Rossini - Divagazioni Sul Sacro
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7/23/2019 Rossini - Divagazioni Sul Sacro
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Concerto Straordinario
Rossini Petite Messe Solennelle
Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi
Soprano Daniela Bruera - Mezzosoprano Josè Maria Lo Monaco
Tenore Francesco Marsiglia - Basso Christian Senn
Pianoforte Luigi Ripamonti - Organo Eugenio Maria Fagiani
Sabato 1 Marzo 2014 ore 20.30
Direttore Erina Gambarini
7/23/2019 Rossini - Divagazioni Sul Sacro
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“Quel horizon immense!”
Divagazioni sul sacro nelle opere di Rossini Se si pensa alla musica sacra di Rossini la prima opera di cui ci si ricorda è certamente laPetite Messe Solennelle, frutto dell’estrema maturità del compositore pesarese; successivoall’addio alle scene dei teatri d’opera è anche lo Stabat Mater , composto a partire dal
1832 ed eseguito per la prima volta nella sua veste definitiva a Parigi nel 1842. La Messadi Gloria - presentata al pubblico nel 1820, quando il nostro compositore era ancoranel pieno della sua attività teatrale - è forse l’opera sacra rossiniana più debitrice deglistilemi del belcanto. Queste composizioni, insieme a tre messe giovanili, basterebbero diper sé a formare il catalogo delle composizioni “da chiesa” di Rossini, quelle composte suitesti dell’ordinarium missae. Tuttavia esistono, all’interno di alcune opere serie di Rossini,dei brani che potrebbero essere propriamente chiamati “preghiere”, sia per la situazionedrammaturgica in cui sono collocati sia per il contenuto che esprimono.
Il primo di questi brani su cui vorrei soffermarmi è Dal tuo stellato soglio, dal Mosè in Egitto (1818); si tratta della preghiera che Mosè, Aronne, Amenofi, Elcia e tutto il popolo ebraicointonano giunti innanzi al Mar Rosso, con gli egizi alle spalle: “Dal tuo stellato soglio, /Signor, ti volgi a noi! / Pietà de’ figli tuoi! / Del popol tuo pietà”. La melodia della preghieraviene esposta sempre uguale a se stessa, come a voler rappresentare un’invocazione chediventa sempre più potente ad ogni ripetizione; le voci dei soli e del coro si compenetrano,interagiscono in una dinamica responsoriale fino ad esplodere nel grandioso tutti finale, incui la melodia è finalmente esposta in tonalità maggiore.
Di diversa struttura, anche se di eguale intensità, Giusto ciel, in tal periglio, la preghiera -così è definita in una didascalia del libretto - di Anna, tratta dal Maometto II. Quest’operadel 1820, ripresa poi con sostanziali modifiche due anni dopo, prende spunto dallo scontroche nel 1476 insanguinò Negroponte, colonia veneziana assediata ed infine conquistatadai Turchi. “Giusto ciel, in tal periglio / Più consiglio / Più speranza, / Non avanza, / Chepiangendo, / Che gemendo, / Implorar la tua pietà”: con queste parole Anna - la figlia diPaolo Erisso, condottiero veneziano - rivolge la sua preghiera al cielo prima che MaomettoII faccia il suo ingresso trionfale a Negroponte. In questo caso non siamo di fronte ad un
brano “corale”: il coro interviene unicamente in funzione di sostegno della solista, chenel cast della prima rappresentazione fu Isabella Colbran; trattandosi di un’aria a tuttigli effetti, ci sono ripetizioni e variazioni dell’assunto iniziale: la tensione musicale vieneprodotta ricorrendo ad elementi semplici ma - come spesso accade nella musica di Rossini- accostati con impressionante efficacia; bastano una scala minore melodica ascendente,su cui è posto il culmine dell’invocazione di Anna, ed un basso discendente (secondo lepiù classiche regole dell’armonia tonale) per creare l’effetto di straordinario struggimentoprodotto da questo numero musicale.
Anche se non si tratta di una vera e propria preghiera, credo che anche il finale delGuillaume Tell (1829) meriti un breve accenno nel percorso sin qui delineato. Una voltasconfitti gli oppressori guidati dal crudele Gesler, Guillaume, insieme alla sua famiglia e atutti i patrioti svizzeri, si scopre finalmente libero e tutt’uno con la natura che lo circonda.
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In un’atmosfera pastorale introdottadall’arpa, cui segue un semplice incisodel corno, Jemmy - la figlia di Guillaume,riscopre l’ampiezza del cielo: “Au loin quelhorizon immense! ”; Mathilde - principessadegli Asburgo che ha abbracciato lacausa elvetica - ritrova la pace nella
contemplazione della natura: “la naturesous nos yeux / Déroule sa magnificence”.Guillaume aggiunge: “À nos accentsreligieux,/ Liberté, redescends des cieux, /Et que ton règne recommence! ”; la potenteaffermazione della tonalità di Do maggiore,priva di alterazioni e quindi “libera”, sembrarappresentare - in maniera immediata edefficace - il ritorno da parte di Guillaume e
dei suoi compagni alla condizione di libertàoriginaria dell’uomo, una libertà perdutaa causa delle guerre con cui i popoli siopprimono vicendevolmente, ma che vienenuovamente donata dal cielo.
Ora andiamo avanti nel tempo fino allaPetit Messe Solennelle (1863): è curiosoche un compositore reso immortale dallesue opere per il teatro musicale scelga dicongedarsi dal mondo con una messa; aquesto proposito è lo stesso Rossini ad
offrire qualche spunto di indagine, con le poche righe autografe poste in calce all’AgnusDei nelle quali si rivolge direttamente a Dio, senza rinunciare alla sua caratteristica ironia:“Buon Dio, eccola terminata questa umile piccola Messa. È musica benedetta quella che hoappena fatto, o è solo della benedetta musica? Ero nato per l’opera buffa, lo sai bene! Pocascienza, un poco di cuore, tutto qua. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso”.
Queste parole suonano quasi come un “in manus tuas commendo spiritum meum”,considerando anche il fatto che sono state scritte in un periodo in cui il compositorepesarese stava maturando la consapevolezza di essere vicino al termine della sua vita: unavita che troppo spesso, in passato, è stata tratteggiata come il susseguirsi delle avventure diun allegro beone, e che invece è stata caratterizzata da carichi impressionanti di lavoro, dalterrore della pagina bianca, da un ritiro anticipato dalle scene operistiche a soli trentasetteanni. Forse, in fin dei conti, questa messa è semplicemente l’espressione di un anelito cheper quasi tutta la sua vita Rossini ha dovuto tenere nascosto, pur rappresentando il suo
unico desiderio autentico: la pace.
Eugenio Della Chiara
Foto di Rossini negli anni di Parigi, Erwin Frères 1866