Rivista della Fondazione Missio • Poste Italiane …...Kab à ka Kab à ka Kab à ka Kab à ka Kab...

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Anno XX – Febbraio 2017 • Numero 2 Rivista della Fondazione Missio • Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/ C / RM • Euro 1,40

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Il Ponte d’Oro - Mensile dei Ragazzi MissionariReg. Tribunale di Roma n. 171/97 del 21/03/97Editore: Fondazione di Religione Missio (organismo pastorale della CEI)Presidente di Missio: Francesco BeschiDirettore di Missio: don Michele AutuoroDirettore responsabile: padre Giulio AlbaneseRedazione: Chiara Pellicci, Miela Fagiolo D’Attilia, Ilaria De Bonis. Segreteria: Emanuela PicchieriniHanno collaborato: Eleonora Borgia (pag. I-IV).Illustrazioni: Beatrice Cerocchi, Irene Guerrieri (pag. 36-37), Carla Manea (copertina), Saverio Penati (pag. 27-30).Foto: AF/MISSIO, Giuseppe Andreozzi, Chiara Pellicci, Wikipedia, Freepik.com, Comboni Press, Massimo Lombardi, Giovanni Gianfrate, Andrea Allegretto, Luisa Cattaneo.Progetto grafico e impaginazione: Alberto SottileRedazione e amministrazione: Via Aurelia, 796 – 00165 Roma; tel. 06/66502678; e-mail: [email protected] abbonamenti: tel. 06/66502632; fax 06/66410314; e-mail: [email protected] annuo: individuale 14€; collettivo 10€; estero 26€ su n. 63062327 intestato a MISSIO oppure con bonifico bancario intestato a MISSIO PONTIFICIE OPEREMISSIONARIE presso Banca Etica, cod. IBAN IT 55 I 05018 03200 000000115511.Stampa: Graffietti Stampati - S.S. Umbro Casentinese Km 4,5 - Montefiascone (VT)Mensile associato alla FeSMI, Federazione Stampa Missionaria Italiana.Chiuso in tipografia il 12 gennaio 2017.

omm ra iSEditorialeLa sorpresa del macigno

Kabàka, l’amico dottoChristopher e gli amici dal web

GiramondoViaggio in…Repubblica Democratica del Congo

DossierIn viaggio sulla frontiera

Intervista (im)possibileTra i poveri più poveri

Dove è nata la missioneSalva Israele!

Passi di oggi…Piccoli grandi fatti quotidiani

…sulle orme di ieriSan Francesco Saverio

FuorisaccoIslam amico

Click alla ParolaScaffaleLa sirena e i musicanti

Viaggio in quiz

oAll’interno

PIANETA MISSIO RAGAZZI

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Ed to ia

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Cari Amici,tra i popoli Bantu dell’Africa circola questastoriella che vorrei condividere con voi perché,dal mio punto di vista, è una straordinaria lezionedi vita.Un giorno, il re del popolo Zulu fece collocareun’enorme pietra in mezzo ad una strada im-portante che conduceva nei principali villaggi.Nascondendosi dietro un cespuglio, si misea controllare se qualcuno si fosse preso labriga di rimuovere quel macigno. Alcunisudditi ed altri passanti si limitarono a gi-rargli attorno; altri protestarono controquei possibili malfattori che avevanoposto lì la grande pietra. Ad un

certo punto passò un giovanecacciatore con il suo caricodi selvaggina sulle spalle.Avvicinandosi al macignopoggiò il carico al lato dellastrada e tentò, generosamen-

te, con tutte le sue forze, dispostarlo. Con fatica riuscì nell’impresa, facendo rotolare quel masso oltre il ciglio dellastrada. Tornò indietro a prendere il suo carico e notò che c’era una borsa, in una piccolabuca, proprio sul terreno in cui prima stava la pietra. La borsa conteneva un sacchettopieno di diamanti. Imparò così che tutti gli ostacoli, con la buona volontà, celano unpremio: possono essere un’opportunità per migliorare.Dunque, amici miei, mai scoraggiarsi!

Abuna

La sorpresadel macigno

Kabàka Kabàka

Kabàka Kabàka KabàkaKabàka

L’amico dottoCiao! In questo numero ecco la

storia di un bambino senza amici che

ha fatto il giro del web. Il suo nome è

Christopher. Vuoi conoscerlo?

H a 11 anni e sichiama Christo-

pher Cornelius. E’ unbambino autistico delNew Jersey (Usa), dovevive e frequenta rego-larmente la scuola. Du-rante una lezione, l’in-segnante ha distribuitoagli alunni un questio-nario da riempire conrisposte brevi per rac-contare la propria vita.Tra l’altro si chiedevadi elencare gli amicipiù cari e Christopherha scritto: “Nessuno”.Quando ha visto il

compito del figlio, il papà Bob ha condiviso lafoto del questionario su Facebook con un lungopost di riflessione per sensibilizzare i genitorisull’importanza dei contatti sociali e umani peri bambini affetti da autismo. Christopher, oltre alle cure della famiglia, nonha mai avuto veri amici. Vedendo il fratello piùpiccolo invitare gli amici a dormire a casa, hachiesto al papà di fare lo stesso. Ma non sapevachi chiamare. “I compagni di classe di mio

Chi è affettoda autismo

viene detto auti-stico. L’autismo è unacondizione di moltepersone che nasconocon caratteristichecomportamentali diver-se dalla “normalità”. Unbambino autistico nonstringe facilmente ami-cizie, ha spesso diffi-coltà di comunicazioneverbale e non verbale,ha comportamenti ripe-titivi, come allineareoggetti o fare gli stessimovimenti. Ma a volteha anche risorse e quali-tà potenziate, che glialtri non hanno.

AUTISTICO

i [email protected]

TI PRESENTO

UN AMICO

Christopher e gli

amici dal webChristopher e gli

amici dal web

Sopra: La pagina Facebookdel papà di Christophercon il post che ha fatto ilgiro del web.A fianco: Il questionariodistribuito in classe dallamaestra di ChristopherCornelius: qui il bambinoha scritto di non averenessun amico.

figlio - scrive il padre su Facebook - non sonomai stati apertamente ostili a mio figlio, ma difatto si sono limitati ad escluderlo. E franca-mente, li capisco. Ma anche se non è in gradodi dirlo, Christopher, che è intelligente ed haun grande senso dell’umorismo, vuole integrarsi,vuole qualcuno che gli parli, un amico con cuigiocare. Ora ha bisogno di aiuto per trovarlo”.Appena pubblicato il messaggio sul social net-

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TI PRESENTO

UN AMICO

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dIMMI COME LA PENsI…

A - chi è uguale a me

b - chi non ha problemi

C - cos’è la normalità?

UN bAMbINO ‘NORMALE’ è:

2A - è un mio amicob - non lo considero più di tanto

C - lo invito spesso a casa mia

NELLA MIA CLAssE C’èUN bAMbINO AUTIsTICO:

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4 A - ad avere un’attenzione speciale verso chi è solo

b - che il web può aiutare a risolvere alcuniproblemi

C - non so

LA sTORIA dI ChRIsTOPhER INsEGNA:

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5

5 A - Per normalità spesso si intende perfezioneb - Un amico è un regalo che si fa a se

stessiC - se sei mio vero amico, allora mi ami per

l’affetto, non per tornaconto

IN qUALE fRAsE TI RITROvI dI PIù:

3

5

1

TEST

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A - nessun problema: ognuno ha bisogni speciali

b - sono difficili da frequentare

C - ogni tanto mi sforzo di frequentarli

CI sONO bAMbINI ChE hANNO bIsOGNI sPECIALI:

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sEI UN RAGAZZO MIssIONARIO(fino a 10 punti)

Ti stanno a cuore tutti i bambini del mondo,

specialmente quelli che vivono particolari

difficoltà. Sei consapevole che siamo tutti fratelli

nel Signore e ti rimbocchi le maniche per stare

vicino a chi ha bisogno. Bravo!

hAI UN CUORE dA ALLENARE(da 11 a 18 punti)Forse preferisci circondarti di amici che sonocome te, hanno i tuoi stessi interessi, si divertonocon i tuoi giochi preferiti. Ma ti stannosicuramente a cuore anche i bambini che vivonoparticolari difficoltà. Sii più coraggioso e stai lorovicino: vedrai che riuscirai a scoprire qualità chenon conoscevi.

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…E TI dIRò ChI sEI

work, sono arrivate in pochissimo tempoben 50mila condivisioni. Una giornalista diuna radio di Kansas City ha invitato gliascoltatori a mandare lettere e cartoline aChristopher, che in pochi giorni ha ricevutomigliaia di messaggi d’affetto. “Questagrande attenzione è un po’ surreale ma rin-grazio tutti per la delicatezza dimostrata.Ora spero che mio figlio incontri anche soloun vero amico”.

Kabàka, l’amico dotto, ti aspettaanche nelle pagine successive perparlarti di:

NARCOTRAFFICANTI, TALEBANI,DEFORESTAZIONE, UNICEF, FRONTEX… E ALTRO.

GIOCA LA TUA PARTE!(da 19 a 25 punti)

Nel mondo c’è chi è più sfortunato di te e deveconvivere con difficoltà e problemi dettati daparticolari bisogni. Ti sei mai chiesto perché è toccatoa lui e non a te? Se prendi sul serio questointerrogativo, il tuo modo di considerare i bambini“speciali” cambierà…

i [email protected]

Gir amo ondo ondGir amo ondGir amo ond

IN QUESTO NUMEROTI ACCOMPAGNO IN:

INDIA

BOLIVIA

M oltissimi bambini in Afghanistan nonvivono la spensieratezza dell’infanzia.

Tutt’altro: sono costretti a subire delle vio-lazioni dei diritti che sarebbero troppoperfino per un adulto.

Nella provincia afghana diHerat, ad esempio, i nar-cotrafficanti reclutanosempre più bambini percoltivare e contrabbandareoppio, una droga che an-nebbia il cervello. In que-sto Paese devastato dalfondamentalismo islamicodei Talebani e tagliatofuori dal resto del mondo,i papaveri, dai quali si ri-cava l’oppio, sono la prin-cipale fonte di finanzia-mento e anche di occu-

pazione. Uno studio condotto dall’ufficiodelle Nazioni Unite, dice che la produzionedi papaveri da oppio è aumentata del 43%rispetto all’anno scorso e che nell’ultimoanno anche il numero di terreni coltivati è

aumentato del 10%. Il portavoce dellapolizia afferma di avere arrestato per trafficodi droga circa 30 bambini in un mese:“Alcuni di essi – racconta – sono tossicodi-pendenti”. Il che significa che i minorenninon soltanto spacciano l’oppio e lo producono,ma lo usano anche.

Ma non finisce qui: anche per le

AFGHANISTAN

Schiavi dell’oppioe bacha posh

In origine si chiamavano così gli studenti dellescuole coraniche del Pakistan e dell’Afghanistan,

cioè di quegli istituti in cui si imparava a leggere e scri-vere basandosi sul testo sacro per l’islàm (il Corano). Oggi contale termine si indica chi sostiene il fondamentalismo islamico inquest’area geografica, cioè chi porta all’estremo gli insegnamen-ti della religione islamica e li usa per compiere ogni violenza edesercitare il potere.

TALEBANI

AFGHANISTAN

Il com-mercio

della drogaè molto redditizio,sebbene sia illecito.Si tratta di attivitàche alimentano mer-cato nero, criminali-tà e morte. E’ porta-to avanti da personesenza scrupoli, inte-ressate solo al pro-prio guadagno: inarcotrafficanti.

NARCOTRAFFIC

ANTI

AUSTRALIA

SRI LANKATANZANIA

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Dalle piantine microscopicheche erano, stanno finalmentecrescendo e diventando al-beri che daranno frutto. Man-go, arancio e avocado chearricchiscono di vitamine, mi-nerali e fibre la dieta di mi-gliaia di bambini africani.Succede in 18 scuole ele-mentari della regione di Aru-sha, nel Nord della Tanzania,dove una ong italiana, Oikos,ha pensato di seminare alberi

grazie alla campagna ‘Un frutto al giorno’. Oikosopera in questo angolo d’Africa dal 1996 e diceche con l’iniziativa in questione sta offrendo“un’integrazione nutriente alla dieta quotidianadi 8.600 bambini in età scolare, contribuendo auno sviluppo fisico e psichico più sano”.In effetti il problema di certe zone moltopovere dell’Africa non è solo la mancanza dicibo ma la scarsa attenzione all’alimentazione:spesso i bambini non si nutrono in modo equi-librato. Inoltre “l’iniziativa consente di riportareal centro della comunità il valore dell’albero, che

femmine non c’è pace e non c’è infanzia. Lebambine, infatti, vengono prese come mogliquando hanno pochi anni di età. Per pro-teggere le loro figlie minorenni dai matrimoniprecoci le famiglie devono nasconderne ilsesso. Credendole maschi, gli uomini adultiche vogliono prendere moglie, non le sele-zionano tra le loro “promesse spose”. I ge-nitori che scelgono di non lasciarsi tentaredalle offerte economiche e dai beni materiali

Sigla di‘orga-

nizzazionenon governativa’, èun ente che operanel sociale, aiutan-do chi ha bisogno,senza voler guada-gnare denaro o trar-re profitto sui servi-zi che offre.

ONG

TANZANIA

Piccoli alberi crescono

promessi in cambio, sono costretti a tra-sformarle in “bacha posh” che in linguaDari significa “vestite come un bambino”.Con un taglio di capelli alla maschietto, ve-stono con abiti molto mascolini e cambianoil nome in modo che, soprattutto nelle zonerurali, passino inosservate in una societàche le considera poco più che una merce.

non solo permette di integrare una dieta localepovera di nutrienti, ma è anche strumento indi-spensabile per la riqualificazione del territorio”,ha spiegato il responsabile di Oikos. “Nellaregione di Arusha – continua - la deforestazioneha provocato un progressivo inaridimento delsuolo, mettendo a rischio sia l’ambiente sia il

sostentamento delle popolazioni”.

Quando il disboscamento, ossia il taglio di alberi epiante, diventa costante, esteso e motivato per lo

più da ragioni commerciali, si parla di deforestazione.E’ un fenomeno praticato nelle grandi aree verdi del mondo(come l’Amazzonia, in Brasile): si deforesta per vendere illegname e per procurarsi spazi liberi da coltivare con coltureredditizie.

DEFO

RESTAZ

IONE

i [email protected]

Gir am o ondGir am o ond Gir am o ond

Gir am o ondGir am o ond

Nel mondo ci sono milioni di minoriche soffrono costantemente gli effetti

di guerre ingiuste. Oltre 250 milioni dibambini crescono in Paesi in guerra. Quasiuno su cinque in Medio Oriente e in NordAfrica ha bisogno di assistenza umanitariaimmediata. Nel corso degli ultimi 70 anniqueste regioni avevano fatto notevoli pro-gressi nel rendere migliori le vite dei bam-bini, anche grazie all’impegno dell’Unicef.Però poi i violenti conflitti, la povertà, iflussi migratori e il clima hanno creato

condizioni disastrose, cancellando iprogressi degli ultimi anni.A dirlo è proprio l’Unicefin un suo recente report:dopo anni di conflitto inMedio Oriente e Nord Afri-ca i bambini sono semprepiù sotto attacco e subi-scono il peso maggioredelle guerre in metà deiPaesi dell’area.Circa 8,4 milioni di bam-bini siriani hanno bisogno

MONDO

In 70 anni peggiorata la vita dei bambini

di cure mediche, cibo e acqua, rispetto ai500mila del 2012. Quasi mezzo milione dibambini vive in zone assediate della Siriaed ha ricevuto poco o nessun aiuto negliultimi due anni. In Yemen in questi mesi ibambini denutriti sono morti letteralmentedi fame: qui sono addirittura 10 milioni lepersone, sotto i 18 anni, vittime delconflitto irrisolto. In Sudan, Libia e nelloStato di Palestina, invece, le guerre hannospinto milioni di bambini fuori dalle lorocase negando l’accesso ai servizi sanitari ealla scuola.

E’ un orga-nismo delle

Nazioni Unitenato per tutelare e pro-muovere i diritti dibambini e adolescentiin tutto il mondo. Oggicontribuisce al miglio-ramento delle loro con-dizioni di vita soprat-tutto nei Paesi in guerrae in quelli afflitti dafame e povertà.

UNICEF

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vita di tanti indiani. E’ proprio il caso di dire“grazie” agli Irula!

Una suora italiana,Micaela Princiot-to, missionariain Bolivia daquasi 40 anni,è stata pre-miata da unodei più grandigiornali bolivianiper aver contri-buito alla forma-zione e istruzione deibambini delle scuole elemen-tari nel Paese latino-americano. Il premio è ilPatujù di bronzo, un riconoscimento nazionaleche ha il fiore simbolo del Paese come icona.“Si deve premiare il lavoro e la dedizione dipersone che lottano per un mondo migliore eche si sono distinte per questo”, hanno sotto-lineato gli organizzatori dell’evento, alla sua18esima edizione.Suor Micaela, missionaria della famiglia religiosadelle Domenicane del Sacro Cuore di Gesù,vive in Bolivia dal 1989. Intervistata da unaradio ha spiegato che “in Bolivia c’è una leggeche cerca di imporre un modello unico educativo:si sta spendendo moltissimo per questo, masenza alcun risultato positivo; non ci sipreoccupa dei valori morali ed etici dei bambini.Ad esempio, la materia di religione, etica emorale è stata messa molto in discussione elo è ancora. In generale, il sistema educativoboliviano non si è mai arricchito”. Comedirettrice della Fondazione Casa Editrice Bie-naventuranzas, suor Micaela ha fatto sì chequesta casa editrice sia presente in tutto ilPaese e che le iniziative di formazione promossesiano gratuite per i più poveri.

BOLIVIA

Patujù di bronzoa suor Micaela

I n India vivono 244 specie di serpenti. Lepiù pericolose sono quattro: cobra, krait, vi-pera di Russell e vipera rostrata-squamata.Ogni anno muoiono circa 46mila indiani per ilmorso di questi rettili: avere a disposizionel’antidoto che ne neutralizza il veleno è moltoimportante. E se oggi è più facile procurarselo,si può ringraziare la tribù degli Irula che dagenerazioni si tramanda le conoscenze percacciare i serpenti ed estrarne il veleno (poirivenduto agli ospedali di tutto il territorio).Fino al 1972 questa popolazione cacciava iserpenti e ne vendeva le pelli. Poi tale praticaè stata vietata dal governo e i tribali rischiavanodi perdere la loro fonte di reddito. Ma ciò nonè accaduto perché sono riusciti a riadattare leproprie abilità: il governo, infatti, ha concessoagli Irula un mese di tempo all’anno per rin-tracciare i serpenti sparsi nei campi e rinchiuderlein otri di terracotta. In quel mese si provvedead estrarre il veleno da ogni esemplare per unmassimo di quattro volte, prima di rimetterloin libertà, e viene poi prodotto l’antidotoadatto ad ogni tipo di morso. È un lavoro ri-schioso, che però i membri della comunitàIrula compiono in maniera meccanica e senzatroppe preoccupazioni. I cacciatori vengonopagati in base alla pericolosità del serpente:un cobra costa 2.500 rupie (34,5 euro),una vipera circa 300 (poco più di 4euro). Davvero niente, se si pensache questo lavoro serve a salvare la

INDIA

Gli Irula e l’antidoto contro il morso dei serpenti

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Gir am o ondGir am o ondGir am o ond

Gir am o ond

SRI LANKA

Piccoli pescatori uniti

Ha festeggiato 20 anni di vita il Movi-mento nazionale dei pescatori dello

Sri Lanka (Nafso). Oltre ad essere un enteche difende i diritti di chi vive di pesca,

è anche uno strumentoche può unire il Paese,

lacerato da una guerra civile che ha vistoper anni la contrapposizione tra le TigriTamil e il governo. Da sempre, infatti, ilNafso lavora per avvicinare i pescatori delNord e del Sud, favorendo la riconciliazionetra tutti i suoi membri, siano essi cristiani,buddisti, induisti o musulmani. Ciò che hasempre unito i lavoratori ittici dello SriLanka sono le battaglie contro i metodiinvasivi di pesca usati dalle grandi società,

Quando unapopolazione

di una nazionesi divide in due o piùfazioni che si combat-tono tra loro, si parla diguerra civile. Quella inSri Lanka è iniziata nel1983 e si è conclusa nel2009 con la resa delleTigri Tamil, ribelli chechiedevano uno Statoseparato (di religioneinduista) nella parte set-tentrionale del Paese.

GUERRA

CIVILE

Gir am o ond

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Intraprendere un viaggio in bicicletta daSiem Reap alla capitale della Cambogia,Phnom Penh, attraversando terre e paesaggisplendidi, può aiutare anche a realizzareprogetti di sviluppo. Come? Grazie ad unainiziativa congiunta, promossa dalle PontificieOpere Missionarie dell’Australia. L’idea èquella di coinvolgere i visitatori e i turistioccidentali in un percorso in bicicletta, incontatto con le parrocchie locali e i centrieducativi per i bambini cambogiani. “Imma-ginate di immergervi nello splendido pae-saggio a bordo di una bicicletta lungo lestrade polverose del Delta del Mekong. Epensate se questo contribuisse a migliorarela vita dei bambini cambogiani attraversol’istruzione”, spiegano gli organizzatori. L’ini-ziativa è chiamata Ride to Reach Out, ed èrealizzata in collaborazione con Inspired Ad-

ventures. Nel corso di quest’avventura i

In Cambogia si trovano molti templi antichi, luoghi diculto per l’induismo, diventati mete turistiche per la lorostraordinaria bellezza.

TEMPLI CAMBOGIANI

AUSTRALIA

In bici sul Delta del Mekong

che si sono rivelati devastanti per la florae la fauna marina.Il Movimento, che oggi conta circa 15milaaderenti, è nato nel 1993 come distacca-mento del Social and Economic DevelopmentCentre (Sedec) della Caritas, e nel 1997 èdiventato un ente indipendente prendendoil nome attuale. Da allora porta avantiprogetti per la protezione del territorio edelle sue risorse, e sostiene il rispetto deidiritti umani di tutti i cittadini, di qualsiasireligione, con particolare interesse perdonne e bambini.

ciclisti avranno la possibilità di entrare incontatto con i progetti delle scuole perbambini poveri, supportati da Catholic Mission

(così si chiamano le Pontificie Opere Mis-sionarie australiane) e dai contributi dei par-tecipanti al viaggio in bicicletta. Insomma,chi pedala offre anche. Non solo soldi per ilprogetto, ma anche la propria vicinanza econoscenza. Tra le attrattive, anche l’esplo-razione dell’antica Angkor Wat, la crocierasulle acque del Lago Tonle Sap e l’avventuranei templi cambogiani.

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Viagg i in…oV iagg i in…oViagg i in…o

V iagg i in…oViagg i in…o

Viagg i in…o

Repubblica Democratica

del Congo

Se la popolazione della Repubblica De-mocratica del Congo (RDC) potesse go-

dere delle risorse naturali presenti nel sot-tosuolo e sul territorio, i congolesi sarebberoi più ricchi al mondo. Purtroppo, però, lastragrande maggioranza di essi vive nella

Tra le stradedi Kinshasa e le miniere del Nord Kivu

Tra le stradedi Kinshasa e le miniere del Nord KivuCon la sua superficie di oltre duemilioni di Km quadrati, laRepubblica Democratica del Congo,nel cuore dell’Africa, è grande ottovolte l’Italia. La guerra civile, chedal 1998 ad oggi ha causato oltrequattro milioni di morti, ha avutopesanti conseguenze sulla vitadella popolazione e soprattutto deibambini. Lo Stato è in condizioni digravi difficoltà: mancano servizisociali, scuole, ospedali, e lamaggioranza della gente vive inpovertà a causa dello sfruttamentoselvaggio delle risorse naturali dicui il Paese è ricco.

Nelle foto: Al mercato di Butembo si commercia di tutto.Per un Kg di formaggio ci vogliono tre dollarie per un litro di acqua minerale un dollaro.Troppo per una qualsiasi famiglia che vivenella miseria.

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È un insieme di regole, riconosciuto a livello internazio-nale, che tratta di un particolare argomento (in questo

caso i diritti dell’infanzia).

CONVENZIONE INTERNAZIONALE

miseria. Nelle campagnesi assiste ad un’emigra-zione di massa verso lecittà, alla vana ricerca diun lavoro e di una vitamigliore. Nei sobborghidella capitale Kinshasa,che conta oltre 10 milionidi abitanti, vivono oltre13.800 sheguè, i bambinie le bambine di stradache secondo l’Unicef so-pravvivono con il cibo rac-colto tra i rifiuti delle di-scariche. Tra loro moltisono orfani di guerra o exbambini-soldato, altri sonostati cacciati dalle famiglie

con l’accusa di essere bambini-stregone.Eppure la RDC dispone di immense risorseminerarie, con la presenza nel suo suolo dioltre 1.100 minerali e metalli preziosi.

Sottoterra a lavorareMolti sono i bambini che si trovano obbligatidalla povertà a lavorare nelle miniere,esponendosi a malattie e rischi di incidenti,sotto lo sguardo silenzioso dello Stato e

Non sonoaltro che sem-

plici ragazzini vit-time della credenzapopolare, dettatadalla mancanza diistruzione e dallasuperstizione neglispiriti maligni, secon-do la quale se qual-cosa va male (unapersona si ammala, ilraccolto va perso, latv si rompe, ecc.) ècolpa di un bambinoin cui si nascondeuno stregone. Così ilragazzino vienemandato via da casae si trova abbando-nato a se stesso.

BAMBINI-STREG

ONE

delle compagnie minerarie che li sfruttanoa basso prezzo. Sono soprattutto le minieredelle regioni del Nord Kivu e del Katangaad impiegare ragazzi dai sette ai 18 anni,si stima addirittura nella misura del 40%della manodopera impiegata. Secondo l’Uni-cef, nel 2014 circa 40mila bambini lavora-vano all’estrazione di diamanti e cobaltonelle sole miniere del Sud della RDC, tranuvole di povere e quasi senza luce, arri-vando fino a 200-300 metri di profonditàper una paga media equivalente ad uneuro al giorno.

Cinesi e non soloMa le compagnie minerarie e telefonicheche utilizzano il cobalto (dalla RDC partemetà della produzione mondiale) non sipreoccupano molto di come il mineralevenga estratto, malgrado le denunce dimolte organizzazioni umanitarie interna-zionali. D’altronde il lavoro dei bambini inminiera è una delle peggiori forme di sfrut-tamento minorile espressamente proibitadal diritto internazionale (vedi articolo 32della Convenzione internazionale sui dirittidell’infanzia). Lo Stato, però, sembra com-pletamente schiavo di corruzione e interessieconomici delle grandi industrie hi-tech.Se poi a gestire l’import-export dei preziosiminerali sono società cinesi, allora l’affareinternazionale si complica, perché a gua-dagnare sulle piccole braccia dei bambinisono in molti in tutto il mondo. In queste

i [email protected]

Viagg i in…oV iagg i in…oViagg i in…o Viagg i in…o

Viagg i in…o

Molto ma molto tempo fa, il Cielo e laTerra vivevano in armonia e stavano

l’uno accanto all’altra. Potevano quindi con-sultarsi per le decisioni importanti daprendere sulla sopravvivenza dell’umanità,

degli animali, delle piante, delle rocce e deiminerali dal magnifico splendore. Il Cieloguardava con benevolenza gli esseri umaniche erano sotto la sua volta. Capitava ancheche si curvasse così tanto da sfiorare lecime degli alberi. A volte gli uomini più an-ziani e alti, come quelli che vivevano aibordi del fiume Congo, sentivano una leggeracarezza sulla testa: capivano che il Cielomanifestava loro una speciale attenzione eche si aspettava da loro qualcosa di bello.Un giorno una giovane donna prese unagiara di terracotta e la mise sulle pietre delfocolare, sopra alle braci fiammeggianti. Ladonna mescolava con un lungo mestolol’acqua mista a farina di mais fermentata,

Favola dal Congo

Il Cielo, la giara e la Terra

condizioni non stupisce che la RDC abbiaun tasso di mortalità infantile altissimo(83 bambini muoiono alla nascita, su millenati vivi) e una speranza di vita di pocosuperiore ai 50 anni. Un Paese, per forza

Esprime la lunghezza media di vita di un cittadino all’inter-no di una popolazione. In RDC la durata media della vita di

uomini e donne è intorno ai 50 anni.

SPERANZA DI VITA

di cose, “giovane”. Speriamo che crescabene.

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per cuocere una pasta omogenea per ilpranzo. Faceva questi gesti abituali insilenzio perché, per la buona riuscita delpiatto, era necessaria molta concentrazioneper evitare che si formassero grumi. Acottura ultimata mise la pasta nelle ciotolee pulì il fondo della pentola dai pezzi che vierano rimasti attaccati. Li versò dentro trezucche svuotate dalla polpa e riempite d’ac-qua, per conservare ciò che restava per lacena. Sfortunatamente, mescolando, feceun gesto brusco e lanciò in aria il contenutodella giara: arrivò così in alto che andò aspalmarsi sul Cielo.

Morale della favolaAnche quando si compie un’azionesemplice bisogna fare molta

attenzione: piccole distrazionipossono causare grandi guai.

Scottato, il Cielo si arrabbiò e lanciò diversituoni, senza però scatenare un temporale.Questo non bastò a placare la sua collera.Si domandava come manifestare la suarabbia: era tentato di schiacciare la donnacon tutto il suo peso ma voleva fare di più.Decise così di allontanarsi dal mondo degliumani e da quel giorno si ritirò lontanodalla Terra. Alcuni pezzetti di pasta di maisgalleggiavano ancora nell’acqua che l’avevacolpito ed erano rimasti incollati alla voltaceleste. Fu così che nacquero le stelle. E fucosì che per la distrazione di una donna, lafaccia del mondo cambiò per sempre.

i [email protected]

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In viaggiosulla frontieraIn viaggiosulla frontiera

Negli ultimi anni centinaia di migliaia di uomini,donne, bambini si sono messi in cammino perattraversare le frontiere e giungere in unluogo di speranza, dove poter trovare unlavoro, far crescere la propria famiglia, viverein pace, senza guerra o senza il rischio dimorire di fame. L’Europa è diventata una metaambita, ma si è rivelata sempre più unafortezza impenetrabile. Ecco alcune storie dichi si è messo in viaggio sulla frontiera.

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N egli ultimi tem-pi si sentespesso parlare

di frontiere, luoghi chesegnano confini, limiti,linee invalicabili. Quelleeuropee sembrano di-ventate interdette achi non è nato nel Vec-chio Continente, comese venire alla luce inuna particolare zona del mondo sia un me-rito, anziché una circostanza casuale. Chinasce in Europa, cosa ha fatto di meglio odi più per meritarselo, rispetto a chi nascein un Paese in guerra come la Siria o inuno dove si muore di fame (come in tantenazioni africane)? Chi nasce in Europa nonè forse un uomo o una donna come tuttigli altri? Certamente sì, ma ha semplice-

mente avuto più fortuna, perché con unpassaporto europeo può andare ovunque.Eppure tutti gli esseri umani sono uguali edovrebbero avere gli stessi diritti, indi-pendentemente dal passaporto.E’ per questo che negli ultimi anni centinaiadi migliaia di uomini, donne, bambini sisono messi in viaggio per attraversare lefrontiere e giungere in un luogo dovepoter trovare un lavoro, far crescere lapropria famiglia, vivere in pace (cioè senzaguerra o senza il rischio di morire difame).

Barcone con delfini

Il muro tra noi e loro

L’umanita e in cammino

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Domande difficili

Perché chi è nato in Africa o in MedioOriente non ha diritto di sperare in una vitanormale, mentre chi è nato in Europa sì?Ciascun uomo dovrebbe essere libero discegliere dove vivere, dove poter realizzareil suo sogno. La realtà, invece, è che sehai il passaporto giusto puoi farlo, altrimentino.Perché un siriano, per sfuggire alla guerra,non può presentarsi in un’ambasciata diun Paese europeo per chiedere lo status dirifugiato, ma deve rischiare la vita in mareper arrivare in Europa pagando migliaia di

euro ai trafficanti?Perché un camerunenseper sfuggire alla fameè costretto ad affron-tare un tragitto di mesiattraverso il desertodel Sahara, il viaggiosu un barcone fati-scente mettendo lapropria vita in pericolopur di attraversarequella frontiera che losepara dall’Europa?

Si definisce ‘rifu-giato’ il migranteal quale viene ri-

conosciuto (dallo Statoche accoglie) questo sta-tus, cioè questa condi-zione. Ciò accade quan-do nel Paese di origine ilmigrante avrebbe rischiatola vita a causa della guerrao delle sue idee politiche(in tal caso si parla di ‘ri-fugiato politico’).

RIFU

GIAT

O

Rispondere a queste domande non è facile,ma ascoltare le storie di chi si è messo inviaggio sulla frontiera aiuta a chiarirsi leidee.

La storia di Kidisti

Kidisti è il nome di fantasia di una ragazzinacristiana che sembra avere 14 anni scarsi,ma ne ha 16. E’ arrivata a Lampedusasenza genitori, partendo dal suo Paese,l’Eritrea, ed è già diventata il punto di ri-ferimento di altre ragazze adolescenti checome lei hanno lasciato la madre e ilpadre, viaggiando per migliaia di migliaattraverso il deserto e il mare per cercareuna vita non minacciata dalla repressionee dai conflitti. Se fosse nata a Parigi o aRoma, Kidisti sarebbe stata una studentessaiscritta a qualche circolo di matematica ouna lettrice accanita. Ma Kidisti è natanelle zone rurali dell’Eritrea, la maggiore

Corridoi umanitari subito.

Solo noi e le onde

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E’ una “mostra di storie e volti da Lampedusa”,

come recita il sottotitolo, e si tratta di un per-

corso di disegni che accompagnano il visitatore

alla scoperta dell’esperienza che si vive nelle

zone di frontiera, come Lampedusa, ma non

solo.L’autore dei “Disegni dalla frontiera” si

chiama

Francesco Piobbichi, è nato in Umbria nel 1972,

è un operatore umanitario e lavora a Lampedusa

da tre anni per il progetto “Mediterranean

Hope”, sostenuto dall’unione delle Chiese valdesi

e metodiste. Insieme alla parrocchia cattolica di

San Gerlando, ad associazioni ed enti territoriali,

ha contribuito a costituire il Forum Lampedusa

Solidale che si preoccupa di fornire accoglienza

e praticarla in tutte le sue forme.

Quando i migranti sbarcano sull’isola, Francesco

è sul molo e – insieme ad altri - offre una

prima assistenza a chi scende a terra dalle navi

che hanno soccorso i naufraghi: una bottiglia

d’acqua, un bicchiere di tè caldo, delle coperte,

una parola di benvenuto. Dice Francesco: “Mi

fermo sul molo e respiro e cerco di capire

meglio. L’umanità si sta muovendo, uomini e

donne, a decine di migliaia si spostano dai loro

Paesi, fuggono da guerre, dalla povertà e

cercano speranza. Qui, dalla frontiera di Lampe-

dusa, faccio da anni la mia parte. E disegno.

Con tutti i colori possibili”.

Le immagini che Francesco crea costituiscono

una mostra che sta facendo il giro d’Italia (è ar-

rivata anche a Bruxelles, nella sede del Parlamento

europeo). E’ itinerante e gratuita: basta una

sala, una scuola, una parrocchia dove esporla,

e la capacità di chiudere gli occhi e arrivare lì,

a Lampedusa, per testimoniare la propria scelta

di non respingere altri fratelli e sorelle che cer-

cano solo la possibilità di una vita migliore.

Per informazioni contatta

[email protected]

Disegni Dalla frontiera

l’inglese. Da qui ha preso un autobus per ilSudan, poi il passaggio insidioso del deserto.Oltre 100 persone erano stipate nel retrodi un camion. La sua bocca era arsa dal-l’assenza di acqua e di cibo. Solo diecigiorni più tardi ha raggiunto la costa dellaLibia. Lì Kidisti, con altre 1.100 persone, èsalita a bordo su un’imbarcazione alla voltadell’Italia. In realtà le barche erano due, la

di cinque ragazze a cui il padre e la madrehanno affidato le loro migliori speranze. Iloro sogni non prevedevano per lei l’obbligomilitare, che in Eritrea inizia all’età di 18anni sia per gli uomini che per le donne, enon si sa quando finisce. Così hanno raci-molato 5mila dollari necessari per farfuggire Kidisti dal suo Paese.Come deve sentirsi un genitore che fapartire sua figlia ancora piccola? Ma rimanerevoleva dire rischiare la vita per esprimerela propria fede o essere imprigionata etorturata senza un processo. In EritreaKidisti ha cercato la libertà ma non l’hatrovata. Così ha deciso di lasciare la propriacasa a piedi e con molta cautela ha attra-versato l’Africa orientale, dove le iene pos-sono ferirti o ucciderti. Si è avvicinata alconfine con l’Etiopia avendo molta pauradella polizia militare, i cui fucili possonospezzare la tua vita in ogni momento. Haatteso in Etiopia per due mesi e ha imparato

Siamo qui

i [email protected]

Dossier

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(Segue a pagina 19)

DossierDossier

prima aveva un motore e trasportava 750persone, mentre la seconda portava 350persone ed era rimorchiata dalla prima.Ora Kidisti è a Lampedusa, una piccolaisola italiana nel mezzo del Mar Mediterra-neo, da molti definita la Porta d’Europa.Alla domanda su quali siano i suoi sogni, ilsuo viso si illumina e dice: “Voglio studiarematematica e inglese”. Spera di diventareun pilota, per guadagnare abbastanza inmodo da poter mandare a casa i soldi persostenere la sua famiglia in Eritrea.Come osiamo metterci di traverso ai sognidi questa ragazza?Vuole lasciare un messaggio al mondo:“Questo viaggio è troppo pericoloso. Lagente non dovrebbe farlo: dovrebbero vo-lare”. E Kidisti dovrebbe essere il pilota!(adattamento di “Sognando di volare” scritto daCarla Aday su www.mediterraneanhope.com)

Cronaca di un naufragio

Francesco Piobbichi, l’autore dei disegnipubblicati in queste pagine, ha illustratoanche un video (dal titolo “L’odissea del 3novembre” scaricabile da YouTube) che rac-conta la cronaca di un naufragio. A ripercorrerequei momenti drammatici sono due migranti

provenienti dal Camerun(Africa): Stephan e Ste-ve, di 26 e 37 anni, en-trambi salvi per miraco-lo.Erano partiti da Tripoli(Libia) in 147 tra uomini,donne e bambini, tuttioriginari dei Paesi sub-sahariani, salpando conil mare in tempesta e su

Si chiamanoPaesi sub-s a h a r i a n i

quelli che si tro-vano in Africa a Suddel deserto del Sa-hara. Da questi Paesipartono moltissimimigranti per rag-giungere l’Europa (acausa di povertà,guerre, dittature).

SUB-

SAHA

RIAN

IDossier Dossier

un’imbarcazione fatiscente. Solo 27 sonosopravvissuti.Stephan comincia il racconto da un antefattodi cui è stato protagonista: un altro viaggio,un mese prima di quel drammatico 3 no-vembre. E’ costretto ad imbarcarsi su ungommone già perforato in più punti allapartenza, sotto la minaccia delle armi deitrafficanti di uomini, con il mare in tempesta.A poche miglia dalla costa inizia ad imbarcareacqua ed ecco il naufragio con la morte di11 persone: otto donne, due neonati e un

Sali alla svelta

Se avessero le ali

Secondo tradizione, anche l’anno scolastico 2015/2016 si è concluso con il saggioginnico, che ha visto coinvolti tutti gli alunni della Scuola primaria Cuore Immacolatodi Maria di Palermo. Ciò che ha reso straordinario l’evento è stata l’originalecapacità di coniugare tradizione e innovazione.I tradizionali esercizi ginnici, infatti, sono stati lo strumento che ha reso visibile ilforte tema del saggio: la catastrofe dell’immigrazione, che coinvolgein prima linea la nostra regione.

n.2Febbraio2017

Scuola primaria Cuore Immacolato di MariaPalermoMIGRANDO VERSO NUOVE SPERANZE

I

Notizieda…

Notizieda…

La Sicilia è terra di frontiera,porta dell’Occidente,dove quotidianamente ar-rivano dal mare barconifatiscenti, carichi di di-sperati che affrontanoprofonde sofferenze nellasperanza di poter comin-ciare una vita in una terranuova, dove libertà e

pari opportunità siano all’ordine del giorno.Nella consapevolezza della tematica, più volte trattata, ciascuna classe si è ci-mentata in esercizi ginnici di difficoltà crescente, per raccontare e renderetutti partecipi dell’immane tragedia che tra le onde del Mar Nostrum,

imperterrita, si continua a consumare.Con le maestre abbiamo discusso molte volte sull’argomento,perché ogni giorno la televisione e i quotidiani riportano nonsolo degli sbarchi, ma anche di chi non riesce mai ad arrivare.

Storie di persone come noi costrette ad ab-bandonare la propria terra perché ormai è in-

vivibile, distrutta da guerre odal potere di pochi. Noi comeClasse V abbiamo letto tretesti: “Nel mare ci sono i coc-codrilli”, “Non dirmi che haipaura” e “Sconfiniamoci - Sto-rie di giovani migranti”.

II

Le letture ci hanno molto emozionato e coinvolto, ci hanno fatto capire ilvero senso della vita e hanno rafforzato in noi l’idea che alcuni guardano soloil fuori delle persone e non il dentro: come dice Monica, una bambina nostracoetanea nel libro “Sconfiniamoci - Storie di giovani migranti”, non è il coloredella pelle che conta perché tutti dentro abbiamo un cuore che è rosso!Con le nostre maestre abbiamo deciso di leggere durante la rappresentazioneginnica dei brani tratti dal libro “Non dirmi che hai paura”: si racconta lastoria di Samia, una ragazza somala che dopo un anno e mezzo di viaggio dalsuo Paese per poter gareggiare alle Olimpiadi di Londra del 2012, muore nelMar Mediterraneo, vicinissimoa Lampedusa. Samia viaggiavasu una carretta che è stata fermain mare per più di 15 ore: quan-do una nave italiana si è avvici-nata, ha lanciato delle funi pertrainare la bagnarola… ma leiha avuto paura di essere ripor-tata nel suo Paese. La paura lefa compiere un salto così altodalla carretta che per chi nonsa nuotare, come lei, è statofatale.

III

IV

Le Classi II, III e IV hanno ballato sulle note di canzoni che riportavano al drammache nel Mar Nostrum si consuma ogni giorno: le canzoni “Simmu ‘cca”, “Extra” e“Lampedusa”.Noi della Classe V abbiamo ballato sulle note della canzone “Benedetta Sicilia”, be-nedetta perché accoglie bene e in pace tutti i migranti. Ai bambini della Classe I, ipiù piccoli, il compito di comunicare il mondo che vorremmo: un mondo diabbracci, gioia e pace. Accoglienza, pace, speranza, parole che non dobbiamo di-menticare per un futuro migliore nostro, di chi viaggia per scappare e di chi rimanein luoghi non più accoglienti e vivibili.A conclusione del saggio tanti sono stati i sorrisi che vogliono essere un gioioso

auspicio per tutti quegli uomini che ogni giorno affrontano pe-ricolosamente il mare. Questo nostro mare

che geograficamente ci divide, maprofondamente ci unisce nella con-sapevolezza di essere tutti uomini,figli dell’ETERNO ed UNICO PA-DRE.

Un caro saluto a tutti dagli alunni dellaClasse V- Scuola CIM Palermo(ormai promossi alla Scuola Media Inferiore)

PIANETA MISSIO RAGAZZI è a cura di Missio Ragazzi

Via Aurelia, 796 - 00165 Roma

Tel. 06/66502644 - 645; fax 06/66410314; e-mail: [email protected]

Per offerte: ccp n. 63062632 intestato a MISSIO - POIM - Via Aurelia, 796 - Roma

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Al mattino abbiamo ricominciato a sperareche qualcuno ci venisse a salvare. Eravamorimasti circa 60 ma una grande stanchezza eil freddo ci mettevano a dura prova. Moltinon ce l’hanno fatta. Finalmente una grandenave bianca è arrivataverso di noi: eravamo30 e ci hanno lanciatodelle corde, ma alcunepersone non sono riu-scite a salire perchéerano troppo deboli.Poi è arrivata una navedi Frontex che ci hapreso a bordo e ci harifocillati. Durante le

uomo. La mattina successiva un pescherecciolibico salva i sopravvissuti e li riporta aterra. Ad attenderli c’è la polizia libica d’im-migrazione che li arresta, rinchiudendoli inuna cella. Qui trovano solo fame, sete, per-cosse. Dopo tre settimane di prigione, Stephanriesce ad evadere e a sfuggire alle pallottoledella polizia. E ci riprova.La sera del 2 novembre sulla spiaggia eccola stessa situazione di un mese prima.Stavolta è Steve a raccontare: “Eravamo 147persone, ciascuno doveva pagare tra gli 800e i 1.500 euro per salire a bordo, senza ne-anche un salvagente. Ci hanno costretto asalire, ma il mare era mosso e il gommoneera già perforato a prua e a poppa. Abbiamofatto presente questa cosa ma loro, di tuttarisposta, hanno acceso i motori e ci hannopuntato le armi addosso, intimandoci dipartire. Chi è voluto fuggire, è stato ucciso.Alle 22 salpiamo. Alle 2.30 eravamo inmezzo al Mar Mediterraneo, avevamo imbar-cato moltissima acqua. Finalmente siamoriusciti a metterci in contatto con la CroceRossa Italiana. Ma le ore passavano e labarca si era già spezzata. Un’onda ha scara-ventato in mare 40 persone, la maggiorparte delle donne e dei bambini a bordo”.Stephan e Steve, uomini forti e coraggiosi,a questo punto del racconto vacillano e perun attimo si ammutoliscono. Stephan sicopre il volto con le mani e Steve riprende araccontare: “Poi ha cominciato a fuoriusciredal motore la benzina, che mescolataall’acqua salata diventa un acido letaleche ustiona la pelle (e mostrano le bru-ciature sulle caviglie, ndr). Alcuni nonsopportavano più il dolore e si sonobuttati in mare con il rischio di annegare,pur di non sentire il tremendo bruciore.

E’ un organi-smo dell’Unio-ne Europea istitui-to nel 2014 per controllarele frontiere esterne del-l’Europa. Con alcune naviè presente nel Mar Medi-terraneo per pattugliare iconfini degli Stati europei(come l’Italia) che costi-tuiscono le frontiere delVecchio Continente.

FRO

NTEX

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Secondo l’Unhcr (l’ente delle Nazioni Uniteche si occupa dei rifugiati) sono 4.899 le per-sone morte nel Mar Mediterraneo nel 2016(dati al 21 dicembre 2016).

Lo sapevi?

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Abbiamo un bambino

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DossierDossier

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operazioni di recupero dei corpi in mare, isommozzatori di Frontex hanno trovato duedonne ancora vive, che erano state sbalzatein acqua alle sei del mattino, sopravvissuteper tutte quelle ore”.I superstiti vengono portati a Lampedusadove ricevono cibo, acqua, ristoro e sostegnopsicologico.La mattina del 5 dicembre nella chiesaparrocchiale di San Gerlando si è svoltala commemorazione delle vittime delnaufragio del 3 novembre: erano presentiin 23, dei 27 sopravvissuti. Nel testo chei ragazzi hanno scritto chiedono alle au-torità di fare luce sui responsabili diquesta tragedia perché siano puniti. Poisi rivolgono ai loro compagni vittime del

naufragio e dicono: “Insieme a voi abbiamocombattuto, saremmo potuti morire tuttima Dio ha voluto che sopravvivessimo pertestimoniare quanto accaduto. Sappiate chenon siete stati deboli quando dalle 3 alle 6di quel mattino la situazione è precipitata:avete combattuto come un sole tempestoso.La storia vi renderà giustizia”.

La storia di Bouba

Il suo vero nome è Boubacar, ma viene chia-mato da tutti Bouba. Ha appena compiuto18 anni. Il suo Paese d’origine è la GuineaConakry. Ha iniziato il viaggio per raggiungerel’Europa quando aveva 12 anni, attraversandotanti Paesi africani come Mali, Burkina,Niger, Algeria, Libia. “Sono arrivato il 4 di-cembre 2015 in Sicilia. Sono rimasto lì dueore – dice - e poi sono stato trasferito aBologna. Ho girato varie case di accoglienzaprima di approdare a Casa Murri, dove

vivono 12 ragazzi minori come me”.Nella trasmissione radiofonica “Benvenuti aBologna” di Radio Città del Capo, Boubacarracconta: “Quando ho perso mia madre a 12anni non avevo più la speranza di vivere nelmio Paese, perché era lei che mi aiutava astudiare e a fare tutto. Quando sai che non

Thank you Lampedusa

Lampedusa salva vite

avrai un bel futuro, devi fare tuttoquello che è possibile per te, anche senon è facile lasciare la propria famigliaa 12 anni. Nel mio zaino ho messo trepantaloni e delle scarpe e sono partito.Ci siamo imbarcati alle 2 di notte suun piccolo battello: eravamo circa 130persone e abbiamo incontrato la naveche ci ha tratti in salvo alle 10 dimattina”.Alla domanda: “Dove vorresti andarenel futuro?”, Bouba risponde: “Vorreigirare il mondo perché mi piacerebbediventare un grande commerciante divestiti moderni. Mi piacciono i vestitiamericani: pantaloni larghi, scarpeda ginnastica, magliette colorate”.“E dell’Italia cosa ti piace?” chiedel’intervistatrice. “Qui a Bologna – ri-sponde Bouba - mi piace tutto, aparte la mancanza del mare. Soprat-tutto la pasta alla norma, che è ilmio piatto preferito”. Ed ha ancheimparato a cucinarlo.

La storia di Omar

Omar arriva dal Gambia, ha 19 anni, vive aNapoli e studia italiano nella scuola orga-nizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Perarrivare in Italia ha attraversato l’inferno:insieme a 120 persone si è imbarcato su unpiccolo battello, senza niente da magiare,né bere. “Nel mio Paese – racconta Omar adun giornalista di Tv2000 - ho lasciato lamia famiglia. Qui studio italiano la domenicamattina, perché gli altri giorni lavoro:metto i giornali sui treni in partenza allastazione”. Quando ci sono sbarchi dimigranti al porto di Napoli, Omar fa da

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I disegni pubblicati in queste paginefanno parte della mostra “DISEGNIDALLA FRONTIERA” di Francesco Piob-bichi (vedi box a pag. 17), che ce neha concesso gratuitamente l’uso. Loringraziamo vivamente.

Sogni in panchina

mediatore volontario: parla con loro, traducee li fa sentire a casa. Spera di rimanere inItalia e costruire una famiglia. “Sogno diessere protagonista della mia vita, del miofuturo”, dice sorridendo.

i [email protected]

im

LA PAROLA A DON MASSIMO LOMBARDI

Ha festeggiato oltre 40 anni di missionein Brasile, don Massimo Lombardi, sa-

cerdote lucchese in dono alla diocesi di RioBranco, nello Stato dell’Acre. Pensando al1974, quando arrivò in America Latina, de-scrive com’è cambiato il modo di “fare mis-sione”: un tempo incentrato nella visitaalle popolazioni della foresta, oggi imperniatonei quartieri più poveri delle periferie cit-tadine. Gli abbiamo rivolto qualche domandaper capirne di più…

Con piacere! La “Città del popolo” è un insieme diedifici che il governo federale ha costruito a 20 Km dallacapitale dello Stato dell’Acre, in una zona disabitata, per darealloggio alle migliaia di famiglie che vivevano in baracche lungoil fiume, spazzate via dalle tante alluvioni degli ultimi anni. La“Città del popolo” di fatto è una nuova città alla periferia di RioBranco: quando sarà completamente abitata, ospiterà 10.518 fa-miglie in altrettante case, organizzate in 25 quartieri, ciascuno asua volta diviso in 40 sottoquartieri. Un labirinto smisurato!

Ciao don Massimo!Parlaci della tua missione tra i p

overi di

Rio Branco, quelli che sono apparsi da un

giorno all’altro nella “Città del popolo”…

Tra i poveri più poveri

Tu vai a visitarli tutti?

Ci provo, ma non sono solo. Ho chiesto collaborazione alle varie

parrocchie di Rio Branco, assegnando a ciascuna di esse 100 case di un

quartiere da visitare. Si è formato un gruppo di persone disponibili, che ha co-

minciato a perdersi volontariamente tra le vie della “Città del popolo”, a bussare

di casa in casa. Con chi ci accoglie nella propria abitazione, ci presentiamo, si fa

un po’ d’amicizia, si parla degli aspetti personali; se è il caso, si fa una preghiera

insieme, si prende nota su un registro di qual è la religione professata, se ci sono

figli da battezzare, ecc.

1

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Foto 1-2:

Don Massimo Lombardi, missionarioin Acre da 40 anni, visita le famiglieche vivono nella “Città del popolo”.Foto 3-4:

La “Città del popolo”, un progettomastodontico che il governofederale brasiliano ha realizzato a20 Km da Rio Branco, capitaledell’Acre.Foto 5:

Il cartellone che pubblicizza ilprogetto diocesano di missionenella “Città del popolo”: sonocoinvolte tutte le parrocchie dellacittà di Rio Branco.

Sì, con loro organizziamo

incontri nelle case

con il Vangelo alla mano

. ‘Solo’ questo. D’altrond

e oggi il

Brasile è una grande esp

losione di quartieri: non p

ossiamo

più costruire cappelle ovu

nque. Bisogna riscoprire c

ome pre-

gavano i cristiani dei pr

imi secoli, quando non e

sistevano

luoghi di culto ma ogni c

asa era una chiesa. Spero

che un

giorno, alla domanda: “Qu

ante chiese ci sono nella ‘

Città del

popolo’?”, si possa rispond

ere: “Tante quante sono le

famiglie

cattoliche”. Sarebbe bello

se ognuna aprisse la sua c

asa agli

altri per leggere la Bibbia

e condividere una preghi

era…

Ma ci sarà anche qualche famiglia c

attolica

che vive nella “Città del popolo”…

No, molti dicono di non avere nessunafede, di non professare nessuna reli-gione. E questo mi stupisce tantissimo e mifa domandare: dov’era finora la Chiesa? perchéqueste persone, che sono i poveri più poveri,non siamo mai riusciti a raggiungerle? Eppurevivevano già a Rio Branco da anni!

Ma sono tutti cristiani?

Il fatto è che molti padri e madri delle famiglie di o

ggi, 20 anni fa,

erano i meninos de rua, cioè i bambini di strada. Oggi hanno a loro

volta dei figli, ma non sanno né leggere né scrivere,

perché non sono

mai andati a scuola; né sono abituati a vivere in una

casa, perché la loro

casa è sempre stata la strada o un alloggio di fortun

a; né hanno mai messo

piede in una chiesa o sentito parlare di Gesù…

Ti sei dato una risposta?

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i [email protected]

Doveè a s sina ot a l m ei n

Doveè a s sina ot a l m ei nDoveè a snat a l mi

Dove è a ssi

nat a l minosi en

NELLA TERRA DI GESÙ

C’è una data, nellastoria recente dellaTerra dove è nato, mortoe risorto Gesù, che que-st’anno non passerà inos-servata. Cinquant’anni fa,dal 5 al 10 giugno 1967,fu combattuta quella chegli ebrei chiamano “la

guerra dei sei giorni”, e gli arabi “la scon-fitta”. Fu un conflitto dentro lo scontroarabo-israeliano, combattuto tra Israele dauna parte e alcuni Paesi arabi come Egitto,Siria e Giordania dall’altra. Si tramutò inuna rapida e totale vittoria israeliana:Israele occupò i Territori palestinesi, ap-

Salva Israele!Salva Israele!

propriandosi di parti sempre più ampie.Il governo israeliano ha promosso vere eproprie celebrazioni per l’anniversario diquella guerra che chiama “liberazione” dellaGiudea e della Samaria (l’odierna Cisgiorda-nia). Ma per i palestinesi e per la comunitàinternazionale festeggiamenti del generenon hanno senso e peggiorano la situazio-ne.Per questo motivo 500 personalità israelianedel mondo della cultura e delle istituzionihanno promosso la Campagna “Salva Israele– Ferma l’occupazione (SISO)”. L’intenzioneè di smuovere l’opinione pubblica ebraica,sia nello Stato d’Israele che nelle tante co-munità ebraiche estere, con l’appello: “La-

E’ scoppiato con la fondazione dello Stato d’Israele(1948), quando le Nazioni Unite sottrassero alla Palestina

storica (fino a quel momento sotto protettorato inglese) una fettadi territori per permettere la nascita dello Stato d’Israele. Gli arabinon accettarono questa suddivisione e iniziò la guerra. Da allora ilconflitto arabo-israeliano non si è mai risolto. Anzi, dal 1967 si èmaggiormente acuito in quanto da questa data l’esercito israelianooccupa militarmente anche quei Territori rimasti a sovranitàpalestinese (secondo la divisione delle Nazioni Unite).

CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO

Quando unesercito diuno Stato in-

vade i territori diun altro popolo e vi sistabilisce, si parla dioccupazione. Dal 1967nei Territori palestinesic’è l’occupazione israe-liana.

OCC

UPAZ

IONE

«Ho scelto la via della giustizia, mi

sono proposto i tuoi giudizi».(Salmo 119,30)

“Non c’è pace senza giustizia”, affermava

con forza papa Giovanni Paolo II in uno

dei suoi ultimi Messaggi in occasione

della Giornata mondiale della Pace. E

nella Terra di Gesù, questa frase è più

vera che mai, perché il conflitto arabo-

israeliano persiste da decenni a causa

di tante ingiustizie. Adesso una bella

fetta della società israeliana ha lanciato

una Campagna per “salvare Israele” e

porre fine all’ occupazione che affligge i

Territori palestinesi.

sciamo i Territori palestinesi occupati entroil giugno 2017!”.Le comunità ebraiche, ma anche uomini edonne di buona volontà, sono chiamati afarsi sentire e a chiedere al governo israelianodi ordinare il ritiro dell’occupazione. Lamaggior parte degli israeliani ebrei (66,8%)concorda sul fatto che il conflitto con i pa-lestinesi influenzi negativamente lacondizione degli ebrei nel mon-do.L’appello si unisce agli sforzi dioltre 200 generali israeliani in

pensione che hanno elaborato

un piano per il ritiro dai Territori palestinesiche offre piene garanzie di sicurezza elibertà allo Stato d’Israele. Coscienti che“uno Stato che occupa e opprime un altropopolo per così tanto tempo non può essererealmente libero”, come ha dichiarato loscrittore israeliano David Grossman nell’a-derire alla Campagna.

I Territori palestinesi occupati dall’esercito israelianosin dal 1967 sono suddivisi in Cisgiordania (o ‘terra al

di qua del Giordano’) e Striscia di Gaza. La Cisgiordania èuna zona di circa 5.800 Km quadrati, occupata militarmenteda Israele. Gli ebrei, per definire tale area, usano i terminibiblici Samaria e Giudea, che sono le due regioni che lacompongono.

CISGIORDANIA

A fianco: Disegni sul muro costruito da Israele per isolare i Territoripalestinesi occupati.Sopra: Daniela Yoel è un’ebrea israeliana che lotta per la pace e lagiustizia ed è convinta della possibile convivenza con i vicini di casapalestinesi.In basso: Un soldato israeliano presidia un varco apertooccasionalmente nel muro che isola i Territori palestinesi.

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Passi id …ogg i

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sciato in fin di vita. La gente del villaggio èfuggita abbandonando casa e tutto. Questoè avvenuto a 35 Km da Bondo: sono fattiche si ripetono in modo imprevedibile. Lacosa più grave è che l’LRA rapisce gli adole-scenti dalle scuole per farli membri del lorogruppo.- Celebro la Messa in un villaggio. Mi condu-cono a salutare una vecchietta tutta raggiante:era stata battezzata qualche giorno primadal catechista e ora desiderava l’Eucaristia.- Ogni settimana celebro l’Eucaristia in unaspecie di piccolo ospizio dove si trova unaventina di persone abbandonate, che sonoperò perle agli occhi di Dio che le ama. Chile assiste è veramente un riflesso del voltodel Signore. Lì il cuore si dilata.

Sono tanti i doni e le gioie che il Signore midà. Dovrei essere più capace di lodare Dioche è grande nelle sue creature più povere eumili. In questo mondo, dove c’è ancoratanto egoismo, alla fine l’Amore vincerà. Padre Lorenzo FarronatoBondo (Rep. Dem. Congo)

Piccoli grandi fatti quotidianiPiccoli grandi fatti quotidiani

Durante la celebrazione della Messa le donne elevano alSignore la loro preghiera danzando al ritmo di musica.

MISSIONARIO IN REP. DEM. CONGO

S ono di nuovo qui a Bondo (RepubblicaDemocratica del Congo), nel cuore del-

l’Africa. Il rientro è stato un po’ carico disuggestioni, perché la quotidianità di questoluogo particolare è ricca di fatti che non la-sciano indifferenti. Ve ne racconto alcuni.- Il mattino alle 6 mi impressiona vedere lafolla che cammina lesta per andare al mercato.Sono soprattutto donne che comperano perrivendere in centro città, con un misero be-neficio di sopravivenza.- All’ospedale c’è un uomo che è stato pic-chiato, ferito con segni particolari, forseuna specie di firma dei banditi della LRA(bande armate nella foresta) che l’hanno la-

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Le colonie in OrienteNel XVI secolo il Portogallo e le altre potenze europeecominciarono a conquistare le terre dei continenti esplorati al-l’epoca, grazie alle grandi navigazioni di allora. L’impero portoghese in Oriente arrivò fino a Goa(attuale India), nelle Molucche (Indonesia), a Macao (Cina) e questi territori divennero coloniedella potenza europea.

Il Giappone e i feudatariNel Giappone feudale, cioè nel periodo che va dal XII al XIX secolo, la società

giapponese era divisa in classi sociali, cioè in gruppi di appartenenza aseconda dei titoli nobiliari e della ricchezza (i feudatari). Spesso ifeudatari erano in lotta tra loro per accaparrarsi il potere su alcuni ter-ritori.

Sant’Ignazio e la Compagnia di GesùLa Compagnia di Gesù (più comunementeconosciuta come famiglia religiosa dei Ge-suiti) è stata fondata da sant’Ignazio diLoyola nel 1534, con l’obiettivo di portareil Vangelo nei tanti luoghi del mondo dovenon è conosciuto. Francesco Saverio entranella Compagnia di Gesù su invito dell’amicoIgnazio e presto parte per l’Oriente. Ilpapa di allora lo nomina nunzio apostolicoper le Indie (cioè suo rappresentante neiterritori dell’Estremo Oriente).Anche padre Matteo Ricci (vedi fumettidel n.11-12/2016) entrerà a far parte di questa famigliareligiosa: sarà lui a proseguire la missione di Francesco Saverioin Oriente, dedicandosi in particolar modo a portare il Vangeloin Cina.

L’emblema della Compagnia di Gesù: un disco raggiante con le lettere IHS, che simboleggiano Cristo.Si noti la lettera H sormontata da una croce e i tre chiodi della Passione.

In alto: Sant’Ignazio di Loyola rappresentatomentre celebra l’Eucaristia.Sopra: Francesco Saverio (1506-1552), gesuita,patrono delle missioni.A sinistra: Matteo Ricci (1552-1610), gesuita,missionario in Cina.

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I n questitempi sem-

bra che lapace sia sem-pre più lon-tana: papaFrancesco haparlato di“terza guerramondiale a pez-zi”, combattutanon su un fron-te preciso main tanti episodisparsi qua e lànel mondo. Edeffettivamente tra terrorismo,violenze, guerre, più che esercitie soldati, a pagarne le conseguenzesono quasi sempre persone civilie inerme: donne, bambini, interefamiglie.Il principale crocevia della paceperduta è sicuramente il MedioOriente. Non solo per quanto suc-cede in quella regione, ma percome si riflette nel mondo. Gior-nali e TG sottolineano spesso icontorni religiosi con cui crimi-nali assassini giustificano laloro violenza. Capita così disentir parlare di “scontro di ci-viltà”, in particolare tra ilmondo musulmano e quello cristiano.Ma non è così!

NON È UNA GUERRA DI RELIGIONEAnche se chi compie violenze dice

Islam amicoIslam amico

di farlo in nome dell’islam, chisi macchia di omicidi in nome diDio dimostra di odiare qualsiasireligione, compresa quella dietrocui si nasconde. Papa Francesco,dopo l’orrenda uccisione di padreJacques Hamel in Francia, nel lu-glio dello scorso anno, disse conforza che questa “guerra” in attonon è “di religione”, perché:“Tutte le religioni vogliamo lapace”.

UNITI PER LA PACE

A sinistra:Betlemme (Palestina) – Il campanile di una chiesa e il minaretodi una moschea, l’uno accanto all’altro, in una convivenzanormale e plurisecolare.Sopra:Gerusalemme - Musulmani sulla Spianata delle Moschee; nellostesso luogo, ma qualche metro più in basso, pregano gli ebrei,in quanto anche per loro questo è un luogo sacro perché fino al70 d.C. vi sorgeva il Tempio.

CI UNISCE LA PACEIslam e cristianesimo sono reli-gioni di pace. La radice della pa-rola ‘islam’ è ‘pace’, mentre“beati gli operatori di pace perchésaranno chiamati figli di Dio” èla parte centrale della cartad’identità del cristiano: le Bea-titudini (vedi il Vangelo di Mat-teo, capitolo 5, versetti 3-12).Non a caso, dopo la recente stragenel mercatino di Natale, nelloscorso dicembre a Berlino, a pre-gare in chiesa per le vittimeerano presenti molti musulmani,mentre il Consiglio di coordina-mento islamico condannava “il gestoterroristico nel modo più deci-so”.

AMICIZIA TRA CRISTIANI E MUSULMANISe poi è vero che più delle parolecontano i fatti, l’amicizia tracristiani e musulmani si vede so-prattutto in quei gesti che co-struiscono ponti di dialogo e so-lidarietà nei luoghi e nelle si-tuazioni in cui vivono le persone.Ecco alcuni esempi:• A Lahore, in Pakistan, nei giorniprecedenti allo scorso Natale,i frati francescani hanno fe-steggiato il compleanno del pro-feta Maometto in una celebrazioneinterreligiosa con leader e fe-

deli musulmani.Nella stessa

occasione i membri delle duecomunità religiose si sono scam-biati gli auguri di Natale.

• A Dacca, in Bangladesh, FaraazHossein il Corano lo conoscevabene. Quella sera si trovavanel ristorante dove i terroristifecero irruzione la notte delprimo luglio 2016. Gli offrironodi lasciare il locale perchéera musulmano. Ma Faraaz nonabbandonò le amiche non-musulmane(di nazionalità indiana e ame-ricana) e pagò con la vita.

• Salman Taseer era governatoremusulmano del Punjab pakistano.Venne ucciso da una delle sueguardie il 4 gennaio 2011. Lasua colpa era di aver presentatorichiesta di grazia per AsiaBibi, una cristiana condannataa morte con l’accusa di avereoffeso l’islam, in carcere da2.592 giorni.

Come loro, spesso sconosciuti, sitrovano in ogni parte della terramusulmani e cristiani che con leloro buone pratiche di pace vivonoal meglio la propria esperienzareligiosa e dimostrano, insieme,che il bene può prevalere sulmale.

Sotto a sinistra:Un libro di preghiere islamiche e un Corano.Sotto: Damasco (Siria) – Preghiera nella moscheatappezzata di tappeti.

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Il Carnevale è un periodo di giochi, feste, divertimento. Stare allegri è vincente, un m

odo per viverela santità “purché – com

e diceva don Bosco – non facciate peccato”.

«L’uomo

non ha altra felicità,sotto il sole, che m

an-giare e bere e stare allegro.

Sia questa la sua compagnia

nelle sue fatiche, durante i giornidi vita che D

io gli concede sotto il sole».(Q

o 8, 15)

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U na sirena travolta da un mare-moto si ritrova su un albero e

viene salvata da un piccolo cocoritoche si trasforma in un uomo con leali. Una favola che sembra un sogno,raccontata da Véronique Massenot eillustrata da Vanessa Hié, nel volumedella Jaca Book per la collana “Pontedelle arti”. “Il cocorito e la sirena” èuna storia romantica dove una donna-pesce e un uomo-uccello, si incontranosullo sfondo di meravigliosi fondali daicolori dell’oceano, delle alghe e dellepiume degli uccelli. Il libro nasce dall’e-sperienza didattica delle due autrici chehanno sviluppato questa storia attraversodei laboratori creativi con gli alunni. Conuna attenzione speciale allo stile del pittorefrancese Henri Matisse (1869-1954), cheha dipinto molti quadri ricchi di figure inmovimento, di emozioni e di forme semplici.Sfogliare queste belle pagine non è solorestare affascinati dalle filastrocche, mapermette anche di entrare in un mondofantastico.Delle stesse autrici e per la stessa collana,ecco un altro bel libro, “I tre musicanti”,con disegni ispirati ad un altro grandemaestro della pittura moderna, lo spagnoloPablo Picasso (1881-1973). Arlecchino,Pulcinella e Cappuccino, protagonisti diquadri di Picasso, sono anche gli eroiallegri che riportano la pace nel regno del

Sca ff aleSca ff ale

Sca ff ale

LIBRI

La sirena ei musicanti

cattivo re Moscodi Mirador, mi-nacciato da unlupo mostruoso,capace di inghiottire qual-siasi animale con un boccone solo. Lagente spaventata non osa più uscire dicasa. Ma quando le maschere si mettono aballare in piazza, ecco che le finestre co-minciano ad aprirsi e i balconi a riempirsidi persone curiose di vedere la strananovità. Il re cattivo, timoroso di perdere ilsuo potere sul popolo, inscena un ingannoper mostrare a tutti che la belva è in gradodi arrivare in qualunque momento in paesee fare strage. Ma…Il finale non può essere svelato, per nontogliervi la gioia di sfogliare fino all’ultimapagina questo bel libro.

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Véronique MassenotIllustrazioni di Vanessa HiéIl cocorito e la sirenaEdizioni Jaca BookPagg. 32

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Véronique MassenotIllustrazioni di Vanessa HiéI tre musicantiEdizioni Jaca BookPagg. 32

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A cura di Irene Guerrieri

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Anno XX – Gennaio 2017 • Numero 1

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