San Gerolamo

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Stridone (confine tra Dalmazia e Pannonia), ca. 347 - Betlemme, 420 Fece studi e enciclopedici ma, portato all'ascetismo, si ritirò nel deserto presso Antiochia, vivendo in penitenza. Divenuto sacerdote a patto di conservare la propria indipendenza come monaco, iniziò un'intensa attività letteraria. A Roma collaborò con papa Damaso, e, alla sua morte, tornò a Gerusalemme dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì. Di carattere focoso, soprattutto nei suoi scritti, non fu un mistico e provocò consensi o polemiche, fustigando vizi e ipocrisie. Scrittore infaticabile, grande erudito e ottimo traduttore, a lui si deve la Volgata in latino della Bibbia, a cui aggiunse dei commenti, ancora oggi importanti come quelli sui libri dei Profeti. Patronato: Archeologi, Bibliotecari, Studiosi Etimologia: Girolamo = di nome sacro, dal greco Emblema: Cappello da cardinale, Leone Martirologio Romano: Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un’età avanzata, riposò in pace.

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Stridone (confine tra Dalmazia e Pannonia), ca. 347 - Betlemme, 420

Fece studi e enciclopedici ma, portato all'ascetismo, si ritirò nel deserto presso Antiochia, vivendo in penitenza. Divenuto sacerdote a patto di conservare la propria indipendenza come monaco, iniziò un'intensa attività letteraria. A Roma collaborò con papa Damaso, e, alla sua morte, tornò a Gerusalemme dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì. Di carattere focoso, soprattutto nei suoi scritti, non fu un mistico e provocò consensi o polemiche, fustigando vizi e ipocrisie. Scrittore infaticabile, grande erudito e ottimo traduttore, a lui si deve la Volgata in latino della Bibbia, a cui aggiunse dei commenti, ancora oggi importanti come quelli sui libri dei Profeti.

Patronato: Archeologi, Bibliotecari, Studiosi

Etimologia: Girolamo = di nome sacro, dal greco

Emblema: Cappello da cardinale, Leone

Martirologio Romano: Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un’età avanzata, riposò in pace. 

San Girolamo è un Padre della Chiesa che ha posto al centro della sua vita la Bibbia: l’ha tradotta nella lingua latina, l’ha commentata nelle sue opere, e soprattutto si è impegnato a viverla concretamente nella sua lunga esistenza terrena, nonostante il ben noto carattere difficile e focoso ricevuto dalla natura.

Girolamo nacque a Stridone verso il 347 da una famiglia cristiana, che gli assicurò un’accurata formazione, inviandolo anche a Roma a perfezionare i suoi studi. Da giovane sentì l'attrattiva della vita mondana (cfr Ep. 22,7), ma prevalse in lui il desiderio e l'interesse per la religione cristiana. Ricevuto il battesimo verso il 366, si orientò alla vita ascetica e, recatosi ad Aquileia, si inserì in un gruppo di ferventi cristiani, da lui definito quasi «un coro di beati» (Chron. Ad ann. 374) riunito attorno al Vescovo Valeriano. Partì poi per l'Oriente e visse da eremita nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo (cfr Ep. 14,10), dedicandosi seriamente agli studi. Perfezionò la sua conoscenza del greco, iniziò lo studio dell'ebraico (cfr Ep. 125,12), trascrisse codici e opere patristiche (cfr Ep. 5,2). La meditazione, la solitudine, il contatto con la Parola di Dio fecero maturare la sua sensibilità cristiana. Sentì più pungente il

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peso dei trascorsi giovanili (cfr Ep. 22,7), e avvertì vivamente il contrasto tra mentalità pagana e vita cristiana: un contrasto reso celebre dalla drammatica e vivace "visione", della quale egli ci ha lasciato il racconto. In essa gli sembrò di essere flagellato al cospetto di Dio, perché «ciceroniano e non cristiano» (cfr Ep. 22,30).

Nel 382 si trasferì a Roma: qui il Papa Damaso, conoscendo la sua fama di asceta e la sua competenza di studioso, lo assunse come segretario e consigliere; lo incoraggiò a intraprendere una nuova traduzione latina dei testi biblici per motivi pastorali e culturali. Alcune persone dell’aristocrazia romana, soprattutto nobildonne come Paola, Marcella, Asella, Lea ed altre, desiderose di impegnarsi sulla via della perfezione cristiana e di approfondire la loro conoscenza della Parola di Dio, lo scelsero come loro guida spirituale e maestro nell’approccio metodico ai testi sacri. Queste nobildonne impararono anche il greco e l’ebraico.

Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, silenziosa testimone della vita terrena di Cristo, poi in Egitto, terra di elezione di molti monaci (cfr Contra Rufinum 3,22; Ep. 108,6-14). Nel 386 si fermò a Betlemme, dove, per la generosità della nobildonna Paola, furono costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, «pensando che Maria e Giuseppe non avevano trovato dove sostare» (Ep. 108,14). A Betlemme restò fino alla morte, continuando a svolgere un'intensa attività: commentò la Parola di Dio; difese la fede, opponendosi vigorosamente a varie eresie; esortò i monaci alla perfezione; insegnò la cultura classica e cristiana a giovani allievi; accolse con animo pastorale i pellegrini che visitavano la Terra Santa. Si spense nella sua cella, vicino alla grotta della Natività, il 30 settembre 419/420.

La preparazione letteraria e la vasta erudizione consentirono a Girolamo la revisione e la traduzione di molti testi biblici: un prezioso lavoro per la Chiesa latina e per la cultura occidentale. Sulla base dei testi originali in greco e in ebraico e grazie al confronto con precedenti versioni, egli attuò la revisione dei quattro Vangeli in lingua latina, poi del Salterio e di gran parte dell'Antico Testamento. Tenendo conto dell'originale ebraico e greco, dei Settanta, la classica versione greca dell’Antico Testamento risalente al tempo precristiano, e delle precedenti versioni latine, Girolamo, affiancato poi da altri collaboratori, poté offrire una traduzione migliore: essa costituisce la cosiddetta "Vulgata", il testo "ufficiale" della Chiesa latina, che è stato riconosciuto come tale dal Concilio di Trento e che, dopo la recente revisione, rimane il testo "ufficiale" della Chiesa di lingua latina. E’ interessante rilevare i criteri a cui il grande biblista si attenne nella sua opera di traduttore. Li rivela egli stesso quando afferma di rispettare perfino l’ordine delle parole delle Sacre Scritture, perché in esse, dice, "anche l’ordine delle parole è un mistero" (Ep. 57,5), cioè una rivelazione. Ribadisce inoltre la necessità di ricorrere ai testi originali: «Qualora sorgesse una discussione tra i Latini sul Nuovo Testamento, per le lezioni discordanti dei manoscritti, ricorriamo all'originale, cioè al testo greco, in cui è stato scritto il Nuovo Patto. Allo stesso modo per l'Antico Testamento,

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se vi sono divergenze tra i testi greci e latini, ci appelliamo al testo originale, l'ebraico; così tutto quello che scaturisce dalla sorgente, lo possiamo ritrovare nei ruscelli» (Ep. 106,2). Girolamo, inoltre, commentò anche parecchi testi biblici. Per lui i commentari devono offrire molteplici opinioni, «in modo che il lettore avveduto, dopo aver letto le diverse spiegazioni e dopo aver conosciuto molteplici pareri – da accettare o da respingere –, giudichi quale sia il più attendibile e, come un esperto cambiavalute, rifiuti la moneta falsa» (Contra Rufinum 1,16).

Confutò con energia e vivacità gli eretici che contestavano la tradizione e la fede della Chiesa. Dimostrò anche l'importanza e la validità della letteratura cristiana, divenuta una vera cultura ormai degna di essere messa confronto con quella classica: lo fece componendo il De viris illustribus, un'opera in cui Girolamo presenta le biografie di oltre un centinaio di autori cristiani. Scrisse pure biografie di monaci, illustrando accanto ad altri itinerari spirituali anche l'ideale monastico; inoltre tradusse varie opere di autori greci. Infine nell'importante Epistolario, un capolavoro della letteratura latina, Girolamo emerge con le sue caratteristiche di uomo colto, di asceta e di guida delle anime.

Che cosa possiamo imparare noi da San Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura. Dice San Girolamo: "Ignorare le Scritture è ignorare Cristo". Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura. Questo nostro dialogo con essa deve sempre avere due dimensioni: da una parte, dev'essere un dialogo realmente personale, perché Dio parla con ognuno di noi tramite la Sacra Scrittura e ha un messaggio ciascuno. Dobbiamo leggere la Sacra Scrittura non come parola del passato, ma come Parola di Dio che si rivolge anche a noi e cercare di capire che cosa il Signore voglia dire a noi. Ma per non cadere nell'individualismo dobbiamo tener presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella verità nel nostro cammino verso Dio. Quindi essa, pur essendo sempre una Parola personale, è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva. Il luogo privilegiato della lettura e dell'ascolto della Parola di Dio è la liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi. Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l'eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l'eterno, la vita eterna.

E così concludo con una parola di San Girolamo a San Paolino di Nola. In essa il grande Esegeta esprime proprio questa realtà, che cioè nella Parola di Dio riceviamo l'eternità, la vita eterna. Dice San Girolamo: «Cerchiamo di imparare sulla terra quelle verità la cui consistenza persisterà anche nel cielo» (Ep. 53,10).

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Autore: Papa Benedetto XVI (Udienza generale 14 Novembre 2007) 

Con quest’uomo intrattabile hanno un debito enorme la cultura e i cristiani di tutti i tempi. Ha litigato con sprovveduti, dotti, santi e peccatori; fu ammirato e detestato. Ma rimane un benefattore delle intelligenze e la Chiesa lo venera come uno dei suoi padri più grandi. Nato da famiglia ricca, riceve il battesimo a Roma, dove va a studiare. Studierà per tutta la vita, viaggiando dall’Europa all’Oriente con la sua biblioteca di classici antichi, sui quali si è formato. Nel 375, dopo una malattia, Gerolamo passa alla Bibbia, con passione crescente. Studia il greco ad Antiochia; poi, nella solitudine della Calcide (confini della Siria), si dedica all’ebraico. Riceve il sacerdozio ad Antiochia nel 379 e nel 382 è a Roma. Qui, papa Damaso I lo incarica di rivedere il testo di una diffusa versione latina della Scrittura, detta Itala, realizzata non sull’originale ebraico, bensì sulla versione greca detta dei Settanta. A Roma fa anche da guida spirituale a un gruppo di donne della nobiltà. E intanto scaglia attacchi durissimi a ecclesiastici indegni (un avido prelato riceve da lui il nome “Grasso Cappone”).Alla morte di Damaso I (384), va in Palestina con la famiglia della nobile Paola. Vive in un monastero a Betlemme, scrivendo testi storici, dottrinali, educativi e corrispondendo con gli amici di Roma con immutata veemenza. Perché così è fatto. E poi perché, francamente, troppi ipocriti e furbi inquinano ora la Chiesa, dopo che l’imperatore Teodosio (ca. 346-395) ha fatto del cristianesimo la religione di Stato, penalizzando gli altri culti.Intanto prosegue il lavoro sulla Bibbia secondo l’incarico di Damaso I. Ma, strada facendo, lo trasforma in un’impresa mai tentata. Sente che per avvicinare l’uomo alla Parola di Dio bisogna andare alla fonte. E così, per la prima volta, traduce direttamente in latino dall’originale ebraico i testi protocanonici dell’Antico Testamento. Lavora sulla pagina e anche sul terreno, come dirà: "Mi sono studiato di percorrere questa provincia (la Giudea) in compagnia di dotti ebrei". Rivede poi il testo dei Vangeli sui manoscritti greci più antichi e altri libri del Nuovo Testamento. Gli ci vorrebbe più tempo per rifinire e perfezionare l’enorme lavoro. Ma, così come egli lo consegna ai cristiani, esso sarà accolto e usato da tutta la Chiesa: nella Bibbia di tutti, Vulgata, di cui le sue versioni e revisioni sono parte preponderante, la fede è presentata come nessuno aveva fatto prima dell’impetuoso Gerolamo.E impetuoso rimane, continuando nelle polemiche dottrinali con l’irruenza di sempre, perfino con sant’Agostino, che invece gli risponde con grande amabilità. I suoi difetti restano, e la grandezza della sua opera pure. Gli ultimi suoi anni sono rattristati dalla morte di molti amici, e dal sacco di Roma compiuto da Alarico nel 410: un evento che angoscia la sua vecchiaia.

Spunti bibliografici su San Girolamo a cura di LibreriadelSanto.it

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Girolamo (San), Commento a Isaia vol. IV/2 - San Girolamo, Città Nuova, 2013 - 428 pagine

Girolamo (san), Gli uomini illustri, Città Nuova, 2012 - 216 pagine

Girolamo (San), Commento ad Abacuc e Abdia, Città Nuova, 2012 - 208 pagine

Girolamo (san), Scritti vari, Città Nuova, 2010 - 472 pagine

Messina Marco Tullio, Commento ad Aggeo e a Gioele, Città Nuova, 2010 - 196 pagine

Girolamo (san), Scritti vari, Città Nuova, 2009 - 350 pagine

De Leo Pietro, Vita di San Girolamo, Rubbettino Editore, 2007 - 140 pagine

Girolamo (san), Commento a Osea, Città Nuova, 2006 - 328 pagine

Arns Paulo E., La tecnica del libro secondo san Girolamo, Biblioteca Francescana Edizioni, 2005 - 256 pagine

Girolamo (san), Le lettere [vol_2] / Lettere 53-79, Città Nuova, 1997 - 424 pagine

Girolamo (san), Le lettere [vol_3] / Lettere 80-116, Città Nuova, 1997 - 456 pagine

Girolamo (san), Lettere [vol_4] / Indici 117-157, Città Nuova, 1997 - 704 pagine

Girolamo (san), Vite degli eremiti Paolo, Ilarione e Malco, Città Nuova, 1996 - 216 pagine

Girolamo (san), Le lettere [vol_1] / Lettere 1-52, Città Nuova, 1996 - 472 pagine

Origene, Girolamo (san), Settantaquattro omelie sul libro dei Salmi, Paoline Edizioni, 1993 - 744 pagine

Sofronio Eusebio Girolamo, il latino Sofronius Eusebius Hieronymus, noto comesan Girolamo, san Gerolamo o san

Geronimo (Stridone, 347 – Betlemme, 30 settembre 419/420), è stato uno scrittore, teologo e santo romano.

Fu padre e dottore della Chiesa. Tradusse la Bibbia dal greco e dall'ebraico al latino

Biografia

Il San Girolamo di Caravaggio.

Nato a Stridone in Illiria (odierna Portole in Croazia), studiò a Roma e fu allievo di Elio Donato. Si dedicò anche agli

studi di retorica, terminati i quali si trasferì a Treviri, ov'era ben nota l'anacoresi egiziana, insegnata per qualche anno

da Sant'Atanasiodurante il suo esilio.[1] Si trasferì poi ad Aquileia, ov'entrò a far parte di una cerchia di asceti riunitisi in

comunità sotto il patronato dell'arcivescovo Valeriano, ma deluso dalle inimicizie che erano sorte fra gli asceti, partì per

l'Oriente.[1] Ritiratosi nel deserto della Calcide, vi rimase un paio di anni (375 - 376) vivendo una dura vita di anacoreta.

Fu questo periodo ad ispirare i numerosi pittori che lo rappresenteranno come San Girolamo penitente ed è a questo

periodo che risale l'episodio leggendario del leone che, afflitto da una spina penetratagli in una zampa, gli sarebbe poi

stato accanto, grato poiché Girolamo gliel'avrebbe tolta; così come la tradizione secondo la quale Girolamo era uso far

penitenza colpendosi ripetutamente con un sasso.[1] Deluso anche qui dalle diatribe fra gli eremiti, divisi dalla dottrina

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ariana, tornò ad Antiochia, da dove era passato prima di venire in Calcide, e vi rimase fino al 378, frequentando le

lezioni di Apollinare di Laodicea e divenendo,presbitero, ordinato dal vescovo Paolino di Antiochia. Si recò quindi

a Costantinopoli, dove poté perfezionare lo studio del greco sotto la guida di Gregorio Nazianzeno (uno dei Padri

Cappadoci). Risalgono a questo periodo le letture dei testi di Origene e di Eusebio.

Allorché Gregorio Nazianzeno lasciò Costantinopoli, Girolamo tornò a Roma, nel 382, dove fu segretario di papa

Damaso I, divenendone il più probabile successore. Qui si formò un gruppo di vergini e di vedove, capeggiate da certa

nobile Marcella e dalla ricca vedova Paola, cui si accompagnavano le figlie Eustochio e Blesilla, che vollero dedicarsi

ad una vita ascetica fatta di preghiera, meditazione, astinenzae penitenza e delle quali Girolamo divenne padre

spirituale.[2]

Il rigore morale di Girolamo, però, che era decisamente favorevole all'introduzione del celibato ecclesiastico e

all'eradicazione del fenomeno delle cosiddette agapete, non era ben visto da buona parte del clero, fortemente

schierato su posizioni giovinianiste. In una lettera ad Eustochio, Girolamo si esprime contro le agapete nei seguenti

termini:

« Oh vergogna, oh infamia! Cosa orrida, ma vera!

Donde viene alla Chiesa questa peste delle agapete?

Donde queste mogli senza marito?

E donde in fine questa nuova specie di puttaneggio? »

(dalla Lettera a Eustochio, Sofronio Eusebio Girolamo)

Alla morte di papa Damaso I, la curia romana contrastò con grande determinazione ed efficacia l'elezione di Girolamo,

anche attribuendogli una forte responsabilità nella morte della sua discepola Blesilla. Questa era una nobile ventenne

romana, appartenente alla gens Cornelia, che era rimasta vedova ancor fanciulla e che aveva seguito la madre Paola e

la sorella Eustochio nel gruppo di dame che avevano deciso di seguire la vita monastica con le rigide regole di

Girolamo, morendo ben presto, probabilmente a causa dei troppi digiuni. Data la singolarità dell'evento e la grande

popolarità della famiglia di Blesilla, il caso sollevò un grande clamore. Gli avversari di Girolamo affermarono che le

mortificazioni corporali teorizzate erano semplicemente degli atti di fanatismo, i cui perniciosi effetti avevano portato alla

prematura morte di Blesilla. Caduta la sua candidatura, sul finire del 384, fu eletto papa il diacono Siricio.

Girolamo, seguito dal fratello Paoliniano, dal prete Vincenzo e da alcuni monaci a lui fedeli, s'imbarcò

da Ostia nell'agosto del 385, seguito poco dopo anche dalle discepole Paola, Eustochio ed altre appartenenti alla

comunità delle ascete romane,[3] e tornò in Oriente, dove continuò la sua battaglia in favore del celibato clericale. Grazie

anche ai fondi della ricca vedova Paola, Girolamo fondò aBetlemme un monastero maschile, dove andò a vivere, e uno

femminile. Dal 385 alla morte visse nel monastero da lui fondato. Qui visse dedicandosi alla traduzione biblica, alla

redazione di alcune opere ed all'insegnamento ai giovani. Anche questo periodo ha ispirato numeroso pittori, che lo

ritrarranno come scrittore nella sua cella monastica, ispirato dallo Spirito Santo ed accompagnato dal fido leone.[3] Nel

404 morì la sua discepola Paola, che verrà poi venerata come santa, ed alla quale egli dedicò post

mortem l'Epitaphium sanctae Paulae.

Morì nel 420, proprio nell'anno in cui il celibato, dopo essere stato lungamente disatteso, venne imposto al clero da una

legge dell'imperatore Onorio.

Opere

La Vulgata

La Vulgata, prima traduzione completa in lingua latina della Bibbia, rappresenta lo sforzo più impegnativo affrontato da

Girolamo. Nel 382, su incarico di papa Damaso I, affrontò il compito di rivedere la traduzione dei Vangeli e

successivamente, nel 390, passò all'antico testamento in ebraico, concludendo l'opera dopo ben 23 anni.

Il testo di Girolamo è stato la base per molte delle successive traduzioni della Bibbia, fino al XX secolo , quando per

l'antico testamento si è cominciato ad utilizzare direttamente il testo masoretico ebraico e la Septuaginta, mentre per

il Nuovo testamento si sono utilizzati direttamente i testi greci. La Vulgata è ancora oggi il testo liturgico della messa in

latino.

L'opera di traduttore[modifica | modifica sorgente]

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Girolamo fu un celebre studioso del latino in un'epoca in cui questo implicava una perfetta conoscenza del greco. Fu

battezzato all'età di venticinque anni e divenne sacerdote a trentotto anni. Quando cominciò la sua opera di traduzione

non aveva grandi conoscenze dell'ebraico, perciò si trasferì a Betlemme per perfezionarne lo studio.

Girolamo utilizzò un concetto moderno di traduzione che attirò le accuse da parte dei suoi contemporanei; in una lettera

indirizzata a Pammachio, genero della nobildonna romana Paola, scrisse:

« Io, infatti, non solo ammetto, ma proclamo liberamente che nel tradurre i testi greci, a parte le Sacre Scritture, dove

anche l'ordine delle parole è un mistero, non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso. Ho come maestro di

questo procedimento Cicerone, che tradusse il Protagora di Platone, l'Economico di Senofonte e le due bellissime

orazioni che Eschine e Demostene scrissero l'uno contro l'altro [...]. Anche Orazio poi, uomo acuto e dotto, nell'Ars

poetica dà questi stessi precetti al traduttore colto: "Non ti curerai di rendere parola per parola, come un traduttore

fedele" »

(Epistulae 57, 5, trad. R. Palla)

Adversus Iovinianum

Nel trattato Adversus Iovinianum , scritto nel 393 in due libri, l'autore esalta la verginità e l'ascetismo, spesso derivando

le sue argomentazioni da autori classici come Teofrasto, Seneca, Porfirio.

Tra gli altri argomenti, in esso Girolamo difende strenuamente l'astinenza dalla carne:

« Fino al diluvio non si conosceva il piacere dei pasti a base di carne ma dopo questo evento ci è stata riempita la bocca

di fibre e di secrezioni maleodoranti della carne degli animali [...].

Gesù Cristo, che venne quando fu compiuto il tempo, ha collegato la fine con l'inizio. Pertanto ora non ci è più consentito

di mangiare la carne degli animali. »

(Adversus Jovinanum, I, 30)

San Girolamo in campagna a leggere, di Giovanni Bellini

De viris illustribus

Il De Viris Illustribus, scritto nel 392, intendeva emulare le "Vite" svetoniane dimostrando come la nuova letteratura

cristiana fosse in grado di porsi sullo stesso piano delle opere classiche. In esso sono presentate le biografie di 135

autori in prevalenza cristiani (ortodossi ed eterodossi), ma anche ebrei e pagani, che però hanno avuto a che fare con il

cristianesimo, con uno scopo dichiaratamente apologetico:

« Sappiano Celso, Porfirio, Giuliano, questi cani arrabbiati contro Cristo, così come i loro seguaci che pensano che la

Chiesa non ha mai avuto oratori, filosofi e colti dottori, sappiano quali uomini di valore l'hanno fondata, edificata, illustrata,

e cessino le loro accuse sommarie di semplicità rozza rivolte alla nostra fede, e riconoscano piuttosto la loro ignoranza »

(Prologo, 14)

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Le biografie hanno inizio da Pietro apostolo e terminano allo stesso Girolamo ma, mentre nelle successive Girolamo

elabora conoscenze personali, le prime 78 sono frutto di conoscenze di seconda mano non sempre completamente

affidabili, tra cui Eusebio di Cesarea.

L'opera venne talora indicata da Girolamo stesso col titolo De scriptoribus ecclesiasticis.

Chronicon

L'opera è una traduzione latina del Chronicon di Eusebio di Cesarea, composta nel IV secolo  e perduta nella sua

originale versione greca. Ultimata nel 381, il Chronicon tratta dei periodi storici e mitici della Storia universale a partire

dalla nascita di Abramo fino all'anno325. I protagonisti sono sia figure mitologiche come Minosse, il re Edipo e Priamo,

che esseri realmente esistiti, come il Gran Re Serse I di Persia , Giulio Cesare e Dario III di Persia.

Altercatio Luciferiani et Orthodoxi

L'opera, composta nel 378 circa, rappresenta un dialogo tra Lucifero da Cagliari, un antiariano, e un ortodosso

anonimo.

Adversus Helvidium

L'opera scritta nel 383 Gerolamo inveisce contro Elvidio il quale dichiarava che la Vergine Maria dopo aver

generato Gesù avesse partorito altri figli. Nella seconda parte del testo Gerolamo esalta con lodi la verginità della

Madonna.

Altre opere

De Virginitate Beatae Mariae: Gerolamo esalta la purezza di Maria[4]

Adversus Vigilantium: San Gerolamo attacca spietatamente e senza pietà l'amico Vigilanzio, il quale sosteneva che

secondo lui la vita dedita al culto dei martiri e del rispetto delle regole di Dio fosse sbagliata e noiosa

Contra Ioannem Hierosolymitanum: Gerolamo attacca la figura del defunto filosofo Origene di Alessandria ,

sostenendo che lui, sebbene buon traduttore della Bibbia, aveva usanze eretiche e che quindi non poteva far parte

del mondo di Dio. Di conseguenza Gerolamo inveisce anche contro un vescovo chiamato Giovanni, che

appoggiava le teorie di Origene

Contra Rufinum: San Gerolamo ancora una volta attacca con spietata cattiveria un altro amico di nome Rufino, il

quale appoggiava pienamente le teorie eretiche di Origene. Facendo appello ad un'operetta comica chiamata

"Testamento di Grugno Corocotta Porcello", Gerolamo usa un ampio vocabolario dispregiativo contro Rufino,

denigrandolo nella sua cerchia di amici intimi

Adversus Pelagianos: il filosofo Pelagio, in questo dialogo, sostiene di praticare delle regole che prevedono la

libertà fisica e della mente. Gerolamo, asserendo il contrario, lo attacca

Vite: degli eremiti San Paolo, Ilarione e Malco

Quaestiones hebraicae in Genesim : confronta il testo della Genesi nella traduzione Vetus latina  con il testo ebraico

a lui accessibile e con la LXX a giustificazione delle scelte operate nella Vulgata.

Culto

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La Visione di san Girolamo di Louis Cretey, XVII secolo, olio su tela, 150,5 x 127 cm, collezione privata.

Il Martirologio romano ricorda san Girolamo il 30 settembre.

Per la sua attività di traduttore della Bibbia viene considerato santo protettore dei traduttori e per i suoi studi legati

all'antichità è considerato il patrono degli archeologi.

Numerose chiese storiche sono state dedicate a san Girolamo. Vari ordini religiosi e congregazioni si sono ispirati

esplicitamente al santo. Tra questi:

Gesuati , sorti a metà del XIV secolo  come fraternità di laici ispirata alla spiritualità del santo (Frati Gesuati di san

Girolamo): trasformatisi in congregazione religiosa nel 1606(Chierici apostolici di san Girolamo) e soppressi

da papa Clemente IX nel 1668.

Eremiti di San Girolamo , congregazione religiosa attiva tra il 1405 e il 1668.

Congregazione dei Gerolimini , fondata da Pietro Gambacorta e Nicola da Forca Palenaagli inizi del XV secolo e

soppressa da Pio XI nel 1933.

Ordine di San Gerolamo  (Geronimiti o Gerolamini), ordine monastico tuttora esistente.

La figura di san Girolamo fu commemorata da papa Benedetto XV con l'enciclica Spiritus Paraclitus , scritta il 15

settembre 1920 in occasione del XV centenario della morte.

La leggenda del leone

La Legenda Aurea, di Jacopo da Varazze, narra, nel capitolo dedicato a San Girolamo, la leggenda del leone.[5]

Un giorno un leone ferito si sarebbe presentato zoppicando nel monastero ove risiedeva San Girolamo. I confratelli

fuggirono spaventati ma San Girolamo gli si avvicinò accogliendo l'animale ferito. Egli ordinò ai confratelli di lavare le

zampe al leone e curarle. Essi scoprirono che i rovi gli avevano dilaniato le piante delle zampe. Quando il leone fu

guarito, rimase nel monastero. Su di esso i monaci confidarono per garantirsi la custodia dell'asino del convento. Un

giorno, mentre l'asino stava pascolando, il leone si addormentò. Alcuni mercanti, visto il quadrupede da soma privo di

custodi, se ne appropriarono. Tornato solo al monastero, il leone venne accusato dai monaci di aver divorato l'asino,

cosicché gli vennero appioppati tutti i lavori che normalmente venivano svolti da quest'ultimo. Un giorno egli incrociò sul

suo cammino la carovana dei mercanti che avevano portato via l'asino affidatogli in custodia dai monaci e riconobbe

nella carovana il medesimo asino. Egli si precipitò verso di loro ruggendo terribilmente e mettendoli in fuga. Dopo di che

condusse l'asino ed i cammelli, carichi di mercanzia, al convento. Quando i mercanti tornarono, si recarono al convento

a chiedere a San Girolamo il perdono e la restituzione delle loro mercanzie, cosa che San Girolamo fece,

raccomandando loro di non rubare più le proprietà altrui.[5]

Iconografia

Esistono due iconografie principali di Girolamo: una con l'abito cardinalizio e con il libro della Vulgata in mano, oppure

intento nello studio della Scrittura. Un'altra nel deserto, o nella grotta di Betlemme, dove si era ritirato sia per vivere la

sua vocazione da eremita sia per attendere alla traduzione della Bibbia, in questo secondo caso viene mostrato senza

l'abito e con il galero (cappello) cardinalizio gettato in terra a simbolo della sua rinuncia agli onori. Spesso si vedono il

leone cui tolse la spina dal piede, un crocifisso a cui rivolgere l'adorazione, un teschio come simbolo di penitenza o la

pietra con cui era solito battersi il petto.

A Firenze è presente un'iconografia di San Girolamo penitente in piedi, in logora veste bianca, che si batte il petto con

un sasso. In quest'iconografia - Andrea del Castagno presso la basilica della Santissima Annunziata, scultura in

terracotta di un anonimo plastificatore fiorentino (circa 1454) presso l'Oratorio di San Girolamo e San Francesco

Poverino (Antonio del Pollaiolo? Andrea del Castagno?) è da sottolineare il nervosismo degli arti e la tragicità del volto.

Sebbene l'abito rosso da cardinale sia stato molto usato nelle rappresentazioni pittoriche del santo, non è storicamente

possibile che egli sia stato cardinale, poiché l'istituzione è altomedievale.

Opere d'arte raffiguranti san Girolamo

Page 10: San Gerolamo

Memmo di Filippuccio e Giotto, San Gerolamo (1280 circa)

Cima da Conegliano , San Girolamo in Polittico di Olera

Masaccio , San Girolamo (1426)

Belbello da Pavia , San Girolamo (1431-1436)

Pietro Lianori , Madonna col Bambino fra san Gerolamo e san Petronio (1433)

Piero della Francesca , San Girolamo e donatore (1440-1450 circa) e San Girolamo penitente (1450)

Jan van Eyck , San Girolamo nello studio (1442)

Colantonio , San Girolamo nello studio (1444 circa)

Andrea Mantegna , San Girolamo (1449-1450)

Filippo Lippi , Esequie di san Girolamo (1452-1460)

Andrea del Castagno , Trinità con san Girolamo (1453-1454)

Vincenzo Foppa , San Girolamo penitente (1460 circa)

Antonello da Messina , San Girolamo nello studio (1474-1475)

Cosmè Tura , San Girolamo penitente (1474 circa)

Pinturicchio , San Girolamo nel deserto (1475-1480 circa)

Domenico Ghirlandaio , San Girolamo nello studio (1480)

Leonardo da Vinci , San Girolamo penitente (1480 circa)

Giovanni Bellini , San Girolamo Contini Bonacossi (1480 circa) e San Girolamo leggente nel deserto (1505 circa)

Albrecht Dürer , San Girolamo nella selva (1494) e San Girolamo nello studio

Sandro Botticelli , Comunione di san Girolamo (1495 circa)

Vittore Carpaccio , San Girolamo e il leone nel convento (1502) e Funerali di san Girolamo (1502)

Hieronymus Bosch , San Girolamo in preghiera (1505)

Lorenzo Lotto , San Girolamo penitente (1506) e San Girolamo nel deserto

Agostino Carracci , Comunione di san Girolamo (1592)

Caravaggio , San Girolamo in meditazione (1605 circa), San Girolamo (1605-1606) e San Girolamo

scrivente (1608)

Anonimo plastificatore fiorentino , San Girolamo penitente (max 1454) Oratorio della Confraternita di S. Girolamo e

S. Francesco Poverino - Firenze