con-traerei (DICAT/MACA) ed era armata con i moderni e ottimi pezzi con-traerei da 90/53, capaci di contrastare formazioni nemiche in quota e di effettuare tiri secondari, antisbarco e contro natanti. Il compito della DICAT, nel settore, era di difendere gli impianti del bacino carbonifero grazie a 6 batterie di artiglieria contraerea e diverse batterie di mitra-gliere da 20 millimetri.Non lontano, a Terra Monsignori, era schierata una ulteriore batteria antisbarco del Regio esercito, la 203ª del LXXXIII Gruppo, armata con cannoni da 149/35. Gli osservatori di servizio erano ubicati su Monte Palmas.

Trincee sotterrane e

Batterie della II Guerra MondialeLocalità Palmas, Svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S. Maria e proseguire per un chilometro circa.

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Il caposaldo VIII di Palmas Vecchia è un m o n u m e n t o storico del-la seconda Guerra Mon-diale. Si ar-ticola su 4 casematte in c a l c e s t r u z -zo: la numero 67 per canno-ne e mitraglia-trici (camuffata da caseggiato

attiguo alla antica Chiesa); la 68 e la 69 (camuffate da casa) e la po-stazione 70, probabilmente mascherata da passaggio a livello della linea ferroviaria industriale Pantaleo-Santadi-Porto Botte, attiva tra la fine del XIX secolo e la seconda metà del XX.Sin dal giugno 1940, il XIII Corpo d’Armata (Sardegna) fu incarica-to dallo Stato Maggiore del Regio Esercito di studiare i siti idonei a realizzare sistemi fortificati contro sbarchi degli Alleati, a difesa de-gli approdi, dei centri produttivi e delle vie di facilitazione. Nel Sulcis le principali difese furono concentrate a Sant’Antioco e nella zona dell’arco di contenimento Santa Caterina. Questa linea bloccava le rotabili e le ferrovie che si dipartivano dal Golfo di Palmas in direzione di Carbonia, Siliqua e Teulada-Santadi.La linea difensiva contava circa 90 postazioni in cemento ripartite in 24 capisaldi. Esistevano inoltre fossati anticarro, trincee e reticolati. Ogni caposaldo aveva il compito di resistere a 360° fino all’ultima cartuccia, cioè “anche se circondato o superato dal nemico”. La costruzione av-venne nel 1942-43. Le casematte erano servite dagli uomini del 129° Reggimento (comando a Giba) in forza alla 205ª Divisione Costiera (co-mando a Carbonia, poi a Iglesias). Immediatamente a tergo della linea difensiva si trovavano numerose batterie di artiglieria, dell’Esercito e della Milizia Artiglieria Contraerei (MACA/DICAT). Monte Palmas, alle spalle del caposaldo VIII, conserva importanti vestigia di queste batte-rie e dei relativi osservatori.Il compito della linea difensiva era di bloccare azioni di Commando e sbarchi di modesta entità. In caso di uno sbarco nemico in forze, sarebbero giunte per effettuare dei contrattacchi le “forze mobili” e i “gruppi tattici”, che nel settore appartenevano agli organici del 45° Reggimento della divisione “Sabauda” (comando a Iglesias, poi Do-musnovas). Le strutture dell’arco di contenimento Santa Caterina si tramandano sostanzialmente integre, rappresentando un ottimo ter-reno per iniziative di valorizzazione.

Caposaldo VIII Avellino di

Palmas VecchioLocalità Palmas, svoltare dalla SS 195 all’altezza della chiesa di S. Maria.

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Non lontano dall’odierno abitato di San Giovanni Suergiu, in località Palangiai, sorge uno tra i più imponenti complessi nuragici del territo-rio. Il nuraghe Candelargiu, ricoperto di terra fin quasi all’architrave di quello che era verosimilmente il principale ingresso, fu probabilmente nei secoli oggetto di riutilizzo, come indicano le tracce di malta e intonaco su alcuni dei suoi muri. Si tratta di un poderoso nuraghe in andesite a pianta trilobata, frutto dell’aggiunta di due torri secondarie davanti al mastio, collegato da muri che cingono un cortile centrale. Non lontano dal nuraghe sorge una capanna di dimensioni notevo-li; vicino ad esso si trova inoltre un pozzo accuratamente rifasciato all’interno, anch’esso di probabile datazione all’età nuragica. Riman-gono tracce di un antemurale. Giovanni Lilliu ascrive la costruzione del mastio al Bronzo Medio e quella delle due torri secondarie al Bronzo Finale.Questo nuraghe dimostra ancora una volta la densità dell’occupazio-ne del territorio del Sulcis, e di quello di San Giovanni Suergiu in par-ticolare, nel corso dei secoli della civiltà nuragica. È questo un fatto che in realtà non deve sorprendere più di tanto, se si considera la ric-chezza di questa regione, non solo dal punto di vista dell’agricoltura e della pesca, ma anche grazie alla sua posizione a controllo degli ap-prodi più comodi di tutto il sudovest sardo e dunque dei naturali punti di approvvigionamento dei preziosi minerali metalliferi delle montagne sulcitane da parte di mercanti provenienti da tutto il Mediterraneo.

Nuraghe

CandelargiuLocalità Is Calendargius, dalla SS 195, dopo l’uscita da San Gio-vanni Suergiu svoltare a sinistra in direzione Palangiai.

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Entrata in funzione nel 1939, la centrale di Santa Caterina è uno degli esempi più significativi di archeologia industriale del Sulcis e testimo-ne efficace dello sviluppo industriale di questa regione nella prima metà del ‘900. Negli anni della seconda Guerra Mondiale la centra-le, mediante la combustione del carbone proveniente da Serbariu, polverizzato in loco da un frantoio, fornì energia non solo al com-plesso minerario sulcitano ma perfino all’area di Cagliari, attraverso un’apposita rete di collegamento. La centrale rimase in uso fino al 1963 e definitivamente dismessa nel 1965, anche se alcune strutture ospitarono fino al 1985 la “Stazione sperimentale per le ricerche sugli isolamenti con inquinamento di tipo salino” dell’ENEL. La sua collo-cazione fu determinata principalmente dalla vicinanza alle acque della laguna, impiegate per il funzionamento e raffreddamento delle mac-chine. Il complesso era costituito da tre principali corpi di fabbrica, all’interno dei quali trovavano posto i generatori di vapore, i distillatori di acqua marina con le pompe di alimento, i turbo-alternatori e i qua-dri da 5 KV. Di queste strumentazioni non si conserva oggi purtroppo più molto, sebbene l’acquisizione della struttura alcuni anni fa da par-te del Comune di San Giovanni Suergiu e la conseguente chiusura dell’area abbiano contribuito a preservare ciò che rimane.Di sicuro interesse è l’architettura dell’edificio principale, costituito da tre corpi di altezze differenti. Un ulteriore elemento di interesse di questo complesso riguarda le strutture complementari che si trovano nell’area circostante la centrale vera e propria. Ad alcune centinaia di metri dall’area, si trovano alcune palazzine destinate originariamente ad ospitare il capo centrale e i capi turno e, in seguito, operai ed im-piegati; il loro abbandono risale alla metà degli anni ’80. Nello stesso periodo fu costruito e avviato anche uno dei primi impianti sperimentali di energia eolica, in uno dei siti più esposti al vento (in particolare al maestrale) dell’intero continente europeo, ma dopo pochi anni venne anch’esso abbandonato. L’interno della struttura non è purtroppo ac-cessibile, in quanto gli ingressi e le finestre sono stati murati per ragioni di sicurezza. Un’eloquente mostra fotografica è però visitabile nell’edifi-cio recentemente ristrutturato sulla destra del cancello d’ingresso.

Centrale termoelettrica di

Santa CaterinaLocalità Santa Caterina, sulla SS 196, svoltare a destra poco prima dell’istmo di Sant’Antioco.

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Oggetto di grande curiosità è da alcuni anni a questa parte la rupe antropomorfa situata nei pressi dell’abitato di Is Urigus, sul versante della collina di Crabonaxia retrostante la necropoli di Is Loccis San-tus. Si tratta di uno spuntone trachitico piuttosto imponente che pre-senta i tratti di un enorme volto umano (sopraciglia, naso, bocca, mento) e per tale motivo è stato da molti interpretato come traccia di culti preistorici, addirittura riconducibili alla civiltà egizia. In riferimento a tali teorie è probabilmente invalso il nome di “sfinge” con cui è po-polarmente conosciuto.Al momento non è in realtà possibile determinare se questa roccia sia stata così configurata da agenti umani oppure atmosferici, se cioè sia l’esito dell’intervento deliberato di una civiltà antica oppure il semplice risultato dell’azione del sole, della pioggia e del vento nel corso dei secoli. L’ipotesi più verosimile è che si tratti di una roccia modellata dal tempo, dal momento che non esiste in Sardegna alcunché di lon-tanamente confrontabile, che permetta di inserirla all’interno di una ben precisa facies culturale, ma questo non impedisce di provare una forte suggestione nel trovarsi di fronte a un monumento naturale dai tratti così singolari.

Sa Coronedda nota come Rupe antropomorfaLocalità Is Loccis Santus, dopo il Medau segnalata da appositi cartelli.

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Uno dei punti più panoramici del territorio di San Giovanni Suergiu, oltre alla sommità delle colline di Monte San Giovanni, Punt’e Mesu e Pizzo Bianco, è quello in cui si trova la vedetta dell’Ente Foreste, in prossimità della frazione di Matzaccara. A conferma della posizione strategica di questa località è il fortino della seconda guerra mondiale che ancora la presidia, struttura dalla quale poteva ben essere con-trollato tutto il golfo di Palmas e la laguna di Sant’Antioco fino all’isola di San Pietro.A differenza delle altre alture del territorio, questa è particolarmente vicina al mare. Dalla sua sommità è inoltre possibile osservare l’area della frazione di Matzaccara, ricca di testimonianze archeologiche a tutt’oggi poco conosciute. Non è ancora stato possibile, infatti, iden-tificare con precisione il sito dell’antica Populum, ma ormai gli studio-si sono pressoché concordi nell’identificare in quest’area la sede del centro (forse un vicus) citato dal geografo Tolomeo nella sua Geogra-fia del II sec. d.C. A sostegno di tale ipotesi cospicui resti di necropoli e strutture termali. Oltre a questi, si segnalano inoltre domus de janas e strutture nuragiche, oltre ai lacerti della strada che conduceva dalla città di Sulci a Cagliari e che passa alle spalle dell’altura, non lontana, di Monte Sirai.Per lunghi secoli dopo l’età medievale questo territorio rimase però prevalentemente spopolato. Al 1810 si ascrive invece l’atto notarile di “ristabilimento d’un Villaggio posto nel sito denominato Mazzacara giurisdizione del Marchesato di Palmas”. A partire da questo mo-mento un gruppo di 22 famiglie provenienti da Portoscuso e da San Giovanni Suergiu si insedierà nel territorio ridando vita, fino ad oggi, all’antico villaggio che vi esisteva.

Postazione panoramica

MatzaccaraSegnalata da appositi cartelli dal centro del paese di Matzaccara.

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La Salina di Sant’Antioco si estende su una fascia pericostiera lunga circa 20 km, per una profondità massima di circa 3 km. Realizzata nei primi anni sessanta mediante opere di regimazione e collegamento di lagune costiere esistenti, entrò in produzione nel finire dello stesso decennio. La superficie utile coperta dalle acque, variabile stagional-mente, è di circa 1500 ettari, suddivisa, in ragione delle funzioni as-solte per l’attività produttiva, in evaporante (1300 ettari) e salante (200 ettari). La restante parte di superficie coperta dalle acque costituisce la zona salante, nella quale si ha la precipitazione del cloruro di sodio. Questa zona viene continuamente alimentata durante la campagna salifera con l’acqua satura preparata nella zona evaporante, che qui raggiunge densità prossime ai 30° Bè. Il movimento delle acque a ciclo continuo viene realizzato sfruttando per la maggior parte del-la superficie il dislivello naturale del terreno; ove ciò non è possibile provvedono 6 stazioni idrovore di sollevamento dislocate in diverse zone della Salina. La quantità di acqua di mare utilizzata per la produ-zione del sale, variabile in funzione dei parametri climatici che gover-nano il regime di evaporazione, e dunque dell’andamento stagionale.Il periodo più favorevole alla produzione comprende i mesi che van-no da maggio a settembre: le operazioni di pompaggio hanno inizio quando le evaporazioni prendono il netto sopravvento sulle piogge.Durante il restante periodo dell’anno l’attività produttiva è tesa alla conservazione delle caratteristiche delle acque presenti nelle diver-se zone evaporanti, così da avere un effetto polmone all’inizio della campagna salifera successiva. Queste procedure tecnico operative, oltre ad assumere rilevante importanza dal punto di vista strettamen-te produttivo, garantiscono una limitata escursione intorno ai livelli medi delle diverse zone, garantendo la salvaguardia e la sostanziale costanza delle precipue caratteristiche di questi importantissimi siti, che costituiscono uno straordinario habitat soprattutto per la sosta e lo svernamento dei limicoli, di spatole, gru, aironi bianchi maggiori e di piccoli gruppi di oche, per i nidificanti abituali quali il cavaliere d’Ita-lia, l’avocetta, il fratino, il fraticello, la sterna zampenere, la pernice di mare, il gabbiano roseo ed il gabbiano corallino, anatre di varie specie oltre al famoso fenicottero rosa che, ormai costantemente al di sopra del migliaio di individui, ha costituito proprio nella salina una delle più importanti popolazioni europee di questa specie. Il complesso delle Saline è visitabile solo con servizio di guida, che partirà dall’ingresso dell’area esclusivamente alle ore 16 di sabato 29 e alle ore 10 e 16 di domenica 30 settembre.

SalineLocalità Cortiois, Sulla SS 195, dopo il paese di Palmas, svoltare sulla destra.

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Palmas Nuovo16 ottobre 1962

La nuova borgata di Palmas venne inaugurata il 16 ottobre 1962 dal Presidente della Regione Sardegna Efisio Corrias con il sindaco di San Giovanni Suergiu Giovanni Madeddu. Il nuovo paese sostituiva la vecchia Palmas, le cui condizioni erano state compromesse irri-mediabilmente dalle infiltrazioni del lago di Monte Pranu, inaugurato appena dieci anni prima (24 Giugno 1951) dal Ministro dell’Agricoltu-ra Antonio Segni.Il nuovo villaggio venne costruito con fondi della Cassa per il Mez-zogiorno e della Regione Sardegna; i progetti furono redatti dall’ing. Salaris per le abitazioni e l’ing. Piludu per gli edifici pubblici. Il progetto rispettava tutti i canoni urbanistici e architettonici dello stile razionali-sta, che ha caratterizzato anche la vicina città di Carbonia, inaugurata da Mussolini il 18 dicembre 1938.La pianta urbana della borgata è caratterizzata da un reticolo qua-drato con la piazza al centro ed intorno ad essa la chiesa, gli uffici comunali e la scuola; gli edifici commerciali sono situati lungo il viale d’accesso al paese. Le abitazioni della nuova borgata rispondono ai canoni ed alle funzioni di un borgo rurale; le varie tipologie abitative, infatti, sono tutte dotate di cortile e tettoia per il ricovero del bestiame e si differenziano per tipologie: case minime a due vani (tipo Ao); tre vani (tipo A1); quattro vani (tipo A2) tutte a piano terreno. La seconda tipologia B definisce le case più grandi con piano sopraelevato da quattro a cinque vani e magazzino; la tipologia C le case con cinque vani, piano sopraelevato e magazzino; la tipologia D le case con sei vani, piano sopraelevato e magazzino. I lavori per gli edifici abitativi ebbero inizio il 24 agosto 1960.

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I lavori per le opere pubbliche, strade, acquedotto e fognature, inizia-rono nel 1961. La chiesa e la scuola furono edificate successivamen-te: l’edificio di culto fu inaugurato nel 1966 da Monsignore Enea Selis. L’iter progettuale della scuola fu problematico in quanto il primo pro-getto dell’edificio scolastico venne bocciato dal genio civile, fu quindi rivisto e ridimensionato rispetto al progetto originario.Il risultato architettonico e urbanistico di Palmas Nuovo è erede di quel filone sviluppatosi in Sardegna con il programma della “Bonifica integrale”, che inaugura una sequenza di città nuove e di borghi rurali che puntellano le campagne e fanno da contraltare ai più noti villaggi minerari.

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Lo stabilimento chimico nasce originariamente come impianto di maci-nazione della barite pro-veniente dalla miniera di Mont’Ega a Narcao.La società operava per ricerche di piombo ar-gentifero e barite e da Mont’Ega ricavava sali di bario per impieghi industriali. La nuova Compagnia quindi era interessata allo sfrut-tamento della barite, per il quale venne in-stallato presso l’abitato di San Giovanni Suer-giu, adiacente all’area che avrebbe ospitato la stazione ferroviaria dal 1926, un mulino di macinazione. In quella

sede furono costruiti gli edifici amministrativi, le case operaie e un’in-fermeria. Tutta l’area fu soggetta a bonifica con il concorso dello sta-to. Tutto il complesso, oggi di proprietà del Consorzio di Bonifica del Basso Sulcis, è ben visibile dalla statale 195 all’ingresso del centro abitato. L’impianto dello stabilimento fu costruito dalla casa tedesca Humbolt e la produzione annua era di 2.000 tonnellate, metà delle quali veniva venduta sul territorio nazionale, il resto in Inghilterra, Indie Inglesi e Olandesi e nel Nord America. Nel 1935 erano impegnati 30 operai e nel 1937 la Compagnia Chimico Mineraria si fuse con la Società Ma-gnesio Italiano del Sulcis, assumendo la denominazione S.A.M.I.S.; in quello stesso 1937 la Società, non avendo avuto l’autorizzazione ministeriale per la produzione del litopone, diresse l’attività industriale verso la produzione del magnesio metallico e la distillazione del car-bone Sulcis. Un repentino calo della produzione di magnesio metal-lico nel 1938 portò alla cessazione dell’attività dello stabilimento nel 1939. Tutti gli apparati meccanici vennero destinati ad altri impianti minerari ad eccezione del settore distillazione, acquisito dall’ACaI, che intanto aveva avviato la costruzione del suo impianto di distilla-zione presso S. Antioco Ponti. La nuova fabbrica avrebbe prodotto principalmente benzina dalla distillazione del Carbone Sulcis e altri prodotti derivati quali olii lubrificanti e nafta. L’impianto di San Giovan-ni Suergiu venne acquistato dalla Carbosarda nel 1942 e continuò la produzione di barite sino al 1948. L’ultimo concessionario, la Società Mineraria Possis destinò l’impianto alla produzione di bentonite, per il cui trattamento furono realizzate le vasche di decantazione, oggi an-cora visibili. Il complesso industriale passò di pertinenza al Consorzio di Bonifica, mentre le palazzine furono acquisite dal Comune di San Giovanni Suergiu.

Stabilimento chimico di San Giovanni SuergiuVisitabile solo dall’esterno lungo la strada comunale Is Loccis Trot-tus fronte galoppatoio

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Chiesa di San Giovanni Battista I lavori per la costruzione dell’attuale chiesa del centro sangiovannese iniziarono a gennaio 1958 e terminarono nel settembre del 1959. Opera dell’architetto Di Tomassi si distingue per lo stile moderno e per il campanile a pianta quadrata. Su una facciata è presente un grande mosaico realizzato da Filippo Figari il quale rappresenta San Giovanni Battista che raccoglie i frutti del’acqua donata dalla diga di Monte Pranu.

Chiesa di Sant’Elena ImperatriceMatzaccaraCostruita nel 1968 la parrocchiale ha una pianta rettangolare mononavata e tetto a capanna sostenuto da travi lignee.

Chiesa Beata Maria Vergine delle Grazie Palmas Nuovo

L’edificio realizzato nel 1966 ha pianta rettangolare mononavata; nel presbiterio e nella facciata sono realizzati degli affreschi e all’esterno addossato a sinistra dell’edificio c’è il campanile costruito a base quadrangolare.

Chiesa di San Raffaele ArcangeloIs Urigus La chiesa con annessa una piccola sacrestia e i servizi fu ultimata nel 1983. Successivamente furono costruiti la casa parrocchiale, il salone e il piccolo studio. Singolare, dal forte significato simbolico, la forma che volutamente somiglia ad un traghetto. Richiama l’Arca di Noè che salvò l’umanità dal

diluvio universale.

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Il Comune di San Giovanni Suergiu ebbe il suo maggiore sviluppo grazie al fatto che divenne un nodo ferroviario importantissimo. Il grande sviluppo dell’industria mineraria portò alla nascita della So-cietà Ferrovie Meridionali Sarde che costruì due linee ferroviarie a scartamento ridotto di grande importanza per il collegamento Sulcis iglesiente - basso sulcis. Le due linee vennero entrambe inaugurate il 23 maggio 1926 ed erano: la Siliqua-Palmas Suergiu-Calasetta e la Iglesias-Palmas-Suergiu (l’attuale San Giovanni Suergiu).Il massimo sviluppo di traffico si ebbe negli anni ‘40-’50 in conco-mitanza con il periodo di maggior produzione di carbone nel Sulcis.

Stazione FMS

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Le visite guidate ai monumenti sono a cura delle classi dell’I-stituto Comprensivo “G. Marconi” San Giovanni Suergiu e dei volontari.

Si ringraziano la Fraternità della Misericordia di San Giovanni Suergiu e la Protezione Civile per l’assistenza in occasione della manifestazione.

Si ringraziano le associazioni:

ACLI-Mani Amiche

A.S.S. Fort Sardegna

Associazione Culturale Palmas Vecchio

Associazioni Equestri

Auser Terza Età

Banda Musicale Ennio Porrino

Circolo Anspi Santa Vitalia

Club del Modellismo Storico di Cagliari

Comitato San Giovanni Battista

Comitato Sant’Elena Imperatrice

Don Bosco Matzaccara

Gruppo Folk Simone Serra

Gruppo Is Massaius Suerginus

Gruppo di Ricamo

Istituto Per la Famiglia

Progetto Quartu 2000

Pro Loco

Quadrifoglio ‘95

S’Arriu de Is Fa.In.A.S

V.S.C. Palmas

Si ringraziano inoltre:

Natascia Capurro e il gruppo musicale Solkinos

Gianluca e Laura Cotza

Le Scuole di ballo Fuego Latino e Magalenha Ro Dance

Partecipanoalla Manifestazione

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Le famiglie, Pistis e Locci

Sig. Antonello Sanna

La disponibilità degli abitanti del medau di Is Gannaus

Valeria Randazzo per la foto delle Saline

Tutte le volontarie e tutti i volontari che hanno contribuito in vario modo per la buona riuscita della manifestazione.

Schede dei monumenti a cura di:

A.S.S. Fort Sardegna

Club Modellismo Storico di Cagliari

Associazione Progetto Quartu 2000

Manuela Puddu

Sabrina Sabiu

Laura Deidda

Mauro Trullu

Valentina Solinas

Roberto Pucci

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33monumentiaperti

Atzeni Enrico. La “cultura del vaso campaniforme” nella ne-cropoli di Locci-Santus (San Giovanni Suergiu), in Santoni, Vincenzo (a cura di). Carbonia e il Sulcis. Archeologia e terri-torio. S’Alvure, 1995, pp. 119-143

Cancedda Remo. Da Palmas de Sol a San Giovanni Suergiu 1809-2010. Ed. 2012

Casula Francesco Cesare. Dizionario storico sardo. Carlo Delfino Editore, 2001

Coroneo Roberto. Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300. Ilisso, 1993

Delogu Ignazio. Carbonia, Storia di una città. Ed. Tema 2003

Fois Foiso. Castelli della Sardegna medievale. Silvana Edito-riale, 1992

Lilliu Giovanni. Preistoria e protostoria del Sulcis, in Santoni Vincenzo (a cura di). Carbonia e il Sulcis. Archeologia e terri-torio. S’Alvure, 1995, pp. 11-50

Masala Franco. Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900. Ed. Ilisso, 2001

Meloni Piero. La costa sulcitana in Tolomeo (Geogr., III,3, 3), in Santoni Vincenzo (a cura di). Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio. S’Alvure, 1995, pp. 307-314

Mezzolani Sandro e Simoncini Andrea. Sardegna da salvare. Archeologia industriale. Archivio Fotografico Sardo, 1995

Ottelli Luciano. Serbariu, storia di una miniera. Ed Tema, 2005

Sabiu Sabrina. Rosas una miniera nella Sardegna contempo-ranea. AMD edizioni, 2007

Archivio e Biblioteca Comunale di San Giovanni Suergiu

Giovanni Antonio Sanna, Le Ferrovie del Sulcis, Edizioni Calosci

Bibliografia

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