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Il tempo è una variabile non trascurabile nella vita e nella poetica di Luigi Maieron. Tempo e parole potrebbero essere i due cardini su cui si appoggia l'intera struttura poetica di Gigi. Che è una struttu- ra poetica complessa. Un po' perché lavora a cavallo tra due lingue (italiano e friulano) e molto per i temi che tratta che non sono mai temi di "pic- ciol momento". Maieron tratta, con particolare sofferenza e delicato pudore i temi massimi dell'e- sistenza: l'amore, i rapporti, i pensieri, il comunica- re, le ragioni profondi del vivere, sospesi su un cri- nale che non resterà crinale per sempre. Il tempo emigra Il rapporto col tempo emerge un po' in tutte le su can- zoni, ma in "Si vif" è chiaro come non mai: "Col tempo si nasce si cresce si resta a metà / col tempo il tempo diventa di seconda mano" ... "Si vive di strade belle e di qualche ponte caduto / di tempo che verrà, di tempo che intanto ti si cuce addosso". Ma il tema ritorna invariato in "Foes": "Foglie, foglie cadono / sul prato cadono / i fuochi d'autunno, l'aria di neve / il mio paese che piano batte sui ricordi". Oppure, anco- ra, in "Ce ch'a è?": Cos'è questa memoria che va in baldoria / questa vita di marmo se ha negli occhi un campo? / Una foglia quando nasce non la sente nes- suno / ma si riesce acapire ciò che dice col tempo". Ancora in "La to vos": "La musica che ti piace, che aspettavi di sentire / da quelche parte è incomincia- ta, io ti chiedo di ballare / ti chiedo cos'è che fa del tempo un'eccezione? / Era domenica, era d'estate, una ltro giorno da incominciare". Proseguiamo? C'è "Semence" che dice: "si vive di muri e di finestre alte / di tempo che tutto porta via /come acqua di fiume che da sempre va / e da sempre resta lì". Per arriva- re all'apoteosi temporale degli "Ultims pensirs", quelli che si fanno di sera, al calar della notte, fuori dall'usci- to di casa, quando a tutti è capitato di pensare: "sono ore che girano e il tempo che sta fermo" oppure "C'è sempre qualcosa del passato che non finisce" o anco- ra: "sono lunghi gli anni in due, sono lunghi gli anni da soli / e non c'è mai tempo abbastanza / non c'è mai tempo in più". Ma non è solo un tema di "Si vif", per- ché anche in "Anime femine" si dice "A quell'età non sapevamo di essere il cielo e al tempo / abbiamo L L e e B B i i E E L L L L E E N N E E W W S S Numero 52 19 marzo 2005 Quindicinale poco puntuale di notizie, recensioni, deliri e quant’altro passa per www.bielle.org le bielle novità Sul sito la recensione di “Tre rose”, lo storico album di Massimo Bubla prodotto da Fabrizio De André e appena ristampato in cd e due nuove intervi- ste: Riccardo Tesi e GianGilberto Monti. Continuiamo poi ad inserire le recensioni dei demo e delle opere prime nella nuova sezione “Primi ascolti” e stiamo lavorando al completamento della nuova sezione link. le bielle monografie Luigi Col tempo il tempo diventa di seconda mano di Giorgio Maimone Maieron

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Il tempo è una variabile non trascurabile nella vitae nella poetica di Luigi Maieron. Tempo e parolepotrebbero essere i due cardini su cui si appoggial'intera struttura poetica di Gigi. Che è una struttu-ra poetica complessa. Un po' perché lavora acavallo tra due lingue (italiano e friulano) e moltoper i temi che tratta che non sono mai temi di "pic-ciol momento". Maieron tratta, con particolaresofferenza e delicato pudore i temi massimi dell'e-sistenza: l'amore, i rapporti, i pensieri, il comunica-re, le ragioni profondi del vivere, sospesi su un cri-nale che non resterà crinale per sempre.

Il tempo emigra

Il rapporto col tempo emerge un po' in tutte le su can-zoni, ma in "Si vif" è chiaro come non mai: "Col temposi nasce si cresce si resta a metà / col tempo iltempo diventa di seconda mano" ... "Si vive di stradebelle e di qualche ponte caduto / di tempo che verrà,di tempo che intanto ti si cuce addosso". Ma il temaritorna invariato in "Foes": "Foglie, foglie cadono / sulprato cadono / i fuochi d'autunno, l'aria di neve / il

mio paese che piano batte sui ricordi". Oppure, anco-ra, in "Ce ch'a è?": Cos'è questa memoria che va inbaldoria / questa vita di marmo se ha negli occhi uncampo? / Una foglia quando nasce non la sente nes-suno / ma si riesce acapire ciò che dice col tempo".Ancora in "La to vos": "La musica che ti piace, cheaspettavi di sentire / da quelche parte è incomincia-ta, io ti chiedo di ballare / ti chiedo cos'è che fa deltempo un'eccezione? / Era domenica, era d'estate,una ltro giorno da incominciare". Proseguiamo? C'è"Semence" che dice: "si vive di muri e di finestre alte/ di tempo che tutto porta via /come acqua di fiumeche da sempre va / e da sempre resta lì". Per arriva-re all'apoteosi temporale degli "Ultims pensirs", quelliche si fanno di sera, al calar della notte, fuori dall'usci-to di casa, quando a tutti è capitato di pensare: "sonoore che girano e il tempo che sta fermo" oppure "C'èsempre qualcosa del passato che non finisce" o anco-ra: "sono lunghi gli anni in due, sono lunghi gli anni dasoli / e non c'è mai tempo abbastanza / non c'è maitempo in più". Ma non è solo un tema di "Si vif", per-ché anche in "Anime femine" si dice "A quell'età nonsapevamo di essere il cielo e al tempo / abbiamo

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le bielle novitàSul sito la recensionedi “Tre rose”, lo storicoalbum di MassimoBubla prodotto daFabrizio De André eappena ristampato incd e due nuove intervi-ste: Riccardo Tesi eGianGilberto Monti. Continuiamo poi adinserire le recensionidei demo e delle opereprime nella nuovasezione “Primi ascolti”e stiamo lavorando alcompletamento dellanuova sezione link.

le biellemonografie

Luigi

Col tempo il tempo diventa di seconda mano

di Giorgio Maimone

Maieron

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dato in pegno noi stessi" ("Il timp dai omens") o anche"Vorrei avere delle certezze, ma so che il tempo nonmi aspetterà" ("L'aghe grande")

Le parole "buone"

Altro tema rilevante è quello delle "parole buone" omeglio le "peraule buine", che ritornano in due canzo-ni e in almeno una poesia di Maieron. "Ho sentito unaparole vera, ho sentito una parola buona / ho senti-to che faccio fatica in amore, che tengo lontato ciòche ho più vicino" ("Peraule buine"). "I cir peraules bui-nes / e la me vous a tas" ("Cerco parole buone / ela mia voce tace" - "Scolte le cjere") . "Capisce le mieparole / sente i miei pensieri e mi lascia" ("L'om ch'alvif ta strade"). "Per noi che pensiamo che il pensierosi muova solo a parole / per noi che cerchiamo ilsicuro e dentro siamo lacrime calde/ per noi chesiamo fatti di silenzio e viviamo di mercato"("Semence"). E se non sono le parole buone, che lo siaalmeno l'aria: "l'aire buine da binore / a si puarte viale not" ("L'aria buona del mattino / si porta via lanotte" ("L'aire buine"). La parola insomma vista comeancora di salvezza, come riscatto, la parola magica,la parola schiamanica che può far guarire.

Il marchio speciale di speciale disperazione

Eh sì, perché è tanta la voglia di non farci caso chespesso non ci pensiamo. Ma tutta l'opera di LuigiMaieron è un grido alto contro la disperazione delvivere e dell'essere uomini. Un grido che però non siabbandona mai allo sconforto, al lasciarsi andare,ma anzi si carica di tossine esistenziali, quasi comeuna molla che si comprime per poter ripartire. Gigisi ferma spesso sul limitare dell'infinito, ma questoinfinito lo sente urgere dentro di sè: "Si vive di tempoe di un tremare eterno ... Si vive di ali lunghe e dimomenti leggeri". "Le lacrime vere si muovono pre-sto / raccontano i vuoit di tante giornate" ("Lasagrimas"). "Nel silenzio della tua casa / tra i muridel tuo essere / quando l'anima ha paura / respi-

ra insieme a te" ("Ultim pensirs"). "Ci sonomomenti di solitudine che amo" ("Scolte lecjere"). "Sono come un bambino orfano /come un soldato lontano e solo / Chi sene va lascia il vuoto di non aver detto di più... / Vorrei ... viverecin me stesso senza lapaura di ogni giorno" ("L'aghe grande").Ma il senso di vuoto, la solitudine, l'immen-sità e il dolore sono resi davvero con gran-de pudore. E senza tracciare diagrammifinali incontrovertibili. Maieron del dubbio.O del giudizio sospeso.

Spesso nelle sue canzoni è impietoso versose stesso. È forse il cantautore che si "amadi meno", in quanto non perde occasione di"farsi le pulci addosso" e non se ne lasciapassare liscia nemmeno una: nell'amore ècolui che si è allontanato o non riesce aesprimere tutto il bene che prova. L'infanziae la giuventù erano momenti belli, ma lui,

errando, ha perso il treno della vita e nelle giornatenormali "vivo così nascosto da non esserci / vivròsempre di un amore non ricambiato / Ascolto le miedebolezze, sono catene di ore sulla mia strada / traciò che sono e ciò che posso essere" ("La strade dimiec"). Non c'è indulgenza, c'è piuttosto voglia diespiazione e penitenza. Ma tutto il discorso non toccamai versanti pietosi o pietistici: Maieron vola alto,sospinto dal suo lirismo. E i temi si allargano quasisempre a una visione universale e non (solo) perso-nale. Quindi identificazione e non distacco.

La natura

Non si può finire quella che è una breve disamina sulcorpo poetico maieronense senza accennare al suorapporto con la natura o meglio alla presenza dellanatura nelle sue canzoni e poesie. Una natura trat-teggiata e delineata con amore e con rispetto, mamai oleografica o di cartolino. Una natura viva, avolte matrigna, altre volte tramite con i pensieri diassoluto. Ce l'avevo quasi fatta, fino alle ultime righea non parlare di Luigi come il poeta-montanaro, per-ché è un'immagine che non gli corrisponde. Certoche vive sulle montagne, certo che gli è consuetoparlare di neve e di picchi imbiancati, ma Gigi parladel vivere e vivere è uguali in riva al mare o sotto leDolomiti. Così come il vino è sempre vino, ma sa diumori diversi per i terreni diversi in cui è cresciuto. Ilrapporto con la natura si vede già dai titoli "Foes"(Foglie), "Om o furmie" (Uomo o formica) ,"Semence" (Seme), "I voi dal bosc" ("Non racconta lapaura di un animale / nè può raccontare una corsache non gli servirà / Corre portando con sé il per-ché di un fucile / Non racconta la paura di un uomo/ né può raccontare una corsa che non gli servirà").Ma addirittura "Ai miei di cjase" di Maieron eStraulino, finisce con una sorta di testamento: "Lamia anima mi porta alla semina / lascio le mani aicampi / gli occhi ai boschi / il mio corpo tra vento eterra si dissolve per ritornare uomo". Ma siamoappena all'inizio. Aspettiamo il terzo disco.

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"Luigi Maieron è una forza della natura. Lui, friulano,non solo, ma carnico di lingua ladina. Minoranza diuna minoranza. Che vive su in montagna, sotto ilpasso delle Tre Croci. L’ho conosciuto perché era unmio fan. E lui canta solo dei grandi temi della vita: vita,morte, il tempo che passa. Le grandi questioni di cuinessuno più si occupa".

"Siamo in un ‘epoca diminimalismo culturale,dove si parla solo di

“quella tequila”, la “lampada sul comodino”, picco-le e piccolissime cose. Maieron invece ha la forzadi parlare di quello che costituisce il nocciolo dellanostra vita. Nel nuovo disco canta alcune canzoniin “toscano”, per lui è stato particolarmente diffi-cile, ma sono convinto che sarà un grosso risul-tato. Penso che la miglior definizione di Gigi l’ab-

bia data GianniMura: è un albe-ro che canta!”

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MassimoBubola

Dicono di lui...

Posso anche dare ragio-ne a Gigi perché il friula-no si presta senz’altropiù a spiegare fenomeninaturali che non un trat-tato scientifico, però c’èuna questione di fondoche è proprio quella delmodo di vedere il mondoe la vita. C’è una filosofiadietro una lingua".

"Quando parlo in friulano,attraverso questa lingua,mi avvicino alla realtà. Houn mio modo di vedere il mondo che difficilmente èparagonabile ad altri modi. Il discorso è sui contenu-ti che una canzone può esprimere. In qualsiasi linguala canzone ha un vocabolario ristrettissimo. Unacanzone non deve avere per forza un numero ecces-sivo di parole. Certo che poi “Chiaroggiule” è un ter-mine che non puoi mettere in una canzone!” (ride)

Cosa significa?“E’ uno slittino per bambini. Ha un suono che ècome un mattone. Io lo dicevo a Gigi e si restavaa parlarne per ore. Non puoi metterlo! Ma dalpunto di vista musicale! Anche in inglese ci sonoparole che non suonano. Ha più a che fare col

ritmo musicaleche col significa-to. Insomma“Chiaroggiule” inuna canzonenon puoi propriometterlo! Eccosotto questopunto di vista ilfriulano si avvici-na molto all’in-glese: l’impor-tanza del suono,la scelta delleparole giuste

che suonino anche bene in una determinatopunto, con una determinata musica. Nella linguaitaliana un po’ si è andato perdendo questo gustodel suono. C’è meno bisogno della musicalità diun testo. Si sta iniziando forse a recuperare qual-cosa adesso, ma spesso è stato ritenuto piùimportante un testo per i contenuti che veicolava,per l’argomento che si affrontava. E non per lamusicalità dell’insieme. In friulano mi accorgosubito se un testo suona o non suona. In effettimolti anni fa quando lavoravamo molto assiemeio e Gigi avevamo confronti-scontri di questo tipo.Io voglio esprimere il mondo di oggi col friulano:parlare di televisione, di automobili, del mondo,delle cose che vedo e che ascolto”.

LinoStraulino

"La lingua friulana ha una poeticità insospettata, è già musica. La prima impressione che mi ha fatto sentir cantare Luigi Maieron, era che cantava come cantereb-be un albero.Se c’è nella musica italiana un vento dell’est, lui ne fa parte a pieno titolo".

GianniMura

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Al suo terzo lavoro (l’esordio, “Anime Femine” era del1998), Luigi Maieron suscita emozioni con diecicomposizioni di folk cameristico che aggirano inmodo convincente l’idea riduttiva di “canzone d’auto-re”, avvicinandolo più alla tradizione di certe balladsangloamericane che al frusto cantautorato italicorinvenibile a un ascolto solo superficiale. Cantato indialetto carnico, scabro idioma delle montagne, “SiVif” racconta i sentimenti della gente comune, traumili distillati di saggezza (“Non si cresce mai abba-stanza senza buoni ricordi/ si vive comunque, macosta un po’ di più…”), concordanze con la natura (ladescrizione della nebbia in “Ce ch’a è?”), descrizionidi luoghi della memoria (“”Foglie, foglie cadono/ sulprato, cadono/ i fuochi d’autunno l’aria di neve/ilmio paese che piano batte sui ricordi”), confessionidisarmanti (“Sono fatto per vivere in due/ma stotroppo con me/ho un carattere leggero che tremacon poco/un carattere normale che si basta dasolo…”) che sembra-no estratte dallealchimie verbali delFernando Pessoadell’Inquietudine. Ilverso sciolto rende ibrevi testi vere poe-sie in musica(Maieron è ancheautore della raccoltapoetica “Orepresint”),con la voce dallagrana grossa impo-stata sul registrobasso, che srotolapigramente le parolecon levità zen. Un“recitar cantando”madrigalistico, depu-rato da ridondanze diaccenti e virtuosismi,disposto a un delicato rapporto con la parola, resaora intimo sussurro, ora adagio confidenziale.Prodotto da Massimo Bubola, un grande album dimusica tradizionale italiana che appena pubblicatoha già la statura del classico. (Lucaferrari.net)

"Ci sono momenti che non si ha tempo o almenonon si sa di averlo, non si sa ciò che finisce e c'è undomani che non ritorna". Con questo pensiero dedi-cato al tempo che scorre si apre Si vîf, secondaprova discografica di Luigi Maieron, cantautore eautore friulano dalla fine ed intensa poetica. Nelcorso della sua carriera come cantautore maanche come autore di teatro Gigi Maieron, è diven-tato una sorta di rompighiaccio per la diffusionedella musica tradizionale e della lingua friulana, Si Vifsegna dunque l'apice artistico della scelta di utilizza-re la lingua friulana (carnica, per essere precisi)come mezzo espressivo. Tutto il disco è pervaso daun costante richiamo allo scorrere del tempo, allestagioni che si susseguono, alla vita che invecchia,

che cambia tutto ma non i sentimenti più puri. Tuttociò spesso ha portato a paragonare Gigi Maieron algrande poeta William Wordsworth che consigliavaa chi desiderasse scrivere poesie a rivivere l'emozio-ne nella tranquillità, lui fa lo stesso, infatti tratta leemozioni con un un tono mai eccessivo o tropposentimentale, trattando anche i sentimenti più bru-cianti con uno stile poetico misurato, mai eccessivoo, peggio, sentimentalistico. (Maggie’s Farm)

Le emozioni sono trattate da Maieron con un tonomai eccessivo o troppo sentimentale: riprendendocosì una tipica caratteristica del popolo carnico,capace di emozionarsi nel profondo, ma semprecon un nobile pudore verso le manifestazioni esterio-ri troppo plateali.Prodotto da Michele Gazich, che ciha messo il suo violino, e da Massimo Bubola, il discoè piacevolissimo: gli arrangiamenti intimi ed essen-

ziali seguono unalinea acustica riccadi armonie. L’autorefriulano proseguecon decisione nellascelta del dialettocome mezzo artisti-co, e in questo haprecedenti illustri: ilriferimento quasiobbligato va al DeAndré dialettale diCreuza de Mar, maanche alle canzoniemiliane diPierangelo Bertoli.Voto Artistico: 9Voto Tecnico: 8Renato Trevisani(Suono.it)

L'autore friulano ha anche altri precedenti illustri,e il riferimento quasi obbligato va al De Andrè dia-lettale di Creuza de Mä e de Le Nuvole, ma anchealla genuinità delle canzoni emiliane di PierangeloBertoli. Il CD è prodotto da Massimo Bubola, unagaranzia in fatto di musica e letterarietà in formadi canzone, e da Michele Gazich, che ha messo alservizio di Si Vif il proprio violino. Le atmosfereraccolte e ruvide ricreate dalla voce di Maieronricordano effettivamente la vocalità suadente eun po' dimessa dello stesso Bubola. Il disco suonabenissimo: gli arrangiamenti intimi ed essenzialiseguono una linea acustica di eccellente qualità,ricca di armonie, senza rimaneggiamenti e con leinterpretazioni di Maieron che tessono emozioniautentiche. C'è il pudore della poesia e la forzadella terra: un miracolo, di questi tempi. Si Vif èsicuramente un lavoro di "tradizione d'autore".

[email protected] - La stampa

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il parere della rete

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Luigi Maieron è un nome relativamentenuovo nella canzone d'autore italiana. A inizio2002, complice Massimo Bubola, è uscito "SiVif", un disco di ballate in lingua friulana chegli ha aperto un credito molto ampio presso lacritica specializzata. Buscadero, MucchioSelvaggio e L'Isola che non c’era lo hannoinserito tra i personaggi dell'anno e GianniMura è un suo appassionato cultore. Anche il Club Tenco si è ricordato di Maieron:il cantautore è risultato tra gli artisti più vota-ti per la Targa Tenco. Maieron vive tra le mon-tagne in Carnia, non è un debuttante assoluto;ha quasi 50 anni e fa musica da venti. Ma quest'anno è stato un po' diverso, il 2002ha cambiato qualcosa nella tua vita? "Nella mia vita no. Continuo con la mia attività:lavoro la mattina e musica il pomeriggio/sera".

La tua fama però si è sparsa. Anche al pre-mio Tenco sei stato ben votato dalle giurie. "Sì, è vero, sono finito terzo in una categoria equarto nell'altra (disco in dialetto ed esordien-ti – NdR). Mi ha fatto piacere. Ma non sonoancora stato invitato a Sanremo (ride - ndr).Chissà se il 2003 sarà l'anno buono".

Comunque dal Friuli stanno uscendo unsacco di autori buoni. Dopo te e LinoStraulino ho sentito di recente LorisVescovo, poi mi hanno parlato bene dei Flk... "I nomi che citi sono di primo piano nel panormafriulano. Con Straulino in particolare c'è unalunga amicizia e una collaborazione che è duratamolti anni. Loris ha appena pubblicato un nuovodisco. Molto buono. Forse l'avrei asciugato unpoco, meno musica. Ma questa è una considera-zione personale: la sostanza c'è.

Perplessità che covi anche sul versantemusicale? "In parte, perchè qui, è vero che la musica è dicasa. Ma fatta con pochi strumenti, da orche-strina paesana: una chitarra, una fisarmoni-ca, a volte un violino ...". Sull'uso della linguapoi, lo sai quanto io ami il friulano. Credo che

questa lingua, nata tra le montagne e perdescrivere cose che stanno tra le montagne,non possa essere utilizzata per tutto. Vi sonoconcetti, idee, situazioni che non appartengo-no alla mia lingua ed espressi in friulano nonmi suonano, non mi convincono".

Eppure la scena locale sembra molto ricca:una fioritura di talenti che comprendeanche gli Arbe Garbe, i già citati Flk, iTrastolons, Stefano Montello ... "Ricca, sì, ma in buona parte sottovalutata.Soprattutto a livello discografico. Gli Flk, ad esem-pio, dopo un paio di dischi molto belli per la Cni –Compagnie Nuove Indie, adesso sono in difficoltàe sull'orlo della scissione. Perché il pubblico cheabbiamo qui, sai, è un pubblico molto difficile. C'èun po' di disamoramento per la musica friulana ingenere e questo deve farci riflettere tutti".

Ma tu stai già preparando materiale per unnuovo disco? "Con i miei tempi. Che sono lunghi. Io possopassare anche giorni attorno a nuova frase,per rifinirla, per completarla, perché mi soddi-sfi. E le canzoni nuove non le faccio sentireprima che siano in grado "di camminare". Oragiro con il materiale di "Si Vif" e con il materia-le precedente, rielaborato e riadattato sullabase della lezione dell'ultimo disco. Con unuso della voce più profondo e suoni rilassati".

In "Si Vif", infatti, la parte che colpisce di più èla particolare timbrica usata da Gigi Maieron:bassa, profonda, intensa. Una voce che ricor-da Leonard Cohen, ma anche la corteccia diuna quercia. Una voce magica al servizio ditemi come la memoria, l'amicizia, "il vissuto, lasolidità che l'esistenza pretende", per dirlacon le sue parole. E, con ogni probabilità, nel-l'ambito della canzone d'autore, è stata lavetta più alta del 2002.

intervista rilasciata il 30-08-2002

LuigiMaieron: "la buona musica della quercia"di Giorgio Maimone

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Gigi Maieron è prima di tutto un uomo. Poi un artista.Una di quelle persone che hanno avuto il tempo, lapazienza e la necessità di "cercarsi" a lungo, prima diritrovarsi. È una persona che riesce a dire "scrivosolo quando ho qualcosa di essenziale da dire". Inun'epoca in cui siamo subissati da un profluvio diparole, mi sembra una di quelle frasi da stampare edappendere al muro per aver sempre davanti agliocchi come monito. Con questi presupposti non tur-biamoci se, a tre anni da "Si vif" il disco nuovo non èancora in uscita. Le canzoni sono pronte, ma... stan-no ultimando la maturazione sotto la paglia, Ad"Acrobatici Anfibi" per la prima volta si alzerà il sipariosul "laboratorio Maieron", un motivo in più per nonperderselo. Ma, attenzione perché lui precisa anche:"Pubblico pochissimo e solo dopo essere sicuro diaver dato proprio quello che volevo".

Luigi Maieron, artista multimediale: dischi,romanzi, libri di poesie, teatro … hai mai provatoa dipingere? O pensato di darti al cinema?Scherzi a parte, in quale ruolo ti trovi meglio?"Sono un innamorato della parola. Mi piace ‘sbircia-re’ nel mondo dei sentimenti, tra le rughe, nellaparte nascosta dove il respiro si attenua, si fa piùlento. La canzone e la formula che mi appassionamaggiormente. È come se fossi ancora un bambi-no: ho sostituito paletta e secchiello con la chitar-ra. Chitarra e parole sono le compagne di tantipomeriggi di solitudine quassù in Carnia".

Parliamo de “La neve di Anna”. Cose che tra noi cisiamo già detti, ma è un discorso che mi sembragiusto allargare anche ad altri. È la storia dellatua famiglia in musica, attraverso tre generazio-ni, dicevi. Ma è anche altro. Per te è stato un dolo-roso ma necessario fare i conti con te stesso. Si, sono cresciuto in affanno, senza un padre. A 19anni ero sposato e a 21 avevo già due figli. Dall’oggi

al domani mi sono trovato dalla scuola allafabbrica. Facevo l’operaio turnista, lavoravodi notte. Ho il massimo rispetto per il mondooperaio. Un mondo duro, spesso dimentica-to. Io non ce la facevo fisicamente. E’ statoun periodo molto difficile che ha finito perindurirmi. Ho trascurato affetti, mi sonolasciato andare a tratti di egoismo. La stesura della ‘Neve di Anna’ mi ha aiuta-

to a far visita alla parte sotterranea, a scenderenella stanza dei bottoni dei sentimenti. Mi sonoparlato a muso duro ho risanato rapporti e situa-zioni che non si erano mai sbloccate del tutto. Eraun percorso di ‘ritrovamento’ che stavo già facen-do, ma ‘La neve di Anna’ è stato terapeutico per-ché ha annodato ogni filo con parole precise perspiegare l’impreciso mondo dei sentimenti.

Il tuo libro può essere letto sia come una serie diracconti dal tessuto di fondo comune, che comeuna storia unica che si dipana, anche se con i suoiandirivieni nel tempo, tanto per ricordare ancoraGarcia Marquez. Come preferiresti venisse letto? E’ vero, è un libro che racconta tante giornate diver-se ma in un tempo unico. Ci sono giornate di pioggia,momenti di sole e …tanta neve. Camminare in salitacosta un poco di fatica ma l’aria è buona in quota.

La tua scrittura è indubbiamente di tipo lirico. Ognicapitolo contiene i germi per farne una poesia o unacanzone. E credo, infatti, non a caso che parti dellibro siano state “prima” canzone che prosa o sianodiventate canzone “dopo” essere state prose.Come hai composto i materiali di questo libro?Si è così. Ti dirò anche che ogni pagina del libro puòessere letta come una specie di canzone. Dopo lastesura infatti ho asciugato, tolto via ogni grammoche non servisse. Il superfluo è un nemico in poesia,così come lo è nella vita. Ho curato anche il ‘suono’delle frasi. La parola ha significato anche nel suono.

Nella recensione a “La neve di Anna” faccio unaspecie di critica che in realtà cela un grandeapprezzamento. Ossia, se avessi voluto ogni tantotrascurare la “verità storica” della tua famiglia e difossi lasciato andare alla fantasia, avresti potutoscrivere un romanzo con venature fantastiche emagiche, quasi come un Marquez tra le nevi della

LuigiMaieron:

“la scritturaessenziale”

di Giorgio Maimone

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teCarnia. Hai “sparagnato” sulla fantasia per utilizza-re un tuo termine. Ma forse dovevi a te stesso discrivere così?Ho accettato la proposta di scrivere anche per risiste-mare da buon artigiano alcune viti che si erano allen-tate nel mio cuore. Martello e cacciavite per le ripara-zioni! La fantasia avrebbe in parte vanificato i lavori.

E adesso che la “Neve” si è quasi sciolta? Che fine hafatto la tua penna? Scrivi ancora? Scriverai ancora?E in che forma? Romanzo, racconti o solo poesie?La scrittura è una terapia continua. Mia moglie silamenta delle annotazioni che trova nelle sue riviste.Infatti anche se decido di fare altro c’è sempre unospunto per ritornare a scrivere, e lo faccio dove capi-ta. Non mi prefiggo un progetto, in genere nascono dasoli, riga dopo riga. Pubblico pochissimo e dopo esse-re sicuro di aver dato proprio quello che volevo.

Veniamo a parlare del disco nuovo, per quanto sipuò. Io ho sentito una canzone sola, molto bella, e tiho sentito recitare un testo che hai scritto per que-sto nuovo gruppo di canzoni e … sorpresa (ma rela-tiva!) sono in italiano! Il cantore del Friuli, anzi dellaCarnia, sceglie la “lingua foresta”? Come mai? Èuna scelta totale o limitata ad alcune canzoni?Come si evolverà il disco? E di cosa parla? C’è untema unificante o sono singoli capitoli separati?La mia prima lingua resta il friulano. In friulano conti-nuerò a scrivere. L’italiano lo uso quotidianamente.Da sempre scrivo anche in italiano. Prima della ‘nevedi Anna’ mancava la pubblicazione non il materiale. Dopo ‘Si vîf’ ho preso un poco di tempo perché lìavevo parlato a 360° di tutto il mio vissuto di oggi.Non voglio ripetermi, né scrivere qualcosa che nonsia essenziale. Ogni lingua ha poi un suo mondo di‘cose’, alcuni temi le appartengono più di altri, da quila scelta di utilizzare l’italiano per raccontare cosediverse che in ‘Si vîf’. Una lingua non ha importanzaper quanto sia grande o piccola, ma solo per quelloche riesce ad esprimere.Mi piace l’idea di album dove i vari brani alla fine diven-tano un insieme. E’ una sorta di fissazione, mi piacecercare il legame, decidere i temi ed arrivare ad unosviluppo quanto più completo possibile.

Ci sono state vicissitudini produttive per questodisco, vero? Prima doveva essere fatto con lo stes-so team di “Si vif”, ossia Michele Gazich e MassimoBubola e sul sito della Eccher era previsto in uscitaper il novembre 2003. Siamo a un anno e mezzodopo e il cd non c’è ancora. Se ne può parlare?Anche in termini generici …

Spero di lavorare con Massimo e Michele. A lorodebbo veramente tanto. Massimo è reduce da duedischi bellissimi ed impegnato a sostenerli comemeritano. Spero di sentirli presto e di predisporre unpiano di lavoro. Per quanto mi riguarda sto lavorandoal nuovo disco. Sento che cresce, i brani sono quasipronti. Ora voglio cominciare a suonarli, voglio scopri-re la veste più adatta ad ogni canzone.

“Si vif”, comunque, è stato a mio modo di ascoltareun vero “capolavoro”, uno di quei momenti felici incui tutto torna bene e testi, musica e voce trovanoun equilibrio quasi magico. Credo che te ne siaaccorto anche tu che il disco era veramente qual-cosa di “forte”. Come atmosfere musicali il nuovodisco seguirà “Si vif” o andrà per una strada sua?E di “Si vif” a distanza di qualche anno cosa nepensi? Ti piace ancora? A me tanto.‘Si vîf’ non è solo un disco per me. È un diario dove tuttociò che ha significato qualcosa nel bene e nel male èstato prima analizzato minuziosamente e poi raccon-tato, con la massima apertura. Ci sono molte lacrimeche sono servite a pulire gli occhi per vederci meglio.

Ho risentito in questi giorni (anzi, lo sto ascoltandoproprio ora) “Anime femine”, il tuo primo lavoro. Piùlo ascolto e più penso che il suo unico difetto siastato, per me, quello di averlo ascoltato dopo “Sivif”. L’avevo trovato “diverso” e l’avevo momenta-neamente accantonato. In realtà lo trovo un discoa sua volta splendido. Suonato benissimo con viole,violoncelli, violini, chitarre (e una è quella non tra-scurabile di Lino Straulino), pianoforte e percussio-ni. Soffro solo un po’ per non capire tutte le parole,perché i testi sono riportati, ma solo in friulano econ un breve sunto in italiano. “La me vite a é che-ste” è una delle mie favorite. Cosa ne pensi tu?"Anime femine" ha 10 anni, ma quando lo ascoltosembra appena inciso. Il suo difetto è che canto conun paio di toni troppo alto. Il disco perde un poco inprofondità, ma le canzoni reggono molto bene. ‘LaNota’ che lo ha prodotto ha dato il massimo per assi-curarsi i validi musicisti presenti nella stesura. Oltre aLino da citare le ‘Clobeda’s’ agli archi e U.T. Gandhialle percussioni.

Ho trovato, come tema ricorrente delle tue canzo-ni, ma mi sembra pure delle poesie, la locuzione“peraules buines”. “Cerco parole buone”. Che èanche il titolo di un brano di “Si vif”. Cosa sono le“parole buone”? Attribuisci un valore salvifico alleparole? Possono fare bene? Di sicuro le parole cat-tive possono fare male. Mi piace molto questo insi-

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testere sulle “parole buone”. Magari è solo una coin-cidenza e non influisce, ma a me sembra un verotema del Maieron letterato. Le parole buone sono come i buoni ricordi. Aiutano,fanno bene. Abbiamo bisogno di carezze. L’affetto ciaiuta a smussare qualche insicurezza.

Lino Straulino mi ha detto in una recente intervistache la vostra generazione si era riappropriata dellalingua locale come elemento di rottura, comesegno di diversità, salvo poi trovarsi in imbarazzoquando le rivendicazioni, diciamo così, etnico-politi-che, hanno cercato di impossessarsi del vostrolavoro. Un po’ quello che è successo a Davide VanDe Sfroos con la Lega in Lombardia. Hai vissutoanche tu situazioni limite o l’ambito “intimista” delletue canzoni ti ha salvato da tentativo di “mettertiun cappello” di un qual-che colore? Peraltro unindiano (mi riferisco alletue preferenze per i pel-lerossa, rispetto ai cowboys raccontate nellibro) non si fa mettereun cappello da nessuno!Non so se la politica avevaattenzione per noi. Forsein parte, credo che nonavevamo molta forza.Attorno ad una lingua c’e-rano tante scuole diverseche non hanno prodottoun vero movimento forte.Ora è necessario un diver-so lavoro di squadra. E’necessario capire chesiamo una tribù di indianiche non vogliono ucciderenessuno ma che devonomantenere libera la loroprateria. Devono avere laloro terra per far pascola-re i loro cavalli e racconta-re le loro storie fatte di cielo, di verde, di acqua. Fattedi natura della sua voce che sa contrapporre airumori il tremolio di una foglia.

Della scena friulana abbiamo parlato spesso. Io latrovo di una vivacità notevole e in grado di snoccio-lare degli ottimi lavori e da tante fonti diverse: LaSedon Salvadie, gli Flk, i Kosovni Odpadki, i poeti tra-stolons, Maurizio Mattiuzza, Loris Vescovo, gli Zufde Zur, gli Arbe Garbe, Aldo Giavitto, LinoStraulino… Ma ogni tanto ho come l’impressione diosservare l’esplosione di una supernova dalla terra.Bagliori di uno splendore che fu, ma la cui luce a mearriva solo ora. E’ così o è ancora vitalissima lascena musicale friulana? Anche se forse parlare di“Friuli” per voi è difficile, visto che ogni paese faquasi “repubblica” a sé, vero?Ci sono molte realtà musicali di spessore. AggiungoPiero Sidotti al tuo elenco. La tua osservazione sulletante repubbliche è però molto pertinente. Non si èriusciti a creare una specie di convivenza che per-

mettesse a questo fermento di crescere assieme edi concretizzarsi in modo più convincente. C’è unoscollegamento che va ricomposto. Ci serve un orga-nismo che riesca a raccogliere ed a coordinare letante espressioni importanti di questa terra. C’è biso-gno di organizzazione, di un lavoro comune perché leopportunità sono diverse ma i collegamenti non cisono, o sono del tutto insufficienti.

Concludiamo con il Maieron “persona” e non arti-sta. Due passioni tue le conosco: cibo e vino buono.Cibo, soprattutto, nel ruolo di cuoco. E vino comedegustatore attento. Passioni che condivido inpieno, caro fratello separato! Hai voglia di parlarneun po’? C’era una tua descrizione di un vino da berenelle sere d’estate al chiaro di luna … che ancora misolletica il naso e il palato!

Capiti male il mio dottoremi ha ammonito. Vuoleche stia un poco piùattento. Però quella botti-glia, in una sera d’estate,al chiaro di luna, con lemontagne che ci guarda-no, stai pur certo che loberremo.

Ultima domanda, marestando sullo stessopiano. Privato. Maieronha due figli e una moglie.Ma non è questo di cuivoglio parlare. Nel libroparli di un distacco dallamusica, coinciso con ilmatrimonio e la nascitadel primo figlio (o figlia?).E il libro finisce lì.Trent’anni dopo arriva“Si vif”. Cosa è successoin mezzo? E come èstato riprendere a suo-nare? E in che forma?

Da solo, in gruppo, in formazioni popolari. Nelmomento in cui avevi smesso, quello raccontatosul libro, suonavi in un gruppo rock …Sono successe tante cose. Sono finito in fabbrica, horipreso a suonare con mia madre; abbiamo giratoper anni insieme da un paese all’altro, nella veste dimusicanti, assieme a mio fratello Daniele Maieron ea mio cugino Roberto Selenati. Poi mi sono nascostoper più di venti anni a guarire vecchie ferite e ad impa-rare a raccontare con ‘peraules buines’.

C’è ancora una curiosità. Che musica ascolti? Cosati piace, per il tuo gusto personale, non per lavoro,intendo. Se ti trovi in una bella serata, tranquillo edici: “adesso voglio proprio sentire la mia musicapreferita” cosa metteresti su? Oggi intendo. Nonstoricamente. Nike Drake mi commuove molto la sua vicenda ecredo di capire quanto ha sofferto la sua anima.

Intervista effettuata il 13 marzo 2005

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Parliamo del disco di Maieron. Ho come la sensa-zione che il tuo lavoro in quel disco sia stato essen-ziale. Certo, si sente anche la mano di Massimo, matu, in particolare, hai suonato, hai arrangiato, haidato un “colore”, una nuance alle note che forseprima non avevano. E’ proprio questa la domanda.Quanto è cambiato Maieron tra quando è arrivatoda voi e quando è uscito il disco? Cosa ha portatolui, oltre a degli ottimi testi, e cosa hai aggiunto tu?Il suo primo disco “Anime femine” suona moltodiverso da “Si vif” che, invece, è un capolavoro."È stato un insieme di scelte e di circostanze fortui-te. Io ho sempre amato i dischi che procedevanoper sottrazione o dove comunque non ci fossemolto attorno alla voce e ai testi del cantante. E que-sti testi meravigliosi di Maieron in fin dei conti sono,al di là della nota diatriba poesia-canzone, dei testi diun altissimo valore poetico. A me pareva che neldisco precedente ci fosse troppa roba attorno a lui.La prima volta che avevo sentito un suo concerto,mi sembrava poi che Gigi fosse come a disagio,quasi in ostaggio di musicisti che usavano le suecanzoni per fare improvvisazioni free-jazz che con luinon c’entravano nulla. Io l’ho sempre percepitocome un poeta rurale, essenziale. Va poi detto chec’è stata un’intuizione iniziale di Massimo (Bubola)che gli ha suggerito di cantare un’ottava più bassa,e questo è stato obiettivamente fondamentale. Quando Massimo, che tra l’altro collaborava con meda molto poco - era il 2001 ed erano pochi mesi chesuonavamo assieme - mi ha fatto sentire le canzoni,di Gigi, ho subito pensato che erano bellissime e chevolevo assolutamente fare qualcosa con quest’uo-mo. Massimo ha dato questo input di abbassare lavoce di un’ottava, dopodiché mi ha lasciato assoluta-mente carta bianca. Così abbiamo lavorato in studioe Massimo è nuovamente intervenuto solo nel mis-saggio finale dove ha sistemato qualcosa.Ovviamente è stato tenuto costantemente aggiorna-to sul progetto e ha dato consigli, però ci ha lasciatinotevolmente liberi di agire. Io avevo questa idea difare una cosa con pochi strumenti e così abbiamofatto. Avevamo anche pochi soldi, così ho coinvolto il

mio migliore amico, un fisarmonicista che si chiamaLuca Ferraboli - che sul disco si fa chiamare LucaFerro - Elena, mia moglie al flauto e basta, essenzial-mente. Io ho suonato tutte le varie parti di archi, Gigisi è ingegnato con la chitarra, abbiamo fatto dellepseudo percussioni in un pezzo - Peraule buine -prendendo dei pezzi della batteria e suonandoli così.Il disco è stato realizzato in pochissimi giorni ma conle idee estremamente chiare. Avevamo fatto qualcheconcerto prima, facendo “Si vif” da capo a fondo, cosìsiamo andati in studio preparati. Io ci tenevo che suo-nasse molto essenziale, molto “povero”, insomma,questo è ciò che ho fatto io.

Queste sono parole tue: “Ho conosciuto prima ilMaieron musicista del Maieron poeta, ma leggereil poeta mi ha confermato tutto ciò che la sua musi-ca già mi aveva suggerito. Ma cos'è la musica diMaieron? Banalmente, si potrebbe dire "canzoni",ma in realtà è qualcosa di assai più particolare. Ilsuo cantato si potrebbe avvicinare al "recitar can-tando" dei primissimi operisti italiani, il cui massi-mo esponente fu Monteverdi”. Anche la poesia diMaieron ti affascina in egual modo?"Queste frasi appartengono alla postfazione di unlibro di poesie di Maieron che si chiama"Orepresint". Mi sono piaciute queste poesie chehanno l’essenzialità dellle sue canzoni: io sento unaforte continuità, insomma, tra il Maieron poeta e ilMaieron cantante. Ovviamente sono fazioso, e houna preferenza per il musicista, ma forse solo per-ché è con il musicista che ho collaborato. Non èuna boutade quella sugli operisti, Monteverdi ecce-tera, perché in effetti Monteverdi è stato quelgenio che è passato dallo scrivere le cose a cinquevoci - in cui non si capivano i testi, non si capivaniente - a scrivere per una voce sola con un accom-pagnamento strumentale. E lo stesso è stato pas-sare, se mi permetti il paragone un po’ strano eardito, da “Anime Femine” a “Si Vif”. Luigi è unuomo che a un certo punto della sua vita ha cam-biato tutto. E a me piace molto questo Maieronessenziale che è come quest’ultimo Monteverdi".

raccontato da Michele Gazich

“Si Vif”, the making of

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Si Vifdi Giorgio Maimone

“Non si cresce mai abbastanza senzabuoni ricordi. Si vive comunque, ma costa unpo' di più". Luigi Maieron poeta furlano e can-tante di gran vaglia. Prendete LeonardCohen, fatelo cantare in lingua carnica, sumusiche di Nick Drake e avrete un idea dicosa può proporvi Gigi Maieron. Siamo dalleparti di un signore di 48 anni con molti capel-li bianchi e una gradevole aria da "duro" vissu-to, ma dal cuore tenero che canta dei suoipiccoli spostamenti del-l'anima e del tempo chepassa (e una volta che èpassato diventa "diseconda mano". Leparole sono il piattoforte, parole intense,parole pensate, parolevissute e "emesse", sus-surrate, proposte congentilezza, con un atti-tudine dolce che nonpuò non toccarti il cuore.

C'è profumo di cose buone e antiche tra le pie-ghe delle canzoni di Maieron: polenta e castagne,latte caldo e vino fresco di neve. E c'è soprattut-to il senso del tempo che passa (non invano) eche passando ti regala le parole che hai semprecercato per spiegarti la vita. Guardare il passatoper capire il presente.

Ma Gigi Maieron è tutt'altro che una figurinada presepe, una rarità per turisti "culturali",pronti a cogliere al volo l'ultima stranezza.Maieron è un cantautore a tutto tondo, cheappartiene al mondo attuale e che canta lesue storie usando la sua lingua natale, esat-tamente come Davide Van De Sfroos fa conla sua o Daniele Sepe con la propria. Unuomo che si racconta e lo fa con pudore, consullo sfondo un'orchestrina di paese.

Piccole storie per tirare la sera, piccole sto-rie per far passare la notte. Volete sedervi ad

ascoltarle? "Le lacrime sono fatte così / unpo' di vita che si trasforma in pianto". "Hochiamato la vita per chiarire la questione/abbiamo scelto la bottiglia, tolto il tappo/bevuto come fratelli/ come vecchi amici"."Foglie, foglie cadono/ sul prato cadono sulprato/ i fuochi d'autunno, l'aria di neve/ ilmio paese che piano batte sui ricordi" "Cos'èquesta nebbia che non si apre, quest'aria dialti e bassi che non ti lascia?" "Si vive di murae di finestre alte". "Sono gli ultimi pensieri diuna nuova giornata/ si salutano gli amici e siresta guardare/la vita si muove e ogni giornosi fa leggere / se i tuoi occhi sono liberi, i tuoi

occhi sono per lei".

Grandi testi, grandi emo-zioni, musica crepuscola-re con un'eccellente lavo-ro di produzione diMichele Gazich (un nomeuna garanzia? Inizierò apensarlo). Pochi stru-menti: la chitarra diMaieron, viola e violino diMichele, una fisarmonica

(Luca Ferro), un flauto (Elena Ambrogio), ognitanto un basso (Giancarlo Prandelli). E poi l'usodella voce. Tenuta sempre sul registro basso,alla caccia di emozioni che possano prendertisotto cinta. Una voce, come Cohen, decisamentesensuale, una voce in grado di restarti dentro.Come una nebbia sottile. Come il crepitare dilegna. Come la solidità intrisa di tenerezza chesembra passare. Un uso della voce che, forse,può avere a che fare con la produzione diMassimo Bubola (il disco esce per la EccherMusic). Lo stesso tono di scuro che il cantautoreveronese cerca di mettere nei suoi dischi, mache a Maieron viene naturale. Infatti nel discoprecedente di Luigi ("Anime femine" 1998 -credo introvabile, ma ci sono dei file real playersul suo sito internet: www.maieron.it) le tonalitàsono più alte e l'atmosfera coinvolge meno.Insomma: grandi testi, grande voce, grandemusica: c'è di che volare!

Si Vif - Eccher Music 2002

“No si cresj avonde maicence bogns ricuarts

Si vif distes, ma coste unpouc de plui"

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niAnimefemine

Tra anime-donna

e tempo di uomini

ascoltando la vita

di Giorgio Maimone

Forse non bisognava aver sentito prima "Si vif".Perché è come partire a conoscere Dante dalla DivinaCommedia o Stanley Kukrick da "Full metal jacket".Forse c'era solo bisogno di decantazione. Perché tantoe tanto grande era stata l'emozione complessiva che"Anime femine" mi aveva mosso dentro, tante e cosìstratificate le impressioni che c'era bisogno di unacamera di decompressione e non di un prologo.Insomma, ho sbagliato tempo! Ho ascoltato "Animefemine" sull'onda immediata dell'innamoramento per"Si vif" e, come capita anche nella vita, quando si è inna-morati si perde la capacità di giudizio.

"Anime femine" suona diverso da "Si vif", la voce diMaieron è più acuta e le atmosfere sono meno densee riflessive. Ma dio santo che grande disco è? Siamo inambito Friuli stretto, anzi Carnia e di quella più ostica.Non solo il libretto presenta i testi in friulano con breviriassunti in italiano, ma anche le note di presentazionesono stilate in lingua, ahimé, incomprensibile a me epenso a tanti altri. E se con le canzoni si può ancheseguire la melodia e le suggestioni proposte dalle vocee dagli strumenti, con le note proprio non ce la si fa. Il peccato è che ci perdiamo la densità della poeticaMaieroniana. La intuiamo, ci muoviamo per similitudini,dobbiamo tenere sotto mano il libretto di "Si vif", peral-tro tradotto anche in inglese, oltre che in italiano e cer-care di cogliere significati che, a volte riusciamo a intui-re e altre ci perdiamo. Ma il senso delle canzoni è quel-lo della vita: "vivo sospeso tra gli anni che sento e glianni che ho" ... "qui il pane costa, ma costa anche ruba-re" ... "La mia vita è questa/perdere o vincere/macomunque partire" ... ... "Cerco parole buone e la miavoce tace" ... "Fra le mura della mia casa batte qualco-sa di tuo che mi dà luce"... "Non racconta la paura unanimale/né può raccontare una corsa che non gli ser-virà" ... "la mia anima è un bambino e sa quanto ha pian-to/la mia anima è donna e sa cosa ha taciuto".

Temi pesanti come macigni, raggi di sole e nube checopre il cammino. Attimi assoluti e spazi inesplorati, ilsilenzio, il non detto, il non capito. le eredità, le coseche lasciamo parlando (o tacendo) e mostrando (ovivendo). Ma Maieron non è persona che ti lascia"tranquillo", il suo ruolo è di agitarti, farti porredomande: da quelle semplici che nessuno osa più

farsi, a quelle più complesse che non sai dove ti por-teranno. C'è inquietudine, c'è sempre il vento chemuove le foglie, c'è, infine, quello che Fabrizio DeAndré ha segnato e classificato così bene, come soloun grande poeta poteva fare: un "marchio speciale dispeciale disperazione" che ce lo fa amare senzaintercapedini, senza filtri protettivi, senza pudori.

La veste musicale è sontuosa: Gigi, all'epoca (era il1998) viaggiava appaiato a un'altra grande figuradella musica di quelle zone: Lino Straulino. Che neldisco suona chitarra elettrica, chitarra classica, man-dolino e basso, è co-autore di due brani e diffonde ingiro l'aroma chitarristico della sua presenza. C’è poiun trio femminile di archi: Lucia Conflero al violino,Marina Bertoni al violoncello e Elisa D'Agostini allaviola. Completano il gruppo dei musicisti StefanoAmerio al pianoforte e tastiere e U.T. Gandhi, il cele-bre percussionista friuliano, appunto alle percussioni.Oltre a Luigi che suona la chitarra e canta.

"Ci sono uomini che comunicano le proprie sensazio-ni per mezzo di quadri o di immagini, altri che affida-no al legno o alle pietre scolpite la propria fatica, il pro-prio disagio di vivere, altri ancora che scrivono comu-nicando con linee sottili e sensibili le proprie idee. LuigiMaieron è uno di questi "artigiani". Ha l'estro di vesti-re i suoi testi di sensazioni malinconiche e delicate, saspogliarsi dei suoi sentimenti e metterli con grazia epudore nelle mani di chi ascolta. Questa è la grandez-za di Maieron". Così credo ci sia scritto nelle note friu-lane di Mauro Quai e non posso che essere d'accor-do con lui, soprattutto quando scrive che conMaieron "torna in primo piano l'importanza dell'inte-riorità" di un disco tormentato e bellissimo che rac-conta i patimenti e gli struggimenti di un uomo. E"pudore" è il termine migliore per indicare l'approccio.

"La me vite a é cheste", "Anime femine", "Scolte lecjere" (scritta con Straulino) e "L'aire buine" sono ibrani che mi colpiscono di più, che lasciano un segnosotto la cintura, come un colpo scorretto assestatoda un pugile e contro il quale non c'è difesa: la musi-ca ti induce e seduce e, solo un attimo dopo, sei den-tro lo stesso tormento di Luigi e quando te ne accor-gi è troppo tardi. Non riesci più a tirarti fuori.

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Il titolo non è tradotto in italiano, ma, andandoper similitudine lo si può forse tradurre con"Attualmente". Nel senso di "facciamo unpunto su dove sono arrivato. Per ora, sto qui.Ma questo non vuole dire che ci resti". Tuttoquesto nel libro non c'è, ma potrebbe esserci:una "fotografia" dela mondo poetico di LuigiMaieron, arrivato, nel 2002 a 48 anni e ora,da poco, oltre la soglia dei 50. Un poeta "tar-divo", perché tardi si sono iniziati a conoscerei suoi lavori al di fuori del Friuli, ma in realtàMaieron ha sempre scritto, solo che appartie-ne alla schiatta di quelli che ritengono che"bisogna pubblicare solo quando si ha qualco-sa di essenziale da dire".

In "Oreprisint" l'essenziale c'è. Meglio: non c'ènemmeno una riga di superfluo. E' vero che èuno scarno librettino di sole 52 pagine, consi-derandone due di post-fazione di MicheleGazich, ma sono solo poesie, in friulano consotto la traduzione in italiano e 50 pagine dipoesie equivalgono quasi a 50 poesie (39 perl'esattezza). Le ultime di queste sono "Peraulein musiche" (parole in musica) ossia testi chesono diventati o sono nati come testi per can-zoni come "Anime femine" (dal primo albumomonimo) oppure "Om o furmie" (da "Si vif") .

Ma come scrive Maieron? E di cosa scrive?Secondo Gazich "La poesia di Maieron nasceda una guerra interiore, ma rifiuta di esserepoesia sulla guerra, sulla lotta. C'è una grande

e celebrata tradizione nella poesia occidenta-le, dall'Iliade omerica fino al Dolore diUngaretti, di poesia sulla guerra interna oesterna a noi stessi: l'originale scommessa,vinta, di Luigi Maieron è stata quella di corre-re il rischio di staccarsi da questa tradizione edi scrivere un epos di pace, sulla pace, desti-nato a produrre pace". (Michele Gazich - post-fazione a Orepresint).

Per intenderci sono poesie come questa:

Clap e cartufule Tal cjamp une forcje

a pare da une bande i clapse da che ate las cartufules.

Jo, clap e cartufulesint la mê anime diventâ forcje

e il so lavôr a mi smieze.

Sasso e patata. Nel campo una forca/

mette da una parte i sassi/e dall'altra le patate./

Io, sasso e patata/sento la mia anima diventare una forca/

e il suo lavoro mi divide./

Del tutto diverso il percorso da quello seguitoper scrivere il suo primo romanzo "La Neve diAnna", eppure ambienti, situazioni e ancheparole, in alcuni casi sono simili. Ma, diceMaieron: "La stesura della ‘Neve di Anna’ miha aiutato a far visita alla parte sotterranea, ascendere nella stanza dei bottoni dei senti-menti. Mi sono parlato a muso duro ho risana-to rapporti e situazioni che non si erano maisbloccate del tutto. Era un percorso di ‘ritro-vamento’ che stavo già facendo, ma ‘La nevedi Anna’ è stato terapeutico perché ha anno-dato ogni filo con parole precise per spiegarel’impreciso mondo dei sentimenti".

Oreprisint

di Giorgio Maimone

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Le lacrime scesero presto a raccontare allaneve quello che non avrebbe potuto spiegare aparole. Raccontavano il suo dolore infinito, losmarrimento per essere rimasta sola.Raccontavano di loro due, ormai tanto divisi; diun’emigrazione che aveva fatto a brandelli il loroamore. La neve ascoltava e le suggeriva di dormi-re”. Fosse tutto a questo livello dovremmo grida-re al miracolo, alla nascita del nuovo grande scrit-tore. Non è tutto così, ma c’è ancora tanto dascoprire. “Non sapevo spiegare perché soffrivo,ma spiegavo la sofferenza. Prima di nascere unbambino percepisce traumi e carezze e la suaformazione avanza in un misterioso equilibrio diamore e paura. Avevo una miriade di tic nella gio-vinezza e facevo lunghe “discussioni” con il miocarattere per farlo ragionare e desistere dal suosmisurato bisogno di spazio, dalla sua incapacitàa stare fermo. Spiegavo un’anima strappata”.

Luigi Maieron non è solo un poeta, non è solo“una quercia che canta” come lo definì GianniMura ai tempi di “Si Vif”, non è solo quella “forzadella natura - come l’ha definito Massimo Bubola- che canta solo dei grandi temi della vita: vita,morte, il tempo che passa. Le grandi questioni dicui nessuno più si occupa. Siamo in un ‘epoca diminimalismo culturale, dove si parla solo di “quel-la tequila”, la “lampada sul comodino”, piccole epiccolissime cose. Maieron invece ha la forza diparlare di quello che costituisce il nocciolo dellanostra vita”. Gigi Maieron ora è anche scrittore. Ilsuo primo libro (non di poesie) si intitola “La nevedi Anna” (vedi inizio dell’articolo), edito dalla

Biblioteca dell’Immagine e uscito in primaverasul territorio nazionale.

In precedenza Gigi aveva scritto “Ore prisint”,una deliziosa raccolta di poesie in friulano ealmeno due racconti: “La vous” (la voce) e “Ilsentiero”, oltre a uno spettacolo "Il Troi e laruvîs" (Il sentiero e la frana) che è presentatocome “un diario di parole e canzoni che raccon-ta il quotidiano, inarrestabile confabulare di cia-scuno con se stesso”. Ora arriva al balzo lungo,

il salto triplo del romanzo. Che è organizzato unpo’ come una sommatoria di racconti, ma che,nell’insieme, narrano la storia in musica dellafamiglia Boschetti, i nonni e la mamma di Gigi.

Maieron ha un’anima lirica (femina direbbe lui, ricor-dandosi del suo primo disco) e spesso prende il voloe vola alta come un falco che scruta dall’alto iboschi, per cercarvi sentieri e movimenti di vita.Spesso li trova, sulla punta di una sensibilità esulce-rata, di una dolcezza e di un candore che fanno fededella sua assoluta onestà. E leggere pensieri come:“La nostra arma era ed è l’arco. Un’”arma di mino-ranza” per piccole guerre, che si arrende alla forzadei fucili, senza però smettere di gridare che nonbasta avere potere o forza per essere giusti” a meallarga il cuore. E che dire di una descrizione comequesta? "Era una sorta di Don Chisciotte che alposto della lancia aveva il violino ed il suo cavallo eraun motorino che spingeva a mano".

Così come mi affascina leggere le ricette di erbecontro “le presenze”: “La felce, appesa in solaio, ciproteggeva dai fulmini, la spirea e l’iperico daglispiriti, il comino dalle streghe, la ruta dal maloc-chio”. Perché le streghe esistono e “bastava unosguardo perché un raccolto marcisse, bastavatoccassero una persona per farla ammalare”. Ilsuo paese prende vita poco a poco col procederedel racconto, i personaggi emergono sbozzati,prima a grana grossa e poi sempre più fina. Unapiccola Spoon River tra i monti della Carnia, cosìlontana eppur così simile alla Spoon River larianaraccontata da Davide Van De Sfroos nel suo "Ilmondo spiegato dai pesci".

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niLa nevedi Anna

In cerca di Garcia Marquez

sulla neve della Carnia

di Giorgio Maimone

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Una comunità dove man mano impariamo aconoscere il carattere del nonno e della mamma-bambina, del bisnonno e della nonna; suocero enuora non si amavano (“fra loro c’era freddo eneve”) perché lei addossava al suocero le respon-sabilità per la morte di Anna (la bisnonna) nelbosco, in mezzo alla neve.

Anna era andata a cercare il suo uomo, che lavo-rava da emigrante stagionale in Austria, perchéaveva saputo che stava con un’altra donna. Mal’uomo, vedendola arrivare, dopo una camminatadi 8 ore nei boschi, e sentendosi in colpa, l’apo-strofò duramente:”Ce fastu achi, file a cjase!” (chefai qui? Fila a casa!). E Anna s’era girata ed eratornata indietro, morendo di notte, sotto la neve,nel bosco.

Il procedere della narrazione di Maieron ha qual-cosa di marqueziano, la stessa fantasia, gli stessisquarci attraverso i quali la poesia si affacciasulla vita, ma, essendo in fin dei conti un “giovane”della scrittura (ha 50 anni, ma è al suo primoromanzo) non riesce a padroneggiare la materia

narrativa allo stesso modo del premio Nobelcolombiano. E il racconto, che avrebbe le carte inregola per volare alto, si appesantisce o meglio, sidisperde, in filoni marginali, degradando da epicoa semplice bozzetto di carattere. Forse l’errore diGigi è di restare troppo legato alla verità vera. Di“sparagnare” sulla fantasia (che pure non gli fadifetto), perché i carnici hanno sempre risparmia-to su tutto (“Era l’eredità della miseria, della guer-ra, dell’emigrazione”, di mani “allenate a stringereattrezzi e non a fare gesti d’affetto”) e non per-mettere alla storia di prendere forma e levitare.La verità storica ne guadagna, il ritmo romanze-sco ne perde.

Ma “La neve di Anna” resta comunque un libroprezioso, un libro pieno di musica e di canzoni e difrasi che sarebbero, ognuna, il bell’inizio diun‘altra canzone. Lo scopo di Gigi era di racconta-re una famiglia attraverso la musica e questoobiettivo mi sembra del tutto raggiunto. Osandodi più, forse, si sarebbe ottenuto un granderomanzo. Osando di più, di certo, si sarebbesmarrito qualche ricordo caro.

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Parole buone Poesie di Luigi Maieron

Une ponte di nue

Tu vâsno sint nuati

mi bat ta spâleil to ultim mandiune ponte di nue

par semenceil to ricuart fermcome il to partî

no àn puest par mee a mi cirin e a mi dulin

Una punta di nulla

Te ne vai/non provo più nulla/sento sullaspaUa/il tuo ultimo saluto/una punta dinulla/il seme che lasci/il tuo ricordocome la tua partenza/sono insopportabi-li/mi cercano e mi/fanno male.

Il colomp

Une sere di plôeti si è sentade dongje

e ti cÌmieune sere intrigant

ch'a ti tocjea sa che il to cur

al smaniea sa che il vueit

a ti convinç da sô bandepar cori vie da chê ate

a sa di tedal to cûr colomp

ch'al svuale alte al torne

Slmpri

Il colomboUna sera piovosa/si è seduta vicino/e titenta/una sera intrigante/che ti tocca/sache il tuo cuore/smania/sa che il vuoto/tiporta dalla sua parte/per scappare dall'al-tra/sa di te/del tuo cuore di colomba/chevola alto/per ritornare/sempre.

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niIl confine invisibile

"Lo scopo di un confine è quello di circoscrivere una zona, definire il territorio di una stato o di unaregione. Ha diverse forme: cippo, filo spinato, staccionata, muraglia, insomma ha molte facce, diversepossibilità. Penso sia capitato a tutti di temere un posto di controllo ad una frontiera.Chi scrive prova disagio ogni volta che ne deve attraversare una! Durante il controllo dei documenti,avverto sempre un disagio, una sorta di timore, quasi fosse una prova da superare. "Sarà tutto aposto?" "Avrò i requisiti?" Poi, finalmente, ... la sbarra si alza, un sospiro e via, fino al… prossimo:"Alt".La mia poca voglia di viaggiare, le frontiere aperte, i muri abbattuti, hanno risolto gran parte delle miefisime, ma il confine ha ormai una serie infinita di ‘competenze’ e un giorno, mentre definivo un testopoetico che spiegava la difficoltà al dialogo, ho concluso il versetto con le parole: "confine invisibile". È vero, un confine ha molte forme, infinite, tanto che può essere persino invisibile! Ma che tipo di con-fine è questo?È il confine delle distanze, il confine che ci chiude nello 'stato del nostro "io"', che ci rende distanti, avolte irraggiungibili. E’ il confine dello "Stato individualista", dove il senso dell’insieme è sostituito dal "io"che, troppo occupato di sé, non riesce più a capire l’altro, a capire il diverso! La corsa incontro al pro-gresso non si ferma, guai se succedesse. Il progresso è sinonimo di benessere, di bisogni da soddisfa-re, di corsa in avanti, di futuro, ecc. ecc… ma…Perché nonostante tutte queste buone qualità ci lascia un senso di disagio, perché è così facile arriva-re alla divisione, a stadi di distanza, a vivere di solitudine?È il tempo che pianta i suoi confini? E' crescendo che ci isoliamo?Giacomo Leopardi diceva che: "I bambini trovano il tutto nel nulla e i grandi vedono il nulla nel tutto!"È così? O è sottrazione al senso dell’insieme. Individualismo uguale restringimento in se stessi… sottra-zione al senso comune. Ci sottraiamo? Togliamo qualcosa alla comunità con il nostro restringimento?Non lo so! Certo è che troppo spesso il confine marca e divide, isola ed impedisce, toglie possibilità. La vita sta prendendo una curiosa forma "a confine" e, noi che l’attraversiamo, troviamo naturale ade-guarci alle sue forme a punta.Il confine pretende un lavorio incessante di equilibri e superamento del forte senso dell'"io" che ognisocietà materialista pretende. Forse è vero che per il progresso si paga un poco in umanità, ma unconfine non può e non deve dividere mai del tutto, perchè non siamo in lotta con i nostri simili, ma conil tempo".

(Luigi Maieron su Alpinando)

Un articolo di Luigi Maieron

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fieDiscografia

Luigi... e gli altri

Anime Femine Nota - 1998

La strada di mieç - A mi venvin det - La mê vite aè cheste - L’arie buine - Il timp dai oms - L’âghegrande - Scolte la cjere - L’om ch’al vîf ta strade- L’amôr ch’i ài -I vôi dal bosc -Anime femine -Ai

miei di cjase

Si VifEccher Music - 2002

Si vif/Si vive - Las agrimes/Le lacrime - Om ofurmie/Uomo o formica - J ai clamat la me vit

/Ho chiamato la mia vita - Foes/Foglie - Ce ch'ae?/Cos'è? - La to vous/La tua voce - Semence/Seme - Une peraule buine/Una parola buona -

Ultims pinsirs/Ultimi pensieri

DulinvieNota - 2001

Leiende di Werland (Aldo Giavitto) - Ricuart(Aldo Giavitto) - Parencis (Aldo Giavitto) - 4Amôrs (Gigi Maieron) - Anime femine (Gigi

Maieron) - Om o furmie (Gigi Maieron) - Sul finìda l'estât (Lino Straulino) - La strie (Lino

Straulino) - I voi dal gno Signôr (Lino Straulino) -Marine di sciarade (Ennio Zampa) - Gjeraneos

(Ennio Zampa) - Adalt (Ennio Zampa)

Il cil da l'IrlandeLa Sedon Salvadie

Eccher Music - 2003

Il cîl da l'Irlande - Dapî da cjere (Land's End) -Valzer di Gjovanin - Done Mari - Salines -Lischiaze - Cjere di Salvans - La scune -Rezja 1378 - Friulan Celtic Connection

(Maieron canta ne Il cil da l'Irlande, Dapi dacjere e Dona Mari)

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Si vif Da "Si Vif"

Non è un caso quando a una canzone si dedica iltitolo di un disco. Per abitudine personale è la primache vado a sentire. E in questo apre anche il disco.Sarebbe addirittura un "sei foglie", se ci fosse.Diciamo "cinque con lode"? "Si vif" non è solo unacanzone: è un intero trattato di filosofia sull'esseree il malessere: "Si vive di luce e di un tremore checresce". Fa l'effetto di quei rari momenti in cui, dasolo, incontri l'assoluto. "Si vif" non dà risposte.Racconta. E fa tremare. E commuove. La frase: "Si vive di ali lunghe e di momenti legge-ri /di pioggia, di voglia di ridere e di un pianto chenon si vede"

Scolte la cjereDa "Anime femine"

C'è la mano di Lino Straulino, co-autore del pezzo e sisente. Il pezzo risente positivamente di una pregnan-te aria anni '70. Siamo nell'Inghilterra di Nick Drake,appena speziata da qualche esotismo annusato.Come una buona miscela di te. Questo per quantoriguarda la musica. Il testo, come al solito, è denso,ma lieve ad un tempo. Testo di muschio e di bosco edi perenni domande dell'animaLa frase: "Aspetto il giorno ascoltando il tremare diuna foglia / i sussurri di un bosco autunnale e i timo-ri di un uomo che cambia"

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fieLe querce di Luigi Le canzoni di Gigi Maieron formano un corpo unico con la sua opera poetica e con i suoi scritti ingenerale. Anima lirica Gigi non riesce , credo non riesca proprio, ai limiti dell'impossibilità fisica, a vive-re una situazione se non in termini "lirici". Maieron è bello anche sentirlo parlare, perché con la stes-sa intensità con cui declama i suoi versi, in quello che Michel Gazich definisce una sorta di "recitarcan-tando" Monteverdiano, con lo stesso calore e poesia ti può raccontare dei suoi monti, di ricette o divini. E, soprattutto della scrittura. In questo corpo unico di versi poetici abbiamo provato a giocare ilconsueto gioco e questa volta, per esprimere le nostre preferenze (che come vedrete non scenderan-no mai sotto le due segnalazioni) abbiamo deciso di utilizzare uno dei suoi "topos" letterari: le foes, lefoglie. Che se è vero che Gigi canta come un albero, come suggerisce Gianni Mura, le foglie vibranocon lui quando canta. Quindi 5 fôes è il massimo del giudizio e una il minimo. Ribadiamo che sonogiudizi del tutto personali che non inficiano in alcun modo il lavoro di Maieron né le preferenze perso-nali di chiunque altro.

Las Agrimas Da "Si Vif"

Perfetta! Testo penetrante e coinvolgente ("Le lacri-me vere si muovono presto / raccontano i vuoti ditante giornate / sanno raccontare il tuo cuoresenza fare ragionamenti / sono il secondo tempodella tua anima quando soffre") e accompagna-mento a dir poco geniale, dove il violino di Gazich famirabilie, dal lanciare il riff iniziale dalla tenue ariacountry all'accompagnamento pizzicato nel canta-to. La voce di Luigi fa il resto. Indimenticabile.La frase: "Si piange di vita vera che si impara ognigiorno / di ombre che passanop e diminuiscono laluce / di anime fuori mano e di amici persi presto/ si piange tutto ciò che muore"

Om o furmieDa "Si vif

Brano lento, che si appoggia sul bell'arpeggio delle chi-tarre e sulla tristezza della viola di sottofondo. Le paro-le sono pietre. Possono essere pietre focaie o pietrepesanti che ti affondano. Ma ti spingono a fare i conti,a ricordarti che cammini sul crinale e che in ognimomento, uomo o formica, ala o foglia, tu sei l'uno e iltutto. "Om o furmie" è una sorta di preghiera laica, unmantra da sussurrare, un invito a pensare. E, se possi-bile, a essere uomini pià che formiche.La frase: "Sei uomo o formica? / Sei ala o foglia?/ Tusei l'uno, sei il tutto / tu sei la goccia e il mare."

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Dona Mari Da "Il cil da l'Irlande"

Storia di paese anche questa, ma affrontata con unpudore e una gentilezza d'animo a tutta prova. Ilmondo poetico dei Sulu ci appartiene quasi in tutte leparole e le immagini scelte per raccontare una sto-ria, in fin dei conti normale, ma con un sorriso allespalle. Geniale l'accompagnamento para-bandistico.La frase: "Cosa portate in questa casa, acqua ofuoco? Signora madre, io porto acqua, pace, nonguerra al mio focolare"

Anime femine Da "Anime Femine"

Altra title track e altra canzone di rispetto,amata da Luigi che la ha anche inserita tra le"poesie in musica" dentro a "Orepresint".Canzone generazionale e ribellistica: "La miaanima è una donna e sa cosa ha taciuto"

La frase: "Sentire le mie radici / capire che non hocapito / ascoltare ciò che non ho ascoltato"

Il cil da l'IrlandeDa "Il cil da l'Irlande"

Un vero classico della canzone d'autore italia-na, a cui Luigi presta la voce con a MassimoBubola, in una versione suonata dalla SedonSalvadie. In questo caso in una speciale ver-sione tradotta in friulano e dal ritmo legger-mente rallentato.

La frase: "Il cil da l'Irlande al è un mar plen di nuie lusor"

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Ai miei di cjaseDa "Anime Femine"

Ancora Lino Straulino ad affiancare Luigi, sianella scrittura della canzone che nell'esecuzione.La melodia deriva da un canto tradizionale carni-co riscoperto dallo stesso Straulino anni fa. E'una sorta di "testamento", dove viene celebratauna sorta di ritorno alla natura nel momentofinale. Nick Drake è sempre nell'aria a benedirel'incontro tra Friuli e psichedelia.La frase: "La mia anima mi porta alla semina"

A mi vevin detDa "Anime Femine"

Canzone che entra piano sotto pelle, poi non timolla più. Conquista il suono della lingua che famusica prima ancora della poesia. Originale l'ar-rangiamento, belli i suoni. Sui significati del testofantastico, ma non ci arrivo con sicurezza. Storiadi immigrazione? La frase: "La gente come me tace, ma sa anche gri-dare / qui il pane costa, ma costa anche rubare"

FoesDa "Si Vif"

Ed eccole qua le foglie che ci spingono a dare unvalore a queste canzoni! Minimalismo assoluto: violi-no, chitarra, fisarmonica e un voce che accenna.Come direbbero De André e Max Manfredi: "son bri-vidi di ragnatela", specie sul vocalizzo che chiude lestrofe.La frase: "Foglie, foglie cadono/sul prato cadono/ ifuochi d'autunno, l'aria di neve/il mio paese chepiano batte sui ricordi"

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L'amore ch'i aiDa "Anime femine"

Fino a qualche giorno fa non ero perfettamentecosciente dell'esistenza di questa canzone. Inqualche giorno ha scalato, passo a passo, lascala delle mie preferenze. E' una delicata eintensa canzone d'amore. Forse l'unica, insenso classico.La frase: "Queste cose non te le dirò mai /questo amore che si muove per te non socome raccontarlo"

L'arie buine Da "Anime femine"

Delicatissimo arpeggio di chitarra e delicatissimitemi. Riflessioni nell'aria buona del mattino sugliamici che se ne vanno, sulle strade non prese, masenza rancori. Con grande dolcezza: "l'amore veroci ha lasciato in eredità amore". Ssst ... ascoltatelasenza farvi battere il cuore! Se ce la fate ...La frase: "Eravamo come mani pronte a dare /Eravamo amici e fratelli / che cosa ci mancaormai da troppo tempo?"

SemenceDa "Si vif"

Voce e fisarmonica, per un vago country chemiscela l'Ohio con la campagna di Cercivento.Vivace e accattivante, anche se noi siamo fatti disilenzio e di mercato e dentro siamo lacrimecalde, per noi che abbiamo un calendario con laquinta stagione, noi che abbiamo corti pensieriche incontriamo e lunghi che lasciamo. La frase: "Si vive di mura e di finestre alte / ditempo che tutto porta via

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Ce ch'a è?Da "Si Vif"

Una delle canzone meno malinconiche di "SiVif"; c'è anche qualche immagine gioiosa: ledonne che ballano alzando la gonna, la bandache suona. il bicchiere di vino e il portafogliorubato. Certo che "una foglia quando nascenon la sente nessuno" La frase: "Al mio paese le donne vere quandoballano alzano la gonna / e allora sarei stupi-do a non amare la musica"

La me vite a è chesteDa "Anime femine"

Prende immediatamente, è la prima canzoneche cattura all'ascolto del disco, ma poi, pianopiano viene sopravvanzata dalle altre. Semprebella, ma leggermente più datata. Vagamenteblues, con un'aria bizzaramente (e vagamente)balcanica. Più musica che parole.

La frase: "La mia vita è questa: Perdere, vincere,comunque partire"

Ultim pinsirs Da "Si vif"

Questa è triste forte. Pertanto meravigliosa! Gliultimi pensieri del giorno, quando abbiamo salu-tato gli amici e restiamo soli a guardare ... e aguardarci dentro. Attimo di magia, di silenzio e dipioggia. Attimo di notte assoluta. Anche nelcuore. Tempo di lacrime e paura.La frase:"sono lunghi gli anni in due / sono lun-ghi gli anni da soli / e non cè mai tempo abba-stanza, non c'è mai tempo in più""

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I voi dal boscda "Anime femine"

Noiosetta e di difficile interpretazione. Lenta e diprobabile impianto bucolico, ci vuole molto corag-gio ad ascoltarla tutta, (dura 4'28"). Non so, piùche altro non prende la frase musicale che èforse l'unica che non si riscatta mai, nemmenonel ritornello. Resta poi un po' un mistero il testo,per gran parte non tradotto. Miserello anche l'ar-rangiamento, per il resto del disco curato.La frase: "Non racconta la paura di un animalené può raccontare una corsa che non gli servirà/ Non racconta la paura di un uomo / né puòraccontare una corsa che non gli servirà".

La tô vousda "Si Vif"

È una poesia, indubbiamente, infatti su "Orepresint"compare tra le "Peraule in musiche". Dopo aver letto"La neve di Anna" posso arrischiare che forse il rife-rimento di Gigi è per sua madre, la sua mamma-bambina, pazza di musica. Le immagini sono moltobelle, la musica è leggermente troppo tetra, sottoli-neata da una viola funeraria (Gazich in questa canzo-ne ha qualcosa da farsi perdonare). Di solito l'accom-pagnamento cerca di salvare con arricchimenti lecanzoni che rischiano di essere gracili; qui l'operazio-ne non riesce. Ricorda un po' quelle ballate guccinia-ne che non si decidono a sboccare in canto. La frase: “hai lasciato a casa qualcosa della tuavita fatta a mano / in cucina i lavori da sbrigaree i tuoi pensieri piegati in ordine / per una fisar-monica che ruba qualche nota ad ogni estate".

Una pareule buineda "Si Vif"

Un'altro di quei brani di buone intenzioni, ma che, per imille motivi connessi al godimento di una canzone, nonriesce a fare breccia nei nostri cuori (e nemmeno neinostri ascolti). Il ritornello guadagna qualche punto,ma la strofa, giocata sempre sulla stessa nota, agioco lungo annoia. Anche il testo non scorre liscio e lastoria narrata si arricciola ribelle, senza riuscire a spie-gare fino in fondo i suoi significati, intuiti ma non com-presi, nonostante sia presenta la traduzione italiana.

La frase: "Ho sentito una parola vera, ho sentito unaparola buona / ho sentito che faccio fatica in amore,che tengo lontano ciò che ho più vicino"

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fieLe foglie cadenti L'aghe grande

da "Anime femine"

Non mi piace. Pianoforte e voce. E troppo fred-do. Sia nel cuore sia nel canto, nonostante gliarchi sotto cerchino di riscattare il gelo e tra-sformarlo in brina. Gigi resta tutto il tempo sulsuo registro più acuto che gli toglie un po' di dut-tilità alla voce. Ma poi, in realtà, sulle canzoni che non piaccionoc'è poco da spiegare: non piacciono!

La frase: "Sono come un bambino orfano /come un soldato lontano e solo / Chi se ne valascia il vuoto di non aver detto di più"

Il timp dai omsda "Anime femine"

"A quell'età non sapevamo di essere il cielo e altempo che passa abbiamo dato in pegno noistessi". Ricordi di gioventù di un Maieron moltoantecedente a "Si vif" e alle atmosfere e alledomande di quel disco e alle prese con un altromomento storico della sua crescita. Forse unacanzone scritta qualche anno prima ancora."Eravamo tanti, bambini e poi già uomini e oggicoppie sole in case nel paese dove insiemeaspettavamo il domani". Si cresce, si invecchia,ci si perde. Ma la musica? Questa volta non c'è.Non è centrata.

La frase: "Ogni giorno aspettavamo insieme ildomani / sospesi tra il desiderio e la pura diincominciare".

L'om ch'al vif ta strade"Anime femine"

Musicalmente si sviluppa poco e il testo è pocotradotto e per il resto di difficile comprensione.Mi sfugge un po' la storia e questo spiega ilmezzo punto in meno. Potrebbe assomigliare a un ritratto alla Van DeSfroos di un personaggio che aspetta un trenoche non è mai partito (l'uomo in fondo resta e iltreno se n'è andato). Attendo lumi.

La frase: "L'uomo che vive in strada predice ilfuturo ... / aspetto un treno che è già partito /aspetto l'uomo che è rimasto"

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Dapit da cjereda "Il cil da l'Irlande"

Anche in questo caso Gigi è solo interprete. Ilbrano originario è di Ed Schnabl, bravo cantau-tore austriaco (e amico della Sedon Salvadie).Gigi entra nel finale, fa due strofe e duetta conSchnabl nell'estremo finale dalla chiare impron-ta coheniana. Interpretazione da orecchie emusica, ma il pezzo resta troppo breve perapprezzare al meglio Maieron. Che se fosseentrato prima .... avrebbe comunque dato piùspessore al brano.

La frase: "Salta dentro allo specchio / per vedere gliocchi del capitano / vedrai la tua faccia / la finedella terra"

La strade di mieçda "Anime femine"

Strada di mezzo. Come dire (forse) "nel mezzodel cammin di nostra vita". Tra gli anni che mi

sento e quelli che ho, tra quello che sono e chepotrei essere. E' il momento nella vita in cui chisi sente diverso, chi si porta dietro un marchiodi disperazione, cerca di tirar fuori il sestante efare un punto sul suo costante peregrinare. Statra le "foglie cadenti" ma solo per mezzo punto.

La frase: "Vivo un giorno dopo l'altro così nasco-sto da non esserci. / Ascolto le mie debolezze /sono catene di ore sulla mia strada / tra ciò chesono e ciò che posso essere / Vivo sospeso tragli anni che sento e quelli che ho"

J'ai clamât la mê viteda "Si Vif"

Qui siamo in pieno Bergman, nelle vicinanze del"Settimo sigillo". Il personaggio però non parlacon la morte, ma con la sua vita. Che lui ha chia-mato, ha convocato a udienza e si sono messi abere come vecchi amici e nessuno voleva piùandare via. Bisticci e riconciliazioni, risate e maleparole. Alla fine della notte la considerazione che,sì, si può stare bene anche in sua compagnia: "lagiornata incominciava presto con i suoi rumori /e dietro alla persiana ho svegliato il mio amore".Molto cinematografica e ancora una volta con unpiccolo capolavoro di arrangiamento da parte diMichele Gazich, ma non sempre le storie miglioridiventano le canzoni migliori. Qui manca qualco-sa: una sfumatura, un graffio, un gancio, qualcosada ricordare.

La frase: "Ho chiamato la mia vita per chiarire laquestione / abbiamo scelto la bottiglia, tolto iltappo, bevuto come fratelli, come vecchi amici /e nessuno si alzava, nessuno andava via".

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Prosegue e (a grande richiesta) e si allunga sino amaggio AcrobaticiAnfibi, la rassegna di canzone d'au-tore organizzata in collaborazione con il sito Bielle.org. Con una grande novità: i cantautori protagonisti di rea-ding di poesia

Ancora più anfibi. A grande richiesta la rassegna dedi-cata alla canzone d'autore prosegue sino a maggio.Con la consueta formula, a cui il pubblico si è ormaiaffezionato: parole cantate, ma anche parole in formadi libri. Ogni artista porterà con sé sul palcoscenico unlibro che gli sta particolarmente a cuore e ne parleràal pubblico.

Ma anche - ed è questa la grande novità - parole informa di poesia. Cinque appuntamenti in cui canzonee poesia mostreranno tutta la loro vicinanza. Cinqueospiti (quattro cantautori e un poeta-paroliere-musico-logo) a leggere poesie e a parlare di influenze, rappor-ti tra canzone e poesia.

Ricapitolando, ecco gli appuntamenti:

Cantautori (e libri)

La seconda parte dellastagione si aprirà con IMarmaja, a loro volta vin-citori (quest'anno) delPremio Ciampi per gli ine-diti. A loro carico un discouscito lo scorso anno:"Marmaja". Saranno al

Matatu sabato 9 aprile

Seguirà Bobo Rondelli,livornese come Ciampi edex premio Ciampi a suavolta. Nella lista degli “ex” èanche l’ex cantante degliOttavo Padiglione.Apprezzato reduce da undisco con Stefano Bollani

("Disperati, Intellettuali, Ubriaconi") del 2002. Saràcon noi venerdì 15 aprile.

Una piccola pausa nei concerti per dare spazio allarassegne dei poeti-cantautori dal 21 aprile al 12 mag-gio, tutti i giovedì (più un Davide Van De Sfroos in ver-sione poeta, fuori programma, che comparirà comeuna “ghost-track” di Acrobatici Anfibi nella secondametà di maggio.)

Sarà poiora di dare nuova-mente spazio alla musicacon una delle migliori sor-prese della stagione disco-grafica 2005: i CaffèSport Orchestra. Ungruppo di 8 musicisti

dalla riviera romagnola (Cesenatico), al debuttodiscografico quest'anno, dopo anni di attesa.Fanno canzoni originali che si ispirano decisamen-te al clima e alle orchestre degli anni '50, in parti-colare a Xavier Cugat e alle orchestre di mambo,cha cha cha e ritmi sudamericani. Quasi un BuenaVista Social Club in salsa nostrana. La miscela traritmi caraibici e testi italiani crea un gustosissimomelange, al servizio di testi tutt’altro che banali. Il loro unico lavoro si intitola: “Il Chihuahua storico non ha senso senza te”.

I Fragil Vida apriranno ilmese di maggio, con unconcerto fissato il venerdì6 : un'altra delle nuoveesperienze emerse nelcorso del 2004, anche sepure per loro si può parla-re di anni di apprendista-

to. I Fragil Vida hanno una netta propensione tea-trale che fa sì che il loro gruppo annoveri in piantastabile un attore nell'organico. Anche la loro pro-posta sembra rivolgersi al recupero di una musicaitaliana delle origini, con un attenzione particolareal mondo della canzone d'autore. Testi importantie brani suggestivi per un gruppo che si annunciapiù che una promessa per il futuro. Il loro ultimoalbum è “Musicanti di Cristallo”.

La Piccola BottegaBaltazar è più fresca didebutto: il primo disco"Canzoni in forma difiore" data 2004 e perBielle è finito dritto tra gliimperdibili. Arrivano daPadova e dintorni. Testi

importanti e musica genile. Un gruppo che ricordada vicino i migliori Sulutumana. Da non perdered’occhio. Sono in programma per venerdì 20maggio.

Chiusura di gran lussocon Giorgio Conte in unospettacolo inedito, dedi-cato al grande chitarristaDjango Reihnardt.Assieme a Giorgio Conte,in trio acustico e chitarri-stico in questa occasione,

suonerà anche suo figlio, ovvero “il nipote di PaoloConte!” La data finale di Acrobatici Anfibi è cosìfissata per venerdì 27 maggio.

Da questo momento Acrobatici Anfibi non andràcomunque in vacanza: altre “ghost-track” terran-no vivo l’ambiente nell’estate milanese, in attesadella riapertura per la prossima stagione: la primasarà ... Restate in ascolto!

Prossimamente con noi...

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Sono la vera novità di questo finale di stagione, unesperimento che darà la possibilità ai cantautoridi leggere i versi dei poeti a loro più cari e di rac-contare al pubblico influenze, amori, contamina-zioni. Un piccolo assaggio di ciò che andremo aproporre:

“Gek” di Davide Van De Sfroos

Gek apre la valigia rossa e accarezza le sue cose.Cose che vengono da altri mari, da altri asfalti, daaltre vite. E gli chiesero un giorno dove fosse stato tuttoquel tempo. E rispose che qualcuno lo aveva tra-sformato in un tafano, e fatto volare in un saxofo-no. E certi sortilegi durano più della varicella, ecerti viaggi frugano nella tua vita come in unatasca.

E gli chiesero un giorno cosa fossero tutte quellecicatrici. E rispose che erano stati quegli anni coni denti a proiettile a morderlo, quegli anni in cui silicenziavano gli angeli e Dio aveva perso il tram.Ma quei tempi ora lui li aveva uccisi, annegati, nelcesso della pensione Magnolia, impiccati all'abat-jour del comodino, se provavano a tornare dinotte.

E Gek guarda le foglie che cadono e sorride perché nonsi fanno male, e regala un amuleto al guardiano delcimitero, e cammina nel vento tenendosi in tasca lapropria scia, accende sigarette che sembrano averetutte un nome e un cognome.

Gek vorrebbe il profilo del platano, e ascoltare il suonoche le foto non possono conservare, vorrebbe già sen-tire l'odore di domani, ed entrare nel sonno come sientra nei negozi d'estate, mezzi nudi e col giornale sottoil braccio, chiedere un etto di qualche cosa.

E si ricorda, si ricorda di quando le notti portavano stel-le di un'altra lingua, di certe lune che sembravano averefinito le pile, treni che avevano perso la ragione, prigioniche non avevano fretta e demoni con in mano le chiavi.Fucili che dicevano sempre le stesse cose, narratoriche non dicevano più niente, più niente.

Dietro quella montagna color zafferano c'è una stra-da misteriosa e Gek, Gek l'ha percorsa quasi tuttaper arrivare qui, accompagnato da canzoni arabe etalismani del Sud America, tatuato da un postinopolacco che sapeva trucchi per le emorroidi, decora-to da ferite bizzarre che ora sembrano sorrisi.

Gek che suona l'armonica in faccia alle onde, Gekche racconta la sua storia agli scarafaggi sotto illavandino. Gek l'aquila, e Gek il canarino.

Gek, che ha rotto tutte le gabbie del mondo semplice-mente aprendo le ali...

Si chiuderà il 12 maggio con l’autore di questa poesia:

“Una sera verso PortaTicinese” di Massimo Bubola

Ho fatto due passiieri sera, verso Porta Ticinesecadevo a pezzi, come le luci sulla stradarimbalzando al suono di un clarinetto coolquando ho visto, fra gli alberi del viale, una ragazzinaseduta sul marciapiede, vicino alle rotaie del tramparlava compresa tra ségiocando col bordo della gonnaMi son fatto vicino e le ho chiestoPer favore dimmi cosa vedi nei miei occhi,non riconosco più niente... - e lei guardandomi da sotto, quieta risposeHai gocce di benzina che puzzano sudore poi, voltandosi, vide un signore che chiamava dalontano;cambi espressione e cominciò a piangere: erasuo padreL'uomo mi arrivò addosso.Mi prese per la giacca da dietro.Mi diede uno strattone.Finii a terra, picchiando con lo zigomo su un cestino diimmondizie attaccato ad un semaforo.Quindi mi colpì a terra, con un calcio su una spalla,urlandomiStai alla larga dalla Beata Vergine Maria, bruttofiglio di puttana! Tutto qui.

In mezzo, giovedì 28 aprile, troverà spazio:

“Mento” di Umberto Fiori

Se qualcuno per stradami grida "Che cos’hai detto?",ferma la moto, scende, mi corre incontro,mi branca per il colletto,vuol dire che non cadono nel vuotoquando uno le dice, le parole:da qualche parte si sentono.

Mi si vede: non sono trasparente.Non sono solo, se le mie testate trovano un mento. Se la faccia fa malee i denti sanno di sangueallora è vero: c’è un postodove tutti siamo presenti.

E’ lì che ogni momentoio vi aspetto.

A cui si aggiungeranno, nella veste di poeti gli autori dibrani come “Piccola veliera” o “L’intagliatore diSanti”, ossia Gianbattista Galli dei Sulutumana(21/04) e Max Manfredi (05/05). A sufficienzaper stuzzicare tutti i palati?

Reading di poesia

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iProssimamente con noi...

“E la mia anima vola a sud/dove si specchia ilmare/e sa di vento e di parole/perle di maggio e aran-ci in fiore"…

E a sud i Marmaja ci sono andati, ad esplorare ritmimediterranei - a tratti anche sudamericani - e a farli fio-rire dalle radici della loro tradizione. Radici che in que-sto Cd fanno il loro mestiere: starsene sotto terra. Nonsi fanno vedere né sentire, ma a ben guardare ci sonoe danno la linfa ad un albero nuovo. Marmaja è undisco diverso dai precedenti lavori del gruppo. Più evo-luto, più maturo. Ci sembra poi molto ricco di suoni ...non che i Marmaja abbiano mai lesinato sull´uso deglistrumenti, ma stavolta sembra notarsi ancora di più!C'è più vita in un loro album che ad una festa in piazza(a meno che questa piazza non la animino loro!).

I dischi dei Marmaja sono dischi complessi, non di faci-li melodie né tantomeno di facili parole, talvolta sonoaddirittura dissonanti ... però (anzi, proprio per questo)danno un piacere fisico e intellettuale raro!

Il sestetto Rovigino (Maurizio Zannato, voce; EliaMantovani, chitarre; Walter Sigolo, fisarmonica e ghi-ronda; Antonio Carrara, batteria; Cristiano Vincetti,basso e cori; Guido Frezzato, fiati, plettri e cori) si èincamminato sulla strada che aveva aperto nel prece-dente "Il metro dell'età" e la sta percorrendo con risul-tati interessanti. Dodici pezzi che parlano di emozioni,di storie di paese, di amore, disagio e dolore, ma chenon dimenticano i temi sociali - Vedrai com'è bello,interpretata con Gualtiero Bertelli in un azzeccatissi-mo arrangiamento dai ritmi sincopati - il ricordo dolcedei "maestri" - 6 marzo, delicato omaggio a PieroCiampi - e le radici storiche resistenti che diventano unreggae in radio Rosa. I suoni si fanno sentire, amalgamandosi bene con itesti e formando un tappeto sonoro ricco di vitalità.

Ecco, vitalità è forse la parola che meglio esprime l'ani-ma di questo disco. In tutte le sue sfaccettataure.

Al di là di tutte le piccole annotazioni che potremmo poifare, la cosa che che più ci fa piacere è la conferma dicome l'ascoltare questo -o gli altri loro dischi- dia pro-prio soddisfazione. Il bello sta nell'impressione checambino (sono talmente ricchi che c'è sempre qualco-sa che sfugge!), ma soprattutto nel fatto che più liascolti e più diventano belli. Forse le due cose sonolegate, si arricchiscono ... e questo vale per la musicacome per i testi. Ecco, altro punto fondamentale, i testi: le parole chescrive Maurizio continuano a "rinnovarsi" ad ogni ascol-to, perché non si svelano/rivelano mai del tutto, per-ché non ti spiattellano in faccia chi è "el presidente"(;^p), perché ti "rilasciano" un po' di significato voltadopo volta, perché ascolto dopo ascolto scopri unafrase, una perla e ti scopri a dire... ”eh... che bella que-sta qua!!!” ...

Oltre al già citato Gualtiero Bertelli, hanno partecipatoall'operazione Francesco Grillenzoni e Max Frignani deiTupamaros, il cantautore Alberto Cantone e il chitarri-sta Riccardo Marchetto.

Ultima nota di merito al lavoro di grafica e packaging.La confezione - curatissima, in cartoncino e corredatada un libretto dei testi ricco di fotografie e di annotazio-ni - è un piccolo capolavoro a se stante e chiude il cer-chio dela cura e dell'impegno che il gruppo ha dedica-to al progetto.

Insomma, per concludere: speriamo di riuscire prestoe sentire tutte le canzoni dal vivo: ché, ne siamo certi,in quella dimensione queste dodici perle non avrannoche da guadagnarne!!

Il concerto del Matatu saà una di queste occasioni

MarmajaArrivano da Rovigo a cavallo del vento, e portanocon sè racconti di desideri e di speranze, di emar-ginati e di emigrati, di sogni e di fango. Arrivanocon umori zingari e atmosfere da carovana inviaggio verso nuovi e vecchi mondi sonori.Portano danze e umori di festa, ma anche il dolo-re della strada e della vita. Uniscono il rock al folk-lore con la passione, il mestiere e la spontaneità.Cani sbandati senza dio. È forse la definizione -coniata dalla penna di Marco Pandin (A – rivistaanarchica) - più cara al sestetto rodigino d’artevaria.

di Lucia Carenini & Semmy