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Cari sposi e care famiglie, San Giovanni Paolo II nell'esortazione apostolica

Familiaris Consortio al n.59 scriveva: “La preghiera familiare ha come contenuto originale la

stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse circostanze viene

interpretata come vocazione di Dio e attuata come risposta filiale

al suo appello: gioie, dolori, speranze e tristezze, nascite e

compleanni, anniversari delle nozze dei genitori, partenze,

lontananze e ritorni, scelte importanti e decisive, la morte di

persone care, ecc. segnano l'intervento dell'amore di Dio nella

storia della Famiglia, così come devono segnare il momento

favorevole per il rendimento di grazie, per l'implorazione, per

l'abbandono fiducioso della famiglia al comune Padre che sta nei

cieli”. Attraverso questa semplice scheda l'Ufficio diocesano per

la pastorale della Famiglia desidera entrare nelle famiglie, dove

quotidianamente si sperimenta la carità attraverso gesti e parole.

Con questo strumento vogliamo, oggi, festeggiare e

ricordare tutte le famiglie. Vi suggeriamo qualche momento di

riflessione e di preghiera per vivere insieme tale dono.

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SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

(I domenica dopo Natale) Domenica 28 dicembre 2014

Dalla lettera pastorale “Rimanete nel mio amore” Mons. Andrea Bruno Mazzoccato

33. “Sta calando un menzognero silenzio anche sulla famiglia. Un velo di omertà rende quasi imbarazzante parlare della famiglia, ormai definita ‘tradizionale’; formata da marito e moglie, che si impegnano ad amarsi per sempre, e generano figli che possono contare sulla fedeltà dei genitori. Tra di noi ci sono molte famiglie che hanno santificato il loro amore col sacramento del matrimonio. Esse meritano stima e spazio nella Chiesa e nella società e sostegno legislativo ed economico. Sono esse le piccole ‘ chiese domestiche’, sorgenti di vita, di amore e di trasmissione della fede che danno vitalità alle comunità cristiane e a tutta la Chiesa diocesana. Sono, anche, cellule sane della società friulana per la quale non vedo un futuro se non grazie alle sue famiglie come lo è stato nella tradizione dei fogolârs. Molte di loro generano figli e anche numerosi, andando in controcorrente in un Friuli in cui purtroppo la denatalità è autentica emergenza che scivola troppo sotto un silenzio menzognero. Abbiamo luminosi esempi di coppie che affrontano gravi difficoltà fisiche e psicologiche pur di portare a termine la gravidanza e accogliere il figlio che si sta formando nel grembo della mamma. Altre si rendono disponibili all’affido e all’adozione con piena apertura del cuore.

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Sono, naturalmente, cosciente che in questi decenni i costumi familiari si sono molto modificati. Conosco anch’io molte persone che vivono forme diverse di relazioni affettive e sessuali. Questo cambiamento di mentalità sta ponendo questioni nuove alla Chiesa e alla società civile. Ognuna, nel concreto, va ascoltata e aiutata a far luce, con sincerità, sulla propria esperienza. Contemporaneamente, però, non dobbiamo neppure cedere alla tentazione di stravolgere la verità delle cose. Non possiamo cancellare le parole chiare di Gesù: ‘Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunti’...”

Angelus di Papa Francesco in occasione della Festa della Santa Famiglia

di Nazareth, 29 dicembre 2013. “Cari fratelli e sorelle, buongiorno! In questa prima domenica dopo Natale, la Liturgia ci invita a celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazareth. In effetti, ogni presepio ci mostra Gesù insieme con la Madonna e san Giuseppe, nella grotta di Betlemme. Dio ha voluto nascere in una famiglia umana, ha voluto avere una madre e un padre, come noi. E oggi il Vangelo ci presenta la santa Famiglia sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto. Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19-23). Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri

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pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In terre lontane, anche quando trovano lavoro, non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili. Perciò, mentre fissiamo lo sguardo sulla santa Famiglia di Nazareth nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento, che sono vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo. Ma pensiamo anche agli altri “esiliati”: io li chiamerei “esiliati nascosti”, quegli esiliati che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani. Gesù ha voluto appartenere ad una famiglia che ha sperimentato queste difficoltà, perché nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio. La fuga in Egitto a causa delle minacce di Erode ci mostra che Dio è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono; ma Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari. Quest’oggi il nostro sguardo sulla santa Famiglia si lascia attirare anche dalla semplicità della vita che essa conduce a Nazareth. E’ un esempio che fa tanto bene alle nostre famiglie, le aiuta a diventare sempre più comunità di amore e di riconciliazione, in cui si sperimenta la tenerezza, l’aiuto vicendevole, il perdono reciproco. Ricordiamo le tre parole-chiave per vivere in pace e gioia in famiglia: permesso, grazie, scusa. Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede “permesso”, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire

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“grazie”, e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusa”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia. Ricordiamo queste tre parole. Ma possiamo ripeterle tutti insieme: permesso, grazie, scusa. (Tutti: permesso,grazie,scusa!)

Vorrei anche incoraggiare le famiglie a prendere coscienza dell’importanza che hanno nella Chiesa e nella società. L’annuncio del Vangelo, infatti, passa anzitutto attraverso le famiglie, per poi raggiungere i diversi ambiti della vita quotidiana. Invochiamo con fervore Maria Santissima, la Madre di Gesù e Madre nostra, e san Giuseppe, suo sposo. Chiediamo a loro di illuminare, di confortare, di guidare ogni famiglia del mondo, perché possa compiere con dignità e serenità la missione che Dio le ha affidato”.

Testimonianza di una famiglia “speciale”: “Felici in Brasile con tredici figli”

“Dopo sposati Paola e io abbiamo scoperto che sarebbe stato impossibile avere figli. Paola rimaneva gravida, ma per una malattia autoimmune (antifosfolipo) al terzo mese di gravidanza avveniva un aborto spontaneo. Il terzo aborto avvenne in Brasile, dove stavamo trascorrendo un anno di volontariato in aiuto ai bambini di strada. Stavamo dedicando parte della nostra vita a un ideale e Dio non poteva fare nulla? Avremmo capito in seguito che Dio stava lavorando nei nostri cuori per prepararci a una maternità e paternità più grandi. A un certo punto Paola e io abbiamo guardato ai bambini di strada che vivevano con noi e abbiamo pensato che se noi dopo un anno fossimo tornati in Italia, quei bambini avrebbero rivissuto la sofferenza

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dell'abbandono. Quindi abbiamo deciso di rimanere in Brasile per sempre. Abbiamo detto il nostro “si” e Dio ha così potuto fare grandi cose. A questo punto è successo il primo di una lunga serie di miracoli. Paoletta è rimasta gravida (contro il parere di tutti i medici) ed è nato Francesco Maria, dopodiché sono venuti alla luce Stefano, Maria, Tommaso Maria, Filippo Maria, Lorenzo Maria e Giovanni Paolo Maria! Ma non è finita qui. Due anni fa sono entrati nella nostra casa (Paola e io viviamo da tredici anni nella Comunità Cenacolo del Brasile, che accoglie attualmente 70 bambini di strada) sei fratellini tra i 2 e i 10 anni destinati a essere adottati da sei diverse famiglie, con scarsissime probabilità di potersi un giorno ritrovare. Noi glielo abbiamo anticipato e loro, che sono unitissimi, sono scoppiati in pianto: «Non abbandonateci anche voi». Paola e io ne siamo rimasti scossi e separatamente abbiamo chiesto a Dio un segnale: «Se ci consideri la famiglia adatta a questo, dev'essere Suor Elvira a dircelo». All'inizio del 2008 abbiamo mandato una mail in comunità in Italia chiedendo se per caso conoscevano una famiglia disposta ad adottare i sei fratellini. Il giorno seguente arriva la risposta di Suor Elvira: «Non abbiamo trovato nessuna famiglia e ho pensato di chiederlo a voi». Ho stampato la mail e sono corso da Paoletta per farle vedere la risposta della nostra Madre. Paoletta si è messa a piangere e mi ha detto che era esattamente ciò che aveva chiesto a Dio: sia l'adozione che la conferma di Madre Elvira! Ci siamo abbracciati e subito dopo ci siamo organizzati per affrontare la parte più difficile: quella legale. Infatti la prima domanda che la psicologa del Tribunale dei minori ci ha fatto è stata: «Quanto guadagnate al mese?» «Nulla» ho risposto un po' imbarazzato: «Siamo missionari, lavoriamo per un ideale, non per lo stipendio». «Ma che cosa possedete?» «Abbiamo la Fede e il desiderio di dare una famiglia a questi bambini». Ci ha detto di

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aspettare che sarebbe andata a parlarne con il Giudice. Le porte si aprivano una dopo l'altra e oggi i sei sono nostri figli. (…) Abbiamo poi avuto un miracolo da Dio per intercessione di Giovanni Paolo. Lo scorso anno siamo andati tutti in Italia e così abbiamo partecipato alla Festa della Vita della Comunità Cenacolo e siamo andati a Roma sulla sua tomba per ringraziarlo. Oltre avergli chiesto sovente protezione, lo consideriamo il “nostro” Papa perché ci ha accompagnato dall'inizio: è durante il suo Papato che mi sono convertito, ho cambiato vita dopo la droga e il carcere, sono entrato nella Comunità Cenacolo, ho conosciuto la Sposa con la quale condivido questa incredibile “avventura”. Quando siamo risaliti sul pulman per far ritorno a casa abbiamo chiesto ai nostri figlioli che cosa avessero domandato in dono a Giovanni Paolo: dato che sono dodici maschi, tutti avevano chiesto il dono di una sorellina! Premetto che in questi anni avevamo fatto delle visite sia in Italia che in Brasile in seguito ai quattro aborti spontanei e abbiamo scoperto che probabilmente i bambini andati in cielo erano tutte femmine, in quanto il problema immunitario di Paola faceva sì che soltanto le bambine non riuscivano a svilupparsi. Ma per Dio nulla è impossibile! Dio ascolta sempre la Preghiera dei bambini e così, il 2 aprile di quest'anno (giorno in cui Giovanni Paolo II è andato in cielo) è nata Maria Chiara Luce: la nostra prima bambina, accompagnata per tutta la gravidanza dall'immagine di Giovanni Paolo attaccata al pancione di Paola e dalle preghiere semplici, ma preziose dei suoi fratellini”. Maurizio, Paola, i 12 apostoli e Maria Chiara Luce,

da “Punto Famiglia” di maggio-giugno 2013

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Trovate un momento della giornata dove poter raccontare questa storia ai vostri bambini

per valorizzare la bellezza della testimonianza d'amore tra mamma e papà.

Storia: “La promessa”

da “È di notte che si vedono le stelle” di Bruno Ferrero Un professore sognava di diventare rettore dell'Università in cui insegnava da molti anni. Per questo studiava giorno e notte, si preparava, teneva conferenze e pubblicava libri. Un giorno, finalmente, realizzò il suo sogno. Gli arrivò la nomina a rettore. Prese possesso del suo ufficio e incominciò con decisione il suo compito. Giornali e studenti avevano accolto con favore la sua nomina. Ma dopo pochi mesi, fra lo stupore di tutti, diede le dimissioni. Il motivo era semplice: si era dimesso dalla carica di rettore per potersi dedicare a tempo pieno a sua moglie. Sua moglie aveva cominciato a mostrare i sintomi del morbo di Alzheimer. La malattia avanzava velocemente e nel giro di pochi mesi le conseguenze furono drammatiche: non solo sua moglie non ricordava quasi più nulla di tutti gli anni che avevano trascorso insieme, ma non era neppure in grado di riconoscerlo. Non si rendeva più conto che era suo marito. Praticamente tutti gli dissero che questa sua decisione non aveva senso. Chiunque avrebbe potuto prendersi cura della sua povera moglie, che tra l'altro non lo riconosceva nemmeno quando entrava in camera sua per aiutarla, mentre non tutti potevano ricoprire la carica di rettore per cui tanto aveva sacrificato e lottato. Lui rispondeva semplicemente: «È vero, mia moglie non sa più chi sono io. Ma io so chi è lei, e in lei riconosco sempre la donna meravigliosa che ho sposato tanti anni fa. C'è soltanto una cosa

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più importante di una chiamata, ed è una promessa. Ed io ho promesso di rimanere al suo fianco “finché morte non ci separi”». Vi invitiamo a vivere il seguente momento di preghiera in famiglia quando i componenti si

riuniscono accendendo una candela con nel cuore una famiglia che vive un momento di

dolore.

Preghiera

tratta da: “Un presepe in ogni stanza”, coniugi Oreglia Figli:

Signore Gesù, papà nostro, è bello stare seduti uno accanto all'altro, tutti insieme, sulle ginocchia di mamma e papà, stretti nel loro tenero caldo abbraccio. Com'è bello, Signore, quando ci sussurrano . “Ti voglio bene, sei il mio tesoro!”. Il cuore si allarga e non vorremmo più fuggire di lì. Stiamo bene. Genitori:

Sei tu, Gesù, che ci sussurri quelle parole. Sei tu, Gesù, che ci dici: “Ti voglio bene, sei il mio figlio amato”. Sei tu, Gesù, che ci stringi tra le tue braccia e ci fai gustare la gioia dell'intimità, la gioia dell'essere amati. Tutti:

Donaci, Signore Gesù, di essere, così abbracciati, capaci di ascolto vero, ascolto che nasce dal cuore, ascolto di te, attraverso le nostre umili e semplici parole. Attraverso il nostro starci accanto e prenderci in braccio. Donaci, Signore, di essere Bene l'uno per l'altro, di donarci scambievolmente le tue stesse parole: “Ti voglio bene, figlio mio amato!”. Amen

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Inno alla Carità – San Paolo

… La carità è paziente è benigna la carità; la carità non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, ma si compiace della verità; tutto tollera, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. ...

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