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Rivista trimestrale - Anno XXXXIX, n. 204, aprile-giugno 2019 edizioni Dedalo - ISSN 0046-8819 - ISBN 978-88-220-8297-8 - e 11,00 Spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB di Bari

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Rivista trimestrale - Anno XXXXIX, n. 204, aprile-giugno 2019 edizioni Dedalo - ISSN 0046-8819 - ISBN 978-88-220-8297-8 - e 11,00Spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB di Bari

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Redazione operativa e redazione allargata di Inchiesta:

Mario Agostinelli, Laura Balbo, Luciano Berselli, Eloisa Betti, Roberto Bianco,Franca Bimbi, Davide Bubbico, Loris Campetti, Saveria Capecchi, SimonettaCapecchi, Vittorio Capecchi, Carla Caprioli, Sergio Caserta, Tommaso Ceru-sici, Francesco Ciafaloni, Alberto Cini, Vincenzo Comito Laura Corradi, Chia-ra Cretella, Amina Crisma, Aulo Crisma, Roberto Dall’Olio, Vilmo Ferri, Bar-bara Floridia, Maria Fogliaro, Ivan Franceschini, Andrea Gallina, Massimilia-no Geraci, Franco di Giangirolamo, Bruno Giorgini, Bruno Maggi, DonataMeneghelli, Giovanni Mottura, Oliva Novello, Riccardo Petrella, GabrielePolo, Enrico Pugliese, Emilio Rebecchi, Enrico Rebeggiani, Tiziano Rinaldini,Nello Rubattu, Gino Rubini, Gianni Scaltriti, Maurizio Scarpari, Angiolo Ta-vanti, Marco Trotta, Gian Luca Valentini, Luigi Zanolio.

Hanno collaborato a questo numero:Mario Agostinelli, Luciano Berselli, Armando Boito, Tommaso Cerusici, Vin-cenzo Comito, Amina Crisma, Matteo Gaddi, Francesco Garibaldo, BrunoGiorgini, Antonio Lettieri, Daniela Padoan, Maria Luisa Pesante, Emilio Re-becchi, Francesca Re David, Tiziano Rinaldini, Umberto Romagnoli, GianniScaltriti, Massimo Serafini.

DossierIl Dossier Le minacce alla democrazia in Brasile è a cura di Rogério Gonçal-ves de Freitas e comprende interventi di Francesco Schettino, Hajime Ta-keuchi Nozaki, Olinda Evangelista, Allan Kenji Seki, Adriane Lima, WilliamPessoa da Mota Junior, Regiane Aparecida Costa Nozaki, Hajime TakeuchiNozaki, André Freire

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Le ultime due annate di Inchiesta:

n. 195 Referendum sociali e la svolta di Trumpn. 196 Pianeta Tai Chin. 197 Zhuangzi analizza la vita, il potere, i punti di vistan. 198 Max Weber: il capitalismo dei “gaudenti senza cuore”n. 199 Il lungo viaggio della sinistran. 200 Dal Daodejing alla Laudotato sìn. 201 Fate come il camaleonten. 202 70 anni dopo la dichiarazione universale dei diritti umani

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InchiestaISSN 0046-8819

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Sommario

L’editoriale

2 La tigre bianca e il drago azzurro. Strategie Yine Yang. Vittorio Capecchi

Dossier

70 Le minacce alla democrazia in Brasilea cura di Rogério Gonçalves de Freitas

Scenari trasversali

4 Dal fronte unito contro il lavoro al fronteunito sul lavoroFrancesca Re David intervistata da TommasoCerusici

8 FCA e l’ItaliaFrancesco Garibaldo

13 Un'alleanza per il clima, la terra e la giustiziasocialeDaniela Padoan e Mario Agostinelli

21 La rilettura laica del Vangelo di FrançoisJullienAmina Crisma

25 Cosmopolis: la città globaleBruno Giorgini

29 NoaEmilio Rebecchi

Guardare indietro per guardare avanti

50 Scuola e lavoro: dall’esperienza delle 150 oreAntonio Lettieri intervistato da Claudio SalonePresentazione di Luciano Berselli e Tiziano Ri-naldini

55 Ricordando Massimo D’Antona (1948 -1999) Umberto Romagnoli

58 Il dibattito sul Controllo Operaio Matteo Gaddi

65 SIl dibattito giuslavoristico di Weimar Maria Luisa Pesante

Scenari europei e internazionali

31 I paradossi dell’euro e le elezioni di mag-gioAntonio Lettieri

34 Note sulla Cina, l’Italia, l’economia, la poli-ticaVincenzo Comito

38 Il Brasile di BolsonaroArmando Boito

47 La Spagna dopo le elezioni di maggioMassimo Serafini

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PAG. 2 INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019

Due strategie dall’antica Cina. Nel mondo sim-bolico della Cina pre- imperiale è noto il sim-bolo del Taiji in cui viene sottolineata lacomplementarietà tra le due principali forze

dell’universo: lo Yin (bianco) e lo Yang (nero) con la pre-senza di una parte Yang nello Yin (il punto neronella parte bianca) e una presenza Yinnello Yang (il punto bianco nellaparte nera). In questa dinami-ca, nelle antiche stampe ci-nesi, viene spesso inseri-ta nella parte Yin delTaiji una tigre biancae, nella parte Yang,un drago azzurro e aquesti due animalisimbolici corrispon-dono due strategiedi attacco/difesa. Lastrategia Yin dellatigre bianca agisce neltempo e può essereportata avanti anche dauna singola persona per laforza di convinzioni matura-te nel tempo e la capacità di sor-prendere. La strategia Yang del dragoazzurro agisce nello spazio e per vincerel’avversario occorre concentrare tutte le forze a dispo-sizione su un obiettivo preciso. La strategia Yang si basasulla forza che dà l’unione di più persone [le grandi ma-nifestazioni a Hong Kong contro l’estradizione forzatain Cina] ma anche la strategia Yin è importante [la mi-

nistra neozelandese Jacinda Arden, che ha indossato ilvelo islamico per rendere omaggio alle vittime di Chri-stchurch, ha compiuto un gesto simbolico di pace che hacolpito e la sua immagine è stata proiettata sulla torre piùalta del mondo, la Burj Khalifa a Dubai].

Scenari trasversali. In Italia c’è un governomai così a destra, una sinistra disunita

e inesistente e un PD in stato confu-sionale che non ha ancora fatto i

conti con il Jobs Act e Minniti.Per parlare di strategie Yin e

Yang bisogna passare daipartiti al sindacato comeemerge dall’intervista fattaa Francesca Re David cheapre questo numero. Lastrategia Yang seguita èquella che la Re Davidchiama “il dovere di lottare

uniti” e questa strategia haportato allo sciopero unitario

dei metalmeccanici a Milano,Firenze e Napoli ma vi sono

anche strategie Yin come il dialogocostruttivo con i movimenti Yin delle

donne. Nella stessa direzione è FrancescoGaribaldo che, attraverso l’analisi del settore auto,

denuncia la totale assenza di una politica industriale delgoverno italiano concludendo che un cambiamento saràimpossibile “senza una dura lotta sociale”. Il testo di Da-niela Padoan e Mario Agostinelli collega strettamente lelotte per il lavoro con quelle a favore dell’ambiente e trac-

L ’ E D I T O R I A L E Vittorio Capecchi

La tigre bianca e il drago azzurro.Strategie Yin e Yang

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cia una serie di indicazioni per collegare strategie Yin(come quella iniziata da Greta Thunberg) con strategieYang. Le posizioni di papa Francesco, al quale il testo siriferisce, sono una continua valorizzazione di strategie Yin[il gesto dell’elemosiniere del Papa che sblocca a Romail contatore agli abusivi] e diventa importante una rilet-tura laica del Vangelo come emerge dall’articolo di AminaCrisma. Bruno Giorgini analizza nel suo testo il futurodelle grandi città mentre Emilio Rebecchi analizza il casodella diciassettenne olandese Noa Pothoven che si è la-sciata morire. Nel presente e futuro delle strategie Yin eYang non c’è solo la politica, il lavoro e l’ambiente maanche il prendersi cura di aggregati collettivi come lecitta e di singole persone come Noa.

Scenari europei e internazionali Gli interventi di AntonioLettieri, Vincenzo Comito, Armando Boito, MassimoSerafini mettono a fuoco una scenario europeo e inter-nazionale complesso in cui si collocano, a partire da at-tori politici diversi, le strategie Yin e Yang. Lettieri ci ri-corda che nell’ultimo decennio l’eurozona è stata l’areacon minore crescita e più alta disoccupazione nel mondosviluppato mentre la crescita negli Stati Uniti è stata co-stante e con disoccupazione al 3,6%, la più bassa degliultimi cinquanta anni. Comito analizza la grande crescitadella Cina e la nuova Via della seta individuando ancorauna volta l’inadeguatezza della politica industriale ita-

liana. Massimo Serafini analizza la Spagna dopo le ele-zioni politiche ed europee e mostra la volontà del popolospagnolo di essere governato a sinistra [PSOE e Pode-mos non raggiungono però la maggioranza dei seggi eper governare occorre l’appoggio delle forze nazionali-stiche Basche e Catalane]. Podemos esce da queste ele-zioni ridimensionato per essersi mostrato incapace disintonizzarsi con le strategie Yin delle femministe spa-gnole e dei movimenti giovanili per fermare i cambia-menti climatici (e anche questo è un insegnamento danon sottovalutare).Guardare indietro per guardare avanti. Le attuali e futurestrategie Yin e Yang possono trarre preziosi suggeri-menti dal passato come mostrano i saggi di AntonioLettieri, Umberto Romagnoli, Matteo Gaddi e MariaLuisa Pesante.

Un approfondimento sul Brasile. Il testo di ArmandoBoito e il Dossier sul Brasile a cura di Rogério Gon-çalves de Freitas mostrano che il Brasile è tornato adavere gli stessi incubi che aveva durante la dittaturamilitare terminata nel 1985. L’attuale governo di Bol-sonaro è un governo militare contro il mondo del la-voro, la scuola, l’università, l’ambiente, i movimentidelle donne e dei giovani. Il Dossier termina con ilsottolineare la strategia Yang del Frente Unico.

INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019 PAG. 3

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PAG. 4 INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019

TOMMASO CERUSICI Vorrei partire da un tuo commento sulvoto del 24 maggio scorso per il rinnovo del parlamento eu-ropeo. Possiamo dire che avanzano i sovranisti, pur conqualche sporadica eccezione, un po’ in tutta Europa?FRANCESCA RE DAVID Queste elezioni sono la dimo-strazione più plastica e concreta di come, non da oggi,si sia rotto il contratto sociale fra lo stato e il lavoro, cheera alla base del modello sociale europeo. I tagli allostato sociale sono l’elemento che ha contraddistintotutta l’Europa, con l’aumento delle disuguaglianze ela fine di qualsiasi ruolo politico nel governo del ca-pitalismo finanziario globale. Le leggi nazionali e ledirettive europee sono andate tutte nella direzione didare mano libera alle imprese multinazionali, senzaalcun vincolo con il territorio e con i lavoratori, a partegli ammortizzatori sociali che vengono stanziati daivari governi. La rottura di questo contratto sociale el’assenza di risposte ha portato prima all’astensioni-smo e poi alla ricerca di una soluzione sovranista. Questi sovranismi tendono a fare maggioranza e op-posizione insieme, perché raccolgono il malessere so-ciale ma sostengono le imprese e il capitale. Questomi fa venire in mente il fascismo che ha avuto un so-stegno popolare forte me che faceva gli interessi delgrande capitale. Diciamo che siamo in una situazioneprefascista: c’è una rabbia popolare che prova a tro-vare risposte semplici ma, soprattutto, ci sono tantepersone che non accettano più di stare male non si saper il bene di chi.

TOMMASO CERUSICI I partiti socialdemocratici e le sinistraarrancano in tutta Europa. Pensi sia un problema in piùper forze sindacali o il rapporto con questi partiti è ormai lo-gorato definitivamente?FRANCESCA RE DAVID La sinistra politica è stata inca-pace di cogliere alcun nesso in tal senso e, anzi, comespesso accade, alla sinistra sono state fatte mettere incampo le cose più complicate. Ci troviamo, insomma,in una situazione di disorientamento totale. Basta pen-sare a cosa è successo nelle quattro nazioni più im-portanti d’Europa: in Francia il successo della Le Pen,in Italia quello di Salvini, in Inghilterra la Brexit e inGermania il crollo della Cdu della Merkel. In Italiaoggi il partito più antico è la Lega. Nessuno dei parti-ti che hanno scritto la Carta costituzionale è più pre-sente in Parlamento. Io penso che l’Italia spesso in po-litica abbia anticipato i fenomeni: un paese mai così adestra e con una rottura del contratto sociale mai cosìevidente non mi fa – purtroppo – sperare nulla dibuono.Allo stesso tempo trovo ci sia un’asincronia tra il pianosindacale e il piano politico. Perché il sindacato italia-no è l’unico che può dire in Europa che esista ancoraun contratto nazionale di lavoro che copre oltre l’85%del lavoro, nonostante la frammentazione. In Italia ab-biamo una tenuta della rappresentanza sociale chenon esiste negli altri paesi europei, pur con tutte ledifficoltà che abbiamo di fronte. Perché non si va lon-tani senza una cultura e una rappresentanza politica,con una disintermediazione che passa anche attra-verso una forte spinta all’individualismo povero - nelsenso che si corre da soli e ci si accorge che esiste il

SCENARI TRASVERSALI Francesca Re David

Dal fronte unito contro il lavoroal fronte unito sul lavoro

Francesca Re David* intervistata da Tommaso Cerusici** inizia con il valutarei risultati delle recenti elezioni europee per poi affrontare i temi

dello sciopero del 14 giugno, il rinnovo del contratto dei metalmeccanici,l’unità sindacale e le questioni ambientali e di genere

* Segretaria generale della Fiom-Cgil **Fondazione Claudio Sa-battini.

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INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019 PAG. 5

sindacato solo quando ti licenziano - con spinte chevanno contro l’idea della coalizione dei lavoratori e,quindi, contro l’idea del sindacato confederale. Certo,il sindacato oggi ha ancora una struttura che gli haconsentito di reggere, ma dobbiamo capire come la-vorare per estenderla e non farla implodere. Perchéi rischi d’implosione possono essere di tanti tipi: puòessere che ti sottraggono il contratto nazionale at-traverso la frantumazione del lavoro, può essere lacultura della disintermediazione che sta andandoavanti tantissimo, ma può essere anche un arretra-mento di tipo corporativo, che è sempre presentecome elemento di possibilità all’interno del sindaca-to, perché quando devi difendere gli interessi di ungruppo di lavoratori questo aspetto può sempre ve-nire avanti.

TOMMASO CERUSICI Veniamo alle politiche industriali o,meglio, alla tragica assenza di politiche industriali, comela Fiom ha denunciato a più riprese negli ultimi anni… FRANCESCA RE DAVID In Italia, più che negli altri paesieuropei, è passata l’idea di uno stato che non inter-viene rispetto alle questioni che riguardano le im-prese, il capitale e la finanza. L’idea della loro auto-regolamentazione – che in realtà non esiste – è unapurtroppo assodata ai massimi livelli. L’assenza dellapolitica è assenza di politiche industriali nel paese,di una sua idea di sviluppo. Questo è stato un dato as-solutamente evidente già dalla metà degli anni No-vanta, con l’inizio delle privatizzazioni. Noi non ab-biamo quasi più un capitalismo italiano – e non lodico per nazionalismo – ma abbiamo un apparato in-dustriale e produttivo, con capacità tecnologiche etecniche molto avanzate, che non è stato salvaguar-dato. Il capitalismo italiano è in crisi di per sé, anchea livello familiare, ma dall’altro lato è venuta avantiquesta idea che le multinazionali possono fare comegli pare, che non si possono dettare regole alle mul-tinazionali: questo lo hanno pensato e praticato tuttii governi degli ultimi anni, di qualsiasi colore politi-co fossero. Non c’è un problema solo di siti produt-tivi ma manca un’idea di paese, che non ha più nes-sun elemento di programmazione e di visione stra-tegica, perché siamo in completa balìa delle scelte chefanno le multinazionali. Loro decidono di aprire ochiudere, avendo però sussidi o ammortizzatori so-ciali in cambio. Perché in Italia gli ammortizzatori so-ciali sono una cosa importante – certo noi diciamo

che non sono sufficienti e non sono modulati nelmodo giusto – ma, rispetto al resto d’Europa, pos-siamo dire che rappresentano il solo modo con cuil’Italia fa politica industriale. Ovviamente, tutto di ri-messa appunto. Dal punto di vista metalmeccanicoabbiamo la siderurgia, che per fortuna ancora esiste,ma che è tutta in mano a multinazionali asiatiche; ilsettore dell’elettrodomestico, che ha molti stabili-menti, è in mano a due multinazionali non italiane;per non parlare del settore automotive che ormai èdi fatto americano.L’assenza totale di un piano industriale per il paeseparla anche d’infrastrutture, di eco sostenibilità, delladirezione produttiva che si prende, parla di Mezzo-giorno. In questo senso l’Europa è una massa criticaappena sufficiente nella concorrenza globale. Oggitroviamo normale che l’Italia sia divisa in due, per-ché la verità è che al Sud si sta dismettendo pratica-mente tutto. Tutto ciò mette le persone nella condi-zione di essere totalmente in balìa degli eventi e poneun problema democratico molto forte, perché non c’èpiù nessun elemento di determinazione. Nessun go-verno, nemmeno questo nonostante la propaganda,ha fatto nulla per invertire la rotta. Si parla tanto diJobs Act ma a questo governo non gli è mica venutoin mente di ripristinare l’Articolo 18. Chi glielo avreb-be impedito? Allora è palese che c’è una condizione ditotale sudditanza alle imprese. Il Ministero prendeatto delle scelte di una multinazionale e, al massimo,vede come metterci una toppa se il sindacato si mo-bilita, ma non è che pensa sia compito del governoavere in testa un modello produttivo autonomo. L’ele-mento di sottrazione dei diritti dei lavoratori e di to-tale libertà delle imprese è un dato di fatto che nonviene messo in discussione.

TOMMASO CERUSICI Mi stai descrivendo un Ministero chepiù che di sviluppo economico sembra occuparsi di gestio-ni delle crisi aziendali. È così tragica la situazione? FRANCESCA RE DAVID Sì è il Ministero delle crisi con-tingenti. Si attiva o quando le multinazionali chiedo-no soldi o quando la mobilitazione dei lavoratori im-pone un intervento. Ma non è un Ministero che si oc-cupa di pianificare uno sviluppo economico per ilpaese. Questo è certo. La Fiom sta chiedendo da tempotavoli di settore in cui il governo, insieme alle partisociali e alle imprese, possa decidere cosa vuole faredi importanti settori produttivi. Penso solo all’auto-

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motive, che impatta 200mila lavoratori, che ha un pesopolitico internazionale, che ti permetterebbe di ragio-nare di eco sostenibilità e sviluppo del territorio. Mapenso anche all’informatica: l’Italia ha prodotto, conOlivetti, il primo computer e oggi siamo diventati sub-fornitori di subfornitori. Sono anni che non esistono ta-voli e progetti di sviluppo ma s’interviene, invece,solo su ogni singola crisi aziendale, che poi magari èpure in concorrenza con un’altra. Questo dà proprioil senso di una mancanza di visione.

TOMMASO CERUSICI Veniamo al fronte sindacale. Nellescorse settimane è stato posto, a partire dal Segretario ge-nerale della Cgil Landini, il tema dell’unità. Quali sono letue valutazioni in merito?FRANCESCA RE DAVID Il lavoro è sotto attacco in quan-to soggetto collettivo e non esiste rappresentanza po-litica del lavoro, cioè è impedita la sua capacità diesprimere rapporti di forza politici. Se questo è veroallora è ancora più necessario dare forza alla coali-zione, cioè riunificare tutte le lavoratrici e tutti i la-voratori. È banale dire che l’unione fa la forza, ma ècosì. Scioperare tutti insieme è meglio che sciopera-re da soli. Davanti ad un fronte unito contro il lavo-ro, bisognerebbe avere un fronte unito sul lavoro.Questa è stata la più grande incapacità e inadegua-tezza che ha dimostrato il movimento dei lavorato-ri, sia a livello nazionale che europeo. Mentre il ca-pitale si globalizzava il lavoro si è frantumato e ha ac-cettato di essere messo in concorrenza. C’è bisognodi un sindacato unitario – non unico – che di frontead un attacco di tale livello, se vuole rimanere un sin-dacato di rappresentanza dei lavoratori e non un sin-dacato di servizio alle imprese o ai lavoratori, siponga seriamente il tema della riunificazione. L’uni-tà sindacale è un’aspirazione necessaria. In Fiom bi-sogna conquistarla di volta in volta e non darla maiper scontata. Per la nostra storia, segnata negli ulti-mi anni anche dai contratti separati e dalla vicendaFca, dobbiamo conquistarla di volta in volta con deicompromessi possibili, perché l’unità è sempre uncompromesso. L’unità dei lavoratori è quella a cuidobbiamo tendere, a partire dai luoghi di lavoro enon solo tra le sigle sindacali. Trovo quindi giusto ilmessaggio all’unità e trovo che sarebbe una buonagaranzia in tal senso, se i sindacati si accordasserosul fatto che, siccome rispondono ai lavoratori, quan-

do in una piattaforma ci sono differenze siano i la-voratori a esprimersi per dire qual è l’elemento chefa unità.

TOMMASO CERUSICI A proposito di unità, sta proseguendoin forma unitaria anche la lotta dei metalmeccanici per il rin-novo contrattuale. Coma sta andando questo percorso co-mune?FRANCESCA RE DAVID Il 14 giugno abbiamo organiz-zato uno sciopero unitario, pur avendo ancora con-sistenti questioni in corso con Fim e Uilm, così comechiediamo un tavolo per Fca dove siano rappresen-tate tutte le sigle e chiediamo alle altre organizza-zioni di farsi carico del fatto che, in tale situazione,sia necessario stare tutti insieme. Lo sciopero non siè fatto a trattativa aperta per il contratto ma per ri-mettere al centro del dibattito pubblico i lavoratoridell’industria, che sono una grande ricchezza di que-sto paese ma che sono spariti dal dibattito pubblico.È stato uno sciopero che ha parlato sia al governoche alle imprese. Perché io posso dire che questo go-verno non fa politiche industriali e non contrastaleggi tutte a favore delle imprese, ma chi spinge almassimo su quelle leggi e, anzi, le considera addi-rittura insufficienti rispetto alla precarizzazione e alcomando sul lavoro, sono proprio le imprese stesse.Tutti e due –governo e imprese - puntano allora afare del lavoro l’anello debole della rappresentanzacollettiva. Per questo noi come sindacato abbiamo ildovere di lottare uniti.

TOMMASO CERUSICI Poco dopo la firma del CCNL del 2016ti avevo intervistato proprio su Inchiesta. In quella occa-sione mi avevi parlato di un contratto che, dal un lato, sal-vava l’esistenza stessa del contratto nazionale e, dall’altrolato, di un contratto sperimentale e innovativo su moltipunti. Quali valutazioni ne dai oggi? Cosa ha funzionatoe cosa no?FRANCESCA RE DAVID Sì confermo. Noi nel 2016 abbia-mo salvato l’esistenza stessa del contratto nazionale dilavoro e dei due livelli contrattuali, perché – e ne sonosicura – se fosse passata la linea che aveva in mente Fe-dermeccanica, cioè che non esistevano più i due livellie il contratto era un livello unico, quel modello si sa-rebbe allargato a macchia d’olio anche ad altri setto-ri. Il contratto dei metalmeccanici riguarda 1,5 milio-ni di lavoratori ed un contratto “pesante”, perché

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siamo l’unica categoria che ha tenuto insieme tutto illavoro industriale, dagli informatici ai siderurgici. Congli elementi positivi che ci sono stati nel rinnovo delcontratto precedente, noi abbiamo fatto anche unascommessa con le imprese, tant’è che abbiamo scrittoche il salario è sperimentale. La scommessa era quel-la di chiedere solo l’inflazione – che per’altro non c’èstata – e chiedere, invece, altre punti come la forma-zione, la sanità integrativa, la salute e la sicurezza. Laridistribuzione sarebbe dovuta avvenire nel secondolivello, quello aziendale. Noi abbiamo mantenuto ilpatto ma le imprese no, perché non hanno ridistri-buito nulla nel secondo livello. E noi invece questotema lo vogliamo affrontare col prossimo rinnovo con-trattuale: aumenti salariali; le 24 ore di formazionecome diritto soggettivo nell’orario di lavoro, che leimprese non stanno rispettando; una verifica dellecondizioni di lavoro, perché abbiamo un contratto cheha dato tanto in termine di salute e sicurezza ma au-mentano i morti sul lavoro e questo ci dice che qual-cosa non va, a partire dagli appalti e dai lavori som-ministrati, che devono invece essere riunificati. Noisperiamo che la costruzione della piattaforma sia uni-taria, perché l’ultimo contratto lo abbiamo firmatounitariamente ma siamo partiti da piattaforme sepa-rate. Sono anni che non esiste una piattaforma unita-ria nel contratto dei metalmeccanici ma, del resto, eradal 2007 che non si metteva in campo uno scioperounitario della categoria.

TOMMASO CERUSICI Vorrei toccare con te, in chiusura, dueaspetti del dibattito attuale che stanno vedendo la Fiom e imetalmeccanici in prima linea. Il primo è il rinnovato in-teresse per la questione ambientale, a partire dalle mobili-tazioni internazionali dei Fridays for future. Cosa ne pensi?FRANCESCA RE DAVID È chiaro che bisogna tenere contodelle compatibilità umane e ambientali, perché iocredo che le due cose siano logicamente insieme, peravere un altro modello di sviluppo. La Fiom è da anniche pone il tema di cosa e di come si produce. Peresempio, noi sulle grandi opere abbiamo una posi-zione precisa: le grandi opere utili sono la manuten-zione del territorio e delle infrastrutture e restiamocontrari alle grandi opere inutili come la Tav. Certa-mente, per chi lavora nell’industria, questo non è untema semplice, perché è innegabile che produce dellecontraddizioni. O tu pensi che ci sia bisogno di ener-gia o pensi che possiamo fare a meno dell’energia. Sic-

come io credo che nessuno in Fiom possa ritenere chesi possa fare a ameno dell’energia, è chiaro che allorabisogna discutere di come la produci e con quale com-promesso col territorio dove la produci. Io non sonoper dire che la siderurgia si deve fare nel Terzo mondo,così se è brutto e cattivo nessuno lo vede e losente…tanto poi l’acciaio lo usiamo noi nel Primomondo! Io sono per affrontare il tema, anche con lecontraddizioni che questo comporta. Penso che suitemi ambientali, anche nella contrattazione di secon-do livello, si possano fare cose importanti: dalla mensaa chilometro zero, al trasporto pubblico per raggiun-gere il luogo di lavoro. Questi sono elementi che hannoimpatto anche sulle giovani generazioni, che si avvi-cinano più difficilmente al sindacato, sia perché sonoricattati ma anche perché vengono da un’assenza dicultura politica.

TOMMASO CERUSICI La seconda è la questione di genere eil protagonismo delle lotte delle donne, anche queste a li-vello internazionale. Come valuti queste mobilitazioni anchein rapporto allo sciopero femminista?FRANCESCA RE DAVID Le donne sono quelle che hannopagato di più la crisi. Se guardo i dati degli iscritti trai metalmeccanici vedo che, prima della crisi, il 22%dei nostri iscritti erano donne mentre oggi sono il 16%.Ciò significa due cose: sicuramente che la crisi ha col-pito particolarmente le donne; ma forse, anche, chec’è stata una nostra incapacità di rappresentarle ade-guatamente. Il ritorno in campo di un movimento delledonne, in grado di farsi sentire, credo sia un fatto fon-damentale e importante. Noi abbiamo invitato al no-stro Congresso le donne di Non una di meno, per di-scutere con loro. Sono anni che ci incontriamo e ci con-frontiamo, anche con le delegate. Sono state proprioquest’ultime a spiegare loro che per noi lo sciopero èlo sciopero, non è una cosa simbolica. E se uno scioperonon riesce, oltre ad aver perso salario, il giorno dopoin fabbrica i lavoratori sono più deboli. A me non bastadichiarare uno sciopero politico. Se io dichiaro scio-pero devo lavorare affinché riesca e se le delegate midicono che la condizione per lo sciopero generale dellacategoria non c’è, io trovo autoritario dichiararglielosulla testa. Cosa diversa è che nei singoli luoghi di la-voro, dove ci sono le condizioni, si faccia lo sciopero.E questo elemento noi lo abbiamo sempre sostenutoe lo continueremo a sostenere.

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INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019 PAG. 13

Al termine di un ricco e generoso scambiocon molti e molte, per via diretta o attra-verso note scritte, si è giunti a dare formapressoché definitiva al documento “Un’al-

leanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale” che,come ci si era proposti, attraversa e interroga l’enciclicadi papa Francesco traendone indicazioni program-matiche e politiche. Il testo allegato è ridotto a due punti - clima e lavoro- noncerto esaurienti, ma significativi. L'intero documento èancora lontano da un compimento formale, vi sono ri-dondanze e argomenti non giunti a sintesi; è però aper-to e vivo, un terreno di incontro, e crediamo che questosia il suo pregio maggiore. Il documento sostanzia inparticolare la domanda, espressa in un ampio Forumtenuto a Milano a Gennaio, di un’ampia risposta de-mocratica all’attacco all’ambiente, all’eguaglianza, ai di-ritti, all’accoglienza, alla libertà di movimento, alla le-galità e al lavoro entro cui si consuma, come una svol-ta imprevista, la crisi dell’Unione europea, perché un’al-leanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale possaprendere corpo e orientare le scelte della politica.Da questo lavoro collettivo, tutt’altro che definitivo esempre aperto a integrazioni – opera per definizioneimperfetta, frutto di linguaggi che provano ad amal-gamarsi senza nascondere le contraddizioni, dove ladifferenza di analisi e di impostazioni si sottrae allatentazione della reductio ad unum – prenderà avvio unpercorso di seminari tematici e proposte da articolaresul territorio.

Parte prima: Il clima

La questione climatica come punto di non ritorno. Il mu-tamento del clima è un processo complesso e non go-vernabile nelle sue imprevedibili accelerazioni, le cuiconseguenze potrebbero minare irreparabilmente lapresenza umana sulla Terra. L’aumento della tempe-ratura media sul pianeta porterà a modificazioni so-stanziali e drammatiche del modo di vivere e relazio-narsi, sia nelle città sia in aree aggredite da siccità cre-scente, dall’intensificarsi di eventi meteorologici estre-mi e dalla risalita del livello dei mari. Per la primavolta nella storia, la specie umana si trova a un puntodi non ritorno, che possiamo avvicinare o allontanarea seconda del comportamento economico, politico esociale dei singoli, delle comunità, dei governi, degliattori politici ed economici. L’umanità è a un bivio edeve assumersi la responsabilità della propria salvez-za o della propria perdita.

1. Contenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5°C. Il cambiamento climatico ha un carattere di asso-luta specificità e si manifesta come fenomeno globaleche riguarda tutte le aree del nostro pianeta: perciò èstato definito la più grande minaccia del terzo mil-lennio. L’instabilità climatica, oggi rilevabile ovunque,prelude a effetti catastrofici. I moniti del mondo scien-tifico richiedono che il ritardo dei governi, delle am-ministrazioni pubbliche, delle istituzioni, dei corpi so-ciali intermedi e dei singoli cittadini venga colmato alpiù presto. Gli obiettivi degli accordi di Parigi, ratifi-cati nel 2016 senza obblighi cogenti da 180 paesi, de-

SCENARI TRASVERSALI Daniela Padoan e Mario Agostinelli

Un’alleanza per il clima,la terra e la giustizia sociale

Daniela Padoan* e Mario Agostiinelli* presentano un testo formato da due parti(Il clima e il lavoro) che fanno parte di un Forum tenuto a gennaio a Milano per la

stesura del documento “Un’alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale”

* Associazione Laudato Sì per la cura della Terra.

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INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019 PAG. 31

Al di là di come si riconfigurerà il Parla-mento europeo dopo le elezioni di finemaggio. Ma un dato è chiaro. È la primavolta dopo 40 anni di esistenza che il nuovo

Parlamento nasce senza una maggioranza precosti-tuita. I due partiti dominanti, conservatori e socialde-mocratici o di centrosinistra, perderanno, secondo tuttele previsioni, voti e seggi. Il risultato si rifletterà par-ticolarmente sull’eurozona. Non a caso, all’origine delmillennio furono i partiti socialdemocratici protago-nisti della costruzione del-l’euro. Ora sono quelli chesubiranno il peso mag-giore della sconfitta, acominciare dalla Fran-cia con la sostanzialescomparsa del partitosocialista di FrançoisHollande, la margi-nalizzazione delPartito democrati-co in Italia e il pe-sante ridimensionamen-to della SPD in Germania.Dobbiamo ricordare che l’euro fuper molti versi un’invenzionefrancese, opera di Mitterrand eDelors. La Germania unificatane avrebbe fatto volentieri ameno. L’unificazione risolveva un

problema storico e faceva definitivamente del marcola moneta più forte in Europa e tra le rispettate almondo. Ma Kohl guidò senza tentennamenti la liqui-dazione del marco per lasciare spazio alla monetaunica, come contropartita concessa alla Francia in cam-bio dell’unificazione della Germania.Alla fine del millennio l’euro nacque in un clima digrande ottimismo. Nel giro di un decennio, decreta-rono gli uffici della Commissione europea, la crescitaavrebbe debellato la disoccupazione nell’Unione, ri-ducendola al livello fisiologico del 2-3 per cento.

Non andò così. I primianni furono deludenti, ma furono consi-

derati una fase di transizione. Poi la crisi finanzia-ria nata in America nel 2008-2009 investì il sistemabancario europeo e, in particolare, francese e tedesco,profondamente coinvolti nella crisi immobiliare ame-ricana.Nell’America colpita dalla crisi molti economisti ave-vano paventato il crollo catastrofico dell’economia.Non andò così. Gli Stati Uniti, traendo insegnamentoproprio dall’esperienza della Grande Depressionedegli anni trenta, adottarono misure in grado di at-

SCENARI EUROPEI E INTERNAZIONALI Antonio Lettieri

I paradossi dell’euro e le elezioni di maggio

Antonio Lettieri* analizza la situazione politica europeaal di là delle elezioni di maggio l’alternativa tra la continuitào un radicale cambiamento delle politiche neoconservatrici

* Presidente CISS e collaboratore di Eguaglianza e Libertà.

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PAG. 34 INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019

Passata ormai da qualche tempo l’ondata po-litico-mediatica relativa allo sbarco in marzoin Italia del presidente cinese e alla firma daparte nostra del documento relativo alla

nuova via della seta (BRI, Belt and Road Initiative), on-data tra l’altro anche caratterizzata dalle strabiliantiimprovvisazioni sul tema di tanti personaggi pubbli-ci, si può cercare di riflettere con qualche distacco sualcuni aspetti della situazione e delle prospettive deirapporti tra i due paesi.

Lo sviluppo cinese

Anche se molte delle basi dello sviluppo del paeseasiatico erano state poste nel periodo precedente, è,come è noto, un discorso di Teng Tsiao Ping del 1978che ha dato il via ad uno dei più grandi sommovi-menti economici che la storia abbia mai registrato.Da allora la Cina, con tassi di crescita dell’economiamolto elevati, ha nel tempo raggiunto la posizione diprimo paese al mondo per quanto riguarda gli inter-scambi commerciali e il livello della produzione in-dustriale, poi, nel 2014 il primato anche per il livellodel pil, superando anche gli Stati Uniti, almeno se siutilizza per i calcoli il criterio della parità dei poteridi acquisto. Ora essa minaccia anche il dominio tec-nologico Usa. La rabbiosa reazione di Trump ai suc-cessi tecnologici di Huawei, con l’avvio più in generaledi un nuovo tipo di guerra fredda contro il paese asia-tico, guerra che minaccia di danneggiare fortemente

l’economia del mondo, a cominciare da quella statu-nitense, ne sono una rilevante spia.La forte crescita cinese, cui ha fatto seguito anche quel-la di molti paesi emergenti, ha fatto si che nell’insiemeessi, secondo almeno le stime del Fondo Monetario,nel 2018 abbiano raggiunto ormai, sempre utilizzandoil criterio della parità dei poteri di acquisto, circa il60% del pil mondiale. Questo fatto rappresenta in prospettiva una enormesommovimento negli equilibri di potere mondiale,fatto che peraltro in Occidente viene passato sostan-zialmente sotto silenzio e comunque molto malamentedigerito. E le cose non dovrebbero cambiare molto di segno neiprossimi anni. Il peso economico e politico della Cina,dell’Asia (continente che ha ormai raggiunto i 5 miliar-di di abitanti) e, più in generale, dei paesi emergenticontinua a crescere. Come del resto sembra giusto. Naturalmente il progressivo aumento dell’importan-za della Cina nel consesso mondiale non significa ne-cessariamente approvare tutti gli aspetti del suo si-stema economico, sociale, politico. Così, ad esempio,appare negativo il fatto che con lo sviluppo si sonofortemente incrementati i livelli di diseguaglianza in-terni, mentre peraltro la crescita dei paesi emergenti hain generale ridotto lo scarto di redditi degli stessi coni paesi ricchi.Per quanto riguarda le caratteristiche dello sviluppoeconomico del paese asiatico, negli ultimi anni si puòsottolineare intanto il forte aumento del suo livellotecnologico, tra l’altro con un progressivo incrementodelle produzioni interne di parti e componenti che

SCENARI EUROPEI E INTERNAZIONALI Vincenzo Comito

Note sulla Cina, l’Italia,l’economia, la politica

Vincenzo Comito* analizza le relazioni tra la Cina e l’Italia dopo la firma da partedel governo italiano del documento relativo alla nuova via della seta. Quali sono gliinteressi della Cina verso l’Italia e quale potrebbe essere una adeguata politica italiana?

* Docente, economista Università di Urbino.

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PAG. 50 INCHIESTA - APRILE-GIUGNO 2019

Presentazione a cura di Luciano Berselli e TizianoRinaldini

Si è riaccesa in questa fase una attenzione sulproblema della formazione e sul rapporto trascuola/studio e lavoro. Su questo terreno cipare utile conoscere le caratteristiche di una

esperienza del passato (primi anni ‘70) di cui moltihanno perso la memoria: l’esperienza delle 150 ore re-tribuite e interne all’orario di lavoro come spazio au-tonomo dei lavoratori e delle lavoratrici per lo studio.Nel riprendere il tema, su cui “Inchiesta” ebbe alloraun significativo ruolo, la rivista vuole continuare anchesu questo a riproporre oggi linee di riflessione di“guardare indietro per guardare avanti”.L’intervista con Antonio Lettieri, che fu uno dei pro-tagonisti nell’avvio di quella esperienza, è un buonpunto di partenza. Lettieri ci propone, pur sintetica-mente, uno sguardo storico sulla critica dell’organiz-zazione del lavoro che si sviluppò da parte del movi-mento sindacale e dei lavoratori e lavoratrici ed il rap-porto in questo contesto con la rivendicazione e la con-quista delle 150 ore.Ricostruisce la contrattazione collettiva nel settoredella siderurgia in Italia, negli anni tra il 1970 e il 1973,per la rivendicazione e la conquista dell’inquadra-mento unico tra operai ed impiegati, un punto di co-noscenza storica oggi non così presente e diffuso. Conil contratto nazionale dei metalmeccanici del 1973, in-

sieme con l’inquadramento unico, si realizza la con-quista delle 150 ore, da destinare a percorsi di arric-chimento culturale individuale e collettivo dei lavo-ratori, in un processo che intendeva intrecciare inmodo nuovo sapere e lavoro. L’articolo 28 del contratto nazionale stabiliva che: “I la-voratori che, al fine di migliorare la propria cultura,anche in relazione all’attività dell’azienda, intendonofrequentare, presso istituti pubblici o legalmente rico-nosciuti, corsi di studio, hanno diritto...di usufruire dipermessi retribuiti a carico di un monte ore triennalemesso a disposizione di tutti i dipendenti”. Per caratte-rizzare pienamente il significato e il valore della con-quista, Lettieri ricorda la forte resistenza che durante letrattative oppose la controparte padronale, che in modobeffardo chiese se in questo modo un lavoratore potevaessere retribuito per imparare a suonare il clavicemba-lo. La replica fu che il lavoratore effettivamente sarebbestato libero di scegliere il campo del suo impegno cul-turale su cui utilizzare le 150 ore. Negli anni successivi,le 150 ore divennero un processo che all’interno dellescuole coinvolse migliaia di lavoratrici e di lavoratori, incorsi appositamente istituiti e organizzati collettiva-mente dai Sindacati (in particolare dalla FLM) e dai Con-sigli di Fabbrica, con la collaborazione volontaria e mi-litante di molti intellettuali e insegnanti.“Inchiesta” nasce quasi contemporaneamente al sor-gere delle 150 ore; molti dei suoi collaboratori si im-pegnarono in prima persona nella progettazione deicorsi – in rapporto con il sindacato, in particolare conla FLM, a Bologna, a Varese, a Reggio Emilia, a Mila-no e a Brescia e in diversi altri territori.

GUARDARE INDIETRO PER GUARDARE AVANTI Antonio Lettieri

Scuola studio e lavoro:l’esperienza delle 150 ore

Antonio Lettieri* intervistato da Claudio Salone** ripercorrel’esperienza delle 150 ore. Il testo è preceduto da una presentazione

a cura di Luciano Berselli e Tiziano Rinaldini

*Antonio Lettieri, è stato segretario confederale della Cgil e attual-mente è presidente del Centro internazionale Studi sociali (Ciss).** Rivista “Education 2.0” on line.