Ricordare i nostri fratelli

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22 Novembre 2012 - Trespiano Fare memoria X quel tragico 22 Novembre di un anno fa. Sì, fratelli e amici, la loro morte ci ha raggiunti nell’intimo. “Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso”(Rm 14,7):la morte di un fratello e forse di un amico donatoci da Dio come compagno nel cammino di consacrazione e nel sacerdozio, ci riguarda e ci prende dentro. La morte di una persona cara è uno strappo doloroso nel tessuto dei rapporti intrecciato, talora faticosamente, giorno dopo giorno. Dopo…non è vero che la vita riprende come prima; riprende, ma non più come prima, specialmente quando la morte degli altri la sentiamo sfiorarci molto da vicino. “Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore”(Rm 14,8): parole bellissime, che ci fanno intravedere una relazione, che ci unisce ancor più dei vincoli e degli affetti umani, perché non è costruita da noi ma da Dio, che in Gesù ci ha resi fratelli. Ciò che davvero ci unisce è il vivere e il morire per il Signore. E’ questo legame divino che rende la morte meno dura, non solo perché sappiamo che i morti sono vivi, ma soprattutto perché lo strappo provocato viene come ricucito, tramite un invisibile tessuto, dalla fede. PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI FR.LUCIANO, FR.CORRADO, FR. SILVERIO E ANDREA Omelia del Ministro Provinciale alla S. Messa Letture: Rom 14,7-9.10c-12 - Gv 12,23-28 C ari confratelli cappuccini e cari amici, ad un anno esatto di distanza dal quel tragico 22 Novembre 2011 ci ritroviamo assieme a pregare nel ricordo affettuoso e riconoscente di P.Luciano, P.Corrado, P.Silverio e del giovane Andrea Ferri. Siamo in tanti e vi ringrazio tutti, in particolare i confratelli Vescovi Bernardo Gremoli e Francesco Gioia. Vorrei evidenziare la presenza di fr.Agapit e fr.Erick, cappuccini del Tanzania, venuti da poco tempo in Toscana per darci una mano. La loro partecipazione ci fa avvertire ancora una volta la vicinanza fraterna e delicata, che i frati tanzaniani ci hanno mostrato nei giorni difficili immediatamente seguenti quel tragico incidente. Siamo qui, nella chiesetta del Cimitero di Trespiano, dove riposano i resti mortali di Corrado, di Silverio e di generazioni di Frati Cappuccini. Con noi, ne sono certo, sono spiritualmente presenti le centinaia e centinaia di persone, che erano in S.Croce il giorno del funerale. Credo si possa dire che il ricordo di questi fratelli sia stato costante durante tutto l’anno nel nostro cuore e chissà quante volte siamo riandati col pensiero a

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Omelia del Minisrtro Provinciale

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2 2 N o v e m b r e 2 0 1 2 - T r e s p i a n o

F a r e m e m o r i aX

quel tragico 22 Novembre di un anno fa. Sì, fratelli e amici, la loro morte ci ha raggiunti nell’intimo.

“Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso”(Rm 14,7):la morte di un fratello e forse di un amico donatoci da Dio come compagno nel cammino di consacrazione e nel sacerdozio, ci riguarda e ci prende dentro. La morte di una persona cara è uno strappo doloroso nel tessuto dei rapporti intrecciato, talora faticosamente, giorno dopo giorno.

Dopo…non è vero che la vita riprende come prima; riprende, ma non più come prima, specialmente quando la morte degli altri la sentiamo sfiorarci molto da vicino.

“Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore”(Rm 14,8): parole bellissime, che ci fanno intravedere una relazione, che ci unisce ancor più dei vincoli e degli affetti umani, perché non è costruita da noi ma da Dio, che in Gesù ci ha resi fratelli. Ciò che davvero ci unisce è il vivere e il morire per il Signore. E’ questo legame divino che rende la morte meno dura, non solo perché sappiamo che i morti sono vivi, ma soprattutto perché lo strappo provocato viene come ricucito, tramite un invisibile tessuto, dalla fede.

P R I M O A N N I V E R S A R I O D E L L A M O R T E DI FR.LUCIANO, FR.CORRADO, FR. SILVERIO E ANDREA

Omelia del Ministro Provinciale alla S. MessaLetture: Rom 14,7-9.10c-12 - Gv 12,23-28

Cari confratelli cappuccini e cari amici, ad un anno esatto di distanza dal quel tragico 22 Novembre 2011 ci ritroviamo assieme

a pregare nel ricordo affettuoso e riconoscente di P.Luciano, P.Corrado, P.Silverio e del giovane Andrea Ferri. Siamo in tanti e vi ringrazio tutti, in particolare i confratelli Vescovi Bernardo Gremoli e Francesco Gioia. Vorrei evidenziare la presenza di fr.Agapit e fr.Erick, cappuccini del Tanzania, venuti da poco tempo in Toscana per darci una mano. La loro partecipazione ci fa avvertire ancora una volta la vicinanza fraterna e delicata, che i frati tanzaniani ci hanno mostrato nei giorni difficili immediatamente seguenti quel tragico incidente.

Siamo qui, nella chiesetta del Cimitero di Trespiano, dove riposano i resti mortali di Corrado, di Silverio e di generazioni di Frati Cappuccini. Con noi, ne sono certo, sono spiritualmente presenti le centinaia e centinaia di persone, che erano in S.Croce il giorno del funerale.

Credo si possa dire che il ricordo di questi fratelli sia stato costante durante tutto l’anno nel nostro cuore e chissà quante volte siamo riandati col pensiero a

Incomunionedipreghiera Paceebene. Fr.Fabio

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo”(Gv 12,24). Siamo tutti come dei chicchi di grano che il Divin Seminatore ha gettato su questa nostra terra, perché portiamo frutto. Quali frutti? Le opere buone che Dio ha predisposto perchè noi le praticassimo (cfr. Ef 2,10) e che vanno compiute tutte, pena il fallimento della vita. Opere buone che tutte si riassumono nell’unica opera davvero buona e che ci salva: credere in colui che il Padre ha mandato, per vivere come lui ha vissuto, dando la vita: “Chi ama la propria vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna….!”(Gv 12,25). Una parola, questa di Gesù, che sappiamo essersi avverata, pur nei limiti della loro umanità, nella persona di Luciano, di Corrado, di Silverio e di Andrea.

In Paradiso, ci dice l’apostolo Giovanni, vedremo Dio “così come Egli è” (1Gv. 3,1-3), qui in terra lo conosciamo, come ci dice Giobbe, ‘per sentito dire’ (Gb 42,5).

Similmente credo accada anche per quanto riguarda la conoscenza che abbiamo gli uni degli altri: qui in terra, tutto sommato, ci conosciamo ben poco, sia pure tra amici, tra coniugi e anche tra noi frati; siamo un mistero per gli altri e anche per noi stessi, e, chissà…. , nemmeno ci interessa sapere davvero chi siamo e chi sono gli altri. In paradiso, ci vedremo finalmente come

siamo, ci vedremo nella luce di Dio. Nei mesi addietro il ricordo di questi tre fratelli cappuccini mi ha aiutato a cogliere aspetti della loro e della mia vita, che prima non scorgevo, che sono come emersi dallo sfondo. La loro morte, paradossalmente, ha come messo in luce alcuni lati della loro persona, che rimanevano in ombra.

Cari fratelli cappuccini, ogni giorno leggiamo il necrologio, il ‘registro’, passatemi il termine, dei nostri morti: è un fare memoria molto semplice e bello. Così ci riappaiono i volti di quei fratelli scomparsi e l’annuncio del loro nome evoca ricordi e invita alla riflessione.

Ognuno di noi si è interrogato, ancor più dopo questa tragedia, sul senso della vita; ciascuno ha fatto appello alla fede e forse l’ha trovata insufficiente; ciascuno ha considerato come alla fin fine la vita consacrata è proprio questo che è chiamata ad essere: ‘un segno particolare dei beni celesti’ (Perfectae caritatis n. 12).

Quante volte Luciano, Corrado e Silverio hanno ripetuto quelle parole della Messa “Fate questo in memoria di me”; adesso, in cielo, dove vogliamo vederli, godono dei beni, che quelle parole significano e promettono, e, davanti a Dio, mentre noi riconoscenti li commemoriamo, fanno memoria di noi tutti. Amen.

Lux perpetua luceat eis