Rivista Il Reazionario I Celti E I Loro Druidi - II

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Celti E I Loro Druidi

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  • I celti e i loro druidi - II

    I Celti e i loro druidi - II

    Cesare ci dice che tutti i Druidi erano comandati da un capo superiore agli altri secondo un ordine gerarchico sulla base dei meriti e della dignit che ognuno aveva fino a quel momento raggiunto e che, probabilmente, rappresentava il Pontifex Maximus latino o il Tirthamkara indiano, ossia "colui che guarda il ponte tra i mondi", lunione tra il potere regale e quello spirituale. Ai Druidi era riservata la facolt di divinare, di guarire, di praticare la magia e i riti sacri: erano difatti chiamati anche Gutuater, "Padri della Parola". Essi compivano i loro riti tra i boschi, in delle radure che consideravano sacre; Plinio ci narra che "essi sono chiamati secondo gli alberi perch abitano nelle foreste remote": sono quindi, oltre che i "molto sapienti", anche "uomini dellalbero", derivando probabilmente il loro nome dallunione della radice dhri, dal greco drus (quercia, ma anche idea di stabilit, di forza) e da vid (saggezza). Del resto il mito dellAlbero del Mondo, dellasse fisso intorno al quale tutto ruota, collegamento tra il Polo Celeste e quello Terrestre permea le tradizioni di quasi tutte le civilt antiche, a conferma, ancora una volta, che "tutte le tradizioni particolari sono solo adattamenti di una unica tradizione primordiale" (Guenon). La classe sacerdotale dei Druidi era collegata alla classe regale da un "dualismo monistico" che incarna in due funzioni esteriori un solo principio superiore: quello attribuito al Legislatore primordiale e universale, il Menw (le figure cristianizzate di re Art e del mago Merlino sono assolutamente le rappresentazioni di questi due poteri: il regale e il sacerdotale). Il compito del re e del sacerdote diventa allora quello di innalzare il mondo che li circonda ad un livello pi alto fino a raggiungere la Pax e la Justizia che permeano il mondo superiore, quello degli dei; uno sforzo teso al raggiungimento di ci che il simbolo del Graal, leggenda celtica poi completamente cristianizzata, rappresenta. Il Graal era il leggendario calice dal quale Ges Cristo bevve durante lultima cena prima della sua crocifissione e nel quale Giuseppe dArimatea avrebbe raccolto il sangue che sgorgava dal suo corpo, morente sulla croce. Tralasciando i vari significati che il simbolo della coppa ha assunto nei secoli, vogliamo per soffermarci sulla provenienza celtica attribuita a questa leggenda sottolineando come i Druidi debbano considerarsi effettivamente i "custodi regolari della tradizione primordiale" (Guenon). Il significato ambivalente del Graal difatti quello di un vaso (grasale) e di un libro (gradale o graduale) e simboleggia, tramite questa ambivalenza, la medesima provenienza diretta del potere regale e del potere sacerdotale dal Principio supremo, fondamentale elemento gerarchico di tutta la spiritualit celtica. Il significato della dualit nella custodia della coppa ne un esempio. Giuseppe dArimatea un nobile, mentre il suo compagno Nicodemo un sacerdote come lo sono re Art e mago Merlino, ultimi custodi della coppa prima della sua scomparsa : altra cosa che accomuna tutte le religioni tradizionali difatti la cerca di qualcosa di perduto, sia esso una coppa, un vaso, una bevanda o anche la pronuncia del nome di Dio, tutti simboli che comunque rappresentano la medesima cosa: la conoscenza e limmortalit). A questo proposito ,peraltro, bisogna sottolineare che la figura simbolica del vaso o della coppa fu sempre presente nella tradizione druidica, essendo uno dei quattro talismani fondamentali (precisamente linesauribile calderone di Dagda), portati allarrivo in questo mondo dai Tuatha De Dannan, la stirpe di dei dai quali i Celti dicevano di discendere (il significato di Tuatha De Dannan del resto "figli della dea Dana", vd. box sottostante). Questo popolo di uomini semidivini dopo aver scacciato i giganti del caos, i Fomori, si sarebbero definitivamente stabiliti in Irlanda, dando vita alle popolazioni e

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    alle trib celtiche. Questo "dualismo-monista" presente proprio nellinseparabilit del re e del sacerdote, incarnazioni diverse ma ambivalenti del Principio supremo: il Menw, il Legislatore primordiale. E la rappresentazione celtica di quel Manu che nellIndia vedica si scinde nelle due personificazioni di Mithra, colui che fa parte di questo mondo (il dio guerriero), e Varuna, colui che dellaltro mondo (il dio sacerdote); questo, peraltro, un dualismo ricorrente anche nelle altre tradizioni indoeuropee: nella mitologia scandinava, con Odino (il Guercio) e Tyr (il dio della guerra monco), e in quella romana con Giano, il dio bifronte, e con Muzio Scevola e Orazio Coclite ( che hanno, guardacaso, il medesimo problema fisico degli dei Asi sopracitati ...). Senzaltro fondamentale per capire una tale visione del mondo riuscire a comprendere il significato del tempo per un Celta: esso poco pi di unillusione della mente e non una realt autonoma ma una "ipostasi delleternit", una manifestazione ciclica di tutto ci che ci circonda in cui la vita non pu prescindere dalla morte e la morte dalla vita. Tutto il divenire allora un Eterno Presente, ogni staticit scompare e Dio diviene la e lW, il principio e la fine di tutte le cose, unico punto fermo di questo eterno, ciclico cambiamento. Gli uomini, partecipi di questo eterno divenire di tutte le cose, divengono immortali ; ma non vi reincarnazione, n una metempsicosi: la rinascita avviene altrove, in una realt diversa, in un vero e proprio Altro Mondo. Questo , per, soltanto uno degli infiniti mondi possibili, la cui porta risulta aperta a tutti a condizione di essere degli "iniziati" o degli eroi : sono soltanto coloro che raggiungono il termine della cerca (una ricerca individuale seppur non in contrasto con una comunit tesa anchessa al superamento di se stessa), avendo svolto completamente il ruolo assegnato ad ognuno nel perfezionare il mondo e portarlo verso il compimento affinch anchesso si rigeneri e ritorni alla mitica "et delloro" in completo contatto col divino, possono oltrepassare il "Guado delle Anime" al di l del quale abbandonano la loro anima mortale e si riuniscono al Principio superiore ed eterno, nella purezza dello Spirito che, per quanto riassorbito nellEnte supremo, non rinuncia comunque a quellindividualit cos duramente conquistata nel suo lungo pellegrinaggio.

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    I Tuatha de Danaan

    In un tempo lontanissimo lIrlanda era abitata da creature fantastiche come i giganteschi Fomori, i giganti del caos, o i Fir Bolg (uomini Bolg il cui significato incerto ma potrebbe derivare dalla parola folgore), esseri incorporei e alati. Questa multiforme popolazione si era venuta a creare a seguito di tre migrazioni postdiluviane; la prima fu quella guidata da Partholon che istitu un regno puramente materiale, la seconda, capitanata da Nemed, sanc lintroduzione dellelemento spirituale, mentre la terza port in Irlanda i guerrieri Fir Bolg. Successivamente avvenne la grande migrazione con la quale giunsero i Tuatha de Danaan, o gente di Danu che, sconfitti i Fomori (gli unici abitanti che sembrano esistere da sempre sullisola), colonizzarono lisola. La quinta grande migrazione port dalla terraferma la gente di Mill, o Milesiani, chiamati cos perch guidati dai due figli di Milesius, un leggendario re di Spagna. Successivamente chiamati Gaeli essi furono i primi celti ad abitare lIrlanda. Dopo avere avere sconfitto i redivivi Fir Bolg rovesciarono anche i Tuatha de Danaan. Questi ultimi prima di lasciare la sovranit ai nuovi arrivati e partire verso

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    lisola incantata di Tir nan og (terra dei giovani) colmarono di doni i Gaeli: la spada di Nuadu, il re dal braccio argentato per avere perso il proprio in battaglia, la pietra di Fal (Lia Fail), o pietra dellincoronamento, la lancia fiammeggiante di Lug, il dio al di sopra degli altri, druido, guerriero e multiforme artigiano, e il calderone inesauribile di Dagda, il padre degli Dei; questultimo diverr successivamente una coppa, quella della conoscenza, in alcuni miti posteriori. In realt tutti e quattro questi oggetti sono stati assorbiti e rielaborati in varie forme da molte altre popolazioni non celtiche; trascurando la loro banale analogia con i semi delle carte da gioco (spade, bastoni, denari e coppe), lOccidente cristiano li rielabor nel simbolo del sacro Graal, la coppa nella quale venne raccolto il sangue di Cristo, nella lancia di Longino, quella con la quale fu trafitto il suo costato, nella pietra filosofale, quella con la quale era possibile creare loro. Il ciclo bretone, quello di re Art e dei cavalieri della tavola rotonda, vi aggiunger Excalibur, la spada invincibile che concede un regno al suo dominatore.

    LIrlanda celtica tra storia e mito

    In epoca precristiana il territorio dellisola era diviso in vari regni (una divisione che le leggende attribuiscono addirittura ai Fomori, i giganti del caos) tra i quali quello di Connacht era divenuto tanto potente da dominare tutti gli altri. Addirittura il re di questa regione era accettato come sovrano anche dagli altri regni. Leggendaria tra questi fu una regina, Maeve (o Medbh), che dalla sua fortezza di Cruachan dominava lisola. Lei stessa guidava in battaglia i suoi guerrieri e pur essendo sposata aveva molta pi influenza del marito, re Ailell. Tale cosa non deve stupire chi non conosce la societ celtica, una delle poche, forse lunica, tra quelle nordiche, di tipo matriarcale. Le sacerdotesse per esempio erano tutte donne e il rapporto uomo donna era praticamente sbilanciato verso questultima. A cambiare questo modo di pensare intervenne il cristianesimo, introducendo la societ patriarcale tipica delle genti del nord, ma anche quel maschilismo tipico latino. Nel tentativo di sottomettere lUlster di re Conchobar, si scontr duramente con il campione di questultimo, il mastino di Culann, Cu Chulainn, altro personaggio leggendario. Il soprannome di mastino di Culann (il nome vero era Setanta) derivava dal fatto che, avendo ucciso accidentalmente il cane da guardia del fabbro Culann, per penitenza decise che ne avrebbe preso il posto come guardiano e difensore del fabbro. Le gesta delleroe celta, che, alla testa dei guerrieri del ramo rosso, si batt durante la guerra del Toro Bruno per difendere lindipendenza della piccola regione settentrionale, sono largomento del ciclo di storie del Tain Bo Cualnge (ratto del bestiame di Cualnge; lepisodio che scatena la guerra del Toro Bruno). Gli scontri tra questi due personaggi assunsero toni mitici con relativo utilizzo di poteri soprannaturali visto che ad entrambi era attribuita una natura divina o infernale; Cu Chulainn era figlio di Dechtire, una sorella di re Conchobar, e di Lug, il dio del sole, e come tale aveva poteri soprannaturali che gli permettevano, ad esempio di infiammarsi, divenendo una specie di torcia umana, quando era colto dallira o da furore guerriero. Maeve per combatterlo, gli scatena contro maghe e Druidesse, tra cui la potente Morrigan, creatura dellAnnwn, linferno celtico. Secondo la leggenda questa aveva una triplice natura; maga, guerriera e eccitatrice dei desideri sessuali, personificati da un triplice aspetto; Nemhain, Macha, Badhb, triplicit che ricorda da vicino le tre parche romane, le stesse che in Grecia erano chiamate moire, Atropo, Lachesi e Cloto, o le tre

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    norne nordiche (Urda, Verdandi e Skuld). Non riuscendo con i modi consueti a battere Cu Chulainn, i suoi nemici ricorsero ad un trucco: leroe era da sempre sottoposto ad una serie di gessa (divieti), tra i quali uno che gli impone di non uccidere n mangiare cani. Il trasgredire ad un geis portava alla vergogna davanti al gruppo sociale e conseguentemente la morte. Ma egli non poteva altres rifiutare un invito a pranzo; i suoi nemici fecero cos in modo che egli trasgredisse ad un primo divieto, quello riguardante il mangiare cane, entrando in una spirale di eventi che ben presto lo porta a trasgredire anche tutti gli altri gessa. Perci, nonostante potesse contare sulla sua Gae Bulga, una lancia fatata, alla fine Cu Chulainn venne sconfitto e ucciso da un giavellotto fatato.

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