Rivista dei dottori commercialisti 4-04 - TBLAW...2018/06/12  · a cura di Roberto Lugano, Raffaele...

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Giuffre’ Editore Pubblicazione bimestrale Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE) ISSN 0485-2281 Anno LV N. 4 - Luglio-Agosto 2004 ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DI MILANO Rivista pubblicata con il patrocinio del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e con la collaborazione editoriale della Fondazione Aristeia RIVISTA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI GIUFFRÈ EDITORE - MILANO © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore

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    Pubblicazione bimestralePoste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

    ISSN 0485-2281

    Anno LV

    N. 4 - Luglio-Agosto 2004

    ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTIDI MILANO

    Rivista pubblicata con il patrociniodel Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

    e con la collaborazione editoriale della Fondazione Aristeia

    RIVISTA DEIDOTTORI

    COMMERCIALISTI

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    RIVISTA DEI DOTTORI COMMERCIALISTIPUBBLICATA A CURA DELL’ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI

    DI MILANO

    S O M M A R I O

    Pag.L’ALBERO

    di Enrico Gustarelli .................................................................................. 725

    Articoli

    LA REVISIONE DEI CONTI. TRACCE STORICHE E RECENTI SVILUPPI

    di Giuseppe Bruni .................................................................................... 739

    La revisione dei conti, istituto che risale, nella sua tradizione sto-rica, alle origini stesse della contabilità mercantile nell’età medie-vale, si conferma nel nostro tempo quanto mai motivo di discussionedottrinale oltre che per interessi professionali. Il saggio, articolato sutre paragrafi, intende offrire in rapida sintesi le tracce storiche evo-lutive dell’istituto della revisione contabile.Nel primo paragrafo si fa riferimento alle origini della partita dop-pia fino alla concezione sistematica della Summa pacioliana nellaquale già si ritrovano, chiaramente, i segni dell’importanza attri-buita al controllo contabile nelle imprese e nelle compagnie mercan-tili.Per il successivo periodo, che abbraccia il trascorso dalla scopertadel Nuovo mondo fino alla Rivoluzione industriale e, più oltre, finoalla nascita del Moderno capitalismo, si traccia il processo di svi-luppo della scuola contabile alla quale contribuisce l’affermarsi dellacultura del controllo aziendale culminata nel pensiero originale diFrancesco Villa e definitivamente affermata nella dottrina di FabioBesta.L’ultimo paragrafo è dedicato alla visione dei problemi attuali edelle priorità della revisione aziendale nell’ambito di una modernaconcezione di corporate governance rispetto alla quale può contri-buire efficacemente l’ammodernamento dei principi contabili, resimaggiormente affidabili dal privilegio di una dottrina internazionalegeneralmente accettata (IASB).

    Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004 I

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    RILIEVI CRITICI E PROBLEMI APPLICATIVI DELLE « SOGLIE DI PUNIBILITÀ » IN MA-TERIA DI FALSO IN BILANCIO: GLI INSEGNAMENTI TRATTI DA ALCUNI CASI GIUDI-ZIARI

    di Pietro Mazzola e Mario Minoja ......................................................... 765

    Nel corso degli ultimi mesi si è riscontrato un rinnovato interesse, alivello politico, nei confronti della normativa in materia di false co-municazioni sociali, dopo soli due anni dalle importanti modificheintrodotte dal d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61. Il dibattito verte intornoall’opportunità di un’ulteriore revisione della disciplina, nel senso diun ritorno all’impostazione più severa che caratterizzava l’impiantonormativo previgente.L’elemento forse più controverso dell’attuale disciplina in tema difalso in bilancio è costituito dalle tre soglie di punibilità che il le-gislatore italiano ha introdotto per dare applicazione concreta alprincipio della rilevanza come condizione per la punibilità del falso.È proprio su tale tema che verte principalmente il presente scritto,dopo aver illustrato le principali novità che caratterizzano la norma-tiva attuale e i termini dell’acceso dibattito che essa ha suscitato findal momento della sua introduzione.Traendo spunto da alcune significative esperienze professionali, i dueAutori rilevano come il « meccanismo » delle soglie presenta alcune dif-ficoltà interpretative e mostrano, con l’ausilio di tre casi, come esse pos-sano essere superate ricorrendo alla « lettera » della legge. In partico-lare, il caso, tecnicamente complesso, della mancata rilevazione in bi-lancio delle perdite maturate su contratti derivati evidenzia come l’ap-plicazione della soglia delle valutazioni estimative possa rendere nonpunibili omissioni di entità molto rilevante, sia in valore assoluto, siain rapporto al risultato lordo di esercizio e al patrimonio netto, ossiai parametri rispetto ai quali sono commisurate le prime due soglie. Se,da un lato, ciò significa lasciare spazi di discrezionalità e di impunitàagli amministratori animati da intenti fraudolenti, dall’altro, la « fran-chigia » concessa dalla terza soglia costituisce una forma di tutela, perquanto non sempre sufficiente, per l’amministratore che, di fronte aproblematiche valutative tecnicamente complesse e spesso compiute incondizioni di incertezza, commette errori in buona fede.

    L’INFORMAZIONE DI BILANCIO DELLE SOCIETÀ NON QUOTATE E LA MODERNIZZA-ZIONE DELLE DIRETTIVE CONTABILI

    di Stefano Adamo ...................................................................................... 815

    Il processo di armonizzazione contabile internazionale ha evidenziatonegli ultimi anni una decisa accelerazione a livello Europeo, giun-gendo all’attuale situazione che ha sancito l’introduzione obbligato-ria dei principi contabili internazionali dell’IASB per la redazione

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    II Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004

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    dei bilanci consolidati delle società quotate, nonché la facoltà aiPaesi membri di estendere l’obbligo/facoltà di adozione degli IAS/IFRS anche ai bilanci di esercizio delle società quotate ed ai bilanciconsolidati e di esercizio di altre società. In relazione a ciò, attesoche a livello nazionale le scelte sembrano orientarsi nel senso difruire di tale possibilità di estensione, si rileva come l’implementa-zione del modello contabile internazionale, lungi dal riflettere effettisulle sole società obbligate all’adozione di tale impostazione, potrebbegenerare, in un prossimo futuro, rilevanti riflessi anche sulle realtàaziendali più piccole (società non quotate), che peraltro costituisconola maggioranza delle imprese operanti nel nostro Paese. A tal pro-posito, divengono fondamentali le scelte che il nostro legislatore ope-rerà con riferimento alla direttiva di « modernizzazione » (2003/51),i cui contenuti si dirigono ad allineare, in un’ottica di base comune,le direttive comunitarie con il modello internazionale. A tal propo-sito, lo scritto, si sofferma brevemente sui contenuti della direttiva inquestione, ponendo in evidenza sia alcuni problemi inerenti il coor-dinamento spazio/temporale tra le varie azioni comunitarie, sia lalimitata utilità che il modello internazionale può rivelare se riferitoa piccole realtà.

    Rubriche

    PROPOSTE E DISEGNI DI LEGGEa cura di Mario Brughera ....................................................................... 855

    In questo numero si propongono diversi disegni di legge in tema diinsolvenza di grandi imprese. Da segnalare altresı̀ la proposta dilegge per la disciplina del bilancio sociale, disposizioni con riguardoad amministratori di condomini, curatori delle procedure, fiscaldrag, agevolazioni fiscali per alcuni tipi di donazioni, nonché modi-fiche al codice civile in materia successoria.

    GIURISPRUDENZA COMMERCIALEa cura di Mario Notari e Marco Ventoruzzo ........................................ 859

    La legittimazione all’esercizio del diritto di recesso in caso di pegnod’azioni (nota a Cassazione civile del 12 luglio 2002, n. 10144) diISABELLA MAFFEZZONI. Massime in tema di: recesso da S.p.a.; esonerodalla relazione sulla gestione; effetti della fusione; qualità delle quotesociali vendute; attribuzione della qualifica di socio di fatto.

    GIURISPRUDENZA ED ATTUALITÀ IN MATERIA DI PROCEDURE CONCORSUALIa cura di Alessandro Solidoro ................................................................. 881

    La rubrica contiene osservazioni e proposte dell’apposita Commis-sione nominata dal CNDC allo schema di legge delega per la ri-

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    Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004 III

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    forma della Legge Fallimentare predisposta dalla Commissione Tre-visanato.Le osservazioni, in un quadro di generale apprezzamento sui prin-cipi sottostanti la riforma, vertono: sull’insufficienza delle nuove mi-sure per l’anticipato avvio delle misure di crisi, sulla mancata pre-visione della sospensione degli interessi nel corso della procedura dicrisi, sulle nuove misure premiali in materia tributaria e contribu-tiva, sul ruolo della sdebitazione e delle revocatorie concorsuali, su-gli istituti di allerta e prevenzione, sulle funzioni dei professionisti,sulla trasparenza sulla gestione dell’insolvenza.

    GIURISPRUDENZA PENALE D’IMPRESA

    a cura di Gianmaria Chiaraviglio e Luca Troyer ................................ 903

    Massime in tema di: d.lgs. n. 231/2001 recante Disciplina della re-sponsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società edelle associazioni prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11della legge 29 settembre 2000, n. 300.La responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti dareato: primi orientamenti giurisprudenziali, di LUCA TROYER.Esercizio dell’attività professionale e obblighi antiriciclaggio, di GIAN-MARIA CHIARAVIGLIO.

    CORPORATE GOVERNANCE

    a cura di Stefano Fortunato e Marco Reboa ....................................... 935

    La rubrica ospita un contributo su « Sarbanes — Oxley Section 404— Il provvedimento del Public Company Accounting OversightBoard (PCAOB) » di STEFANO FORTUNATO.La Section 404 della legge Sarbanes-Oxley richiede agli emittenti« SEC Registrants », che rappresentano una parte sostanziale del si-stema delle imprese a capitale internazionale, l’implementazione diun complesso ed articolato sistema « meta-contabile », parallelo aquello contabile e di bilancio, che registrerà, a livello di gruppo, irischi di non corretta informativa di bilancio, i controlli e la valu-tazione del management di efficacia dei controlli rispetto ad un « fra-mework » di riferimento, preliminarmente identificato nel modelloCoSO, sotto la responsabilità dei vertici operativi e finanziari digruppo. Infatti, essi sono chiamati a rendere pubblica, mediante unarelazione od attestazione incluse nell’« Annual Report », la propriavalutazione di efficacia dei controlli, che la società di revisione do-vrà, quale parte integrante del proprio incarico, assoggettare a revi-sione secondo un innovativo principio di revisione, approvato dallaSEC nel 2004 su richiesta del PCAOB, nuova agenzia di controllo

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    IV Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004

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    pubblico costituita dalla legge per essere incaricata della supervi-sione sull’attività delle « accounting firms ». Lo sviluppo prevedibiledi « best practices » in tema di controllo interno e la revisione delsistema di controllo interno da parte degli « auditors » potrebberoavere impatto negativo sulle condizioni di competitività delle altreimprese non sottoposte alle Sarbanes-Oxley, sopratutto nel ricorso almercato internazionale dei capitali e nell’arena competitiva, che, inultima analisi, potrebbe condurre, seppur non a breve termine, i le-gislatori di altri paesi a contemplare misure legislative analoghe.

    DIRITTO COMUNITARIO E FISCALITÀ INTERNAZIONALE

    a cura di Giuseppe Marino e Alessandro Savorana ............................ 951

    Massime della Corte di Giustizia delle Comunità Europee in temadi: diritto alla deduzione dell’Iva; servizi di intermediazione; azionedi ripetizione di un tributo indebito; plusvalenze su cessioni di par-tecipazioni.Massime di fiscalità internazionale in tema di: trasferimento di re-sidenza e criteri di collegamento con il territorio; stabile organizza-zione; foreign personal holding company legislation statunitense.Normativa e documenti comunitari in tema di: modifica alla diret-tiva su interessi e royalties.Normativa e documenti di fiscalità internazionale in tema di: rite-nuta sui dividendi in Francia; pratiche elusive negli Stati Uniti;rimpatrio negli Stati Uniti di utili realizzati all’estero.

    ATTUALITÀ FISCALE

    a cura di Roberto Lugano, Raffaele Rizzardi ed Ezio Simonelli ....... 959

    La rubrica ospita un approfondimento su « Nuovo diritto tributario— disinquinamento del bilancio e « doppio binario » di RAFFAELE RIZ-ZARDI.L’effetto combinato delle innovazioni al codice civile ed alla norma-tiva tributaria sul reddito di impresa consente di dedurre extra-con-tabilmente ammortamenti, altre rettifiche di valore e accantona-menti, che possono essere operati sino alle percentuali fiscalmenteammesse, in eccedenza rispetto alle quote richieste dalla rappresen-tazione veritiera e corretta. Questa novità è di notevole rilievo e po-trebbe consentire un rinvio della tassazione pressoché illimitato perle imprese che continuano ad investire, specie nel caso in cui le ali-quote fiscalmente ammesse risultino superiori all’ammortamento tec-nico. Il cambio delle regole rende obbligatorio procedere, nell’eserci-zio 2004, al disinquinamento delle appostazioni operate negli esercizipregressi e motivate solo dall’utilizzo della normativa fiscale.

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    Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004 V

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    GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

    a cura di Alessandro Mainardi e Cesare Zafarana ............................. 971

    Nota a commento di Corte di Cassazione, Sez. Trib., 24 aprile 2003,n. 6542, di CESARE ZAFARANA.Massime in tema di: Interessi su rimborso della tassa di concessionegovernativa registro imprese — Aliquota dell’imposta sostitutiva sucollocamento in Italia di fondi di investimento di società estera; Ri-corso per Cassazione avverso la sentenza che decide il giudizio diottemperanza — Prova dell’inerenza del bene all’attività di impresaai fini IVA — Definitività dell’avviso di liquidazione non impugnatoai fini dell’imposta di registro — Ammissibilità del ricorso per Cas-sazione avverso una pluralità di sentenze — Imposta di registronella fusione per incorporazione senza aumento di capitale — Sog-gettività IVA della stabile organizzazione — Ricorso per Cassazionenei confronti di società incorporata — Imponibilità dell’indennità dimancato preavviso — Autorizzazione a stare in giudizio del sindaco— Sottoscrizione del ricorso tributario — Irretroattività ai fini ICIdella procedura catastale DOCFA — Reddito degli immobili storicilocati.

    ANDAMENTO CONGIUNTURALE

    a cura di Gregorio De Felice e Luca Mezzomo ................................... 985

    Il rialzo sorprendente dell’economia mondiale negli ultimi mesi èstato accompagnato da una certa ripresa dell’inflazione, soprattuttoper tensioni sui mercati delle materie prime, peraltro considerabilequale normalizzazione dopo una fase eccezionale di calo. Se si sta-bilizzeranno le aspettative di inflazione, saranno possibili aumentidei tassi di interesse « misurati » da parte della Federal Riserve; laBCE potrà attendere il 2005 per muoversi.Buoni i segnali dall’Italia, con una ripresa nel primo trimestre trai-nata non solo dalla domanda internazionale, ma anche dalla do-manda domestica.

    PRINCIPI CONTABILI

    a cura di Giorgio Loli e Michele Casò .................................................. 995

    Uno dei principali progetti di revisione dei principi contabili inter-nazionali avviati dallo IASB nel corso degli ultimi anni ha riguar-dato le modalità di rilevazione delle operazioni di Business Combi-nations. Il progetto è stato suddiviso in due fasi. Il 31 marzo 2004si è conclusa la prima fase con l’approvazione di un nuovo principiocontabile, l’IFRS 3 Business Combinations, che sostituisce lo IAS 22,

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    VI Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004

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    e con l’introduzione di una serie di significative modifiche ai prin-cipi contabili IAS 38 Intangible Assets e IAS 36 Impairment of As-sets.In questa rubrica sono già state approfondite (si veda Rivista, 2004,n. 3) le principali innovazioni introdotte dall’IFRS 3. Nella presenterubrica verranno analizzate le innovate previsioni dello IAS 38 everranno svolte alcune preliminari valutazioni delle modifiche intro-dotte.

    COMMISSIONI DI STUDIO

    a cura di Alessandra Tami ...................................................................... 1005

    L’intervento della Commissione Diritto Societario dell’Ordine di Pa-dova riguarda il tema dei nuovi strumenti finanziari, introdottinella nuova disciplina societaria. In questo ambito la riforma ha in-trodotto una vasta platea di strumenti partecipativi, per i quali sirende necessario conoscere le caratteristiche, i livelli di rischio, le di-namiche attese.

    SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

    a cura di Lorenzo Pozza e Luigi Borré

    Contabilità e bilanci ................................................................................. 1015

    Diritto e pratica commerciale .................................................................. 1016

    Guide pratiche ........................................................................................... 1018

    Diritto e pratica tributaria ...................................................................... 1019

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    Rivista dei Dottori Commercialisti 4/2004 VII

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    chiesta di sequestro conservativo a garanzia delle obbligazioni ci-vili derivanti dal reato, l’art. 54 d.lgs., nel prevedere e disciplinareil sequestro conservativo dei beni facenti capo all’ente, ne limital’operatività alle garanzie per il pagamento della sanzione pecunia-ria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta al-l’erario dello Stato, ponendo, di conseguenza, il P.M. quale unicotitolare della relativa richiesta. D’altra parte l’art. 45, nel richia-mare in chiusura l’art. 316 c.p.p., fa rinvio esclusivamente alcomma 4, escludendo pertanto le disposizioni di cui al comma 2 e3 concernenti appunto le facoltà della parte civile. E ancora oc-corre sottolineare che la disciplina contenuta nell’art. 69 d.lgs.,concernente la sentenza di condanna pronunciata a carico del-l’ente, non fa alcun cenno delle questioni civili. Né del resto risul-tano norme parallele a quelle di cui agli artt. 539, 540, 541 c.p.p.concernenti la condanna ai danni ed alle spese relative all’azionecivile.

    Trib. Milano, Ufficio Gip, Ord. 9 marzo 2004, Giud. Forleo, inedita.

    * * *

    COMMENTI

    La responsabilità degli enti per illeciti amministrativi di-pendenti da reato: primi orientamenti giurisprudenziali(di LUCA TROYER).

    1. Il d.lgs. 8 giugno 2001 recante la « Disciplina della respon-sabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società edelle associazioni anche pive di personalità giuridica » in attua-zione della delega conferita al Governo con l’art 11 della legge n.300/2000, ha di fatto adeguato la nostra legislazione ad alcuneConvenzioni internazionali che l’Italia aveva da tempo ratificato(Convenzione di Bruxelles 26 luglio 1995, Convenzione di Bruxel-les 26 maggio 1997 e Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997sulla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni eco-

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    nomiche internazionali) (1). Tale legge ha finalmente introdotto an-che nel nostro ordinamento un sistema sanzionatorio che prevedela punibilità delle persone giuridiche per la commissione di reatiavvenuti in connessione con la loro attività. Infatti queste conven-zioni sono state approvate quando negli altri Stati e nelle sedi in-ternazionali il principio della responsabilità degli enti era ormaiaffermato (2).

    L’entrata in vigore della predetta normativa ha suscitato ac-cesi dibattiti dottrinali (3), in quanto nel nostro ordinamento, tra-dizionalmente, solo la persona fisica veniva considerata come pos-sibile destinatario di una sanzione punitiva, secondo il noto broc-cardo « Societas delinquere non potest » (4). È stato detto, in parti-colare, che le sanzioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 avrebberosolo formalmente natura amministrativa, ma in realtà sarebberodelle sanzioni penali e ciò integrerebbe una vera e propria « truffadelle etichette » non del tutto innocua, in quanto funzionale al ma-

    (1) Sul punto si veda più approfonditamente C.E. PALIERO, Il d.lgs. 8 giugno2001, n. 231: da ora in poi, societas delinquere (et puniri) potest, in Corr. giur., n.7/2001, p. 845.

    (2) In Gran Bretagna, ordinamento di common law, era ammessa la respon-sabilità penale delle persone giuridiche sin dal 1842, anno del primo caso, Birmin-ghan and Gloucester Road Railway co.. Per un interessante esposizione del sistemaadottato nel diritto penale statunitense si veda C. DE MAGLIE, Sanzioni pecuniariee tecniche di controllo dell’impresa — Crisi e innovazione nel diritto penale statu-nintense, in Riv. it. dir. proc. pen., 1/ 1995, p. 88 e s.

    (3) Si veda in proposito A. ALESSANDRI, Note penalistiche sulla nuova respon-sabilità delle persone giuridiche, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2002, p. 33 e s.; V.MAIELLO, La natura (formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale) dellaresponsabilità degli enti nel d.lgs. n. 231/2001: una « truffa delle etichette » davveroinnocua? in Riv. trim. dir. pen. econ., 2002, p. 879 e s.; C.E. PALIERO, Il d.lgs. 8giugno 2001, n. 231: da ora in poi, societas delinquere (et puniri) potest, in Corr.giur., n. 7/2001, p. 845 e s.; G. FLORA, Le sanzioni punitive nei confronti delle per-sone giuridiche: un esempio di « metamorfosi » della sanzione penale?, in Diritto pe-nale e processo, n. 11/2003, p. 1398 e s.; C. PIERGALLINI, Societas delinquere et pu-niri non potest: la fine tardiva di un dogma, in Quest. giust., 2002, p. 1087 e s.;G. AMARELLI, Mito Giuridico ed evoluzione della realtà: il crollo del principio socie-tas delinquere non potest, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2003, p. 941 e s.

    (4) Vi è chi ha notato che in realtà tale principio deve essere ascritto al no-vero dei dogmi prodotti durante l’Illuminismo, in quanto sino ad allora, soprattuttoin seguito alla speculazione di Bartolo da Sassoferrato, era prevalso il principio op-posto in base al quale le universitates erano annoverate pacificamente tra le pos-sibili destinatarie di risposte punitive: cfr. G. AMARELLI, Mito Giuridico, cit., p. 942.

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    scheramento di uno « strappo » ai principi costituzionali — ed inparticolare a quelli previsti dagli art. 27, comma 1 (« La respon-sabilità penale è personale ») e 25 comma 2 (« Nessuno può esserepunito per se non in forza di una legge che sia entrata in vigoreprima del fatto commesso ») della Legge Fondamentale — che sisarebbe consumato con il varo del d.lgs. n. 231/2001 (5). Altri, in-vece, hanno giustamente notato che i due modelli, amministrativoe penale, sono sostanzialmente inadeguati per la loro rigidità a ri-cevere l’innesto del nuovo istituto e, una volta abbandonata l’os-sessione nominalistica per valutare le discipline nel loro impiantostrutturale e nell’orientamento funzionale, si può riconoscere che sitratta di una responsabilità punitiva « che sorge in ambiente pena-listico per esigenze di miglior tutela dei beni giuridici, ma non as-sume lo schema penalistico » (6). Nessuna « truffa delle etichette »,dunque, giacché il legislatore, apprestando garanzie sostanziali eprocessuali, lungi dal voler coprire l’elusione di garanzie rese ne-cessarie dalla sostanza punitiva degli istituti, al contrario ha adot-tato un’ottica tipicamente penalistica, indubbiamente la più garan-tista tra tutte le opzioni disponibili (7). Difatti il sistema sanziona-torio introdotto dal d.lgs. n. 231/2001 è chiaramente orientato insenso preventivo, ma è costruito sul « tendenzialmente massimo »rispetto del principio di colpevolezza: l’ente risponderà per il fattodella persona fisica solo quando la commissione del fatto stesso siarimproverabile all’ente stesso quanto meno a titolo di colpa (8).

    2. Passando ad un sia pur sintetico esame della normativa,occorre premettere che questa nuova responsabilità sorge soltantoin occasione della realizzazione di determinati reati, espressa-mente individuati nel d.lgs. alla sezione III del capo I, ovvero, insostanza, i reati di malversazione a danno dello stato, indebitapercezione di erogazioni da parte dello Stato, truffa a danno delloStato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pub-

    (5) Cfr. V. MAIELLO, La natura, cit., p 914 e s.; cfr., inoltre, MUSCO, Le impresea scuola di responsabilità tra pene pecuniarie e misure interdittive, in Dir. giust.,2001, p. 23.

    (6) A. ALESSANDRI, Note penalistiche, cit., p. 57, 58.(7) D. PULITANÒ, La responsabilità « da reato » degli enti: i criteri d’imputa-

    zione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2002, p. 417.(8) C.E. PALIERO, Il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 845.

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    bliche, frode informatica a danno dello Stato o di altro ente pub-blico (art. 24), concussione, corruzione e istigazione alla corruzione(art. 25); nonché, a seguito di successive integrazioni, i reati di fal-sità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo e, da ul-timo (art. 25-bis), i reati societari di cui al d.lgs. n. 61/2002 (art.25-ter) e, sorprendentemente, anche i delitti con finalità di terro-rismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice pe-nale e dalle leggi speciali (25-quater). L’inserimento di tale catego-ria di reati, apparentemente stravagante, trova in realtà giustifi-cazione nella ratifica e nell’esecuzione della Convenzione interna-zionale per la repressione del finanziamento del terrorismo stipu-lata a New York il 9 dicembre 1999 (9).

    La responsabilità dell’ente trova il suo fondamento nella con-nessione con la realizzazione di un reato da parte di una personafisica che sia collegata da un rapporto funzionale con la personagiuridica: l’art. 5 del d.lgs. prevede, infatti, che il reato debba es-sere compiuto da soggetti legati all’ente da un rapporto di rappre-sentanza — persone che rivestono funzioni di rappresentanza, am-ministrazione, direzione dell’ente o di una sua unità organizzativadotata di autonomia finanziaria e funzionale, ovvero che esercitanodi fatto la gestione ed il controllo dell’ente (art. 5 n. 1) — oppureda un rapporto di subordinazione — persone sottoposte alla dire-zione ed alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati (art. 5 n.2) —. In dottrina è stato giustamente notato che a queste due dif-ferenti categorie di rapporto corrispondono due distinti criteri diimputazione soggettiva della responsabilità all’ente. Nel caso direato commesso da persona che si trovi in rapporto di subordina-zione ci troviamo in presenza di un tipo di responsabilità di na-tura sostanzialmente colposa, ove ciò che rileva è una generale estrutturale colpa di organizzazione nella prevenzione e protezionedell’azienda dallo specifico rischio della commissione di un reatoda parte di un dipendente dell’impresa stessa (10). Ai sensi dell’art.7 del d.lgs. sarà la pubblica accusa a dover dimostrare non solo lamancata adozione del modello ovvero che è stato adottato un mo-

    (9) Si veda per un orientamento critico sul punto A. CARMONA, La responsa-bilità degli enti: alcune note sui reati presupposto, in Riv. trim. dir. pen. econ.,2003, p. 995.

    (10) C.E. PALIERO, Il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 846.

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    dello insufficiente (11), ma anche il nesso eziologico tra l’inosser-vanza degli obblighi e la realizzazione del reato da parte del su-bordinato.

    Anche qualora il soggetto che ha commesso il reato si trovi in« posizione apicale » il criterio di imputazione è da considerarsi dinatura colposa, ma in tal caso la « colpa di organizzazione » del-l’ente per i reati commessi dai suoi « vertici », pur se più « tipiz-zata », viene valutata con un criterio di maggiore severità, giacchéè prevista sul piano processuale — ma con innegabili riflessi dinatura sostanziale — una vera e propria inversione dell’oneredella prova con riguardo alla dimostrazione dell’insussistenza dellacolpa, ai sensi dell’art. 6 del medesimo d.lgs., come meglio ve-dremo più avanti. In sostanza, nel caso di fatto di reato commessodal « soggetto apicale », ai fini della punibilità dell’ente, il legisla-tore ha ritenuto sostanzialmente sufficiente la colpevolezza per ilcommesso reato « che è al tempo stesso colpevolezza del soggettoapicale autore del reato e dell’ente che egli “impersona” » (12),avendo valutato che il soggetto apicale normalmente impersonal’ente. Tra l’altro, significativamente, per avere l’esonero dalla re-sponsabilità l’ente dovrà dimostrare che il soggetto apicale ha com-messo il reato « eludendo fraudolentemente » il modello organizza-tivo e di gestione.

    Se non è una « presunzione di colpa organizzativa » (13), pococi manca: infatti non vi è alcun dubbio non solo che i fatti e gliadempimenti che l’ente ha l’onere di provare sono tali e tanti chela loro dimostrazione risulterà, nella maggior parte dei casi, oltre-modo difficoltosa, ma soprattutto che la valutazione dell’adeguatez-za (14) dei modelli di organizzazione e gestione verrà effettuata expost da un giudice penale, con la conseguenza che l’onus probandirischia in concreto di assumere le caratteristiche di una probatiodiabolica.

    Anche in questo caso, tuttavia, nessuno « strappo » ai principi

    (11) In tal senso G. DE SIMONE, I profili sostanziali della responsabilità c.d.amministrativa degli enti: « la parte generale » e la « parte speciale » del d.lgs. 8giugno 2001 n. 231, in Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipen-denti da reato, a cura di Giulio Garuti, Padova, 2002, p. 112.

    (12) D. PULITANÒ, La responsabilità « da reato » degli enti, cit., p. 430.(13) Ibidem.(14) G. DE SIMONE, I profili sostanziali della responsabilità, cit., p. 110.

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    costituzionali in materia di colpevolezza ed in particolare all’art.27 Cost., che impone per la responsabilità penale il rispetto delprincipio di colpevolezza (15). Infatti l’esistenza di siffatte inversionidell’onere della prova, soprattutto in presenza di posizioni di ga-ranzia, è ammessa — per una costante prassi applicativa che hasuperato il vaglio di legittimità costituzionale (16) — nello stessodiritto penale: si pensi ai reati colposi in materia di diritto penaledel lavoro. Come si è già spiegato, la migliore dottrina ritiene checon la norma in questione il Legislatore abbia inteso introdurre unparadigma di « colpa di organizzazione » specifico per il « fatto deivertici » che da un lato tenga conto del c.d. principio dell’« identi-ficazione », per cui se il reato è commesso dall’amministratore odal legale rappresentante, esprimendo questi la volontà dell’entenei rapporti verso l’esterno, si considera che il reato sia stato com-piuto dall’ente stesso (17), dall’altro consenta di valorizzare inchiave esimente il rispetto di idonee regole di diligenza da partedella società, finalizzate a prevenire il rischio di compimento deireati da parte dell’ente stesso: regole di diligenza in parte auto-imposte, in parte previste ovvero « presupposte » ex lege, in seguitoall’entrata in vigore — sia pure successiva al d.lgs. n. 231/2001 —dei nuovi sistemi di corporate governance introdotti dalla recenteriforma societaria, come vedremo più avanti.

    Quid iuris nel caso in cui l’attività imprenditoriale vengaesercitata da un imprenditore individuale? Secondo la giurispru-denza di legittimità, assolutamente condivisibile, il d.lgs. e segna-tamente l’art. 1, comma 1, nel riferirsi agli « enti », evoca « l’interospettro degli enti metaindividuali », escludendo contestualmenteche le disposizioni in esso previste possano applicarsi alle impreseindividuali (18). La disciplina in esame, è invece applicabile a miogiudizio, alle filiali italiane di società straniere, le cosiddette bran-

    (15) C.E. PALIERO, Il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 847.(16) Si veda per un approfondimento critico circa la sentenza della Corte

    cost. n. 312/1996, D. PULITANÒ, La responsabilità « da reato » degli enti, cit., p. 435.(17) Ricorda Paliero che sono state proprio le convenzioni internazionali cui

    la legge delega ha dato ratifica ed esecuzione ad imporre di prevedere due para-digmi di responsabilità differenziati per l’ente a seconda che il reato sia stato rea-lizzato dal dipendente, ovvero, invece, da un suo legale rappresentante: ibidem, p.845.

    (18) Cass. pen., Sez. VI, 22 aprile 2004, n. 18941, Pres. Trojano, Est. Ro-

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    ches: l’art. 1 del d.lgs. n. 231/2001, come si è detto, individuandoi soggetti a cui lo stesso si applica, dice testualmente: « Il presentedecreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli il-leciti amministrativi dipendenti da reato. Le disposizioni in essopreviste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e allesocietà e associazioni anche prive di personalità giuridica ». D’al-tra parte l’art. 5, comma 1, lett. a) dispone espressamente chel’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o suovantaggio « da persone che rivestono funzione di rappresentanza, diamministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità orga-nizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale ». Orbene lasede secondaria di una multinazionale è sicuramente da conside-rarsi, ai fini del citato decreto, una entità autonoma giacché costi-tuisce una unità produttiva, è caratterizzata da sostanziali condi-zioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa edè normalmente iscritta al Registro delle Imprese. A ciò si aggiungache secondo i primi orientamenti giurisprudenziali la disciplinasanzionatoria di cui al d.lgs. n. 231/2001 è da considerarsi diret-tamente applicabile anche nei confronti di società straniere cheoperino in Italia, senza che abbia alcun rilevo la circostanza che« la legge del paese dove ha sede la società nei confronti dellaquale il provvedimento cautelare interdittivo viene richiesto nonpreveda né sanzioni interdittive, né l’obbligo di adottare i precisimodelli organizzativi e di controllo delineati dalla legge italia-na » (19).

    3. Ai fini dell’applicazione della disciplina sanzionatoria inoggetto, occorre, inoltre, che esista un ulteriore criterio di collega-mento tra fatto-reato e persona giuridica, di natura « oggetti-va » (20) e cioè che la condotta illecita sia stata realizzata nell’in-teresse o a vantaggio dell’ente stesso. Dunque, non soltanto allor-ché il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio, pa-trimoniale o meno, per l’ente, ma anche nell’ipotesi in cui, pur inassenza di tale concreto risultato, il fatto-reato trovi ragione nel-

    tundo, più sopra massimata, già pubblicata in Dir. e prat. soc., n. 9/2004, p. 72,con commento di R. BRICHETTI.

    (19) Trib. Milano, Ufficio Gip, Ord. 27 aprile 2004, Giud. Salvini, più sopramassimata.

    (20) C.E. PALIERO, Il d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, cit., p. 845.

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    l’interesse dell’ente. Laddove, al contrario, i soggetti più sopra in-dicati abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi,l’ente non risponde (art. 5, comma 2).

    Non è necessario, invece, che il reato sia stato commesso nel-l’interesse esclusivo dell’ente come risulta espressamente dalla cir-costanza che è stata prevista una attenuante dall’art. 12, comma1, lett. a), nel caso in cui « L’autore del reato ha commesso il fattonel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha rica-vato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo ».

    Oltre alla responsabilità amministrativa dell’ente, resta ferma,come è ovvio, la responsabilità penale dell’autore del fatto illecito.

    Le sanzioni previste dalla normativa oggetto della presentetrattazione sono, in via principale, pecuniarie (art. 10) e, in viaeccezionale, interdittive (art. 13) e precisamente:

    A) la sanzione pecuniaria fino a un massimo di € 1.549.370,69(e sequestro conservativo in sede cautelare);

    B) le sanzioni interdittive (applicabili anche come misura cau-telare):

    — interdizione dall’esercizio dell’attività;— sospensioni o revoca delle autorizzazioni, licenze o con-

    cessioni funzionali alla commissione dell’illecito;— divieto di contrattare con la pubblica amministrazione;— esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o

    sussidi e l’eventuale revoca di quelli concessi;— divieto di pubblicizzare beni o servizi;— confisca (e sequestro preventivo in sede cautelare);— pubblicazione della sentenza (che può essere disposta in

    caso di applicazione di una sanzione interdittiva).Come già anticipato, le sanzioni interdittive sono applicabili

    anche in via cautelare. A questo proposito la giurisprudenza haprecisato che perché possa essere applicata una misura cautelare,stante la natura sostanzialmente anticipatoria delle misure caute-lari contemplate dal d.lgs. n. 231/2001, è necessario che venga ac-certata non solo la sussistenza dei presupposti tipici delle misurecautelari (gravi indizi di responsabilità e pericolo di reiterazionedel reato), ma anche, sia pure entro i limiti di una cognizionesommaria, la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 13 dellostesso decreto per la comminazione delle pene accessorie interdit-

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    tive e cioè il profitto di rilevante entità tratto dalla società o lareiterazione degli illeciti (21).

    4. Il giudizio si svolge avanti il giudice penale con l’osser-vanza delle norme del codice di procedura penale e della legge n.271/1989 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie delcodice di procedura penale). L’ente sta in giudizio in persona delsuo legale rappresentante, salvo che questi sia imputato del reatoda cui dipende l’illecito amministrativo (art. 39, comma 1).

    La giurisprudenza ha avuto già modo di precisare che la pa-rificazione operata dal legislatore nel d.lgs. n. 231/2001 tra l’impu-tato o la persona sottoposta ad indagini (giusta l’estensione ope-rata dall’art. 61 c.p.p. all’indagato) e l’ente, lungi dall’essere sol-tanto una norma di chiusura del sotto-sistema dettata dalla preoc-cupazione del legislatore di colmare possibili lacune in grado dipregiudicare l’operatività della disciplina, esprime la volontà legi-slativa di apprestare, anche in questa materia, un sistema di ga-ranzie analogo a quello delineato dal codice di rito per l’accerta-mento del reato. Conseguentemente, « ancorché non espressamenteprevisto, deve ritenersi che questo sistema di garanzie non possaprescindere dall’avviso all’ente della conclusione delle indagini,qualora il pubblico ministero non intenda procedere all’archivia-zione del procedimento, come previsto dall’art. 415-bis c.p.p. perl’indagato » (22). Non è possibile la costituzione di parte civile nel-l’ambito del procedimento per l’accertamento della responsabilitàdegli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato: infatti,« la disciplina della responsabilità amministrativa della società, ar-ticolata in parallelo con quella concernente la responsabilità penaledell’autore del reato, si attesta tuttavia su un piano di autono-mia ». Per prima cosa, infatti, in evidente deroga al disposto di cuiall’art. 316 comma 2 c.p.p. che estende alla parte civile la possi-bilità di richiedere il sequestro conservativo a garanzia delle ob-bligazioni civili derivanti dal reato, l’art. 54 d.lgs., nel prevedere edisciplinare il sequestro conservativo dei beni facenti capo all’ente,ne limita l’operatività alle garanzie per il pagamento della san-

    (21) Trib. Milano, Ufficio Gip, Ord. 27 aprile 2004, Giud. Salvini, più sopramassimata.

    (22) Trib. Torino, Ufficio Gip, Ord. 11 giugno 2004, Giud. Perelli, più sopramassimata.

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    zione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altrasomma dovuta all’erario dello Stato, ponendo, di conseguenza, ilP.M. quale unico titolare della relativa richiesta. D’altra partel’art. 45, nel richiamare in chiusura l’art. 316 c.p.p., fa rinvioesclusivamente al comma 4, escludendo pertanto le disposizioni dicui al comma 2 e 3 concernenti appunto le facoltà della parte ci-vile. E ancora occorre sottolineare che la disciplina contenuta nel-l’art. 69 d.lgs., concernente la sentenza di condanna pronunciata acarico dell’ente, non fa alcun cenno delle questioni civili. Né delresto risultano norme parallele a quelle di cui agli artt. 539, 540,541 c.p.p. concernenti la condanna ai danni ed alle spese relativeall’azione civile (23).

    5. Fatta questa premessa, appare opportuno soffermarsi suuno degli aspetti peculiari della cennata normativa, rappresentatodalla possibilità per l’ente di avvalersi di un « sistema di esonerodalla responsabilità », i cui tratti essenziali sono enunciati agliartt. 6-7 del d.lgs.. Tale previsione trova indubbiamente il suo fon-damento nella tensione generalpreventiva che ispira la disciplinain questione, chiaramente finalizzata a coinvolgere le persone giu-ridiche nel compito di fornirsi di strumenti per bloccare sul na-scere eventuali iniziative potenzialmente pregiudizievoli per gli in-teressi oggetto della tutela dei reati presupposto (24).

    In sintesi, ai sensi dell’art 6 legge cit., nel caso in cui il reatosia commesso da soggetti in posizione apicale (art. 5 n. 1), l’enteè esonerato da ogni responsabilità se prova che:

    — l’organo dirigente ha adottato ed attuato efficacemente,prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione ge-stione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello ve-rificatosi;

    — il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza deimodelli è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di auto-nomi poteri di iniziativa e controllo;

    (23) Trib. Milano, Ufficio Gip, Ord. 9 marzo 2004, Giud. Forleo, inedita, piùsopra massimata.

    (24) Si veda in tal senso G. DE FRANCESCO, Disciplina penale societaria e re-sponsabilità degli enti: le occasioni perdute della politica criminale, in Diritto pe-nale e processo, n. 8/2003, p. 929, 930.

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    — il reato è stato commesso eludendo fraudolentemente i mo-delli di organizzazione e gestione.

    L’esonero, tuttavia, non è totale, giacché non è esclusa la con-fisca e per tale motivo si è giustamente rilevato che « la fattispe-cie incide sulla sanzione, non sulla responsabilità » (25).

    Nel caso in cui il reato sia stato invece compiuto da soggettiin posizione subordinata (art. 7, in relazione all’art. 5 comma 1lett. b), l’ente risponderà dell’illecito se questo è stato reso possi-bile dall’inosservanza del dovere di direzione e di vigilanza, fermorestando l’esclusione di responsabilità ove sia fornita la prova del-l’adozione dei modelli di organizzazione gestione e controllo nelsenso già sopra indicato.

    Occorre sottolineare che la legge prevede l’adozione del mo-dello di organizzazione, gestione e controllo in termini di facolta-tività e non di obbligatorietà (26), se non nella misura in cui i do-veri attinenti siano desumibili da altre fonti normative: occorresempre ricordare, infatti, che, sia pure ex post, il d.lgs. 17 gennaio2003, n. 6, introducendo nuovi sistemi di corporate governance, hamodificato, nel senso di un maggior rigore, il tradizionale sistemadei controlli societari (27).

    Tuttavia la mancata adozione del modello espone l’ente allaresponsabilità per gli illeciti realizzati da amministratori e dipen-denti. L’adozione del modello diviene, pertanto, di fatto obbligato-ria se si vuole beneficiare dell’esimente.

    Va ricordato, peraltro, che l’applicazione delle sanzioni alleimprese incide direttamente sugli interessi economici dei soci.Nel caso in cui sia commesso un reato per il quale è prevista laresponsabilità dell’impresa, legittimamente i soci potrebberoesperire azione di responsabilità nei confronti degli amministra-tori inerti che, non avendo adottato il modello, abbiano impedito

    (25) D. PULITANÒ, La responsabilità « da reato » degli enti, cit., p. 430.(26) Secondo Pulitanò la predisposizione di modelli organizzativi idonei a pre-

    venire il reato dei sottoposti sarebbe un vero e proprio obbligo sia dei soggetti api-cali, che degli enti che essi impersonano, con la conseguenza che l’ente diverrebbetitolare di un vera e propria posizione di garanzia: D. PULITANÒ, La responsabilità« da reato » degli enti, cit., p. 431.

    (27) Per una rapida ma efficace sintesi, si legga C. CARRARA, Com’è cambiatoil sistema dei controlli societari dopo la riforma delle S.p.a., in Dir. e prat. soc., n.11, 18 giugno 2004, p. 22.

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    all’ente di beneficiare del meccanismo di « esonero ». Si consideriche il nuovo testo dell’art. 2381 c.c., cosı̀ come modificato dallarecente riforma del diritto societario, prevede (comma 3) che ilconsiglio di amministrazione « sulla base delle informazioni rice-vute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministra-tivo e contabile della società » e che (comma 5) « gli organi de-legati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e conta-bile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa ».Secondo autorevole dottrina i modelli organizzativi e di gestionerientrerebbero senza alcun dubbio « nell’ambito dell’assetto dellasocietà, di cui parla l’art. 2381, comma 3 e 5, c.c. » (28). Talenorma risulta applicabile al consiglio di gestione nel sistema mo-nistico (art. 2409-novies comma 1 c.c.) e al consiglio di ammini-strazione nel sistema dualistico (29). L’art. 2403, comma 1 c.c.,pone un’analoga previsione per i sindaci: « il collegio sindacalevigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto deiprincipi di corretta amministrazione ed in particolare sull’ade-guatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabileadottato dalla società e sul suo corretto funzionamento ». La di-sposizione in esame è applicabile nel sistema dualistico al Con-siglio di Sorveglianza, in forza del richiamo contenuto nell’art.2409-terdecies comma 1, lett. c). Nel sistema monistico analogadisposizione è prevista in relazione al comitato di gestione al-l’art. 2409-octiesdecies comma 5, lett. b) (30).

    6. Per quanto riguarda i modelli di organizzazione e di ge-stione il legislatore non ne ha fornito un’esatta definizione, néha descritto con precisione le caratteristiche che dovrebbero pos-sedere suscitando vivaci critiche da parte della dottrina penali-stica. Non vi è dubbio che la scelta del legislatore consente algiudice penale un ambito di valutazione circa l’idoneità e l’effi-

    (28) NAZZICONE-PROVIDENTI, Società per azioni — Amministrazione e controlli,Milano, 2003, p. 39.

    (29) R. CALDERONE, Come elaborare un codice etico e un modello organizzativocome azione preventiva della responsabilità delle società, in Atti del Convegno « Ilnuovo sistema delle responsabilità per Amministratori Delegati e Direttori Gene-rali », organizzato da Somedia, a Milano, il 29 gennaio 2004, presso Star HotelRitz, p. 3.

    (30) R. CALDERONE, Come elaborare un codice etico e un modello organizzativo,cit., p. 4.

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    cacia dei modelli organizzativi e di gestione amplissimo, che in-cidendo per via del meccanismo di esonero dalla responsabilità,sulla stessa punibilità in concreto dell’ente, finisce per determi-nare un affievolimento del principio di legalità, ben maggiore diquello relativo al corpus della disciplina in materia di lavoro(d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626), pure oggetto di critiche in talsenso, in cui è presente un più deciso ancoraggio a fonti legisla-tive, con una serie di obblighi posti dall’art. 4 di tale decreto lacui completa attuazione — autonomamente sanzionata a livellopenale o amministrativo negli artt 89 s. — prefigura una « reteprotettiva rispetto alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori nontroppo dissimile da ciò che i compliance programs dovrebberorappresentare in vista della eliminazione o del contenimento delrischio-reato nell’attività dell’ente collettivo » (31). Emblematicain tal senso è l’ordinanza, con cui il g.i.p. presso il Tribunale diRoma (32), nell’applicare ad una persona giuridica una misuracautelare si è spinto a valutare specificamente ed in concretol’idoneità dell’organismo di vigilanza, individuato ex post dallasocietà, statuendo che « per enti di dimensioni medio grandi laforma collegiale si impone, cosı̀ come si impone una continuitàdi azione, ovverossia un impegno esclusivo sull’attività di vigi-lanza relativa alla concreta attuazione del modello. Al riguardo,si rileva che il soggetto deputato a compiti di controllo interno,quale il responsabile delle procedure ISO 9002 e della sicurezzaall’interno della principale società operativa non è idoneo inquanto potrebbe non possedere quei requisiti di autonomia e diindipendenza che dovrebbero caratterizzare l’organismo di vigi-lanza ».

    Peraltro vi è da osservare che, a ben vedere, il denunciatoaffievolimento del principio di legalità è il medesimo che « attra-versa l’intero campo della colpa », in cui è tradizionalmente am-messo un amplissimo spazio per regole cautelari « non codifica-

    (31) G. DE VERO, La responsabilità dell’ente collettivo dipendente da reato: cri-teri di imputazione e qualificazione giuridica, in Responsabilità degli enti per ille-citi amministrativi dipendenti da reato, a cura di Giulio Garuti, Padova, 2002, p.29.

    (32) Trib. Roma, Ufficio Gip, Ord. 4-14 aprile 2003, cit.

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    te » (33). D’altra parte la dottrina commercialistica ha invece ap-prezzato tale scelta di non intervento da parte del legislatore,giudicando positivamente il fatto che lo stesso abbia deciso dilimitare la portata della propria ingerenza nell’attività di ge-stione d’impresa, tradizionalmente riservata alla discrezionalitàdell’autonomia privata (34).

    Il d.lgs., peraltro, ha previsto (art. 6, comma 3) che i mo-delli di organizzazione e gestione possano essere adottati sullabase di codici di comportamento redatti dalle associazioni rap-presentative degli enti, comunicati al Ministero della Giustiziache, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare entrotrenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenirei reati. È prevedibile che difficilmente il Ministero della Giusti-zia si avvalga di tale facoltà ed infatti non risulta che sinora loabbia mai fatto.

    Varie associazioni di categoria, accogliendo l’invito del legisla-tore, hanno approvato delle linee guida, prima fra tutte Confindu-stria. Si rimanda per un valido esempio di modello organizzativoa tali linee d’indirizzo, agevolmente consultabili su internet (35). Inestrema sintesi si può dire che un adeguato modello di organizza-zione deve prevedere:

    — l’identificazione dei rischi in relazione ai reati che pos-sono essere commessi;

    — la progettazione di un sistema di controllo preventivo,realizzato attraverso la costruzione di un sistema organizzativoadeguato e la procedimentalizzazione di determinate attività;

    — l’adozione di un codice etico e di un sistema di sanzionidisciplinari applicabili in caso di mancato rispetto delle misurepreviste dal modello, al fine di conservarne l’effettività;

    — l’individuazione di criteri per la scelta di un organismo dicontrollo, interno all’impresa, dotato delle funzioni necessarie, chedovrà vigilare sull’efficacia, sull’adeguatezza e sull’applicazione erispetto del modello.

    E di fondamentale importanza rimarcare, tuttavia, che l’ado-

    (33) D. PULITANÒ, La responsabilità « da reato » degli enti, cit., p. 434.(34) R. CALDERONE, Come elaborare un codice etico e un modello organizzativo,

    cit., p. 15.(35) Il sito web è www.confindustria.it.

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    zione tout-court di un codice comportamentale elaborato da una as-sociazione di categoria non garantisce, di per sé, l’esonero di re-sponsabilità di cui all’art. 6 del d.lgs.: i modelli organizzativi, in-fatti debbono essere costruiti in modo aderente alle specificherealtà aziendali per poter essere ritenuti idonei ad impedire lacommissione di reati (36) e devono costantemente essere aggiornatiin base alle evoluzioni dell’assetto dell’ente, come prescrive espres-samente l’art. 6, comma 1, lett. b).

    7. L’adozione di un valido modello organizzativo può essererilevante anche ai fini di esimere l’ente dall’applicazione dellesole sanzioni interdittive, qualora venga adottato ex post, perescludere il pericolo di reiterazione di reati della stessa speciedi quello verificatosi, purché prima della dichiarazione di aper-tura del dibattimento, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs.. In tal caso,tuttavia, secondo un primo orientamento giurisprudenziale il mo-dello di organizzazione e gestione, importa « una valutazione piùrigorosa di quella riservata al modello ex ante, occorrendo unmodello che effettivamente rimuova le carenze dell’apparato orga-nizzativo e operativo dell’ente che hanno in concreto favorito lacommissione dell’illecito » (37). Perché operi l’esenzione dalle mi-sure interdittive, occorrerà, tuttavia, che l’ente abbia anche ri-sarcito integralmente il danno eliminando nel contempo le con-seguenze dannose o pericolose, ovvero adoperandosi fattivamentein tal senso (art. 17, comma 1, lett. a) ed, infine, abbia messoa disposizione il profitto conseguito ai fini di confisca. Secondouna prima indicazione giurisprudenziale un risarcimento concor-dato in via transattiva con la sola Pubblica Amministrazione,anche se di notevolissima entità, non sarebbe sufficiente inquanto resterebbe aperto « il problema del danno subito dal mer-cato e dagli altri aspiranti fornitori che hanno visto violate leregole della concorrenza » (38). Si tratta di una pronuncia che hasuscitato un certo scalpore per il suo rigore complessivo e che

    (36) Si veda sul punto S. BARTOLOMUCCI, Codici comportamentali di categoria,tra aspettative e reale portata normativa, in Dir. e prat. soc., n. 18, 6 ottobre 2003.

    (37) Trib. Roma, Ufficio Gip, Ord. 4-14 aprile 2003, Giud. Finiti, più sopramassimata.

    (38) Trib. Milano, Ufficio Gip, Ord. 27 aprile 2004, Giud. Salvini, più sopramassimata.

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    desta qualche perplessità perché definire e quindi risarcire ildanno subito « dal mercato », entità di natura assolutamenteastratta, appare estremamente difficile se non impossibile, ameno che non si ritenga che coincida con quello degli altri« aspiranti fornitori ». In ogni caso va rilevato che il reato pre-supposto nel caso in esame era la fattispecie di corruzione e, se-condo un consolidato orientamento giurisprudenziale, premessoche, come per tutti i reati contro la P.A., la corruzione può es-sere un reato plurioffensivo, il fatto illecito di corruzione di unpubblico ufficiale per fatti contrari ai propri doveri d’ufficio noncomporta automaticamente un obbligo di risarcimento del dannonei confronti di terzi, danno che, invece, va autonomamente pro-vato e valutato (39). Appare pertanto giuridicamente inesatto, amio parere, porre a carico dell’ente in assenza di un qualsivo-glia elemento probatorio sintomatico di un danno plurioffensivo— come sembrerebbe essere avvenuto nel caso di specie —l’onere di risarcire terzi non meglio precisati, istituendo unasorta di presunzione di danno. Come potranno poi essere indivi-duati dall’ente ai fini del risarcimento — soprattutto nella faseanticipata dell’applicazione delle misure in via cautelare equindi in corso d’indagine — gli aspiranti fornitori realmentedanneggiati? Dovranno essere risarciti tutti o solo quelli che inconcreto avrebbero potuto, in assenza dell’illecito accordo corrut-tivo, aggiudicarsi la fornitura? Una valutazione circa il mancatorisarcimento di terzi aspiranti fornitori, a mio parere, potrebbeessere correttamente adottata solo in sede di applicazione dellemisure interdittive con sentenza di condanna, a seguito di giu-dizio, soprattutto laddove nel parallelo giudizio penale instau-rato nei confronti dell’autore del reato da cui l’illecito dipende,sia stata riconosciuta la legittimità della pretesa risarcitoria dicostoro, costituitisi parte civile.

    Ineccepibile, al contrario, in via di principio, è l’affermazione,sempre contenuta nella predetta ordinanza, che, un risarcimento,anche totalmente satisfattivo, non può avere alcun effetto qualoranon vi sia stato un adeguamento del modello organizzativo idoneoad evitare la commissione di reati della stessa indole.

    (39) Vedi per tutte, Trib. Roma, 20 maggio 2002, Soc. E.N.I. c. Di Macco ealtro, in Giur. merito, 2003, 1381, nota CARRATO.

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