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HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 2/2007 EDITORIALE Pedagogia delle Libertà 3 Pedagogy of Liberties 15 Gustavo Raffi LA RINASCITA DELLHUMANITAS Giovanni Pico Della Mirandola, Luzio Ballanti e l’astrologica verità 27 Vinicio Serino Fra’ Luca Pacioli: uno spettacolare concentrato di «Divina Sapienza» 43 Gianmichele Galassi Sacro e profano nell’Architettura religiosa toscana da Nicola Pisano a Filippo Brunelleschi 53 Andrea Brogi I Templari e la promozione umana 73 Domenico Lancianese Quale Rinascimento, nella storia della musica? 89 Daniele Fusi SEGNALAZIONI EDITORIALI 107 RECENSIONI 111 Il Direttore e la Redazione ringraziano il prof. Vinicio Serino per la cura della sezione monografica di questo numero della rivista.

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HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 2/2007

• EDITORIALE

Pedagogia delle Libertà 3Pedagogy of Liberties 15

Gustavo Raffi

• LA RINASCITA DELL’HUMANITAS

Giovanni Pico Della Mirandola, Luzio Ballanti e l’astrologica verità 27Vinicio Serino

Fra’ Luca Pacioli: uno spettacolare concentrato di «Divina Sapienza» 43Gianmichele Galassi

Sacro e profano nell’Architettura religiosa toscana da Nicola Pisano a Filippo Brunelleschi53

Andrea Brogi

I Templari e la promozione umana 73Domenico Lancianese

Quale Rinascimento, nella storia della musica? 89Daniele Fusi

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 107• RECENSIONI 111

Il Direttore e la Redazione ringraziano il prof. Vinicio Serino per la cura della sezionemonografica di questo numero della rivista.

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Collaboratori esterni:Giuseppe Cognetti (Univ. di Siena) - Domenico A. Conci (Univ. di Siena) - Fulvio Conti (Univ. di Firenze) - Carlo Cresti (Univ. diFirenze) - Michele C. Del Re (Univ. di Camerino) - Rosario Esposito (Saggista) - Giorgio Galli (Univ. di Milano) - Umberto Gori( U n i v. di Firenze) - Giorgio Israel (Giornalista) - Ida Li Vigni (Saggista) - Michele Marsonet (Univ. di Genova) - Aldo A. Mola (Univ.di Milano) - Sergio Moravia (Univ. di Firenze) - Paolo A. Rossi (Univ. di Genova) - Marina Maymone Siniscalchi (Univ. di Roma“La Sapienza”) - Enrica Tedeschi (Univ. di Roma “La Sapienza”)

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Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Bartolini, Giovanni Cecconi, †Guido D’Andrea, OttavioGallego, Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Giuseppe Capruzzi, † Massimo Della Campa, Angelo Scrimieri, Pier Luigi Te n t i

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* Gli articoli riflettono il pensiero dei singoli Autori e non il punto di vista ufficiale del G.O.I.

HIRAM viene diffusa in Internet sul sito del G.O.I.: www.grandeoriente.itE-mail della redazione: [email protected]

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EDITORIALE

Pedagogia delle Libertà*

di Gustavo RaffiGran Maestro del Grande Oriente d’Italia

Gentili Autorità intervenute,Signore e Signori,Carissimi Fratelli

l Grande Oriente d’Italia non hafinalità partitiche o interesse nel-l’azione politica, che deve svolger-

si conformemente alle regole democratichein altri contesti e in altri ambiti istituzionali.La nostra funzione appare, invece, quella distimolare la società civile su temi qualifi-canti, intorno ai quali riteniamo di poterportare un contributo sereno e razionale, inmodo da prendere parte al difficile cammi-no di costruzione di un contesto civilemigliore e più giusto.

Sulla scorta degli esempi più limpididella Libera Muratoria, la nostra Comunio-ne cerca di assumere un ruolo preciso, quel-

lo di spazio fecondo per la libera elabora-zione di un pensiero critico, che esalti lavoce di una dimensione laica e intercultura-le, purtroppo non sempre gradita nel nostropaese. Ben più di un’agenzia della modernalaicità – come l’ha definita con rispetto lostorico Paolo Prodi –, la Massoneria con-temporanea svolge nuovamente un ruolostorico di azione intellettuale e socio-cultu-rale, volta non tanto alla difesa, quanto piut-tosto all’espansione di tutti quei principietici che conformano la Carta dei DirittiUmani e che cementano le fondamentanecessarie per ogni prassi civile indirizzataalla realizzazione di una “tolleranza” attivae costruttiva.

Il nostro operare fuori dalla politica cilascia fortunatamente quello spazio enormeche permette di soppesare con profondo

* Si presenta il testo dell’allocuzione del Gran Maestro Gustavo Raffi tenuta in occasione della Gran Loggiadel Grande Oriente d’Italia (Palazzo Giustiniani), Rimini, 13-15 Aprile 2007.

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rispetto le ragioni e gli argomenti di tutti, dimeditare soluzioni diverse in uno spirito dicontinuo esame e di dubbio permanente,senza aspirare al successo in termini dinumero o di potere.

Per tutte queste ragioni,il tema fondamentale sceltoquest’anno, quello della“Pedagogia delle libertà”,non è affatto né casuale nébanale.

Nel corso del suo lungocammino, la Massoneria siè di norma posta comelaboratorio di idee, comespazio libero e adogmaticodi incontro tra uominidiversi, che, attraverso ildialogo e lo studio, accrescono la loro spiri-tualità, affinano la conoscenza, rinsaldanola morale e si preparano a vivere social-mente, in forza dei valori di tolleranza,libertà, eguaglianza e fratellanza.

Vi rammento che i Massoni hanno sem-pre lavorato alla costruzione delle piùimportanti istituzioni democratiche, allaredazione delle costituzioni moderne, alladefinizione filosofico-giuridica dei principifondamentali sui quali sono state create isti-tuzioni straordinarie come la Società delleNazioni, la Croce Rossa etc.; non dimenti-chiamo, inoltre, che i Liberi Muratori han-no sistematicamente lottato per il suff r a g i ouniversale, per la scuola pubblica e gratuita,per l’abolizione della pena di morte, lavo-rando attorno a un’idea in continuo rinno-vamento della piena dignità dell’uomo. Chetale patrimonio democratico e libertario,mirante alla difesa della centralità dell’es-

sere umano, come soggetto e non comeoggetto educativo da indottrinare, comeprotagonista responsabile delle sue scelte enon come suddito o bolso consumatore di

merci, venga spesso sotta-ciuto non ci stupiscea ffatto, anche se talesilenzio non ci impediscedi continuare su questoduro sebbene al contem-po necessario ed entusia-smante cammino.

Che cos’è infatti laMassoneria se non unapalestra di continua emutua educazione! Chientra in Massoneria, lo fa

perché sente la necessitàdi perfezionarsi attraverso un cammino spi-rituale e, conseguentemente, accetta un per-corso che lo costringe a mettersi in discus-sione, ad affrontare attraverso i nostri ritua-li alcuni temi archetipali di enorme profon-dità. Desidero ancora una volta sottolineareche la Massoneria educa anche a non trova-re le risposte essenziali già confezionate. A lcontrario di tante associazioni politiche ereligiose, il Massone viene da subito invita-to a non accontentarsi della vulgata comuneo a credere supinamente a quanto gli vienedetto anche in Loggia, e non solo fuori. Iriti, i simboli, intorno a cui lavoriamo, ser-vono a suscitare interrogativi, dubbi, per-plessità, e richiedono risposte che non sonoaprioristicamente determinate o scontate,ma alle quali ciascuno deve avvicinarsi inun continuo adeguamento delle sue cono-scenze e delle sue sensibilità. Tali caratteri-stiche rendono la Massoneria una realtà ati-

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pica, poiché essa non impone affatto un cre-do, né smentisce le verità eventualmenteproposte da altri; semplicemente, si fa perdire, invita l’iniziato a rimeditare quantoegli ritenga di aver cono-sciuto in via definitiva e aritornarvi sopra in modopiù profondo e critico, gra-zie al libero esame e alconfronto critico con glialtri. Si tratta, pertanto, diesperire attraverso il lavo-ro nel Tempio una pedago-gia di libertà, adogmatica,aperta alla conoscenza e aldubbio costruttivo, maanche pronta a misurarsi con le nuove sco-perte o con nuove e originali prospettive,mai assunte però in forma unilaterale.

La Massoneria dovrebbe per sua costitu-zione essere anticonformista, e quindi pron-ta a cogliere i nuovi stimoli che attraversa-no la società, ma allo stesso tempo cosìmatura da saperli coniugare con la sua tra-dizione di prudenza, di saggezza e di paca-ta riflessione. Questo, insomma, è o dovreb-be essere, quando vi riusciamo, il nostrolavoro.

Non bisognerebbe stupirsi, allora, afronte di una così particolare impostazione,del fatto che i Massoni si sentono oggi pro-fondamente colpiti dalla inadeguatezza concui aspetti etici fondamentali per tutta lanostra società vengono di fatto trattati. Datempo abbiamo espresso la nostra preoccu-pazione sul fatto che la laicità dello Stato sistia profondamente annacquando. Ognitema cruciale diventa oggetto di un nego-ziato tra teologia e mondo laico, tra procla-

mi da crociata e richiami al dogmatismoreligioso e accordi più o meno sottobanco,in un mercato delle libertà che ci appareinqualificabile.

Non solo il nostropaese si è ritrovatocon una delle peggio-ri normative rispettoalla ricerca scientificaconcernente i diversiaspetti della geneticae della fecondazioneartificiale, ma si ètecnicamente dichia-rato che la feconda-zione eterologa sareb-

be un reato per puri motivi legati a unaposizione teologica specifica, non condivi-sa né dalla comunità scientifica né da unaparte della stessa Chiesa Cattolica. Il fattopoi che prestigiose istituzioni religioseabbiano proposto una pedagogia del disim-pegno invitando i cittadini a non votare inoccasione del referendum, nel merito delquale il Grande Oriente d’Italia non avevaespresso alcuna indicazione di voto se nonquella di esercitare il diritto di voto, è statoindice di una manifesta strategia diseduca-tiva nei confronti soprattutto delle genera-zioni più giovani. Come istituzione pedago-gica la Massoneria non poteva infatti dele-gittimare uno dei più importanti strumentidella libertà di espressione del cittadino eper questa ragione invitare soprattutto i gio-vani a mantenere alta la considerazione perle dinamiche essenziali del confronto demo-cratico, denunciando come scellerato l’invi-to, da qualunque parte provenisse, a diserta-re le urne.

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Ma altri e più difficili argomenti sonoemersi nel panorama presente e di fronte aiquali non possiamo tacere.

I Massoni non hannotimore di interrogarsi sultema del dolore e della mor-te, ma anche di porsi qual-che interrogativo nel meritosulla questione del diritto diconcludere con dignità ilcammino dell’esistenza.Nessuno di noi si sente per-ciò nella posizione di potergiudicare, o peggio condan-nare come peccatori coloroche, esaurite tutte le possibi-lità messe a disposizionedella medicina e posti in unacondizione umiliante, chiedonoche sia interrotto l’accanimento terapeuticoa cui sono stati sottoposti. Non si sta invo-cando una d e r e g u l a t i o n che liberalizzi oincentivi il suicidio, ma vorremmo che ogniessere umano, date certe condizioni bendefinibili sul piano scientifico e deontologi-co, possa restare padrone della sua vita edella sua morte e non giacere come un pri-gioniero incatenato a un corpo che è dive-nuto per lui solo una prigione inaccettabile.La vita è certamente un dono, e rispettiamocoloro che ritengono inaccettabile abbando-narla anzi tempo anche se posti nelle peg-giori condizioni. Si tratta di una convinzio-ne che fonda le sue ragioni in motivazioniprofonde e serissime, ma tale convinzionedovrebbe legittimamente determinare lescelte di coloro che la professano, e nonricadere come un d i k t a t valido per tutti.Riteniamo che ci siano momenti dell’esi-

stenza (o di un’esistenza che non è più pie-namente tale, almeno per chi soggettiva-mente la sta esperendo) davanti ai quali lo

Stato dovrebbe rispet-tare la dignità e lalibertà di coscienzadel cittadino, di chiin particolare patiscein prima persona;momenti in cui ilgiudizio altrui debbaessere sospeso e incui le diverse opzio-ni etiche, religiose,culturali e spiritualiabbiano il pienodiritto di coniugarsinella loro libertà, ma

anche nella loro diversi-tà. Non è ammissibile che una sola pretesaverità assoluta possa essere imposta allacomunità civile come l’unico vincolo etico-morale da accettare senza deroghe. Lo Sta-to laico ha il pieno dovere di rispettare ildolore e, nei casi stabiliti, riconoscere lalegittimità da parte del singolo di sottrarvi-si, poste determinate condizioni. Una sortadi dittatura morale sul corpo malato viene,invece, spacciata come valore universale,mentre si tratta piuttosto di un’imposizioneilliberale di stampo totalitario.

Ricusiamo, inoltre, tutte le accuse che,anche di recente, vengono evocate contro lefamose l o b b i e s laiciste, che minerebbero ivalori fondamentali della vita e della socie-tà. La Chiesa Cattolica non ha mai condan-nato in modo inequivocabile né la pena dimorte né lo strumento della guerra e, nellasua storia plurisecolare, ha fatto uso sia del-

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l’uno sia dell’altro quando lo ha ritenutonecessario. Peraltro, sappiamo bene chemolti Massoni per ragioni di coscienza nonaccetterebbero mai l’eutanasia, ma allo stes-so tempo essi non impor-rebbero mai agli altri unaloro scelta personale sudi un argomento cosìontologicamente privatoe terribilmente lacerante.Questa per noi è libertànella diversità; eserciziodelle proprie convinzionisenza vincoli teologicida imporre agli altri. LaChiesa ha certamente tut-to il diritto di richiamare i suoi fedeli alleproprie verità, alla sua teologia, alla suamorale. Crediamo che sia invece inaccetta-bile che essa ritenga di poter assumere unatutela morale sulla libertà di coscienza ditutti gli Italiani, e soprattutto sul loro Stato,in modo che le sue leggi non siano confor-mi ai principi di laicità riconosciuti dallaCostituzione Repubblicana, ma a quelli del-l’autorità religiosa.

Le invettive contro il laicismo e, soprat-tutto, contro il relativismo di cui saremmouno dei principali colpevoli sono moltodeboli e argomentate solo sulla base di unafaziosità aprioristica. Anche in questo fran-gente, siamo costretti a constatare che ilrelativismo è proprio di coloro che non san-no uscire da una cornice ristretta, conside-rata come efficace e vincolante in eterno,senza che essa sia mai soggetta a discussio-ne e, come invece accade nelle scienzemoderne, al criterio di falsificabilità. Rela-tivismo è questa terribile autoreferenzialità

che rende una parte del pensiero teologicoassolutamente impermeabile al mutamentodelle conoscenze, dei paradigmi storico-epi-stemologici, e che ripete nei secoli, senza

ammettere il dirittodi scelta, la propriaposizione inamovibi-le. Non basta critica-re l’antimodernitàdei fondamentalismi,quando non si rico-nosce la legittimitàdi opzioni altre, dipercorsi alternativi esoprattutto di catego-rie non subordinate a

un preciso sistema teologico-filosofico. Lacertezza del possesso della verità assolutanon può tramutarsi in una imposizionegeneralizzata da parte di una Chiesa sull’in-tero corpo sociale se non in una teocrazia.

Non si fraintenda. La Massoneria noncombatte le religioni; anzi, spesso ha facili-tato il dialogo tra gli appartenenti a fedi econfessioni diverse e ancora oggi, in moltipaesi extraeuropei, essa resta uno deimigliori veicoli per la diffusione dei valoridi convivenza laica e democratica, secondola lezione del parlamentarismo britannicoche attraverso le logge si è irradiato a parti-re dal ‘700 in tutto il nostro continente eoltre.

I Massoni agiscono con riferimento allagrande opera del Grande Architetto dell’U-niverso, e per questa ragione considerano illoro simile un fine e non un mezzo, semprepronti a cercare la via del confronto apertosenza apriorismi. Anziché riunirsi tra omo-loghi, essi aspirano a coinvolgere persone

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di estrazione, idee e culti diversi, perché èin tale complessità che ritengono di acquisi-re maggior saggezza e conoscenza.

La p a i d e i a m a s s o n i c ainsiste infatti su un metodoche a ogni passo ribadiscela provvisorietà del nostrosapere, come i nostri Te m-pli, la cui volta rappresentaun cielo stellato, simbolodella incompletezza dell’o-pera già svolta e dellanecessità di andare oltre sulcammino della sapienza edella verità. Per il massone,scoprire di avere torto è unrisultato positivo, giacché egli si rende con-to di aver lasciato indietro un errore a cuiera in precedenza legato e non una sconfit-ta irrimediabile. Tale via non è contro lereligioni, anzi può arricchire l’homo religio -s u s, aprendogli prospettive nuove e maiimmaginate in precedenza. Si tratta, pertan-to, di vivere una dimensione di incessantericerca del perfezionamento interiore, che siapre all’altro e alle sue diverse prospettive,che si muove tra trasparenze e ostacoli, sen-za mai rinunciare all’ascolto e alla tolleran-za. Questi i nostri strumenti e i nostri valoriantichi, la cui validità ci pare inalterataancor oggi.

Ritorniamo così al tema della pedagogiadelle libertà. Nel solco di una storia secola-re, vogliamo ribadire l’importanza dellascuola pubblica e della formazione univer-sitaria, così come dell’educazione perma-nente degli adulti. Ogni investimento dedi-cato ai giovani, alla costruzione di una iden-tità forte, matura, attenta ai cambiamenti

epocali e alle sfide della modernità, non puòche ritornare in futuro decuplicato nei suoie ffetti. Il cittadino viene formato a partire

dall’asilo, attraversola serietà e la profes-sionalità di coloroche ne curano la cre-scita. In Italia, para-dossalmente, la figu-ra degli insegnanti, apartire dai maestrielementari, sembrarimasta ancorata aun passato in cui ilsolo fatto di andare a

scuola, in un’aulacalda o perlomeno non gelida, doveva appa-rire come un privilegio. È inevitabile richia-mare allora la memoria di uno dei più gran-di massoni italiani del passato, di cui que-st’anno ricorre il centenario della morte,Giosuè Carducci, il quale dal suo magisteronon cessò mai di sottolineare la radicaleimportanza dei docenti, del loro ruolo civi-le, attori principali nel processo di costrut-tori di un paese e della sua identità, enfatiz-zando quindi la straordinaria fecondità del-l’istituzione scolastica. Inoltre, bisogna insi-stere sulla fondamentale importanza dellaScuola di Stato come strumento di integra-zione degli stranieri, come luogo di costru-zione dei cittadini futuri, evitando che sicada nel modello della scuola-ghetto, ove lediverse confessioni si fabbricano il propriomodello educativo in una sorta di treguaarmata con le altre comunità. Il rischio èquello di allevare nuovi relativismi, nuovifondamentalismi, fucina di uomini e donneche non si identificheranno affatto con la

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Costituzione della Repubblica e con lasocietà aperta, ma solo con la propria comu-nità. La costruzione di un processo di pacemondiale passa anche attra-verso queste sfide locali, ose si vuole, glocali, giac-ché la postmodernità inse-gna che anche la dimensio-ne più piccola può assume-re rilevanza generale indeterminati momenti.

Proprio perché unifor-mata a profondi principi diauto-educazione del citta-dino, la Libera Muratoriaesalta la valenza positivadi tutte le istituzioni forma-tive e pedagogiche preposte alla formazio-ne dell’individuo.

Non è compito della Libera Muratoriapronunciarsi su temi scottanti quali quelli deicosiddetti PACS o DICO; diverse sono leopinione dei singoli massoni su tale questio-ne. La materia è certamente difficile, ma nonsembra degna di un paese maturo una dis-cussione basata su proclami e scomuniche,sui richiami alla “famiglia naturale” senzauna riflessione assennata sulla complessitàdella vita di relazione e sulle sue costellazio-ni che da essa scaturiscono nella realtà delXXI secolo. Ci troviamo allora dinanzi aparadossi bizzarri. Si difende a giusto titolola famiglia naturale, che in realtà è il fruttodi una complessa evoluzione storica e socia-le, mentre non si ricorda che nel nostro pae-se è diventato drammatico per le donne lavo-ratrici avere figli, senza strutture adeguate esenza servizi degni di questo nome. Dove leadozioni sembrano delle Forche Caudine e

la possibilità di trovare un lavoro stabilealza sempre di più l’età media dei giovaniche entrano finalmente nella dimensione del

mondo degli adulti.Abbiamo però anchequalche dubbio sul fat-to che la “famiglianaturale”, una voltacostituita secondo ilrito concordatario, pos-sa essere sciolta dai tri-bunali rotali, cancel-lando giuridicamenteanche gli effetti civili,come se nulla fossemai accaduto. Si dannoinfatti pesi e misure

diverse e fortemente squilibrate a svantag-gio della dignità di uno Stato Laico. Auspi-chiamo, quindi, per il futuro che tali proble-mi siano oggetto di un confronto civile eaperto e non di un nuovo braccio di ferro trala dottrina della fede e la società civile.

Le valenze pedagogiche della sociabili-tà massonica si coniugano in un contestopiù ampio e articolato, che non si ponea ffatto al di fuori di un atteggiamentoresponsabile rispetto alla complessità socia-le del mondo globalizzato, che apparedeterminata da una dinamicità sino a qual-che anno or sono inimmaginabile. La realtàsociale è, infatti, attraversata da rapidimutamenti nei modelli culturali, nei costu-mi, negli atteggiamenti e nei comportamen-ti, individuali e collettivi, che impongono o,comunque, ingenerano continui adattamen-ti e innovazioni. La complessità, a sua vol-ta, è foriera di numerose sfide per l’uomod’oggi.

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• 10 •EDITORIALE

Per altro verso, i progressi nel camposcientifico e tecnologico, i processi di glo-balizzazione dell’economia, le nuove emer-genze planetarie, i forti flus-si migratori provenientidai Paesi più poveri e ils o rgere di nuovi razzismicostituiscono ormai unasfida sociale, culturale epolitica molto impegnati-va per le società occiden-tali. In effetti, i temi, iproblemi e le prospettiveappena richiamate si con-figurano come fattori didisagio esistenziale.

D’altra parte, l’espansione esponenzia-le delle informazioni veicolate dai mezzidi comunicazione di massa mentre, da unlato, offre possibilità di istruzione e di sti-molo culturale, induce, dall’altro, perico-losi atteggiamenti di conformismo e rischicrescenti di manipolazione.

Questi scenari ci consentono di conclu-dere che viviamo immersi in una societàcomplessa e cognitiva ma, ahimé, ancheincerta e, perché no?, sotto molti aspetti,volgare (assolutamente priva di finezza, disignorilità, di garbo) e sguaiata (mancantedi decoro, di decenza, di educazione); inol-tre, inducono a inquietanti interrogativi, chepotremmo sintetizzare nel seguente quesito:«Che tipo di uomo per questa società?»,non dimenticando, però, di aggiungere:«per immaginare e realizzare un mondomigliore?». Ora, è ovvio che la risposta piùimmediata sia «un uomo capace di domina-re la complessità e di ri-trovare, di conse-guenza, l’orizzonte di senso».

Facciamo riferimento, quindi, a unuomo, dotato di autonomia intellettuale e dicreatività progettuale, protagonista della sua

esistenza, che eglinobilita a ogniistante con i valo-ri che gli sonopropri, la volontàe la libertà, e chegli consentono,queste ultime, diessere e mante-nersi persona.Ma, oggi, esisto-no “condizionifisiologiche” che

aprono una prospettiva positiva in tale dire-zione? O sono ben presenti nel contestocontemporaneo premesse che favorirebberoben altre e pericolose derive? La risposta aquesti interrogativi non è di quelle che pos-sono essere date con superficialità. Non èd i fficile dedurre che oggi sono molte quelleche potrebbero essere definite emerg e n z eesistenziali. È ragionevole, allora, ritenereche il futuro attende il loro superamento,impone una necessaria e ineludibile rimo-dulazione delle coordinate che garantisconoall’uomo il recupero di una dimensione ingrado di consentirgli un’esistenza in sinto-nia con se stesso e con il mondo. Ed è que-sto il progetto che postula, legittima e invo-ca il contributo del pensiero e dell’azionedella Massoneria. Occorre allora individua-re quale ruolo potrebbe essere giocato dalGrande Oriente d’Italia, nel processo dicostruzione della civiltà del terzo millennio,s o ffermandoci sul perchè della sua presen-za, sui suoi principi e sulle sue finalità, sugli

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• 11 •Pedagogia delle Libertà, G. Raffi

obiettivi da individuare e proporre e suiconseguenti compiti da svolgere.

Sotto il primo profilo, quel-lo della p r e s e n z a, la Masso-neria trova una legittimazio-ne filosofico-ideologica inquanto ha elaborato ed è por-tatrice di una propria W e l -t a n s c h a u u n g che contemplail rispetto delle diversità, ali-mentato e nobilitato dall’a-dozione dei valori dell’ugua-glianza, della fratellanza,della libertà e della tolleran-za; ma ha anche una propriap a i d e i a, per una pedagogiadell’umano.

In ordine ai p r i n c i p i e alle f i n a l i t à, inve-ce, le sarà sufficiente attestarsi su quelleadottate fino ad oggi, che possono essereriassunte nella dichiarata volontà di lavora-re per il bene e il progresso dell’umanità.

La Massoneria è e resta un Ordine ini-ziatico i cui membri operano per l’elevazio-ne morale e spirituale dell’uomo e dell’u-mana famiglia; che propugna la tolleranza,il rispetto di sé e degli altri, la libertà dicoscienza e di pensiero, promuove l’amoreper il prossimo e ricerca tutto ciò che uniscefra loro gli uomini e i popoli per megliocontribuire alla realizzazione della fratel-lanza universale. Inoltre, essa afferma l’altovalore della singola persona umana e rico-nosce a ogni uomo il diritto di contribuireautonomamente alla ricerca della verità. LaMassoneria, poi, è apolitica e non trattaquestioni di politica e di religione.

Il massone presta la dovuta obbedienzae la scrupolosa osservanza alla Carta Costi-

tuzionale dello Stato nel quale risiede ed ètenuto ad astenersi dal partecipare, sostene-

re o incoraggiare qualsiasi azio-ne volta a turbare l’ordineliberamente e democratica-mente costituito della società.

Quanto agli o b i e t t i v i, laMassoneria si configura comeun laboratorio di idee, moto-re, quindi, di una propria ela-borazione culturale e di unapropria proposta di fronte aigrandi temi che si affacciano,di volta in volta, sulla ribaltadella società.

La Massoneria intendeabitare il futuro sorretta dalla

certezza di una “tradizione” ideologico-eso-terica costituitasi nel tempo e che annoveratra i suoi protagonisti personaggi che hannocontribuito a fare la storia del mondo.

Fin dai suoi albori speculativi la Masso-neria ha saputo immaginare un progettorivelatosi formidabile fattore di cambia-mento per il mondo intero. Questo progetto,fra l’altro, contemplava e contempla: diritticivili, libertà, uguaglianza, org a n i z z a z i o n iinternazionali a garanzia della tutela di que-sti stessi valori e così via.

Quali gli ulteriori obiettivi la Massone-ria può oggi individuare per continuare acontribuire al bene e al progresso dell’u-m a n i t à ?

Per ora, nell’impossibilità di enumerar-li, anche perché molti saranno definiti in iti -nere lungo il procedere della civiltà del ter-zo millennio, è sufficiente sottolineare cheessi sono compresi nel Progetto di un Nuo -vo Umanesimo per il Rinascimento dei

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• 12 •EDITORIALE

valori, la sola via per pervenire a una Civil -tà della Persona edificata sui fondamenticulturali della Massoneria, vale a dire,uguaglianza, libertà, fratellan-za, tolleranza; valori, questi,che conducono all’amore gra-tuito dell’uomo per il propriosimile. Si tratta di un NuovoUmanesimo inteso come con-sapevole conquista di un nuo-vo senso dell’uomo e dei suoiproblemi, che possa veramen-te preludere a una “rigenera-zione” della civiltà, a unaR e n o v a t i o, cioè alla Rinascitadello spirito dell’uomo,appunto.

La Massoneria concorre responsabil-mente e produttivamente alla ricostruzio-ne/ricostituzione dell’uomo, affinché l’esi-to delle dinamiche presenti nell’attualemomento storico non conduca a una mestaderiva per la cultura e per la civiltà. La ri-costruzione dell’uomo è resa possibile dal-l ’abbandono dell’etica dell’emergenza e dal -la contestuale adozione di un’etica dellar e s p o n s a b i l i t à: mettere l’uomo al centrodella vita può e deve, allora, rappresentarel’imperativo etico e/o la consegna esisten-ziale per combattere la “caduta delle evi-denze etiche”, la “disaffezione alla sociali-tà” e la “quasi stanchezza della democrazia(che corrispondono all’astensionismo dalvoto, al dominio occulto delle forze econo-miche e finanziarie, alla mancanza di rispet-to e ai conflitti tra poteri e ordini istituzio-nali, solo per restare in Italia). Questa pro-spettiva consentirebbe di non venir menoalla fedeltà all’essere dell’uomo.

A questo punto ci si deve chiedere: perrealizzare questi obiettivi, quali sono le stra-de che la Massoneria è possibilitata a per-

correre? Qualisono i compitiche a essa deriva-no dall’assunzio-ne di questaresponsabilità difronte all’uomo?

La risposta aquesti interroga-tivi impone alcu-ne altre brevic o n s i d e r a z i o n ipreliminari. Èstato già ricordato

che la proliferazione dei settori del sapere ela frammentazione delle conoscenze che neè conseguita e la complessità dei problemiche affliggono il «villaggio globale», checostringe sovente la persona a occuparsiesclusivamente del quotidiano a discapitodell’espansione dell’area della progettuali-tà, hanno affievolito nell’uomo contempo-raneo la coscienza del significato dell’esi-stenza. In particolare, quest’ultimo rischiadi smarrire la capacità di meravigliarsi, dicontemplare e di immedesimarsi, per scivo-lare lungo la china dell’indifferenza e dellariduzione dei rapporti sociali: il suo semprepiù accentuato ripiegamento individualisti-co sembrerebbe condannarlo all’impersona-lità delle relazioni. Vive, in buona sostanza,una crisi di orientamento valoriale. Infatti,il progresso cognitivo, il moltiplicarsi delleo fferte del p l a i s i r e gli apparenti spazi dellelibertà personale non sono, di per sé, porta-tori di autenticità e felicità: il senso dell’esi-

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• 13 •Pedagogia delle Libertà, G. Raffi

stenza esige impegno, autenticità nelle rela-zioni e deve necessariamente essere ancora-to a un mondo di significati e di valori.

Al contrario si assiste all’inesorabilegraduale perdita dei valo-ri personali: si sta sacri-ficando sull’altare delsuccesso e del poterel’autenticità stessa dellavita. A quest’ultima, ilmondo dei mass-mediasostituisce e riveriscesua maestà l’immagine.

La sopravvalutazio-ne dell’individualità, delpiacere e anche delsapere, in quanto tali,genera, invece, sempre un disorientamentogenerale e favorisce la caduta di quel parte-cipe senso d’umanità che alimenta la capa-cità individuale del percepirsi accomunati atutti gli altri esseri viventi. Nel recuperodell’interiorità, lontano dal frastuono deirumori e dell’annichilimento dell’esaltazio-ne, risiede la possibilità di scoprire che l ’ e -sistenza umana è orientata sempre versoqualcosa o qualcuno che sta al di fuori di sestesso: un significato da realizzare o un’al -tra esistenza umana da incontrare ( V. Fran-ki, 1980). Ne deriva la necessità di una r i d e -finizione di un nuovo atteggiamento vitale,modulato sul riconoscimento dell’interdi-pendenza di tutto e della conseguente com-plementarietà di tutti. A ogni uomo spetta ilcompito di condividere umanità e coopera-re soprattutto alla riscoperta di un sensoampio e forte per cui vivere, implicante tut-ti gli altri esseri viventi e la realtà terrestrenel suo insieme. Da qui scaturisce, allora, il

compito della Massoneria in ordine alla viada percorrere per realizzare gli obiettivicontenuti nel suo progetto d’umanità.

Prima preoccupazione e intenzione del-la Massoneria, quindi,diventa l’esigenza dicontribuire al poten-ziamento dell’oriz-zonte culturale, perconsentire all’uomodi ritrovare la via dels e n s o, quel percorsoesistenziale finalizza-to a promuovere inogni singolo uomo lacapacità d’intercetta-

re le esigenze vitalidell’umanità intera, nella consapevolezza diuna ricerca comune di giustizia, pace, feli-cità e verità.

Per realizzare ciò risulta, allora, neces-sario, in primo luogo, guadagnare la capaci-tà di riaprire un dialogo diretto con la natu-ra, con le cose e con le persone; poi, impa-rare ad ascoltare empaticamente gli altri,per registrare i problemi connaturati allastessa vita associata, senza mai sposareinterpretazioni ideologiche riduttive; infine,giovarsi delle conoscenze per rintracciare leinformazioni efficaci per comprendersi,condividere e partecipare. In altri termini:l’uomo deve recuperare lo stesso senso delvivere, deve riconquistare una relazionesignificativa con l’esistenza e, solo allora, lacrescita culturale si tradurrà in autenticazio-ne d’umanità e comprensione della realtàdella vita in ogni sua forma: è questa las c o m m e s s a che la Massoneria è pronta agiocare e a vincere nel terzo millennio.

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• 14 •EDITORIALE

La via della comprensione esistenziale edel dialogo coniugata all’impegno persona-le può consentire la crescita etica necessariaper giungere alla ri-defini-zione dell’orizzonte disenso: questo anelito, chepotrebbe essere definitoetico, deve essere il com-pagno di viaggio dell’uo-mo se egli vuole attingerela vita significativa.

La Massoneria confi-gurandosi come ambienteformativo al di là dellediversità delle condizioniculturali, sociali ed eco-nomiche, rappresenta unambito di esistenza e, nel contempo, losfondo di valore entro il quale accoglierel’istanza etica, corroborarla con i propriprincipi, elaborarla in forma di comunica-zione significativa e affidarla al confrontoculturale. La Massoneria nel terzo millen-nio, dunque, come sentinella etica ( n o ndimentichiamo che pur sempre Essa puòessere definita “sistema morale velato dasimboli”) contro trionfanti ideologie delnon-pensiero, volta a costruire le condizio-ni spirituali del futuro; per compiere, s p e d i -zioni verso le terre del non-ancora, utopia

speranza; non per conquistarle, per esserci,non per integrarvisi ma per essere altroanche nell’altrove (I. Mancini).

La Massoneria nonpuò dare garanzie sultraguardo, ma garantisceche mai vi sarà ritornosulle posizioni prece-denti. Si fa viatico per ilfuturo: per fornire unadimensione di sensocontenuta in una visionefilosofica che ha attra-versato il passato e attra-versa il presente ma cheè rivolta soprattutto al

futuro e che si incentra sul-l’Uomo. Per questo futuro il Grande Orien-te d’Italia intende “lavorare” per insegnareall’uomo ad apprendere e formarsi: intendecontinuare a essere laboratorio di produzio-ne di un pensiero pensante incessante, nonprefabbricato, sempre in atto, infinito, ricer-ca critica, emancipativa.

Ma questo significa educare alle libertà:essere costruttori di comprensione e di dia-logo in un mondo troppe volte trafitto dallaviolenza e dalle ingiustizie; ma soprattuttofa comprendere la vera grandezza dell’es-senza del vivere.

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EDITORIAL

Pedagogy of Liberties*

by the Most Worshipful Brother Gustavo RaffiGrand Master of the Grande Oriente d’Italia - Palazzo Giustiniani

Representatives of AuthoritiesLadies and Gentlemen Dearest Brethren

he Grande Oriente d’Italia hasno purposes related to politicalparties or interests in political

action, which should be performed in accor-dance with democratic rules in other con-texts and institutional spheres. On the con-t r a r y, our role is to stimulate civil society onqualifying subjects, around which we thinkwe can give an unbiased and rational con-tribution, in order to take part in the diff i c u l tprocess leading to the construction of a bet-ter and fairer civil context.

Taking the clearest examples ofFreemasonry as a reference, our Communi-ty tries to play a specific role, i . e . the roleof a fruitful context for free formulation of

critical thought, highlighting the voice of alaic and intercultural dimension, whichunfortunately is not always appreciated inI t a l y. Far beyond a mere agency of modernl a i c i t y, contemporary Freemasonry againplays a historical role in intellectual andsocial-cultural action, aimed not so muchat protecting, but rather at expanding allethical principles, which shape the Charterof Human Rights and strengthen the foun-dations required for any civil practiceaimed at achieving active and constructive“ t o l e r a n c e ” .

Our action is outside of any politics;therefore, we are fortunately and complete-ly free to consider everybody’s reasons andideas with profound respect, think of diff e r-ent solutions in a spirit of continuous analy-sis and permanent doubt, without aspiringto success in terms of numbers or power.

* Address of the Most Worshipful Grand Master, Brother Gustavo Raffi at the Grand Lodge of the GrandeOriente d’Italia (Palazzo Giustiniani), Rimini, 13-15 April 2007.

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• 16 •EDITORIAL

For all these reasons, our main subjectthis year is “Pedagogy of Liberties”. It hasnot been randomly or triviallyselected.

On its long path,Freemasonry has usuallybeen a source of ideas, and ameeting context betweenvarious subjects.

Freemasons have alwaysworked for the constructionof the most important demo-cratic institutions, the draw-ing up of modern constitu-tions, the philosophical-juridical definition of funda-mental principles on which extraordinaryinstitutions have been established, such asthe League of Nations, the Red Cross, etc.Furthermore, we should not forget thatFreemasons have systematically struggledto obtain universal suffrage, public and freeeducation, the abolition of the death penal-t y, and worked around an idea in continuousrenewal of full human dignity. We are sur-prised that this democratic and libertarianheritage – aiming at protecting the centralrole of human beings as subjects and not aseducational objects to be indoctrinated, asprotagonists responsible for their choicesand not as subject individuals or weak con-sumers of goods – is often concealed,although this silence does not prevent usfrom following this hard but necessary andthrilling path.

In fact, Freemasonry is a continuous andmutual education! People joining Freema-sonry feel the need to improve themselvesthrough spiritual progress. T h e r e f o r e ,

Freemasons accept following a path byquestioning themselves, and focus on some

very profound and archetypalsubjects through our ritu-als. As we have alreadysaid on several occasions,Freemasonry also edu-cates on how to avoid pre-packed essential answers.Unlike many political andreligious associations,Freemasons are immedi-ately invited not to be sat-isfied with common vul-gate, or believe with a

servile attitude what is said,even within the Lodge, not just outside theLodge. Rituals and symbols around whichwe work are used to raise questions,doubts, perplexities, and require answers,which are not determined or given forgranted a priori, but answers that everyoneshould approach in a continuous adaptationof individual knowledge and personality.Based on this background, Freemasonry isan atypical reality, for it does not impose abelief, and it does not deny any truths pro-posed by others. Simply put, so to speak,initiates are invited to consider what theythink they have finally known, and go backto it in a more profound and critical way,through free analysis and critical exchangewith other people. Therefore, working inthe Temple makes it possible to focus onpedagogy of liberty with no dogmas, opento knowledge and constructive doubt, butalso ready to face new discoveries or newand original perspectives, but never takenin a unilateral way.

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With reference to its constitution,Freemasonry should be nonconformist,hence ready to receive new stimulationcoming from society, but atthe same time so maturethat it is able to combinethem with its tradition ofcaution, wisdom and quietconsideration. In otherwords, this is, or shouldbe, our work, when wesucceed.

We should not be sur-prised by such a specialcondition, for Freemasonsnow feel profoundlya ffected by the inadequatetreatment of some fundamental ethicalaspects for our society. For a long time, wehave expressed our concern about the factthat the laicity of the Italian State is beingprofoundly mitigated. In fact, every crucialtheme becomes the subject of negotiationsbetween theology and laic world, betweencrusade-like proclamations and referencesto religious dogmatism and more or lessconcealed agreements, in a market of liber-ties, which appears as abominable to us.

Now not only Italy has a very bad legis-lation in the field of scientific research onthe various aspects of genetics and artificialinsemination, but it has also been technical-ly declared that heterologous inseminationwould be a crime for just reasons related toa specific theological position, which is notshared by the scientific community andeven a part of the Catholic Church. The factthat prestigious religious institutions pro-posed a pedagogy of disengagement, when

they invited Italian citizens to refrain fromvoting at the last Referendum – when theGrande Oriente d’Italia had expressed no

indication to vote, apartfrom exercising the rightto vote – showed a clear-ly misguided strategytowards young genera-tions, in particular. Infact, as a pedagogicalinstitution, Freemasonrycould not undermine oneof the most importanttools of the citizens’ free-dom of expression. Forthis reason, we invite

young people, in particular,to keep a high consideration for essentialdynamics in democratic life, and refuse thewicked invitation to refrain from voting, nomatter where it comes from.

H o w e v e r, other and more difficult situa-tions have appeared in present times, andwe cannot avoid talking about that.

Freemasons do not fear questioningthemselves on the subject of pain and death,but also on the right to conclude the path oflife with dignity. Therefore, none of us feelsable to judge, or even worse to consider assinners those people who ask to stopaggressive nursing on them, when there areno more medical possibilities, and theirconditions are humiliating. We are notinvoking a d e r e g u l a t i o n to liberalize orencourage suicide. On the contrary, wewould like to ensure that every humanbeing – based on certain conditions that canbe clearly defined at the scientific and deon-tological level – can be the owner of his/her

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• 18 •EDITORIAL

own life and death, and decide not to liedown as a prisoner of a body, which hasbecome just an unacceptable prison. Life iscertainly a gift, and we respect those whocannot accept that lifeis abandoned beforedue time, even ifthey are in the worstpossible conditions.This idea is based onvery profound andclear reasons. How-e v e r, this shouldlegitimately deter-mine the choices of those who support thisidea, and avoid being like a d i k t a t that isvalid for all. We think that there aremoments in life (or an existence that is nolonger full, at least for people experiencingsuch a condition) when the State shouldrespect the dignity and free conscience ofcitizens, in particular those who suff e r.There are moments when other people’sjudgement should be suspended and thevarious ethical, religious, cultural and spir-itual options have the full right to be com-bined in their freedom, but also in theird i v e r s i t y. It is not acceptable that onealleged absolute truth can be imposed to acivil society as the only ethical-moral obli-gation to be accepted without exceptions. Alaic State must respect pain and, in specificcases, acknowledge individual right toavoid pain, under specific conditions. A s o r tof moral dictatorship on an sick body ispassed off as a universal value, whereas it israther a totalitarian and illiberal imposition.

Furthermore, we reject all accusationsthat are evoked – even recently – against the

famous laic l o b b i e s, which would under-mine the fundamental values of life ands o c i e t y. The Catholic Church has neverexplicitly condemned the death penalty or

war and has used oneor the other, when-ever it consideredthe death penalty orwar as necessaryduring the manycenturies of its his-t o r y. We also knowthat many Freema-sons would never

accept euthanasia for reasons of conscience.H o w e v e r, at the same time, they would nev-er impose their individual choice to otherpeople on such an ontologically personaland terribly painful subject. For us, this isfreedom in diversity; it means exercisingour ideas with no theological obligations tobe imposed to other people. Certainly, theCatholic Church has the right to recall itsbelievers to its truths, theology, and ethics.H o w e v e r, we think that it is unacceptablethat the Catholic Church believes it is enti-tled to take a moral protection on the free-dom of conscience of all Italian people, andespecially on their State, so that its laws arenot compliant with the principles of laicityestablished by the Italian Republican Con-stitution, but with the principles of religiousauthority.

The invectives against laicism and,m o s t l y, against relativism of which we areaccused, are very weak, and are only sup-ported by an a priori factiousness. Also inthis case, we must acknowledge that rela-tivism characterizes those who are not able

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to abandon a limited framework, consideredas eternally effective and bounding, neversubject to discussion and falsifiable criteria,unlike modern sciences.Relativism is this terribleself-referential attitude,because of which part ofthe theological thought isabsolutely not influencedby changing knowledgeand historical and episte-mological paradigms.Such theological thoughtrepeats itself during thecenturies, without admit-ting the right to choose andits unchangeable position. It is not enoughto criticize anti-modernity of fundamen-talisms, when the legitimacy of diff e r e n toptions, alternative directions and cate-gories not subordinated to a specific theo-logical-philosophical system is notacknowledged. The certainty of having theabsolute truth cannot be transformed into ageneralized imposition by the CatholicChurch on the entire society, unless a theoc-racy is established.

We should not be misunderstood.Freemasonry is not against religions. On thec o n t r a r y, Freemasonry has often facilitatedcommunication between believers of diff e r-ent religions. In many non-European coun-tries, Freemasonry is still one of the bestways to disseminate the values of a laic anddemocratic society, according to the lessonof the British parliamentarianism, whichwas disseminated in Europe and beyondthrough our Lodges since the Eighteenthcentury.

Freemasons act with reference to themajestic work of the Great Architect of theUniverse. For this reason, Freemasons con-

sider human beings asgoals, not as tools, and arealways ready to look for anopen dialogue without apri-oristic borders. Instead ofmeeting homologous peo-ple, Freemasons aim atinvolving people with dif-ferent origins, ideas andreligions, for we think thathigher wisdom and knowl-edge can be acquired in this

complexity.In fact, Freemasonry’s p a i d e i a is based

on a method that highlights the temporari-ness of our knowledge after every step, justlike our Temples, whose vault represents astarry sky, a symbol of the incompletenessof the work already performed and theneed to follow the path of knowledge andtruth. When a Freemason finds out he iswrong, this is a positive result, for he real-izes he is leaving a previous error behind,and not an irremediable failure. This is notagainst religions. On the contrary, thehomo religiosus can take advantage of this,and new perspectives never imaginedbefore can be opened. Therefore, thismeans living in a dimension of endlesssearch for personal improvement, whichopens to other individuals and their diff e r-ent perspectives, moving among trans-parencies and obstacles, without neglectingconsideration and tolerance. These are ourtools and ancient values, whose validityappears as unchanged, even now.

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So, let’s return to the subject of peda-gogy of liberties. In the track of century-oldh i s t o r y, we want to highlight the importanceof public school and university education,as well as life-long learn-ing. All investments dedi-cated to young people, theconstruction of a strongand mature identity,focusing on crucialchanges and challenges ofm o d e r n i t y, cannot butreturn in the future withmultiplied effects. Citi-zens are educated fromk i n d e rgarten, through thehighly professional attitudeof teachers. In Italy, paradoxically, the roleof teachers – starting from primary school –seems still anchored to the past, when thefact of going to school, in a warm – or atleast not freezing cold – classroom probablyappeared as a privilege. Therefore, we can-not avoid recalling the memory of one ofthe greatest Italian Freemasons of the past,Giosuè Carducci. This year, we celebratethe hundredth anniversary of his death.From his position, Giosuè Carducci neverstopped highlighting the crucial importanceof teachers, their civil role, as main actors inthe process of constructing a country and itsi d e n t i t y, therefore highlighting the extraor-dinary fertility of school. Moreover, weneed to stress the crucial importance ofState School as an integration tool for for-eign immigrants, as a context where futurecitizens are formed. We must avoid themodel of ghetto-school, where the variousreligions create their own education model

in a sort of armed ceasefire with the othercommunities. In this case, new relativismsand new fundamentalisms may be nurtured,and become sources of men and women

who do not identify them-selves with the RepublicanConstitution and open socie-t y, but only with their com-m u n i t y. The construction of aworld peace process alsogoes through these local or“glocal” challenges, if youlike, for post-modernityshows that even the smallestdimension can take an over-all importance in some spe-

cific situations.Freemasonry is based on profound prin-

ciples of self-education for citizens, andhighlights the positive value of all educa-tional and pedagogical institutions.

Freemasonry does not have to provideits opinions on hot subjects, such as therecognition of the rights of unmarried cou-ples. Individual Freemasons have diff e r e n topinions on this subject, which is certainlynot simple. However, a discussion based onproclamations and excommunications, ref-erences to a natural family without a rea-sonable consideration on the complexity ofsentimental life and all its aspects in thereality of the 21s t century is not appropriatefor a mature country. We see some oddparadoxes. On one side, natural family –which is, in reality, the result of a complexhistorical and social evolution – is legiti-mately supported. On the other side, we for-get that the situation of women having chil-dren and a job is dramatic in Italy, due to

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• 21 •Pedagogy of Liberties, G. Raffi

the lack of appropriate facilities and servic-es. Adopting a child seems to be like goingthrough the hoops. The difficulty to find astable job increasingly rises theaverage age of young peoplewho finally join the dimensionof adult world. However, wealso have some doubts on thefact that after a natural family isestablished according to theState-Catholic Church treaty, itcan be dissolved by theCatholic Church, including civ-il effects, as if nothing hap-pened. In fact, different andstrongly unbalanced measuresare taken to the detriment of thedignity of a Laic State. We hope that theseissues will be included in a civil and opendialogue in the future, and not again in aconflict between faith doctrine and civilsociety.

The pedagogical values of Freemasonrysociability are combined in a wider andcomplex context, which is not excludedfrom a responsible attitude towards thesocial complexity of the globalized world.Such complexity appears as determined bya dynamicity, which could not be imagineduntil a few years ago. In fact, the social con-text goes through quick changes in individ-ual and social cultural models, habits, atti-tudes and behaviours, which impose or any-how generate continuous adaptations andinnovations. This complexity, in turn, caus-es several challenges for today’s man.

On the other hand, scientific and techno-logical progress, globalization processes ofe c o n o m y, new planetary emerg e n c i e s ,

strong migratory flows from poor countries,and new racism are now a very diff i c u l tsocial, cultural and political challenge for

Western societies. In fact, theabove-mentioned themes, prob-lems and perspectives appear asexistential discomfort factors.

Furthermore, the dramaticincrease of information provid-ed by mass media gives educa-tion opportunities and culturalstimulation, on one side, andcreates dangerous conformismattitudes and growing manipu-lation risks, on the other.

These scenarios make it pos-sible for us to conclude that we

live in a complex and cognitive, but – alas –uncertain society, probably also vulgar frommany standpoints (absolutely withoutrefinement, distinction or courtesy) andcoarse (with no dignity, decency, and polite-ness). They also lead to disturbing questionsthat we can summarize as follows: “Whatkind of man for this society?” However, weshould not forget to add: “to imagine andcreate a better world?” Obviously, the mostimmediate answer is “a man able to domi-nate the complexity and hence re-identifythe horizon of meaning”.

Therefore, we refer to a man providedwith intellectual autonomy and project-making creativity, protagonist of his lifethat he dignifies every moment with hisown values, will and freedom. Will andfreedom make it possible to be and remaina person. However, are there now “physio-logical conditions” that open a positive per-spective in this direction? Or is there a

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background in the contemporary contextthat facilitates other and dangerous drifts?The answer to these questions cannot begiven superficially. It is notd i fficult to understand thatmany might be defined asexistential emergencies. Itis, then, reasonable to con-sider that the futureexpects they are over-come, imposes a necessaryand ineludible reformula-tion of directions, whichensure that man is able torecover a dimension, inwhich man can live in harmony with him-self and the world. This is the project thatpostulates, legitimates and requires a con-tribution from Freemasonry’s thought andaction. Then, we must find out which rolecan be played by the Grande Oriente d’I-talia in the process of building of the civi-lization of the third millennium, thinkingabout the reasons of its presence, about itsprinciples and its aims, the aims to find outand propose, and about its tasks.

On the first point of view, that of thep r e s e n c e, Freemasonry finds its philosophi-cal-ideological legitimacy, because it haselaborated and brings its own W e l t a n s c h a u -u n g, that implicates the respect of diversi-ties, made strong by the choose of the val-ues of equality, brotherhood, liberty and tol-erance; but at the same time, it has its ownpaideia, for a pedagogy of human.

As concerns its p r i n c i p l e s and a i m s, theyare those adopted till now, that can be sum-marized by the wish to work for the goodand the progress of humanity.

Freemasonry is and will be an initiateOrder, whose members work for moral andspiritual elevation of man and human fami-

l y, supports toleranceand respect for one-self and the others,freedom of con-science and thinking.Freemasonry pro-motes love for otherpeople and looks foranything uniting indi-viduals between eachother and peoples, to

contribute better to theachievement of universal brotherhood. Italso ascertains the high value of individualsand acknowledges that every man has theright to independently contribute to thesearch for truth. Additionally, Freemasonryis apolitical and does not deal with politicaland religious issues. Freemasonry only ini-tiates free men with good habits, with nodistinction of race, citizenship, social class,and political or religious opinions.

Freemasons ensure their obedience andscrupulous observance of the Constitutionof the State where they live, and shallrefrain from participating, supporting orencouraging any action aimed at disturbingsocial order that is freely and democratical-ly formed.

Freemasonry is a workshop where ideasare formed, and an engine of its own cultur-al elaboration and proposal towards themain themes appearing in society, fromtime to time. Freemasonry intends to live inthe future being supported by the certaintyof an ideological-esoteric “tradition”

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formed in time, and including people whohave participated in shaping the world his-tory among its protagonists.

At the dawning of its speculation,Freemasonry was able toimagine a project, whichbecame a formidable fac-tor for change in the entireworld. This project alsoincluded the following:civil rights, freedom,e q u a l i t y, internationalo rganizations for the pro-tection of these same val-ues, and so on. The “propul-sive force” of Freemasonry is supported bygreat vitality, and will certainly be able dodesign a new project, new objectives forHuman Kind in the Third Millennium.Freemasonry will find again the rightstrength to be like a lighthouse and guidinglight for all men, and will be able to trans-late its aspirations to good into real facts.

So, which objectives can Freemasonryidentify to keep contributing tohumankind’s good and progress?

It is now impossible to list them, alsobecause many will be defined in itinere,along the progress of civilization during thethird millennium. For now it is enough tosay that they are included in the Project of aNew Humanism for the Renaissance of val -u e s, which is the only way to achieve a P e r -s o n C i v i l i z a t i o n built on the cultural foun-dations of Freemasonry, i . e . e q u a l i t y, free-dom, brotherhood and tolerance. These val-ues lead to gratuitous love of man for othermen. It is a New Humanism, considered asan aware achievement of a new meaning of

men and their problems, which can reallylead to a “regeneration” of civilization, aR e n o v a t i o, actually the Rebirth of humanspirit.

Freemasonry gives aresponsible and produc-tive contribution to ther e c o n s t r u c t i o n / r e c o n s t i-tution of man, to ensurethat the result of presentdynamics in the currenthistorical situation doesnot lead to a gloomy driftfor culture and civiliza-

tion. The re-construction ofman is possible through the abandonment ofemergency ethics and related adoption ofresponsibility ethics: placing man in thecentre of life may be, then, the ethicalrequirement and/or existential need to fightagainst the “fall of ethical evidences”,“alienation towards sociality”, and “almostexhaustion of democracy” (i . e . vote absten-tion, concealed domination of economicand financial forces, lack of respect, andconflicts between institutional powers andorders, as far as Italy is concerned). T h i sperspective would make it possible toremain faithful to being a person.

At this point, we should ask the follow-ing: to achieve these objectives, what direc-tions can be followed by Freemasonry?What are Freemasonry’s tasks for theundertaking this responsibility towardsman?

The answer to these questions imposessome other short preliminary considera-tions. We have already said that the prolif-eration of knowledge sectors and its subse-

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quent fragmentation, as well as the com-plexity of problems affecting the “globalvillage” – which often forces people to onlyfocus on daily life, to the detriment of thedevelopment offuture projects –have weakenedthe conscience ofexistence mean-ing in contempo-rary man. In par-t i c u l a r, man riskslosing the abilityto be surprised,contemplate andsympathize, toslide down the slope of indifference andreduction of social relationships. T h eincreasingly strong individualistic foldingof man on himself probably condemns himto impersonality of relationships. Man sub-stantially lives in a crisis of value orienta -t i o n. In fact, cognitive progress, increasingo ffers of p l a i s i r, and apparent spaces of per-sonal freedom do not provide authenticityand happiness: the sense of existencerequires commitment, authenticity in rela-tionships, and should necessarily beanchored to meanings and values.

On the contrary, we experience an inex-orable gradual loss of personal values: theauthenticity of life is being sacrificed on thealtar of success and power. The world ofmass-media replaces life and worships itsmajesty the Image.

On the contrary, the overestimation ofi n d i v i d u a l i t y, pleasure and knowledge, assuch, always generates an overall disorien-tation, and facilitates the fall of shared sense

of humanity, which supports the ability ofindividuals to feel like all other creatures. Inrecovering the interiority, far from the noiseand annihilation of exaltation, there is the

possibility to discoverthat human existenceis always orientedtowards something orsomeone that is out ofhimself: a meaning tobe obtained or anoth -er human existence tof i n d ( V. Franki,1980). Therefore, thisleads to the need for

defining a new vitala t t i t u d e, organized on the recognition ofinterdependence of everything and subse-quent complementarities of everybody.Every man’s duty is to share humanity andcooperate to rediscover a wide and strongsense to live for, including all other crea-tures, and terrestrial reality as a whole.Therefore, this is the origin of the Freema-s o n r y ’s task, regarding the way to followfor achieving the objectives contained in itshumanity project.

Therefore, the contribution to strength-ening cultural opportunities becomes thefirst concern and intention of Freemasonry,to let man find the direction of meaning, i . e .the existential path aimed at promotingevery man’s ability to understand vital needof humanity, in the awareness of a commonsearch for justice, peace, happiness andTruth.

To achieve these objectives, it is firstnecessary to be able to reopen a direct dia-logue with nature, things and people. Then,

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we need to learn how to empathically listento other people, to register the problemsrelated to social life, without joining reduc-tive ideological interpretations. Finally, weneed to rely on knowledgeto identify effective infor-mation to understand eacho t h e r, share and partici-pate. In other words, manmust recover the sense ofliving, and reacquire ameaningful relationshipwith life. It is onlythrough this process thatcultural growth will becomeauthentication of humanity and understand-ing of life reality under all its forms: this isthe c h a l l e n g e that Freemasonry has accept-ed and is ready to win during the third mil-lennium.

The path to existential understandingcombined with personal commitment canensure the ethical development required tore-define the horizon of sense: this desire –which may be defined as ethical – mustaccompany man’s existence, if man wantsto go towards a meaningful life.

Freemasonry appears as an educationalcontext beyond any diversity of cultural,social and economic conditions. It is anexistence context, and – at the same time –the value background within which the eth-ical aspiration is received, strengthenedwith our principles, developed in the formof significant communication, and assignedto cultural exchange. Hence, Freemasonryin the third millennium is considered as an

ethical sentry (we should not forget that Itcan always be defined as a “moral systemveiled by symbols”) against triumphant ide-ologies of non-thought, aimed at creating

the spiritual condi-tions of the future; toperform e x p e d i t i o n stowards lands of not-yet, hope utopia; notto conquer them, to bethere, not to be inte -grated there, but to beother also in else -where (I. Mancini).Hence, Freemasonry

is an invitation to sail, to start following ourw a y. It cannot give guarantees on the goal,but it ensures that we will never return toprevious positions. It becomes an encour-agement for the future: to give a sense ofdimension contained in a philosophicalvision that has gone through the past andgoes through to the present, but it is mostlyoriented to the future. In the future, Freema-sonry intends “to work” to teach man howto learn and be educated: Freemasonryintends to keep being a workshop produc-ing continuous thinking and non-prefabri-cated thought, always acting and infinitethought, and critical and emancipativeresearch.

This means educate to liberties: to bebuilders of comprehension and dialogue, ina world too many times affected by vio-lence and injustices; and most of all, this letus understand the real greatness of livingessence.

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Giovanni Pico Della Mirandola, Luzio Bellanti e l’astrologica verità

di Vinicio SerinoUniversità di Siena

The present contribution describes the situation of deep cultural confrontationwhich involved Tuscany in the second half of 1400, at the time of the end of theMiddle Ages, when man, and not God, was the core of philosophical reasoning. Inthis prolific milieau, full of new ideas and devoted to the preservation of the ancientheathen rites, the character of the Sienese astrologer Luzio Bellanti is very impor -tant. He was a physician, a philosopher, a politician who, about diviner astrology,discusses, relentless and polemically, with Giovanni Pico della Mirandola who sup -ported the importance of astrology in determining human freedom.Luzio Bellanti, even if he is not so famous as Pico, is a man of great charm and doc -trine, to be quoted together with the humanists of his time. Despite the growing dis -ciplinary measures of the Sacred Inquisition, he bravely went along ways alterna -tive to the dominant Catholic Weltanschauung.

Immagini inquietanti

ndubbiamente una delle immaginipiù significative e inquietanti dellaCattedrale di Siena, autentico capo-

lavoro dell’arte gotica, è costituita dalla tar-sia marmorea di Ermete Mercurio Tr i s-megisto, una splendida raffigurazione rea-lizzata su quello che il Vasari definì il piùbel pavimento del mondo (forse) da Gio-vanni di Stefano, nell’anno del Signore1488 su disposizione dell’estroso Operaio

dell’epoca, il cavaliere gerosolimitano eospitaliere Alberto Aringhieri. Come è notoErmete Mercurio Trismegisto era la traspo-sizione greca del dio egizio Thoth, signoredella medicina e di ogni sapere, che gliEgizi rappresentavano con la testa dell’ibis,l’uccello che, con la sua comparsa, annun-ciava le periodiche – e benefiche – alluvionidel Nilo.

Sono note1 le straordinarie conoscenzeintorno alla “filosofia” ermetica, uff i c i a l-mente penetrata in Occidente negli anni

1 Cfr. Hiram 3/2005, pp. 57-99.

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• 28 •La rinascita dell’Humanitas

successivi alla caduta di Costantinopoli sot-to il dominio turco (1453), possedute dalcavalier Aringhieri. Una dellesue operazioni più “intrigan-ti” era stata infatti quella difar riprodurre, proprio suimarmi dell’antico Duomo, esotto la mano sinistra del dioErmete, due passi tratti dalc.d. Corpus Hermeticum ( eprecisamente dal P i m a n d r o ed a l l ’A s c l e p i o): due passi inqualche modo capaci di espri-mere il “senso” di quella rac-colta di testi portatori dell’an-tica sapienza dell’Egitto che,su disposizione di Cosimo dè Medici il vec-chio, Marsilio Ficino aveva tradotto, nel-l’anno 1471, nella lingua di Cicerone.

Ma Aringhieri non si era limitato a que-sto. Sempre sul pavimento della “sua” cat-tedrale e sempre con la tecnica delle tarsieaveva fatto realizzare dieci Sibille, ossia ledieci profetesse dell’antichità, oltre al cosìdetto Colle della Virtù, della Fortuna e del-la Conoscenza. A detta di qualche autorevo-le studioso quest’ultima tarsia rappresente-rebbe una citazione dotta dell’H y p n e r o t o -machia Pholiphili2, mentre per le Sibillesono state proposte, ricorrendo all’idea dan-tesca dei diversi livelli di senso3, almenodue interpretazioni. Si tratterebbe di un labi-rinto iniziatico composto di dieci stazioni altermine delle quali il recipiendario verrebbeiniziato ai santi misteri della Gnosi, ovvero

di un messaggio di valenza astrologica,indirizzato ai cives senenses per metterli in

guardia contro un imminente,pericoloso evento. Questa“pista” astrologica è, almomento, la più battuta e sifonda su di una elementareconstatazione: Ermete Tr i s m e-gisto era considerato il padredella scienza degli oroscopi,tanto che la prima raccolta ditesti astrologici, comprensividelle relative interpretazionicurate da sacerdoti egizi, erisalente al III secolo a.C.,ossia in piena epoca tolemaica,

verrà racchiusa in un testo che anticipa ilCorpus Hermeticum e che, molto significa-tivamente, sarà intitolato Liber HermetisT r i s m e g i s t i. Osserva al riguardo FranzCumont che:

Il dio Tot [Thoth], l’Ermete Tr i m e-gisto dei Greci, divenne in Egitto ilrivelatore della sapienza degli orosco-pi, come di tutte le altre specie diconoscenze […] Pure, l’astrologia nonfu solo un metodo di divinazione: essaimplicava […] una concezione re l i g i o-sa del mondo, e fu inseparabilmentecombinata con la filosofia greca. In talmodo, i libri ermetici non compre n d o-no solo trattati di dotta superstizione:è una teologia completa che gli deirivelano al fedele in una serie di quel-le che si possono chiamare apocalissi4.

2 Calvesi, 1988: 20-21.3 Dante, 1952: 70-72.4 Cumont, 1990: 81.

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L’amico Luzio

Questa “inseparabile com-binazione”, questa “teologiacompleta”, si trova, appunto,“citata” sul pavimento mar-moreo della Cattedrale sene-se dell’Assunta e la “declina-zione astrologica” di questaantica sapienza sembra pro-prio da attribuirsi all’operadi un singolare personaggioche con l’Aringhieri deveaver intrattenuto importantirapporti di solidarietà intel-lettuale, e forse anche inizia-tica: Luzio Bellanti. Unmedico che, secondo un costume non raroall’epoca, era anche astrologo e che svolseun ruolo importante sul (turbolento) scena-rio politico del tempo. Fu infatti membroattivo della fazione dei c.d. Noveschi, tantoattivo da non esitare a prendere le armi con-tro il governo senese in carica e, per questo,ad essere costretto all’esilio dalla propriacittà. In questo suo affacciarsi sullo scena-rio politico senese si trovò a militare a fian-co di Pandolfo Petrucci, anche lui “nove-sco”, e futuro – e unico – Signore di Siena.Fino a quando, per una serie di contrasti dinatura politica, tra i due si venne consu-mando una irreparabile rottura che avrebbeprovocato, nel settembre del 1496, il nuovoesilio del Bellanti, per altro prudentementeormai già riparato in territorio fiorentino.

Non rientrò più a Siena e proprio a Firenze,verosimilmente prima della fine del 1499,

fu ucciso, con ogni probabili-tà da sicari inviati dallo stes-so Pandolfo Petrucci. D’al-tra parte lo stesso Bellantiaveva accusato apertamenteil Signore di Siena di trama-re per la sua morte5.

Ma la notorietà maggio-re Bellanti la deve, assai piùche alla sua intensa e, pernon pochi aspetti, rocambo-lesca vicenda politica, allapropria fama di astrologodottissimo che, verosimil-mente, influenzò il “proget-

to” iconologico di A l b e r t oAringhieri realizzato all’interno della Cat-tedrale di Siena per i quasi trent’anni in cuiquest’ultimo resse le sorti dell’Opera delDuomo. È probabilmente ascrivibile pro-prio alla sapienza astrologica del Bellanti larealizzazione delle dieci Sibille, tutte com-missionate ai più importanti artisti all’epo-ca presenti a Siena, da Giovanni di Stefanoad Antonio Federighi, Benvenuto di Gio-vanni, Guidoccio Cozzarelli, Neroccio diBartolommeo Landi e Matteo di Giovanni,tra il 1482 e il 14836. Questi due anni,appunto il 1482 e il 1483, furono solenne-mente richiamati con altrettante epigrafimarmoree ciascuna posta ad annunciare idue gruppi di Sibille, cinque per lato, posterispettivamente alla destra della navata

5 Dizionario biografico degli italiani, pp. 597-599.6 Santi, 1982: 16.

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entrando quelle realizzate nel 1482, allasinistra quelle del 1483. Non era passatainosservata questa enfatica “segnalazione”che potrebbe autorizzare,appunto, una pista disegno astrologico. Perchéil 1484 sarebbe stato“segnato” da una congiun-zione di pianeti, Giove eSaturno in Scorpione, cheavrebbe indicato, secondol’astrologo tedesco J o a n -nes de Clara Monte ( L i c h-t e n b e rger), la nascita, inGermania, di un p i c c o l oprofeta il quale interprete -rà in maniera eccellente leScritture e fornirà ancherisposte con un granderispetto per la divinità, alla quale ricondur -rà le anime umane […]. Tuttavia questopiccolo profeta che avrà vivissima intelli -g e n z a e che saprà moltissime cose e posse -derà una grande saggezza, nondimeno,spesso dirà menzogne e avrà una coscienzabruciata. E al pari di uno Scorpione schiz -zerà il veleno che ha nella coda7. Come ènoto, col senno di poi, questo “piccolo pro-feta” è stato identificato in Martin Luteronato sì sotto lo Scorpione, il 10 di Novem-bre, ma non dell’anno 1484, bensì di unanno prima, del 1483.

Queste considerazioni intorno all’a n n u sh o r r i b i l i s 1484, ampiamente sviluppate inuno splendido saggio di Ioan Couliano8,

avrebbero potuto non essere ignote al sene-se Luzio Bellanti che sarebbe così stato ingrado di influenzare in qualche modo il pro-

getto dell’Operaio della Catte-drale Alberto Aringhieri.

Prisca Theologia e antichi dei

Eppure la fama di Bellantinon riposa tanto su questaoperazione quanto, piuttosto,per una polemica, peraltro dialtissima levatura intellettuale,che lo aveva contrappostoniente di meno che a GiovanniPico della Mirandola del qua-le, secondo la tradizione,

avrebbe predetto con precisionela morte come, del resto, di Girolamo Savo-narola, che in quegli anni, tra il 1494 e il1498, con le sue prediche infuocate, eserci-tava un influsso straordinario sulla politicae sulla cultura della società fiorentina, inuno col nuovo regime repubblicano antime-diceo. Il rapporto tra Luzio Bellanti e Picodella Mirandola è molto complesso e vainquadrato in quell’autentico crogiuolo diidee, di innovazioni culturali, di modellialternativi che fu la Toscana della secondametà del quindicesimo secolo, fortementesegnata dall’ingresso (ufficiale) del CorpusH e r m e t i c u m e della sua singolare “visionedel mondo”. Da questo punto di vista unodei punti di riferimento di quella stagione

7 Lichtenberger, 1527: 31-33. 8 Couliano, 1987: 265-281.

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straordinaria fu sicuramente Marsilio Fici-no che, proprio attraverso gli insegnamentidel Corpus Hermeticum, motiva la convin-zione di una Prisca Theo -l o g i a nascente dallasapienza di Ermete e chetrapassa tutta la culturadella classicità paganagiungendo, attraverso Pla-tone, fino a Dionigi l’A-reopagita. Superando gliinganni dei sensi, ritieneappunto Marsilio, la men-te è in grado di percepire,grazie alla illuminazionedivina, l’ordine che, pervolontà dell’Eterno, per-mea l’intero creato. Unforte apprezzamento,quindi, per un pensieroche pure era stato decisa-mente condannato dai padri della Chiesa, inparticolare da Agostino d’Ippona, di certotutt’altro che tenero verso la cultura paganae i suoi dei:

Il primo motivo del nostro giubilo edella nostra lode è perché un grande Dio èil Signore e perché egli è un re più grandeche non tutti gli dei. Concediamo pure cheesistano degli dèi, al di sopra dei quali sileva nella sua grandezza il nostro Dio: ilDio dinanzi al quale giubiliamo, inneggia-mo e al quale leviamo la lode del cantico.Se ci sono, non ci sono certo per noi.Come dice l’Apostolo: “Sebbene ci sianodei cosiddetti dèi sia in cielo sia sulla terra”

– difatti ci sono molti dèi e molti signori –per noi, tuttavia, c’è un solo Dio, da cuiprovengono tutte le cose e noi esistiamo

per lui, come uno soloè il nostro Signore,Gesù Cristo, ad ope-ra del quale esisteogni cosa e nel qualesiamo noi. Se dun-que, non esistono pernoi, per chi esistono?Ascolta un altro sal-mo: “Tutte le divinitàdei gentili sonodemoni”; il nostroSignore ha invececreato i cieli. Lo Spi-rito Santo, per boccadel profeta, non pote-va usare una formulapiù splendida e piùconcisa per descri-

verti il tuo Dio eSignore. Era poca cosa infatti segnalartiche Dio è un essere più terribile che nontutti i demoni. Che c’è di straordinario nel-l’essere Dio superiore a tutti i demoni?Difatti tutte le divinità dei gentili sonod e m o n i. Ma il tuo Dio dov’è? Il Signorecreò i cieli. I l tuo Signore ha creato quelluogo dove i demoni non possono risiede-re: il cielo, da cui i demoni furono scac-ciati. Più sublimi che non i demoni sono icieli, ma il tuo Signore è più sublime deicieli, di cui è stato il creatore9.

Eppure, nonostante che queste divinitàdei gentili fossero demoni e che l’unica verareligione fosse quella annunciata dalla Buo-

9 Agostino d’Ippona, Sul Salmo 94, 6 in http://www.augustinus.it.

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na Novella, in quella animatissima To s c a n aquattrocentesca Marsilio Ficino, nella suaAccademia neo Platonica, ammetteva l’esi-stenza di una religione naturale, connatura-ta all’uomo e preesi-stente a qualunquealtra religione positi-va, compreso il Cri-stianesimo. Una reli-gione tanto vera daconsentire anche lasalvezza delle animeche hanno vissutoprima del Cristianesi-mo, per altro la piùperfetta delle religio-ni. Così nella sua D eChristiana Religionedel 1474. Proprio la consapevolezza di unareligione naturale lo portava a sostenere l’i-dea di una docta religio, indipendente daogni rivelazione: la religione praticata dalfilosofo, dall’uomo superiore del tuttodistinto dal volgo.

È evidente la carica fortemente innova-tiva di questo pensiero che, sia pure conestrema cautela, anticipando temi, ricono-sciuti come eretici, di Tommaso Campanel-la e di Giordano Bruno, apre a una visionedel mondo nella quale il Cristianesimo nonrappresenta più una unità indiscussa e (mas-simamente) autorevole. In tal modo, allora,non è difficile capire come l’opera di Ficinofosse destinata a rivoluzionare una culturaoccidentale fino a poco prima in gran parteestranea al Plotino ed al Proclo «originali»,

a «tutto» Platone così come al C o r p u sH e r m e t i c u m. […] Il pensiero ficinianopropone una visione dell’uomo con fortiaffinità cosmiche e magiche, al centro di una

machina mundi animata, altamentespiritualizzata proprio perché per -vasa dallo spiritus mundi. E dovela funzione essenziale del pensieroumano è di accedere, attraversouna illuminazione immaginativa[…] all’autocoscienza della propriaimmortalità […]10.

Pico pagano, cabalista, cristiano

A questa forma di pensiero, cosìintriso di cultura pagana, si era

accostato Giovanni Pico della Mirandola. Edi questo pensiero sono intrise le sue C o n -clusiones philosophicae, cabalistacae, theo -l o g i c a e, dove espone, nella forma dellapubblica discussione, tesi non solo platoni-che e aristoteliche, ma anche ermetiche ecabalistiche, attingendo quindi, oltre che almare magno della classicità pagana, ancheai pozzi, molto più circoscritti, della sapien-za e della tradizione ebraica. D’altra parte ènoto che le C o n c l u s i o n e s dovevano costi-tuire una sorta di programma sottopostoall’attenzione di dotti di ogni scuola e con-vinzione che sarebbero dovuti intervenire, aRoma, a una sorta di concistoro universalenel corso del quale sarebbe stata dimostratala sostanziale concordia di tutte le filosofiee di tutte le religioni.

10 Société Marsile Ficin, reperibile all’indirizzo http://www.ficino.it/ficino.htm

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E proprio la premessa a quest’opera, piùnota come Oratio de hominis dignitate,costituisce, in certo qual modo,una sorta di manifesto dellarinascita dell’h u m a n i t a s, s e g n a-ta dalla superiorità dell’uomo edalla concordanza – appuntosulla linea di Ficino – dellediverse forme di pensiero siareligioso che filosofico, ciascu-na delle quali portatrice di fram-menti di verità.

È nota, quasi come un pro-clama della grandezza dell’uo-mo – una grandezza tanto piùpercepita in quanto tutto il pen-siero immediatamente prece-dente, da Bonaventura diBagnorea a Tommaso d’Aqui-no, aveva esaltato il primato diDio – l’affermazione di Pico:

Stabilì infine l’ottimo artefice che acolui, cui non poteva dare nulla di proprio,fosse comune tutto quanto era proprio deisingoli. Prese dunque l’uomo, opera diimmagine indefinita, e postolo nel centrodel mondo così gli parlò: “Non ti abbiamodato, o Adamo, né una sede determinata,né aspetto peculiare, né alcuna funzionespeciale, affinché tu possa ottenere e pos-sedere secondo il suo desiderio e consiglioquella sede, quell’aspetto, quella funzioneche ti sarai scelto. La natura definita deglialtri è costretta entro leggi da noi prescrit-te. Tu, non costretto da alcuna angustia, la

definirai secondo il tuo arbitrio, cui ti hoa ffidato. Ti ho posto nel mezzo del mondo,

perché di là potessi, guardandoti intor-no, scorgere meglio tutto ciò che ènel mondo. Non ti abbiamo fatto néceleste né terreno, né mortale néimmortale, affinché tu possa tran-quillamente darti la forma che vuoi,come libero e sovrano scultore eartefice di te stesso. Potrai degene-rare negli esseri inferiori, i bruti;potrai rigenerarti, se lo vorrai, nellecose superiori, divine”11.

Anche per questo, e soprattuttocon riferimento al recupero delpensiero esoterico, sia ermetico checabalistico, Pico passò i suoi guai,tanto da essere sospettato di eresiada una commissione di teologinominata dal pontefice alloraregnante, Innocenzo VIII, lo stesso

che due anni prima, ossia in conco-mitanza con l’annus horribilis 1484, avevaemesso la bolla Summis desiderantibus c o nla quale ordinava all’inquisizione tedesca diprocedere con la massima severità contro lesupposte streghe e dando così un forteimpulso alla persecuzione della stregone -r i a1 2. E quell’ordine fu così ben recepito chetra il 1486 e il 1487, per opera dei devotidomenicani Heinrich Institor Kramer eJacob Sprenger, veniva editato nella città diS t r a s b u rgo il Malleus Maleficarum, un veroe proprio manuale per riconoscere e punirei maleficia di streghe e stregoni.

11 Pico della Mirandola, 1987: 132r.12 Kelly, 1992: 613.

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Dotte Disputationes intorno all’astro -logia

Non è improbabile che lacondanna papale puntual-mente emessa a suo carico –e a seguito della quale si riti-rò in Francia dove, peraltro,fu anche imprigionato perqualche settimana nel castel-lo di Vincennes e quindiliberato su disposizione diCarlo VIII – abbia in qual-che modo influenzato il pen-siero di Pico. Che si ritiravanella Firenze di fra Girola-mo Savonarola – di cui giànel 1485 aveva colto, in sanGimignano, l’oratoria trasci-nante – e che, a quantosostengono alcuni studiosi,lui stesso avrebbe fatto richiamare in cittàda Lorenzo il Magnifico. Quel sodalizioavrebbe per sempre segnato Pico e soprat-tutto accresciuto il suo fervore mistico1 3. Edè proprio in questa sua fase finale della vitache maturano le distanze dall’Umanesimo“rivoluzionario” di Ficino, con la realizza-zione della sua celebre opera D i s p u t a t i o n e sadversus astrologiam divinatricem. Nel1497, tre anni dopo la morte di Pico, Savo-narola avrebbe compilato il suo T r a t t a t ocontro gli astrologi, sì che è stato ipotizzato

che fra la fine del ’93 e il principio del ’94Savonarola aiutasse l’amico consilio etiudicio […]1 4.

Fatto sta che con le Dispu -t a t i o n e s Pico prende chiara-mente le distanze da un certomondo al quale, peraltro, conla pratica dei testi di Ermete edei grandi cabalisti, non erastato affatto estraneo. È inquesta opera che stabilisce lanota distinzione tra a s t r o l o g i aspeculativa che è vera scienzachè cerca di conoscere gli effec -ti per le vere cause […] eastrologia divinatrice, la qua -le tucta consiste nelli effectiche indifferentemente proce -dono dalle sue cause, maximenelle cose humane che proce -dono dal libero arbitrio, e in

quelle che rare volte procedono dalle causesue, è tucta vana, e non si può chiamare néarte né scienza15.

La condanna di Pico ha anche altre moti-vazioni, oltre al già citato rapporto conSavonarola, evidentemente preoccupato disalvaguardare l’autonomia del fatto religio -so, la libertà della volontà umana e lasoprannaturalità dei doni profetici1 6. Sem-brerebbe infatti essere una “logica” conse-guenza della solenne affermazione checostituisce l’essenza stessa dell’O r a t i o,

13 Cfr. Garin, 1976: 95 e segg.14 Garin, 1976: 96.15 Garin, 1976: 96-97.16 Garin, 1976: 96.

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ossia un vero e proprio proclama della liber-tà umana che, altrimenti, seguendo l’ideadella astrologia divinatrice, sarebbe irrime-diabilmente compromessadall’azione deterministicadegli astri. È connessa aquesta convinzione, ossiaal tema dell’autonomiaumana, teologicamente allibero arbitrio, la notaa ffermazione sulla gran-dezza di Aristotele chenon si spiega con le causecelesti; e non solo perchésotto gli stessi segni sononati tanti uomini che Ari -stotele non furono, maperché la mente di Aristo -tele è fuori della catena delle cause natura -li17. Non è dunque nel cielo che va ricercatala grandezza di Aristotele, ma nella suaessenza di uomo, nel suo corpo, che gli ven-ne dai suoi genitori; nella sua “anima buo-na”; nel suo ingegno, incorporeo, e chediscende da Dio.

E poi l’astrologia divinatrice, concludePico, va combattuta come concezione gene-rale della realtà che non si fonda sulla ragio-ne ma, appunto, nella (cieca) fede negliastri. Al proposito distingue nettamente trai misteri di Egizi e Caldei e le dimostrazio-ni razionali dei Greci, portatori di un pen-siero che, da questo punto di vista, apparecompletamente altro – e quindi libero – da

ogni influsso che potesse discendere dalpopolo delle piramidi o da quello delle zig-gurat. E in questa affermazione, come

osserva puntualmente Garin,ce ne è anche per il suo(antico) sodale MarsilioFicino per quella c e r t amoda egizia che l’ermetismoficiniano aveva lanciato1 8. ASiena quella moda avevatanto attecchito che la cultu-ra egizia aveva assunto unaconnotazione inequivocanella foggia di Ermete Tr i-smegisto, la fonte dellasapienza degli oroscopi, perusare l’espressione di F.Cumont, solennemente ele-

vato alla gloria di una Cattedrale cristiana.

Un acerbo avversario

Allora Pico come campione (in anticiposu Francesco Bacone e Galileo) della razio-nalità della conoscenza e difensore strenuodella libertà umana completamente scevrada condizionamenti celesti, contro le malearti astrologiche che, in tale contesto, rap-presenterebbero le due categorie contrariedella irrazionalità e del determinismo?

Interviene qui il senese Luzio Bellanti,che Garin definisce l’acerbo avversario delPico, e difensore dell’astrologia1 9, a sostene-

17 Garin, 1976: 103.18 Garin, 1976: 102.19 Garin, 1976: 96.

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re, appassionatamente, le buone ragioniastrologiche con la sua opera non a casointitolata De astrologica verita -te, et in disputationes Iohan -nis Pici adversus astrologosr e s p o n s i o n e s. Ma il suo arg o-mentare è tutt’altro che banale– e, almeno a giudizio di chiscrive, tutt’altro che acerbo –fondato, come è su di unragionamento org a n i z z a t o“secondo il costume dei filo-sofi” e chiaramente – oltre chepolemicamente – rivolto versoquei pessimi nemici [ … ] che ciingannano sotto la falsa appa -renza di amici [ … ] lupi sottole pelli di agnelli che col prete -sto della religione [ … ] si prendono giocodegli ignoranti giacchè [ … ] professano tut -te le scienze, rivelano tutte le conoscenzeappunto per la credulità degli ignoranti2 0. Èlecito intravedere in questo passo posto agliinizi del De astrologica veritate – che conti-nua esaltando la santità della vera religionee deprecando la detestabilità di una religio-ne finta e simulata – un attacco alla figura diSavonarola – che molti dei suoi contempo-ranei ricompresero nella figura dei falsi pro-feti – ma anche di Pico. Soprattutto quandoBellanti afferma che, per apparire religiosial volgo costoro cominciano ad attaccarel’astrologia e, se fosse possibile [ … ] a dis -p e r d e r l a infettandola presso gli ignoranticon argomenti puerili e ridicoli21.

L’attacco continua, deciso, al cuore deinegatori della bontà di quell’antica – e

venerata – scienza: queidetrattori, spinti da un veroe proprio “delirio” anti-astrologico, mentono quan-do la dicono irrisa dai filo -s o f i e professata daglii m b r o g l i o n i, lodando inve-ce l’astronomia. Questideliranti personaggi, infatti,continua Bellanti, ignoranocome invece l’astrologia siala scienza che più di ognialtra scopra gli inganni, siacontraria alle simulazioni es u p e r s t i z i o n i […] si avvici -ni alla verità. Giacchè essa

mostra il cielo ed i pianeti in modo che sipossa prevedere alcunchè con la massimaveridicità – ma a patto che non vada l’asinocon la lira – e dove si potranno guardarenon stelle trasformate in animali, non uncielo pieno di favole, non un cielo fittizio inluogo del cielo vero, cose che tuttavia tal -volta hanno detto anche i più dotti ed anti -chi sapienti al modo di Platone e di altriammirevoli uomini. Giacchè queste “coper-ture” servono a ricacciare a buon diritto ilvolgo profano da una cosa tanto sacra, inquanto i segreti di Dio […] è lecito conosce -re solo all’uomo spogliato della propriaumanità e iniziato a questi argomenti sacri,mistici, celesti. Bellanti dunque, in qualchemodo, sublima l’astrologia come scienza

20 Bellanti, 1498: 2-3.21 Bellanti, 1498: 3.

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divina e, riprendendo l’impostazione dellaDocta religio di Marsilio Fici-no, la riserva soltanto a colo-ro che, liberandosi dai con-dizionamenti umani – equindi spogliandosi dei pro-pri metalli – si rivelanodegni, sì da essere iniziati aisuoi (santi) misteri22.

È curiosa questa aff e r m a-zione, dal momento che con-ferma la presenza di una viainiziatica, l’eco della quale è(forse) coglibile proprio sulpavimento della Cattedraledi Siena, là dove si svolge il“labirinto” delle Sibille,annunciatrici, secondo la profezia di I o a n -nes de Clara Monte, dell’annus horribilis1484. Non date le perle ai porci, ovvero, perricorrere alla espressione di Bellanti, nonvada l’asino con la lira giacchè quell’ani-male naturalmente raglia e il suono dellalira, ossia dello strumento del dio A p o l l o ,voce soave dell’armonia, di sicuro non glicompete.

Ed ancora più curiosa, oltre che straordi-nariamente coerente con i tradizionali inse-gnamenti iniziatici, è l’affermazione secon-do cui l’astrologia è cosa ardua, sublime,a m m i r e v o l e e per questo non deve esseretrattata da tutti ma solo da quelli che essastessa abbia scelto per sé. Molti le si avvici -nano, ma lei prende uno solo dei più bravi e

questi non desidererà alcun guadagno, nep -pure modestissimo, se non di

conoscere le cose presentie future23.

Ecco, dunque, duefondamentali insegna-menti di alta valenza ini-ziatica: per dichiararsilegittimamente astrologi ènecessario essere statiammessi – consacrati – aisanti misteri di quellascienza sublime. Ed è lei ascegliere i propri discepo-li, mai il contrario.

Un falso profeta si aggiraper le strade di Firenze

Ma la De astrologica veritate riveste unostraordinario interesse anche per la vis pole -m i c a del suo autore che non esita a confuta-re l’opera di Pico tacciato, senza mezzi ter-mini, di ignoranza, di scarsa dimestichezzacoi grandi del passato, compresi GiovanniDuns Scoto e Tommaso d’Aquino, di pocaconoscenza delle lingue orientali. Interes-sante il riferimento all’Aquinate la cui cele-bre affermazione a s t r a inclinant, nonn e c e s s i t a n t sembra costituire una sorta diponte sospeso tra i due diversi modi diintendere l’astrologia, quella secondo cuiFata regunt orbem, di Marco Manilio2 4, e

22 Bellanti, 1498: 3.23 Bellanti, 1498: 4.24 Manilio, 1998: 12-16.

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l’opposta che le nega qualunque capacità diinfluenzare l’agire, e quindi il destino degliuomini.

E altrettanto polemico ilBellanti lo è quando aff e r-ma che l’Astrologia annun -ziò l’avvento di un falsoprofeta, come tra l’altroappare per la previsione diun uomo singolare, Paolo ilTeutonico, il quale mostrògià da tempo nelle parole enegli scritti che ci sarebberostate tali mostruosità con -tro la religione2 5. Forse nonè un caso se proprio in queltempo Firenze era statadominata dalla figura diSavonarola, il Savonarolache aveva tuonato contro l’astrologia e tut-te le forme di vanità. Curioso: proprio nellostesso mese in cui il frate domenicano sali-va al patibolo, ossia nel maggio dell’annodel Signore 1498, usciva a stampa l’operadel Bellanti. Una singolare coincidenza.Quel Paolo Teutonico che aveva previstol’avvento del “falso profeta” era Paolo daM i d d e l b u rg, professore a Padova, ma ancheastrologo del Duca di Urbino, autore di varipronostici apocalittici tra i quali quello vali -do per almeno vent’anni dopo la congiun -zione del 1484 nello Scorpione […]26.

Nella sua appassionata difesa dellascienza degli astri Bellanti chiama a testi-moni i grandi pensatori del passato, come

Aristotele e Platone, che m a icondannarono l’Astrologia,aggiungendo quindi, a chigli opponeva che A r i s t o t e l eavesse trattato di A s t r o n o-mia e non di Astrologia c h ela stessa scienza è indicataattraverso quei nomi edabbraccia la parte pratica equella speculativa2 7, e attac-cando così direttamentePico che pure aveva adom-brato questa distinzione. Etra i grandi del passato citaa testimoni della bontà del-le sue posizioni anche Pita-

gora e Democrito, usando una arg o m e n t a-zione che, visti i tempi, e soprattutto vistecerte posizioni di Pico, appare davverointrigante.

In verità in quali condizioni Pitagora eDemocrito poterono condannare l’Astro -logia dato che essi non solo sono annove -rati tra gli operatori di magia ma dagliantichi scrittori sono ritenuti inventoridell’arte magica?28

L’ a rgomentazione è sottile, non solo per-ché accosta le due discipline, Astrologia e

25 Bellanti, 1498: 6.26 Zanibelli, 1995: 47.27 Bellanti, 1498: 6.28 Bellanti, 1498: 7.

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Magia, appunto, ma anche perché, proba-bilmente, cerca di mettere – ancora una vol-ta – in difficoltà Pico che neiconfronti della magia natu -r a l i s manterrà sempre unatteggiamento di estremapositività. Come nota A b b a-gnano, citando l’Oratio dehominis digninate, per Picola magia rappresenta il totalecompimento della filosofian a t u r a l e. Una magia bendiversa da quella che si avva-le dei demoni e che invece,in quanto diretta a fare del -l’uomo il padrone delle forzenaturali […] scruta l’intima concordia del -l’universo, che i Greci chiamano simpatia eche consiste nel mutuo rapporto delle cosenaturali29.

Come un contadino che sposa gli olmialle viti

Il mago, aveva sostenuto Pico sempre nelsuo De hominis dignitate, sicut agricolaulmos vitibus, ita magus terram caelo, idestinferiora superiorum dotibus virtutibusquem a r i t a t (Come il contadino che sposa gliolmi alle viti, così il mago unisce la terra alcielo, le cose inferiori alle doti ed alle virtùsuperiori […])3 0. Da questo punto di vista,

allora, il mago [ … ] non infrange l’ordinenaturale ma piuttosto lo asservisce

a sé, attuando e adattando leenergie che giacciono dissemi -nate e disperse nella natura31.

Bellanti dunque individuaqueste, almeno per lui, contrad-dizioni nel pensiero pichiano.Ma non si limita solo a questo:cita, a sostegno delle proprietesi, persino dei grandi nomi delsuo tempo, come Paolo Fioren-tino, ossia Paolo dal PozzoToscanelli:

Io stesso non ho mai parlato aPaolo Fiorentino, insigne matematico,come ho sentito, né l’ho visto: ho sentitodire da parecchi dei suoi sodali che a nes -suna cosa si debba attribuire maggiorefede che all’Astrologia ma, in quantouomo prudentissimo, non manifestavaquelle opinioni in pubblico […]

Anche se, aprendo agli amici i segretidell’animo, prediceva tutte quelle cose chesapeva sarebbero avvenute. E non solo: l aqual cosa – e in questo modo, molto abil-mente, Bellanti si “copre” chiamando adindiretto sostegno della propria causa i giàsignori di Firenze – Cosimo dei Medici ePietro suo figlio sperimentavano assidua -mente; infatti non fecero mai nulla senzaaverlo prima consultato32.

29 Abbagnano, 1966: 74.30 Pico della Mirandola, 1496: 250.31 Abbagnano, 1966: 74-75.32 Bellanti, 1498: 7-8.

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Un vero capolavoro di arte oratoria, altroche “acerbo avversario”. Bellanti evocadunque, a sostegno delle proprie (buone)ragioni, un matematico, medi-co, geografo grandissimo.Tanto grande da aver inqualche modo ispirato l’im-presa di Colombo se è veroche in una lettera del 1474,destinata al canonico porto-ghese Ferrao Martines,sosteneva la possibilità digiungere alle Indie attraver-so la rotta atlantica. Dunque,quell’uomo così illustre,quello scienziato che avevacostruito nel 1468, in santaMaria del Fiore, il più altognomone del mondo grazie alquale aveva determinato l’obliquità dell’e-clittica sull’equatore, quell’uomo era ancheastrologo. E per di più rinomato. Come,d’altra parte, qualche anno dopo lo sarebbestato lo stesso Galileo, pure padre nobiledella razionale scienza moderna.

Ma Bellanti non è apprezzabile solo peril suo coraggio e la sua determinazione,accompagnati per altro da una indubbiacapacità dialettica. Come Pico, come Mar-silio, come Toscanelli, insomma come tuttaquella cerchia di grandissimi che gettaronole basi per una nuova visione del mondoall’insegna della (ritrovata) h u m a n i t a s, nonè affatto concepibile come il prodotto delvecchio mondo imbalsamato del tomismoscolastico, ma appartiene piuttosto, e a buondiritto, alla modernità. Certo, di fronte all’a-strologia le sue argomentazioni sono specu-lari a una visione che viene da molto lonta-

no, da quella realtà egizia e caldea che nonscaldava il cuore di Pico. Ma la sua inclina-zione verso questa zona di discipline “proi-

bite”, o in via di proibizio-ne, come attestato dallabolla di Innocenzo VIII, èindice di una straordina-ria propensione ad aprirsiverso mondi diversi, ver-so dimensioni del pensie-ro inesplorate, o scarsa-mente e malamenteesplorate, come, oltreall’astrologia, la magianaturale, l’alchimia, lastessa Cabala, tanto caraa Pico. Dietro a LuzioBellanti si nasconde una

volontà irriducibile non solodi comprendere ma anche di ricercare nuo-ve strade, nuovi modelli culturali, nuovevisioni del mondo. Sintomatica è, in questaprospettiva, la chiusura delle sue R e s p o n -s i o n e s: non vi è dubbio che alcuni devoti diPico debbano venir in aiuto di lui contro lenostre risposte: ma poichè queste sono dateapertamente speriamo che non manchinorisposte anche per noi. La parola più signi-ficativa di questa frase è l’avverbio “aperta-mente”. La disputa è avvenuta alla luce delsole. Pico è morto da quattro anni ma i suoi“devoti” sono ancora lì a testimoniarne ilpensiero e sono perfettamente in grado direplicare alle argomentazioni di Bellanti.Con l’invenzione della stampa queste argo-mentazioni cominciano ad uscire dal ristret-to recinto dei dotti che, molto spesso, cometestimonia il messaggio ermetico impressonella pietra del Duomo di Siena, erano

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costretti a celarsi sotto il velame delle alle-gorie, dei simboli e delle allusioni. Lo stes-so Bellanti aveva fortemente enunciato ilprincipio che i “segreti di Dio” potevanoessere appannaggio solodell’uomo spogliato del -l’umanità e iniziato a que -sti argomenti sacri, misti -ci, celesti33.

Ora, però, con la rivo-luzione di Gutenberg, tut-to cambiava. E queimodelli di cultura alterna-tiva prima circoscritti aristrette conventicole,spesso, come nel caso del-lo stesso Bellanti, dichia-ratamente iniziatiche,potevano essere offerti achiunque. A c h i u n q u e ,naturalmente, possedessegli strumenti “tecnici” necessari per capire,ossia, che quanto meno, fosse in grado dileggere e di scrivere e, ovviamente, vista lanatura degli argomenti trattati, possedesseun adeguato bagaglio culturale. Erano anco-ra troppo pochi per rompere l’unità – peraltro più di facciata che di sostanza – dellaW e l t a n s c h a u u n g cattolica, ma possedevanogià uno strumento estremamente pericolosocome, appunto, la stampa. Forse non fu uncaso se proprio nei primi anni della inven-zione di Gutemberg la Chiesa romana dette

un eccezionale impulso alla sua azionecontro tutte le culture “altre”, impulsogenericamente identificato come “cacciaalle streghe”, e che ebbe, per il periodo

compreso tra la secondametà del XV secolo e i pri-mi del XVIII, effetti moltopiù dirompenti rispetto aquanto avvenuto nel“superstizioso medioevo”.

Comune a questa azio-ne di repressione fu quella,non meno spettacolare,avviata col Concilio diTrento, la massima operadi razionalizzazione delmessaggio cristiano in unmondo che, nello spazio diun paio di secoli, avevaconosciuto straordinaricambiamenti.

Eppure, nonostante questa accorta stra-tegia ecclesiale fondata su azione e repres-sione, l’antica unità della c.d. Res PublicaC h r i s t i a n a, peraltro già messa in forse findal IX secolo con lo scisma di Fozio, vennemeno per sempre: e le 95 tesi affisse daLutero sul duomo di Wi t t e m b e rg non furo-no altro che il primo annuncio del travagliodei successivi 250 e più anni quando, con laimmortale Rivoluzione del 1789, si sarebbeconsumata, per sempre, la distinzione trapensiero religioso e cultura laica.

33 Bellanti, 1498: 3.

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Fra’ Luca Pacioli: uno spettacolare concentrato di «Divina Sapienza»

di Gianmichele GalassiUniversità di Siena

During the Renaissance, the great mixture in the Art’s field incited the never-ending success of the “golden number”. Luca Pacioli and Leonardo da Vinciemphasized the mystical, esoteric and religious subjects as the most importantones for Science. Together, they produced the work De Divina Pro p o r t i o n e,which generated the following eternal idea: a universalistic view of the world thatentirely translates the initiatory mission of Freemasonry. It stands as a brightexample of how everyone can find in his own milieau what is essentially deep andgreat, without interrupting researching farther on the mere appearance. What ison the surface often hides a clever secret, an extraordinary idea which escapes whocan’t read profoundly.

Introduzione

osa sia esattamente la scienzanon è ancora del tutto chiaro;lungo i secoli il dibattito per

delimitarne e distinguerne i confini, soprat-tutto con l’arte, hanno assunto tonalità for-ti in modo ciclico. Illustri pensatori ed epis-

temologi si sono regolarmente scontrati suposizioni contrapposte cercando ognuno difar prevalere la propria posizione, mal’eterna diatriba continua senza vincitori név i n t i .

Già Aristotele, nel suo De caelo, avevaa ffrontato l’argomento, ma un nuovoimpulso giunse con il Rinascimento quando

Cinque corpi in natura son producti da naturalisemplici chiamati. Perché a ciascun composito

adunati per ordine concorran fra lor tutti.

Immixti netti e puri fur constructi quattroelementi e ciel così nomati. Quale Platone vol che

figurati lesser dien a infiniti fructi.

Luca Pacioli

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1 Johannes Kepler (1571-1630).

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lo studio dei fenomeni e della natura assun-se nuova importanza nell’interesse cultura-le. In questa rinascitas c i e n t i f i c o - c u l t u r a l e ,l’Italia funse da faroper tutto l’Occidente.Fiorirono innumere-voli scuole guidate daMaestri, i nomi deiquali riecheggiano neisecoli successivi qualiesempi di genialità edeccellenza assolutenelle scienze e nellearti. Alcuni fra essi sidistinsero per le teoriee le scoperte in più discipline contempora-neamente, compiendo una sorta di unionedel corpo delle scienze così come concepi-ta nell’idea cartesiana.

Il Rinascimento fu segnato dalla ribaltascientifica; per secoli si erano trascurati ifondamenti matematici che, in questo perio-do, divennero indispensabili alla compren-sione del mondo empirico da una parte ealla dimostrazione scientifica delle teoriedall’altra. Una considerazione riguardo que-sta singolare mutazione culturale rispetto alperiodo precedente è doverosa: nel Medioe-vo la cultura si era concentrata nelle catte-drali, esprimendosi essenzialmente con illinguaggio figurativo che necessitava di unlivello cognitivo posseduto tanto dal sapien-te come dall’uomo del popolo; chiunque,varcando la soglia di una cattedrale, si sen-tiva a proprio agio fra le numerose opere

esposte, riconoscendo immediatamente epi-sodi e attori del Nuovo e Vecchio Te s t a-

mento, tanto familia-ri quanto in sintoniacon il proprio ani-mo di devoto servi-tore di Cristo. Suc-cessivamente, lecose cambiarononon poco: la risco-perta e le applica-zioni pratiche dellenotevoli costruzionit e o r i c o - s c i e n t i f i c h edel mondo antico

daranno vita ad unnuovo modello culturale sempre più distan-te ed inintelligibile per l’uomo comune, chenon riuscirà a comprendere i profondi signi-ficati celati nelle opere figurative.

Proprio in quest’ottica, in ogni campodello scibile, i “grandi” si interessarono allostudio profondo della matematica avvalen-dosi spesso – come del resto fece ancheLeonardo da Vinci con il Pacioli – di mae-stri e consulenti che potessero fornir loro ilgiusto supporto.

Le scoperte in campo scientifico-mate-matico subirono quindi un naturale incre-mento dovuto al contesto culturale delRinascimento italiano; tuttavia, in realtà,estrazione e preparazione non proprioscientifiche sono evidenti in Luca Pacioli,Girolamo Cardano, come più tardi inK e p l e r o1, nessuno dei quali può definirsimatematico in senso stretto: lo stesso Pacio-

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li affermava che, a suo intendere, la scienzamatematica comprendeva un insieme dialtre discipline come l’aritmetica, la geo-metria, l’astrologia, la prospettiva e l’archi-tettura, la musica e la cosmografia.

Sinteticamente possiamo annove-rare fra i fattori contingentiper la rinascita dell’interes-se nella matematica, anchela vigorosa crescita degli scam-bi mercantili: si resero per-ciò necessari metodi piùidonei alla contabilizza-zione delle transazionieconomiche, contempora-neamente al bisogno di mappe topografichepiù precise e recenti, fatto questo che sancìla nascita della matematica cartografica. Learti figurative e l’architettura fecero il resto.

La rivoluzione rinascimentale e la pro -porzione aurea

Definizione: se consideriamo un seg-mento diviso in due parti a e b, tali che ilrapporto tra l’intero segmento (a + b) e laparte più lunga a sia uguale al rapporto trala parte più lunga a e la parte più corta botteniamo la rappresentazione della p ro-p o rzione aure a2, cioè la parte media pro-porzionale tra l’intero segmento e la parterimanente.

La proporzione divina si traduce nume-ricamente nel numero d’oro3, generalmen-te indicato con la lettera greca φ (phi) e parialla corrispondenza riportata in figura.

Nell’antichità, Egizi e Greciavevano scoperto questa quan-

tità in natura4, e la utiliz-zarono nell’arte, in archi-tettura e nella filosofia.

Ritenevano che il rapportoaureo rappresen-

tasse la propor-zione i d e a l e t r aparti del corpo

come il viso e iltorso, o tra gli arti ed il corpo intero; fu per-ciò usata come guida per riprodurre accura-tamente la figura umana nella pittura e nel-la scultura. Quindi c’è un ordine nell’appa-rente caos del creato: scoprendo la propor-zione aurea nacque la convinzione di avertrovato uno dei mattoni usati dal GrandeArchitetto dell’Universo per la costruzionedel mondo e la natura fu venerata per que-sta sua caratteristica.

Probabilmente questa quantità, insiemealla radice di 2, condusse poi gli antichiGreci – attraverso la conoscenza dei nume-ri irrazionali – verso il concetto di infinitomatematico. Vi si interessarono, inizial-mente, Talete e Pitagora, ma il merito della

2 Conosciuta anche come rapporto aureo, proporzione divina o sezione aurea. Per un approfondi-mento si consiglia la lettura di testi scientifici, prettamente matematici.3 Conosciuto anche come numero aureo o costante di Fidia.4 È rilevabile, fra gli altri, nella struttura delle conchiglie, nella dimensione delle foglie, nella dis-tribuzione dei rami negli alberi, nella disposizione dei semi di girasole e nel corpo umano.

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prima definizione, rigorosamente matema-tica, è da attribuire ad Euclide5.

Da quel momento e sino al V-VI sec.non fu considerato diverso dagli altri nume-ri, se non perun ristrettogruppo di stu-diosi: nascevas e m p l i c e m e n-te dallo studiodei pentagoni.

La notevo-le mescolanzadelle arti nelgrande calde-rone chiamato“ R i n a s c i m e n-to”, dette vitaal trionfo del“numero d’o-ro” che perdu-ra tutt’oggi. Leopere di Piero della Francesca, Luca Pacio-li e Leonardo da Vinci ne misero in risaltogli aspetti mistici, esoterici e religiosi con-sacrandoli come cardine delle scienze.

Fra’ Luca Bartolomeo de Pacioli (1445-1514/17) nacque a Sansepolcro, in provin-cia di Arezzo; frate francescano, si dedicòalla religione e alla matematica. Giunse allanotorietà per il cosiddetto “Metodo vene-

ziano”, ovvero con la scoperta della “teoria”della partita doppia (dare/avere, inventario,bilancio), che i mercanti veneziani diff u s e-ro in tutta Europa.

Tale con-cetto, fonda-mentale inmateria con-tabile, fu pub-blicato sottoil nome diTractatus decomputis ets c r i p t u r i snella sua piùampia operae n c i c l o p e d i c ache intitolòSumma dia r i t h m e t i c a ,g e o m e t r i c a ,proportione et

p r o p o r t i o n a l i t a ( Venezia, 1494). L’ o p e r a ,scritta in una mescolanza linguistica – vol-gare, latino e greco – e contenente fra glialtri un trattato generale di algebra ed arit-metica, gli valse l’invito di Ludovico ilMoro a Milano, dove ebbe occasione dilavorare proprio con Leonardo da Vi n c i .Insieme, questi due uomini, crearono un’o-pera conosciuta col titolo De Divina Pro -

5 Nel suo scritto Elementi (300 a.C. circa), diviso in 13 libri, domanda: Come dividere un segmen -to in modo che il rettangolo che ha per lati l’intero segmento e la parte minore sia equivalente al quadratoche ha per lato la parte maggiore [prop. 11, Vol. II]. Successivamente, però [prop. 3, libro VI] offre la – ormaicelebre – definizione di rapporto aureo: Si dice che una retta risulta divisa in estrema e media ragione, quan -do tutta quanta la retta sta alla parte maggiore di essa come la parte maggiore sta a quella minore.

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p o r t i o n e6 che dette vita a un’idea imperitu-ra: una visione universale del mondo chetraduce appieno la missione iniziatica dellaLibera Muratoria.Resta un esempiolampante di come cia-scun uomo, che nepossieda la volontà,possa riuscire a scova-re nell’ambiente in cuisi trova immerso quel-lo che vi è di intrinse-camente grande, nonfermandosi alla meraapparenza: ciò che sitrova in superficienasconde spesso unsegreto geniale, un’i-dea soprannaturale che sfugge a coloro chenon riescono a leggervi in profondità. L’ i l-luminato può ricercare lo scopo della pro-pria vita soltanto guardando a ciò che vi è disuperiore, ovunque e con continuità; tentan-do al contempo di catturare parte dellamagia che governa e alimenta l’esistenzadell’Universo. Questo in sintesi rappresen-ta l’opera di Pacioli e da Vinci, che hannomostrato come si possa investigare con pro-

fitto sia utilizzando tecniche teorico-mate-matiche complesse sia metodi empirico-osservazionali semplici, dimostrando che la

via è aperta a chiun-que voglia intra-prenderla.

Con molta pro-babilità l’idea delDe Divina Propor -t i o n e nacque nelPacioli dall’interes-se mostrato durantela traduzione latinadegli Elementi d iE u c l i d e7, prenden-do poi spunto dalDe PerspectivaP i n g e n d i, mano-

scritto di Piero della Francesca, suo conter-raneo e – presumibilmente – suo maestro ingioventù, pubblicato nel 14928. Difatti sonoproprio le questioni attinenti al rapportoaureo, scoperto durante la traduzione diEuclide, a dare il titolo al volume; dove svi-luppa l’argomento interessando molteplicidiscipline: trattando i solidi platonici e altripoliedri arriva a digressioni cosmologiche ematematiche, passa poi all’arte architettoni-

6 Opera pubblicata nel 1509, dedicata a Ludovico il Moro, scritta da Luca Pacioli e illustrata consessanta disegni da Leonardo da Vinci, fra cui le celebri tavole con i solidi regolari e semiregolari, notissi-mi il duodecedron e il tetracedron. Per l’anno di completamento dell’opera sono spesso inutilmente propo-ste varie date, visto che la certezza deriva dallo stesso Pacioli che nella prima pagina (001r) del De ViribusQ u a n t i t a t i s (manoscritto conservato nella bibliteca dell’Università di Bologna – cod. 250) afferma essere il1496.7 Infatti nel capitolo IV spiega il suo richiamarsi a Euclide.8 Tenendo lezioni in varie Università italiane, siamo certi che il Pacioli si sostituì a Piero della Fran-cesca per diffondere in vece sua gli insegnamenti prospettici.

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ca dove sono frequenti i riferimenti alle ideedi Vitruvio e Leon Battista Alberti, pergiungere alle questioni di prospettiva presein prestito da Pierodella Francesca.

L’opera è essen-zialmente compostadi tre parti: nella pri-ma, centrata sullefigure piane, focaliz-za l’attenzione sullaproporzione divina,collocando la mate-matica a fondamentodelle scienze e dellearti; nella seconda,sviluppa invece i concetti legati ai volumied alle figure tridimensionali – che chiamai c o r p i – infine, nella terza e ultima parte,descrive le applicazioni artistiche, rimpro-verando gli architetti suoi contemporanei,colpevoli di aver dimenticato gli insegna-menti di Vitruvio.

Analizzando attentamente il frontespiziooriginale del capolavoro del Pacioli è d’uo-po notare la dicitura conclusiva dell’intesta-zione, ove il Pacioli, alludendo alla s e c r e -tissima scientia, vuole mettere in risalto l’a-spetto esoterico che scaturiva dalle tratta-zioni sull’argomento della sezione aureanell’antichità9.

A riprova di tale propensione al metafi-sico possiamo citare vari elementi presentinell’opera. A partire dalla denominazione

“divina” della pro-porzione che eglisuggerisce deriva-re da alcune pro-prietà della sezio-ne aurea, quali:

• come Dio, èunica;

• come la SantaTrinità è un’unicasostanza in tre per-sone, così quella

aurea è una solaproporzione in tre termini;

• come Dio, è indefinibile10;• come Dio, è sempre simile a sé stessa.

Giungendo alla trattazione dei “corpi”,si rifà alla concezione platonica del mon-do11: è un grande organismo dotato di un’a-nima e di un corpo. Il corpo è costituito daquattro elementi: terra, aria, acqua, fuocoche a loro volta sono costituiti da formesolide:

• forma del fuoco-tetraedo regolare;• forma dell’aria-ottaedro regolare;• forma dell’acqua-icosaedro regolare;• forma della terra-cubo.

9 Cfr. Capparelli. Riv. Sophia, 1958: 21010 Il Pacioli esprime tale concetto con molta enfasi: Commo Idio propriamente non se po diffinire neper parolle a noi intendere, così questa nostra proportione non se po mai per numero intendibile asegnare,né per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamatairrationale.11 Vedi la citazione iniziale del Pacioli.

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Infine l’ultima combinazione, forma del-l’etere-dodecaedro ovvero il quinto solidoregolare, di cui Platone dice: e dio se ne gio -vò per decorare l’universo(T i m e o 5 5 c )1 2, evidenzian-done al contempo la com-plessità. Il Pacioli ricordacome sia impossibilecostruire queste forme sen-za la proporzione aureache culmina nell’espres-sione più alta dell’operadivina: la quintessenza.

Durante la vita, LucaPacioli conseguì tantafama quanta quella postu-ma di Leonardo da Vinci, acui spetta il merito però diaverne diffuso la concezio-ne nei secoli a venire: ne èl’esempio più eclatante il disegno dell’u o -mo vitruviano, con il quale Leonardo riuscìa coniugare la proporzione divina del Pacio-li con l’idea dell’uomo inscritto nel cerchio

espressa da Vitruvio nel De Architectura 1 3.Con ciò Leonardo giunse alla conclusioneper cui le proporzioni del corpo umano

sono perfette quandol’ombelico dividel’uomo in modoaureo14.

Moltissimi altrifurono coloro chesubirono l’influen-za del lavoro delPacioli, che risultòessere uno deimaggiori rappre-sentanti di unafrangia del movi-mento culturaleumanista chiamato“ U m a n e s i m oM a t e m a t i c o ” 1 5.

Tale spinta culturale, come vedremo, ebbenon poco ascendente sul mondo delle artivuoi architettoniche vuoi figurative: influs-so che si tradusse in uno studio analitico

12 Cfr. Reale, 1997: 289 e 649.13 Vitruvio, scrisse: Il centro del corpo umano è inoltre per natura l’ombelico; infatti, se si sdraia unuomo sul dorso, mani e piedi allargati, e si punta un compasso sul suo ombelico, si toccherà tangenzialmente,descrivendo un cerchio, l’estremità delle dita delle sue mani e dei suoi piedi.14 Da tale punto di vista è presumibile sia nata la stella a cinque punte, chiamata anche pentalfa op e n t a c o l o, uno dei simboli fondamentali della cultura massonica occidentale: tutti i rapporti individuabilifra i suoi segmenti sono pari al numero d’oro (phi), quindi, come estrema espressione della proporzioneaurea, il pentacolo è stato elevato a simbolo di bellezza e perfezione, da sempre associato all’idea del fem-minino sacro, chiaro riferimento ai dettami della numerologia pitagorica che individua nel 5 (somma del 2e del 3) il numero nuziale.15 Movimento che si sviluppa alla corte di Federico da Montefeltro a Urbino, come una prima alter-nativa al Rinascimento fiorentino, proprio per la presenza in città di Leon Battista Alberti, di Luciano Lau-rana, di Francesco di Giorgio Martini, di Piero della Francesca e dello stesso Pacioli. A corte si viene ela-borando tali concezioni assecondando l’interesse manifestato da Federico, educato a Mantova da Vittorinoda Feltre, per la matematica e di riflesso per l’architettura, ritenuta fondata sull’aritmetica e sulla geometria.

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molto accurato, su basi scientificamenteelevate, dell’artista prima di passare allarealizzazione pratica dell’opera. Fra i mag-giori che si attennero alle lezioni delPacioli, oltre ai già citati Pierodella Francesca, Leonardo daVinci e Keplero, è neces-sario ricordare HeinrichCornelius A g r i p p a1 6,Albrecht Dürer, ilBotticelli e Bartolo-meo della Gatta pit-tore a Urbino.

La percezione piùautentica, visibile nelmanoscritto di Pacioli,è quella di un’umanitàprofondamente combattu-ta: l’uomo di Dio si contrap-pone allo scienziato; dal testo del-l’opera scaturisce l’eterno conflitto trarazionalità e irrazionalità, che Pacioli tentapiù volte di coniugare facendo trapelare laduplice anima di uno spirito inquieto: da unlato prodigandosi nell’esposizione quantopiù scientifica della proporzione, basando la

sua teoria sulle solide dimostrazioni eucli-dee, dall’altro mostrando la propria imma-turità razionalistica attraverso una visione

della matematica imbevuta disignificati metafisici17. Si può

quindi ergerlo a rappre-sentante dell’uomo

“tipicamente rinasci-mentale” contesofra concezioniopposte e diff i c i l-mente conciliabili,proprie di unperiodo saturo di

profonde mutazio-ni socioculturali.

Quale miglioreconclusione all’arg o-

mento delle superbe paro-le di Keplero18:

La Geometria ha due grandi tesori:uno è il teorema di Pitagora; l’altro è laSezione Aurea di un segmento. Il primolo possiamo paragonare ad un oggettod’oro; il secondo lo possiamo definire unprezioso gioiello.

16 Heinrich Cornelius Agrippa Von Nettesheim (Colonia, 1486 - Grenoble, 1535) fu noto medico,alchimista, cabalista, astrologo e filosofo.1 7 Più volte identifica l’aggettivo “divino” con “ciò che è perfetto”, attribuendo quindi valenza sopran-naturale a ciò che è privo di difetti. La matematica è espressione di perfezione quindi divina, proprio come laproporzione: Commo Idio propriamente non se po diffinire né per parolle a noi intendere, così questa nostraproportione non se po mai per numero intendibile asegnare, né per quantità alcuna rationale exprimere, masempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamata irrationale (Pacioli, De Divina Proportione) .1 8 Keplero nel Mysterium Cosmographicum (1621) aveva usato (qui unitamente al teorema pita-gorico) parole “bellissime”: Duo Theoremata infinitae utilitatis, eoque pretiosissima, sed magnum dis -crimen tatem est inter utrumque. Nam prius, quod latera rectanguli possint tantum, quantum subtensarecto, hoc inquam recte comparaueris massae auri: alterum, de sectione proportionali, Gemmam dixeris( K e p l e r, 1963: 74).

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Divinaproportione

Opera a tutti glingegni perspi/caci e curiosi necessaria Ove cia/

scun studioso di Philosophia:/Prospectiva Pictura Sculptu/ra: Architectura: Musica: e/

altre Mathematice: sua/vissima: sottile: e ad/

mirabile doctrina/consequira: e de/lectarassi: cõva/

rie questione/de secretissi/

ma scien/tia.

Didascalie alle figure:

Pag. 46: ritratto di Luca Pacioli. Opera attribuita al pittore Jacopo de’ Barbari (o JacobWelsch, 1440-1515), esposto al Museo di Capodimonte (Napoli). Si può notare che ilPacioli sta dimostrando uno dei teoremi di Euclide e inoltre sul tavolo sono numerosi glistrumenti utili allo studio della geometria: lavagna, gesso, compasso, un modellino did o d e c a e d r o .

Pag. 50: immagine del corpo umano inscritto in un pentacolo. Immagine tratta dal D eOcculta Philosophia, opera in tre volumi di Heinrich Cornelius Agrippa (1486-1535), unodei maggiori esoteristi rinascimentali.

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Sacro e profano nell’Architettura religiosa toscanada Nicola Pisano a Filippo Brunelleschi

di Andrea BrogiArchitetto

More than two centuries divide the end of the work which Nicola Pisano did in theSiena’s Cathedral during the first sixty years of 1200 from the works of FilippoBrunelleschi in Florence, where he finished S. Maria del Fiore. The exceptionalityof this last work is testified by the great interest about it. The works by NicolaPisano are generally less known, but they are always referring to the same culturalmilieau. The present contribution analyzes the analogies between these two worksof the great Italian medieval architecture.

Due architetti, una cultura

ltre due secoli separano la con-clusione dei lavori che NicolaPisano condusse nei primi ses-

santa anni del 1200 nel duomo di Siena daquelli in cui, a Firenze, FilippoBrunelleschi, nella metà del 1400, terminòla realizzazione della cupola nella cattedraledi S. Maria del Fiore.

Ben nota è l’eccezionalità di quest’ulti-ma opera testimoniata da un interesse rima-sto immutato nel tempo; meno conosciuti,ma sempre riferibili alla stessa cultura ilavori che, oltre centoventi anni prima,Nicola Pisano e una cerchia di collaborato-

ri, tra i quali è certa la presenza di mae-stranze cistercensi, avevano condotto nelportare a compimento la nuova cattedralesenese.

Nel presente contributo sono contenuteconsiderazioni sulle analogie che leganoquesti due momenti della grande architettu-ra medioevale italiana e che, al tempo stes-so, collocano anche la vicenda artistica ecostruttiva senese della metà del XIII seco-lo a un livello paragonabile a quello espres-so da Brunelleschi nella realizzazione dellasua cupola. Sì da far pensare a una signifi-cativa anticipazione di temi e modi chesaranno propri della grande stagione del-l’Umanesimo.

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A Brunelleschi occorsero sedici anni perarrivare a chiuderne l’anello sommatale,mentre di soli treo quattro annifu il tempoimpiegato nel-la cattedralesenese per rea-lizzare un’ope-ra forse unicanel panoramad e l l ’ a r c h i t e t t u-ra medioevaleche permise dimantenere lap r i m i t i v acupola delduomo roma-nico per “tra-sferirla” nellestrutture della nuova cattedrale gotica.

Se in S. Maria del Fiore fu possibilemantenere in equilibrio le murature delleotto vele nel loro progressivo chiudersi ver-so l’alto senza il supporto di armature prov-visorie, a Siena furono sostituiti i sei pilastrie gran parte del tamburo ottagono che sor-reggevano la più antica cupola romanica,con altrettanti nuovi e più grandi pilastri chela resero compatibile con lo spazio dellanuova cattedrale.

Quale sia stata la ragione che portò a unasimile impresa di alto rischio costruttivo èdifficile da stabilire: per cercare di spiegar-lo verranno qui proposte analisi che, par-tendo dalla lettura dell’evoluzione storica earchitettonica del duomo senese, troveran-no possibili risposte nelle testimonianzemateriali delle sue murature.

Varie sono le costanti che ritroviamo nelpercorrere la storia costruttiva delle due

opere, ma in pri-mo luogo ne vaevidenziata laforma poligo-nale: ottagonoè il tamburoche a Siena sor-regge la primi-tiva cupola,come ottagonoè quello dellacattedrale fio-rentina alla cuiideazione èlegata la figuradi Arnolfo diCambio.

Arnolfo, i maestri costruttori e qualchenuova idea

Oggi non sappiamo se Arnolfo si trovas-se a Siena già al tempo in cui furono con-dotti i lavori prima accennati, ma è certoche dal 1266 al 1268 lavorò in cattedralealla realizzazione del pulpito a fianco diNicola e Giovanni Pisano. È perciò plausi-bile ritenere che l’eco delle “gesta” com-piute dai maestri costruttori lo abbiacomunque coinvolto e, come vedremo, con-dizionato nella sua formazione culturale.Prova tangibile di quanto forte possa esserestata questa esperienza giovanile la trovia-mo nel suo progetto di S. Maria del Fioredove, come nella cattedrale senese, la nava-ta centrale e le due laterali terminano su un

Foto 1

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impianto poligonale ottagono di pilastri chesorreggono un tamburo su cui, meno di cen-toventi anni dopo, Filippo Brunelleschiimposterà la sua cupola.

La rarità di similiimpianti planimetrici,poco presenti sia nellecattedrali romanico-gotiche che rinasci-mentali, rimane a testi-moniare l’improntaculturale che gli eventicostruttivi senesi pos-sono aver lasciato nel-le opere successive diun giovane ma straor-dinario apprendista.

Non sappiamo s eanche Brunelleschi fosse a conoscenza diquei lontani fatti costruttivi che avevanor i g u a r d a t o la cattedrale senese, anche se èragionevole presumerlo: tuttavia, quellaconoscenza costruttiva che gli permise diconcludere la sua opera era figlia della stes-sa cultura. Un’arte architettonica che avevaattraversato il mondo islamico, quelloromano e quello greco per perdersi in tempiancora più remoti, basata sulla regola dellacostruzione di tutte le parti di un tempiosimmetriche rispetto a un immaginario pia-no che esattamente lo divide o a un’asseverticale posto nel suo centro.

Così il Pantheon romano è spazio rac-chiuso da un cilindro e da una semisfera edè quindi architettura simmetrica rispetto adun’asse centrale, mentre le basiliche roma-ne e le cattedrali cristiane sono simmetricherispetto a un piano che le percorre al centrodella navata.

Cosa permise all’arte dei maestricostruttori di elevare le volte delle lorochiese e di imprigionarle in strutture tantoardite dentro un equilibrio di forze che ha

sfidato i secoli?Certo fu la

conoscenza del-l’arte muratoriaforse facilitatadalla sua invaria-bilità in un tem-po lunghissimo,ma fu soprattuttoil rispetto assolu-to della regolacompositiva del-la simmetria tra

le strutture di untempio a segnare quella straordinaria peri-zia edificatoria.

In verticale, con simmetria

Ben noti sono i pregi naturali di unamuratura di pietra o di mattoni, data lacapacità di tali materiali d i resistere alle for-ze che li comprimono. Tuttavia, aff i n c h équesta qualità potesse esprimersi al massi-mo delle sue potenzialità, dovettero essererispettate due condizioni: la prima fu che ipesi delle murature fossero il più possibilericondotti sulla verticale dei muri perime-trali o dei pilastri; emblematico, al riguardo,è l’uso degli archi rampanti delle cattedraligotiche con cui le eccedenti spinte orizzon-tali venivano ricondotte e assorbite nelmaggiore peso delle pareti esterne. Laseconda regola fu che queste strutture mura-

Schema di foto 1

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rie, nella loro totalità, risultassero identichesia sull’ala sinistra che destradella chiesa, nel più assolutorispetto della regola della sim-metria.

Come descritto di seguito,le vicende costruttive delle duecupole, senese e fiorentina,saranno analizzate in funzionedella loro dipendenza da que-sta regola oltre che dai vincolirappresentati dagli edifici suiquali furono edificate.

Se, come ricordato, nelcaso di S. Maria del FioreBrunelleschi trovò realizzatol’impianto di base, diverso è ilcaso senese, in cui tutto accad-de sopra e intorno a una primi-tiva cattedrale romanica vero-similmente costruita a sua vol-ta su un palazzo vescovile, pro-babile risultato dalla trasformazione di unprecedente incastellamento di epoca alto-m e d i o e v a l e .

Di questa complessa scansione di fasistorico-architettoniche viene qui data unabreve descrizione supportata da schemi gra-fici che ripercorrono le mutazioni architet-toniche comprese in un arco di tempo cheva dal VII al XIII secolo.

Prima fu il castello

Il primo edificio che incontriamo nellavicenda costruttiva di quella che sarà inseguito la cattedrale senese è costituito dauna rocca la cui edificazione alto medioe-

vale è riconducibile ai due secoli della pre-senza longobarda sulterritorio.

Le dimensionidelle murature del-l’edificio, che rag-giungono anchespessori superiori aitre metri, e la lorotipologia in pietranon trovano riscontriin altri casi di inca-stellamenti presentinella città storica.

Oggi con la lettu-ra, per quanto par-ziale, delle muratureancora residue, sipuò identificare lasagoma volumetricache ha condizionato

la costruzione e le tra-sformazioni delle cattedrali che su di essa sisono succedute.

Infatti, nel corso di molti secoli, dal V I Ial XIV, la presenza di questo edificio primi-tivo ha costituito una sicura base di appog-gio per le nuove murature, divenendo peròun limite invalicabile quando eccessi, dovu-ti proprio a tali trasformazioni, hanno finitoper compromettere l’equilibrio statico del-l’intera struttura.

Nel grafico n. 1 è schematizzata inazzurro la sagoma della rocca nella qualesono evidenziate tre torri con al centro unedificio quadrilatero; su questa immagineè riportata in sovrimpressione la sagomadel duomo attuale estratta da una basef o t o g r a f i c a .

Grafico 1

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Ad oggi è impossibile stabilire se il qua-drilatero sia stato una corte aperta oppureuno spazio chiuso da un tetto e quindi assi-milabile ad un cassero.

Diverso è il casodell’edificio che risul-ta di collegamento trale due torri più bassedove, come vedremonei passaggi successi-vi, sarà in parte rica-vata la grande salaa ffrescata di recenterinvenuta al di sottodel pavimento dell’al-tare maggiore eimpropriamente notacome “cripta”. A n c o r ain parte visibili sono iresti di alcuni dettagli architettonici dellatorre più alta che, al tempo di Nicola Pisa-no, diverrà la base di appoggio del nuovocampanile: una finestra oggi utilizzata comeporta di accesso al campanile stesso e, piùin alto, quattro aperture circolari, ricavatenelle rispettive pareti, da cui un osservatoredoveva essere in grado di ricevere segnaliottici in vario modo inviati dal territorio cir-costante.

I primi Vescovi

Nel grafico n. 2 è riprodotta sommaria-mente la sagoma di quella che può esserestata la conformazione del successivo edifi-cio che, pur trasformato, mantenne i carat-teri originari divenendo la nuova sede delpotere vescovile senese.

Dalla lettura comparata di varie fontipittoriche, la cui analisi è esclusa da questatrattazione, è stato possibile collocare al suointerno anche l’edificio che per primo assol-

verà la funzionedi chiesa catte-drale, identifica-to nei documenticome Sedes Bea -te Marie, t e r m i-ne assunto concontinuità dallealtre cattedraliche nel tempo sia v v i c e n d e r a n n osopra e intornoad esso.

Posta nel latosud del quadrilate-

ro, terminava con la parte absidale su unaparete della torre più alta e, insieme all’al-tro edificio, sul lato opposto, occupava spa-zi esterni al primitivo castello; essi inoltrerisultavano collegati da una terrazza conl ’ a ffaccio verso lo spazio oggi occupatodalla attuale Piazza S. Giovanni, dove è col-locato il Battistero. Un edificio quindi anco-ra più imponente del precedente e di cui eraparte il primitivo complesso canonicale chene occupava una parte cospicua, compostoda monaci che esercitavano, a fianco delpotere vescovile, funzioni religiose e dicarità.

Diverso è il caso del vescovado che,come vedremo, essendo stato trasformato inuna grande cattedrale romanica, vi manten-ne parti strutturali essenziali alla sua costru-zione e dalla cui lettura è stato possibilericostruirne l’immagine.

Grafico 2

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Dai “secoli bui”, la cattedrale romanica

Tra il finire del secolo XIe i primi decenni del XIIuna nuova trasformazioneinteresserà l’Episcopio conla costruzione, prevalente-mente al suo interno, dellacattedrale romanica realiz-zata tenendo conto di ciòche già esisteva, come lapiccola chiesa in preceden-za ricordata.

Essa utilizzerà le mura-ture del vescovado mante-nute e riconvertite in unapiù grande cattedrale chegià dal 11 2 41 ed ancor piùdal 1139 troviamo completata ecuore pulsante della dimensione religiosa2.

Nel grafico n. 3 ne è indicata in giallo lasagoma che, contenuta quasi totalmentenell’involucro del primitivo episcopio, uti-lizzò il quadrilatero della corte per l’appog-gio di sei pilastri, di un tamburo ottagono edi una cupola semisferica, mentre la parteabsidale terminava sulla parete nord ovestdell’episcopio. Soltanto la facciata e le pri-me tre campate delle rispettive navate furo-no costruite esterne insieme al pronao e allascala degradante verso il Piano SancteMarie, oggi Piazza Jacopo della Quercia3.

Con questa trasformazione del palazzovescovile in cattedrale si rileva anche una

modifica nel materiale edilizio impiegato:mentre per l’episcopio e ancor prima per

l’incastellamento altomedioevale le muratureerano interamente inpietra, il duomo romani-co è p r e v a l e n t e m e n t ecostruito in mattoni che,in vario modo, si appog-giano su strutture prece-denti con soluzioni piùcomplesse ma al tempostesso leggere, p r o p r i edi un edificio religioso.

Parti inequivocabilidi esso, come alcuniresti di semipilastri nelvano dipinto di quello

spazio interno che è attual-mente noto come “Cripta della statue” e duefinestre aperte nel lato settentrionale dellaparete absidale che illuminavano la relativacripta, ci informano di come l’edificio siainserito nell’involucro dell’episcopio pro-prio grazie alla versatilità delle nuove strut-ture in laterizio.

Tuttavia al suo esterno, in quelle partiche ampliarono il palazzo vescovile, trovia-mo ancora enormi pareti di pietra, comequella che unì le due torri sul lato orientale,oggi affacciato su Piazza S. Giovanni.

Ma il settore in cui l’uso dei mattoni rap-presentò la soluzione ideale per la riconver-sione fu nella costruzione dei pilastri e del-

1 Giorgi e Moscadelli, 2005: 58.2 Trombelli 1766.3 Brogi, 1998: 43-66.

Grafico 3

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la relative volte che non solo occuparono ilvuoto del quadrilatero ma trovarono neilivelli superioridelle mura in pie-tra il loro pianodi appoggio idea-le insieme a quel-lo dei tetti.

Di questosistema struttura-le sovrapposto,suggerito ancheda ragionevolimotivi economi-ci, restano oggil’intera cupolacon le costolatu-re, parte del tamburo ottagono e i resti dellericordate finestre della cripta.

Nel Duomo Romanico e Gotico si incon -trano

Nella prima metà del XIII secolo, ciòche rimaneva dell’antico episcopio e ancorpiù il duomo romanico divennero il transet-to della cattedrale per mezzo di una straor-dinaria mutazione, nella quale la cupola conbuona parte del suo tamburo non venneroabbattuti ma entrarono a far parte della nuo-va Chiesa.

Per capire bene che cosa successe occor-re rappresentarsi una rotazione a 90° dellacattedrale intorno alla sua vecchia cupolache comunque rimaneva inalterata e perfet-tamente coerente con la successiva configu-razione architettonica.

In realtà la cupola romanica, pur rima-nendo nella collocazione originale, entrò

nella nuova cattedrale per mezzo diconcrete e precise operazioni costrutti-ve derivate da quella cultura antichissi-ma che traeva dall’obbedienza ai cano-ni della simmetria la propria leggecostruttiva e senza la quale anche que-sta opera non sarebbe stata possibile.

I sei nuo-vi pilastriche forma-rono l’esa-gono dibase si tro-v a r o n oc o e r e n t icon questoordine dis i m m e t r i ad i v e n e n d ocosì la

t e s t i m o -nianza più eloquente di una straordinariamutazione strutturale e formale conclusasinei primi sessanta anni del secolo XIII.

Una prova di come sia stato possibileche una cupola con il suo tamburo di basepotesse essere sostenuta da un nuovo ordi-ne di pilastri è ancora visibile nel sottotettodel duomo, nella parte in cui è avvenuto ilcontatto tra la nuova struttura sottostante equella preesistente superiore (foto n. 1).

Nel grafico n. 4 e 5, con le campiture inrosso, è identificata la sagoma e la sezionecomplessiva della nuova cattedrale ponen-dola a confronto con quella precedente (gra-fico n. 3).

Grafico 4

Grafico 5

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Tra le parti di più spiccata diff e r e n z i a-zione si osserva la facciata rivolta ad ovest,il nuovo campa-nile innalzatosulla primitivatorre e la nuovaparte absidale,rivolta versol’attuale PiazzaS. Giovanni.

Una straordi -naria Ars aedi -ficandi

Così quellache era stata la cattedrale romanica diven-ne il transetto del nuovo duomo mentre lafacciata con il suo pronao e la scala, giàricordati, non pare abbiano subito modifi-che: nella parte opposta, invece, compaio-no due nuove campate costruite sulla pen-dice rivolta verso nord-ovest, oggi vicinaa via dei Fusari.

Per facilitare la lettura delle diverse con-figurazioni che in successione terminaronocon la prima cattedrale gotica, sono campi-te in colore azzurro quelle ricondotte all’in-castellamento alto-medioevale e al succes-sivo episcopio; in colore giallo quelleappartenute alla cattedrale romanica e infi-ne in colore rosso quelle riferite appunto alduomo gotico.

Le trasformazioni avvenute sulla solacupola sono descritte per mezzo di quattro

tavole in cui è essenzializzata la successio-ne dei lavori.

Nella prima tavola (A) è riprodotta lacupola romanica con il suo tamburo otta-gono e tre dei sei pilastri che li sorregge-vano, inoltre è riprodotta la sagoma pla-nimetrica della cattedrale con in primopiano l’angolo absidale rivolto a nord-este oggi prossimo alla attuale via dei Fusa-ri, sopraelevato di quattro gradini4 r i s p e t-to alla navata e con le due monofore, già

ricordate, che illumi-navano la sotto-stante cripta allaquale si potevaaccedere dalle duescale laterali.

Sul lato oppo-sto, rivolto versoquella che oggi èla Piazza Jacopodella Quercia, eracollocata la fac-ciata su cui siaprivano tre porte

e, davanti ad esse,un pronao e una scala che collegava la cat-tedrale all’allora Piano Sancte Marie.

Sul lato sinistro è stata riportata unagrande parete, in colore giallo, che avevacollegato gli angoli delle due torri delcastello formando un possibile vano per lasacrestia.

Sull’angolo opposto, campita in azzurro,figura l’antica torre castellana qui in fun-zione di campanile.

4 Trombelli, 1766: 33, cap. XXXVIII.

Tavola A

Tavola B

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Nella seconda tavola (B), riprodotti sul-l’immagine precedente, sono stati eviden-ziati in rosso quat-tro dei sei nuovipilastri costruitiprossimi a quellipreesistenti, inmodo da non com-prometterne l’equi-librio statico.

È interessantenotare come le lorofondazioni sianoappoggiate sullemurature del pri-mitivo castello nel-lo stesso modo concui erano stati costruiti i pilastriromanici.

Nella terza tavola (C) è eviden-ziata la fase terminale in cui la nuo-va struttura, in rosso, venne innal-zata e contrastata a quella esistente,in giallo, senza avervi introdottonessuna modifica.

In sintesi questo delicatissimopassaggio può essere letto nelle operazionidi supporto svolte simultaneamente sui pro-fili degli otto lati in cui questo contrasto fur e a l i z z a t o . È inoltre presumibile che, adoperazione compiuta, l’antico tamburo e lasua cupola fossero sorretti da ambedue lestrutture ed è plausibile supporre che quellanuova, inferiore, sia stata contrastata allavecchia per mezzo di un sistema di zeppe diferro e di murature in mattoni, delle qualiuna ancora visibile.

Considerando l’esiguità dei mezzi chequesti grandi maestri costruttori avevano a

disposizione si può ritenere che essi com-pissero questa operazione di contrasto gra-

zie ad una antichissima cultura edifica-toria di cui erano depositari e dellaquale si sono perse le tracce.

Oggi dovendoci interrogare sucome essi procedettero nella fase suc-cessiva di demolizione dei sei pilastrie di gran parte del vecchio tamburo,in assoluto l’operazione più diff i c i l e ,possiamo ritenere che si affidassero dinuovo alle regole della simmetria chein questo caso può essersi tradottanella esecuzione simultanea di uguali

lavori did e m o l i z i o n econdotti nel-le parti dim u r a t u r ac o n t r a p p o s t eed equidi-stanti dall’as-se dell’anticacupola.

Nel suoinsieme, ideal-

mente, si può essenzializzare l’opera nellavoro di otto muratori, distribuiti ognunosu ciascuno degli otto lati del tamburo, checompiono simultaneamente le stesse opera-zioni per cui, ad uno di essi impegnato arimuovere un mattone sul proprio lato cor-rispondono altre sette simultanee rimozionicompiute dagli altri muratori, ciascuno nel-la propria parte.

È particolarmente significativo associa-re a questa immagine quella condotta per lacostruzione della cupola di S. Maria delFiore in cui Filippo Brunelleschi affidò ad

Tavola C

Tavola D

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otto capomastri, ciascuno per ogni lato deltamburo, la conduzione dei relativi, simul-tanei lavori5 dimostrando così obbedienza aquella stessa legge assoluta del-la simmetria.

Ma ciò che appare ancorapiù sorprendente è osservarecome l’opera condotta all’in-terno del duomo senese antici-pò di quasi due secoli quellaper la cupola fiorentina.

I silenzi della cattedrale

D i fficile è ricostruire le rea-li modalità con cui le mae-stranze senesi condussero l’o-perazione di progressivademolizione delle murature piùantiche, eseguendo contempora-neamente l’appoggio delle loro parti residuesu quelle nuove; ma è plausibile che duran-te i lavori o nei giorni successivi alla loroconclusione i silenzi della cattedrale possa-no essere stati rotti da secchi colpi di asse-stamento fra le due diverse strutture. Perrendere più esplicita questa straordinariapagina di “grande architettura” nella tavola(D) sono stati evidenziati sia la cupola cheil suo parziale tamburo ormai sorretti dainuovi pilastri a fasce bianche e nere, prossi-me alle porzioni residue dei pilastri romani-ci raffigurati nella fase finale della loro

demolizione. Intorno ad essi si elevava lanuova chiesa orientata verso ovest, con ipilastri delle tre navate perfettamente alli-

neati ai n u o v i , c o s t r u i-ti sotto la cupola, e lanavata centrale pro-lungata fino a formarela nicchia absidale,mentre sul lato nord-ovest, oggi sovrastan-te via dei Fusari, duenuove campate, in ros-so, hanno ulteriormen-te adattato, trasfor-mandola in transetto,la precedente cattedra-le romanica, divenutacosì simmetrica rispet-to al nuovo asse.

Dalle parti residuedelle due monofore già

ricordate si apprende che, con la fine deilavori sulla cupola, tolti i ponteggi, anche ilpiano del duomo romanico, con la porzioneabsidale e i suoi quattro scalini, venne sbas-sato con la conseguente distruzione dellac.d. “confessione” di cui rimangono ancoradue semipilastri, uno ritrovato dal prof. E.Carli nel 19466 e l’altro scoperto durante irecenti lavori che hanno riportato alla lucel’intero vano sottostante la nuova abside econ essa, oltre la parete su cui è affrescata lascena della Deposizione, i resti di una por-zione circolare di muratura7.

5 Fanelli e Fanelli, 2004: 18.6 Carli, 1979: 81.7 Guerrini et alii 2003.

Foto 2

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Essa è riconducile alla parete esterna diun edificio che, utilizzando in parte il pre-cedente spazio della cripta piùantica, può essere stato dinuovo adibito a questa fun-zione. La regolarità dellacurvatura e la simmetricitàrispetto alla nuova navatacentrale rafforzano l’ipotesidi una sua costruzione neiprimi anni sessanta del XIIIsecolo quando, dopo i lavorisulla cupola, il piano delduomo romanico vennesbassato.

La presenza nel suo inter-no di un sepolcreto lasciapresumere che si tratti di uno“spazio mausoleo” destinato,forse, alla sepoltura di alcunitra i caduti nello scontro di Montapertiavvenuto pochi anni prima; infatti è plausi-bile ritenere che il luogo più significativoper la loro inumazione fosse proprio sotto alnuovo altare della Madonna.

Se si scorrono le vicende costruttive delduomo senese, nessun periodo appare cosìintenso, complesso e ricco di fatti storici eartistici come quello che si protrasse finoal termine del secolo XIII. Uomini comeNicola Pisano, il monaco cistercenseMelano di Renaldo e, suo coetaneo, A r n o l-fo di Cambio, sono presenti negli anniesaltanti della cupola e in quelli immedia-tamente successivi in cui fu realizzatoanche il pulpito.

Arnolfo di Cambio, presente a Siena inetà giovanile, risulta che abbia legato il suonome ai soli anni del pulpito: tuttavia l’ec-

cezionalità dei fatti costruttivi cui può averassistito, se non addirittura partecipato,

lasciarono certamenteuna impronta profondanella sua preparazioneartistica che riemerg e r ànell’attività di architet-to sul finire del secolo,quando progetterà lacattedrale fiorentina diS. Maria del Fiore. Inquella occasione, nel-l’impostare la soluzio-ne per l’appoggio delgrande tamburo dellacupola, adotterà unimpianto ottagonaleanalogo a quello delduomo senese.

Nelle foto n. 2 e 3sono indicati gli schemi delle piante sia delduomo senese che di quello fiorentino dacui risulta come in ambedue i casi sia lanavata centrale che le due laterali si conclu-dano sull’impianto poligonale dei pilastriche sorreggono le rispettive cupole.

Intanto a Firenze

Ma se a Siena le dimensioni ridotte del-la cupola rispetto all’intera chiesa non per-misero di raggiungere una coerente propor-zione nel nuovo duomo gotico, a FirenzeArnolfo, forse consapevole di questo limite,sembra aver esagerato nel senso opposto,dando cioè alle strutture di supporto dellacupola una dimensione eccezionale, con undiametro pari alla larghezza delle tre nava-

Foto 3

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te, fatto questo raro se non unico nel reper-torio dellea r c h i t e t t u r em e d i o e v a l ir e l i g i o s econ pianta acroce latina.

È notocome que-sto giganti-smo archi-t e t t o n i c oa b b i ar i m a n d a t odi quasi unsecolo emezzo la solu-zione di una cupolache potesse proteggeree concludere quellospazio; ciò fu possibilegrazie al talento diFilippo Brunelleschiche la realizzò tra il1420 e il 1436.

Nota è la soluzioneche egli adottò nelcostruirla senza ricor-rere a strutture disostegno, soluzionepropria di quella cultu-ra edificatoria millenaria che assumeva lasimmetria come regola assoluta. Così, comegià ricordato, la presenza di otto maestrim u r a t o r i8 ognuno impegnato in una veladella cupola è la prova che i lavori doveva-

no svolgersi nello stesso tempo e nella stes-sa maniera su partic o n t r a p p o s t e ,equidistanti dal-l’asse verticale ecollocate alle stes-sa altezza da terra.

Nel suo proce-dere verso l’alto,la dipendenza del-le operazionicostruttive dall’as-se verticale identi-ficabile con una

fune piombatasospesa sulcentro delcerchio dibase dellacupola è l’im-magine piùe m b l e m a t i c aalla qualeriferire lacomplessità el ’ e c c e z i o n a l i-tà di questaopera.

Per visua-lizzare lad i n a m i c a

costruttiva checaratterizzò il progressivo innalzamentodelle otto vele possiamo paragonarla a quel-la di un liquido che, immesso in un reci-piente, progressivamente lo riempia.

8 Fanelli e Fanelli, 2004: 18.

Foto 5

Foto 4

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Così le murature della cupola furonoinnalzate per anelli concentrici e conclusisecondo fasce per-fettamente orizzon-tali e in grado dicontenere, in que-sta loro forma, leenormi tensioniche, con l’altezza,aumentavano.

Di nuovo, ma inquesto caso in sen-so ascendente, pos-siamo immaginareotto operai chemurano contempo-raneamente unostesso mattone, cosìcome, nella precedente vicenda della catte-drale senese, otto operai sono stati immagi-nati nell’atto simultaneo di sottrazione delloro mattone durante la fase discendente incui venivano demolite le strutture che sor-reggevano la cupola romanica.

Ma se a Firenze una serie di documentipermettono di inquadrare la vicenda storicadella cupola e del suo ideatore, a Siena nonsono emersi documenti scritti che ci per-mettano di sapere chi ne fosse stato l’artefi-ce o gli artefici anche se, come accaduto inprecedenza, nelle memorie di quegli annie m e rge a vario titolo la figura di NicolaPisano9 alla cui scuola, tra l’altro il prof. E.

Carli attribuisce l’esecuzione del singolarecorredo scultoreo posto lungo la cornice

interna tra la cupo-la e il tamburo10.

Se inseriamoquesta opera deco-rativa in un piùvasto repertorio disculture medioeva-li esso ci appareinconsueto sia perla collocazione cheper la modestadimensione deivolti: eppure, perla veridicità deitratti fisionomici e

di certi particolaridei costumi, è chiara la

volontà di esprimere un ritratto reale.L’averli collocati lungo quella linea di

contatto tra le parti residue del tamburo edella cupola e le nuove strutture dove ilavori furono più complessi e rischiosi indu-ce a ipotizzare che da quella cornice sia ffaccino alcuni degli uomini più eminentiche conclusero felicemente questa incredi-bile opera (foto n. 4 -5).

A chi appartengono questi volti?D i fficile rispondere a questo interrogati-

vo; tra essi ci sono i volti di Nicola Pisano,di suo figlio Giovanni o del giovane Arnol-fo? Forse non lo sapremo mai.

9 Giorgi e Moscadelli, 2005: 77.10 Carli, 1979: 17.

Foto 6

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Didascalie alle figure:

Grafico 1, p. 56: in sovrimpressione, su un grafico tratteggiato estratto da una base foto-grafica che riproduce la Cattedrale senese, è riprodotta in azzurro l’immagine essenziale diun castello alto medioevale riconducibile al tempo in cui Siena fu città longobarda.

Grafico 2, p. 57: trasformazione dell’edificio altomedioevale in Episcopio.

Grafico 3, p. 58: in colore giallo è stata differenziata l’immagine della Cattedrale romanica.

Grafico 4, p. 59: in colore rosso sono campite le nuove parti che trasformarono, nei primidecenni del secolo XIII la Cattedrale romanica nel nuovo Duomo gotico.

Grafico 5, p. 59: spaccato longitudinale del nuovo Duomo gotico. Ancora campite nei varicolori sono evidenziate le parti della Cattedrale costruite nelle fasi già descritte. Di parti-colare interesse, come evidenziato in questo contributo, è osservare la cupola semisfericaromanica che fu “trasferita” alla nuova Cattedrale. All’esterno di essa, di poco distaccata eallo scopo di proteggerla, venne costruita una controcupola in legno rivestita da lamine dipiombo. Sulla sua verticale, al di sotto dell’altare, è stata ipotizzata la presenza di uno spa-zio residuale della primitiva cripta romanica trasformata in una nuova e più ridotta confes-sione circondata da un sepolcreto.

Foto 1, p. 54: sottotetto del lato di destra del transetto: particolare del nuovo tamburo due-centesco sottostante la cupola in corrispondenza dell’angolo sorretto dal pilastro collocatodavanti alla Cappella del Voto.

Schema foto 1, p. 55: nel grafico sono riprodotte alcune parti essenziali estratte dalla foton. 1 tra le quali in colore giallo una delle pareti residue del tamburo romanico ancora visi-bili, sotto di esso in colore rosso l’angolo del nuovo tamburo esagonale che lo sorregge.Nella loro parte intermedia compare una muratura irregolare eseguita per ottenere il massi-mo contrasto tra questa nuova struttura inferiore e la più antica superiore.Un’ulteriore prova di questa complessa vicenda costruttiva è espressa dalle morse tra i mat-toni del tamburo e il rivestimento a fasce di marmo bicolore.

Foto 2, p. 62: pianta del Duomo di Siena in cui risulta come la navata centrale e le due late-rali presentino le pareti e i pilastri allineati a quelli che sorreggono il tamburo della cupola.

Avvertenza

I riferimenti a eventuali colori contenuti nelle immagini non possono essere distinti a causadel vincolo alla pubblicazione in bianco/nero per gli apparati iconografici. Sul sito webwww.grandeoriente.it è disponibile l’articolo con le immagini a colori in formato .pdf.

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• 67 •Sacro e profano nell’Architettura religiosa toscana da N. Pisano a F. Brunelleschi, A. Brogi

Foto 3, p. 63: pianta della Cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore. Come nel caso delDuomo senese i muri esterni ed i pilastri della navata centrale risultano allineati a quelli chesorreggono il tamburo della cupola.

Foto 4-5, p. 64: alcune delle teste collocate sulla cornice del tamburo della cupola poste lun-go la linea in cui si conclude il rivestimento marmoreo a fasce bianche e nere.

Foto 6, p. 65: veduta interna della cupola romanica decorata con un finto cassettonato ese-guito nei primi anni del secolo XIX. Lungo il suo perimetro di appoggio la cornice, sorret-ta dalle colonne del finto loggiato, testimonia con l’estrema irregolarità dei sui dodici lati,la complessa vicenda costruttiva conclusa nei primi anni sessanta del XIII secolo.

Tavola A, p. 60: in giallo è riportata la planimetria del Duomo romanico contenuto nellestrutture residue dell’Episcopio (in azzurro).Al centro è ricostruito l’apparato dei pilastri e del tamburo che sorreggevano la cupola.

Tavola B, p. 60: riferita all’immagine della tavola A, è evidenziata la fase iniziale dellacostruzione dei nuovi pilastri del Duomo gotico (in rosso) in prossimità di quelli esistenti (ing i a l l o ) .

Tavola C, p. 61: l’immagine riproduce la fase in cui alle murature che sorreggevano la cupo-la romanica (in giallo) viene affiancato il nuovo apparato di supporto gotico (in rosso) dota-to delle opportune opere di contrasto (foto 1 e grafico relativo).

Tavola D, p. 61: sulla planimetria del Duomo gotico (in rosso) è riprodotta l’immagine delnuovo apparato di sostegno della vecchia cupola romanica (in giallo) con le parti residuedel tamburo e le porzioni di colonne lette nella fase terminale della loro demolizione.

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• 68 •La rinascita dell’Humanitas

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tari, anzi di tutti gli ordini cavallereschi,non esistono se non pochi e modesti studispecificatamente dedicati alle sue impresem i l i t a r i .

Se questo è a dir poco sconcertante, nonc’è da meravigliarsi se, ancor meno, ci si ès o ffermati a indagare su quella che fu l’atti-vità sociale dell’Ordine del Tempio. Eppu-re questa attività, solo in parte dedicata asupportare lo sforzo bellico dei Monaci inArmi, ebbe decisamente un impatto di pro-porzioni e importanza enormi sulla società

I Templari e la promozione umana

di Domenico LancianeseStorico e saggista

As a fundamental means of the Church’s hegemonic strategy, Knight Templars,together with the Cistercian Order, developed a wide and deep social work whichcompletely changed the traits of Europe, as it was a real revolution. In order to rea-lize the social utopia which had been sketched out at Cluny, then inherited by Cis -tercian and finally entrusted to the Templars, they had to attack the whole systemof feudal power. This secret project was the main reason which took to the founda -tion of the Order of the Temple and it explains the Great Work that Templars didin the field of “human promotion”. Some of the activities of the Order were reallyindecorous for the honour of a noble and proud Medieval knight, and we can justi -fy some of their attitudes only because they seriously wanted to realize their socialfunction. Knight Templars reached many social association and in that of Gothicartists’ they practice a great part of the esoteric research which had to take towardsthe gnosis; at the same time, theologians were trying to exceed the religious boundin order to approach the other monotheist confessions. For these aspects of theirwork, which lead Templars to have concealed conflicts with politicians and to be atthe centre of the battle between Church and State, they found the deep motive oftheir heroic and unfair disappearance, becoming the scapegoat of this age-old con -flict. Knight Templars left to Christian Europe a legacy of knowledge which is atthe basis of their culture. Freemasonry has received the intimate sense of the Tem -plars’ message and it continues to preserve, cultivate and dilate it in the context ofthe ritual work for the glory of the Great Architect of the Universe.

Non solo combattenti della fede

embra quasi incredibile: eppure,nonostante l’imponente mole dilibri, saggi e studi sui Templari, vi

è ancora un notevole numero di aspettiriguardanti l’attività e la funzione di questivalorosi Cavalieri, su cui poco o nulla è sta-to detto o si conosce.

Per quanto l’Ordine del Tempio siaindubbiamente il più celebrato, il più famo-so e il più epico tra quelli monastico mili-

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• 70 •La rinascita dell’Humanitas

dell’Occidente europeo dal punto di vistadella sua evoluzione sociale e politica.

Proprio l’ampiezza dell’argomento, cherichiede trattazioni e studi assai più vasti ecomplessi di quelli che è possibilea ffrontare in un breve saggio, ciinduce a svolgere alcuneriflessioni su un aspetto spe-cifico di questa tematicacon particolare riferimentoagli effetti che l’azione delTempio produsse in terminidi crescita civile e di promo-zione umana.

Non vogliamo in questa sededimostrare che proprio l’attività sociale, piùche quella specificamente militare, abbiacostituito la vera missione dell’Ordine, ilquale prevalentemente in questa trovava leprincipali motivazioni del proprio ruolo edella sua ragion d’essere. Né intendiamomisconoscere l’epopea militare di questiCavalieri, che però consideriamo sostan-zialmente finalizzata a conseguire il presti-gio necessario per supportarne con autore-volezza la strategia di crescita civile esociale dell’Europa cristiana.

Riteniamo però che sotto i bianchi man-telli e dietro gli insegnamenti di S. Bernar-do, si celasse un segreto progetto, quello diprodurre una profonda modifica della strut-tura sociale del feudalesimo, delle sue logi-che violente e cruente, della sua supersti-ziosa concezione della fede e della suaoppressiva visione della convivenza civile.

Nell’ambito della teocratica ecclesialedel tempo e delle aspirazioni monastiche di

stampo cistercense, ai Templari spettava uncompito di natura prevalentemente sociale,ma dai pericolosi risvolti politici, che impo-neva estrema cautela e assoluta segretezza.

I Templari dovevano mate -rialmente innalzare le colonne

del tempio di un nuovo corsosociale e costruire la provatangibile di un diverso mododi concepire i rapporti uma -ni1.

Il vero obiettivo di una attivi-tà finalizzata a erodere e sgretolare

il potere feudale per conseguirne il supera-mento, non poteva che essere gestito ecustodito da pochi uomini con grande pru-denza e totale discrezione.

Un cambiamento indotto

È proprio partendo dal presupposto chel’attività sociale costituiva la vera missionesegreta dei Templari e il motivo politicofondamentale per cui erano stati pensati ecreati che si percepisce come essi inciserosul loro tempo, come incrinarono le basistesse del feudalesimo e come attuarono laloro vasta opera di promozione umana.

Per la verità i Templari non furono i solia realizzare questo grande disegno di cam-biamento della società feudale, perchéanche un altro Ordine, quello Cistercense,con strumenti, metodologie e comporta-menti più propriamente monastici, lavoravaconsapevolmente nella stessa direzione.

1 Lancianese, 2006: 90.

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• 71 •I Templari e la promozione umana, D. Lancianese

Questo giovane e rigoroso ordine mona-stico aveva raccolto l’eredità di Cluny, perintraprendere, con decisione e coraggio, lafattiva e silenziosa strada di un mutamentodella organizzazione sociale diquegli oscuri tempi.

I Cistercensi rifuggirono dalcercare il comodo appoggio del-la nobiltà sottraendosi cosìall’ingerenza politica delmeccanismo feudale e spezzan-do un legame di scomoda quan-to consolidata e diffusa suddi-tanza. Dietro ai comporta-menti di questo Ordine siintravedono non solo idee econcezioni che influiranno nonpoco sull’evoluzione della società occiden-tale, ma anche le motivazioni e le direttricisu cui si muoveranno i Cavalieri Templari.

Non è solo alla nota dipendenza dell’Or-dine del Tempio da quella guida energica eilluminata che fu San Bernardo che dobbia-mo guardare, ma anche alla costante rela-zione, in parte palese, più spesso occulta,che legava l’operato dell’Ordine Te m p l a r ea quello Cistercense. È quanto mai eviden-te che queste due straordinarie org a n i z z a-zioni, sul piano sociale si muovevano diconserva alla luce di una stessa strategiaorientata a conseguire il medesimo risulta-to. Tutti e due questi ordini erano impegna-ti a modificare, se non addirittura stravolge-re profondamente la società feudale, con ilpreciso intento di edificare una realtà total-mente nuova e realizzare in concreto quellache era una vera e propria “utopia sociale”.

In questo modo trova una ragionevolespiegazione quella segretezza che così mar-catamente e volutamente avvolgeva tutto

l’operato dell’Ordine del Tempio, segretez-za indispensabile per tenere indenne laChiesa dai rischi che questo progetto com-portava e che avrebbero potuto condurla

alla rovina se solo il poterepolitico ne avesse avvertito le

pericolose implicazioni.È altrettanto evidente

che i Templari operavano làdove il monaco non avrebbe

mai potuto, costituendo quin-di il braccio operativo secola-

re degli orientamenti cister-censi. Per altro non vaignorato che i Te m p l a r i

stessi erano monaci, ma laloro vocazione laicale, sottolineata anchedalla barba e dalla mancanza di tonsura,consentiva loro una libertà di movimento euna possibilità operativa che il monaco nonavrebbe mai potuto permettersi senza tradi-re profondamente la propria vocazione el’intima essenza della sua scelta di vita. Ilmonaco infatti era ed è colui che si ritira dalmondo alla ricerca di una contemplazionedel divino attraverso la pratica costante del-la preghiera a beneficio di tutta la comunitàdei fedeli.

I Templari dunque, anche se monaci,non si rifugiarono nel silenzio delle foresteper coglierne il soffio mistico, ma operaro-no profondamente immersi nella societàsecondo una scelta precisa che fu anche delmovimento francescano. Essi furono parteattiva dei meccanismi sociali, quando addi-rittura non li inventarono, li generarono o liistituirono. Ne sono esempi palesi al massi-mo grado il controllo delle strade e l’attivi-tà finanziaria, tipiche della loro azione dirinnovamento sociale.

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• 72 •La rinascita dell’Humanitas

Le logiche degli “Assassini”

L’analisi degli aspetti organizzativi eoperativi dell’Ordine del Tempio evidenziacon sufficiente chiarezza che in esso con-fluivano logiche e tematiche peculiaridi altri due ordini ad esso precedenti ecoevi, quello cristiano dei Cistercensie quello islamico degli“Ismailiti”, meglio noti come“Assassini”.

Sul piano org a n i z z a t i v o ,politico, militare, esoterico eteologico l’Ordine del Te m-pio si presenta come la totale fusionedi queste due istituzioni: potrem-mo anzi dire, con una figurazione forseardita, che se incorporassimo l’Ordine deiCavalieri del Tempio in quello Cistercense,avremmo una sorta di versione cristiano-occidentale della setta islamica degli Ismai-liti e se fondessimo tra loro l’Ordine Cister-cense con quello degli Ismailiti avremmo diconseguenza come prodotto proprio qual-che cosa di assai simile ai Cavalieri delTempio.

Se il monachesimo nasceva dai silenzidei deserti, il monaco guerriero veniva dal-l’aspirazione mistica del lontano Oriente.L’incontro di queste due diverse vie delmisticismo generava, in Oriente come inOccidente, analoghe ibride figure destinatea tentare di conciliare le esigenze materialicon quelle spirituali della società.

I monaci, cavalieri o meno, erano quin-di impegnati, nell’Islam come nella Cri-stianità, nella ricerca di un diverso e privi-legiato contatto con la natura e con il Divi-no. Da questa consapevolezza essi attinge-vano la forte coscienza di una superiorità

morale che li rendeva intolleranti a qualsia-si imposizione che misconoscesse il sensovero dell’esistenza, anteponendo alla ricer-ca spirituale il possesso di un eff i m e r opotere materiale.

In questo contesto nasceva anche,soprattutto in Occidente, il desiderio ela tenace volontà di cambiare un siste-

ma socio politico dove nonc’era posto per la carità cristia-na, la fratellanza tra gli uomi-ni, la tolleranza e la dignità.Una società che non avesseavuto alla base questi valori

non sarebbe mai stata in grado di glori-ficare l’Eterno nei suoi gesti quotidia-ni, né capace di scorgere l’aspetto

sacrale del lavoro e di volgere, sereno econsapevole, il proprio sguardo verso laDivinità per percorrere la via della salvezza.

I monaci concepirono un mondo model-lato su quella che era la loro stessa scelta divita, la loro concezione della convivenzasociale, la loro idea del vero scopo dell’esi-stenza individuale e collettiva: la salvezzadell’anima e la glorificazione dell’Eterno.

Che fossero Cistercensi, Templari oIsmailiti, che adorassero Cristo o Maomet-to, queste idee rappresentavano per tutti undenominatore comune.

Quando i Templari, nel corso del proces-so intentato loro dal re di Francia Filippo ilBello, vennero accusati di collusione conl’Islam e quando li si accredita, ancora oggi,della ricerca di un sincretismo tra le diverseconfessioni monoteiste, non solo si dice unacosa sostanzialmente vera, ma anche logica.In ogni caso questa ricerca unificante eracomune sia ai Cistercensi che agli Ismailitie per giunta non solo a loro, perchè attraeva

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• 73 •I Templari e la promozione umana, D. Lancianese

all’epoca molti pensatori e teologi sia diparte cristiana che islamica. Ciò non auto-rizza peraltro a fare dei Templari i deposita-ri di ogni tipo di deviazione dall’ortodossiae di ogni forma di pensiero eretico né i tes-sitori di oscure trame nei confronti dellagerarchia ecclesiastica.

L’aspetto che connotava fortemente letre “religioni del libro”2 era il comuneaspetto esoterico che pertanto rappresen-tava il canale privilegiato su cui si inne-stava questa ricerca di sincretismo.Con ogni probabilità l’esoterismorappresenta ancora oggi la ragioneprincipale della riprovazione dellaChiesa, sia nei confronti dell’Ordinedel Tempio che della Massoneria rite-nuta la sua erede ideologica. Proprio incoincidenza con la demolizione dell’Ordinedel Tempio infatti la Chiesa iniziò la suapresa di distanza da quel percorso esotericoche per secoli si era adoperata per additareai cavalieri medievali quale via privilegiatadi un percorso salvifico.

Il legame forte che univa i Templari aiCistercensi si estrinsecava però prevalen-temente nell’opera di cambiamento e diincivilimento della società feudale secon-do una visione del mondo che era il fruttodi una speculazione teologica ampia einnovativa che si traduceva e si esprimevain proposizioni sociali assai contrastanticon quelle vigenti nel contesto socio-poli-tico dell’epoca.

Quando l’Ordine del Tempio fu di fattoabolito, e ancor di più quando fu definitiva-mente ripudiato dalla Chiesa col pontefice

Giovanni XXII, non a caso all’OrdineCistercense vennero meno i favori del papa-to. Iniziava così per i Cistercensi una fase dideclino segnata dalla perdita di quellaincontrastata l e a d e r s h i p che pure avevano

detenuto durante i duecento anni dell’e-popea templare. L’accorta politica dellaChiesa aveva consentito che fosse l’Ordi-ne del Tempio a pagare le conseguenze diuna strategia egemonica della quale inrealtà rappresentava soltanto lo strumen-to, ma anche l’Ordine Cistercense ebbe ascontare la sua parte di responsabilità enon uscì del tutto indenne dalla vicenda.

Una mente pensante che proviene daCiteaux

Chi era stato in fondo il vero ispiratoredell’operato dell’Ordine Templare? Chi neera in qualche modo la guida e il garante?Chi ne aveva delineato le strategie sociali?Chi all’interno del Tempio costituiva il cer-vello pensante? Ne deteneva la cultura? Neorientava le scelte e ne garantiva l’ortodos-sia? I dotti, i sapienti, i colti del Tempio era-no certamente ecclesiastici, in buona partedi matrice cistercense, che vestivano il bian-co mantello dei cavalieri senza sfoderaremai la spada. È significativo, da questo pun-to di vista, che tra coloro che furono arre-stati nella casa del Tempio di Parigi soloquindici fossero cavalieri e ben diciassetteecclesiastici.

C’è molta confusione intorno alla figuradel Cavaliere Templare perché tutti coloroai quali era attribuita la qualifica di Te m p l a-

2 Ebraica, Cristiana e Islamica.

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• 74 •La rinascita dell’Humanitas

re indossavano il bianco mantello, ma assaidiversi erano i ruoli ricoperti e ancor piùdisparate le funzioni e le attività. Esisteva-no infatti Cavalieri completamente dedicatialla guerra che prendevano i voti monastici,il cui numero era decisamente limitato, ec’erano poi monaci che venivano investitidella dignità cavalleresca, mache erano completamentededicati a costruire la pace.Esistevano dunque “Cava-lieri monaci” e “MonaciCavalieri”. Erano queste ledue facce dell’Ordine, idue cavalieri che combat-tevano due guerre diversesullo stesso cavallo, secon-do la suggestiva immagine pro-posta dal celebre sigillo dell’Ordine.

La categoria dei “Monaci cavalieri”, nonprevista dalla Regola, si rese necessaria pro-prio per occultare, all’interno dell’Ordine,la presenza di ecclesiastici, quasi sempreCistercensi, di cui l’Ordine aveva bisognoper gestire gli aspetti sociali culturali,amministrativi e teologici che il rozzo eanalfabeta cavaliere medievale non sarebbemai stato in grado di coltivare.

Questi uomini, dei quali non sappiamopraticamente niente e che si sono meritati ipiù suggestivi appellativi, da “Tempio nero”a “Collegio dei Saggi” o “Figli della Va l l e ” ,erano i veri artefici delle scelte socio-politi-che e teologiche dell’Ordine del Te m p i o .Essi erano i gestori del suo sapere scientifi-co, della sua potenza finanziaria e fondiariae delle sue propensioni anti-feudali, pru-

denti e occulte, ma anche assai precise edeterminate.

La rinascita della cultura, dell’arti -gianato e dei commerci, in una parola ilrisveglio dell’Europa, non fu quindi sol -tanto il frutto di circostanze casuali, maanche la diretta conseguenza di una stra -

tegia di cui il centro motore fu laChiesa e lo strumento che lamise in atto fu l’Ordinedel Tempio3.

Da più parti, con l’in-tenzione di delineare l’e-sistenza di una realtàocculta quanto straordi-naria, si cita l’esistenzadi un vertice elitario, di

un misterioso cerchio interno dell’Ordine,che ne avrebbe guidato i passi sui più stra-vaganti sentieri della gnosi, di diverse eoscure trame e affabulanti misteri.

Ora, non solo è verosimile che esistesseun vertice elitario, ma è anche logico chequesto operasse in totale segretezza perchéi reali scopi dell’Ordine, in ambito sociale epolitico, andavano accuratamente occultati.Per le stesse ragioni era opportuno cherisultasse altrettanto segreta la partecipazio-ne degli ecclesiastici impegnati in questogenere di attività. Non solo la loro presenzanon era prevista dalla Regola nelle forme enei modi in cui essi agivano, ma questa par-tecipazione a livello verticistico non avreb-be mancato di generare sospetti e perplessi-tà nel potere politico feudale che avrebbepotuto intuire i segreti progetti della Chiesa.

3 Lancianese, 2006: 36.

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La contrapposizione, che potremmo per-fino definire di invidiosa concorrenza, conla realtà sociale del mondo islamico, cosìprepotentemente dominata dal messaggio

coranico, stimolava il pensiero e l’a-zione di questi ecclesiastici perché

costituiva un esempio pratico diquello che concretamente laChiesa occidentale avrebbevoluto realizzare.

Il potere civile, militare ereligioso, riunito nelle mani delC a l i ffo, evitava all’Oriente isla-mico quella dicotomia tra pote-re religioso e potere laico-mili-tare che tante ripercussioni nega-

tive aveva sulla vita quotidiana ditutta la collettività dell’Europa cri-

stiana. Chi meglio dell’Ordine delTempio era in grado di osservare, stu-

diare, elaborare e imitare i criteri e i sistemiche regolavano la vita delle genti islami-che? Gli ecclesiastici del Tempio avevanoaccesso alle fonti culturali dell’Islam, dialo-gavano e discutevano con i suoi saggi e isuoi uomini di culto ed erano quindi nellaprivilegiata condizione di interpretare ecapire la profondità del pensiero orientale,il senso vero della religiosità che ne presi-diava le regole sociali, i percorsi, le modali-tà e i meccanismi che consentivano alle suredel Corano di incidere così profondamentesull’animo dei singoli e di tradursi in pro-posizioni collettive.

Le strategie sociali e politiche delineatedalla Chiesa in epoca medievale appaionooggi, e lo furono anche allora per i pochiche seppero individuarle, così forti e inci-denti da condurre inesorabilmente al crollodel vecchio mondo feudale. Per certi versi

• 75 •I Templari e la promozione umana, D. Lancianese

È infatti vero che sia l’Ordine Cistercen-se che quello Templare attuavano forme diapertura democratica del tutto innovativeper la loro epoca. Ne sono certamente pro-va: il ruolo attribuito ai capitoli, il tipodi elezione di alcuni vertici, l’org a-nizzazione strutturale della rete deibaliaggi e delle commende e i pro-pugnati criteri di meritocrazia,non sempre compiutamenterispettati, ma certamente vigenti.

Mentre gran parte di questeconcezioni, del tutto inusuali nelcostume feudale, furono l’effettodi una vera e propria traslazionedal mondo Cistercense a quelloTemplare, all’interno di quest’ulti-mo si rintracciano anche altre carat-teristiche del tutto peculiari di cui bre-vemente andremo a delineare le preciseragioni.

Costruttori

Dunque, piuttosto che cospiratori, ereti-ci e cultori di arti magiche, i Templari furo-no semmai costruttori, amministratori, teo-logi, banchieri e scienziati, o se si vuolealchimisti, nel senso più completo e spiri-tuale del termine. Proprio usando una ter-minologia alchemica possiamo più propria-mente definire come prioritaria la loro“Grande Opera” sociale, l’elaborazione e laguida di quelle strategie che dovevano por-tare a una radicale riforma della vita collet-tiva permeandola di valori cristiani.

Non v’è dubbio inoltre che i “MonaciCavalieri” erano ispirati e sostenuti, in que-sto loro sforzo, da una forte fede e da unaortodossa aderenza ai dettami evangelici.

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si può dunque ravvisare nella sorte dell’Or-dine del Tempio una qualche specie dinemesi storica, perché le ragioni politicheche lo condussero alla rovina stanno tuttenel cambiamento di un sistema socia-le e politico che il Tempio stessoaveva concorso a determinare. Ilpunto focale è che, nell’ambitodella matrice culturale cri-stiano-occidentale, nonsarebbe stata la nascita diuna teocrazia la logicaevoluzione del sistemapolitico, quanto piuttostol’avvento delle grandimonarchie dai forti poteriaccentrati.

Onorano il migliore,non il più nobile tra loro

Queste parole aveva detto S. Bernardoriferendosi ai Cavalieri Templari. Questasemplice proposizione ci fa capire conestrema chiarezza quanto fosse distante dal-le logiche feudali la visione dei rapportisociali di S. Bernardo e dell’Ordine Cister-cense. Stabilire le relazioni e le gerarchiesociali sulla base della meritocrazia piutto-sto che sul principio della nobiltà dei nataliera decisamente per l’epoca un’idea del tut-to rivoluzionaria che per giunta portava consé una serie di altre inevitabili conseguenze.

Per la verità all’interno dell’OrdineTemplare l’affermazione di Bernardo sulla“meritocrazia” non trovò sempre una cor-retta applicazione, soprattutto per quel cheriguarda l’elezione del Gran Maestro o lanomina di importanti dignitari, spessoinfluenzate dai maneggi di principi e di re,

ma nel complesso la struttura riuscì a espri-mere una catena di comando dove le capa-cità avevano il dovuto riconoscimento.Dobbiamo però renderci conto che parliamodi criteri che solo lentamente avrebberopotuto trovare le ragioni di una corretta ecompleta applicazione. Quel che più conta

rilevare è comunque la natura del tuttoinnovativa e dirompente di queste con-cezioni così palesemente destinate astravolgere le logiche feudali. Questeidee maturate in ambito Cistercense,trovavano pratica applicazioneall’interno dell’Ordine Templare eda questo venivano poi trasferitenel più ampio tessuto sociale dellaCristianità occidentale.

Il “migliore” a cui alludeva S.Bernardo era quel Templare di cui

lui stesso aveva delineato l’immagineideale. Sia la R e g o l a che il De Laude t r a c c i a-no con chiarezza il profilo del Cavaliere delTempio, più dedicato a cercare la morte chea darla, più indirizzato sulla via mistica e laGerusalemme celeste che non impegnato amenar strage per il gusto dello scontro e ildesiderio di sangue.

È certamente vero, come sostiene Fran-co Cardini, che gli ordini religioso-militari,e quindi anche i Templari non furono maiquei sodalizi di guerrieri santi che egli [ S .Bernardo] aveva prospettato4, ma è altret-tanto vero che i Templari non si macchiaro-no mai di stragi o inutili eccidi e s e p p e r omantenere un senso di umanità e di rispet -to verso il nemico5. Quando la regola impo-ne ai Templari di trattare i servi con genti-lezza e di non bastonarli, sollecita compor-tamenti del tutto avulsi dalla mentalitàmedievale e impone quella che Bordonove

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4 Cardini, 1999: 19.5 Bonvicini, 1997: 23.6 Bordonove, 1973: 156.7 Gerard, 1992: 13.

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definisce probità cortese che ai nostri tempisi chiama dignità umana, rispetto di sé e delprossimo6.

Il “mistero” dell’Ordine

Se, com’è intuitivamente ovvio,non era cosa né semplice né immedia-ta, modificare la mentalità e l’abitualestile di comportamento di un cavalie-re medievale, era comunque possibi-le avere nell’Ordine del Tempio unvertice di comando consapevole deiveri e occulti obiettivi da raggiunge-re. Favoriti da un’autorità indiscussa eda una ferrea disciplina militare, i capi del-l’Ordine erano in grado di determinarne icomportamenti e gli orientamenti in assolu-ta coerenza con quello spirito che si volevain qualche modo “veicolare”.

Mentre da un lato si invoca spesso il for-te potere di guida dei vertici dell’Ordine, alpunto di attribuire loro poteri occulti e oscu-re trame, dall’altro si tende poi a dimentica-re questa caratteristica che spiega assai benecome i veri fini dell’Ordine fossero chiaris-simi alla ristretta cerchia del proprio gruppodi comando. Di conseguenza, come avvienein ogni struttura militare, la strategia com-plessiva, i veri motivi ispiratori delle sceltedi fondo e degli ordini che venivano dira-mati, erano spesso completamente ignotialla gran parte dei Cavalieri il cui unicocompito era quello di obbedire ciecamentee di combattere fino alla morte.

Comincia a Troyes in Champagne larivoluzione templare le cui conseguenzesaranno incalcolabili e gli aspetti anco -

ra mal conosciuti, essi determinaronole caratteristiche fondamentali della

nostra democrazia7.

I principi su cui poggiava la“Grande Opera” sociale del Tem-pio si intravedono con suff i c i e n t echiarezza, sia nella R e g o l a c h enel De Laude come pure in tuttoil complesso di normative conte-

nute nei R e t r a i t s e negli E d g a r d s,ma soprattutto analizzando quella che

fu, in termini pratici, l’azione dell’Ordinenel contesto sociale.

Da tale punto di vista, la prima conside-razione da fare è che non si comprende perquale arcana ragione un corpo di cavalleria,dalle connotazioni di particolare arroganzae fierezza, tipiche del cavaliere medievale,ma così specificamente attribuite ai Te m-plari, avrebbe dovuto occuparsi di attivitànotoriamente ritenute lesive dell’onore diun cavaliere. Questo, più di molti altri, puòveramente essere considerato un misterotemplare che solo nell’ambito delle motiva-zioni sociali dell’Ordine riteniamo possatrovare una logica spiegazione.

La seconda considerazione, altrettantoimportante, è che il complesso di attivitàsvolte dall’Ordine è ritenuto da alcuni auto-ri una vera e propria rivoluzione civile,ampia e silenziosa, che ha contribuito acambiare il volto dell’Occidente.

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8 Bloch, 2002: 88.9 Ottonello, 1999: 83.

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Orbene, da queste due considerazioniemergono spontanee alcune riflessioni: contutta evidenza questi fatti non possono esse-re casuali, ma sembrano appartenere ad unpiano che risponde adirettrici ben tracciate ea precisi obiettivi. Inol-tre questa opera di inci-vilimento, come la defi-nisce L. Charpentier,per produrre un simileconsistente risultato,deve aver avuto propor-zioni gigantesche. Infi-ne, senza possibilità dierrore, tutta l’operatività laica dell’Ordine èda ascriversi a quella categoria che abbiamodefinito di “Monaci Cavalieri”.

L’azione di promozione umana dell’Or-dine del Tempio si è tradotta in una attivitàdi vaste proporzioni che ha comportato unenorme dispendio di mezzi e di energie pro-ducendo cambiamenti profondi e sostanzia-li nella società medievale.

Come si accennava in precedenza, ledue più evidenti, tra queste attività, furonoquella finanziaria, assurta al rango di vera epropria attività bancaria, e il controllo dellevie di comunicazione.

Sia l’una che l’altra di queste attivitàerano ritenute del tutto disdicevoli per l’o-nore di un cavaliere e pertanto, come tuttele funzioni sociali svolte dall’Ordine, que-ste non furono mai veramente esercitate dai“Cavalieri Monaci”, bensì da “MonaciCavalieri” o da sergenti, cioè da apparte-

nenti, questi ultimi, alla componente nonnobile dell’Ordine. Notoriamente, comedescrive assai bene Duby, il disprezzo delnobile per il denaro era una specifica carat-

teristica della sua condizione.Per giunta il nobile CavaliereTemplare, essendo normalmenteanalfabeta, non avrebbe maipotuto occuparsi, neanche volen-do, di conti e di operazionifinanziarie.

Scompare il feudatario, appa -re il borghese

Eppure, proprio grazie a questi oscurioperatori, il Tempio contribuì in manierasostanziale alla rinascita dei commerci, allacrescita della classe borghese, alla circola-zione delle merci, dei capitali e quindianche degli uomini, delle idee, delle espe-rienze e degli scambi culturali.

È evidente che l’evoluzione economicaportava anche una profonda revisione deivalori sociali8. Tutto ciò che elevava le con-dizioni di quanti non appartenevano allaclasse dei bellatores concretamente sminui-va il potere e i privilegi di questi ultimifacendo prevalere idee di eguaglianza, dilibertà e di dignità umana.

Si sviluppava piano piano unanuova morale del lavoro, si va affer -mando una visione positiva dell’ini -ziativa economica che è affine allaconcezione che ancora oggi è caratte -re basilare della civiltà occidentale9.

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La categoria dei borghesi, rappresentatasostanzialmente da mercanti, aveva biso-gno, anche in termini pratici, di liber-tà di movimenti, di disponibilitàfinanziarie e di una autonomia cheerano in deciso contrasto con ilregime feudale. Il contatto con lerealtà di altri paesi, con altre cultu-re e altre fedi, che non furono maidi ostacolo ai traffici e ai commerci,aprirà così grandi brecce nel chiusosistema feudale.

È infatti proprio ai borghesi chesi deve riconoscere gran parte delmerito di aver dato la spallata fina-le al feudalesimo. Non è un casoche, al momento decisivo, i bor-ghesi si schierarono a fianco di Filippoil Bello e non sostennero i Templari. Eraproprio questo re, spietato e calcolatore, maabile politico, il monarca che più di ognialtro era andato avanti nella costruzione diun sistema politico-sociale in cui trionfava-no i legisti e scomparivano i cavalieri, cioèi rappresentanti del vecchio e ormai supera-to, feudalesimo.

L’attività finanziaria dei Templari pro-dusse due effetti importanti: la caduta deidivieti, sia laici che religiosi in materia dicredito, con la conseguente modifica del-l’atteggiamento che si aveva in epocamedievale verso il denaro e la fine dell’usu-ra o quantomeno il suo radicale ridimensio-namento.

Inizialmente i Templari esercitarono illoro commercio del denaro camuff a n d o ,con una serie di artifici, il compenso delle

loro operazioni. Artifici che la Chiesa cono-sceva benissimo, ma che tollerò volutamen-

te, dimostrando quanto queste atti-vità facessero parte integrante del-la sua articolata strategia diaggressione al potere politicocostituito. Successivamente essiottennero una serie di permessiu fficiali, compreso quello, incredi-bile, di applicare un interesse suiprestiti che andò sotto l’ipocritaombrello giustificativo di “interes-se per le crociate”. Probabilmenteci riesce difficile oggi valutareappieno le conseguenze sociali disimili rivoluzioni nei costumi delmondo feudale, così come non ci è

probabilmente possibile comprenderedel tutto quale liberazione deve essere stataquella dell’affrancamento dall’usura. È inogni caso abbastanza rappresentativa diquesta realtà la nota opera di Shakespeare I lmercante di Venezia. Il tasso di interesseche gli ebrei o i lombardi applicavano siaggirava attorno al 50% mentre quello deiTemplari pare non superasse il 10%.

Forse la cosa più probante in termini dipromozione umana è che:

Le operazioni economiche dei Tem -plari erano condotte all’insegna di unavirtù che rispecchia le necessità dell’uo -mo. Questa virtù, che oggi designa soloun’operazione di tecnica bancaria, sichiama fiducia: riflesso di quella che erastata la fides romana. Non aveva tantaimportanza il censo del richiedente quan -to le sue qualità morali10.

10 Pucci, 1989: 85.

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Il controllo delle vie di comunicazioneda parte dell’Ordine è a sua volta un chiaroesempio di come i Templari attuassero unaprecisa strategia in campo socio-economi-co, una strategia per la quale profusero capi-tali, uomini e mezzi senza alcun concretoritorno economico. Questa circostanzasmentisce inoltre in modo palese l’ac-cusa di avarizia spesso avanzatanei loro confronti perché nonsembra affatto trattarsi di scel-te economicamente produtti-ve, almeno in via immediata,ma semmai fonti dinotevoli perdite. Pergiunta non fu assolu-tamente semplice togliere aun gran numero di feudatariil controllo delle strade cheattraversavano i loro territo-ri, perché l’esazione deipedaggi era fonte di facili elauti guadagni.

Proprio nell’ambito di questa costosastrategia delle infrastrutture si rese anchenecessario erigere una serie di d o m u s d i s l o-cate alla distanza di una giornata di cavallol’una dall’altra e assegnare a queste casetemplari il relativo personale civile e milita-re per il continuo pattugliamento delle vie eper provvedere alla conduzione, ovviamen-te gratuita, della casa e dell’ospizio per pel-legrini e viandanti. Per giunta i Templari sifacevano carico anche della manutenzionedei ponti e delle strade. Uno sguardo allamappa delle vie templari in terra di Francia,elaborata da Louis Charpentier, rendeimmediatamente l’idea dell’operazione tita-nica messa in atto in questo comparto.

Una nuova visione del mondo

Un’operazione strategica di questa por-tata doveva avere per forza di cose giustifi-cazioni importanti che sarebbe del tuttofuorviante ricondurre semplicemente allospirito cavalleresco dell’epoca e alla voca-zione militare dell’Ordine con la quale per

giunta non sembra essere affatto in sin-tonia.

Tre importanti obiettivi venivanoa realizzarsi con questa operazione:il controllo praticamente totale diuno dei gangli vitali della società

francese, cioè il transito dellestrade, la sicurezza dei viaggi e deitrasporti e una maggiore possibili-tà di contatto tra le varie comuni-tà. Mentre il controllo delle vie

aveva una indubbia valenza politi-ca e strategica, la sicurezza rendevapossibile lo sviluppo dei commercifavorito anche dalla abolizione

degli infiniti e onerosi pedaggi. Facilitare icontatti tra le varie contrade significavainfine superare l’isolamento e consentire lacircolazione degli uomini, delle esperienzee delle idee favorendo in tal modo la cresci-ta civile. Quale grande opera di promozionesociale dobbiamo giustamente intravederein questa strategia!

Abbiamo preferibilmente parlato di con-trollo delle vie di comunicazione piuttostoche delle strade perché i Templari si assun-sero il compito di svolgere questo ruoloanche sul mare, non solo al fine di calmie-rare il costo dei noli, ma anche per renderesicure le rotte fornendo navi militari di scor-ta ai vascelli che trasportavano mercanzie,viaggiatori e pellegrini.

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11 La bandiera di combattimento delle navi militari dell’Ordine del Tempio era formata da un teschiocon due tibie incrociate e divenne in seguito il temuto vessillo della pirateria.

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Anche sul mare, la presenza dell’Ordinefu di proporzioni imponenti. I diversi portidi cui i Templari avevano il completo con-trollo indicano che più flotte, sia militariche mercantili, issavano la ban-diera dell’Ordine11. La protestadegli armatori di Marsiglia,esasperati dalla concorrenzaesercitata dal basso costodei noli applicati daiTemplari, testimonia asua volta delle pro-porzioni di questofenomeno. Lasemplice riflessioneche i viaggi o i traspor-ti sulle navi dell’Ordine avvenivano a prez-zi più bassi degli altri, nonostante che icosti, anche per effetto della scorta militare,fossero assai più alti, ci fa capire che anchein questo caso la molla principale dell’ope-rato dei Cavalieri non era il guadagno, mala prosecuzione di quell’opera di apertura eprotezione delle vie di comunicazione cheessi svolgevano. Quanto poi tutto questoavesse a che fare con un corpo di cavalleriaè un tipo di riflessione che si commentaagevolmente da sola.

Benché forse meno appariscente, altret-tanto ampia e senza dubbio anche più diret-tamente incisiva fu l’opera dei Te m p l a r inelle campagne dove andava ad impattarein quello che era lo strato più povero, maanche più numeroso, della società medieva-le. Notoriamente i Templari erano conside-rati i più grandi proprietari terrieri dell’epo-ca e lo sterminato numero delle loro grancie

o ffriva l’esempio lampante di un mododiverso di concepire le relazioni umane.

Nelle grancie del Tempio lavora-vano infatti, oltre ai serventi del-l’Ordine, contadini e maestranzeregolarmente stipendiate, masoprattutto trattate con dignità erispetto, poste al riparo dalles o p r a ffazioni e dalle angheriedei feudatari e dei cavalierisecolari. La sicurezza, la sereni-tà, la carità cristiana che si respi-rava all’interno di quella“Repubblica Autonoma” che eral’Ordine del Tempio erano, per

l’epoca, un bene raro e prezioso.Un numero sempre crescente di lavora-

tori andava a “donarsi” al Tempio per gode-re di questi benefici, materiali e spirituali.Nei loro possedimenti fu dunque possibileper i Templari cominciare a mettere in pra-tica la segreta missione sociale di cui eranoinvestiti dando l’esempio, al popolo e ainobili, di come una diversa concezione dellavoro, condizioni di vita più umane e piùdignitose, in una parola più cristiane, con-sentissero di realizzare una società più equi-librata e serena oltre a risultati economiciassai più consistenti. Le innovazioni intro-dotte nel settore agricolo e dell’allevamen-to, sia dal punto di vista tecnico che sociale,cambiarono totalmente la logica della vitanelle campagne, soprattutto in Francia dovemaggiore era la concentrazione delle pro-prietà fondiarie dell’Ordine. In maniera piùaffascinante e per questo motivo oggetto dimaggiore analisi da parte degli studiosi, la

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strategia di promozione umana del Te m p i osi estese anche alle confraternite di mestie-re. Mentre ai mercanti si spianava la via delprogresso e della crescita, cercan-do di fornire anche l’esempio diun modo corretto di esercitare lamercatura e al mondo rurale sio ffrivano nuove tecniche produt-tive e un nuovo modello di vitasociale, al settore industriale, oper meglio dire artigianale, sischiudevano le immense poten-zialità della scienza e della tecno-logia, ma anche il mondo straor-dinario della ricerca interiore.Soprattutto all’interno delle con-fraternite di costruttori e in parti-colare di quelle dedite al gotico,risalta evidente e prepotente l’in-flusso tecnico e culturale, maanche teologico ed esoterico del-l’Ordine del Tempio. Se solo riflettiamosulla considerazione che i moderni sindaca-ti e gli attuali ordini professionali sono glieredi di queste organizzazioni medievali, cirendiamo conto di quanta parte di moltestrutture e organizzazioni moderne trovi lapropria matrice nell’opera di incivilimentoesercitata dall’Ordine del Tempio. È questoun percorso storico assai negletto, che meri-terebbe un approfondimento e uno studioparticolarmente attento, per capire meglioquale sia stato il vero cammino della civiltànell’Occidente europeo. La confraternitadei “Figli di Salomone”, che va considerataa pieno titolo un ordine terziario di quello

templare perché da quest’ultimo ebbe laregola, offre probabilmente il più grande eaffascinante panorama di quella che fu l’at-

tività dei “Monaci Cavalieri” in ter-mini di promozione umana e socia-le. All’interno di questa confrater-nita l’idea di salvezza si unì a quel-la di scienza e la visione esotericasegnò le tappe di una ricerca inizia-tica analoga a quella del cavalierecristiano. La democrazia delleregole di convivenza fra questi fra-telli di mestiere si tradusse in unaespressione del lavoro consapevol-mente dignitosa, fraternamentesolidale e cristianamente salvifica.La magia simbolica delle loro crea-zioni nasconde, sotto il velame del-le allegorie, i messaggi imperituridell’amore, la percezione di unsapere arcano e antico, l’anelante

ricerca della gnosi e l’eco lontana di unaparola perduta.

Vi è un uomo “scelto tra mille”12 c h eancora oggi percorre gli stessi sentieri diricerca di quegli antichi maestri costruttorie di quei mitici Cavalieri e come loro lavo-ra per realizzare quella “Grande Opera” dipromozione umana che la prepotenza delpotere calpesta e la dignità reclama. Quel-l’uomo sa che ogni anima è un microcosmoinfinito che potrà esprimersi solo nell’inef-fabile godimento della libertà. Quell’uomoscelto tra mille, quell’uomo che tende l’o-recchio nello sforzo di percepire il suonolontano della parola perduta è un massone.

12 È questa la nota espressione, ripetuta più volte nel contesto del volume di R. Lullo (1994), con laquale l’autore si riferisce al Cavaliere.

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Opera di Giorgio Facchini

La plasticità scultorea nella medaglia contemporanea

Realizzazione per il 33° anno di fondazione delle Logge all’Or∴ di Milano: R∴L∴“Tito Ceccherini” 842; R∴L∴”XX Settembre” 843; R∴L∴”5 Giornate” 844.

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dubbio le caratteristiche e perfino la con-cezione stessa3, il termine Rinascimento sipresenta oggi a noi per lo più in due aspettiparadossalmente opposti. Il primo, e più“facile” (direi “vulgato”), d’immagine sim-bolica – quindi per definizione a-storica –di un periodo dai confini epocali sfumati,ma con un “centro” cronologico individua-to, anche questo genericamente, fra i secc.X V e XVI, periodo rappresentato, per li-

Quale Rinascimento, nella storia della musica?

di Daniele FusiMusicologo

Does the concept of Reinassance fit the Music and his history? The present studytries to find the “footprints” of the birth of the modern European and western Cul -ture from the point of view of this art, following the development of Music — as afundamental element of the culture tout court — through eight centuries: from theIX century (the so-called Carolingian rebirth) to the end of XVI.

Quale Rinascimento?

a Jacob Burckhardt (1818-1897), che ne dette la modernadefinizione e descrizione nel

1 8 6 01, a Johan Huizinga che cominciò acriticarne l’aspetto di ritorno alla luce dopoi “secoli bui” del Medioevo nel 19192 aJacques Le Goff (1924) che ai giorni nostrine sta, forse correttamente, mettendo in

Soni pereuntIsidoro di Siviglia, Ethimologiarum Libri Sex, sec. VII

La musique est une science, qui veut qu’on rit et chante et danseG. de Machaut, Le Voir dit, post 1362

1 Burckhardt 1953.2 Huizinga 1966.3 Le Goff 2003.

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mitarci all’Italia, dal mecenatismo dellecorti (Gonzaga, Estensi, Sforza, Medici,corte papale etc.) e dal pres-tigio e dalle opere di artisti,letterati e filosofi, da essesostenuti e valorizzati (daLeonardo a Mantegna finoa Raffaello e Michelange-lo, da Bartolomeo Tr o m-boncino, Marchetto Cara aHeinrich Isaac e JosquinDesprez fino a Palestrina eMarenzio, da Giorg i oGemisto Pletone4 a Mar-silio Ficino e Pico dellaMirandola fino a Machiavelli, da Lorenzo ilMagnifico stesso a Poliziano fino a PietroBembo e Ludovico Ariosto etc.).

Alla stessa immagine di rinascente “etàdell’oro” del pensiero, delle arti e delle let-tere – anche attraverso il recupero deimodelli della classicità greco-romana e ilsuperamento dell’ineluttabilità del trascen-dente con l’affermazione della centralitàdell’uomo, della sua volontà e della cono-scenza – s’impongono come date cruciali,anche qui genericamente e variamente (ariprova di una visione sostanzialmenteromantica, nonostante le velleità positivisti-che) il 1492 – sbarco di Colombo nel “nuo-vo mondo”, ma anche anno della morte diLorenzo de’ Medici e della definitiva r e c o n -quista cristiana della Spagna con la caccia-ta dei Nasridi e l’estinzione del loro regnodi Granada –, il 1517 – anno dell’affissione

delle 95 tesi alla cattedrale di Wi t t e m b e rgda parte di Lutero e inizio della riforma pro-

testante –, oppure, daparte degli storici del-l’Arte, il 1520, annodella morte di Raf-faello, cui seguirà ilperiodo detto manie-rismo. Il secondoaspetto, frutto di studipiù recenti, individuagli elementi “evoluti-vi” che uniscono l’U-manesimo e il Rina-

scimento (ormaicosiddetti) al Medio Evo, del quale la sto-riografia più recente sta evidenziando gliaspetti più “positivi” sia nel campo dellacostruzione ed evoluzione delle strutture edei rapporti sociali, politici ed economici,sia nel campo del pensiero, della cultura edell’arte. In ottemperanza al dovere di ognistorico di riscrivere ogni volta la storia,oggi, più che alle categorie “classiche” diMedioevo, Umanesimo e Rinascimento, siva formando e affermando il concetto di“Medioevo lungo”. Concetto che si evolvedalla constatazione che:

[…] il feudalesimo e la sua immaginericorrente nell’immaginario europeo atte -sta(no) che l’epoca e il sistema feudale, dalX secolo alla Rivoluzione francese, sonostati uno strato fondamentale delle realtàmateriali, sociali e simboliche d’Europa5.

4 Cfr. Neri, 2005: 27-55.5 Le Goff, 2005: 58.

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Quindi, le difficoltà fin qui viste di defi-nizione (o ri-definizione) del concetto dirinascimentale nelle strutture della societàeuropea occidentaleche riguardano lapolitica, l’econo-mia, il pensiero ele arti, comincianoa mostrarsi insor-montabili, a menoche non vogliamof o r z o s a m e n t esezionare e chiu-dere in allegoricibarattoli con appo-sita e diversa eti-chetta la nostrastoria.

Dove comincia la Storia della Musica

Ancor di più le difficoltà si acuisconoproprio guardando alle arti e in particolarmodo alla musica, alla sua storia (intesacome disciplina di studio), al suo essere eagire nella storia dell’umanità e delle sueculture. Sappiamo tutti che la Storia dellaMusica è, fra le discipline storiche, una del-le più giovani. In quanto tale, poteva conte-stare e mutare le acquisizioni e impostazio-ni di studio e di ricerca delle “Storie” (del-l’arte antica, dell’arte, della letteratura, del-la filosofia e generale) sue “madri”? Forseavrebbe potuto, ma non l’ha fatto, salvo

alcuni timidi e recentissimi tentativi6. Il pro-blema è che, rispetto alla storia delle cultu-re umane la musica non è stata valutata –

spesso neppu-re dagli stori-ci della musi-ca! In genera-le nella storiadella cultura– che comeoggetto “insé” e “a sé”rispetto allesocietà, alleepoche e alleloro culture.Quindi anche

la disciplina chedella musica studiava gli aspetti e l’evolu-zione nel tempo e nello spazio – limitatoovviamente, erroneamente e pericolosa-mente, alla musica d’arte eurocolta – non hatrovato di meglio che avvalersi delle cate-gorie diffinitorie già “predisposte” dallealtre “Storie” in relazione alle varie epoche(la cosiddetta periodizzazione7). Ecco per-ché anche in Storia della Musica si parla diMedioevo, Rinascimento, Barocco, Classi-cismo etc., termini nati in altri ambiti di stu-dio, controversi nelle discipline originarie eancor meno significanti nella nostra. Sol-tanto negli ultimi anni si stanno ripensandole origini e la funzione dell’attività musica-le attraverso i tempi e i luoghi dell’uomo,partendo dalla constatazione dell’onnipre-

6 Cfr. Pirrotta 1984; Engel, 1984: 89-90; Gallo, 1986: Introduzione; Casini 1987. 7 Cfr. Knepler, 1989: 129-156.

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senza del fare musica in tutte le cultureumane d’ogni epoca indipendentementedalla geografia e muovendo dall’indaginesulla funzione semantica, formativa, strut-turale alle varie comunità. Inuna parola dalla funzione“evolutiva” della musicastessa come parte inscindibi-le e integrata (col linguag-gio, con i riti, con le attivitàcollettive) dello sviluppodelle società umane. Stadunque nascendo una nuovaStoria della Musica8.

I primi segni della rina -scenza

Per restare al nostrotema, date le premesse, se unRinascimento in musica esiste, e se perrinascimentale intendiamo sì la rivalutazio-ne della classicità greco-latina, ma soprat-tutto la (ri?)scoperta e affermazione delvalore della h u m a n i t a s, cioè dell’uomo, delsuo pensiero immanente, della sua capacitàanalitica, inventiva e di trasformazione del-

la realtà attraverso la sua azione concreta,dove, in Europa, ne troviamo i primi segni,quando, e quali?

Va subito precisato che cercarli solo nelsuono ci porterebbe fuori stra-da. Da sempre e ovunque nelpianeta c’è stata una m u s i c ah u m a n a [non quella di Seve-rino Boezio (480-524/25)9,ma piuttosto quella che luichiamava musica instrumen -t a l i s, la più “bassa”], legataalla pratica improvvisativa siavocale che strumentale confunzione di intrattenimento edi coesione sociale nelle atti-vità comunitarie. Bisognaquindi necessariamente tenerconto del rapporto parola-musica (poesia e musica,musica per la preghiera, poe-

sia per musica), pur non rimanendo impri-gionati nella gabbia esclusiva e sempre eli-taria della tradizione scritta.

Nella seconda metà del IX secolo ilmovimento culturale iniziatosi all’epoca diCarlo Magno, la cosiddetta “rinascenza

8 Vd. Blacking 1986; Nattiez 2001; Wallin, Merker e Brown 2000.9 Vd. figura: qui ogni immagine della Madonna, nelle formelle di sinistra, ha un diverso atteggia-mento nei confronti della Musica, dipinta, dall’alto verso il basso nelle formelle di destra, secondo la defi-nizione boeziana. L’atteggiamento della Ve rgine è di sottomissione per la prima, la musica mundana, cioèdelle sfere celesti, rappresentata dal mondo che racchiude i quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco) sim-bolo della creazione divina; di benedizione nei confronti della musica humana, rappresentata da due chie-rici e due diaconi che eseguono senza strumenti un canto liturgico (probabile allusione agli organa quadru -p l a di Perotinus presenti nel ms.), e infine di ammonizione (con l’indice alzato) per la musica instrumenta -lis del giovane che suona la v i e l l a ed è circondato da strumenti. L’immagine di Maria è motivata dal fattoche il ms. contiene gli organa della Scuola di Notre Dame.

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carolingia” cominciò a esercitare la suainfluenza anche in campo musicale dandoorigine a una trattatistica nellaquale il recupero della teoriaantica si accompagnavaall’attenzione verso la prati -ca contemporanea. […] I ldocumento più significativa -mente rappresentativo diquesto atteggiamento è untrattato anonimo intitolatoMusica enchiriadis (dal gre -co: “manuale musicale”, for -se a imitazione del titoloScholica enchiriadis a t t r i -buito al manuale di retoricadi Chirio Consulto Fortuna -ziano) che si apre con questeparole:

Come le lettere dell’alfa-beto sono le parti elementari e indivisibilidella voce articolata, da cui sono compo-ste le sillabe, le quali a loro volta compon-gono i verbi e i sostantivi con cui si formail testo di un discorso compiuto, così lenote sono gli elementi primi della vocecantata, dalla loro combinazione sorg o n ogli intervalli e dalla combinazione di que-sti i sistemi musicali.

L’analogia tra struttura del linguaggioe struttura della musica, di probabile ori -gine pitagorica, enunciata in alcuni dialo -ghi di Platone, sviluppata da due seguacidi Aristotele, Aristosseno e Adrasto, futrasmessa al mondo latino dal commentodi Falcidio alla traduzione del Timeo pla -tonico. Riprendendo un’altra osservazione

a r i s t o s s e n i c a [ … ], l’anonimo autore rilevapoi che anche funzionamento del sistema

linguistico e funzionamentodel sistema musicale pre -sentano analogie, nel sensoche come nella lingua cosìnella musica sono validesolo alcune determinatecombinazioni degli elemen -ti costitutivi:

Non tutte le note simescolano in manieraugualmente soave e non inqualsiasi modo congiunterendono nel canto un effet-to armonioso, come le let-tere dell’alfabeto se sonocongiunte a caso spessonon si accordano nel com-

binare parole o sillabe, cosìnella musica vi sono solo certi intervalliche possono creare sinfonie: la sinfonia èinfatti il dolce suonare di differenti note traloro congiunte.

Ma la congrua combinazione dei suo -ni che per i teorici antichi era solo quellache si realizzava tra le note successivecostituenti una melodia, per il teoricomedievale è anche quella che si realizzavatra le note contemporanee di due lineemelodiche eseguite ad altezze diverse.L’autore descrive infatti varie forme diuna pratica musicale secondo cui le melo -die del repertorio liturgico venivanoaccompagnate nota per nota da una strut -tura occupante una nuova dimensionedello spazio sonoro1 0.

10 Gallo, 1991: 3-4.

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Già alla fine del IX secolo quindi – e inambito “dotto”, il canto liturgico – la musi-ca considera (o anticipa, rispettoalle altre arti) anche la “dimen-sione verticale” dei suoni comepropria e consuetudinaria. Intutta Europa da ora in poi lapolifonia liturgica, improvvisa-t a11 o meno, si diffonderà ovun-que fino a raggiungere livellidi complessità e raff i n a t e z z ainauditi con la Scuola di NotreDame nella Parigi di fine XI,inizi XII secolo (la fabbricadella cattedrale inizia nel1163)12.

La Regola di Guido

Tornando un po’ indietro, allafine del primo millennio, segni del recupe-ro del pensiero classico, riguardo alla musi-ca teorica che abbiamo già visto, si unisco-no quindi a una nuova attenzione anche neiconfronti della musica pratica. Non èimmune da questa neppure il teorico piùnoto del medioevo (e che ben conosceva ilMusica enchiriadis): Guido d’Arezzo (m.1050).

D’altra parte va anche detto che furono ifilosofi arabi a diffondere e consolidare inEuropa la distinzione netta fra musica teori-ca e musica pratica a cominciare dalla pri-

ma metà del X secolo (Al-Farabi, De ortus c i e n t i a r u m). Al riguardo, sarebbe interes-

sante indagare su quanto lacultura araba abbiainfluito sulla formazionedel pensiero occidentalemoderno (del “medioevolungo”) a cominciareproprio da filosofi comeal-Kindi (ca. 801-866) eal-Farabi (m. 950) i qualifurono precursori di unalinea di pensiero culmi-nata nell’opera di IbnSina (Avicenna, 980-1037, contemporaneo diGuido d’Arezzo) seguen-do la quale essi c r e d e v a -no che l’umana ragione,

operando secondo le regoleesposte nella logica aristotelica, potesse por -tare al raggiungimento di una veritàsuscettibile di dimostrazione13. E Guido giàera sulla strada della distinzione quandoscriveva inter musicos [i teorici] et cantores[i musicisti pratici] magna est distantia. Isti[i cantori] enim dicunt, illi [i teorici] s c i u n tquae componit musica, et qui facit quod nonsapit diffinitur bestia1 4 (sic!), ma nello stes-so tempo creava il sistema di lettura musi-cale che permette l’intonazione correttadegli intervalli: la solmisazione, “madre”del nostro solfeggio cantato.

11 Cfr. Chant and improvised poliphony, 1997: 63-138.12 Cfr. Gallo, 1991: 5.13 Hourani, 1992: 174.14 Musicae Guidonis regular rhytmicae, 1784: 25; vd. Pirrotta, 1984: 4.

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Su questo sistema tecnico non mi soff e r-m e r ò1 5: quello che mi interessa far notare ècome, all’inizio dell’XI secolo,anche i teorici della musicacomincino a mettere al centrodella loro attenzione non più(soltanto) la speculazione teori-ca, ma anche i mezzi del “faremusica”, cioè non più solo l’in-dagine sugli aspetti trascendentidella musica come specchio del-l ’Harmonia mundi, ma la ricercasugli aspetti tecnici e pratici del-l’esecuzione e dell’ormai aff e r-mato e diffuso sistema dellanotazione scritta. Proprio a Gui-do è tradizionalmente attribuito ilmerito di aver stabilizzato ilsistema della scrittura musicale“nera quadrata” su tetragrammaper il canto liturgico.

Trovatori e trovieri, cavalieri e dame

In contemporanea con l’affermarsi delleprime scuole polifoniche (S. Marziale diLimoges e la già citata Scuola di NotreDame) un altro fatto culturale irrompe nel-lo scenario europeo di inizio XII secolostravolgendone sotto molti aspetti i valori(senso della trascendenza, senso religioso,senso civico) e il linguaggio, con effetti cheneppure il Concilio di Trento più di quattrosecoli dopo riuscirà ad arginare: l’aff e r m a r-

si della lirica e della musica trobadorica (epoi trovierica), cioè il diffondersi negli

ambiti più colti di Provenza(e Catalogna), Francia eItalia (nella persona diSordello da Goito) dellapoesia cantata e non, nellelingue volgari. Dov’è inquesto fenomeno l’aspettodi “ritorno alla classicità”?Per esempio nella “semidi-vinizzazione” di CarloMagno, novello Cesare, ilsuo Sacro Romano Imperoe i suoi cavalieri, e poi nelfatto che, sempre peresemplificare, il primodocumento in occitanico(lingua d’oc, provenzale) è

un poema in lasse assonan-zate, il Boecis16 che narra romanzescamentedella vita e del martirio di Severino Boezio,lo stesso che abbiamo già citato in prece-denza, autore del De Musica e del De con -solatione Philosophiae.

Ma soprattutto l’esplodere della liricatrobadorica e trovierica afferma l’uomo,ancor più la donna, il cavaliere, la dama,l’amore nel castello e nel borgo, il deside-rio, la lontananza dell’amata/o, la satiracivile, la satira politica, la narrazione delle“prodezze” (p r o, in provenzale, significa“forte, coraggioso”, ma anche “bello, avve-nente”), le imprese dei cavalieri, come puredi borghesi (dal lat. med. b u r g e n s i s, abitan-

15 Per chi fosse interessato al sistema, cfr. Cattin, 1978: 96-99.16 Ms. 444, Bibiothèque Municipale, Orléans, cfr. Tavani, Rossi e Finazzi Agrà 1976.

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te del borgo del castello) come narrano levidas di molti trovatori17. Insomma affermal’uomo e i suoi (nuovi o eter-ni?) valori. E soprattuttoanche la dignità della donna.Anch’essa, come la Contes-sa de Dia, può poetare e tro -b a r e c h a n t a r. Eleonorad’Aquitania, nipote diGuglielmo IX e madre diRiccardo Cuor di Leone, tro-viere egli stesso, fu la primagrande protettrice e mecena-te di artisti e musicisti di cuiabbiamo notizia, forseanch’essa poetava, cantava esuonava. Come alla fine delQuattrocento faranno Isabella d’Este Gon-zaga e Lorenzo il Magnifico.

Anche se della letteratura dei trovatoriabbiamo una testimonianza “sbilanciata”fra testi poetici e musiche (circa 2600 poe-sie delle quali solo 264 musicate) ciò nondeve stupirci per diverse ragioni: la prima,più prosaica, è che il manoscritto musicaleaveva un costo di produzione altissimo( p e rgamena, amanuensi con diverse compe-tenze, miniatori, legatori); la seconda è cheaveva un significato e un valore anche sim-bolico di dono o di testimonianza di altoprestigio da conservare, sì che, conseguen-temente, la scelta di “fissare” le musiche,per la quale occorreva l’opera di uno “spe-cialista”, il notatore, era condizionata dalla

moda del tempo e dalla assolutamente arbi-traria, ma insindacabile scelta del commit-

tente; infine dal fatto che,come vedremo più avanti, eche è una costante in tutte leculture, quanto più unamelodia è nota e diffusa (eper i trovatori parliamo dimelodia pura con accompa-gnamento strumentaleimprovvisato) tanto menoc’è bisogno di ricorrere alcomplesso e specialisticometalinguaggio della nota-zione per fissarla. Chi credeche il suonatore d’org a n e t t oche Mozart udì eseguire il

suo Non più andrai farfallone amoroso p e rle strade di Praga ne abbia imparato lamelodia dalla partitura?1 8 Quest’ultima con-siderazione forse ci aiuta anche a compren-dere quanto le nostre discipline storiche –per la loro stessa impostazione ed evoluzio-ne dal XIX secolo in poi – basandosi solosulle testimonianze scritte, possano averdescritto gli eventi della cultura europea dauna prospettiva limitata, quando non addi-rittura falsata.

Tornando al problema posto dal titolodato alle presenti riflessioni e proseguendoil nostro excursus, già con i trovatori, all’i-nizio del XIII secolo possiamo individuareuna caratteristica “curiosa” che nasce e cre-scerà nei secoli a seguire. La presenza cioè,

17 Le vidas, biografie romanzate dei trovatori annesse ai canzonieri contenenti le loro opere; in que-sto caso ci sono utili a stabilire la condizione sociale degli autori, pur non essendo totalmente attendibili.18 […] Perché non si parla d’altro che di F i g a r o, non si suona, non si intona, non si canta e non sifischietta altro che Figaro. Lettera di Mozart a Gottfried von Jacquin da Prega, cit. in Casini 1990.

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nella tradizione scritta, di opere poetiche emusicali profane e amorose come unicolascito di autori noti a noi nonsolo per questo, ma anche peressere stati degli ecclesiastici. Èil caso di Folchetto da Marsiglia( 1150-1231), citato da Dantenel De vulgari eloquentia e nelParadiso (IX, vv. 82-142), chefu uno dei più famosi trovatori,del quale conosciamo 27 com-ponimenti amorosi, ma che vis-se come vescovo di Tolosa dal1205. Lo stesso accadrà alla maggior partedei compositori a noi noti, fino al Quattro-cento: nell’Ars Nova francese i più grandi,Philippe de Vitry e Guillaume de Machautfurono l’uno vescovo di Meaux e l’altrocanonico di Reims; nell’Ars Nova italiana,Bartolino da Padova (frater carmelitus) ,Lorenzo Masini (cappellano di S. Lorenzo aFirenze), Francesco Landini1 9 (canonico eo rganista nella stessa chiesa), Gherardello,Nicolò del Preposto furono tutti ecclesiasti-ci. E ci hanno lasciato quasi esclusivamen-te bellissime canzoni d’amore!

Un’arte nuova, ricca di classica huma-nitas

Proprio questo è uno degli elementi,apparentemente contraddittori al nostrosguardo, rispetto ai quali la storia della

musica ci può aiutare a capire l’evoluzionedella società europea dalla fine del XII alla

fine del XIV secolo: il fenome-no dell’appropriazione escambio tra le classi (del con-tado, del castello, della chiesa,della città) di attività artisti-che, anzitutto la musica2 0. Maprima un esempio extramusi-cale noto a tutti: chi non siricorda l’immagine di Giottobambino intento a ritrarre su

una pietra una delle pecore chebadava? Che carriera, quella del pastorellodi Vicchio! E, per divagare ancora sul tema,sarebbe davvero assurdo affermare che (nel1305!) le sue zoccolature monocrome infinto marmo della cappella Scrovegni, conquelle vesti che debordano dalle cornici,oltre al nuovo uso della prospettiva, sono(per usare un ossimoro) un “riassunto anzi-tempo” dei canoni della pittura (e architet-tura) del cosiddetto Rinascimento?

Attraverso l’arabesco e il trompe l’oeilgli artisti del XIV secolo raggiungevanol’espressione – nel senso più lato del ter-mine – del mondo cortese, e nel contempoliberavano la creazione artistica dal sacro,portandola a poco a poco a misura del-l’uomo. È questo l’essenziale: l’arte nuo-va non si rivolge più agli ecclesiastici, maall’uomo, anche se egli svolge una funzio-ne religiosa. Quando Giotto comincia anarrare la vita di Cristo, decide di farneuno spettacolo, collocato su un autentico

19 Cfr. Fusi, 1984: 265-267.20 Knepler, 1989: 27-40.

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palcoscenico e in uno scenario simbolico.La sua arte non è più realistica di quelladelle cattedrali, e tuttavia l’uni-verso che egli propone non èpiù sovrannaturale e simbo-lico, ma diventa l’universodell’uomo, in cui si svolgeuna storia vissuta, una storiaumana, il dramma dell’uomoGesù e della donna Maria21.

Siamo al tempo dellaC o m m e d i a di Dante2 2, com-pendio poetico della classicità, ma soprat-tutto dell’umano attraverso l’uso del simbo-lico e del trascendente. Opera talmente“musicale” in sé da aver fatto pensare aglistudiosi che non avesse alcun riferimentoalla musica pratica. Oggi è più realisticocredere, invece, che Dante amasse e cono-scesse la musica, quella vera, quella che sisuona e si canta. Nel De vulgari eloquentia(II, iv) egli definisce la poesia fictio retori -ca musicaque poita. Come già Nino Pirrottaaveva suggerito2 3, credo che, il m u s i c a q u ep o i t a, vada inteso – secondo la tradizioneche discende dalla poesia trobadorica e tro-vierica da Dante ben conosciuta e della qua-le sappiamo che il rapporto fra testi poeticisenza musica e testi musicati è di circa die-ci a uno per i primi e di tre a uno per isecondi – come “eventualmente rivestita

anche di musica”. Boccaccio del resto, nelTrattatello in laude di Dante, la prima bio-

grafia dantesca, ci dice che e g l isommamente si dilettò in suoni ecanti nella sua giovinezza e aciascuno che a quei tempi eraottimo cantore o suonatore, fuamico ed assai cose da questodiletto tirato compose le quali dipiacevole e maestrevole nota aquesti cotali facea rivestire. Laprova ce la fornisce Dante stesso

nel suo sonetto caudato Se Lippo amico se’ -tu che mi leggi (Rime, XLVIII), nel quale ilpoeta raccomanda a Lippo Pasci de’Bardi –l’amico musicista che G. Gorni identificacon il Lapo del notissimo Guido io vorreiche tu e Lapo ed io – di rivestire musical-mente la sua composizione successiva L omio servente core (Rime, XLIX)24.

Nella stessa epoca è in piena fioritura,nell’Italia centrale, un altro importantefenomeno nel quale la musica assume unnotevole ruolo come prova dell’appropria-zione intrasociale dei valori e degli usi civi-li, culturali e religiosi: la nascita delle con-fraternite laiche dei Laudesi e la diff u s i o n edel canto delle laudi, componimenti poeti-co-musicali di argomento religioso e devo-zionale, monodici, opera non di ecclesiasti-ci, ma di laici, eseguiti (per statuto2 5) come

21 Duby, 1981: 271.22 Vd. Cresti, 2004: 165-167.23 Pirrotta, 1984: 20-51.24 Cfr. AA.VV., 2005: 117-125.25 Cfr. Fusi, 1981: 21-33.

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rito comunitario dai cittadini aderenti allaconfraternita, al di fuori della liturgia. Laprima confraternita della quale si ha notizianacque a Siena nel1 2 6 72 6 e da allora, fraToscana, Umbria edEmilia la lauda si dif-fuse tanto che, graziealle disponibilità eco-nomiche di alcuneconfraternite, potéa s s u rgere agli “onori”della musica scritta. Icodici principali sonodue: il ms. 91 dellaBiblioteca Comunaledi Cortona (c. a n t e1297) e il Banco Rari18 della Bibl. Naz. diFirenze (1310/1330-40). Nel secondo,ornato da splendide miniature (vd. foto),oltre a 97 laudi, nella prima sezione, sonopresenti anche due quaderni contenenti bra-ni liturgici in latino (sequenze) monodici epolifonici.

Dunque fra Duecento e Trecento l’inte-razione e l’interscambio fra sacro e profano,in musica e poesia, continua e si arricchiscedi nuove forme e procedimenti. Le formemonodiche, nate dal canto liturgico (il can -tus planus) privo di accompagnamento edeseguito in ritmo libero declamatorio, daitrovatori (fine XII sec.) ai laudesi (fine XIIIsec.) e agli autori di ballate a una voce del

’300 e oltre, si arricchiscono attraverso l’u-so delle lingue volgari, dei valori cortesi ecavallereschi (dall’“amor cortese” allo Stil

novo e oltre) nellapoesia, e, attraversol’uso dell’accompa-gnamento strumentaleestemporaneo improv-visato da professioni-sti, di nuove possibili-tà espressive nellamusica (le prime fontidi musica strumentalesono della secondametà del XIII sec.). Leforme polifoniche,nate anch’esse (all’ini-zio in forma improvvi-sata) per la liturgia neimonasteri e nelle cat-

tedrali, prima si molti-plicarono attraverso composizioni di nuovaconcezione come il c o n d u c t u s e la c l a u s u l a(la prima di invenzione melodica totalmen-te nuova con andamento sillabico, la secon-da, più contrappuntistica, composta su unamelodia liturgica preesistente posta allavoce più bassa, il tenor). Poi “trasferirono”i loro procedimenti compositivi all’ambitoprofano, e nacquero così, dal sec. XIII inpoi, le forme del mottetto, del r o n d e a u x, delv i r e l a i (anche monodico) e della b a l l a d e c o ntesti profani, morali, politici e soprattuttoamorosi. È l’epoca delle cosiddette A r sAntiqua (XIII sec.) e Ars Nova (XIV sec.),

26 Cfr. Varanini, G. (1972) Laude dugentesche, Editrice Antenore, Padova, pp. XVI e sgg.

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dal titolo di un trattato attribuito a P. deVi t r y, ma più probabilmente opera di suoiallievi dell’Università di Parigi, che neappuntarono lelezioni sul sistemamensurale intornoal 1320.

Poca musica scrit -ta, tanta musicache suona

Anche in questaapparente opposi-zione per moltotempo si è voluta vedere una soluzione dicontinuità che non c’è mai stata. Il v e t u s e iln o v u s d i fferiscono soltanto per lo stadioevolutivo della teoria e pratica della nota-zione mensurale, esigenza della polifonia(più voci devono andare insieme o contro eritrovarsi puntuali ad ogni appuntamento)che, partendo dagli inizi del XIII secoloaggiunge nuovi mezzi di definizione dellascansione ritmica e del tempo finché, con lateoria di Vitry, non si stabiliranno i principie i metodi di scrittura della durata dei suoniche, con poche variazioni e via via semprepiù semplificata, rimarrà nella sostanzauguale fino al Novecento.

Come abbiamo già visto in precedenza,dunque, gli ecclesiastici compositoripotranno lasciarci anche soltanto testimo-nianze di musiche profane e i laici solomusiche devozionali o, come accadrà nel’400 e nel ’500 – da G. Dufay (1400 ca.-1474) a Palestrina (1525-1594) – ambeduei generi, senza alcuno scandalo. Durante il

Trecento sono più frequenti, nelle fontiscritte, i primi due casi. Ma non esiste solola musica scritta, anzi, dovremmo dire per

onestà che lamusica scritta,come musica chesuona non esiste eche solo la musicache suona esiste.E allora qual erala musica che piùsi cantava e suo-nava in Europadall’XI secolo inpoi? Proprio altempo di Dante,

Petrarca e Boccaccio, risalgono le primeprove ex silentio che la polifonia colta escritta non era che un fenomeno limitato efortissimamente elitario rispetto alla totali-tà delle esecuzioni di canti e musiche profa-ne e non delle quali risuonavano i castelli, icomuni, le città. Già la monodia liturg i c acristiana era stata di tradizione orale fino alIX secolo ed era il canto (professionistico)più elevato, eppure inventa la notazionemusicale (la notazione neumatica) solo aseguito della “rinascita carolingia”, quandocioè la Chiesa di Roma decide di riunifica-re in uno solo (more romano) tutti i riti e lel i t u rgie regionali, con i rispettivi canti, spar-si per l’Europa (dei quali il rito romanoantico faceva parte al pari dei più diff u s igallicano e mozarabico).

In epoca trovadorica, lo sbilanciamentonumerico fra testi poetici e testi musicati ciindica una pratica diffusa di esecuzionemusicale “a mente”, improvvisata, dellemelodie e dell’accompagnamento sulle poe-

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sie. Questa pratica non si è mai interrottaprobabilmente lungo tutta la storia dell’uo-mo27: basti pensare che nonostante il valoresociale, paideutico e comunita-rio della musica testimonia-toci da Platone e A r i s t o t e l e ,la notazione musicale inGrecia appare sporadica-mente solo nel IV sec. a.C2 8.Ma sarà proprio nel ’300,come ho già detto, che Dan-te, Petrarca e Boccaccio cidaranno indicazioni precisedi una diffusissima praticamusicale che è difficile defi-nire “popolare”, a meno chenon si accolga, come forse è giusto, l’as-sunto di John Blacking2 9 secondo il qualetutta la musica è popolare poiché, senzaessere accettata dalla propria società non havalore nella contemporaneità e non restanella storia.

Di Dante, abbiamo già detto; Boccaccio,oltre alla testimonianza già citata, ci lascianel D e c a m e r o n (comp. 1349-1353) una bal-lata a chiusura di ogni giornata, cita varii n c i p i t di canzoni da ballo e ci dà ancheindicazioni sulle musiche strumentali e sul-la prassi esecutiva, ma di tutto ciò non cisono rimaste testimonianze musicali scritte.Dei suoi testi poetici solo due madrigali(Come in sul fonte e O giustizia regina) euna ballata (Non so qual’i’ mi voglia) sono

giunti a noi rivestiti della musica di duegrandi autori dell’Ars Nova f i o r e n t i n a :Nicolò del Preposto e Lorenzo Masini30. Le

due forme sono,rispettivamente lapiù “elevata” e lapiù “bassa” delperiodo, sia poeti-camente sia musi-calmente. Ovverocosì sono state con-siderate dalla sto-riografia uff i c i a l esolo per il fatto chela prima è più com-plessa (due o tre

voci) e la seconda più semplice contrappun-tisticamente e spesso a una sola voce.

La musica si “traveste”

In ogni caso il fatto interessante è piut-tosto che in quest’epoca i compositori “col-ti” assumono gli stilemi della musica di tra-dizione orale e la “elevano” alla “dignità”della tradizione scritta, a riprova che le pra-tiche musicali non scritte non erano aff a t t o“popolari”, seppur popolarissime nel sensodell’integrazione e diffusione sociale. Lapratica dello scambio intrasociale dei modidi fare musica, comunque, non solo non ènuova, dal momento che nasce nel ’200 e

27 Cfr. Blacking, 1986.28 Cfr. Comotti 1991.29 Cfr. Blacking 1986.30 Cfr. Fusi, 1984: 566-567.

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continuerà fino al ’500 e in ambito popola-re o popolaresco fino ai giorni nostri. Ma,per di più, si spinge fino al travesti-mento con testi profani di musichel i t u rgiche o paraliturgiche (V e r -bum bonum et suave d i v e n t a ,ad opera dei goliardi, Vinumbonum et suave) e di musi-che e canti profani che assu-mono testi devozionali oaddirittura liturgici: dalle for-me ballatistiche che diventanolaudi, sì che Quant’è bella gio -vinezza che si fugge tuttavia d e lMagnifico Lorenzo diviene Q u a n t ’ ègrande la bellezza di te Vergin santa e pia3 1,fino a giungere all’uso di comporre messepolifoniche su di un tenor profano, come lacanzonetta L’homme armée che fu usata conquesta funzione da una miriade di musicisti,da Dufay (’400) a Palestrina (tardo ’500).L’uso del c o n t r a f a c t u m (questo è il nomedel procedimento in gergo musicologico)fra Quattro e Cinquecento farà anche ameno della notazione musicale, basterà chea un testo poetico venga aggiunta la frase:cantasi come… e l’i n c i p i t di un brano altempo notissimo.

Di questo repertorio le testimonianzemusicali delle composizioni originali giun-te a noi sono pressoché nulle, a riprovaancora una volta del fatto che i brani piùeseguiti in quei tempi, per lo più monodicicon accompagnamento improvvisato, nonera necessario che fossero fissati in notazio-

ne. Come era avvenuto per Casella, Sco-chetto e Lippo, i musici dell’epoca di Dan-

te, per Dante stesso e per Boc-caccio (salvo le eccezioni

dette), anche delle proba-bili musiche con le qualierano rivestiti almenoalcuni dei testi dei poe-ti a loro contemporaneio di poco successivi,non furono mai (salvo

nuove scoperte) messeper scritto. Franco Sac-

chetti (1332 ca.-1400) rap-presenta di questa realtà la più

forte prova e contrario, perché, ordinando dipropria mano le sue poesie, annotò anche inomi dei compositori che le musicarono.Nel suo autografo ben 34 suoi componi-menti (madrigali, cacce, ballate) portanol’indicazione che essi furono intonati daipiù famosi musicisti dell’Ars Nova f i o r e n-tina, Lorenzo Masini, Francesco Landini,Nicolò del Preposto da Perugia e il francesefra’ Guglielmo. Dodici di questi sono giun-ti a noi completi di notazione nei principalicodici dell’epoca32.

Francesco Petrarca, poeta-musicista

Francesco Petrarca, invece, è descrittocome poeta-musicista a cominciare dal suoamico Boccaccio e poi per i due secoli suc-cessivi da cronachisti, letterati e teorici, fino

31 Cfr. Rubsamen, 1968: 163-184.32 Vd. Fusi, 1984a: 520-521.

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al ’500 e oltre. Le testimonianze sui suoirapporti con la musica sono numerose:innanzitutto la sua amicizia con Philippe deVi t r y, il “padre” dell’Ars Nova f r a n c e s e ,con Jacopo da Bologna, il più impor-tante compositore dell’Ars Nova i t a-liana del nord (Francesco Landini3 3

lo sarà per quella fiorentina) e conLodovico di Beeringen, sopranno-minato Socrate, cantore e cappellano delcardinale Giovanni Colonna. Deicompositori dell’epoca solo Jaco-po da Bologna sarà il composito-re del ’300 che musicherà untesto petrarchesco, il madrigaleNon al suo amante più Dianap i a c q u e (C a n z o n i e r e, LII), unodegli unici quattro che Petrarcaammise nel suo canzoniere, ma daiquali, come sostiene N. Pirrotta, d i p e s eanche in non piccola misura la nuova ediversa fortuna del madrigale nel ’5 0 0 .Petrarca associò dunque all’interesse per lalirica monodica, che più ornatamente conti -nuava nel ’300, le tradizioni trovadoriche,anche quello per la polifonia, diletto musi -

cale di cerchie ristrette di chierici e di dotti.È possibile che abbia scritto altri madrigalioltre a quelli inclusi nel C a n z o n i e r e, così

come vi sono ben quattro ballate tra ipoco più di venti poemi individuati

come sue rime disperse (tre diesse dedicate al musico Conforti -no), mentre se ne contano soltan -

to sette tra i 356 componimentidel canzoniere. Posso servirmi, una

volta tanto, del rilievo statisticoper documentare l’atteggiamen -to del poeta, il quale, anche ariguardo dei suoi interessimusicali compose di sé unaimmagine aulica e letteraria

che non lascia scorgere intera lapiù varia apertura dell’uomo nel -

la vita reale34.Nel rapporto poesia-musica, quin-

di anche per lui la sorte non sembra esse-re molto diversa da quella di Dante e diBoccaccio, ma, a differenza dei due, la for-tuna di Petrarca poeta e musico non verràmeno nella storia della musica dei secolisuccessivi, né egli stesso sfuggirà alla

33 È interessante notare, a proposito dei concetti convenzionali di Umanesimo e Rinascimento, comeanche Landini, semplice organista e cappellano in S. Lorenzo a Firenze, oltre a ciò che abbiamo detto riguar-do alla musica, sia stato famoso per la sua cultura che dovremmo (accettando la convenzione) definire “uma-nistico-rinascimentale”. Scrisse infatti un poemetto latino in lode della logica di Guglielmo d’Occam (già,proprio lui, il francescano iniziatore della “via moderna” e inventore del “rasoio”, base della scienza!). Untrentennio dopo la sua morte Giovanni Gherardi da Prato (1367-1445 ca.) nel suo Paradiso degli Alberti(post 1426) lo descrive così: Fioriva ancora in quel tempo Francesco degli Organi musico teorico e pratico,mirabil cosa a ridire il quale […] in ogni parte più astratta mostrava le sottilissime proporzioni de’ suoimusicabili numeri e con tanta dolcezza col suo organo praticava ch’è cosa non credibile pure a udilla; e nonistante questo, egli con ogni artista e filosofo gìo disputando non tanto della musica, ma in tutte le arti libe -rali, perché di tutte quelle in buona parte erudito si n’era.34 Pirrotta, 1978 vol. IV: 16.

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descrizione di ciò che forse realmente fu.Già Filippo Villani, nel suo Liber de civita -tis Florentiae et eiusdem famosis civibus(1382/96), scrive dilui che cantò mira -bilmente sulla lira[…] fu di vocesonora, dolce e soa -v e3 5. La “lira” cita-ta è il liuto, stru-mento del qualePetrarca possedevaalcuni esemplari, ilmigliore dei qualilasciò in eredità almusico venetoTomaso Bambasio. È pensabile che nefacesse solo collezione, o non forse è piùrazionale credere che li sapesse usare e liusasse per accompagnarsi nel canto? Neltrattato enciclopedico De Cardinalatu d iPaolo Cortese, edito nel 1510, ma secondoN. Pirrotta redatto molto prima, oltre all’e-logio di Josquin des Prés (convenzional-mente uno dei “Maestri” del Rinascimeto)come compositore di musica sacra, l’autoreriserva il posto d’onore alla musica profana,rappresentata non dalle composizioni poli -foniche su testi francesi o italiani di Josquin,ma dalle musiche dei cantori a liuto, primitra essi Petrarca (presunto iniziatore delgenere) e Serafino Aquilano [1466-1500]36.

Dunque la maggior parte della musicacreata ed eseguita dal XII al XVI secolo,

attraverso vari scambi tra le classi sociali,era per lo più monodica e variamenteaccompagnata da strumenti a seconda delle

occasioni. Ciò nondeve però indurcia pensare, comeha fatto una certamusicologia ormaisuperata, che l’e-strema raff i n a t e z-za tecnica (e poeti-ca) della polifoniadi quegli stessisecoli fosse soloun esercizio intel-

lettuale di abilitàcompositiva, a prescindere dall’esecuzionemusicale concreta. Già il trattato che descri-ve l’attività di Leonino e Perotino, i maestridella “Scuola di Notre Dame” (secc. XII-XIII), noto come Anonimo IV3 7 ci dice chegli organa dei due autori, cioè la trasforma-zione polifonica dei canti della liturg i a ,furono da essi composti pro servitio divino,cioè che venivano effettivamente eseguitidurante le messe. Nel 1360 circa, poi, G. deMachaut in prima persona ci dice, nell’in-viare un suo r o n d e a u x alla sua giovane cor-rispondente e amante Peronelle d’Armen-tières: erano sette anni che non facevo cosasì buona e dolce a udire e più avanti aggiun-ge: non sono abituato a mandare in girocosa da me fatta se prima non l’ho udita.Quindi, pur rara e raffinatissima, anche la

35 Orselli, 1984: 668.36 Pirrotta 1966.37 Trattato anonimo n. 4, 1963.

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polifonia veniva sempre eseguita. Lo stessoavverrà per i madrigali, le cacce e le ballatedel Trecento italiano e per lapolifonia sia sacra che pro-fana degli autori franco-b o rgogni e franco fiammi-ghi e poi italiani per tutto ilQuattrocento e Cinquecen-to. G. Dufay (c. 1400-1474)– il primo dei molti musici-sti franco-borgognoni primae franco-fiamminghi poiche ebbero una carriera“internazionale” con un’im-portante presenza anchepresso le corti italiane – futra i responsabili del perpe-tuarsi dell’importanza dellapoesia petrarchesca, musi-cando mirabilmente la canzone V e r g e n eb e l l a, l’ultima del C a n z o n i e r e. Proprio dal-le opere e dalla fama di Dufay muove, inItalia, la scelta di fissare per scritto quasiesclusivamente polifonie d’origine oltre-montana sacra e celebrativa (messe e mot-tetti, in latino), ma anche profana (c h a n -s o n s). Per l’inaugurazione di S. Maria delFiore, il capolavoro del Brunelleschi, nel1436 egli scrisse e fece eseguire il suo mot-tetto Nuper rosarum flores38.

E la musica italiana? Ebbene, seppuremolte testimonianze ci confermino il per-manere di una diffusa tradizione musicalenelle corti più importanti, come abbiamovisto per il periodo precedente, dal momen-to che essa, dopo l’Ars Nova, si esegue

soprattutto in forma di monodia accompa-gnata , come in passato, i manoscritti (anco-

ra costosi) con notazionesemplicemente non siredigono. Le corti diIsabella d’Este-Gonzagaa Mantova, di Lorenzoil Magnifico a Firenze,di Ercole d’Este a Ferra-ra, di Ascanio Sforza aMilano risuonano ognigiorno di musiche italia-ne: di esse ci sono rima-sti molti testi, i nomi dimolti famosi autori, mapochissime note musi-cali scritte.

La rivoluzione di Ottaviano Petrucci

L’“onore” della notazione viene dunqueriservato solo alle opere polifoniche dellevarie cappelle di corte. Mentre è una rivolu-zione tecnologica a riportare la musica pro-fana italiana nella tradizione della musicascritta: l’invenzione della stampa musicale.Ne è artefice il fossombronese OttavianoPetrucci, il quale, trasferitosi a Ve n e z i aintorno al 1490, ottiene il privilegio di stam-pa dalla Signoria di Venezia nel 1498 e nel1501 pubblica l’Harmonice Musices Odhe -caton A, una raccolta di chansons polifoni-che francesi. Nel 1502 pubblica i Canti B enel 1504 i Canti C, raccolte dello stessogenere della prima. Nello stesso anno

38 Cfr. Gallico 1991.

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Petrucci dà inizio alla stampa di musicaprofana italiana con i primi tre libri di F r o t -t o l e, ai quali fino al 1513 seguiranno altriotto libri. In essi sono presenti tutte quelleforme poetico-musicali (frottole, barzellet-te, strambotti, ode,capitoli, sonetti, canzo-ni) che costituiscono la“letteratura frottolisti-ca”. Senza entrare indettagli tecnici, bastisapere che si tratta diforme strofiche (ad es.la frottola propriamen-te detta è una ballata inottonari a cadenza tro-caica con ripresa [ritor-nello] prevalentementedi quattro versi e un numero variabile distanze [strofe] di sei/otto versi) per lo piùritornellate; come le sequenze, le cantigas,le laudi e le ballate dei secoli precedenti, aquattro voci (più raramente a tre), che pre-sentano una voce superiore (il c a n t u s) allaquale è sottoposto il testo poetico, e tre vociinferiori (l’altus, il tenor e il bassus) senzatesto che procedono con andamento accor-dale. È finalmente la testimonianza scrittadell’uso secolare del canto accompagnatoda uno strumento polivoco. La funzione diquesto repertorio è varia: intermedio dicommedia, canto carnascialesco, canzoned’amore, carme politico o morale, riflessio-ne interiore, canto poetico-allegorico, can-zone satirica. L’amore è, come da tradizio-ne, il soggetto più diffuso. I testi poeticisono frequentemente composti sui concettidi “ben servire”, “sequitare” e perpetuano it o p o i amorosi che, dai trovatori, allo stil

novo verranno nuovamente esaltati nel pri-mo Cinquecento dal petrarchismo di Bem-bo e Sannazzaro.

Rispetto alla complessità del contrap-punto di matrice franco-fiamminga, le frot-

tole sembranoquasi rudimen-tali, nella lorop o p o l a r e s c as e m p l i c i t à ,eppure il generefu praticatoanche dai piùimportanti com-positori oltre-montani cheoperavano a

quel tempo nellecorti italiane. Due su tutti: Josquin des Près(ca. 1450-1521, El Grillo è bon cantore) ,maestro alla corte di Ascanio Sforza, edHenricus Isaac (ca. 1550-1517) (Palle palle,dedicato ai Medici il cui stemma era appun-to composto da sei sfere) che lavorava aFirenze alla corte di Lorenzo il Magnifico eper la morte del quale compose il mottettoQuis dabit capiti meo aquam (il testo è unsalmo di Isaia). Isaac morì a Firenze ed èsepolto in Santa Maria de’ Servi.

Comunque la maggior parte dei frottoli-sti furono italiani. I più famosi furono: Bar-tolomeo Tromboncino, Marco Cara, Miche-le Pesenti e Jacopo da Fogliano. Le loroopere sono sparse in tutte le maggiori rac-colte manoscritte e a stampa (Petrucci, A .Antico, Sambonetto) dell’epoca frottolisti-ca. È probabile che la “semplicità” delrepertorio della frottola, oltre a decretarne ilsuccesso presso le maggiori corti dell’Italia

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del nord e del centro e la grande diff u s i o n egrazie alla stampa musicale (riproducibile emolto più economica del manoscritto), siasintomo del raggiungimentodell’“età adulta” della mono-dia accompagnata. L’ a n d a-mento accordale delle vociinferiori riproduce, a partiseparate, la pratica, venutadalla Spagna nel secolo pre-cedente, ma di origine moltoprobabilmente afro-araba, disuonare il liuto, la vihuela demano (simile alla chitarra) epoi la chitarra spagnola (nona caso a quattro corde) nonper linee melodiche, ma pernote simultanee, che noi oggichiamiamo accordi, nell’ac-compagnamento di danze ecanti. Questo stile e questa pratica porteran-no, alla fine del Cinquecento, alla creazionedella tecnica del basso continuo e allo stilerecitativo degli ultimi madrigali montever-diani e del neonato melodramma. La sem-plice accordalità delle frottole suggerì aPetrucci l’idea di stampare anche il primoLibro di intavolatura per liuto che cono-sciamo. L’intavolatura è un sistema di nota-zione nel quale, al posto del pentagramma edelle note sono raffigurate la tastiera e lecorde dello strumento, con le diteggiatureda eseguire per suonare la composizione.Da allora il metodo delle intavolature, perstrumenti a pizzico e per strumenti a tastie-ra non verrà più abbandonato fino ai nostrigiorni, affiancandosi alla scrittura tradizio-nale. Dal 1520 la “moda” frottolistica siesaurisce e nell’arco di un decennio sarà

sostituita da un nuovo genere profano, poe-ticamente influenzato (anche nel nome) dalpetrarchismo, puramente vocale senza

intervento alcuno di stru-menti, a cinque o piùvoci, più contrappuntisti-co, anche se la baseomoritmica (il paralleli-smo, la verticalità delleparti) non verrà piùabbandonata: il madriga-le. Il genere, a parte ilnome, non ha nulla a chevedere, strutturalmente,col suo omonimo arsno-vistico del Tr e c e n t o .Quest’ultimo era unaforma poetico-musicalestrofica formata da due o

più terzine a rima alternatae da una coppia strofica di chiusa a rimabaciata musicata con una sezione A per leterzine e una sezione B (forse ritornellata)per il distico finale; il madrigale del ’500,al contrario, è un genere a-strofico (salvopochissime eccezioni degli inizi) cioè com-posto non a sezioni, ma secondo il princi-pio del d u r c h k o m p o n i e r t – vale a dire, nel-la stesura musicale, dall’inizio alla fine –,su poesie di qualsiasi forma: sonetti, can-zoni, ottave, madrigali, canzonette, terzinedantesche, etc.

Tuttavia anche i nomi contano e sonosegno non di una rottura, ma di una volutaideale continuità. È l’epoca di Marenzio, diPalestrina, di Gesualdo e di Monteverdi.Con gli ultimi due, la storia continua nelSeicento musicale.

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Didascalie alle figure:

Pag. 90: G. de Machaut, Le voir dit, miniatura dal ms. autografo.

Pag. 91: Uno dei rari autografi di G.P. da Palestrina, cod. 59.

Pag. 92: Ms Pluteo 29, I, Bibl. Med. Laurenziana, Firenze, (1250 c.), fol. IV ( f r o n t e s p i z i o ) .

Pag. 93: La cosiddetta mano guidoniana, invenzione tarda dei teorici per insegnare la sol-misazione (da un ms. del XV secolo, Mantova).

Pag. 94: Guglielmo IX, Duca d’Aquitania, il primo trovatore.

Pag. 95: Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova.

Pag. 96: Lauda Alta trinità beata, ms. B.R. 18, B.N., Firenze, con angeli musicanti, iniziX I V s e c .

Pag. 97: Carlo Magno, incoronato imperatore da papa Leone III, miniatura francese, ms.Bibl. Munic., Castres, sec. XIV.

Pag. 98: I Carmina Burana, gli irriverenti canti dei goliardi o clerici vagantes, raccolti nelCodex Latinus Monacensis, Bayerisches StaatsBibliothek, München, miniatura: La Ruo -ta della Fortuna.

Pag. 99: Francesco Landini (Fiesole 1330 ca.-Firenze 1397) ritratto nella lettera inizialedel suo madrigale Musica son che mi dolgo piangendo, Ms. Pal. 87, (c.1420), Bibl. Naz.,F i r e n z e .

Pag. 100: Francesco Petrarca incontra Laura a Valchiusa, miniatura del ms. che contieneil C a n z o n i e r e e i T r i o n f i ( X V sec.), carta 1.

Pag. 101: Frontespizio dei Canti A, Ottaviano Petrucci, Venezia 1501, la prima raccoltamusicale a stampa.

Pag. 102: Josquin Des Pres.

Pag. 103: Logo di Ottaviano Petrucci, O(ctavianus) P(etruccii) F(ossombronensis), 1501.

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• 106 •La rinascita dell’Humanitas

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La favola racconta l’iniziazione di Amore e Psiche, un lungocammino che dalle nozze funebri, in cui dominano la cecità e ladesolazione, e attraverso il dolore di Psiche, raggiunge le lumi-nose nozze olimpiche e la nascita di una figlia, Voluttà. Il commento di Rafael López-Pedraza, che segue passo dopo passo l’evoluzione delle vicende, si conclude ricordan-do che all’inizio del racconto Venere offriva, quale ricompensa a chi avesse catturatoPsiche e gliel’avesse consegnata, sette baci dalla sua stessa bocca, più uno, come mielepuro, con la punta della lingua; ma che gli Ellenisti attribuivano la scoperta del bacioproprio ad Amore e Psiche, un bacio erotico, molto divers da quello di Venere, perchécommuove il corpo emozionalmente. Sembra che questo bacio avvenga con maturatalentezza tramite l’apprendimento del dolore, e mai nella frenesia giovanile. La sua natu-ra è rara e preziosa come quella di Voluttà, il frutto dell’unione di Amore e Psiche: figliadi un vivere psichico erotico, Voluttà è un dono supremo che sarebbe riduttivo chiamare“piacere”, perché rivela piuttosto l’ineffabile, e ci avvicina al carattere misterioso emistico di questa iniziazione di cui la favola conserva le oscure tracce.

Segnalazioni editoriali

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RAFAEL LÓPEZ-PEDRAZASu Amore e Psiche. Una favola per l’anima.A cura di M. Gasparini Lagrange; postfazione di M.F. Palacios;traduzione di G. DelvecchioMoretti & Vitali, Amore e Psiche, collana diretta da F. Donfrancesco, C. Stroppa e M. TibaldiBergamo, 2005, pp. 126, € 12,00

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Neil Russack ci presenta il mondo animale con la stupefacentetavolozza della sensazione, i colori, la pelle, le movenze deglianimali, ma anche gli odori e le sensazioni tattili che provocano.Ne risulta un libro ricco di sentimento, dove il materiale “dotto”

s’intreccia con i resoconti clinici, i sogni e i disegni dei pazienti. Un tessuto vivace evariopinto, un tappeto volante che aiuta il lettore a scoprire una sorta di magia sottesaalle nostre esperienze più quotidiane

Il libro riprende il tema trattato ne Il codice dell’anima d iJames Hillman, che intendeva reintrodurre nella psicologia lanozione antica del d a i m o n, personificazione del destino chesovraintende al corso della vita dell’individuo, nozione trascu-rata, ma ancora valida, per proporne un approfondimento.

Un riferimento privilegiato viene fatto a Schopenhauer, che a quel tema aveva dedica-to un suggestivo saggio.Il discorso è strutturato secondo una scansione paradigmatica di fasi di comprensionedel significato attribuibile alla propria situazione esistenziale, che dovrebbe condurre apartire dalla primitiva accettazione ingenua, passando attraverso un momento di rot-tura, alla riconciliazione con la realtà.La proposta dell’autore ha come presupposto la perdita di senso, quale malattia del-l’anima, che affligge l’uomo nel presente stato della civiltà occidentale,Nella attuale voga del philosophical counseling forse ci si può attendere qualche salutarestimolo di riflessioone anche da un filosofo. E proprio da un filosofo come Schopen-h a u e r, interpretato da un punto di vista diverso da quello comunemente adottato.

SEGNALAZIONI EDITORIALI• 108 •

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ADRIANO LANZAIl dèmone toccatoci in sorteMoretti & Vitali, Amore e Psiche, collana diretta da F. Donfrancesco, C. Stroppa e M. TibaldiBergamo, 2006, pp. 147, € 14,00

NEIL RUSSACKAnimali guida. Nella vita, nel mito, nel sogno.Traduzione e cura di Luciano Perez; introduzione di AndrewSamuelsMoretti & Vitali, Il tridente Saggi, collana a cura di E. Pattis e C.StroppaBergamo, 2003, pp. 242, € 16,00

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La filosofia deve crearsi uno sguardo nuovo davanti al fatto vitale [ … ].Altrimenti la filosofia è già fatta: essa sarà dogmatica, affermando l’u -nità dell’essere, oppure scettica, in presenza dei poveri risultati delmetodo. Georges Canguilhem

La filosofia non ha niente a che fare con l’accettazione, con la realizzazione della conduzioneumana. Essa deve superarla.Gilles Deleuze

Qual è il rapporto che intercorre tra il pensiero e la vita? È possibile rendere contorazionalmente del fatto vitale e contemporaneamente radicare il pensiero troppo uma-no, ma senza ricadere in un vitalismo irrazionalista oppure metafisico? Il presente volu-me, raccogliendo i commenti dell’Evoluzione creatrice elaborati da due tra i più impor-tanti filosofi francesi del 1900, cerca di fornire le coordinate per una nuova posizionedel problema. Questi testi, appartenenti a due diverse congiunture filosofiche, costitui-scono una preziosa chiave di lettura del terzo capitolo dell’Evoluzione cre a t r i c e, I lsignificato della vita, cuore della filosofia bergsoniana e momento fondatore di un sin-golare sguardo verso la vita nel panorama filosofico del secolo scorso.

GILLES DELEUZE, GEORGES CANGUILHEMIl significato della vitaA cura di Giuseppe BiancoMimesis, Volti, collana diretta da G. Bianco, D. Cantone e L. TaddioMilano, 2006, pp. 134, € 14,00

«Ecco, Adamo è divenuto quasi uno di noi, e conosce il bene e ilmale; che egli non abbia a stender la mano, e pre n d e re anche dal-l ’ a l b e ro della vita, e mangiare, e vivere in eterno !» E il Signore

EMANUELE SEVERINOLa follia dell’angeloA cura di Ines TestoniMimesis, Volti, collana diretta da G. Bianco, D. Cantone e L. TaddioMilano, 2006, pp. 210, € 18,00

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Dio lo mandò fuori dal paradiso di delizia, affinché lavorasse la terra dalla quale fucavato. Scacciò Adamo, e pose a guardia del paradiso di delizia un cherubino con unaspada fiammeggiante e roteante per custodire la via dell’albero della vita.

Genesi, 3, 22-24

L’angelo del titolo è il cherubino posto da Dio a sbarrare l’accesso ad Adamo ed Eva algiardino dell’Eden e a negare quindi l’immortalità che è loro dovuta: un angelo cheSeverino definisce folle, ravvisando nel fondamento della fede cristiana le radici dellanostra incompiutezza e infelicità. Da questa immagine parte questa conversazione incui Severino espone il proprio pensiero e la propria autobiografia intellettuale.

[ … ] Tutti i danni che fanno i filosofi quando parlano di etica. Quan -do un uomo è profondamente convinto di ciò che deve fare, è allora chesi può vedere quant’è strano quel che fanno i filosofi

Il testo che il lettore italiano ha finalmente a disposizione è il resoconto delle conver-sazioni filosoficheh, ma non esclusivamente filosofiche, che Oets K. Bouwsma ebbecon Ludwig Wittgenstein negli ultimi anni della vita dell’autore del Tractatus logico-philosophicus. Bouwsma riesce a trasmettere in pochi tratti un certo stupore fanciul-lesco che sembra riconoscere in Wittgenstein e l’ironia che quello stupore accompa-gna e orienta, e sceglie consapevolmente di diventare, per così dire, occasione e sfon-do dei movimenti di pensiero del filosofo austriaco. La testimonianza di un modo difare filosofia che accetta l’attrito della realtà, ma che sa ancora stupirsi di ciò che, neisensi molteplici del termine, chiamiamo la nostra “realtà”.

LUDWIG WITTGENSTEINConversazioni annotate da Oets K. BouwsmaIntroduzione di Luigi PerissinottoMimesis, Volti, collana diretta da G. Bianco, D. Cantone e L. Taddio,Milano, 2005, 20062, pp. 85, € 12,00

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Pagine e pagine che raccontano in una sintesi perfetta e avvincente la formazione e lamaturità dell’uomo Carducci. Con Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi lo scrit-tore Giosuè Carducci (1835-1907) fu il Maestro della “Terza Italia”, dal Risorgimentoalla prima guerra mondiale.Una biografia scientifica che non si discosta mai dai riferimenti documentari. Un verosaggio che ha il pregio di essere letto come un avvincente romanzo. Ed è questa lanovità che va colta: siamo di fronte ad un nuovo modo di fare biografia. È un testo fon-dante perché abbandona le noiose produzioni di testi biografici tradizionali, a cui siamoabituati, si allontana dalle mielose biografie prevalentemente composte da stranieri supersonaggi italiani, per fondare una nuova metodologia biografica. Originale e convincente, Aldo Alessandro Mola ha delineato a tutto tondo la figurar i s o rgimentale di Carducci togliendola dalle ragnatele intessute dalle biografie uff i c i a l ied accomodanti del trascorso secolo, più adatte spesso a creare bassi profili dei grandiuomini del Risorgimento che a raccontarci la verità. Il Carducci che esce da tali trameè spesso non il vero vate italiano del Risorgimento, ma una caricatura borghesuccia edomestica per bambini delle elementari. Non piaceva Carducci sotto la monarchia,essendo egli di sentimenti repubblicani, non piaceva ai fascisti per la loro culturareazionaria e perché egli era stato massone convinto, non piaceva alla Prima Repubbli-ca cattolica, per analoghi motivi per cui non piaceva ai fascisti e in aggiunta per nonessere stato un baciapile. Piacque, il maremmano, al contrario, alla Reale A c c a d e m i adi Svezia, che dall’alto della sua sapienza lo immortalò primo Premio Nobel per la let-teratura facendone la suprema gloria letteraria dell’Italia unita.Ora Mola ci consegna il personaggio liberato dal “complotto del silenzio” che lo ha alungo circondato e reintrodotto nel proprio ambiente sociale ed economico, nel tempo

Recensioni

ALDO A. MOLAGiosuè Carducci, scrittore, politico, massoneEd. Tascabili Bompiani, Milano, 2006, pp. 571, II edizione ( I ed. nov. 2006). € 12,50.

di Guglielmo Adilardi

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in cui i professori universitari lavoravano molto, producevano altrettanto, costruivanouna nuova Italia con il proprio impegno, senza favoritismi né commissioni compia-centi. Tempi, quelli del poeta, in cui le cattedre erano poche e non si moltiplicavanoper grazia ricevuta; i professori dovevano dimostrare il loro valore, in quanto la cat-tedra era un inizio e non un arrivo e tanto meno consentiva facili arricchimenti.Il nuovo volume di Mola è frutto di un annoso lavoro di ricerca scientifica, in cui lostorico fonde insieme documenti straordinari cercati ove nessuno mai aveva messo lemani: diari, corrispondenze segrete, citazioni etc. È, inoltre, opera sociologica eantropologica oltre che storica del contesto in cui visse Giosuè, e così l’autore ha datoorigine, mosaico dopo mosaico ad un lavoro titanico che nessuno più supererà.Di fondamentale importanza e innovatività sono i capitoli dedicati all’impegno politi-co di Carducci, – vero e proprio statista: varie volte candidato alla Camera e senatoredel Regno – e al suo ruolo di massone, a fianco di Adriano Lemmi e Francesco Crispi.Il volume reca in appendice acute pagine sulla loggia “Propaganda massonica” dallafondazione all’avvento del fascismo.

Sono disponibili le fotografie della

GRAN LOGGIA 2007“Pedagogia delle Libertà”

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