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DERMATITE SEBORROICA S.Veraldi, M. Barbareschi,V. Bettoli, G. Fabbrocini, D. Innocenzi, G. Micali, G. Monfrecola F. Bruno, G. Lo Scocco, A. Patrizi, A. Tedeschi, A. Tosti, A.Virgili

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DERMATITESEBORROICA

S. Veraldi, M. Barbareschi, V. Bettoli, G. Fabbrocini, D. Innocenzi, G. Micali, G. Monfrecola

F. Bruno, G. Lo Scocco, A. Patrizi, A. Tedeschi, A. Tosti, A. Virgili

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1. Anatomia dell’unità pilo-sebacea 3(Daniele Innocenzi)

2. Fisiologia della ghiandola sebacea 7(Alessandro Borghi, Lucia Mantovani, Sara Minghetti, Annarosa Virgili, Vincenzo Bettoli)

3. Storia della dermatite seborroica 13(Francesco Bruno)

4. Epidemiologia della dermatite seborroica 19(Giovanni Lo Scocco)

5. Eziopatogenesi della dermatite seborroica 25(Ambra Monfrecola, Vanessa La Vela, Claudia Francia, Stefano Veraldi)

6. Clinica della dermatite seborroica 6.1 La dermatite seborroica infantile 31

(Iria Neri, Beatrice Raone, Annalisa Patrizi)6.2 La dermatite seborroica dell’adulto 37

(Matilde Iorizzo, Antonella Tosti)

7. Il laboratorio nella dermatite seborroica 41(Mauro Barbareschi)

8. Diagnosi differenziale della dermatite seborroica 45(Gabriella Fabbrocini, Sara Cacciapuoti, Francesco Pastore)

9. Terapia della dermatite seborroica 9.1 Terapia topica 53

(Nella Pulvirenti, Giuseppe Mic ali)9.2 Trattamento con Sebclair® 61

(Stefano Veraldi) 9.3 Terapia sistemica 65

(Sara Minghetti, Mauro Barbareschi, Annarosa Virgili, Lucia Mantovani, Vincenzo Bettoli, Alessandro Borghi)

9.4 Trattamento cosmetologico 73(Aurora Tedeschi, Claudia Capasso)

INDICE

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Daniele InnocenziDirettore U.O.C. di Dermatologia I Facoltà

di Medicina e Chirurgia “Sapienza” Università

di Roma

L’unità pilo-sebacea è una struttura com-plessa costituita da un insieme articolato dielementi, funzionalmente correlati tra diloro: un follicolo pilifero (che include l’epi-telio, il fusto, la guaina follicolare ed il con-nettivo perifollicolare), una o più ghiandolesebacee, un muscolo piloerettore, unaghiandola apocrina e terminazioni nervoseperifollicolari. L’unità pilo-sebacea com-prende tre tipi di epitelio: follicolare, seba-ceo ed apocrino e tre tipi di strutture nonepiteliali: guaina perifollicolare connettivale,muscolo pilo-erettore, papilla dermica.I follicoli piliferi sono annessi cutanei pre-senti su quasi tutta la superficie corporea,con l’eccezione del palmo delle mani, dellapianta dei piedi, della superficie dorsale delsegmento distale delle dita, delle giunzionimuco-cutanee (margine roseo delle labbra,faccia interna del prepuzio, glande, clitoride,superficie interna delle grandi labbra e pic-cole labbra). Differenti tipi di follicolo associati a strutturepilifere di aspetto diverso possono essereosservati sulla cute: follicolo vello, terminalee sebaceo.Il follicolo vello è associato ad un pelo sot-tile, scarsamente pigmentato, con ghiandolesebacee di piccole dimensioni e copre la

maggior parte della superficie corporea deibambini e degli adulti. I peli che si osservanonel feto, simili a quelli velli, sono conosciuticome lanugo.Il follicolo terminale produce i peli terminaliche sono lunghi, pigmentati, di notevole dia-metro e associati a ghiandole sebacee digrandi dimensioni (capillizio, ciglia, sopracci-glia, etc..)Il follicolo sebaceo si localizza soprattutto alivello del volto, della regione toracica e deldorso, distretti anatomici dove si osservanomaggiormente patologie quali l’acne e ladermatite seborroica, associate ad un’alte-razione della secrezione sebacea. Esistonodifferenze di numero e dimensione nei pelisecondo l’età, la regione corporea, il sesso ela razza. Tali differenze si rendono evidentinel caso dei follicoli piliferi di tipo terminale:i Caucasici, infatti, presentano il più alto nu-mero di follicoli terminali, mentre, gli Asia-tici il più basso e gli Africani si trovano inposizione intermedia. La parte più superficiale del follicolo pilo-se-baceo è rappresentata dall’infundibulo, strut-tura che presenta la forma di un imbuto. I 2/3 superiori di tale regione, che rappre-sentano il cono dell’imbuto, costituisconol’acroinfundibulo, il cui sbocco è situatosulla superficie cutanea; esso è rivestito daun normale strato corneo, simile a quellodell’epidermide circostante, con le lamelledisposte a canestro e con uno strato gra-nuloso ben evidente.

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ANATOMIA DELL’UNITÀPILO SEBACEA

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L’infrainfundibulo, che rappresenta il terzoinferiore dell’infundibulo, si estende fino allosbocco della ghiandola sebacea nel follicoloe costituisce la porzione cilindrica dell’im-buto. In tale distretto anatomico lo stratogranuloso si riduce progressivamente fino ascomparire. Tale parte cheratinizza in mododiverso rispetto alla precedente, poiché nonforma uno strato corneo normale, essendocostituita da lamelle cheratiniche che si or-ganizzano a formare uno strato compatto;tali lamelle si sfaldano facilmente, cadono nellume ed unendosi alla secrezione delleghiandole sebacee, contribuiscono a for-mare il sebo.Nel feto le ghiandole sebacee si sviluppanotra la tredicesima e la sedicesima settimanadi gestazione dai buldges più superficiali, aiquali rimangono adese tramite un dotto at-traverso cui il sebo fluisce nel canale follico-lare e, quindi, sulla superficie cutanea. Laghiandola sebacea embriologicamente si svi-luppa come una gemma epiteliale che fuo-riesce dalla guaina esterna, a livello dalpunto di giunzione tra la struttura che co-stituirà l’infundibolo e l’istmo.Le ghiandole sebacee sono associate, abi-tualmente, al follicolo pilo-sebaceo e risul-tano variamente sviluppate nelle diverseregioni corporee. Esse sono funzionanti evoluminose alla nascita, ma divengono inat-tive nei giorni successivi per assenza di sti-molazioni ormonali gonadiche. La lorofunzione riprende invece alla pubertà, sotto

lo stimolo degli ormoni sessuali, mentre conla senescenza la secrezione di sebo si riduce.La densità delle ghiandole sebacee a livellocutaneo è variabile: su fronte, guance, mentoe cuoio capelluto sono circa 400-900/cm2,mentre nelle altre sedi si trovano meno di100 ghiandole/cm2. Ghiandole sebacee in-dipendenti dal follicolo pilifero, localizzate alivello del derma superficiale e medio e condotto escretore che si apre direttamente insuperficie, possono rilevarsi in sedi partico-lari (labbra, prepuzio, glande, piccole labbra,ano, capezzolo, areola mammaria). A livellodelle palpebre, le ghiandole sebacee hannomorfologia allungata ed appiattita e ven-gono denominate ghiandole di Meibomio. Le ghiandole sebacee sono ghiandole aci-nose ramificate a secrezione olocrina, il cuisecreto è costituito dalla completa disinte-grazione cellulare. La ghiandola è costituitada una serie di lobuli, ciascuno dotato di

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Fig. 1: La ghiandola sebacea è composta da aciniramificati i cui dotti confluiscono in una strutturacomune

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dotto proprio; tali piccoli canali convergonoin un dotto comune che sbocca nell’infun-dibulo (Fig. 1). I lobuli che costituiscono la ghiandola seba-cea sono circondati da una capsula fibrosatissutale, sottile e ben vascolarizzata. Sem-bra che non ci siano nervi motori associatialla ghiandola. In sezioni istologiche tagliate verticalmente,di un follicolo pilifero del capillizio, ma so-prattutto del volto, si possono osservarecordoni di cellule epiteliali indifferenziateche si estendono dal follicolo in corrispon-denza della giunzione tra infundibolo eistmo. Questi cordoni di cellule simmetrichesi estendono lateralmente per un brevetratto e poi discendono, paralleli al follicolo,per una certa distanza lungo il suo seg-mento inferiore. Questa struttura è statadescritta per prima da Pinkus nel 1897 ilquale la denominò “mantello” del follicolo.Sebbene i mantelli siano osservati più co-munemente in associazione con i follicolivelli, essi possono essere anche osservati alivello dei follicoli terminali. Tutte le unità se-bacee della cute sembrano rappresentarela maturazione dei mantelli.Le cellule periferiche germinative corri-spondono alle cellule basali dell’epidermide.Queste cellule sebacee indifferenziate, ric-che di ribonucleoproteine, durante la loromigrazione verso il centro del lobulo si ar-ricchiscono di vacuoli lipidici. Man mano chei lipidi si accumulano nelle cellule sebacee,

queste divengono sempre più grandi, il ci-toplasma più schiumoso, i nuclei si defor-

mano e divengono festonati proprio per lacompressione esercitata dai vacuoli lipidici(Fig. 2).La continua proliferazione delle cellule pe-riferiche indifferenziate gradualmente di-sloca le cellule vacuolate più differenziateverso il centro dell’acino. I confini di questecellule edematose diventano indistinti, lecellule perdono il nucleo, si disintegrano, ela massa di lipidi e frammenti cellulari vieneescreta nel dotto sebaceo, un dotto breve

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Fig. 2: Aspetto delle cellule sebacee con vacuolilipidici citoplasmatici

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e stretto che connette alcuni lobuli sebaceicon il più ampio infundibolo follicolare (Fig. 3).Per compiere tale processo, le cellule seba-cee impiegano dalle 2 alle 3 settimane. La vascolarizzazione della ghiandola seba-cea dipende dai vasi della rete perifollico-lare, mentre quella delle ghiandolesudoripare eccrine ed apocrine da ramiprovenienti dal plesso profondo o da vasiche collegano i due plessi.Studi di istochimica e ultrastrutturali effet-tutai durante la differenziazione delle ghian-dole sebacee chiariscono le osservazionifatte con il microscopio ottico. Le cellule pe-riferiche indifferenziate sono cariche di gli-cogeno e contengono tonofilamenti,reticolo endoplasmatico rugoso e liscio enumerosi mitocondri. Con l’avanzare delprocesso di differenziazione il glicogenoscompare, le tonofibrille vengono disperse,e il citoplasma viene occupato da vacuoli li-pidici la cui formazione può essere corre-lata ai numerosi mitocondri, al reticoloendoplasmatico liscio e all’esteso apparatodi Golgi.

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Fig. 3: Cellule sebacee che si disintegrano formandoil sebo

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Alessandro BorghiLucia MantovaniSara MinghettiAnnarosa VirgiliVincenzo Bettoli

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,

Sezione di Dermatologia

Università degli Studi di Ferrara

La ghiandola sebacea è deputata alla pro-duzione di sebo, che deriva dal disfacimentodei sebociti centro-acinari, differenziati e ri-pieni di materiale lipidico. L’intero processoprende il nome di secrezione olocrina. Iltempo necessario al completamento dellamaturazione dei sebociti, da cellule indiffe-renziate periferiche a sebo, ammonta a circadue settimane, mentre intercorre almenoun’altra settimana tra la formazione delsebo e la sua emergenza sulla superficie cu-tanea (1).Il sebo ha un pH di 3-4 ed è costituito da di-

verse frazioni lipidiche: trigliceridi, esteridelle cere, squalene e, in minor misura, co-lesterolo e suoi esteri con acidi grassi. Sulla superficie cutanea, il sebo forma con ilsudore eccrino e i lipidi di derivazione che-ratinocitaria un film che partecipa al man-tenimento dell’idratazione e dell’integritàepidermica, requisiti essenziali per la fun-zione di barriera, e dell’equilibrio microbio-logico (2) (Tabella 1). Non mancano, tuttavia,pareri discordanti relativamente all’effettivautilità biologica delle ghiandole sebacee edel loro secreto. È un dato di fatto che lacute dei bambini, in età prepubere, sia nor-malmente sana e ben idratata a fronte diuna presenza di sebo praticamente irrile-vante. La sintesi di sebo varia ampiamentenelle diverse fasi della vita, inclusa la vita fe-tale (Tabella 2), ed è regolata da svariati fat-tori (3). Ormoni, mediatori neuropeptidici eimmunitari, temperatura corporea, ritmocircadiano, alimentazione, genetica e farmaciintervengono in diversa misura nei processi

FISIOLOGIA DELLA GHIANDOLASEBACEA

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Funzioni del sebo1. Idratazione e mantenimento dell’integrità cutanea (digliceridi, monogliceridi)2. Barriera contro la penetrazione transepidermica di acqua e soluti (esteri delle cere)3. Regolazione del bilancio ecologico di cute e annessi (acido sapienico)4. Fotoprotezione (squalene)5. Attività antiossidante vs stress ossidativi (vitamina E, platelet-activating factor acetylhydrolase II)6. Partecipa al mantenimento del trofismo della cornea e del buono stato del capillizio7. Segnali olfattivi (attrazione sessuale)

Tabella 1. Principali funzioni ascrivibili al sebo.

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proliferativi e differenziativi dei sebociti. Gli androgeni, principalmente il testosteronee il 5-diidrotestosterone (5-DHT), sono gliagenti che maggiormente intervengono sultrofismo e sul metabolismo delle ghiandolesebacee, a livello delle quali sono presentispecifici recettori per gli androgeni. È vero-

simile che nel nucleo cellulare il complessoandrogeno-recettore agisca sull’espressionegenica sia di fattori di crescita (Epidermalgrowth factor, insulin-like growth factor-I ekeratinocyte growth factor) (4,5) sia di enzimilipogenici (6) modulando direttamente la tra-scrizione del DNA. I fattori di crescita atti-

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Età’ Q uantità di seboprodotto stimoli alla produzione sebacea

Maschi Femmine

Ultimi mesi dellavita fetale

+

- Androgeni surrenalici fetali- Androgeni materni- Fattori “morfogenetici” fetali fattori di crescita, molecole di adesione, molecole di trasduzione intracellulare del segnale (β catenine, LEF-1), altri ormoni, citochine

Nascita - 3°giorno +++ ++- DHEA, S-DHEA- ↑ velocità del transito intraduttale sebaceo eaccelerato metabolismo sistemico

Primi 3-5 mesi ++ DHEA, S-DHEA

Dal 6° mese + / - DHEA, S-DHEA

2-6 anni -

7 anni (adrenarca) + DHEA, S-DHEA

Pubertà +++ Androgeni gonadici, surrenalici, pilosebacei

Dai 10 ai 70 anni la produzione di sebo è mediamente maggiore nel maschio che nella femmina, con eccezione della fascia di età tra i 10 e i 15 anni, per antecedente esordio nelle ragazze rispetto ai ragazzi dei cambiamenti dell’assetto ormonale che danno inizio alla pubertà.Età adulta fino a40 anni

+++ Androgeni gonadici, surrenalici, pilosebacei

Dopo i 40 anni

del 23% dellaproduzionetotale di seboper decade

del 32% dellaproduzionetotale di seboper decade

Androgeni gonadici (non nella dopo lamenopausa), surrenalici, pilosebacei

Tabella 2. Variazioni della produzione di sebo nelle diverse età della vita.

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vati dagli androgeni stimolano i processi mi-totici delle cellule periferiche della ghiandolasebacea attraverso l’interazione con i ri-spettivi recettori, mentre gli enzimi implicatinel metabolismo lipidico inducono la sintesidi colesterolo e acidi grassi all’interno deisebociti.Le cellule ghiandolari dispongono del cor-redo enzimatico necessario per la conver-sione di androgeni meno potenti, di originegonadica o surrenalica, in androgeni a ele-vata affinità recettoriale, come testosteronee 5-DHT (7). Nella fattispecie si registra l’at-tività di enzimi quali il 3 -idrossisteroidodei-drogenasi tipo I (3 -HSD-I), che converte ildeidroepiandrostenedione (DHEA) in an-drostenedione, il 17 -idrossisteroidodeidro-genasi tipo II (17 -HSD-II), che trasformal’androstenedione in testosterone e vice-versa, e la 5 -reduttasi di tipo I, responsabiledella sintesi di 5-DHT. Non solo la ghiandola sebacea trasforma gliandrogeni captati dal circolo ematico, ma èanche in grado di sintetizzare de novo an-drogeni a partire dal colesterolo (8). Il tra-sporto del colesterolo dal citoplasmaall’interno dei mitocondri è regolato dallasteroidogenic acute regulatory protein(StAR) e, successivamente, in sede mito-condriale dal citocromo P450 side chaincleavage enzyme (P450scc). Nei mitocon-dri, il colesterolo viene convertito in pre-gnenolone. Il citocromo P450 17-idrossilasi(P450c17) catalizza sia l’attività dell’enzima

17 -idorssilasi, che trasforma il pregneno-lone in 17-idrossipregnenolone, sia dell’en-zima 17,20 liasi, che trasforma il17-idrossipregnenolone in DHEA. L’attivitàdi tutti gli enzimi in gioco è regolata dallosteroidogenic factor 1 (SF-1), un recettorenucleare che ne induce la trascrizione ge-nica. Di fatto la ghiandola sebacea è consi-derata, allo stato attuale, un tessutosteroidogenico, assimilabile agli organi ste-roidogenici classici, quali surrene, ovaio e te-sticolo, al pari di placenta, cervello eintestino. Gli studi condotti intorno ai peroxisomeproliferator-activated receptors (PPARs)hanno offerto ulteriori elementi per la com-prensione dei meccanismi attraverso i qualiall’interno dei sebociti vengono mediateproliferazione e sintesi lipidica indotte dagliandrogeni. I PPRAs sono recettori nucleariche esercitano la propria azione formandoeterodimeri con i recettori X dei retinoidi(RXR); gli eterodimeri così formati attivanola trascrizione genica tramite il legame conspecifiche sequenze nucleotidiche (chiamatesiti DR-1) che riconoscono all’interno delDNA (9). Sono stati identificati diversi sotto-tipi di PPARs (α, δ, γ 1-3), che si differen-ziano per distribuzione tissutale e ruolonella regolazione del metabolismo cellulare,particolarmente nell’induzione della sintesilipidica. È stato evidenziato che di fatto iPPARs regolano la trascrizione di geni es-senziali nella adipogenesi e nella sintesi di

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steroli. Precisamente essi attivano l’espres-sione di geni quali acido grasso sintetasi, ace-tyl CoA carbossilasi, acetyl CoA sintetasi,lipiprotein lipasi, stearoyl CoA denaturasi,HMG CoA sintetasi, HMG CoA reduttasi,squalene sintetasi.A livello dei sebociti è stata dimostrata lapresenza principalmente dei sottotipi . Studiin vitro suggeriscono che all’interno dei se-bociti i PPARs sia PPARs 1 sia PPARs 2)siano intermediari dei processi di produ-zione di molteplici composti del sebo, fun-gendo da trait d’union tra androgeni edifferenziazione dei sebociti androgeno-di-pendente (10,11). Al volto e nelle altre aree seborroiche,come cuoio capelluto e sedi presternale einterscapolare, le cellule acinari presentanoattività enzimatica e concentrazione recet-toriale per gli androgeni maggiori che nellealtre sedi corporee, rendendo ragione deltropismo dell’iperseborrea e in generale ditutte le patologie della ghiandola sebacea,acne in primis. Inoltre, è stata dimostratauna abnorme attività enzimatica, su base ge-netica, nei soggetti acneici rispetto ai nonacneici, oltre che una maggiore densità esensibilità degli specifici recettori (12). Gli estrogeni, al contrario, esercitano un ef-fetto inibitorio sulle attività proliferativa emetabolica dei sebociti, attraverso un’azionecondotta su diversi fronti (13). Da una parte essi interferiscono, per feed-back negativo, con la sintesi di gonadotro-

pine ipofisarie; ciò si ripercuote in senso ini-bitorio sulle concentrazioni circolanti di an-drogeni. D’altra parte, promuovendol’incremento della quota plasmatica di te-stosterone-binding protein, fanno sì che siriduca la frazione libera di testosterone,ossia quella che di fatto interagisce con lecellule acinari. Inoltre, è possibile che gliestrogeni agiscano anche in maniera direttasul metabolismo sebaceo. A livello locale, essi potrebbero regolarel’espressione di geni che influenzano negati-vamente sia la crescita ghiandolare sia la li-pogenesi. Le recenti acquisizioni sul ruolo dei neuro-peptidi (NP) nella stimolazione del meta-bolismo sebaceo hanno contribuito adefinire la connessione tra Sistema Nervosoe produzione di sebo. I NP, e segnatamentela sostanza P (SP), vengono rilasciati in am-bito cutaneo tanto dalle terminazioni del-l’innervazione sensitiva, quanto da vari tipidi cellule (cheratinociti, endotelio, fibrobla-sti e mastociti) e sono implicati nell’indu-zione dell’infiammazione cosiddettaneurogena, ovvero esacerbata da stressemotivi (14). Esiste una effettiva correlazione traeventi stressogeni, conseguente rilascio insede cutanea di NP, in par ticolare comedetto di SP, e peggioramento clinico disvariate patologie; è il caso dell’eczemacostituzionale, della psoriasi e della alo-pecia areata (15).

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Utilizzando la microscopia elettronica dicampioni cutanei in coltura, si è chiaramenteosservato che la somministrazione di SP de-termina un incremento nel numero e nelledimensioni dei vacuoli lipidici presenti all’in-terno delle cellule acinari differenziate e si èriscontrato materiale lipidico anche nellecellule periferiche indifferenziate; inoltre,l’analisi morfometrica di queste stesse unitàpilosebacee ha rivelato un sensibile au-mento nel volume delle ghiandole in totooltre che dei singoli sebociti (16). La SP sembra pertanto intervenire nellapromozione della sintesi lipidica all’internodelle ghiandole sebacee e della prolifera-zione cellulare. Appare plausibile che sial’iperseborrea sia la comparsa o la recrude-scenza di acne, che frequentemente ven-gono riferite dai pazienti come esacerbateda stress emotivi, possano trovare spiega-zione nell’incrementato rilascio di SP dalleterminazioni nervose periferiche in circo-stanze stressogene. Tra gli altri fattori che modulano il meta-bolismo sebaceo, l’incremento della tem-peratura corporea, accelerando il transitodel sebo all’interno del canale pilo sebaceo,ne aumenta la quota di superficie, che, di-versamente, non è condizionata dalla su-dorazione (17). L’intervento dell’alimentazione risulta allostato attuale delle conoscenze ancora piut-tosto controverso. È stata dimostrata l’azione stimolante sul ri-

lascio in circolo di androgeni esercitata daun regime alimentare iperglicemizzante edal concomitante incremento dei livelli pla-smatici di insulina e insulin-like growth fac-tor (18,19). Non sono tuttavia disponibili dati esaustivisulla entità di questo aumento e sulle effet-tive ripercussioni sulla sintesi del sebo. Leacquisizioni intorno alla biochimica dellaghiandola sebacea sembrano nondimenoargomentare la tesi a sostegno di un inter-vento marginale dei grassi alimentari sulleanomalie della sintesi lipidica. Infatti, la cel-lula sebacea è in grado di sintetizzare i lipidicontenuti nel sebo (colesterolo, trigliceridi,squalene, esteri delle cere e del colesterolo)a partire da un’ampia varietà di substrati,come acetato, glucosio, acidi grassi e ami-noacidi. L’apporto dietetico ai fini della di-sponibilità di questi substrati è essenziale, ene sono dimostrazione i risultati di studisugli effetti di un digiuno forzato sulla sintesilipidica (20). Ma non sembra che i grassi della dieta en-trino direttamente a fare parte del sebo esiano per questo significativi nella determi-nazione della quantità e della formulazionedel secreto ghiandolare.

Le basi genetiche della produzione di sebo,in termini quantitativi e biochimici, sono vi-ceversa ampiamente accertate e conte-stualmente giustificano la familiarità dell’acnee, in generale, della patologia ghiandolare (21).

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Bibliografia

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Francesco Bruno

Segretario Scientifico ISPLAD

In genere è buona abitudine del lettoremedio (e non mi sottraggo certamente allamedia), di “saltare” o addirittura ignorare ilcapitolo di un libro di medicina che parla dicenni storici.Non è un caso che nel corso di laurea inMedicina e Chirurgia, almeno ai miei tempi,la materia “Storia della Medicina” era rele-gata alla “complementare” facile da superareper evitare il servizio di leva!Spero che con questa sorta di provoca-zione-esortazione, il lettore non volti im-mediatamente pagina e non trovi tropponoiose le mie ricerche storiche sulla der-matite seborroica.La parola seborrea trae origine dal latinosebum (grasso) e dal greco ρειν (scorrere),ad indicare un flusso anomalo di materialesebaceo. Secondo un purismo etimologico che uni-sce due stesse lingue d’origine, sarebbe piùcorretto il termine stearrhoea, usato dagliantichi autori greci, dal greco στέαρ (sebo).Vedremo più avanti, che anche gli autori piùantichi avevano già compreso l’effetto in-fiammatorio del sebo.Gli scritti colti che analizzeremo, preannun-ciano già dai titoli, delle straordinarie intui-zioni sulla patogenesi della dermatiteseborroica. Uno dei più importanti storici

delle malattie della ghiandola sebacea fu ildermatologo americano L. Duncan Bulkley (1845-1928), il quale, vis-suto alla fine dell’800, si impegnò in un’este-nuante analisi storica della nosologia di acne,rosacea e dermatite seborroica. Grazie a lui ed alle sue ricerche, il suo trat-tato “Acne its Etiology, Pathology and Treat-ment”, pubblicato nel 1885, rimane ancoraoggi un’opera di eccezionale attualità. (1)

(Fig.1)Duncan Bulkley fu il primo autore a descri-vere la membrana liscia traslucida, conse-

STORIA DELLA DERMATITESEBORROICA

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Fig.1: Copertina originale del trattato di Duncan Bulkley

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guente all’asportazione della squama pso-riasica (membrana di Duncan Bulkley). Un ulteriore grattamento evidenzia il piùnoto segno di Auspitz. Alla fine di questo ca-pitolo sarà riportato in dettaglio, una sinopsidella classificazione delle affezioni sebacee,descritte da vari autori: dal primo secolodopo Cristo, sino alla fine dell’800.Sono mostrati i titoli completi ed originalidel tempo, in ordine cronologico.

La storia dall’inizioI disordini delle ghiandole sebacee, almenonegli scritti colti, comincia la sua storia 2000anni fa!Gli autori che si avvicendarono nei secolierano medici, religiosi, filosofi, dotti, talvoltapittori ed artisti. (2)

Ai più famosi ed antichi autori come Celso,Galeno, Avicenna, si affiancarono negli anni,

tanti altri studiosi meno conosciuti, chehanno lasciato un’importante “traccia” nellacomplessa, nosologia delle malattie delleghiandole sebacee.

Parole come “steatomate”, utilizzate già nelprimo secolo d. C., danno contezza dellalungimiranza degli antichi, nell’avere intuitola patogenesi della dermatite seborroicacome disturbo delle ghiandole sebacee.Galeno, già nel 150, parla di forfora e di der-matite seborroica del cuoio capelluto «Defurfuribus. Lib. V De Varis»Aetius nel 500 utilizza il termine “ionthi” ed“acne” nel suo trattato ”De varis faciei quitum Ionthi, tum Acne Graecia vocantur”.Nel passato molti autori, consideravano laseborrea come “…deformità non impor-tante da curare…”.Celso, invece, evidenzia nei suoi scritti, come

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Fig. 2: Sinopsi della Classificazione delle Malattie delle ghiandole sebacee.

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le donne dell’antica Roma tenevano moltoalla loro estetica, citando dei prodotti topiciper curare la pelle grassa.Sempre Celso * nel primo secolo d. C., nel“De vitis singularum corporis partium”, fuuno dei primi a parlare di seborrea chia-mandola “steatomate” "De meliceride etatheromate et steatomate”.È straordinario vedere, ad esempio, la defi-nizione che Aretaeus di Cappadocia, nel se-condo secolo d.C., dà nel suo trattato “.dediabetes” con straordinarie intuizioni sullemalattie metaboliche (3,4)

I primi autori importanti sono stati senz’al-tro Celso, Galeno ed Aetius.Seguirono “a ruota” gli autori arabi; uno deipiù conosciuti fu Avicenna che però non eraarabo, bensì persiano; il suo vero nome era

Abn Ali Al hosain Ibn Abdallah Ibn Sina, fuchiamato Avicenna dai latini. Medico e filo-sofo, nacque a Kharmaithen in provincia diBokhara nel 980, morì ad Hamadan nelnord della Persia nel 1037. Albucasis durante il Medio Evo (vero nomeEl Zahrawi)** (Fig. 3-4), conosciuto come ilpadre della chirurgia moderna, ebbe dellelungimiranti intuizioni sull’approccio chirur-gico dell’acne e degli esiti cicatriziali. (5,6,7)

In un secondo tempo gli autori italiani, pre-

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Fig. 3: Albucasis Fig. 4: Strumenti chirurgici

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valentemente religiosi, aderirono parados-salmente ai modelli arabi. Di Vigo invece fu un grande antagonistadella scuola araba e Paracelso si oppose allascuola di pensiero di Galeno.Mercuriale può essere considerato, a ra-gione, il primo autore “indipendente” cheha descritto le malattie della pelle.Nel XVII secolo si avvicendò un gran nu-mero di scrittori che si occuparono congrande autorevolezza di medicina e di chi-rurgia, come Sennertus, Fernelius ed altri. Seguirono tre grandi importanti autoricome Turner, Lorry e Plenk che sviluppa-rono le conoscenze sulle malattie cutanee.Molti altri grandi “nosologisti” come Sauva-ges, Cullen e Good diedero un grande con-tributo scientifico, ma il vero debutto delladermatologia moderna inizia con Willan eBateman. Accanto a loro vanno ricordati Alibert, Biette Struve.

Le terminologie storicheIn Areteo vediamo comparire per la primavolta la parola ionthi, parlando di acne. Lib.IV Cap XII. “…asthma, vari seu ionthi …”.Paracelso nel l573 scrive su “Gutta rosacea”nel suo “De Communibus Apostematibus”Aetius nel 500 utilizza ancora una volta “Ionthi” e “acne” “De varis faciei qui tum Ion-thi, tum Acne Graecia vocantur.”Riolano nel 1610 in “De deformitatibus” de-scrive “de varis seu ionthois” e “De facie

flammea ficis conspurcata quibus infectivulgo ficosi (Gallis copperose)”, descrivequindi non solo la dermatite seborroica maanche l’ eritrosi (copperose).

Farnelius nel 1656 nel “De Partium Morbiset symptomatis pathologiae” parla di der-matite seborroica e acne come “Ardentespustulae e rubor faciei”, confermando ilfatto che gli antichi autori avevano intuitoche il quadro clinico infiammatorio era con-seguente alla seborrea.

Dobbiamo aspettare il 1783 perché l’au-striaco Joseph Plenck (1735-1807), scriva,per la prima volta in dermatologia, di “cuteunctuosa”, di “porrigo furfuracea, farinosaseu spuria”. Per le sue geniali intuizioni Plenck è statoaddirittura definito dai suoi connazionali il“Mozart della medicina” (8)

Antoine-Pierre-Ernest Bazin (1807-1878),più noto nel mondo dermatologico per ilfamoso “Eritema indurato”, non si occupòsoltanto di tubercolosi, ma si impegnò permolti anni di ricerca sulle ghiandole sebacee,scrivendo trattati ed atlanti che a quel-l’epoca, correva l’anno 1862, erano moltoletti in Europa, poiché il francese rappre-sentava la lingua scientifica per eccellenza. (Fig. 5)Ma, sempre in quel periodo, gli inglesi non sta-vano certo a guardare e Sir Erasmus Wilson,

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studioso di anatomia e dermatologo, nel 1867parla di eccesso di secrezione sebacea, defi-nendola “stearrhoea”. Non si limitò allo studiodella dermatite seborroica, ma fu uno deiprimi dermatologi, se non il primo, a descri-vere la ritenzione della secrezione e la for-mazione dei comedoni.Scrisse anche quadri di acne: “puntata, pusto-losa, tuberculata, indurata”.Un po’ più tardi, nel 1884 un altro grande au-tore, l’austriaco Hans von Hebra descrivevanel suo “Einfach entzündliche dermato-sen”*** la seborrea come “….. steatosen, hy-persteatosen, seborrhoea oleosa-crustosa..”Gli autori del passato e del presente si sonosempre rifiutati di accomunare le lesioni fun-zionali delle ghiandole sebacee con quelle acarattere infiammatorio, distinguendo net-

tamente l’acne sebacea col nome di sebor-rea, e l’acne rosacea con il gruppo infiam-matorio.Wilson pone la rosacea fra le malattie ec-zematose, con la denominazione “guttarosea”, separando nettamente la varietàcongestizia dall’acne volgare, denominan-dola rosacea (senza il nome acne). Non è peregrino ipotizzare che erano ingran parte quadri clinici di dermatite se-borroica.Persino il lupus eritematoso era una voltaconsiderato un disturbo delle ghiandole se-bacee e descritto da Hebra come “seborreacongestizia”.

Fattori etiologici nell’antichitàDa queste ricerche storiche sorgono spon-tanee certe domande sull’etiopatogenesidella dermatite seborroica.Come vanno inseriti nell’insorgere o nelpeggioramento della dermatite seborroica,fattori favorenti come lo stress e l’alimenta-zione?

Se ci è consentito lavorare un po’ di fantasia,non si può escludere che nel ‘700 non ci fos-sero dei fattori di stress.Di sicuro non era il rumore delle automobili,ma, se consideriamo che la vita agiata, conpasti regolari, buone condizioni igieniche, eraprivilegio di pochi, lo stress era garantito.L’alimentazione era grassa ed iperproteica.Le salse sin dall’antica Roma con il Garum,

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Fig. 5: Testo Atlante di Bazin

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composto da interiora di pesci (Marziale),erano ben lontane dai nostri condimentiodierni. Sempre nell’antica Roma l’alcool (si-curamente di qualità scadente), contribuivanon poco al peggioramento della dermatiteseborroica. Ne erano esentate le donne cheavevano proibizione di bere il vino inun’epoca addirittura antecedente alla fon-dazione di Roma. (Lattanzio, Divinae Institu-tiones, I, 22, 11).Le malattie infettive (batteriche, virali), eranoallora comunissime e non è escluso pensarea quadri di dermatite seborroica infiltrata insoggetti defedati o particolarmente immu-nodepressi come oggi vediamo nei pazientiaffetti da AIDS. Si pensa, ma questa consi-derazione vale per tante altre malattie, chemolte forme erano autorisolutive e data lamancanza di farmaci come gli steroidi, eranoassenti le complicanze ad essi legati.

ConclusioniDallo studio storico della nosologia delladermatite seborroica, comprendiamo chegli antichi autori già 2000 anni fa, avevanointuito quanto questa comune affezionefosse legata principalmente alla seborreacome momento infiammatorio. Gli scritti e gli studi che abbiamo analizzato,ci dimostrano che i nostri colleghi nell’anti-chità, oltre ad essere lungimiranti nell’in-quadramento nosologico, avevano decrittoin modo assai preciso i quadri clinici e l’etio-patogenesi.

La storia, il passato, è sempre d’insegna-mento anche nei giorni nostri, quando ildermatologo, forse troppo distratto dacomplicati esami (strumentali, immunolo-gici), perde di vista, la clinica descrittiva e lamorfologia.

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* uno dei più noti era Celso il platonista, ma si pensa che cisiano stati molti autori a cui è stato attribuito il nome diCelso (n.d.r)

** Albucasis era nato tra il 936 e il 940, a El-Zahra (Anda-lusia), facente allora parte dell’Impero Islamico (n.d.r.)

*** dermatosi infiammatorie (n.d.t)

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EPIDEMIOLOGIA DELLA DERMATITESEBORROICA

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Giovanni Lo Scocco

Direttore Unità Operativa di Dermatologia

Azienda USL 4, Prato.

La definizione delle caratteristiche epide-miologiche della dermatite Seborroica (DS)è piuttosto problematica. Si tratta sicuramente di una patologia moltocomune, ma l’incerto inquadramento noso-logico rende difficile stabilirne l’esatta pre-valenza (1).D’altra parte gli studi sulla frequenza dellevarie patologie si basano sull’esistenza di cri-teri diagnostici dotati di sufficiente sensibilitàe specificità che, nel caso specifico della DS,sono carenti (2).In particolare, non sono definiti i confini traDS del cuoio capelluto e la più comune Pi-tyriasis capitis (forfora). Non è chiaro sequest’ultima è una forma minima di DS o secostituisce un’entità nosologica autonomaoppure se si tratta di una condizione para-fisiologica (3, 4).I principali trattati di dermatologia defini-scono la DS una patologia cutanea moltofrequente, ma affermano anche che la suareale prevalenza è sconosciuta (3, 4, 5).Solitamente, vengono riportati tassi nellapopolazione generale immunocompetentefra l’1% e il 3% (6, 7, 8) e del 3-5% se si consi-derano solo i soggetti giovani adulti (6). LaPityriasis capitis è molto più comune e si ri-tiene che interessi il 15-20% della popola-

zione.Comunque, quasi tutti gli individui, in qual-che fase della loro vita, presentano le mani-festazioni cliniche della dermatite.La DS è più comune e leggermente più se-vera nel sesso maschile rispetto a quellofemminile (3, 7, 8).La distribuzione geografica della malattia èmolto ampia potendosi riscontrare in tutti icontinenti. Può colpire soggetti appartenenti a tutte lerazze (7).La DS mostra spesso un andamento sta-gionale risultando più comune e, nei casicronici, più severa, durante i mesi invernali(“eczema flanellaire” dei francesi) (7, 8, 9).Diversi studi hanno segnalato un migliora-mento della DS in seguito ad esposizionesolare (10). Sono stati riportati, però, anchecasi di DS al volto insorti in seguito a PUVAterapia (11).Anche l’umidità ambientale può influenzareil decorso della malattia che può, infatti, peg-giorare soggiornando in stanze con ridottaumidità a causa del riscaldamento (3).La DS può colpire soggetti in varie fasi dellavita, dall’infanzia all’età avanzata, con mag-giore frequenza nell’età infantile e poi in etàadulta (7, 8, 12, 13).In età pediatrica la frequenza della DS è ele-vata nei primi mesi di vita per poi diminuireprogressivamente e diventare molto bassadopo i 3 anni.Uno studio di popolazione australiano su

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1116 bambini nei primi 5 anni di vita ha se-gnalato una prevalenza media del 10,0% perla DS e del 41,7% per la Pytiriasis capitis. Diinteresse in questo studio sono i tassi età-spe-cifici per la DS: 71% prima dei 3 mesi, 44,5%entro i 12 mesi, un sostanziale calo dopo 1anno di vita e circa 1% dopo i 3 anni (2). Ma, un’altro studio condotto su una popola-zione di bambini di età inferiore agli 11 anniha mostrato che la classica DS, contraria-mente a quanto comunemente affermato, èabbastanza frequente anche in età preadole-scenziale, tra i 2 e i 10 anni di età (14).A parte la DS infantile, la malattia colpiscetipicamente adolescenti e giovani adulti(picco massimo d’espressione clinica in-torno ai 40 anni d’età) (7, 3), quando le ghian-dole sebacee sono al massimo livello diattività. Uno studio australiano condotto su1457 soggetti oltre i 20 anni ha riscontratouna prevalenza della DS del 9.7 % (15). Successivamente, può essere riscontrata, disolito in forma meno severa, nel soggettoanziano, specie se ammalato o costretto aletto. La senescenza e il grado di autosufficienzanelle attività quotidiane legato all’età costi-tuiscono variabili predittive indipendenti diDS. Probabilmente queste variabili com-portano una riduzione del tempo trascorsoall’aperto con conseguente minore esposi-zione alle radiazioni solari, una possibile ina-deguata alimentazione e una igienepersonale più precaria (16).

Diversi Autori hanno condotto studi sulpossibile ruolo dei fattori immunologici, nu-trizionali, ambientali e legati allo stile di vita,nel condizionare la predisposizione alla DS.Spesso, però, è difficile separare tra loroquesti fattori nello sviluppo della patologia:gli alcolisti o i soggetti affetti da depressione,ad esempio, spesso si alimentano in manierainadeguata, tendono a vivere al chiuso e adavere scarse pratiche igieniche, condizioniche possono contribuire a loro volta allosviluppo del problema dermatologico (7).La DS presenta diverse comorbidità. È piùcomune nei pazienti con morbo di Parkin-son, in quelli con disturbi dell’umore e neipazienti affetti da HIV/AIDS rispetto alla po-polazione generale (vedi paragrafi succes-sivi). Vi sono studi che segnalano unamaggiore frequenza della DS in corso di di-verse condizioni patologiche: alcolismo, spe-cie pancreatite cronica alcolica (17), epatite davirus C (18), ischemia miocardica, malassorbi-mento, obesità, e varie neoplasie (19). L’asso-ciazione fra DS e carcinoma delle vieaero-digestive superiori è descritta in unostudio caso-controllo (20).Inoltre, la presenza di DS è stata segnalata inpazienti con malattie genetiche, quali la sin-drome di Down (21), la malattia di Hailey-Hailey (22) e la sindrome cardio-faciocutanea (23).La DS può insorgere in coincidenza di altrepatologie dermatologiche. DS e acne rosa-cea possono essere associate a irritazione

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oculare o blefarite (24). La DS è anche co-munemente osservata in pazienti con acnevolgare, supportando lo stereotipo che isoggetti con DS hanno la cute grassa. Nonè raro il riscontro di manifestazioni clinichedi DS in corso di malattie associate a Ma-lassezia spp., quali la pityriasis versicolor e lefollicoliti da Pityrosporum (25, 26, 27).Infine, la DS può associarsi a psoriasi, di cuicondivide alcuni aspetti istopatologici, dandoluogo al quadro della sebopsoriasi.

La DS nei pazienti HIV-positivi e affetti da AIDSLa prevalenza della DS fra i pazienti HIV-po-sitivi e affetti da AIDS è nettamente più altadi quella registrata nella popolazione gene-rale (28, 29, 30) ed è riportata, a seconda deglistudi, fra il 34% e l’83% dei casi (31, 32).La DS è ritenuta, perciò, un “marker” clinicodell’infezione da HIV con un elevato valorepredittivo positivo, la cui presenza può per-mettere di sospettare un’infezione retrovi-rale sottostante (28, 33, 34).Diversi studi segnalano che la DS nei pa-zienti HIV-positivi e affetti da AIDS è più se-vera e difficile da diagnosticare e trattare (32)

e che sono più frequenti le lesioni localiz-zate agli arti (35). La sua prevalenza e severità aumentano infunzione del grado di deficit immunitario,forse per la conseguente aumentata crescitadi lieviti (30, 36), ed in modo inversamente cor-relato al numero assoluto delle cellule CD4

e T helper (37).Tali osservazioni hanno indotto a definire ilquadro clinico della “dermatite seborroica-like della sindrome da immunodeficienza ac-quisita”. Questa dovrebbe essere ritenuta,secondo alcuni Autori, un’entità a sé stante,causata da alterazioni immunologiche, le cuilesioni sono tanto più prevalenti e severequanto più l’infezione da HIV diviene avan-zata (28, 33). Ma altri Autori, in disaccordo, ritengono chela DS è certamente più comune nei pazienticon AIDS, ma non più severa (38). Altri ne-gano che la severità della DS sia maggiorenei pazienti in stadi più avanzati di infezioneda HIV (39).In aggiunta alle evidenze cliniche a sostegnoche la DS in pazienti con AIDS sia da rite-nere un’entità distinta, ci sono anche diffe-renze istologiche e molecolari rispetto allelesioni della comune DS. I campioni biopticiprelevati da pazienti con AIDS mostranodiffusa paracheratosi, necrosi dei cheratino-citi, leucoesocitosi, infiltrato perivascolaresuperficiale di plasmacellule e, nelle lesionidi lunga durata, ipercheratosi (35).

DS e malattie neurologiche È noto che i pazienti con morbo di Parkin-son sviluppano spesso seborrea e DS (40). Lelesioni di quest’ultima sembrano svilupparsiprimariamente in pazienti con aumenti du-raturi e severi dei livelli di sebo, sebbene laseverità della seborrea non sembra corre-

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lata con quella del Parkinson. Si pensa che l’accumulo di sebo, probabil-mente indotto in questi casi dalla ridottamobilità cutanea (41), abbia un effetto per-missivo sulla crescita della Malassezia, seb-bene ulteriori studi siano necessari persostenere questa ipotesi (36, 41).La DS è comune anche nei pazienti con di-sturbi dell’umore. Non è chiaro se ciò sia daattribuire a cause neurologiche o se, invece,sia da porre in relazione alla tendenza diquesti pazienti a trascorrere molto tempoin ambienti chiusi evitando l’esposizione alsole (42). In questi pazienti è stata ipotizzata

anche una relazione tra ridotta esposizionesolare, aumentata secrezione di melatoninae produzione di sebo e, conseguentemente,maggiore crescita di Pityrosporum ovale (43).

È possibile l’associazione della DS con altridisturbi neurologici: epilessia, traumi delSNC, paralisi del nervo facciale (44), siringo-mielia indotta da farmaci neurolettici con ef-fetti extrapiramidali (45).È stata segnalata la comparsa di DS nei pa-zienti con ictus nel solo emisoma interes-sato o nella cute patologicamente innervatain corso di siringomielia (46).

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Ambra Monfrecola* Vanessa La Vela**Claudia Francia**Stefano Veraldi**

* Sezione di Dermatologia Clinica, Allergologica

e Venereologica, Dipartimento di Patologia

Sistematica, Università Federico II, Napoli

** Istituto di Scienze Dermatologiche, Università

di Milano, Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale

Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena,

Milano

Nonostante il fatto che la dermatite sebor-roica (DS) abbia un’alta prevalenza, ancoranon si dispone di adeguate conoscenzecirca la sua eziopatogenesi. La DS è sicura-mente condizionata da numerosi fattorianatomici, biochimici, immunologici, ormo-nali, infettivi, neuro-psicologici e nutrizionali.

Ghiandole sebacee, sebo e DS La DS non è, in senso stretto, una malattiadelle ghiandole sebacee. Molti adulti sanipresentano una cute untuosa, ma non sof-frono di DS; inoltre, la quantità di sebo chesi riscontra sulla fronte di pazienti con DSpuò essere normale (1). Tuttavia, è esperienzaclinica quotidiana che la sintesi di sebo neipazienti con DS sia molto spesso aumen-tata nelle aree seborroiche.La dermatite seborroica è più frequente inpazienti con malattie del sistema nervosocentrale e periferico, come il morbo di Par-

kinson e la paralisi del facciale (2). Tuttavia, iltrattamento del morbo di Parkinson con L-dopa riduce la secrezione sebacea solo se èin eccesso, ma non ha alcun effetto se essaè normale (3). È stato suggerito che l’au-mento dei livelli di sebo in pazienti conmorbo di Parkinson favorisca lo sviluppo diMalassezia sp.. Al momento si può asserireche la seborrea costituisca un fattore predi-sponente, più che eziologico, della DS.

Questo punto di vista è supportato dal fattoche basse dosi di isotretinoina orale, notofarmaco sebostatico, somministrate per mesi,sono in grado di controllare la DS (4); tutta-via, è anche possibile ipotizzare che l’azionebenefica del farmaco non sia dovuta solo al-l’effetto sebostatico, ma anche alla regola-rizzazione della cheratinizzazione.I neonati hanno un’elevata sintesi di seboper stimolazione delle ghiandole sebacee daparte degli androgeni materni (5); la DS in-fantile guarisce spontaneamente due-quat-tro settimane dopo la nascita: ilmiglioramento è attribuito ai diminuiti livellidi sintesi sebacea (6). Bisogna, inoltre, consi-derare il fatto che la DS infantile potrebbeessere una dermatite diversa da quella os-servabile negli adolescenti e negli adulti.Molti bambini con DS non sviluppano lamalattia nella vita adulta: da uno studio èemerso che solo 7 bambini con DS su 88hanno continuato a manifestare la malattiadopo 10 anni (7).

EZIOPATOGENESI DELLA DERMATITESEBORROICA

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Talvolta, quella che inizialmente ha tutti i ca-ratteri clinici della tipica DS infantile è suc-cessivamente diagnosticata come dermatiteatopica: due differenti studi hanno eviden-ziato che dal 19 al 27.5% dei pazienti cheavevano avuto una diagnosi di DS infantile,rivisitati dopo 12-13 anni, avevano invece isegni della dermatite atopica (8,9). È verosi-mile che ciò sia dovuto alla sovrapposizioneclinica delle due condizioni soprattutto neiprimi stadi. Ancora più controversi sono i risultati distudi sulla composizione del sebo dei pa-zienti con DS: in questi ultimi, il quantitativodi acidi grassi liberi e di squalene sarebbe ri-dotto, mentre sarebbero aumentati il cole-sterolo e i suoi esteri.

Malassezia SP e DS Moltissimo è stato scritto sui rapporti traMalassezia sp. e DS. Gli studi più recentifanno ritenere che la pitiriasi capitis e la DSdel volto dell’adulto siano associate soprat-tutto alla presenza di Malassezia restricta. Lapatogenicità di questa Malassezia sarebbelegata, più che alla sua densità, al sottotipopresente nella cute (colonie con morfolo-gia del tipo C).Nel complesso, i risultati degli studi fino aoggi pubblicati sono controversi: secondoalcuni autori (10,11) esisterebbe una relazionediretta, e quindi un rapporto eziologico, traMalassezia restricta e DS dell’adulto e delpaziente immunodepresso, secondo altri (12)

questa relazione non esisterebbe. Anche i risultati degli studi sui rapporti traMalassezia sp. e DS infantile sono assai va-riabili, sebbene la maggior parte degli autorisia favorevole a questa associazione (13,14). In tutte le forme di DS (dell’adulto, del bam-bino, pitiriasi capitis, dei pazienti immuno-depressi) Malassezia sp. potrebbe giocareun ruolo eziopatogenetico in senso soprat-tutto pro-infiammatorio. Che questi lieviti abbiano un ruolo è dimo-strato dal fatto che gli antimicotici, soprat-tutto orali, sono indiscutibilmente efficacinella terapia della DS.

Lipidi cutanei e infiammazione Come Malassezia restricta abbia un effettopro-infiammatorio nella DS non è chiaro. Illievito o suoi prodotti metabolici potreb-bero causare fenomeni infiammatori indu-cendo la sintesi di citochine cheratinocitarie(15) o coinvolgendo le cellule di Langerhanse l’attivazione dei linfociti T (4). Tuttavia, il ve-rificarsi della DS nelle fasi iniziali dell’infe-zione da HIV, nella quale l’immunitàcellulo-mediata è deficitaria, depone control’ipotesi che la malattia possa essere legataall’attivazione dei linfociti T da parte di Ma-lassezia restricta.Un ulteriore fattore, verosimilmente causadi flogosi, è l’attività lipasica di Malassezia re-stricta, che è in grado di sintetizzare acidigrassi pro-infiammatori dai lipidi cutanei (16).Piccole modificazioni dei lipidi di superficie

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possono derivare da alterazioni della che-ratinizzazione dimostrabili istologicamente(17). In bambini con DS in fase attiva, i livellidi acidi grassi essenziali 18:2W9 risultanoaumentati e i livelli di 18:2W6 sono dimi-nuiti rispetto a bambini sani (18); questi va-lori si normalizzano in caso di remissionedella malattia: ciò starebbe a indicare untransitorio deficit funzionale della δ-6satu-rasi. In un altro studio, pazienti con DShanno evidenziato bassi livelli di acidi grassiliberi e aumentati livelli di trigliceridi, sia cheessi fossero HIV-positivi che non (19).

Alterazioni dell’immunità Anche se gli antimicotici migliorano la ma-lattia e riducono il numero di microorgani-smi, la ricolonizzazione e le recidive siverificano non appena il trattamento è in-terrotto: questo dato potrebbe essere spie-gato da un sottostante deficit immunologico.L’aumentata prevalenza di DS in pazientiHIV-positivi rafforza l’ipotesi che la DS abbiaalla base un deficit della risposta cellulo-mediata a Malassezia restricta. In conclu-sione, il rapporto tra lieviti e DS non èancora completamente chiaro, tuttavia di-versi studi supportano l’idea che l’ipercolo-nizzazione della cute da parte di Malasseziarestricta in pazienti con DS sia dovuta aun’alterazione dell’immunità cellulo-mediatae che lo sviluppo della dermatite dipendafondamentalmente dalle modalità con cui ilsistema immunitario del paziente reagisce

ad antigeni derivati da questo lievito (20-24).

DS e AIDSLa prevalenza della DS in pazienti HIV-posi-tivi o con AIDS conclamata è stimata fra il34% (25) e l’83% (26) rispetto al solo 3% dellapopolazione generale. L’incidenza e la gra-vità sono strettamente correlate allo stadiodell’infezione e inversamente correlate alnumero assoluto di linfociti CD4+ (27). Lamaggiore gravità ed estensione della der-matite in pazienti con malattia da HIV, in-sieme a un quadro clinico caratterizzato damaggiore gravità (eritema più intenso, iper-cheratosi e lesioni psoriasiformi), ha sugge-rito che l’aspetto clinico osservabile inquesti pazienti dovrebbe indurre a ritenerlaun’entità distinta, cui riservare il nome di“dermatite seborroico-simile”. Allorquandola DS avanza, le lesioni si allargano, aggra-vandosi presumibilmente per il fatto che ilieviti aumentano a causa dell’immunode-pressione.

Farmaci e DSEsistono anche quadri clinici a tipo derma-tite seborroica. Diversi farmaci come aura-nofina, aurotioglucosio, buspirone,clorpromazina, cimetidina, etionamide, oro,griseofulvina, alloperidolo, interferone alfa,litio, metildopa, fenotiazine, psoraleni, stana-zolo hanno la capacità di indurre la com-parsa di manifestazioni a tipo DS attraversomeccanismi sconosciuti.

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Deficit nutrizionali e DSDeficit nutrizionali, specialmente di ri-boflavina, piridossina, niacina, zinco e

acidi grassi essenziali possono essere ingrado di provocare un quadro simile allaDS (28).

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Iria NeriBeatrice RaoneAnnalisa Patrizi

Dipartimento di Medicina Interna,

dell’Invecchiamento e Malattie Nefrologiche.

Gruppo di Ricerca in Clinica Dermatologica

Università di Bologna

EpidemiologiaLa dermatite seborroica infantile (DSI) èuna patologia frequente che si manifesta neiprimi 3 mesi di vita ed in particolare tra laIII e la VIII settimana. I dati relativi all’epide-miologia della DSI sono scarsi. Maschi efemmine sembrano essere colpiti in misurauguale e non sembra via sia un’ereditarietàdella malattia (1, 2).

EziopatogenesiL’eziopatogenesi della DSI è complessa enon ancora completamente conosciuta.Mentre nella dermatite seborroica del-l’adulto la Malassetia furfur, un tempo defi-nita Pytirosporum ovale, è consideratapatogenetica, il suo ruolo non è ancora statocompletamente chiarito nella forma infantile(3-6). Ancora controverso è il ruolo di Can-dida albicans in questa dermatosi (2).Alcuni Autori correlano la malattia essen-zialmente all’attività degli ormoni androgenitrasmessi dalla madre al neonato per viatransplacentare e di conseguenza conside-rano come DSI solo i casi che si manife-

stano entro i 3 mesi di vita; mentre le formeche persistono oltre tale periodo andreb-bero rivalutate sul piano diagnostico ed in-quadrate essenzialmente comemanifestazioni precoci di psoriasi o formeiniziali di dermatite atopica (DA) (7, 8).Tuttavia la malattia non sembra essere do-vuta soltanto ad un’aumentata attività delleghiandole sebacee, in quanto gli androgenitrasmessi dalla madre al neonato sono pre-senti sin dai primi giorni di vita mentre laDSI si esprime clinicamente dalla terza oquarta settimana (2). Recentemente, Gel-metti e Frasin hanno proposto di conside-rare la DSI non un’entità clinica a sé stantema una sorta di “ombrello” impiegato stori-camente per contenere diverse condizioniche in passato non sono state corretta-mente inquadrate (9). Tra i possibili fattori fa-vorenti sono stati segnalati un deficit nelladieta materna di biotina, di zinco ed un al-terato metabolismo neonatale o una ca-renza di acidi grassi essenziali. Infatti in alcunicasi è stato identificato un difetto funzionaletransitorio dell’enzima delta 6-desaturasi, re-sponsabile di un’alterazione qualitativa degliacidi grassi della classe omega 6 a livello cu-taneo, con alterazione della funzione bar-riera dell’epidermide e conseguenteproduzione di metaboliti ad azione pro-in-fiammatoria (10). Anche fattori locali quali to-pici occlusivi o indumenti, in grado di indurreritenzione di sebo o aumento del sudore,potrebbero favorire l’insorgenza della DSI.

CLINICA DELLA DERMATITE SEBORROICA6.1 DERMATITE SEBORROICA INFANTILE

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Quadri cliniciClinicamente la DSI può manifestarsi informa localizzata o diffusa e le principaliforme di DSI sono quattro: crosta lattea,crosta lattea con impegno delle pieghe, nap-kin psoriasis e forma eritrodermica desqua-mativa, detta anche malattia di Leiner.

La crosta lattea, in inglese “cradle cap”, è unavariante scarsamente infiammatoria che col-pisce il cuoio capelluto, specie la regionefrontale e parietale (Fig.1), ma può essereinteressato anche il volto ed in particolare lafronte, la glabella e le sopracciglia. Clinica-mente si presenta con squame giallastre eduntuose (Fig.1), più raramente in parte fur-

furacee e biancastre, su base più o menoeritematosa. Questa forma può esordireprecocemente, nelle prime settimane di vita,per risolversi solitamente entro il III mese,sebbene in rari casi perduri fino al VI mese. Nelle epoche più precoci di vita questaforma di DSI entra in diagnosi differenzialecon i residui della vernice caseosa o con laDA ad esordio precoce (11-14).

La crosta lattea con impegno delle piegheè caratterizzata dal coinvolgimento sia delcuoio capelluto e del volto, talora conl’aspetto del cosiddetto casco seborroico,sia delle grandi pieghe, specie quelle ingui-nali, ascellari e del collo (Fig.2). L’esordio

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Fig. 1: Crosta lattea Fig. 2: Crosta lattea con impegno delle pieghe

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precoce, l’interessamento del cuoio capel-luto e l’assenza del prurito è di aiuto in que-sti casi per porre una diagnosi corretta,soprattutto nei confronti della DA. La napkin psoriasis, definita anche dermatiteda pannolino con idi psoriasiformi, vieneconsiderata da alcuni Autori una variante diDSI, mentre da altri una forma di psoriasidel lattante (2, 15).Contrariamente agli altri tipi di DSI l’esor-dio è più tardivo ed il decorso è più pro-lungato. Inizialmente si ha il coinvolgimentodell’area gluteo-perineale coperta dal pan-nolino, con un quadro di semplice derma-tite irritativa da contatto non responsiva aitrattamenti, che assume improvvisamenteun aspetto congestionato con eritemarosso vivo accompagnato da lesioni a di-stanza di tipo psoriasico. Si tratta di papuleeritemato-desquamative, coinvolgenti iltronco, il volto, il cuoio capelluto e gli artisuperiori ed inferiori. È possibile la con-fluenza delle lesioni fino a formare ampiechiazze eritemato-desquamative, tuttavia èrara l’evoluzione eritrodermica. I pazientisono solitamente asintomatici e il decorso èquasi sempre verso la risoluzione sponta-nea in alcune settimane, in genere 4-8, senzatendenza alla recidiva. Circa il 5% dei pazienti che hanno presen-tato una napkin psoriasis sviluppa, nei 10anni successivi all’esordio, una franca pso-riasi (15). La malattia di Leiner, dovuta ad un deficit

della frazione C3 del complemento, vieneattualmente considerata un’entità a séstante e si caratterizza per un quadro cuta-neo eritrodermico, associato a sintomato-logia sistemica quale diarrea persistente,infezioni cutanee e di altri organi (2, 16). Talevariante esordisce con lesioni al cuoio ca-pelluto che nel giro di pochi giorni, si esten-dono al volto, al tronco ed agli arti. Si trattadi lesioni iniziali tipo “cradle cap” e taleaspetto viene mantenuto anche al volto,mentre sul resto dell’ambito cutaneo l’eri-trodermia non mostra caratteri peculiari edha le caratteristiche di tutte le eritrodermieneonatali. Vi è il coinvolgimento anche del-l’area del pannolino. Nella nostra esperienzatale quadro, molto raro, si realizza nei primigiorni di vita e si associa ad edemi distali. Lavariante acuta eritrodermica e desquamativadella DSI, deve essere differenziata dalle rareforme di dermatiti dell’area del pannolinocon idi psoriasiformi ad evoluzione eritro-dermica (2, 17); un’accurata anamnesi è perciòmandataria.

IstologiaLa diagnosi di DSI è generalmente clinica esolo raramente si ricorre alla biopsia cuta-nea. L’aspetto istologico è specifico nel casodella napkin psoriasis ove la microscopia ot-tica mostra paracheratosi dell’epidermidecon riduzione o assenza dello strato granu-loso ed infiltrato infiammatorio dermicoscarso ed aspecifico.

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Diagnosi differenzialeLa crosta lattea e la crosta lattea con impe-gno delle pieghe entrano in diagnosi diffe-renziale principalmente con la DA, inquanto anch’essa può esordire in un’epocaassai precoce della vita ed interessare lemedesime sedi (11-14; 17). Non sempre è faciledistinguere le due malattie, anche perchépossono essere presenti contemporanea-mente nello stesso paziente o la DA puòseguire, senza alcuna soluzione di continuitàtemporale, una DSI (Fig.3). Inoltre, nei primimesi di vita la DA si manifesta in generesenza il suo sintomo cardine, il prurito.Alcuni criteri utili per porre una diagnosi diDA sono la familiarità per atopia, il prurito,

eventuali positività ai RAST ed ai prick tested elevati livelli di IgE sieriche. Tuttavia, anchein circa il 30% dei pazienti con DSI si osser-vano prick test positivi ed alcuni Autori con-siderano la DSI non una patologia a séstante ma una variante seborroica della DA(18). La diagnosi di DSI sarebbe, in questi casi,soltanto retrospettiva e sarebbe correttoformularla solo quando non si è sviluppatauna DA nei mesi successivi.Anche la diagnosi differenziale tra DSI epsoriasi può risultare assai difficile, in quantoin età neonatale ed infantile la psoriasi coin-volge in genere le pieghe e l’area del pan-nolino. È importante, infine, ricordare che alcuneforme di istiocitosi a cellule di Langerhanspossono coinvolgere il cuoio capelluto e lepieghe ed entrare quindi in diagnosi diffe-renziale con una DSI (14).

TerapiaLa terapia della DSI è unicamente locale, inquanto l’evoluzione è solitamente autoriso-lutiva nell’arco di alcune settimane o mesi.A livello del cuoio capelluto gli oli emollientio le emulsioni sono utili per allontanare lesquame. In caso di importante desquama-zione si può utilizzare una soluzione oleosacon acido salicilico al 3%, che si lascia agireper alcune ore e quindi si risciacqua, oppureuno shampoo a base di ketoconazolo. L’im-piego di prodotti contenenti acido salicilicoè da taluni Autori sconsigliato per il rischio

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Fig. 3: Dermatite seborroica con lesioni iniziali di dermatite atopica

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di assorbimento sistemico (14). Nei casi con maggior componente infiam-matoria si possono utilizzare degli steroiditopici a bassa potenza. Il ketoconazolo increma è consigliato da taluni Autori masconsigliato da altri per la potenziale tossi-cità (2, 14). Per le aree delle pieghe e per l’areadel pannolino solitamente vengono impie-gati blandi antisettici, quali l’eosina al 2% in

soluzione acquosa, antimicotici in latte ocrema e paste all’ossido di zinco. La detersione può essere effettuata con de-tergenti oleosi e sono consigliati lavaggi fre-quenti. In caso di napkin psoriasis, sullelesioni psoriasiche può essere di aiuto l’ap-plicazione di creme emollienti ed idratanti,così come di dermocosmeceutici ad azioneanti-infiammatoria.

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Matilde IorizzoAntonella Tosti

Clinica Dermatologica

Università degli Studi di Bologna

La dermatite seborroica è una patologia eri-temato-desquamativa ad andamento cro-nico-recidivante che colpisce soprattutto igiovani adulti dove interessa soprattutto ilvolto, il cuoio capelluto, il tronco e più rara-mente le pieghe. Clinicamente si osservanochiazze eritematose, a limiti generalmentenetti, ricoperte da squame untuose e gialla-stre non aderenti alla cute. È colpita l’attac-catura dei capelli (Fig.1), la parte mediale

della fronte, la regione sopracigliare, le pie-ghe naso-geniene e, negli uomini, la regionedella barba in quanto le zone ricche di peli

sono più colpite. Talvolta può essere inte-ressata anche la regione oculare con blefa-rite, congiuntivite, cheratite edinfiammazione delle ghiandole di Meibomio.A livello del cuoio capelluto la dermatite se-borroica si manifesta con una aumentatadesquamazione su base più o meno erite-matosa. A seconda del carattere secco ountuoso delle squame si distinguono duevarianti:• forma secca che si presenta con squame

bianche e di piccole dimensioni che pos-sono rimanere aderenti al cuoio capel-luto oppure distaccarsi e depositarsi sucapelli e indumenti (Fig.2);

• forma grassa con squame dall’aspetto più

untuoso e di dimensioni più grandi. L’in-fiammazione è in questo caso più intensae possono associarsi follicoliti.

CLINICA DELLA DERMATITE SEBORROICA6.2 LA DERMATITE SEBORROICA DELL’ADULTO

6

37

Fig. 1: Chiazze eritemato-squamose della fronte Fig. 2: Forma secca della DS con piccole squamenon aderenti al cuoio capelluto

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Se le lesioni interessano l’attaccatura dei ca-pelli, la fronte e le regioni retro-auricolari siparla di “corona seborroica”. A livello del tronco si distinguono general-mente 4 varietà principali:• petaloide con piccole chiazze ovalari che

tendono a confluire. A causa della sudo-razione la desquamazione è poco ap-prezzabile;

• anulare con chiazze che tendono alla ri-soluzione centrale;

• pitiriasiforme che è di solito ad insor-genza acuta con quadro clinico molto si-mile alla pitiriasi rosea dalla quale sidistingue per l’assenza della chiazzamadre;

• follicolare con presenza di papule e pu-stole. Questo è però forse un quadro cli-nico a sé stante che prende il nome dipitirosporosi o follicolite da Pytirospo-rum.

L’unico sintomo lamentato dai pazienti è unprurito più o meno intenso.Un quadro clinico più severo può manife-starsi nei pazienti HIV positivi o comunqueimmunocompromessi, nei pazienti neurolo-gici, ansioso-depressivi e parkinsoniani. Inquesti casi le lesioni sono in genere più in-fiammate e più estese, talvolta anche oltre lesedi classiche. È di solito a livello del voltoche si manifestano quelle atipie che pon-gono problemi di diagnosi differenziale. Neipazienti HIV positivi la dermatite seborroicaè localizzata generalmente alla metà infe-

riore del volto, spesso con lesioni papulo-pustolose che mimano la rosacea. È fre-quente l’impetiginizzazione e il prurito èmolto più intenso e persistente. Un quadro clinico particolare è rappresen-tato dalla sebopsoriasi: dermatosi caratte-rizzata dalla presenza di lesioni psoriasiche elesioni tipiche della dermatite seborroicanello stesso paziente. Per spiegare l’esistenzadi questo quadro clinico misto si è pensatoche la dermatite seborroica, in pazienti condiatesi psoriasica, agisca da fattore di Köeb-ner per la comparsa di chiazze psoriasiche.È importante anche sottolineare il fatto cheprobabilmente la psoriasi che colpisce ilvolto di soggetti con iperseborrea non rie-sce a manifestarsi clinicamente con squamesecche e aderenti alla cute. In questi casi, la

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Fig. 3: Dermatoscopia di un cuoio capelluto con DS- presenza di eritema e squame giallastre

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video-dermatoscopia è un valido aiuto perla diagnosi (Fig.3). Mentre nella dermatiteseborroica classica si osservano eritema, de-squamazione e telangectasia del cuoio ca-pelluto, nella sebopsoriasi si osservanoanche lesioni tipiche della psoriasi come itwisted capillary loops.La diagnosi della dermatite seborroica è cli-nica, anche se i numerosi quadri clinici esi-stenti pongono molto spesso problemi didiagnosi differenziale.Per quanto riguarda la localizzazione alvolto, la dermatite seborroica entra in dia-gnosi differenziale con la dermatite atopicae con la dermatite da contatto anche se in

questi casi le lesioni non sono limitate allesole aree seborroiche e il prurito lamentatodal paziente è molto più intenso. Non vainoltre confusa con la rosacea, le cui lesionisono prevalentemente papulo-pustolose.Al cuoio capelluto dobbiamo escludere lapsoriasi, le cui squame sono però più ade-renti, secche e spesse e la tinea capitis, dovele squame sono polistratificate all’interno dichiazze eritematose e alopeciche.A livello del tronco la dermatite seborroicanon va confusa con la pitiriasi rosea, con latinea corporis (soprattutto nella varietà anu-lare) e più raramente con la malattia di Da-rier (soprattutto nella variante follicolare).

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Mauro Barbareschi

Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale Maggiore

Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano

La dermatite seborroica (DS) è un quadrodermatologico che normalmente non poneproblemi di diagnosi (1,2) e non richiede par-ticolari accertamenti. Tuttavia il laboratorioapplicato al suo studio si dimostra utile perfini diagnostico/anamnestici, epidemiologicie per la valutazione degli studi finalizzati allascelta e alla valutazione delle specifiche te-rapie.Metodi semplici e complessi, per la tecno-logia implicata, possono costituire un utileausilio in tal senso.

Storicamente, anche se oggigiorno vi è statoun miglioramento grazie ai grandi progressiche sono stati ottenuti nella cura dei pazientiaffetti da sindrome da immunodeficienza ac-quisita per infezione da HIV, all’alba dell’epi-demia di AIDS, la dermatite seborroica harappresentato un marker dermatologicodell’avvenuta infezione. Sottoporre ad ac-certamento sierologico un paziente affettoda estesa e intensa DS non è uno scrupolosorpassato se si pensa che una percentualevariabile di soggetti affetti variabile dal 30%all’83% ne risulta affetto ( 3).

L’esame istologico seguito dalla normale co-lorazione con ematossilina/cosina serve in

quelle situazioni cliniche in cui si voglia dif-ferenziare la dermatite seborroica dalla pso-riasi. Si osserva nel caso della DS iperplasiaepidermica con paracheratosi perifollicolareinfiltrato infiammatorio a livello del dermapapillare di tipo linfocitario con esocitosi espongiosi di grado variabile degli infundibolifollicolari in cui si osservano gruppi di spore.L’immunoistochimica conferma la presenzadi una infiammazione a livello dell’acroin-fundibolo follicolare per la presenza di de-positi di Ig G, linfociti CD4 + e CD45Ro +.Nella psoriasi, che costituisce certamente laprincipale diagnosi differenziale, si repertanopiù abbondantemente neutrofili. Nei casi HIV correlati il confine tra DS epsoriasi tende a farsi meno netto e i confinisi compenetrano. Raramente la DS può es-sere mimata da una istiocitosi a cellule diLangerhans, da un eritematode o da unpemfigo seborroico.

L’esame microscopico diretto può esseremolto utile quando si vogliano utilizzare te-rapie a base di antimicotici topici e/o siste-mici. Il materiale corneo raccolto in pochiminuti può essere, dopo breve chiarifica-zione con KOH, osservato al comune mi-croscopio ottico. Il reperto di abbondantiquantità di spore può orientare la terapia edi conseguenza il monitoraggio della stessanei casi resistenti e nei casi più estesi e im-pegnativi.Ulteriori tecniche microscopicche per

IL LABORATORIO NELLA DERMATITESEBORROICA

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l’identificazione delle spore di Malasseziasfruttano colorazioni speciali. Ad esempio Ilcalcofluor white rispetto anche al lattofe-nolo-blu offre vantaggi in termini di rapidita’.Dopo aver sottoposto il preparato al me-todo di colorazione segue osservazione almicroscopio ottico a fluorescenza. Le im-magini che si ottengono permettono altresi’di osservare in dettaglio la gemmazionedelle spore. Ciò ne favorisce il riconosci-mento per la classificazione (4).

È possibile una analisi al Microscopio Elet-tronico a Scansione (SEM) per l’osserva-zione dell’ostruzione dello sbocco follicolareimputabile alle spore della Malassezia.Il SEM permette elevati ingrandimenti dellasuperficie dello strato corneo permettendofini valutazioni del dettaglio dei corneociti,dei loro rapporti di contiguità, della presenzadelle spore a livello degli sbocchi follicolariprima durante e dopo il trattamento (5).

Con la tecnica del Sebutape è possibile lostudio dell’infiammazione nella DS attra-verso la raccolta di citochine infiammatorie( interleuchine, interferone, ossido nitrico). IlSebutape consiste in una pellicola rettango-lare adesiva standardizzata per la raccolta dimateriale dalla superficie cutanea. A seguitodella rimozione del Sebutape dopo untempo standard di applicazione è possibileestrarre e misurare le variazioni del pool dicitochine infiammatorie prima e dopo l’uso

di topici e sistemici (6).

Tra i metodi non invasivi per l’esame delladesquamazione cutanea nella DS risultautile la Squamometria. Consiste in un me-todo per evidenziare le caratteristiche dellostrato corneo il cui prelievo viene effettuatomediante l’ausilio di dischetti di materialeplastico adesivo. Le squame così prelevatepossono essere osservate al microscopioottico oppure esaminate con tecniche ba-sate sull’analisi dell’immagine. Questo me-todo risulta molto utile per la valutazionedei risultati ottenuti dopo l’applicazionedegli attivi (7).

Una ulteriore analisi non invasiva applicabileallo studio della DS consiste nella videoca-pillaroscopia a sonda ottica (VCSO). Le im-magini vengono visualizzate su un monitorcollegato al videomicroscopio.

Tale metodo può rivelarsi utile per lo studiodella DS nei casi in cui è localizzata unica-mente al capillizio. In questo casi vi può es-sere una difficoltà diagnostica perdistinguerla dalla psoriasi. In quest’ultima leanse capillari assumono una disposizione a“cespuglio” ( bushy pattern).

Nella DS le anse capillari appaiono invecelievemente tortuose con isolati capillari di-latati ma una sostanziale conservazionedella micro angio architettura locale (8,9).

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Nella DS è stata dimostrata una altera-zione della funzione barriera. La conse-guenza di ciò è un aumento del flusso divapore attraverso lo strato corneo. Conun evaporimetro è possibile misurare taleflusso cioè la perdita d’acqua trans cuta-nea (TEWL). Il miglioramento della DSdopo le terapie si associa ad una diminu-zione della TEWL. Di contro i tentativi direstaurare la funzione della barriera cuta-nea avranno come conseguenza un mi-glioramento della DS (10).

L’identificazione su base molecolare dellespore apparteneti al genere Malassezia for-nisce utili indicazioni di tipo epidemiologicoe permette di collegare quadri clinici come

la DS, ma non solo, (es. forfora, follicoliti,onissi, blefariti) alla specie prevalente.

L’ estrazione del DNA mediante PCR per-mette l’identificazione delle specie di sporenote per appartenere al genere Malassezia(M furfur, M. globosa, M. restricta, M. sym-podialis, M. pachydermis, M. slooffiae, M. ob-tusa). La rapidità e la specificità del metodopermette un consistente risparmio ditempo rispetto l’identificazione microsco-pica e biochimica.

Spore di M. globosa in par ticolare e di M.restricta e M. sympodialis sono preva-lenti nei pazienti affetti da forfora e daDS (11,12,13,14).

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Gabriella FabbrociniSara CacciapuotiFrancesco Pastore

Sezione di Dermatologia Clinica, Allergologica

e Venereologica, Dipartimento di Patologia

Sistematica, Università Federico II, Napoli

La dermatite seborroica, per le caratteristi-che morfologiche tipiche delle lesioni papulo-squamose ad essa associate,si pone indiagnosi differenziale con numerose malattiedermatologiche (Tabella 1). Una corretta dia-gnosi differenziale si basa sulla capacità di co-gliere piccole sfumature utili per un'attentadisamina delle ipotesi diagnostiche.

Sebbene, infatti, la dermatite seborroica ri-sulti una dermatosi infiammatoria cronica lacui diagnosi non sia complessa, l'aspetto ma-croscopico delle lesioni seborroiche puòtalvolta trarre in inganno anche il dermato-logo più esperto. L'errore più comune-mente commesso nella diagnosidifferenziale della dermatite seborroica èquello di etichettare frettolosamente un pa-ziente come ”seborroico” sulla sola scortadella localizzazione tipica, dell'aspetto ma-croscopico delle lesioni e della notevole dif-fusione di questa patologia. In realtà,numerosissime sono le patologie dermato-logiche, più o meno gravi, che possono si-mulare una dermatite seborroica.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLADERMATITE SEBORROICA

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Dermatite atopica dell’adulto Rosacea

Dermatite allergica da contatto Psoriasi

Dermatite irritativa da contatto Pemfigo eritematoso

Dermatite nummulare Lupus Eritematoso Discoide

Dermatite periorale Dermatomiosite

Pitiriasi rosea Paget extramammario

EritrasmaManifesatazioni dermatologiche in corso di malattie gastrointestinali

Candidosi cutanea

Tabella 1. Principali manifestazioni dermatologiche che vanno poste in diagnosi differenziale con la dermatite seborroica

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Dermatite atopica dell'adultoLa dermatite atopica dell'adulto si manifestacon prurito e conseguenti lesioni da gratta-mento sul cuoio capelluto associate ad ec-zema atopico del terzo superiore del corpo.La d.d è fondamentalmente clinica e si basaprevalentemente sulla individuazione anam-nestica di una sensibilità atopica a livello dellevie aeree e sul carattere intensamente pru-riginoso delle lesioni, sulla presenza di chiazzeeritematodesquamative soprattutto agli arti.(Fig.1)

Dermatite allergica da contattoÈ un'affezione infiammatoria della cute in-dotta da sostanze di natura diversa che simanifesta clinicamente con gradi variabili dieritema, edema e vescicolazione. La diagnosidifferenziale si basa solo in casi dubbi sul-l'esecuzione dei patch test, in quanto gene-ralmente la localizzazione, l'aspetto

macroscopico delle lesioni e l'anamnesi po-sitiva per esposizione a determinati allergenispecialmente nelle sedi interessate dalle ma-nifestazioni tipiche, sono sufficienti a diffe-renziare la dermatite allergica da contattodalla dermatite seborroica. Talvolta, una der-matite allergica da contatto causata dallamontatura degli occhiali può mimare unadermatite seborroica retroauricolare; in altricasi una dermatite allergica da contatto dagocce otologiche provoca eritema e de-squamazione dell'orecchio esterno, chepossono portare ad un'erronea diagnosi did.s. o ancora la dermatite allergica da con-tatto a tinture, shampoo e lozioni per ca-pelli può indurre ad un errata diagnosi; in talcaso l'esecuzione di patch test con aptenispecifici può essere dirimente. (Fig. 2)

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Fig. 1: Dermatite atopica dell'adulto

Fig. 2: Dermatite allergica da contatto

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Dermatite irritativa da contattoLa dermatite irritativa da contatto è la con-seguenza di una risposta aspecifica dellacute al danno provocato dal contatto di-retto con sostanze chimiche lesive. Tra le ca-ratteristiche della dermatite irritativa dacontatto che la differenziano dalla d.s anno-veriamo: la frequente localizzazione ancheal dorso delle mani e alla superficie esten-soria degli avambracci; la localizzazione dif-fusa delle lesioni che non appaiononettamente demarcate; la presenza abitualedel prurito;la presenza frequente di bolle ealterazioni croniche come lichenificazione efissurazioni, nonché il carattere prevalente-mente acuto delle manifestazioni.

Dermatite nummulareLa dermatite nummulare è una forma di ec-zema caratterizzata dalla presenza di chiazzeeritemato-desquamanti di forma ovalare alpari di una moneta, da qui la sua denomina-zione. A differenza di quanto accade nella d.s.,tali placche eritematose si localizzano prefe-renzialmente sulle braccia e sulle gambe,mentre risparmiano il volto e il cuoio capel-luto. Quando è possibile osservare le lesioninella loro fase iniziale la diagnosi differenzialeè più agevole, dato che nella dermatite num-mulare le lesioni sono inizialmente tempe-state di piccole vescicole contenenti unessudato sieroso. Il prurito è un sintomopressoché costante nella dermatite nummu-lare, mentre è trascurabile nella d.s. (Fig.3)

Dermatite perioraleLa lesione caratteristica della dermatite pe-riorale è rappresentata da un insieme di pa-pule, papulovescicole di intensa colorazionerossastra, su base eritematosa con un pos-sibile aspetto confluente. La localizzazione èprevalentemente periorale. La diagnosi dif-ferenziale con la dermatite seborroica è in-fluenzata soprattutto dalla localizzazione edalla mancanza di squame untuose e facil-mente asportabili. (Fig.4)

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Fig. 3: Dermatite Nummulare

Fig. 4: Dermatite periorale

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Pitiriasi roseaLa pitiriasi rosea di Gibert è un comune di-sordine papulo-squamoso benigno soste-nuto da herpes virus 6-7. Clinicamente sidifferenzia dalla d.s in quanto esordisce conuna macula rosa isolata (herald patch) loca-lizzata al collo o al tronco con una fine de-squamazione periferica (Figura 5,6)

Le lesioni secondarie compaiono a distanzadi 1-2 settimane dalla prima e consistono inmacule più piccole color salmone. Oltre adessere agevolata da questa caratteristica evo-luzione peculiare della pitiriasi rosea, la dia-gnosi differenziale con la d.s. è basata anchesulla caratteristica distribuzione delle lesioniche sono orientate parallelamente alle linee diclivaggio del corpo conferendo un caratteri-stico aspetto ad albero di Natale (Figura 6),mentre nella d.s. localizzata al tronco le lesionisono a sede pre- o inter- scapolare. Inoltre, ilcarattere acuto e la rapida evolutività della pi-tiriasi rosea rendono più agevole la d.d.

EritrasmaL'eritrasma è una infezione superficiale cro-nica dovuta principalmente al Corynebac-terium minutissimum.Le manifestazioni cutanee sono rappre-sentate da grandi chiazze piane a contorninetti, di colorito brunastro, lievemente de-squamanti, non pruriginose e senza risolu-zione centrale. La diagnosi differenziale conla dermatite seborroica si basa principal-mente sulla sfumatura giallastra delle le-sioni, sulla loro untuosità e sulla faciledistaccabilità delle squame seborroicheoltre che sull'esame alla lampada di Wood.(Fig. 7)

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Fig. 5: Pitiriasi rosea

Fig. 6: Pitiriasi rosea

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Candidosi cutaneaIl quadro clinico della candidosi cutanea ècomplesso: macerazione e ragade centraledella lesione, eritema e desquamazione pe-riferica in aggiunta a pustole sparse ancorapiù periferiche. Solitamente le zone affettesono le grandi e piccole pieghe con predi-lezione per le pieghe interglutee e i genitaliesterni, zone più raramente interessate dalladermatite seborroica. La diagnosi differen-ziale con la dermatite seborroica è facilitatadal carattere squamoso della lesione e dallaassenza di vescicolo-pustole flaccide satellitidovute all'infezione micotica e in rari casi ènecessario praticare un esame microsco-pico diretto per una corretta diagnosi.

RosaceaLa rosacea è una patologia comune carat-terizzata da flushing del volto, teleangectasie,eritema eruzioni infiammatorie papulo-pu-stolose simili a quelle dell'acne. La diagnosi

differenziale con la d.s. si basa sulle caratte-ristiche delle lesioni che nella rosacea, di-versamente dalla d.s., consistonosoprattutto in teleangectasie, papule e pu-stole. L'ipertrofia delle ghiandole sebaceedel naso, tipica della rosacea, e l'assenzadelle manifestazioni al cuoio capelluto, tipi-che invece della d.s. facilitano la diagnosi. (Fig. 8)

PsoriasiLa psoriasi si differenzia dalla d.s per la pre-senza di squame secche aderenti ed ab-bondanti e per la presenza di lesionicaratteristiche in altri distretti corporei. Bi-sognerebbe, quindi, ricercare i segni dellapsoriasi nei distretti cutanei tipici (gomiti,ginocchia) e ricercare un'eventuale familia-rità. Comunque esistono forme cliniche in-termedie tra le 2 patologie di difficilediagnosi differenziale. Esistono, poi, forme

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Fig. 7: Eritrasma

Fig. 8: Rosacea

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di psoriasi localizzate esclusivamente alcuoio capelluto in cui si ipotizza un ruolopatogenetico della flora pitirosporica. Ladiagnosi differenziale in questi casi è exadiuvantibus. (Fig. 9)

Pemfigo eritematosoIl penfigo eritematoso di Senear-Usher èdetto anche pemfigo seborroico in quantole manifestazioni cutanee si localizzano nellesedi della dermatite seborroica. Le lesionisono rappresentate da piccole bolle flaccidee ripiene di liquido limpido che possono mi-mare un disordine papulosquamoso. Depone per la diagnosi di pemfigo l'osser-vazione di una superficie essudante, dopo ilsollevamento della squama paracheratosica,la presenza di lesioni ulcerate al cavo orale.L'esame bioptico della lesione è dirimenteai fini della diagnosi. (Fig. 10)

Lupus eritematoso discoideLe lesioni del LED coinvolgono spesso seditipiche della d.s (naso, palpebre, orecchie,capillizio). Nella fase iniziale le lesioni appa-iono come papule e placche eritematosespesso bilaterali, presentando caratteristichesimili alle lesioni tipiche della d.s. Successi-vamente le placche si ingrandiscono perife-ricamente diventando più appiattite odiscoidi, si ricoprono centralmente con unasquama che è di solito dolorosa se rimossae sono presenti all'osservazione con lentedi ingrandimento, dopo l'asportazione di unpezzo di squama, delle spine ipercheratosi-che (segno della scarpa chiodata). Nella suc-cessiva evoluzione le lesioni assumonoulteriori caratteristiche che le differenzianoda quelle della d.s: la periferia si solleva men-tre il centro diventa pallido e atrofico e siassociano alterazioni della pigmentazione

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Fig. 9: Psoriasi

Fig.10: Pemfigo eritematoso

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cutanea. Per questi motivi la diagnosi diffe-renziale tra LED e d.s. è più agevole nellefasi avanzate delle lesioni, mentre può es-sere più difficoltosa nelle fasi iniziali tanto daimporre un esame istologico.

DermatomiositeI possibili riscontri cutanei della dermato-miosite sono rappresentati dal rash elio-tropico e dalle papule di Gottron. Non diraro riscontro possono coesistere un eri-tema facciale e un coinvolgimento delcuoio capelluto. Questo ultimo caso si ma-nifesta con una dermatite psoriasiformeeritematosa. La diagnosi differenziale con ladermatite seborroica è occasionalmentedifficile ma può essere facilitata dagli esamidi laboratorio specifici e dalle manifesta-zioni sistemiche tipiche della dermatomio-site. (Fig.11)

Morbo di Paget extramammarioIl morbo di Paget extramammario si loca-lizza principalmente nelle aree ad intensapresenza di ghiandole apocrine come i ge-nitali, il perineo, il cavo ascellare e il con-dotto auricolare esterno. Il sintomoprincipale è un intenso prurito, costante inquesto tipo di patologia. Può essere suc-cessivamente osservato un leggero eritemache può evolvere in una placca a margininetti con eritema distinto. La diagnosi diffe-renziale con la dermatite seborroica può es-sere facilitata dalla localizzazione dellelesioni, dalla uniformità della placca e dallapresenza costante di intenso prurito.(Fig.12)

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Fig. 11: Dermatomiosite Fig. 12: Morbo di Paget extramammario

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Manifestazioni dermatologiche in corso di malattie gastrointestinaliEmocromatosi: si assiste in genere ad unaiperpigmentazione cutanea con una carat-teristica colorazione grigio-metallica o bron-zea che può presentarsi nelle tipiche zonedella dermatite seborroica. La diagnosi dif-ferenziale può essere facilitata dalla man-canza di squame cutanee untuose. Nei casidubbi possono essere utili gli esami di labo-ratorio.Necrosi pancreatica: anche in questo caso lapatologia si presenta con zone di iperpig-mentazione cutanea, solitamente localizzateagli arti inferiori per poi estendersi al tronco.Raro è l'interessamento del volto e delcuoio capelluto. Successivamente compa-iono i tipici noduli sottocutanei. La diagnosiè rafforzata da elementi di laboratorio.Lichen planus: Patologia cutanea associata avari disordini epatici. La lesione elementareè caratterizzata da una papula poligonale dipiccole dimensioni, capace di confluire conpapule vicine a formare placche più estese.Le papule sono di colore violaceo. La dia-gnosi differenziale con la dermatite sebor-

roica è relativamente semplice: la facile di-staccabilità delle lesioni e il loro carattereuntuoso influenza l'ipotesi diagnostica.Poliposi adenomatosa familiare (Sindrome diGardner): è caratterizzata da cisti cutaneeche solo raramente possono entrare in dia-gnosi differenziale con la dermatite sebor-roica. Ricordiamo, infine che nel pazientecon sospetta dermatite seborroica andreb-bero considerati altre possibili patologiemeno frequenti:Tinea amiantacea: caratterizzate da squameargentee al cuoio capelluto con eritema cir-costante i bulbi piliferi interessati e che talvoltapuò essere una complicanza della d.s stessa. Blefarite stafilococcica: caratterizzata dapiccole croste giallastre tenacemente ade-renti al rima palpebrale.Deficit di vitamina B e/o di zinco: le lesionicutanee coinvolgono principalmente legiunzioni mucocutanee, come le regioni pe-rianali e periorali, le mani e i piedi, le areeflessorie e le zone sottoposte a strofina-mento. Le lesioni possono ulcerarsi o dareeruzioni ipercheratosiche, squamose ed eri-tematose.

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Bibliografia

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Nella PulvirentiGiuseppe Micali*

*Azienda Ospedaliero-Universitaria

Policlinico “Gaspare Rodolico”

U.O.C Dermatologia, Catania

In considerazione del suo decorso cronico-recidivante il trattamento della dermatiteSeborroica (DS) almeno nelle sue espres-sioni iniziali, deve essere incisivo ma non ag-gressivo. Da qui l’importanza di un’adeguataterapia farmacologica topica (Tab.1) e di un

suo impiego mirato in considerazione del-l’ampia variabilità clinica con la quale taledermatosi può manifestarsi, come puredella sua estensione e localizzazione.Altri fattori importanti da considerare sonolo stato immunologico del paziente, l’età ela sua compliance.Il trattamento topico della DS, in conside-razione dei meccanismi etiopatogeneticicoinvolti si basa essenzialmente sui seguentiobiettivi:• Rimozione dell’eccesso di sebo a livello

delle sedi interessate

TERAPIA DELLA DERMATITE SEBORROICA9.1 TERAPIA TOPICA

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9

Terapia farmacologica topica della dermatite seborroica del cuoio capelluto

1a scelta Ketoconazolo shampoo

Ciclopiroxolamina shampoo

Ciclopiroxolamina gel

Zinco piritione shampoo

2a scelta Solfuro di selenio shampoo

Terapia farmacologica topica della dermatite seborroica del volto e del tronco

1a scelta Ketoconazolo crema

Corticosteroidi in crema (betametasone valerato, betametasone dipropionato e fluocinolone)

2a scelta Ciclopiroxolamina crema

Fluconazolo gel, shampoo

Terbinafina crema

Pimecrolimus crema

Tacrolimus unguento

Tabella 1.

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• Riduzione della colonizzazione cutaneada parte della Malassezia furfur

• Controllo della reazione flogistica cuta-nea

Dermatite seborroica localizzata al cuoio capellutoIn questo caso la terapia topica rappresentail trattamento d’elezione e si avvale dell’uti-lizzo di shampoo medicati e lozioni conte-nenti sostanze ad azione fungicida ofungistatica, cheratolitica ed antinfiammatoria. Nell’ambito delle molecole ad azione fun-gicida e fungistatica, quelle particolarmenteattive sulla Malassezia furfur sono la ciclo-piroxolamina, il ketoconazolo, la pirocto-nolamina. La ciclopiroxolamina possiede un ampiospettro d’azione essendo in grado di inibirela crescita di dermatofiti e lieviti. Non agiscecome altri antimicotici sulla biosintesi di ste-roli, ma il suo specifico meccanismod’azione prevede una interferenza sull’up-take e sull’accumulo di prodotti necessarialla sintesi delle membrane cellulari fungine.Oltre all’azione antifungina, possiede ancheun’azione antinfiammatoria, inibendo il rila-scio di prostaglandine e leucotrieni. La ci-clopiroxolamina si è dimostrata efficace neltrattamento della dermatite seborroica siaalla concentrazione dell’1% in shampoo chedel 1.5% in gel (1-2). In uno studio è statacomparata l’efficacia della ciclopiroxolamina1.5% in gel vs veicolo in 178 pazienti affetti

da DS. Sono state effettuate due applica-zioni giornaliere per 28 giorni: alla fine dellostudio la sintomatologia generale era note-volmente migliorata nei pazienti del gruppotrattato rispetto a quelli del gruppo con-trollo (1). In un altro studio sono stati ar-ruolati 102 pazienti, suddivisi in due gruppi,trattati con ciclopiroxolamina 1% shampoovs veicolo in shampoo, usato per cinque mi-nuti, due volte a settimana per quattro set-timane. Alla fine dello studio nel gruppotrattato con ciclopiroxolamina 1% sham-poo, segni e sintomi quali eritema, desqua-mazione e prurito erano significativamentediminuiti nel 93% dei pazienti, mentre nelgruppo trattato con veicolo erano diminuitisolo nel 41% (2).La ciclopiroxolamina è efficace sia da solache in associazione allo zinco-piritionecome dimostrato da uno studio multicen-trico, controllato, randomizzato in singolocieco, su 189 pazienti; in tale studio veni-vano comparati tre diversi gruppi di pa-zienti ad ognuno dei quali veniva assegnatorispettivamente ciclopiroxolamina 1.5% as-sociata a zinco-piritione 1% shampoo, ke-toconazolo 2% in schiuma e per ultimoveicolo base shampoo. I risultati hanno di-mostrato che tutte le formulazione sonostate ben tollerate a parte un lieve eritemadel viso ed una sensazione di bruciore, solonei due gruppi trattati con antimicotici, chenon hanno richiesto interruzione del trat-tamento. Dopo 7 giorni di trattamento l’as-

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sociazione ciclopiroxolamina 1.5% -zinco-piritione 1% shampoo si è dimostrata piùefficace nel ridurre il prurito rispetto al ke-toconazolo 2% in schiuma ed al veicolo.Globalmente si è osservata una significa-tiva riduzione dei sintomi clinici soprattuttonei due gruppi trattati con i farmaci anti-fungini rispetto al veicolo, dopo 28 giorni diterapia (3).

Il ketoconazolo è un composto azolico cheinibisce la lanosterolo C-14-demetilasi, di-pendente dal citocromo P450, bloccando lasintesi dell'ergosterolo della membrana fun-gina per il quale sono state descritte un grannumero di proprietà, fra cui quella antipro-liferativa (nei confronti della M. furfur) edantinfiammatoria, ma anche antiseborroica. Ilketoconazolo in shampoo, utilizzato unavolta a settimana, si è dimostrato efficaceanche nella prevenzione delle recidive (4-5). La piroctonolamina è una molecola dotatadi azione antimicrobica ed antiossidante. Lasua tollerabilità è molto alta, ed è conside-rata praticamente atossica. Tale sostanza hauna maggiore efficacia in associazione conlo zinco-piritione (6); quest’ultimo infattiesercita, oltre ad un’azione aspecifica anti-fungina, anche effetti cheratolitici. Norme generali per tutti gli shampoo do-tati di un’azione antifungina è che il lavaggiovenga effettuato 2-3 volte alla settimana elo shampoo permanga a contatto con ilcuoio capelluto per 5-10 minuti in modo

da permettere al principio attivo di eserci-tare il suo effetto antifungino ed eventual-mente cheratolitico (7).Infine nelle forme particolarmente impe-gnative può essere utile associare un topicoad azione antinfiammatoria quale peresempio un corticosteroide di bassa po-tenza come betametasone valerato, beta-metasone dipropionato e fluocinolone unao due volte al giorno in soluzione cutaneao lozione (4,7).

Dermatite seborroica del volto e del troncoNelle forme lievi e moderate di DS delvolto e del tronco numerose sono le op-zioni disponibili da detergenti a base dizinco-piritione fino a topici in gel, creme,schiume cutanee e lozioni, a base di ciclo-piroxolamina, ketoconazolo, metronidazolo,fluconazolo e terbinafina. L’efficacia della ciclopiroxolamina è stata va-lutata in uno studio randomizzato a dop-pio cieco (8). I pazienti affetti da DS del visodi grado lieve-moderato arruolati nello stu-dio, sono stati randomizzati in due gruppi,uno trattato con ciclopiroxolamina 1% (n°57), l’altro con veicolo base (n° 72); l’effica-cia del trattamento è stata valutata al 14°,28° e 56° giorno. Al termine dello studio la percentuale diguarigione nei pazienti trattati col farmacoè stata del 63%, mentre nel gruppo di con-trollo solo del 34%. Considerando invece

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l’andamento della gravità delle lesioni (eri-tema + desquamazione + bruciore + pru-rito) al termine dello studio il punteggio digravità è crollato da 9,91 basale a 0,91 peril gruppo trattato con ciclopiroxolaminamentre è sceso da 10,64 a 3,74 per ilgruppo controllo (8).In uno studio randomizzato, in doppiocieco, è stata confrontata l’efficacia e la si-curezza del metronidazolo in gel 0.75% vsketoconazolo crema al 2% nel trattamentodella DS del volto. Sono stati arruolati intotale 60 pazienti e lo studio, durato quat-tro settimane, ha dimostrato che l’82% deipazienti trattati col ketoconazolo contro il79% di quelli trattati con metronidazolohanno ottenuto un significativo migliora-mento dei sintomi clinici senza differenzanell’insorgenza di effetti collaterali, conclu-dendo che i due farmaci hanno un profilodi efficacia e sicurezza sovrapponibile neltrattamento della DS del viso (9).Il fluconazolo in shampoo al 2%, applicatodue volte a settimana per quattro setti-mane, è risultato efficace in uno studioaperto su 26 pazienti affetti da dermatiteseborroica del volto e del cuoio capelluto.Alla fine del trattamento l’80% dei pazientitrattati hanno ottenuto la remissione com-pleta (10).Infine, l’efficacia della terbinafina è stata va-lutata in uno studio aperto su 35 pazienti,affetti da DS del volto; il topico in cremaall’1% è stato applicato due volte al giorno

per quattro settimane. Alla fine del tratta-mento è stata osservata remissione com-pleta nel 32% dei pazienti trattati (11).Nelle forme di DS del volto e del tronco,particolarmente impegnative, e non re-sponsive ad altri trattamenti, possono inol-tre essere impiegate sostanze ad azioneantinfiammatoria come i corticosteroidi to-pici e gli inibitori della calcineurina, quali pi-mecrolimus e tacrolimus.

Il pimecrolimus 1% e il tacrolimus 0.1%sono immunomodulanti per uso topico dinuova generazione, utilizzati da alcuni au-tori nel trattamento della DS, generalmentesottoforma di crema (12). Agiscono inibendol’attivazione dei linfociti T, bloccando la pro-duzione di citochine proinfiammatorie edinibendo la degranulazione di mastociti.Non inibiscono la produzione dermica dicollagene; il loro uso non comporta per-tanto il rischio di atrofia. Nella DS vengonogeneralmente utilizzati due volte a setti-mana e sono in grado di indurre una com-pleta remissione della sintomatologia incirca un mese. Sono generalmente ben tol-lerati, i principali effetti collaterali sono rap-presentati da una iniziale e transitoriasensazione di bruciore locale che non ri-chiede interruzione del trattamento (7, 13-16).Un recente studio ha dimostrato comequesti farmaci, e in particolare il pimecroli-mus, rappresentino una valida alternativaall’uso dei corticosteroidi nella dermatite

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seborroica del viso. Lo studio in questione,randomizzato, doppio cieco, riguardava 96pazienti, di cui 47 trattati con pimecrolimuse 49 con veicolo base per un periodo diquattro settimane. Lo studio ha dimostratoche già alla seconda settimana di tratta-mento il pimecrolimus si è dimostrato piùefficace del veicolo, in assenza di significa-tivi eventi avversi (13).

L’uso di corticosteroidi topici può essereutile nel ridurre rapidamente le manifesta-zioni infiammatorie ma espone al rischio direbound, corticodipendenza, sviluppo di te-langectasie, atrofia cutanea, dermatite pe-riorale e strie, pertanto è preferibileimpiegarli in seconda istanza, per brevi pe-riodi e riducendone gradualmente la po-

tenza (17). Le lesioni scompaiono in 2-4 set-timane e tendono a recidivare alla sospen-sione del trattamento pertanto ènecessario effettuare una terapia di mante-nimento per periodi prolungati (15-16).Altri trattamenti topici da considerare sonoil benzoil-perossido in crema o lozione e ilsuccinato di litio in unguento. Va precisatocome all’inizio del trattamento, alcuni pa-zienti possano lamentare un peggiora-mento della sintomatologia che però siattenua nel giro di qualche giorno.

La terapia della DS infantile per l’evolu-zione spontaneamente risolutiva e per l’etàdei pazienti è solo locale. Al cuoio capel-luto è suggerito l’uso di emollienti in olio oemulsione. Quando la desquamazione è

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Fig. 1: Paziente di 36 anni affetto da DS di grado medio, trattato con antimicotico topico: prima (A) dopo (B)

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importante si può utilizzare acido salicilicoa basse concentrazioni in olio o, nelle formepiù marcate, shampoo a base di ketocona-zolo. Esso si è inoltre dimostrato utile nellaprevenzione delle recidive e rappresentauna buona alternativa all’uso dei cortico-steroidi, che per tale motivo vanno utiliz-

zati solo raramente. Per le aree intertriginose e l’area del pan-nolino sono indicati blandi antisettici qualisoluzione acquosa di eosina, creme antimi-cotiche e paste all’ossido di zinco. Per la de-tersione si suggeriscono lavaggi frequenticon detergenti oleosi (20-22).

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Stefano Veraldi

Istituto di Scienze Dermatologiche,

Università di Milano,

Fondazione I.R.C.C.S.,

Ospedale Maggiore Policlinico,

Mangiagalli e Regina Elena, Milano

Il Sebclair® è un medical device approvatoper l’Europa nella classe IIa.Si tratta di una crema, priva di corticoste-roidi e di immunomodulatori, che contienenumerosi componenti. Nelle Tabelle I e IIsono riportati i singoli componenti, le loroconcentrazioni e il meccanismo d’azione.Il burro di karitè è ottenuto da Butyrosper-mum parkii ed è costituito da trigliceridi eacidi grassi, tra cui, soprattutto, l’acido lino-leico. L’azione emolliente del burro di ka-ritè è potenziata dall’isoesadecano, un altroemolliente presente nel Sebclair®. La piroctonolamina è un antimicotico attivosia in vitro sia in vivo nei confronti di Ma-lassezia sp. (1,2).L’alglicera è un composto contenente acidoglicirretinico (con proprietà anti-infiamma-torie) e allantoina (con proprietà cherato-litiche). Quest’ultima azione è statapotenziata addizionando un ulteriore0.35% di allantoina. L’acido glicirretinico, estratto dalla radicedella liquirizia, presenta una struttura chi-mica simile a quella dell’idrocortisone e hadimostrato un’attività anti-infiammatoria in

vari modelli animali (3), con una potenza so-vrapponibile a quella dell’indometacina (4).Inoltre, l’acido glicirretinico potenzia l’ef-fetto dell’idrocortisone (5).L’estratto di Vitis vinifera contiene il 40% diepigallocatechingallato, una pro-antociani-dina che previene i danni ossidativi dell’en-dotelio, mantenendo un flusso ematicoottimale (6,7). Vitis vinifera agisce come an-tiossidante in modo sinergico alla telme-steina 8 e alla vitamina E (9). La telmesteinapresenta anche un’azione antiproteasica (10).

Fino a oggi è stato pubblicato un unico stu-dio clinico (pilota, multicentrico, randomiz-zato, in doppio cieco, controllato versoveicolo) relativo all’utilizzo del Sebclair® neltrattamento di pazienti adulti con derma-tite seborroica di gravità lieve-intermedialocalizzata al volto (11). Sessanta pazienti furono randomizzati a ri-cevere il Sebclair® (40 pazienti) o il veicolo(20 pazienti). Obiettivo primario dello stu-dio era l’Investigators’ Global Assessment(IGA) al 28° giorno di trattamento con-frontato con il basale. Gli endpoints secon-dari comprendevano: a) l’IGA al 14° giorno;b) la valutazione, da parte degli sperimen-tatori, dell’eritema e della desquamazione;c) la valutazione del bruciore e del pruritoda parte dei pazienti; d) la risposta globaleda parte dei pazienti ed e) la qualità di vita.I prodotti in studio furono applicati trevolte al giorno per quattro settimane.

TERAPIA DELLA DERMATITE SEBORROICA9.2 TRATTAMENTO CON SEBCLAIR®

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Con il Sebclair® si registrò una maggiorepercentuale di successo (~68%) rispetto alveicolo (~11%: p<0.0001). In particolare,gli effetti del Sebclair® furono statistica-mente superiori rispetto al veicolo perquanto riguarda la valutazione dell’eritemae della desquamazione da parte degli inve-stigatori, e per quanto riguarda il prurito ela risposta globale da parte dei pazienti (Ta-bella 3). Quattro pazienti (due nel gruppotrattato con il Sebclair® e due nel gruppotrattato con il veicolo) riportarono com-plessivamente sei eventi avversi non gravi.In base a questi risultati, gli autori conclu-sero che il Sebclair® è un prodotto efficacee ben tollerato nel trattamento di pazientiadulti con dermatite seborroica del voltodi gravità da lieve a intermedia.Questi risultati sono stati sostanzialmenteconfermati dall’utilizzo del prodotto nella

pratica clinica quotidiana. In particolare,l’azione cheratolitica sembra essere supe-riore all’azione anti-infiammatoria; inoltre, ilmiglioramento è talvolta lento (fino a tresettimane in alcuni pazienti); infine, gli effetticollaterali, grazie all’assenza di profumi e diconservati irritanti e allergizzanti, sono ra-rissimi, lievi e transitori.Come menzionato precedentemente, ilSebclair® non è un farmaco, bensì un me-dical device di classe IIa. È quindi difficile sta-bilire quale componente sia in realtàresponsabile dell’efficacia del prodotto. Èpossibile che l’efficacia del Sebclair® sia daattribuire a un’azione sinergica della piroc-tonolamina, per la sua azione antimicotica,dell’alglicera e dell’allantoina, per la chera-tolisi, e dell’acido glicirretinico ad alta con-centrazione, per la sua azioneanti-infiammatoria.

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Tabella 1. Componenti, concentrazioni e meccanismi d’azione del Sebclair®.

Componente Concentrazione Meccanismo d’azione

Isoesadecano 8% Emolliente

Burro di karitè 6% Emolliente

Bisabololo 1.2% Anti-infiammatorio

Piroctonolamina 1% Antimicotico

Alglicera 1% Cheratolitico e anti-infiammatorio

Vitamina E 1% Antiossidante e anti-infiammatorio

Allantoina 0.35% Cheratolitico ed emolliente

Vitis vinifera 0.1% Antiossidante

Telmesteina 0.01% Anti-infiammatorio e antiossidante

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Tabella 2. Costituenti del veicolo del Sebclair®.

Tabella 3. Giudizio dei pazienti.

Componente Meccanismo d’azione

Acqua Idratante

Etilesilpalmitato Emolliente

Cera alba Emolliente

Butilenglicole Idratante

Propilgallato Antiossidante

Sebclair®

(n = 40)Veicolo(n = 18) C2

N (%) N (%)

Giorno 14

x2 = 14.42p<0.01

Peggioramento 1 (2.5) 4 (22.2)

Nessun cambiamento 5 (12.5) 6 (33.3)

Lieve miglioramento 12 (30.0) 6 (33.3)

Notevole miglioramento 18 (45.0) 2 (11.1)

Guarigione 4 (10.0) 0 (0)

Giorno 28

x2 = 30.16p<0.0001

Peggioramento 1 (2.5) 7 (38.8)

Nessun cambiamento 3 (7.5) 5 (27.7)

Lieve miglioramento 2 (5.0) 4 (22.2)

Notevole miglioramento 23 (57.5) 1 (5.5)

Guarigione 11 (27.5) 1 (5.5)

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Sono stati recentemente commercializzatianche Sebclair shampoo, registrato comemedical device di classe I e Sebclair scalpfluid come medical device di classe IIa. En-trambi i prodotti sono privi di corticoste-

roidi e contengono gli stessi componentidella crema, in veicoli diversi e specifici, conl'aggiunta della lattoferrina, una proteina ap-partenente alla famiglia delle transferrine,che presenta proprietà antimicrobiche.

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Bibliografia

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Sara MinghettiMauro Barbareschi*Annarosa VirgiliLucia MantovaniVincenzo BettoliAlessandro Borghi

Istituto di Scienze Dermatologiche, Università di

Milano, Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale Maggiore

Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena

L’utilizzo di farmaci sistemici nel trattamentodella dermatite seborroica (DS) è indicato1) nelle forme acute e severe, dove spesso

è opportuno un approccio combinatobasato sull’impiego di diversi principi at-tivi,

2) nelle forme diffuse, 3) nelle forme a tendenza cronica o che si

mostrano refrattarie ai trattamenti topiciordinari.

Inoltre, il farmaco sistemico si può rendereutile nei casi di difficile gestione, in quantoinscritti in quadri clinici complessi: è il casodelle DS che si possono osservare nei pa-zienti HIV positivi o affetti da disturbi neu-rologici come la malattia di Parkinson,sindromi piramidali, epilessia, accidenti cere-brovascolari e sindromi depressive (1).È importante sottolineare che la DS èun’affezione cronico-ricorrente, i cui flare-up sono comuni e riconducibili a cause di-verse e spesso di difficile gestione. Nonesiste pertanto per la DS una terapia riso-

lutiva: i farmaci permettono di controllarneil decorso prolungando i periodi di remis-sione e consentono di ridurre la frequenzae la gravità delle recrudescenze (2-4).Trovano indicazione nella terapia sistemica ifarmaci capaci di agire su almeno uno deimeccanismi implicati nell’eziopatogenesidella DS.

AntifunginiGli antifungini godono sia di proprietà anti-micotiche che anti-infiammatorie (5-7), cosìda essere attivi nel contrastare due fattoriimplicati nell’eziopatogenesi della DS.Gli antimicotici sistemici che trovano indi-cazione nella DS sono i triazoli, quali itraco-nazolo e fluconazolo, i diazoli, come ilchetoconazolo, e la terbinafina, apparte-nente alla famiglia delle allilamine.Agendo su due diversi sistemi enzimatici, gliazolici e la terbinafina impediscono la sintesidell’ergosterolo, un componente dellamembrana cellulare micotica fondamentaleper l’integrità di questa struttura e per lacrescita del fungo.I diazoli ed i triazoli inibiscono l’enzima 14-alfa-sterol demetilasi: l’accumulo del 14-alfa-metilsterolo e l’assenza dell’ergosterolo chene derivano inibiscono la crescita micotica (8).La terbinafina, al contrario, blocca l’enzimasqualene 2,3-epossidasi compromettendola sintesi dell’ergosterolo e provocando l’ac-cumulo intracellulare di squalene, molecolatossica dotata di azione fungicida.

TERAPIA DELLA DERMATITE SEBORROICA9.3 TERAPIA SISTEMICA

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9

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L’attività antimicotica di questa allilamina ap-pare però più complessa; accanto all’inibi-zione enzimatica sono stati recentementeproposti per la terbinafina due ulteriorimeccanismi d’azione (5,9,10). Il primo, osser-vato in vitro, riguarda la modulazione del-l’attività dei neutrofili e la neutralizzazionedi specie reattive dell’ossigeno; il secondoconsiste nella normalizzazione della secre-zione sebacea (1,11).

ChetoconazoloBenché il Chetoconazolo sia stato il primoantifungino appartenente alla famiglia degliazolici ad essere utilizzato nella terapia dellaDS (12,13), sia in fase attiva che come terapiadi mantenimento della remissione clinica, at-tualmente è stato quasi completamente ab-bandonato a causa della propriaepatotossicità (14-16).Ford GP et al. hanno condotto uno studioclinico randomizzato su 20 pazienti affettida DS nel quale veniva confrontata, versusplacebo, l’efficacia del Chetoconazolo alladose giornaliera di 200 mg. Dopo le prime4 settimane i pazienti in terapia con placebopassavano a quella con Chetoconazolo e vi-ceversa per altre 4 settimane. Un migliora-mento significativo della dermatite, siaclinico che soggettivo, fu osservato dopol’assunzione dell’antimicotico; veniva inveceregistrata stazionarietà nei pazienti che ave-vano assunto da subito placebo, mentre unpeggioramento fu riscontrato nel gruppo di

pazienti che avevano sospeso dopo le quat-tro settimane il Chetoconazolo per passarea placebo (13). Lo studio, pertanto, dimostrache il Chetoconazolo, al dosaggio di 200mg/die, presenta maggiore efficacia rispettoa placebo.

ItraconazoloQuesto triazolo è attualmente indicatocome farmaco di prima scelta sia nelleforme attive di DS che necessitano di unapproccio sistemico, sia nella terapia di man-tenimento della remissione e di preven-zione delle riacutizzazioni (4,17,18).Itraconazolo è metabolizzato a livello epa-tico, dove si comporta sia da substrato cheda potente inibitore del Citocromo P450.Nel plasma circola a concentrazioni equi-molari al suo metabolita attivo, l’idrossi-itra-conazolo. Svariati farmaci possonointerferire con l’itraconazolo modificandonela concentrazione ematica, con potenzialerischio di tossicità. Itraconazolo presenta unbuon profilo di sicurezza e tollerabilità al do-saggio giornaliero di 200 mg. Epatotossitcità,epigastralgie, aumento dell’inotropismo car-diaco, ipokaliemia, ipertrigliceridemia ed in-cremento della transaminasemia, sono lereazioni avverse che si possono osservare aseguito dell’impiego di questo antimicotico.Tali eventi avversi sono però poco frequentie registrati di solito successivamente all’uti-lizzo del farmaco in associazione ad altriprincipi attivi con i quali può interferire, o in

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seguito all’utilizzo di itraconazolo a dosaggiparticolarmente elevati (superiori ai 400-600 mg/die). L’efficacia terapeutica trova parziale spiega-zione in alcune peculiarità dell’itraconazolo;il farmaco è escreto nel sebo e perciò rag-giunge facilmente lo strato corneo (19,20).Inoltre la cheratofilia e la lipofilia della mo-lecola ne consentono la prolungata persi-stenza nella cute e nelle appendici cutaneeanche dopo la sua sospensione (21).Uno studio condotto da Kose et al. (4) su 29pazienti affetti da DS ha dimostrato unamarcata riduzione della flogosi, oltre che unmiglioramento della sintomatologia lamen-tata dai pazienti, dopo l’utilizzo di itracona-zolo orale alla dose di 200mg/die per unasettimana, proseguendo poi, dopo 3 setti-mane di sospensione, con 200 mg/die per iprimi due giorni del mese per i successividue mesi. Precedenti trial ne avevano evi-denziato l’efficacia nella cura della DS. Ma-tasaro ha trattato 30 pazienti affetti da DSdella fronte e del volto con 150 o con 200mg/die di itraconazolo una volta a settimanaper un periodo variabile di due o tre mesi.Il 67% dei pazienti ha mostrato una guari-gione completa o un miglioramento giudi-cato marcato al termine del trattamento.(22)

Faergemann ha condotto uno studio su 10pazienti affetti da sebopsoriasi del cuoio ca-pelluto e del volto. Tutti hanno assunto itra-conazolo orale alla dose di 50 mg/die per 2settimane; i responders hanno continuato il

farmaco per altre 4 settimane alla dose di100 mg/die. Al termine del trattamento, in 4pazienti si è ottenuta la remissione dellesole lesioni localizzate al cuoio capelluto edin un paziente la remissione è stata com-pleta.L’efficacia dell’itraconazolo come farmaco dimantenimento della remissione è emersada uno studio condotto da Caputo et al. (17)

su 160 pazienti con DS. I pazienti sono statitrattati per 7 giorni con itraconazolo 200mg/die, successivamente si è proseguito con200 mg/die per i primi 2 giorni del mese peri successivi 8 mesi. Nessuna recidiva è stataregistrata durante il periodo di osserva-zione.Un altro studio, condotto da Baysal e colle-ghi, simile al precedente per impostazione,ha messo in luce l’utilità dell’itraconazolo interapia intermittente e a basso dosaggionella profilassi delle recidive (23). Gli autorihanno impiegato itraconazolo orale in 32pazienti non responsivi ad almeno un mesedi steroide topico. I pazienti hanno assuntonel corso della prima settimana itaconazolo200 mg/die e contemporaneamente hannoapplicato idrocortisone 1%, 2 volte/die, pertutto il primo mese di studio. Quindi, lo ste-roide topico è stato sospeso e l’itracona-zolo somministrato per i primi 2 giorni deisuccessivi 11 mesi alla dose di 200 mg/die.Dei 28 pazienti che hanno concluso lo stu-dio, 19 hanno ottenuto un miglioramentocompleto e 3 una risposta parziale.

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FluconazoloUn altro triazolico utilizzato nella terapia dellaDS è il fluconazolo. Si tratta di una molecolapressoché completamente assorbita attra-verso il tratto gastrointestinale, senza che ilprocesso venga condizionato dal pH gastricoo dagli alimenti. Fluconazolo è in grado di au-mentare significativamente le concentrazioniplasmatiche di alcuni farmaci, come warfarin,sulfoniluree, ciclosporina, tacrolimus, teofillina.La rifampicina viceversa riduce i livelli ema-tici di fluconazolo. Uno studio randomizzatocontrollato ha valutato l’efficacia della short-term thearpy con fluconazolo versus placeboin 63 pazienti affetti da DS. Il farmaco è statosomministrato in 27 pazienti alla dose di 300mg/settimana per 2 settimane. Il migliora-mento clinico nei pazienti in terapia antimi-cotica non si è dimostrato significativamentesuperiore a quello registrato nei pazienti interapia con placebo (24).

TerbinafinaLa terbinafina è una molecola lipofila, quindiin grado di accumularsi nei tessuti riuscendoa mantenere concentrazioni efficaci anchedopo la sua sospensione.Analogamente all’itraconazolo, la terbinafinaè un farmaco ben tollerato e sicuro, gravatoda una bassa incidenza di eventi avversi, i piùfrequenti dei quali sono epigastralgie, cefa-lea e rash cutanei. Epatotossicità, grave neu-tropenia e sindrome di Stevens-Johnsonsono le reazioni indesiderate più gravi ma

anche quelle più raramente osservate. Uno studio multicentrico randomizzatocondotto da Scaparro et al. ha dimostratol’efficacia della terbinafina versus placebonella terapia della DS alla dose i 250 mg/dieper un periodo di 4 settimane (25).Un altro studio multicentrico randomizzatoha valutato l’efficacia della terbinafina versusplacebo nel trattamento della DS. I pazientiinclusi nel trial sono stati distinti in duegruppi in base alla localizzazione delle lesioniin aree esposte, come il volto, o in aree na-scoste, come il tronco o il cuoio capelluto.Entrambi i gruppi di pazienti hanno assuntoper 6 settimane terbinafina alla dose gior-naliera di 250 mg. Un miglioramento clinicoe soggettivo giudicato significativamentemaggiore rispetto a placebo è stato regi-strato solamente nel gruppo di pazienti conlesioni in sedi non esposte (26).661 pazienti affetti da DS moderata-severae non responsiva alle terapie convenzionalisono stati arruolati in uno studio condottoda Cassano et al per valutare l’efficacia dellaterbinafina nel trattamento della DS. Miglio-ramenti clinici significativi della DS e unadrastica riduzione delle recidive alla so-spensione del farmaco sono stati ottenutiutilizzando terbinafna per os alla dose di250 mg/ die per i primi 12 giorni del meseper 3 mesi consecutivi (11).I regimi terapeutici intermittenti si sono di-mostrati vantaggiosi in termini di costi, com-pliance e tollerabilità.

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Molecola Dose Durata Commenti

Chetoconazolo

200 mg/die 4 settimaneMaggiore efficacia rispetto aplacebo (13)

Itraconazolo

200 mg/die7 gg, poi i primi 2 gg del mesedei successivi 2 mesi

Efficace come terapia d’attaccoe come prevenzione dellerecidive (4)

200 mg/die7 gg, poi i primi 2 gg del mesedei successivi 8 mesi

Efficace come terapia d’attaccoe di mantenimento dellaremissione (17)

200 mg/die

7 gg, poi i primi 2 gg del mesedei successivi 11 mesi +idrocortisone topico 1% 2volte/die per il primo mese diterapia

Efficace come terapia d’attaccoe di mantenimento dellaremissione (23)

Fluconazolo

300 mg/settimana2 settimane (short- termtherapy)

Efficacia non significativamentesuperiore rispetto a placebo (24)

Terbinafina

250 mg/die 4 settimaneMaggiore efficacia rispetto aplacebo (25)

250 mg/die 6 settimaneEfficacia significativamentesuperiore a placebo solo nei pzcon lesioni in aree non esposte(26)

250 mg/diePrimi 12 gg del mese per 3 mesiconsecutivi

Miglioramenti clinici significativiassociati a ridotta incidenza direcidive ed a maggiorecompliance (11)

Tabella 1. Terapie antifungine sistemiche riportate in letteratura per la dermatite seborroica

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PUVA terapiaBuoni risultati nel trattamento della DSsono stati riportati sia con la fototerapiaUVB, Narrow-Band (UVB-NB) e BroadBand (UVB-BB), che con la fototerapia UVAin quanto tale o associata a psoraleni(PUVA terapia).Il meccanismo d’azione dei raggi ultraviolettiè presumibilmente legato alla soppressionedell’infiammazione e all’inibizione della cre-scita di Malassezia (27,28).In questa sede non viene trattata la terapiacon UVB, che è di fatto un trattamentoesclusivamente fisico.La fotochemioterapia, o PUVA terapia,sfrutta l’azione combinata degli UVA (320-400 nm) con psoraleni, assunti per via oraleo ad applicazione topica.Gli psoraleni utilizzati in fotochemioterapiasistemica sono l’8-metossipsoralene (8-MOP) e il 5-metossipsoralene (5-MOP), en-trambi assunti due ore primadell’irradiazione con UVA ad una dose de-finita in base alla minima dose fototossica.Gli schemi terapeutici utilizzati sono uguali aquelli impiegati nel trattamento della pso-riasi, ma per ottenere la remissione del qua-dro occorre di norma un numero ditrattamenti inferiore.Diversi lavori hanno rivelato l’utilità dellaPUVA terapia sia nelle forme di DS refrat-tarie ai trattamenti convenzionali, in parti-colar modo in quei pazienti con quadriprofusi e marcatamente infiammatori (29), sia

nei casi di DS trattati da lungo tempo concorticosteroidi. La PUVA terapia permettela progressiva riduzione della posologia ste-roidea, fino a completa sospensione (27,30).

Isotretinoina oraleTra i retinoidi orali solo l’acido 13-cis-retinoico, o isotretinoina, esercita un effettomirato e specifico sulla produzione e sullacomposizione sebacea (27).Il razionale dell’utilizzo dell’isotretinoinaorale risiede nell’azione su due dei diversifattori implicati nella patogenesi della DS.Isotretinoina orale induce, oltre ad un calodella produzione di sebo, anche un’altera-zione della sua composizione lipidica, cre-ando così un habitat sfavorevole aMalassezia spp. Benché l’entità della escre-zione sebacea (sebum excretion rate, SER)non sia aumentata nei pazienti rispetto aicontrolli sani (2,3) alcuni lavori hanno eviden-ziato nella DS alterazioni qualitative a caricodei lipidi cutanei di superficie.Due lavori distinti hanno dimostrato un si-gnificativo miglioramento clinico delle DSdopo utilizzo per 6 settimane di isotreti-noina orale, alle dosi rispettivamente di 0,5mg/kg/die (31) e 1 mg/kg/die (1).Saurat et al. ne suggeriscono un impiegoprotratto per almeno 5-6 mesi alla dose di0,5-0,6 mg/kg/die.Da ricordare che se l’entità della riduzionedella SER in corso di trattamento con iso-tretinoina orale non sembra essere corre-

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lata al dosaggio giornaliero del farmaco, larapidità con cui si verifica tale diminuzione,così come la persistenza nel tempo dellasoppressione sebacea una volta sospesal’isotretinoina orale, sembrano esserlo inmodo significativo (32-34).I risultati raggiunti con isotretinoina oralesono eccellenti, meno rapidi ma più dura-turi rispetto a quelli ottenuti con gli imida-

zolici sistemici.

La teratogenicità della isotretinoina orale nelimita all’atto pratico l’impiego, in particolarenei soggetti di sesso femminile in età fertile.Inoltre, l’utilizzo di isotretinoina orale trovaindicazione soltanto nelle forme severe diacne volgare, non responsive ai trattamentitradizionali.

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Aurora Tedeschi*Claudia Capasso

*Azienda Ospediero-Universitaria

Policlinico “Gaspare Rodolico”

U.O.C Dermatologia, Catania

Terapia cosmetologicaIl trattamento della dermatite seborroica(DS) è spesso problematico, sia per il suodecorso tipicamente cronico-recidivanteche per le alterazioni fisico-chimiche che lacontraddistinguono, rappresentate da se-borrea, infiammazione e desquamazione. Un appropriato counseling cosmetologico,sia in termini di detersione che di provvedi-menti atti a regolare la secrezione sebaceaed a correggere la disreattività cutanea conil ricorso a preparati dotati di attività sebo-regolatorie e lenitive, è essenziale non sol-tanto nelle fasi acute, ma anche esoprattutto in quelle di mantenimento alloscopo di prevenirne le recidive. In que-st’ambito, l’utilizzo di sostanze ad azione se-boregolatoria e/o cheratolitica è importantenel controllare e/o ridurre sia la compo-nente seborroica, che funge da substratoper la proliferazione della Malassezia, comepure quella desquamativa. Questi obiettivi possono essere raggiunticon l’uso di preparazioni cosmetologicheopportunamente formulate, volte a conse-guire una detersione adeguata e persona-lizzata sia per sede anatomica colpita (cuoio

capelluto o cute del volto e/o del tronco)che per espressività clinica (forme spiccata-mente seborroiche o, al contrario, tenden-zialmente “secche”).Per quanto concerne la detersione delcuoio capelluto bisogna pertanto distin-guere innanzitutto le forme cliniche rispet-tivamente caratterizzate da forfora secca eforfora grassa. La forma secca è caratteriz-zata da squame biancastre, di piccole di-mensioni, che possono essere strettamenteadese al cuoio capelluto e che si depositanofacilmente sui capelli e sugli indumenti (1). La forfora grassa, invece, meno frequente espesso associata ad infiammazione del cuoiocapelluto nonché a chiazze eritematose efollicoliti, si caratterizza per la presenza disquame bianco-giallastre, untuose, di mag-giori dimensioni che possono destare sin-tomatologia pruriginosa. Questa forma puòassociarsi a telogen effluvium, contribuendocosì ad aggravare le condizioni cliniche del-l’alopecia androgenetica, ove presente (1). Il quadro clinico caratterizzato da spessesquame giallastre strettamente adese al ca-pillizio, qualora osservato in età pediatrica, ècomunemente definito con il termine di“crosta lattea”.I quadri clinici acuti e gravi tradizionalmenterichiedono il ricorso a shampoo medicaticon azione antimicotica e cheratolitica (vedidermatite seborroica: terapia topica). Va co-munque considerato come alcuni dei prin-cipi attivi contenuti in tali presidi terapeutici

TERAPIA DELLA DERMATITE SEBORROICA9.4 TRATTAMENTO COSMETOLOGICO

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(ciclopiroxolamina, clotrimazolo, fenticona-zolo, ketoconazolo) siano anche contenuti,seppur in concentrazioni minori, nella cate-goria dei cosmetici. Tali molecole sono do-tate di attività ovviamente più blandarispetto ai precedenti.Sono disponibili anche shampoo cosmeto-logici contenenti diverse sostanze ad azionecheratolitica e seboregolatoria spesso in as-sociazione tra di loro (acido salicilico, ca-trami vegetali, derivati dello zolfo, lattato diammonio, piroctonolamina, solfuro di sele-nio, zinco piritione), cui spesso possono es-sere addizionati agenti antinfiammatori elenitivi (acido glicirretico, fitoterapici variquali mentolo ed estratti di genziana) (2). Talishampoo sotto forma liquida e/o oleosavanno suggeriti in quadri clinici di media elieve entità, educando i pazienti ad un lorouso frequente (inizialmente, 2-3 volte la set-timana, riducendone, nelle fasi di manteni-mento, l’uso ad una volta alla settimana oogni 10 giorni, a seconda della gravità delquadro clinico iniziale, e alternandoli conuno shampoo delicato per lavaggi frequenti).È opportuno ricordare che lo shampoodeve rimanere in posa per 5-10 minuti,tempo necessario affinché i principi attivipossano esplicare un’adeguata azione. Nelleforme infantili è consigliabile l’uso di sham-poo delicati preferibilmente sotto forma dioli; da limitare ai casi più impegnativi l’uso dishampoo a base di principi antimicotici (3,4),da tenere in posa per 2-3 minuti.

Qualora i pazienti facessero uso di balsamodopo shampoo, andrebbero consigliate for-mulazioni a base di oli siliconici micronizzati.Inoltre, nelle forme a spiccata componentecheratosica, andrebbe considerata l’oppor-tunità di associare, agli shampoo preceden-temente citati, dei presidi a base di acidosalicilico, climbazolo, ittiolo, miconazolo, ureae fitoestratti ad azione decappante, antipru-riginosa e lenitiva, che concorrono a coa-diuvare l’azione espletata dai detergenti. Talicosmetici, sotto forma di creme, emulsioni emaschere andrebbero applicati in occlusivaper 10-15 minuti e possono essere utiliz-zate sia in fase pre che post-shampoo.La detersione del viso rappresenta un mo-mento cruciale nel management del pa-ziente affetto da DS. Infatti, tale pratica,esercitata quotidianamente, andrebbe op-portunamente discussa al fine di evitarel’impiego di detergenti aggressivi, solita-mente utilizzati allo scopo di rimuoverel’aspetto oleoso-untuoso della cute e para-dossalmente responsabili del peggiora-mento del quadro clinico. Il pazienteandrebbe educato non solo all’impiego didetergenti specifici, ma anche ad un lorocorretto utilizzo, evitando lavaggi frequentied energici e tamponando delicatamente lacute senza sfregarla dopo aver effettuato ladetersione. Pertanto, andrebbero evitati iclassici saponi che consentono una deter-sione ottimale ma vigorosa, comportandoaltresì un’alcalinizzazione cutanea, la quale,

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su un substrato già alterato predisporrebbead ulteriori complicazioni. Da preferire, in-vece, una detersione più delicata effettua-bile mediante i syndet, ovvero i cosiddettisaponi non saponi, ottenuti tramite un pro-cesso laboratoristico e non mediante sapo-nificazione, e caratterizzati da un pH piùvicino a quello fisiologico. Tali detergenti,sotto forma di liquidi e solidi, sono disponi-bili anche addizionati a varie sostanze anti-micotiche (ciclopiroxolamina, climbazolo,ketoconazolo, zinco piritione) (5) o con fito-terapici ad azione seboregolatoria (come adesempio la melaleuca). In caso di irritazionesevera sarebbe meglio ricorrere all’utilizzodi detergenti per solubilizzazione (latti de-tergenti, soluzioni acquose), in grado di de-tergere nel massimo rispetto del pH e delfilm idrolipidico di superficie (6).La detersione del tronco, infine, può essereeffettuata utilizzando sia i detergenti per ilviso che quelli per il cuoio capelluto, da sce-gliere in base alla gravità del quadro clinicoed alla notevole presenza di peli. Nelleforme gravi o in casi di eccessiva peluria sa-rebbe consigliabile l’uso di shampoo, da ef-fettuare con le stesse modalità del cuoiocapelluto, mentre nei casi clinicamentemeno impegnativi, su cute glabra o pocopelosa o nelle fasi di mantenimento, sarebbepreferibile l’utilizzo di detergenti elettivi peril viso.Un approccio cosmetologico ragionato allaDS non può prescindere anche dall’utilizzo

di topici volti al controllo delle manifesta-zioni infiammatorie. In questo ambito sonodisponibili sia prodotti con elettiva indica-zione per il cuoio capelluto che topici per ilvolto e il tronco. Il loro impiego è consigliatoin prima battuta nelle forme lievi di DS, po-tendo contribuire ad attenuare la sensa-zione pruriginosa e la desquamazione,nonché, nelle fasi di mantenimento di formecliniche più impegnative, contribuendo a ri-durre le recidive ed evitare i fenomeni re-bound alla sospensione di eventualitrattamenti farmacologici concomitanti.I topici per la DS del cuoio capelluto del-l’adulto sono rappresentati da creme, emul-sioni, fiale, lozioni e mousse contenentiacido ialuronico, betulla alba, biotina, euca-lipto, piroctone olamina, rosmarino, urticadioica, vitamina B6, zinco solfato. Nelleforme infantili di DS del cuoio capelluto è,invece, consigliabile l’uso di topici sottoforma di oli o emulsioni emollienti.Nel trattamento cosmetologico della DSdel volto e del tronco, sia dell’adulto chedel bambino, i principi funzionali ad azionelenitiva e antinfiammatoria maggiormenteimpiegati, sotto forma di creme, emulsioniO/A, gel-creme, lozioni e/o mousse, sonorappresentati da acidi grassi insaturi, acido18 beta-glicirretico, allantoina, biolisatod’Hafnìa, bisabololo, sostanze ad attività an-tiradicalica come furalglucitolo (7), gamma-orizanolo, glicole propilenico e vitamina E,nonché numerosi fitoestratti (achillea, aloe,

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camomilla, iperico, liquirizia, ortica, mentolo,ruscus aculeatus, serenoa repens).L’effetto di tali sostanze sarebbe da ricon-durre ad una verosimile azione su alcunimeccanismi immunitari implicati nel pro-cesso infiammatorio, con un’azione modu-latrice sui mediatori dell’infiammazione(riduzione della sintesi delle prostaglandineproinfiammatorie) contribuendo, così, al ri-pristino della normale soglia di reattività cu-tanea. Da non sottovalutare, inoltre, lecapacità emollienti, lenitive e di ripristinodella funzione barriera di cui molte di talisostanze sono dotate (6,8). Per alcuni di essi ilmeccanismo d’azione sarebbe altresì verosi-milmente attribuibile ad una inibizione della5 riduttasi, enzima responsabile della con-versione del testosterone in diidrotestoste-rone a livello della ghiandola sebacea (6).Di recente è stato anche proposto, con ri-sultati interessanti, l’uso di una nuova for-mulazione in crema a base di alglycera,allantoina, bisabololo, piroctone olamina, tel-mesteina, vitamina E e vitis vinifera che hadimostrato notevole efficacia nella DS delviso di grado lieve e moderato per le sueproprietà antiinfiammatorie, cheratolitiche,

antimicotiche, antiossidanti ed emollienti (9).Da non sottovalutare, inoltre, il rapporto trasole e cute affetta da DS. Se, infatti, la mag-gior parte dei pazienti affetti da tale patolo-gia risente positivamente dell’azionebenefica della fotoesposizione e del mare,esiste comunque una buona percentuale disoggetti che peggiorano, probabilmente inseguito alle condizioni di reattività cutanea.Pertanto, sarebbe opportuno suggerire l’usodi fotoprotettori, rigorosamente oil-free,sotto forma di emulsioni evanescenti fluide,o spray a base di sostanze antiseborroichee lenitive quali acqua termale e polveri ad-sorbenti.

Da non dimenticare, infine, l’eventuale sup-plementazione dietetica nei casi di eccessivaseborrea con la somministrazione orale diintegratori a base di acido -linolenico (10),bardana, biotina (vit B8), cucurbita pepo, iso-flavoni, metionina, nicotinamide (vit B3), se-renoa repens, zinco, riguardo al cuimeccanismo d’azione non ci sono a tut-t’oggi solide certezze scientifiche, anche seper alcuni di essi si è discusso di un’azionebatteriostatica (11).

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